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Minime. 754
- Subject: Minime. 754
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 9 Mar 2009 00:57:07 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 754 del 9 marzo 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Nella Ginatempo: Accanimento razzista 2. Annamaria Rivera: Sessismo e razzismo hanno la stessa matrice 3. Tiziana Bartolini: Otto marzo nella crisi 4. Anna Maria Crispino: Risignificare l'otto marzo 5. Giordana Masotto: Un discorso da mettere sottosopra 6. Michele Smargiassi: La violenza dei maschi 7. Marina Forti: Lavoro verde 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. UNA SOLA UMANITA'. NELLA GINATEMPO: ACCANIMENTO RAZZISTA [Ringraziamo Nella Ginatempo (per contatti: nellagin at fastwebnet.it) per questo intervento] Il ddl "sicurezza" (approvato dal senato come A.S. 733) verra' esaminato martedi' prossimo da parte delle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia della Camera. Si guardi l'elenco delle disposizioni contenute in questo disegno di legge: - la soppressione del divieto di segnalazione dell'immigrato irregolare che ricorra a prestazioni sanitarie; - l'imposizione del requisito di regolarita' del soggiorno per poter contrarre matrimonio in Italia; - l'esibizione del titolo di soggiorno per il perfezionamento degli atti di stato civile (esempio: la registrazione della nascita o il riconoscimento del figlio naturale); - l'imposizione del requisito di idoneita' abitativa certificata dal Comune ai fini del ricongiungimento familiare; - la verifica delle condizioni igienico-sanitarie dell'alloggio ai fini dell'iscrizione anagrafica; - l'istituzione di un accordo di integrazione ai fini del rilascio e rinnovo dei permessi (permesso a punti); - l'istituzione di un test di conoscenza della lingua italiana ai fini del rilascio del permesso CE per soggiornanti di lungo periodo (carta di soggiorno); - l'imposizione di un contributo da 80 a 200 euro per ogni rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno; - il prolungamento del periodo di convivenza in Italia necessario per l'acquisto della cittadinanza per matrimonio. Si tratta con tutta evidenza di un accanimento razzista contro esseri umani cui vengono negati i diritti umani, insieme ai diritti civili, economici e politici. Non e' solo lo specchio di un governo reazionario e fascista, e' anche lo specchio di un'Italia che ha perduto la propria coscienza civile e cristiana. Un'Italia di cui mi vergogno. Purtroppo sono consapevole che non basta l'indignazione morale per contrastare la marea montante di questi provvedimenti e la regressione della cultura della solidarieta'. Servirebbe un'altra soggettivita' politica con un altro modello di societa'... 2. UNA SOLA UMANITA'. ANNAMARIA RIVERA: SESSISMO E RAZZISMO HANNO LA STESSA MATRICE [Ringraziamo Annamaria Rivera (per contatti: annamariarivera at libero.it) per averci messo a disposizione il seguente articolo apparso sul quotidiano "Liberazione" dell'8 marzo 2009 col titolo "La questione maschile" e il sommario "Emergenza-stupri e ronde: la radice maschilista e' la stessa"] A dubitare fin dall'inizio della narrazione pubblica dello "stupro della Caffarella" siamo stati in pochi. Con l'eccezione di qualcuno - "EveryOne", per esempio, ha avuto il coraggio di smentirla in un dossier dettagliato - quasi tutti l'hanno data per scontata, perfino quotidiani decisamente di sinistra: a nessun giornalista e' venuto in mente di fare non dico una controinchiesta (non siamo mica negli anni '70!) ma almeno una vera, onesta indagine giornalistica. Al massimo si e' cercato di correggere l'amalgama indecente romeni-rom-stupratori dando la parola agli "zingari buoni", che avrebbero permesso la cattura di uno dei due accusati. Correzione che non ha migliorato la versione dominante, se mai le ha aggiunto quel tocco di paternalismo peloso che le mancava. Non parliamo poi del malcostume d'ignorare il principio della presunzione d'innocenza, specie quando si tratta degli "altri": sembra che anche a sinistra si cominci a pensare che rispettarlo e' un lusso che non possiamo piu' permetterci. Il che la dice lunga non solo sullo scadimento del mestiere ma anche sull'egemonia culturale della destra. * L'"emergenza-stupri", lo sappiamo bene, e' solo l'avatar piu' recente del vizio di orchestrare