Minime. 785



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 785 del 9 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. La lotta continua
2. Alcune cose che occorre fare subito contro il razzismo
3. Per la messa fuorilegge dell'organizzazione razzista denominata Lega Nord
4. Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal terremoto
5. Claudio Fava: Il tempo delle domande
6. Marina Forti: Il pizzo
7. Maria Antonietta La Torre: Etica e ambiente
8. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
9. Enzo Bianchi presenta "Santita' e potere" di Giancarlo Zizola
10. Enzo Bianchi presenta "La chiesa dei no" di Marco Politi
11. Enzo Bianchi presenta "Cristiani e musulmani" di Maurice Borrmans
12. Enzo Bianchi presenta "Papa Giovanni. Un cristiano e il suo concilio" di
Alberto Melloni
13. Letture: Shirine Dakouri, La donna araba tra presenza e assenza
14. Letture: Gianni Paganini, Introduzione alle filosofie clandestine
15. Riedizioni: Pierre Bourdieu, Il dominio maschile
16. Riedizioni: Marco Aurelio, Ricordi
17. La "Carta" del Movimento Nonviolento
18. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. LA LOTTA CONTINUA

La sia pur solo parziale ma comunque netta sconfitta subita dai razzisti e
dagli squadristi alla Camera dei Deputati col voto dell'8 aprile che ha
respinto alcune delle piu' turpi aberrazioni del cosiddetto "pacchetto
sicurezza" governativo costituisce per noi un risultato positivo e uno
stimolo a perseverare nell'impegno: il testo cosi' come approvato in
febbraio dal Senato e' stato modificato e quindi deve tornare nuovamente al
Senato, e vi e' dunque il tempo per sviluppare ulteriormente un'iniziativa
di civilta' contro il tentativo di introdurre il regime dell'apartheid nel
nostro paese.
La lotta, in difesa della legalita' costituzionale e della dignita' umana,
per il riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani,
continua.
Con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, contro il
razzismo e l'eversione dall'alto.
Vi e' una sola umanita'.

2. INIZIATIVE. ALCUNE COSE CHE OCCORRE FARE SUBITO CONTRO IL RAZZISMO
[Riproponiamo il seguente appello]

Proponiamo che non solo le persone di volonta' buona, non solo i movimenti
democratici della societa' civile, ma anche e in primo luogo tutte le
istituzioni fedeli allo stato di diritto, alla legalita' costituzionale,
all'ordinamento giuridico democratico, si impegnino ora, ciascun soggetto
nell'ambito delle sue peculiari competenze cosi' come stabilite dalla legge,
al fine di contrastare l'eversione razzista che sta aggredendo il nostro
paese.
Ed indichiamo alle persone, ai movimenti ed alle istituzioni democratiche
alcune iniziative necessarie ed urgenti.
*
1. Respingere le proposte palesemente razziste, eversive ed incostituzionali
del cosiddetto "pacchetto sicurezza".
*
2. Adottare un programma costruttivo per la difesa e la promozione dei
diritti umani di tutti gli esseri umani:
a) provvidenze di accoglienza a livello locale, costruendo sicurezza per
tutte le persone nell'unico modo in cui sicurezza si costruisce: nella
solidarieta', nella legalita', nella responsabilita', nell'incontro,
nell'assistenza pubblica erogata erga omnes;
b) cooperazione internazionale: poiche' il fenomeno migratorio evidentemente
dipende dalla plurisecolare e tuttora persistente rapina delle risorse dei
paesi e dei popoli del sud del mondo da parte del nord, occorre restituire
il maltolto e cooperare per fare in modo che in nessuna parte del mondo si
muoia di fame e di stenti, che in nessuna parte del mondo vigano regimi
dittatoriali, che in nessuna parte del mondo la guerra devasti l'umanita',
che in nessuna parte del mondo i diritti umani siano flagrantemente,
massivamente, impunemente violati;
c) regolarizzazione di tutti i presenti nel territorio nazionale ed
interventi normativi ed operativi che favoriscano l'accesso legale nel
paese;
d) riconoscimento immediato del diritto di voto (elettorato attivo e
passivo) per tutti i residenti;
e) lotta alla schiavitu' ed ai poteri criminali locali e transnazionali che
la gestiscono e favoreggiano.
*
3. Aprire un secondo fronte di lotta per la legalita' e contro il razzismo,
con due obiettivi specifici:
a) dimissioni del governo golpista e nuove elezioni parlamentari;
b) messa fuorilegge dell'organizzazione razzista denominata Lega Nord.

