Coi piedi per terra. 174



===================
COI PIEDI PER TERRA
===================
Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 174 dell'8 aprile 2009

In questo numero:
1. Il turismo secondo Attila
2. Osvaldo Ercoli: La parata dei sogni impossibili
3. Una diffida al Ministro dei Trasporti
4. Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal terremoto
5. Associazione "Respirare": Il nucleare e il terremoto
6. Paolo Berdini: Piedi d'argilla
7. Giovanni Valentini: Responsabilita'
8. Saskia Sassen: Definanziarizzare le economie
9. Per contattare il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e
s'impegna per la riduzione del trasporto aereo

1. EDITORIALE. IL TURISMO SECONDO ATTILA

Manifesti affissi per ogni dove nella citta' di Viterbo annunciano una
Conferenza provinciale sul turismo.
E in questa occasione varra' forse la pena di denunciare un paradosso:
appena pochi giorni fa una obnubilata ed euforica maggioranza di consiglieri
del Comune e della Provincia di Viterbo ha ribadito la volonta' di
realizzare un nocivo e distruttivo mega-aeroporto nell'area termale del
Bulicame, una zona di incommensurabile valore naturalistico, archeologico,
storico-culturale e terapeutico, una risorsa peculiare e prezioso che il
mega-aeroporto devasterebbe irreversibilmente.
Con quella decisione quegli insipienti ed irresponsabili pubblici
amministratori, che magari a parole sostengono di voler favorire il turismo,
in realta' si impegnano per distruggere proprio quei beni grazie alla cui
esistenza anche il turismo ha un senso.

2. RIFLESSIONE. OSVALDO ERCOLI: LA PARATA DEI SOGNI IMPOSSIBILI
[Ringraziamo Osvaldo Ercoli per questo intervento.
Osvaldo Ercoli, gia' professore amatissimo da generazioni di allievi, gia'
consigliere comunale e provinciale, impegnato nel volontariato, nella difesa
dell'ambiente, per la pace e i diritti di tutti, e' per unanime consenso nel
viterbese una delle piu' prestigiose autorita' morali. Il suo rigore etico e
la sua limpida generosita' a Viterbo sono proverbiali. E' tra gli animatori
del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la
riduzione del trasporto aereo]