campagne propagandistiche di stampo forcaiolo e razzista, in cui a variare sono solo i capri espiatori: figure "aliene" che mutano secondo criteri statistici - la componente immigrata piu' numerosa - o biecamente strumentali - la categoria di "altri" piu' antipatica e/o piu' utile a spacciare l'urgenza di misure liberticide e persecutorie. Non e' un fenomeno nuovo: la tendenza a ridurre l'attualita' politica ai fatti di cronaca nera - selezionati, gerarchizzati, drammatizzati dai mass media secondo l'aria politica del momento - si manifesta dacche' esiste uno spazio pubblico che esige qualche coinvolgimento dei cittadini, spesso in realta' ridotti a semplici elettori. E non e' nuovo, anzi e' antico come i linciaggi il tema del "diverso" che insidia le nostre donne. Vetusto e' anche quello che attribuisce agli "altri" l'attitudine naturale ad opprimere, schiavizzare, far violenza alle donne: per limitarci all'Italia, un tempo era prerogativa dei "terroni", piu' di recente degli "islamici". Non e' nuovissima neppure la moda di prendere a pretesto crimini contro le donne, purche' commessi da estranei, per compiacere o sollecitare gli umori collettivi piu' malsani: il "consiglio di guerra" convocato dal governo di centrosinistra dopo l'omicidio Reggiani ha fatto scuola. Piu' stravagante e' che ad allarmarsi e starnazzare per l'"emergenza-stupri" sia chi ha reintrodotto nello spazio pubblico il celodurismo, rinverdendo cosi' lo stile mussoliniano. Si sa, parlando dell'Altro si parla di se stessi. Che a gridare contro lo stupratore alieno sia la Lega nord, il partito che ha reso linguaggio politico l'esibizione genitale - cosi' prossima alle fantasie e agli atti di stupro - rivela quali siano le pulsioni che si agitano nel ventre maschilista, razzista e fascistoide del nostro infelice paese. E' da quel ventre misogino che nasce l'idea delle ronde, apparentata con la violenza sessuale dalla medesima attitudine proprietaria nei confronti dei corpi femminili. Del resto, la complicita' del mondo maschile maggioritario con gli stupratori, quelli veri, e' mostrata dall'atteggiamento abituale allorche' il violentatore e' italiano: se ha consumato il suo crimine all'interno delle mura domestiche prevarra' l'indifferenza; se lo ha fatto in un luogo pubblico, si dira' che e' stato colto da un raptus o che, povero ragazzo, era sotto l'effetto di droga o alcol. * In realta', lo stupro e' endemico ai piu' vari sistemi sociali che valorizzano la cultura del potere, della sopraffazione, della violenza. Il piu' delle volte avviene nel chiuso delle relazioni di prossimita': in Italia, come a livello mondiale, la maggior parte delle violenze sessuali e' esercitata da parte di persone che conoscono la vittima. E' trasversale alle classi, agli ambienti sociali, alle culture, alle appartenenze religiose, alle nazionalita', ma comune a un solo genere: quello maschile. Per decenni il movimento femminista italiano ha cercato di richiamare l'attenzione dei poteri pubblici sullo scandalo di questa violenza endemica e del sistema che la favorisce: un sistema di relazioni di potere talmente squilibrati in sfavore delle donne che anno dopo anno, come abbiamo riferito piu' volte, i rapporti del World Economic Forum collocano l'Italia sempre piu' in basso nella scala della parita' uomo-donna, al di sotto di alcuni paesi del terzo mondo. Mentre le donne conquistano margini crescenti di liberta' e autonomia, poco mutano i meccanismi della discriminazione di fatto. Anzi, e' proprio la conquista di quei margini, in assenza di una rappresentazione pubblica condivisa dell'eguale diritto, dignita', valore del genere femminile, che spinge una parte del mondo maschile, traversato dalla crisi della virilita' tradizionale, verso la frustrazione, il rancore, la paura, il desiderio di punire le donne. C'e' un ritorno - lo avete notato? - del vecchio vizio di umiliare l'autorevolezza femminile. Come negli anni prima del femminismo, accade che dei maschi provino a importi il silenzio o a screditare la tua parola come illegittima o aggressiva. In fondo, sessismo e razzismo hanno la stessa matrice: il desiderio di annullare l'altro-da-se' che non si sa riconoscere come parte del proprio se'. 