3. INIZIATIVE. PER LA MESSA FUORILEGGE DELL'ORGANIZZAZIONE RAZZISTA
DENOMINATA LEGA NORD
[Riproponiamo il seguente appello]

Al Presidente della Repubblica Italiana
Al Presidente del Senato della Repubblica
Al Presidente della Camera dei Deputati
Oggetto: Richiesta di iniziativa per la messa fuorilegge dell'organizzazione
razzista denominata Lega Nord
Egregi Presidenti,
ci rivolgiamo a voi come massime autorita' dello Stato per richiedere un
vostro intervento al fine della messa fuorilegge dell'organizzazione
razzista denominata Lega Nord.
Tale organizzazione, che pur essendo assolutamente minoritaria nel Paese e'
riuscita ad ottenere nel governo nazionale l'affidamento di decisivi
ministeri a suoi rappresentanti, persegue e proclama una politica razzista
incompatibile con la Costituzione della Repubblica Italiana, con uno stato
di diritto, con un ordinamento giuridico democratico, con un paese civile.
Ritenendo che vi siano i presupposti per un'azione delle competenti
magistrature che persegua penalmente sia i singoli atti e fatti di razzismo,
sia l'azione organizzata e continuata e quindi l'associazione a delinquere
che ne e' responsabile, con la presente chiediamo un vostro intervento
affinche' si avviino le procedure previste dalla vigente normativa al fine
della messa fuorilegge dell'organizzazione razzista denominata Lega Nord e
della punizione ai sensi di legge di tutti gli atti delittuosi di razzismo
da suoi esponenti promossi, commessi, istigati o apologizzati.
Con osservanza,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
Viterbo, 27 febbraio 2009

4. RIFERIMENTI. PER LA SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE COLPITA DAL TERREMOTO

Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal sisma segnaliamo
particolarmente il sito della Caritas italiana: www.caritasitaliana.it e il
sito della Protezione civile: www.protezionecivile.it, che contengono utili
informazioni e proposte.

5. RIFLESSIONE. CLAUDIA FAVA: IL TEMPO DELLE DOMANDE
[Dalla newsletter news at sinistra-democratica.it riprendiamo il seguente
intervento]

Cosa sarebbe accaduto se in Abruzzo avessimo applicato alla lettera e nello
spirito il "decreto casa" del governo tirando su un buon venti per cento di
piani abusivi e di terazzine su quelle case adesso malamente crollate? E
cosa accadra' se applicheremo con giudiziosa ostinazione il desiderio di
questo governo (e di buona parte del Pd) di fabbricarci a Messina, nella
zona a piu' alto rischio sismico del mondo, il piu' grande ponte sospeso al
mondo? Cosa accadra' se nei prossimi dieci anni decideremo di investire
miliardi di euro in un nucleare di vecchia generazione, lasciando in
condizioni di oltraggiosa insicurezza tre quarti degli edifici scolastici
del paese?
Questo non e' il tempo della polemica bensi' di una solidarieta' che
dev'essere inmediata, efficace, generosa. Ma arrivera' rapidamente anche il
tempo delle domande. A questo governo, a questa sfiatata opposizione
parlamentare, a questa politica impiccata ai titoli dei giornali e ai
salottini televisivi piuttosto che alla semplicita' del far bene, del
prevenire, del comprendere.

6. AFGHANISTAN. MARINA FORTI: IL PIZZO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 7 aprile 2009 col titolo "L'acqua e i
taleban"]