Il due aprile 2009 e' stata convocata a Palazzo dei Priori una seduta
congiunta dei consigli comunale e provinciale con un solo punto all'ordine
del giorno: l'aeroporto.
La compagine politica ha preso posto sugli scranni, quasi tutta esultante e
convinta, o fingendosi tale, per dar vita ad un evento da considerare
storico per la citta' di Viterbo.
Il dibattito era stato programmato per osannare, senza stonature, il
realizzando mega-aeroporto ed esaltare la compattezza di una innaturale,
eterogenea ed inconcepibile maggioranza; e doveva svolgersi con la sola voce
dei capigruppo, ed il resto dei consiglieri silenti e plaudenti alla voce
del padrone.
*
La "giornata meravigliosa" intravista dal capogruppo del Pd si e'
improvvisamente oscurata per la presa di posizione del consigliere Fersini,
del Pd anch'egli, che ha rivendicato il diritto di liberta' di opinione e di
parola come consigliere comunale.
Vorrei ricordare che una peculiarita' caratteristica dell'essere umano e' la
sua razionalita'; razionalita' che porta ad analizzare i problemi e anche le
decisioni gia' prese che possono risultare corrette o sbagliate; in
quest'ultimo caso con la convinzione che errare e' umano, e riparare e
correggere gli errori fatti e' un comportamento doveroso.
*
Invece di brandire reprimende e minacce di espulsioni dal partito, non
sarebbe stato piu' opportuno e produttivo se i fautori dell'opera avessero
tentato di confutare le argomentazioni esposte contro la realizzazione del
nocivo e distruttivo mega-aeroporto? O forse anche loro si rendono ben conto
che quell'opera e' inammissibile per legge e irrealizzabile di fatto?
I consiglieri si sono chiesti perche' Ciampino vuole liberarsi
dell'aeroporto? Non sono cittadini che hanno gli stessi problemi di lavoro e
disoccupazione dei viterbesi?
Come si fa a progettare un aeroporto civile di rilevanti dimensioni su
un'area adiacente alla citta', un'area ricca di rilevanti emergenze
archeologiche, ricca di sorgenti di acque termali?
Non ci sono problemi piu' urgenti e piu' assillanti per la sopravvivenza e
lo sviluppo di cui necessitano i viterbesi?
Volete onestamente considerare tutti i pro e i contro, porli sui due piatti
della bilancia e quindi confrontarli?
Volete riconoscere che dall'annuncio del "lieto evento" comunicato in pompa
magna dall'allora ministro Bianchi nel novembre del 2007, nulla e' stato
realizzato di concreto? E questo non solo per evidente mancanza di
convinzione anche nei palazzi del potere, ma soprattutto perche' il
mega-aeroporto e' irrealizzabile nel rispetto delle leggi, delle procedure e
dei vincoli vigenti.
Questi a mio avviso dovevano essere alcuni dei temi del dibattito che
potevano portare concreti elementi di riflessione; invece ad eccezione dei
pochi consiglieri che hanno negato il loro consenso ad un'opera illegale e
insensata (il consigliere Mezzetti, capogruppo della Sinistra Arcobaleno,
che ha confermato la sua netta opposizione gia' espressa anche in tutte le
precedenti occasioni; i consiglieri Fersini e Talotta, del Pd, che hanno
negato il loro voto a una delibera insostenibile), quanto agli altri quella
seduta e' parsa simile a una parata di sogni di persone sveglie.
*
E dire che il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e
s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute,
dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti, aveva piu' volte
messo a disposizione di tutti i consiglieri un'ampia documentazione da cui
si evince inconfutabilmente che gli effetti della realizzazione di un
mega-aeroporto nell'area termale del Bulicame a Viterbo sarebbero
disastrosi.
Bastera' citare ad esempio quanto scritto riassuntivamente in una recente
lettera dal comitato indirizzata ai consiglieri comunali e provinciali:
"1. Impatto locale sull'ambiente: devastazione dell'area termale del
Bulicame, un bene naturalistico, storico-culturale, terapeutico, economico,
sociale e simbolico peculiare e insostituibile.
2. Impatto sanitario sulla popolazione viterbese: gravissimi danni alla
salute, alla sicurezza, alla qualita' della vita.
3. Impatto sanitario sulla popolazione dell'Alto Lazio: cumulandosi il
mega-aeroporto con le altre gravosissime servitu' gia' presenti (in
particolare il polo energetico Civitavecchia-Montalto) la sinergia dei
fattori di inquinamento incrementera' danni, disagi e patologie.
4. Impatto sanitario globale: essendo il trasporto aereo fortemente
inquinante, ogni suo aumento si traduce in danno certo alla salute.
5. Impatto sociale su Viterbo: il mega-aeroporto non solo costituira' una
profonda aggressione alla salute e alla sicurezza delle persone, ma
provochera' anche un grave degrado della qualita' della vita, una forte
lesione a fondamentali diritti dei cittadini, un grave danno all'economia e
alla societa', il collasso delle infrastrutture del trasporto locale (gia'
gravemente insufficienti), la distruzione di beni ambientali, culturali,
agricoli, terapeutici, ricettivi, produttivi, scientifici.
6. Impatto sociale sull'Alto Lazio: accumulo di servitu' ed effetto
sinergico dei fattori di rischio e di depauperamento e degrado del
territorio e della sua economia.
7. Impatto politico locale: la devastazione del territorio, l'avvelenamento
dei cittadini, la distruzione di fondamentali beni comuni, la violazione di
fondamentali diritti della popolazione, sommati alla palese illegalita'
dell'opera, esporranno ancor piu' il territorio e la comunita' locale al
degrado civile e alla violenza di poteri speculativi e criminali.
8. Impatto globale sull'ambiente: essendo il mega-aeroporto finalizzato
all'incremento del trasporto aereo complessivo, esso contribuira' ad
accrescere l'inquinamento e l'effetto serra responsabile dei mutamenti
climatici che stanno mettendo in pericolo il futuro dell'umanita' e gli
equilibri della biosfera.
9. E per concludere: non solo il mega-aeroporto a Viterbo e' del tutto
fuorilegge, ma per realizzare un'opera fuorilegge verrebbero sperperate
ingenti risorse pubbliche (che pertanto verrebbero altresi' sottratte ad
opere e servizi realmente utili e fin indispensabili per la popolazione)".

3. DOCUMENTI. UNA DIFFIDA AL MINISTRO DEI TRASPORTI

Al Ministro dei Trasporti
e per opportuna conoscenza: alla Ministra dell'Ambiente, al Ministro per i
Beni culturali, al Ministro del Welfare, al Prefetto di Viterbo, al
Presidente della Regione Lazio, al Presidente della Provincia di Viterbo, al
Sindaco del Comune di Viterbo
Oggetto: Diffida
Signor Ministro,
dalla documentazione che l'Amministrazione comunale di Viterbo ha
recentemente reso pubblica mettendola a disposizione dei consiglieri
comunali, viene confermato inconfutabilmente che la realizzazione di un
mega-aeroporto nell'area termale del Bulicame a Viterbo devasterebbe
irreversibilmente un'area di enorme pregio con rilevanti emergenze
archeologiche e naturalistiche protette da rigorosi vincoli.
Basti osservare la Tavola 2 del cosiddetto "Studio di prefattibilita'"
recante la "Planimetria con vincoli paesaggistici, idrogeologici,
archeologici, termali" per verificare che, ad esempio, il mega-aeroporto
"sorgerebbe letteralmente sopra un'area di interesse archeologico con
presenza di beni archeologici che la legge tutela da delittuose devastazioni
come quella evidentemente costituita dalla realizzazione dell'opera
aeroportuale" (come segnalato nell'esposto nei giorni scorsi trasmesso al
Ministro dell'Ambiente e alla Soprintendenza per i Beni Archeologici per
l'Etruria Meridionale).
*
Peraltro lei non ignora - poiche' l'abbiamo ripetutamente informata in
merito inviandole varie comunicazioni e segnalandole un'ampia
documentazione - che la realizzazione di un illegale e insensato
mega-aeroporto nell'area termale del Bulicame non solo devasterebbe
quell'area di inestimabile valore naturalistico e storico-culturale,
terapeutico e sociale, economico e simbolico; ma provocherebbe anche gravi
danni alla salute, alla sicurezza e alla qualita' della vita dei cittadini
viterbesi; costituirebbe un immenso sperpero di denaro pubblico per un'opera
nociva e distruttiva; e' in contrasto con la vigente normativa europea ed
italiana a tutela di ambiente e salute; confligge con la vigente
pianificazione territoriale ed urbanistica regionale e comunale; ed infine
la sua stessa proposta, formulata sul finire del 2007 dal Ministro che l'ha
preceduta, era scandalosamente viziata da gravissimi errori di merito e
procedurali, e si fondava su informazioni palesemente errate, che
occultavano dolosamente come l'opera li' situata avrebbe prodotto un
disastroso impatto ambientale, sanitario e sociale in un'area di
straordinario valore e protetta da norme e vincoli che e' obbligatorio
rispettare.
*
Con la presenta la si informa per l'ennesima volta di quanto precede e la si
diffida dal compiere atti intesi a realizzare un'opera illegale che
implicherebbe la devastazione del territorio e l'aggressione alla salute,
alla sicurezza e ai diritti della popolazione di Viterbo e dell'Alto Lazio.
Distinti saluti,
la portavoce del Comitato che si oppone alla realizzazione del
mega-aeroporto a Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo,
Antonella Litta
il responsabile del Centro di ricerca per la pace di Viterbo, Peppe Sini
Viterbo, 6 aprile 2009

4. RIFERIMENTI. PER LA SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE COLPITA DAL TERREMOTO

Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal sisma segnaliamo
particolarmente il sito della Caritas italiana: www.caritasitaliana.it e il
sito della Protezione civile: www.protezionecivile.it, che contengono utili
informazioni e proposte.

5. RIFLESSIONE. ASSOCIAZIONE "RESPIRARE": IL NUCLEARE E IL TERREMOTO
[L'associazione "Respirare" e' stata promossa dalla sezione di Viterbo
dell'"Associazione medici per l'ambiente (Isde - Italia)" e dal "Centro di
ricerca per la pace" di Viterbo]

Le catastrofi naturali recano anche, col loro carico di immedicabile dolore,
la manifestazione di un'inesorabile verita'.
L'essere umano e' fragile, fragili i suoi manufatti, fragile la sua
civilta'.
E la natura e' un gioco di equilibri che possono improvvisamente spezzarsi.
Con questa fragilita' e precarieta' occorre imparare a convivere, agendo in
modo da tenerne sempre conto.
*
Anche per questo - oltre che per molti altri motivi - e' insensato voler
realizzare opere pericolose come le centrali nucleari in un paese ad alto
rischio sismico come l'Italia.
Anche per questo e' criminale cementificare i suoli ed edificare oltre ogni
ragionevole limite, senza tener conto della capacita' di carico degli
ecosistemi e senza rispettare quelle norme edilizie ed urbanistiche che sole
garantiscono - tra l'altro - l'attenuazione dell'impatto dei sismi.
Anche per questo occorre contrastare l'ideologia consumista e le sue
concrete realizzazioni che mercificano e devastano e alienano ed
annichiliscono l'ambiente, la salute, la dignita' della vita, i beni comuni
e la stessa umanita'.
*
Anche per questo ci opponiamo alle opere nocive e distruttive, speculative e
fuorilegge, che poteri irresponsabili ed interessi illeciti vorrebbero
imporre al nostro territorio. Dal mega-aeroporto di Viterbo all'autostrada
Livorno-Civitavecchia, dalla centrale a carbone di Torvaldaliga Nord alla
centrale nucleare a Montalto.

6. TERREMOTO. PAOLO BERDINI: PIEDI D'ARGILLA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 7 aprile 2009 col titolo "Un Paese e una
politica dai piedi d'argilla"]