Un dispaccio del notiziario "Afghan Recovery Report", pubblicato da quel
gruppo di giornalisti-attivisti che e' l'Institute for War and Peace
Reporting, da' un'idea della "ricostruzione" in Afghanistan.
Il dispaccio viene dalla provincia di Farah, nella parte occidentale del
paese. Parla Mirhamad, il "mirab", o addetto alla gestione dell'acqua, del
distretto di Pushtrod: e' sua responsabilita' controllare che tutti i
villaggi del distretto ricevano abbastanza acqua per i loro campi. Era lui
inoltre che doveva gestire i duecentomila afghani (40.000 dollari) assegnati
al suo distretto da un programma nazionale di solidarieta' per ripulire il
canale di irrigazione di Nawbahar. "Ma i Taleban hanno chiesto il 40% del
denaro", spiega il signor Mirhamad: "Altrimenti non ci avrebbero lasciato
lavorare. Cosi' gli abbiamo dovuto comprare un veicolo 4per4". Ora i taleban
se ne vanno in giro sulla nuova landcruiser, mentre il funzionario spera di
riuscire a farsi bastare i soldi per il ripristino del canale.
Il distretto di Pushtrod non e' un caso isolato, spiega il dispaccio del 18
marzo. "Un distretto dopo l'altro, i Taleban stanno prendendo il controllo
della remota provincia di Farah. Ma non puntano a spodestare il poco di
autorita' di governo che resta; piuttosto cercano di trarne profitto
chiedendo una consistente porzione dei progetti finanziati da donatori
stranieri". Puntano ai progetti avviati sotto gli auspici del "National
solidarity programme", lanciato nel 2003 dal Ministero per la riabilitazone
rurale con fondi internazionali: finora ha distribuito milioni di dollari in
progetti di sviluppo rurale e, come vuole il bon ton internazionale, anche
progetti di good governance locale, trasparenza e responsabilita'
dell'amministrazione pubblica. Almeno nella provincia di Farah pero' una
buona parte di questi fondi sono intercettati dai Taleban, i quali
rivendicano un pagamento per la "protezione" (da loro stessi).
Il vicecapo del dipartimento per la riabilitazione rurale di Farah conferma
all'"Afghan Recovery Report" che le autorita' hanno ricevuto numerose
segnalazioni di casi simili dai funzionari sparsi nei vari distretti: per
questo il governo provinciale ha smesso di versare i fondi ad alcuni di quei
progetti, per evitare di finanziare i ribelli. Ma cio' ovviamente significa
i progetti di ricostruzione rurale nella provincia sono notevolmente
rallentati, alcuni sono interrotti lasciando le opere a meta', altri non
cominciano neppure. Ora, questo stesso funzionario provinciale spiega che il
problema non puo' essere risolto militarmente: la sua amministrazione e'
propensa invece a negoziare con i ribelli, con la mediazione di qualche
autorevole anziano delle tribu' e delle autorita' locali. I taleban pero'
affermano il loro "diritto": "Questi soldi sono il bottino di guerra",
spiega Mullah Shah Mohammad, rappresentante dei Taleban nel distretto di
Pushtrod e il confinante Khak Safed, all'"Afghan Recovery Report": "E'
denaro dato a questa gente (gli amministratori locali) dagli infedeli. E'
nostro diritto prendere questi soldi e continuare la jihad, e il popolo
coopera con noi". Il "pizzo" in nome della jihad? Tra i rappresentanti di
villaggio c'e' chi se la prende con il governo che chiude i cordoni,
rassegnati all'idea che in fondo sia meglio pagare la "protezione" che
rinunciare a tutto ("possiamo sempre negoziare con i Taleban perche' ci
lascino costruire canali o scuole"); egualmente inviperiti pero' con i
Taleban stessi che mandano a monte le poche cose di beneficio comune:
"Quello che fanno e' illegale, questo e' denaro pubblico, non deve essere
usato per i fini di un gruppo specifico".

7. RIFLESSIONE. MARIA ANTONIETTA LA TORRE: ETICA E AMBIENTE
[Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) col titolo "Etica e ambiente" e
il sommario "Le scelte che oggi compiamo sono essenziali per la possibilita'
di sopravvivenza delle generazioni future. La coscienza ambientalista ha
introdotto una nuova concezione del pianeta e della relazione uomo-natura.
Se le leggi si riducono al pagamento di sanzioni fanno apparire
'monetizzabile' il danno ambientale"]