Sono crollati ospedali, edifici pubblici e scuole costruiti di recente.
Dovevano rispettare rigorose norme antisismiche, ma il terremoto ha
tragicamente svelato una realta' che viene sistematicamente occultata: siamo
il paese delle regole scritte con solennita' e violate con estrema
facilita'. Siamo il paese in cui le funzioni pubbliche di controllo sono
state cancellate o messe nella condizione di non nuocere. Di fronte a questa
realta', il "piano casa" della Presidenza del Consiglio liberalizzava
ulteriormente ogni intervento edilizio che poteva iniziare attraverso una
semplice denuncia di inizio attivita', e cioe' in modo che la pubblica
amministrazione perdesse per sempre ogni residua possibilita' di controllo.
Dappertutto, in zona sismica o in zona di rischio idrogeologico.
Sono poi crollate in ogni parte anche le case private. Antiche, della prima
o della seconda meta' del Novecento. Segno evidente che anche esse sono
state costruite senza gli accorgimenti che ogni paese civile richiede.
Invece di avviare questo processo, il piano casa del governo autorizzava
aumenti automatici di cubatura (fino al 20%) senza contemporaneamente
costringere i proprietari a rendere piu' efficienti le strutture. Chiunque
chiude un balcone o una veranda, pur aumentando i pesi che le case devono
sopportare, non interviene sulle fondazioni o sulle strutture principali. E'
noto che questa anarchia e disorganicita' e' alla base di molti crolli e di
molte vittime.
La tragedia dell'Abruzzo mostra dunque di quale cinismo e arretratezza
culturale fosse stato costruito il provvedimento tento reclamizzato da
Berlusconi.
Cinismo perche' faceva balenare in ciascuno la possibilita' di incrementare
la proprieta' senza tener conto dell'esistenza di equilibri piu'
complessivi, senza cioe' dover rispettare i beni comuni per eccellenza: le
citta'.
Arretratezza culturale perche' il terremoto ha dimostrato ancora una volta
che il vero problema del nostro paese e' quello di avere i piedi di argilla.
In un paese ad alto e diffuso rischio sismico, infrastrutture, servizi e
abitazioni non sono in grado di resistere ai terremoti.
Invece di agevolare la sistematica messa in sicurezza del territorio e del
patrimonio edilizio, questo governo ha in mente una sola cultura:
"aggiungere". Nuove grandi opere, ad iniziare dal ponte sullo stretto e
dalle centrali nucleari, nuove espansioni edilizie. Invece di consolidare
l'enorme patrimonio edilizio esistente e rendere sicura la vita degli
italiani, si continua con lo scellerato meccanismo della rendita
speculativa.
Stavolta la colpa non e' di esclusiva responsabilita' politica. E' evidente
in ogni settore un consenso esplicito ed entusiasta della Confindustria e
della cosiddetta "classe dirigente". Quella, per intenderci, di cui fa parte
Claudio De Albertis, per molti anni presidente dei costruttori italiani e
oggi presidente di quelli milanesi. In un recentissimo dibattito nella rete
televisiva di "La Repubblica" ha avuto il coraggio di dire che in Italia
mancano case popolari perche' vengono costruite con troppa lungimiranza e
durano troppo nel tempo. Ci dobbiamo abituare, ha aggiunto, a programmarne
la vita in venti anni per poi rottamarle. Mentre tutti i paesi ad economia
avanzata si interrogano su come ricostruire su basi solide un futuro
possibile dopo la crisi, da noi governo e imprenditori del mattone pensano
esclusivamente a nuovi affari senza farsi carico degli interessi generali.
Sono cosi' miopi da non vedere che c'e' invece un altro modo per rilanciare
la macchina dell'edilizia. Basterebbero tre mosse. Prendere atto che il
nostro patrimonio abitativo e' fatiscente e lo Stato ha il dovere di
favorirne la messa in sicurezza, attraverso norme e finanziamenti. E se ci
fosse qualcuno che afferma che in questo modo si spendono soldi pubblici, si
potrebbe rispondere che stiamo spendendoli per acquistare i fondi tossici
delle banche. Perche' non potrebbero essere utilizzati anche per non veder
morire intere famiglie? E poi, gli interventi dentro una nuova concezione
dell'edilizia favorirebbero la nascita di nuove industrie in grado di
realizzare e gestire sistemi di risparmio energetico. In pochi anni i
benefici complessivi supererebbero le spese di investimento iniziale: basta
soltanto dare il colpo di grazia alla rendita immobiliare, come fanno in
Europa.
Secondo. Prendere atto che nell'ultimo decennio si e' costruito troppo e che
e' venuto il momento di dire basta ad ogni ulteriore consumo di suolo
agricolo. Da qualche mese e' nata su iniziativa del sindaco di Cassinetta di
Lugagnano la rete "stop al consumo di territorio" e sono molti i primi
cittadini che vogliono voltare pagina. La popolazione italiana non cresce
piu' ed e' economicamente molto piu' conveniente riqualificare l'esistente.
Terzo. La definizione di un grande (stavolta si') programma di messa in
sicurezza degli edifici pubblici. Il volto dello stato si vede da come si
presentano le scuole dell'obbligo. L'ottanta per cento di esse e' fatiscente
o non rispetta le norme di sicurezza. Stesso discorso vale per gli ospedali
e per gli altri servizi. Una grande opera di ricostruzione del volto dei
luoghi pubblici e delle citta', che sono gli elementi portanti della
convivenza civile di ogni paese civile. E se qualcuno obiettasse
spudoratamente che in questo modo si spendono soldi pubblici, basterebbe
mostrargli i volti dei giovani che in Abruzzo hanno perso la vita soltanto
perche' l'ideologia liberista ha imposto in questi anni la distruzione di
ogni funzione pubblica.

7. RASSEGNA STAMPA. GIOVANNI VALENTINI: RESPONSABILITA'
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 7 aprile 2009 col titolo "Le colpe del
malpaese" e il sommario "Dopo la solidarieta' sara' necessario compilare
l'inventario delle responsabilita'"]

Non e' certamente colpa di nessuno, tantomeno del governo in carica, se
scoppia un terremoto nel cuore della notte e devasta un'area sismica gia'
censita nelle mappe della paura, provocando una dolorosa catena di rovine,
morti e feriti. Quando l'instabilita' del territorio si combina purtroppo
con la violenza della natura, il cataclisma diviene inarrestabile e l'uomo
non puo' che arrendersi alla fatalita'.
E' doveroso ora far fronte all'emergenza, soccorrere le vittime, assistere i
sopravvissuti, ripristinare al piu' presto condizioni di vita normali e
dignitose per tutti. Ed e' senz'altro opportuno accantonare per il momento
qualsiasi polemica contingente, per concentrare gli sforzi in un impegno
comune di solidarieta'. Ma subito dopo sara' necessario anche compilare
l'inventario delle responsabilita', remote e recenti, non solo per accertare
che sia stato fatto davvero tutto il possibile per prevenire un evento di
tale portata, quanto per impedire che possa ripetersi in futuro o perlomeno
per contenerne eventualmente l'impatto.
Non vogliamo riferirci qui tanto alla "querelle" fra il tecnico che nei
giorni scorsi aveva lanciato l'allarme e l'apparato della Protezione civile,
sostenuto dall'establishment del mondo scientifico, secondo cui un terremoto
non si puo' mai prevedere. Sara' pur vero che i sintomi registrati dai
sismografi o da altre apparecchiature non consentono di predisporre per
tempo un intervento funzionale, cioe' un'evacuazione di massa delle case,
dei paesi e delle citta'. E' altrettanto vero, pero', che in questo caso i
segnali sono stati evidentemente trascurati e sottovalutati, fino al punto
di mettere sotto inchiesta l'incauto tecnico in virtu' di un paradosso
giuridico che prende il nome di "procurato allarme".
La questione fondamentale e' un'altra e si chiama piuttosto "cultura del
territorio". Vale a dire conoscenza e rispetto della natura; sensibilita' e
cura per l'ambiente; tutela del paesaggio e ancor piu' della salute, della
vita umana, di tanti destini in carne e ossa che in quel territorio
incrociano la propria esistenza. Non c'e' pieta' per le vittime e per i
sopravvissuti di questo o di altri terremoti, come di ogni disastro
naturale, senza una consapevolezza profonda di un tale contesto e senza una
conseguente, concreta, quotidiana assunzione di responsabilita'.
Fuori oggi da una sterile polemica politica, non si puo' fare a meno
tuttavia di registrare l'enorme distanza - propriamente culturale - fra un
approccio di questo genere e il cosiddetto "piano casa" recentemente varato
dal governo di centrodestra, nel disperato tentativo di rilanciare
l'attivita' edilizia. In un Malpaese che trema distruggendo - insieme a
tante speranze e a tante vite - abitazioni, palazzi, ospedali, scuole e
chiese, e dove ancora aspettano di essere ricostruiti gli edifici crollati
nei precedenti terremoti come quello del Belice di quarant'anni fa, la
priorita' diventa invece la stanza in piu', la mansarda o la veranda da
aggiungere alla villa o alla villetta, in funzione di quel consumo del
territorio che si configura come un saccheggio privato a danno del bene
comune.
Non saranno magari le fughe di gas radon emesse dalla terra in ebollizione -
come predica l'inascoltato ricercatore abruzzese - a permetterci di
prevedere i terremoti, ma verosimilmente una rigorosa prevenzione
anti-sismica puo' aiutarci a ridurre al minimo i danni e soprattutto le
vittime. Tanto piu' nelle regioni e nelle zone dove il rischio e'
notoriamente piu' alto. Ecco una grande occasione per rilanciare l'attivita'
edilizia nell'interesse generale, non gia' al servizio della speculazione
immobiliare ma semmai in funzione di un investimento umano e sociale sul
territorio.
Con i centocinquanta morti finora accertati, i mille e cinquecento feriti, i
settantamila sfollati, i diecimila edifici crollati o danneggiati, il triste
bollettino di guerra che arriva dall'Abruzzo interpella una volta di piu' le
ragioni di un "ambientalismo sostenibile": cioe', pragmatico, costruttivo,
effettivamente praticabile. Di fronte al primo cataclisma del nuovo
millennio, quello schieramento composito e trasversale che vuole difendere
l'immenso patrimonio naturale, storico e artistico dell'Italia dagli egoismi
individuali, e' chiamato a misurarsi piu' che mai con la sfida della
concretezza. Superata l'era delle vecchie ideologie, rosse o verdi che
fossero, ora c'e' da impugnare la bandiera del realismo civile.