La storia dell'uomo puo' essere ricostruita come la vicenda del suo
tentativo di rendersi indipendente dai condizionamenti imposti dall'ambiente
naturale. L'azione del coltivatore neolitico, che disboscava per rendere il
territorio coltivabile, rappresenta, a ben vedere, uno dei primi tentativi
di interferenza con gli equilibri naturali. L'esistenza dell'umanita' non
puo' realizzarsi senza esercitare tale influenza. Tuttavia, l'incidenza che
quello poteva avere non e', ovviamente, neppure lontanamente paragonabile
agli effetti prodotti dallo sviluppo della tecnica negli ultimi secoli.
La coscienza ambientalista ha introdotto una nuova concezione del pianeta e
della relazione uomo-natura, ha insegnato ad osservare con occhio critico
molti risultati che erano considerati "conquiste" e rivelatisi invece
forieri di conseguenze disastrose sull'ambiente, ha introdotto la nozione di
"biosfera", mostrando il pianeta come un insieme complesso nel quale tutti
gli elementi sono in interrelazione, cosicche' la "sofferenza" di una parte
di questo insieme ha ripercussioni sulla vita di tutti gli altri elementi,
compreso l'uomo. Da cio' anche la piu' recente difesa della biodiversita',
concepita come patrimonio irrinunciabile per la sopravvivenza del pianeta,
all'equilibrio e alla vita del quale sono indispensabili tutti i viventi
presenti anche nella piu' remota nicchia della foresta amazzonica.
La misurazione dei rischi ambientali, lo studio dell'effetto serra, delle
piogge acide e dell'assottigliamento della fascia di ozono intorno al
pianeta, la scoperta del rischio di esaurimento delle risorse, dei danni
biologici e anche genetici che l'alterazione del mondo naturale comporta,
l'inquinamento crescente, l'estinzione di moltissime specie viventi a causa
dell'alterazione dell'equilibrio delle diverse nicchie ecologiche non sono
soltanto questioni che riguardano gli scienziati ai quali si chiede di
individuare qualche rimedio, gli industriali ai quali si impone l'uso di
depuratori, i politici ai quali si chiede di ripartire diversamente le voci
dei bilanci statali, ma producono effetti sulla nostra cultura, poiche'
richiedono una trasformazione degli stili di vita. Con la coscienza
ecologica si sviluppa, infatti, una riflessione critica sull'organizzazione
delle societa' tecnologiche e, in particolare, sui valori ed i principi che
regolano la condotta. In questa nuova prospettiva, perseguire il "progresso"
comporta imparare a fare un uso piu' oculato delle risorse, ossia, in
definitiva, a consumare di meno. Ma dal punto di vista morale sorge anche
un'altra domanda essenziale: la natura ha soltanto un valore strumentale,
ossia merita considerazione in quanto e' funzionale, necessaria, utile ai
bisogni dell'uomo, oppure ha un valore intrinseco, vale a dire autonomo,
proprio, in quanto esiste indipendentemente dall'uomo e merita di essere
preservata per la sua bellezza? La necessita' di tutelare la natura,
motivandola con i rischi che la sua distruzione comporta per la
sopravvivenza umana, e' ormai coscienza comune. Il motore principale degli
attuali interventi a tutela dell'ambiente e' il timore che il pianeta possa
divenire d'un tratto inospitale o addirittura inadatto alla vita umana,
insomma, la percezione del pericolo. Tuttavia, quando i provvedimenti
legislativi o le "soluzioni" si riducono al pagamento di sanzioni, che fanno
apparire "monetizzabile" il danno ambientale, al pari di qualsiasi altro
"furto", proviamo un senso di disagio, forse perche' le risorse perdute non
verranno ricostituite, forse perche' vi sono altre esigenze ugualmente
importanti, forse perche', appunto, conferiamo alla natura un valore che va
al di la' del suo uso.
Cio' implica che ciascuno di noi e tutti insieme non siamo responsabili
soltanto del nostro piccolo spazio circostante, ma abbiamo l'obbligo di
pensare su scala planetaria ai danni globali che le nostre scelte di consumo
possono provocare. La peculiarita' dell'umanita' rispetto alle altre specie
viventi non si individua nella capacita' di modificare l'ambiente, poiche'
tale attitudine e' condivisa da ogni creatura vivente che interagisce col
proprio habitat e cosi' facendo inevitabilmente lo modifica e incide su di
esso, ma nella possibilita' di scegliere in quale misura e secondo quali
modalita' esercitare tale azione, oppure non esercitarla affatto. L'uomo non
solo modifica l'ambiente che lo circonda, ma puo' decidere quanto e come
farlo e puo' optare, al limite, per l'astensione da certe azioni. Tale
considerazione genera una responsabilita', poiche', laddove e' dato
scegliere, occorre tenere in considerazione le conseguenze della propria
condotta e, nel caso particolare, riflettere sui rischi per l'ecosistema e
in tal modo problematizzare la relazione uomo-natura. L'etica ambientale
suggerisce dunque un'estensione della responsabilita', riconosce nella
salvaguardia della natura un valore, connesso alla responsabilita' per tutti
i viventi e insegna ad accantonare, ogni volta che sia possibile, il calcolo
fondato sull'analisi costi-benefici, ossia la valutazione della condotta
sulla base di un raffronto tra l'investimento richiesto (in termini
economici, energetici, ecc.) e i vantaggi o l'utile conseguito. Nella
relazione con la natura, vi sono importanti fattori non misurabili,
quantificabili o monetizzabili.
La crisi ecologica configura, dunque, una responsabilita' che si estrinseca
in un principio di solidarieta' nei confronti di tutta l'umanita', presente
e futura. Del resto, i disastri ambientali, si tratti di esplosioni nucleari
o dell'affondamento di petroliere, provocano danni per tutti i paesi del
mondo, danneggiano l'ambiente comune, non si fermano ai confini di uno
Stato, ne' si fermerebbero ai confini neppure dello stato piu' attento alle
politiche ambientali. Percio' non basta chiedere ai propri governi leggi
adeguate, ma occorre preoccuparsi anche delle condizioni e delle politiche
dei paesi meno sviluppati, perche' la tutela della natura non e' solo
questione di opportunita', ma di giustizia. La strenua difesa di un piccolo
guadagno per pochi non e' piu' sostenibile ne' e' possibile ignorare le
ripercussioni delle scelte politiche in materia ambientale sui nostri simili
e sul loro diritto ad un ambiente vivibile, che garantisca la qualita' della
loro vita. La solidarieta' puo' essere intesa in maniera ancora piu' estesa
se si conferisce un valore all'esistenza delle generazioni future e si
sancisce il rispetto dei diritti di coloro che ancora non sono nati, ma
dovranno subire le conseguenze di una condotta dissennata. Infatti, le
scelte che oggi compiamo sono essenziali per la possibilita' di
sopravvivenza delle generazioni future. Se le condizioni di vita e forse
l'esistenza stessa del genere umano dipendono dalla nostra condotta, non
siamo moralmente obbligati ad adottare delle regole di condotta che tengano
conto di tutto cio'?

8. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il
seguente appello]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille.
Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la
Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza. Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del
commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite
chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

9. LIBRI. ENZO BIANCHI PRESENTA "SANTITA' E POTERE" DI GIANCARLO ZIZOLA
[Dal supplemento "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa" del 4 aprile 2009
col titolo "Cronista in Vaticano senza pettegolezzi" e il sommario "Le
memorie di Zizola, 'testimone vivente' dal Concilio di Giovanni XXIII a papa
Ratzinger"]

"In tempi insidiati dall'oblio e dalla manipolazione della memoria e'
indispensabile affrettarsi a ristabilire i contorni di alcuni fatti, onde
rintuzzare tentativi di mistificazioni e revisionismi partigiani della
verita' dei fatti che potrebbero assumere nella memoria collettiva una
figura assai differente da quella empirica e accertata dai documenti".
Animato da questa convinzione, Giancarlo Zizola ci consegna un testo
estremamente prezioso: le sue memorie di "testimone vivente" che coprono un
arco di tempo quasi epocale, dalla preparazione del Vaticano II all'elezione
di Benedetto XVI.
Zizola era infatti un giornalista appena venticinquenne quando, nel 1961,
ricevette l'invito ad andare a lavorare a Roma nella redazione centrale dei
quotidiani cattolici italiani: "vaticanista" prima ancora di sapere cosa
significasse quel termine... Parte da qui la ricostruzione di un pezzo di
storia non solo della Chiesa italiana e del suo articolarsi con la societa'
civile, ma dell'inedito dialogo avviato dal concilio tra Chiesa universale e
mondo contemporaneo.
Santita' e potere (Sperling & Kupfler, pp. 650, euro 25) sono i due
parametri non necessariamente contrapposti, anzi il piu' sovente
intrecciantisi, che permettono una lettura sapiente e intrigante del
"Vaticano visto dall'interno". Una lettura complessa e articolata perche'
gli anni abbracciati da queste note - Zizola ancora oggi lavora come
vaticanista del "Sole 24 ore", dopo esserlo stato per numerosi quotidiani e
periodici sia italiani che esteri - rappresentano non una sola stagione ma,
verrebbe da dire, alcune "ere" del complicato rapporto tra Chiesa cattolica
e mondo dell'informazione. Basti pensare che la sala stampa della Santa
Sede, istituita come organismo informativo in occasione del Vaticano II,
assorbi' solo nel 1966 il precedente ufficio informazioni dell'"Osservatore
Romano".
Il lavoro di Zizola e' una sagace ricostruzione di fatti, personaggi,
prospettive compiuta sulla base dell'enorme quantita' di articoli e
interviste da lui pubblicate e, soprattutto, delle personalissime note di
diario, capaci non solo di dare un tocco di vibrante concretezza, ma anche
di fissare nella memoria del lettore episodi di cui aveva potuto conoscere
solo l'epidermide, oppure di penetrare nel senso di gesti ed eventi rimasti
enigmatici ai piu'.
Merito dell'autore, che si rivela capace di uno sguardo storico e non solo
cronachistico, e' quello di non cedere mai al pettegolezzo, alla rivincita
personale, all'allusione scorretta. Ne esce un'autobiografia voluta
innanzitutto come "scuola di perdono", il cui scopo non e' quello di far
sfoggio di notizie riservate ma di riaffermare, all'interno della Chiesa e
di fronte al mondo, la liberta' di informazione e di pensiero anche per i
giornalisti cattolici: "avevo sempre sostenuto che per fare un'informazione
professionalmente decente fosse necessario stare in piedi e non genuflessi:
in piedi si vede meglio e piu' lontano".
Si', e' lo sguardo di un cristiano adulto, che non si piega e cerca di
guardare lontano, quello di Zizola: uno sguardo che ha visto tante realta'
in giro per il mondo e nella piu' ristretta cerchia vaticana e che ha sempre
cercato di metterle in relazione, di confrontarle con il vangelo, di
narrarle con quello "spirito del Concilio" che aveva iniziato a sentir
soffiare nell'autunno del 1961 appena sbarcato a Roma, uno spirito che non
era e non e' neanche oggi "una vaga atmosfera utopica e romantica" ma
un'autentica "novella pentecoste" per la Chiesa e per il mondo.