8. RIFLESSIONE. SASKIA SASSEN: DEFINANZIARIZZARE LE ECONOMIE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 5 aprile 2009 col titolo "La finanza
malata d'ipertrofia", il sommario "Capitalismo. Crisi. Salvare il sistema
finanziario globale? Troppo tardi. Ormai e' 'troppo grande per salvarlo'. Il
valore globale dei 'prodotti finanziari' e' parecchie volte il Pil mondiale.
E' troppo. La sfida reale non e' salvare il sistema ma definanziarizzare le
economie, argomenta Saskia Sassen" e la nota "Questo testo e' tratto da
'Open Democracy', 2 aprile 2009"]

Quello che viene impropriamente chiamato "gruppo dei venti" (G20) si e'
riunito a Londra il 2 aprile 2009 per discutere su come salvare il sistema
finanziario globale. E' troppo tardi. La prova e' che non abbiamo le risorse
per salvare questo sistema - neanche se volessimo. E' diventato "troppo
grande da salvare" (non "troppo grande per fallire", come si dice per
giustificare il soccorso ai colossi bancari - ndt): il valore degli assets
finanziari globali supera di parecchie volte il Prodotto interno lordo (Pil)
globale. La vera sfida non e' salvare questo sistema, ma definanziarizzare
le nostre economie, come premessa per superare il modello attuale di
capitalismo. Perche' mai il valore degli assets finanziari dovrebbe
ammontare quasi al quadruplo del Pil complessivo dell'Unione Europea, e
ancor piu' per quanto riguarda gli Usa? Che vantaggio hanno i comuni
cittadini - o il pianeta - da questo eccesso?
La domanda si risponde da sola. Esplorare piu' a fondo i meccanismi nascosti
del sistema finanziario che ha portato il mondo a questa crisi significa
anche intravedere un futuro oltre la finanziarizzazione. Il compito che il
G20 dovrebbe affrontare non e' salvare questo sistema finanziario, ma
cominciare a definanziarizzare le principali economie in misura tale che il
mondo possa andare verso la creazione di un'economia reale capace di
garantire sicurezza, stabilita' e sostenibilita'. C'e' molto lavoro da fare.
*
La logica
Una caratteristica specifica del periodo iniziato negli anni '80 e' l'uso di
strumenti estremamente complessi, tesi a nuove forme di accumulazione
originaria, per cui i soldi dei contribuenti sono l'ultima frontiera da
sfruttare. Le imprese globali che esternalizzano centinaia di migliaia di
posti di lavoro nei paesi a basso reddito hanno dovuto sviluppare modelli
organizzativi complessi, facendo ricorso a esperti estremamente costosi e
abili. A quale scopo? Poter contare su piu' lavoro possibile al prezzo piu'
basso possibile, compreso il lavoro non qualificato che sarebbe poco
remunerato anche nei paesi sviluppati. L'elemento insidioso e' che i milioni
di centesimi risparmiati si traducono in guadagni per gli azionisti.
La finanza ha creato strumenti finanziari sofisticati per spremere i magri
guadagni delle famiglie a reddito modesto offrendo credito per beni
superflui, e (ancor piu' grave) promettendo loro la proprieta' di una casa.
Lo scopo era assicurarsi il maggior numero possibile di titolari di carte di
credito e di mutui, per adescarli agli strumenti d'investimento. Non importa
poi che i mutui o le carte di credito siano onorati: quel che conta e'
assicurarsi un tot di prestiti da trasformare in "prodotti d'investimento".
Una volta creato il meccanismo, l'investitore non dipende piu' dalla
capacita' individuale di ripagare il prestito o il mutuo. L'uso di queste
sequenze complesse di "prodotti" ha consentito agli investitori di
accaparrarsi profitti di migliaia di miliardi di dollari alle spalle di
persone dal reddito modesto. Ecco la logica della finanziarizzazione,
diventata dominante dall'inizio dell'era neoliberista, negli anni '80.
Cosi' negli Stati Uniti - vivaio per queste forme di accumulazione
originaria - ogni giorno 10.000 proprietari di casa, in media, perdono la
propria abitazione perche' pignorata. Si stima che nei prossimi quattro
anni, negli Stati Uniti, da 10 a 12 milioni di famiglie non saranno in grado
di pagare il mutuo; alle condizioni attuali perderebbero la casa. E' una
forma brutale di accumulazione originaria: di fronte alla possibilita'
(quasi sempre solo immaginaria) di possedere una casa, molte persone a basso
reddito porranno a garanzia i loro magri risparmi o guadagni futuri.
Questo tipo di complessita' mira a estrarre valore aggiunto ovunque sia
possibile: dai piccoli e modesti, e dai grandi e ricchi. Questo spiega
perche' il sistema finanziario globale e' in crisi permanente. A dire il
vero, il termine "crisi" e' fuorviante: quello che succede e' piu' vicino al
business as usual, e' il modo in cui funziona il capitalismo finanziarizzato
nell'era neoliberista.
A partire dagli anni '80, la finanziarizzazione di sempre piu' vasti settori
economici e' diventata sia un segno del potere di questa logica finanziaria,
sia un segno del suo auto-esaurimento. Quando tutto e' finanziarizzato, la
finanza non puo' piu' estrarre valore. Ha bisogno di settori non
finanziarizzati su cui basarsi. L'ultima frontiera e' il denaro dei
contribuenti: che e' denaro reale, alla vecchia maniera, non (ancora)
finanziarizzato.
*
Il limite
La specificita' della crisi attuale sta proprio nel fatto che il capitalismo
finanziarizzato ha raggiunto i limiti imposti dalla sua stessa logica. Ha
avuto successo nell'estrarre valore da tutti i settori economici attraverso
la loro finanziarizzazione. Ha permeato una parte cosi' grande di ogni
economia nazionale (specie nel mondo altamente sviluppato), che le aree
dell'economia da cui puo' ancora estrarre capitale non finanziario sono
diventate troppo ridotte, e non possono fornire sufficiente capitale per
salvare il sistema finanziario nel suo insieme.
Per esempio: nel settembre 2008 - mentre la crisi esplodeva con il crollo di
Lehman Brothers - il valore globale degli assets finanziari (cioe':
indebitamento) nel mondo intero era di 160.000 miliardi di dollari: ovvero
tre volte e mezzo il Pil globale. I soldi disponibili non bastano per
salvare il sistema finanziario.
Prima che l'attuale crisi esplodesse, il valore degli assets finanziari
negli Usa aveva raggiunto il 450% del Pil, vale a dire quattro volte e mezzo
il Pil totale (vedi "Mapping global capital markets", McKinsey Report,
ottobre 2008). Nell'Unione Europea, esso ammontava al 356% del Pil. Piu' in
generale, il numero dei paesi dove gli assets finanziari superano il valore
del Pil e' piu' che raddoppiato, da 33 nel 1990 a 72 nel 2006.
Inoltre nell'ultimo decennio il settore finanziario e' cresciuto in Europa
piu' in fretta che negli Stati Uniti, soprattutto perche' e' partito da un
livello piu' basso: il suo tasso composto di crescita annuale negli anni
1996-2006 e' stato del 4,4%, a fronte del 2,8% per gli Stati Uniti.
Neanche le economie capitalistiche - tralasciando se questo sia piu' o meno
desiderabile - hanno bisogno di assets finanziari quattro volte il valore
del Pil. Anche in una logica capitalistica, finanziare ancora il settore
finanziario per risolvere la crisi finanziaria non funzionera': non farebbe
altro che accrescere il vortice della finanziarizzazione delle economie.
*
Le proporzioni
Un altro modo di leggere la situazione e' attraverso i diversi ordini di
grandezza del sistema bancario e di quello finanziario. Nel settembre 2008,
il valore degli assets bancari ammontava a svariate migliaia di miliardi di
dollari; ma il valore totale dei Cds (credit-default swaps) - la goccia che
ha fatto traboccare il vaso - ammontava a quasi 60.000 miliardi di dollari.
Si tratta di una somma maggiore del Pil globale. Quando i debiti sono venuti
a scadenza, i soldi non c'erano. Piu' in generale - e ancora una volta, per
dare un'idea degli ordini di grandezza che il sistema finanziario ha creato
a partire dagli anni '80 - il valore totale dei derivati (una forma di
indebitamento, e lo strumento finanziario piu' comune) era di oltre 600.000
miliardi di dollari. Questi assets finanziari sono cresciuti molto piu'
rapidi di ogni altro settore economico (Gillian Tett, "Lost through
destructive creation", Financial Times, 9 marzo 2009).
Il livello del debito negli Stati Uniti oggi e' piu' alto che durante la
Grande depressione degli anni '30. Nel 1929 il rapporto debito-Pil era
all'incirca del 150%; nel 1932 era cresciuto al 215%. Nel settembre 2008, lo
scoperto per l'indebitamento relativo ai Cds - un prodotto made in America
(e, ricordiamolo, e' solo un tipo di debito) - corrispondeva a piu' del 400%
del Pil. In termini globali, il valore del debito nel settembre 2008 era di
160.000 miliardi di dollari (il triplo del Pil globale), mentre il valore
dei derivati senza copertura e' un quasi inconcepibile 640.000 miliardi (14
volte il Pil di tutti i paesi del mondo).
Queste cifre dimostrano che il momento attuale e' davvero estremo. Ma non e'
anomalo, ne' e' determinato da fattori esogeni (come suggerirebbe l'idea di
crisi). Piuttosto, e' il modo normale di operare di questo particolare tipo
di sistema finanziario. Inoltre i governi (cioe' i cittadini e i
contribuenti), ogni volta che hanno salvato il sistema finanziario, sin
dalla prima crisi di questa fase - il crollo della borsa di New York del
1987 - hanno dato alla finanza gli strumenti per continuare la sua corsa
speculativa. Dagli anni '80 a oggi ci sono state cinque manovre di
salvataggio; ogni volta, i soldi dei contribuenti sono stati usati per