10. LIBRI. ENZO BIANCHI PRESENTA "LA CHIESA DEI NO" DI MARCO POLITI
[Dal supplemento "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa" del 21 marzo 2009
col titolo "Una Chiesa senza certezze" e il sommario "Piu' che dire no, vive
la sfida degli interrogativi che lacerano l'uomo"]

"Non abbiamo piu' una societa' "cristiana". Non viviamo in una societa'
fondata naturalmente sui valori cristiani. Stiamo in un contesto
secolarizzato e che lo sara' sempre di piu'. Per questo dobbiamo camminare
insieme alle persone. Ritmare il proprio passo dentro i passi delle varie
realta' nelle quali ci imbattiamo e cercare - con grande rispetto, grande
attenzione, grande umilta' - di portare il messaggio cristiano".
In queste lucide parole dell'arcivescovo emerito di Pisa, Alessandro Plotti,
si possono trovare gli elementi essenziali della sfida che la Chiesa si
trova ad affrontare: il contesto sociale secolarizzato, la capacita' di
"camminare insieme", l'esigenza di annunciare il Vangelo. A ben vedere sono
gli snodi che gia' il Vaticano II aveva saputo cogliere con sapiente
discernimento, non solo nell'apposita costituzione su "La chiesa nel mondo
contemporaneo", ma nell'intero impianto delle discussioni e dei testi
prodotti.
Marco Politi, esperto vaticanista di "Repubblica", nel suo La chiesa dei no
(Mondadori, pp. 368, euro 19), cerca di addentrarsi nelle risposte che la
Chiesa italiana ha dato in questi ultimi anni alla sfida dell'annuncio
cristiano nel mondo odierno. Questa "indagine sugli italiani e la liberta'
di coscienza" prende spunto dagli episodi piu' eclatanti di confronto tra
pensiero laico e morale cristiana su tematiche "eticamente sensibili",
ricostruendo il complesso mosaico di dichiarazioni dei vescovi, prese di
posizione di singoli e associazioni cattoliche, ricadute politiche,
contrapposizioni polemiche e tentativi di dialogo cui i diversi casi hanno
dato origine. Il lavoro non e' certo esente da limiti, sia oggettivi - penso
alla difficolta' di articolare la non identita' tra chiesa italiana e chiesa
cattolica universale o tra presidenza della Cei e "vescovi italiani" - che
soggettivi, come il dare voce nelle interviste inedite solo alla parte piu'
aperta al dialogo, mentre l'altro spettro di opinioni e' presentato
unicamente in base a quanto detto e scritto nel vivo del confronto/scontro.
Tuttavia il quadro complessivo riesce a far trasparire l'importanza della
posta in gioco e la serieta' del dibattito: e' di vita e di morte infatti
che si parla e ragiona, di malattia e di natura, di dignita' della persona e
di diritti umani, di scienza e coscienza... Non questioni teoriche, ma
interrogativi intimamente inerenti al vissuto quotidiano di milioni di
persone. Una sfida antropologica, prima ancora che filosofica o teologica,
uno snodo culturale di fronte al quale la societa' italiana, e la Chiesa al
suo interno, si ritrovano senza piu' alcune certezze che, vere o false che
fossero, erano date per scontate fino a pochi decenni fa.
L'articolato lavoro di Politi finisce in realta' per far apparire fortemente
riduttivo il titolo stesso: da queste pagine, infatti, non emerge tanto il
"no" della chiesa quanto la persistenza di interrogativi cruciali e lo
sforzo che da piu' parti si continua a compiere per un dialogo autentico e
costruttivo. E, in questa fatica, emerge la preoccupazione costante per i
cristiani, efficacemente riassunta dal cardinal Ratzinger nell'intervista
concessa a Politi nel 2004: fare in modo "che emerga la vera essenza del
cristianesimo: una storia di amore fra Dio e gli uomini. Se si capisce
questo nel linguaggio del nostro tempo, il resto seguira'".

11. LIBRI. ENZO BIANCHI PRESENTA "CRISTIANI E MUSULMANI" DI MAURICE BORRMANS
[Dal supplemento "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa" del 7 marzo 2009
col titolo "Cristiani e Islam oltre le inimicizie" e il sommario "L'esempio
di Massignon e altri tre precursori e tessitori del dialogo"]