pompare liquidita' nel sistema finanziario, e ogni volta la finanza li ha
usati per speculare. Questa volta le vacche grasse stanno finendo - abbiamo
finito i soldi che servirebbero per le enormi esigenze del sistema
finanziario.
*
Il ponte
Quanto sopra esposto implica che vi sono due sfide da affrontare: l'esigenza
di definanziarizzare le principali economie e l'esigenza di uscire dal
modello attuale del capitalismo.
Entrambe saranno difficili, ma e' utile focalizzarsi su alcuni fatti
basilari. L'attuale stima della disoccupazione globale ufficiale e' di 50
milioni di unita'; l'Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) calcola
che altri 50 milioni di persone potrebbero perdere il lavoro per
l'aggravarsi della recessione. Queste cifre sono tragiche per le persone
coinvolte. Sono anche relativamente modeste (senza minimizzare in alcun modo
la realta' umana), se confrontate ai due miliardi di persone nel mondo
disperatamente povere. Ma quanti "posti di lavoro" sarebbero creati se ci
fosse un sistema il cui obiettivo fosse sfamare questi due miliardi di
persone e dare loro un alloggio? Il mondo allora avrebbe bisogno di far
lavorare questi 50 milioni di persone ora disoccupate - e di far rientrare
in gioco un altro miliardo di lavoratori.
In questa luce, la crisi finanziaria potrebbe essere un ponte verso un nuovo
ordine sociale. Potrebbe aiutare tutti i soggetti interessati - cittadini e
attivisti, ong e ricercatori, comunita' locali e reti, governi democratici -
a focalizzarsi sul lavoro che serve per dare una casa a tutti, per depurare
la nostra acqua, per rendere piu' verdi i nostri edifici e le nostre citta',
per sviluppare un'agricoltura sostenibile (compresa l'agricoltura urbana) e
per fornire assistenza sanitaria universale. Questo nuovo ordine
garantirebbe un impiego a chiunque interessato a lavorare. Con tutto il
lavoro che c'e' da fare, l'idea della disoccupazione di massa ha poco senso.
Gia' da decenni esiste la tecnologia per sostenere questo lavoro, e
contribuire a debellare le malattie che affliggono milioni di persone, e
produrre cibo per tutti. Eppure milioni di esseri umani muoiono ancora per
malattie prevenibili, e ancor piu' soffrono la fame. La poverta' si e'
radicalizzata: se un tempo significava possedere solo un fazzoletto di terra
che non produceva molto, oggi consiste nel possedere solo il proprio corpo.
Anche l'ineguaglianza e' aumentata e ha assunto nuove dimensioni, compresi
una nuova classe globale di super.ricchi e l'impoverimento dei tradizionali
ceti medi.
La storia dell'ultima generazione conferma che la forma neoliberista di
economia di mercato non rispondere ai problemi di malattie, fame, poverta' e
ineguaglianza - anzi li rafforza. Un mix di mercati "puliti" e di forte
welfare state (come in Scandinavia) ha prodotto fino a oggi i risultati
migliori; ma per la maggior parte delle economie capitalistiche anche
approssimare questo modello comporterebbe un cambiamento radicale (vedi
Amartya Sen, "Capitalism Beyond the Crisis", New York Review of Books, 26
marzo 2009).
*
Postilla. La sociologa delle citta' globali
Saskia Sassen e' nota in Italia soprattutto come teorica delle "citta'
globali", ma l'oggetto della sua analisi e' piu' in generale la sociologia
della globalizzazione (ha fatto anche parte del "gruppo di Lisbona"). Sassen
ha insegnato alla London School of Economics e all'Universita' di Chicago.
Attualmente e' ordinaria di sociologia e membro del Committee on Global
Thought alla Columbia University di New York. Tra i suoi libri tradotti in
italiano: Territorio, autorita', diritti (Bruno Mondadori, Milano 2008); Una
sociologia della globalizzazione (Einaudi, Torino 2008); Globalizzati e
scontenti (Il Saggiatore, Milano 2002);
Migranti, coloni, rifugiati: dall'emigrazione di massa alla fortezza Europa
(Feltrinelli, Milano 1999); Citta' globali: New York, Londra, Tokyo (Utet,
Torino, 1997); Le citta' nell'economia globale (Il Mulino, Bologna 1997).

9. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE AL MEGA-AEROPORTO
DI VITERBO E S'IMPEGNA PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO

Per informazioni e contatti: Comitato che si oppone al mega-aeroporto di
Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della
salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti: e-mail:
info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa
Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it
Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it

===================
COI PIEDI PER TERRA
===================
Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 174 dell'8 aprile 2009

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it