Quando si discute di rapporti tra chiesa cattolica ed ebraismo e' quasi
inevitabile rifarsi a un documento del Vaticano II, Nostra Aetate, che ha
costituito un punto di svolta nella lettura teologica e spirituale del
mistero di Israele da parte della chiesa e che ha consentito un cammino di
dialogo fecondo. Spesso ci si dimentica pero' che quel documento non
riguarda solo i rapporti con l'ebraismo, ma contiene preziose indicazioni
per il dialogo con le altre religioni, e in particolare con l'islam. La
chiesa, vi si legge, "guarda con stima i musulmani che adorano l'unico Dio,
vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, Creatore del cielo e
della terra, che ha parlato con gli uomini. Essi cercano di sottomettersi
con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti... hanno in stima la
vita morale e rendono culto a Dio soprattutto con la preghiera, le elemosine
e il digiuno". Come nel caso dell'ebraismo, cosi' per l'islam - ma anche per
quello che riguarda la liturgia, la parola di Dio, l'ecumenismo, la chiesa
nel mondo contemporaneo... - i testi del concilio sono il punto di arrivo di
una ricerca teologica e spirituale condotta da "pionieri", da voci
profetiche radicate nella grande tradizione ecclesiale e, al contempo, il
punto di partenza per successivi approfondimenti e sviluppi, nella
convinzione cara a papa Giovanni che il vangelo non cambia ma siamo noi a
capirlo meglio, grazie anche a quanti ci hanno preceduto nel cammino di
fede.
Oggi, che il dialogo e il confronto con l'islam ha assunto contorni forse
inimmaginabili cinquant'anni fa, puo' essere prezioso ripercorrere il
pensiero e l'operare di "quattro precursori di un dialogo possibile". E'
quanto fa Maurice Borrmans nel suo Cristiani e musulmani (Urbaniana
University Press, pp. 176, euro 12,50). Analizzando la vita e le opere di
Louis Massignon (1883-1962), "primo testimone del dialogo islamo-cristiano",
approfondendo il concetto di "dialogo come ospitalita'" propugnato da
Jean-Mohammed Abd el-Jalil (1904-1979), studiando Louis Gardet (1904-1986),
orientalista cattolico, e Georges Chehata Anawati (1905-1994), domenicano
egiziano, ci si potra' rendere conto di quanto serieta', passione,
dedizione, competenza ma anche sofferenza e incomprensione costituiscano il
pane quotidiano dell'esistenza di questi "precursori".
Se Massignon ha ispirato da lontano i testi del concilio sul dialogo
interreligioso, gli altri tre pensatori hanno contribuito piu' o meno
attivamente non solo all'elaborazione dei documenti, ma soprattutto al loro
divenire patrimonio vivente della chiesa post-conciliare. Instancabili
tessitori di trame di amicizia, promotori di iniziative culturali di ampio
respiro, pazienti interlocutori presso istanze religiose, accademiche e
politiche, questi uomini hanno saputo conferire alla presenza cristiana
negli ambienti musulmani la genuinita' dell'aderenza al vangelo, aiutando al
contempo l'islam a essere conosciuto e apprezzato nella sua autenticita'.
Davvero la loro testimonianza ricorda a tutti noi che e' ancora oggi
possibile e auspicabile superare "i non pochi dissensi e inimicizie sorti
tra cristiani e musulmani nel corso dei secoli": e' un faticoso e sincero
lavoro di mutua comprensione che va proseguito al fine di "difendere e
promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori
morali, la pace e la liberta'".

12. LIBRI. ENZO BIANCHI PRESENTA "PAPA GIOVANNI. UN CRISTIANO E IL SUO
CONCILIO" DI ALBERTO MELLONI
[Dal supplemento "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa" del 21 febbraio
2009 col titolo "Giovanni XXIII quel Papa nuovo" e il sommario "Non
ordinava, ma liberava energie: il ritratto di Alberto Melloni"]

Solo cinquant'anni sono trascorsi dall'annuncio del concilio Vaticano II: un
tempo che puo' apparire lungo soltanto se si dimentica la rarita' e la
complessita' di un concilio ecumenico nella Chiesa cattolica, il fatto che
non solo sono ancora vivi alcuni padri sinodali, ma che sulla cattedra di
san Pietro siede un teologo all'epoca giovane perito conciliare. I tempi di
ricezione di un concilio sono infatti abitualmente assai lunghi e segnati da
ondeggiamenti a volte contraddittori, e potremmo pensare che nella rilettura
dell'assise conciliare agli storici spetti solo il compito di una
ricostruzione documentale di quanto accaduto, cosi' da temperare le
impressioni piu' personali, le sensazioni legate a un "clima" vissuto, a
testimonianze parziali, a opinioni dei partecipanti. Penseremmo insomma che
il dato storico oggettivo non possa offrire nulla in piu' di uno "sta
scritto" e sia incapace di farci cogliere, a pochi decenni di distanza,
qualcosa dell'atmosfera, dell'"evento" dello Spirito che un concilio - e in
particolare il Vaticano II - e' stato.
In realta', e' vero il contrario: piu' gli storici ricostruiscono grazie
all'accesso a documenti scritti di ogni tipo - testi ufficiali, diari e
testimonianze, minute di archivio, note personali, resoconti
giornalistici... - il quadro preciso in cui si sono svolti i lavori, e piu'
sembra emergere con trasparenza l'aria che si respirava, non solo in
Vaticano, ma nell'insieme della chiesa cattolica sparsa su tutta la terra e
in quanti, fuori della chiesa, guardavano in quegli anni a Roma con
sorpresa, fiducia e speranza.
Ne e' una riprova un saggio di uno dei piu' attenti e documentati storici
del Vaticano II: nel suo Papa Giovanni. Un cristiano e il suo concilio
(Einaudi, pp. 350, euro 30), Alberto Melloni raccoglie una serie di studi
che ci offrono un quadro di impressionante realismo e di grande afflato
spirituale sul papa che volle quel concilio e che seppe avviarlo in
obbedienza allo Spirito e ai "segni dei tempi". Gia' il titolo chiarisce
come papa Giovanni sia stato innanzitutto "un cristiano" che, anche salito
sul soglio di Pietro, ha voluto semplicemente testimoniare Gesu' Cristo.
In queste accurate pagine i puntuali riferimenti documentali non restano
dati asettici, ma riescono a svelare "la levita' con cui Giovanni XXIII esce
dai modelli nei quali si era espressa fino ad allora l'autorita' del papa:
egli non ordina ma libera energie". Magistrale in questo senso e' la
rilettura dell'allocuzione Gaudet Mater Ecclesia con cui papa Giovanni apre
l'assise conciliare l'11 ottobre 1962: un testo scritto interamente di suo
pugno, da lui ritoccato nei minimi particolari fino al giorno prima della
sua lettura. E' il testo che dara' il tono a tutto il concilio e che fara'
sentire la sua presenza efficace sia durante i lavori, anche dopo la
scomparsa del papa, che negli anni travagliati del postconcilio, fino ai
nostri giorni.
E' il testo che parla della "medicina della misericordia", che auspica "un
balzo innanzi verso la penetrazione dottrinale e una formazione delle
coscienze", che dissente dai "profeti di sventura", che distingue "tra la
sostanza dell'antica dottrina del depositum fidei e la formulazione del suo
rivestimento". Un testo che ancora oggi "non ordina ma libera energie",
facendoci percepire non solo qualcosa del clima conciliare, non solo qualche
aspetto della santita' di papa Giovanni ma, ancor piu' in profondita', lo
stile di "Gesu' benedetto", quel modo di stare in mezzo agli uomini che,
quando assunto dal cristiano, riesce a essere segno credibile dell'amore di
Dio per tutta l'umanita'.

13. LETTURE. SHIRINE DAKOURI: LA DONNA ARABA TRA PRESENZA E ASSENZA
Shirine Dakouri, La donna araba tra presenza e assenza, Marietti 1820,
Genova 2008, pp. 158, euro 16. Una utile monografia di una studiosa siriana
femminista e musulmana; di particolare interesse il capitolo V. dal titolo
"A quando la pienezza sessuale della donna nella societa' araba?". Con una
interessante prefazione del teologo islamico docente a Roma Adnane Mokrani.

14. LETTURE. GIANNI PAGANINI: INTRODUZIONE ALLE FILOSOFIE CLANDESTINE
Gianni Paganini, Introduzione alle filosofie clandestine, Laterza, Roma-Bari
2008, pp. VIII + 182, euro 12. Tra Seicento e Settecento fiorisce in Europa
un'ampia letteratura, che circola dapprima manoscritta e successivamente
anche a stampa, di critica radicale delle ideologie e degli assetti
dominanti nel dibattito teologico e nelle istituzioni religiose, nella
cultura e nella societa'. Dal deismo allo scetticismo all'ateismo, si svolge
la vicenda di una galassia di ricerche e di interpretazioni duramente
represse, ma fermentanti di intrecci ed innesti fecondi ed in fortissima
dialettica con alcune delle riflessioni filosofiche - e lato sensu
culturali - del tempo che dalla rivoluzione scientifica porta
all'Illuminismo. Questo libro (che amplia un precedente volume dell'autore
apparso in Francia: Les philosophies clandestines a' l'age classique, Puf,
Paris 2005) ricostruisce alcuni testi, lumeggia un contesto e una temperie -
e in un sovente confuso groviglio di conflitti una consapevole lotta -,
individua nessi e genealogie.

15. RIEDIZIONI. PIERRE BOURDIEU: IL DOMINIO MASCHILE
Pierre Bourdieu, Il dominio maschile, Feltrinelli, Milano 1998, 2009, pp.
160. Una critica radicale del maschilismo, uno di quei libri che - insieme
ad almeno alcuni capolavori di Virginia Woolf, di Simone de Beauvoir, di
Adrienne Rich, di Vandana Shiva - tutti i maschi dovrebbero leggere, e
studiare a scuola con obbligo di esame.

16. RIEDIZIONI. MARCO AURELIO: RICORDI
Marco Aurelio, Ricordi, Rizzoli-Rcs, Milano 1997, 2009, pp. 772, euro 7,90
(in supplemento al "Corriere della sera"). Col testo greco a fronte,
un'introduzione di Max Pohlenz (consistente di pagine estratte dal suo
capolavoro La Stoa. Storia di un movimento spirituale), la traduzione di
Enrico Turolla e un vasto commento che si espande per oltre trecento pagine
di Marcello Zanatta. Il prototipo del livre de chevet, e una inesauribile
consolazione.

17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

18. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 785 del 9 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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