3. OTTOMARZOTUTTOLANNO. TIZANA BARTOLINI: OTTO MARZO NELLA CRISI [Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org)] Questo 8 marzo cade in un momento particolarmente tempestoso. La crisi globale, pesantissima, non e' una ciclica crisi economico-finanziaria. Gli esperti la definiscono "strutturale", il che significa che o il sistema inventa altre chiavi di lettura e altre ricette o non se ne esce. In Italia l'incertezza del lavoro e del futuro si accompagnano alla certezza di rimanere prigionieri di un deprivante precariato. Il Governo, con grandi annunci e piccoli provvedimenti a sostegno delle industrie, pensa bene di distrarci sollevando polveroni su questioni che in altri tempi sarebbero state meno che marginali. Oppure talmente grandi da meritare non grida inconsulte ma attente riflessioni. Le pagine dei giornali sono occupate ogni giorni da "casi" che, esaminati con un po' di distacco, appaiono evidentemente sproporzionati. Siamo raggiunti da urla di pari intensita' per l'ennesimo stupro e per il caso Englaro. Differenti gli obiettivi, identico lo scopo finale: scassare questa democrazia e scardinare la Costituzione. Siamo davvero agli sgoccioli di uno scontro unilaterale, cioe' provocato dalle destre, se il Presidente del Consiglio Berlusconi (solo per seguire la sua personale ambizione di assicurarsi le condizioni per diventare Presidente della Repubblica? O forse c'e' dell'altro?) reclama pieni poteri utilizzando una vicenda che viceversa richiedeva il massimo del pudore e della pacatezza. Senza scrupoli, ha dichiarato che Eluana poteva perfino generare figli, offendendo le donne e insultando la dignita' che la sofferenza richiede. Perfino negli Stati Uniti, sempre richiamati come esempio, il popolarissimo Barack Obama, presidente eletto direttamente dal popolo, si confronta (e media) con il Parlamento per gestire la crisi e varare i provvedimenti. Berlusconi, che calpesta impunemente una Repubblica parlamentare, invoca maggiori poteri per legiferare in un tema delicato come il testamento etico. Lui e il Governo da soli hanno l'appannaggio di decidere cosa e' vita e cosa e' morte. Gran parte di questo italico balletto sull'orlo del precipizio si gioca sulla pelle delle donne, minacciando diritti sanciti da una Costituzione che e' ogni giorno aggredita e vilipesa. E' una rappresentazione tutta maschile del potere, accettato anche se agito come un evidente delirio di onnipotenza che il premier ha contagiato al Governo e a parte del Parlamento (ricordiamolo sempre: un Parlamento di nominati, non di eletti). Ci sono fermenti diffusi e reazioni autorevoli. Le donne sono presenze attive di quella Italia che non si lascia offendere dall'arroganza e dalla volgarita', ma faticano ancora a trovare linguaggi e sintonie che invece potrebbero dare loro piu' forza nel quotidiano smarrimento. Un otto marzo difficile questo. Ma forse l'inizio di una nuova strada che magari stiamo gia' percorrendo. Magari senza rendercene conto, perche' il paesaggio e' nuovo e siamo un po' spaesate. 4. OTTOMARZOTUTTOLANNO. ANNA MARIA CRISPINO: RISIGNIFICARE L'OTTO MARZO [Ringraziamo Anna Maria Crispino (per contatti: leggendaria at supereva.it) per questo intervento] 8 marzo 2009: per i media il rituale e' sempre lo stesso. Le solite note, a cominciare dai talk-show che ci svegliano la mattina, che discutono dell'argomento del giorno: l'innalzamento dell'eta' pensionabile delle donne a 65 anni. E' questione di "parita'", anzi, di "uguaglianza" e poi ce lo chiede l'Europa. Come se nessuna/o avesse letto i dati dell'Ilo sulle perduranti gravi disparita' di retribuzione e di carriera tra uomini e donne. Come se il miserabile welfare italiano fosse paragonabile a quello di altri paesi europei (l'Italia e' al penultimo posto, dietro di noi solo Malta, per donne occupate, ultima per numero di donne in ruoli di vertice, rappresentativi e non). Come se l'Inps non fosse invece in attivo (+ 11,2 miliardi, secondo il rapporto annuale dell'Inps sul 2008). Come se a pagare la recessione non fossero prima di tutto le donne, quelle che lavorano - piu' precarie, piu' esposte e vulnerabili -, e quelle che non lavorano - impegnate a far sopravvivere le famiglie con sempre meno soldi. Ma siamo in un paese ormai surreale, in cui la realta' vera, quella fatta delle vite concrete di uomini e donne, di corpi e di pensieri, e' un puro optional, perche' tanto si discute di altro argomentando disinvoltamente sulle "percezioni" invece che sui dati di fatto. E la percezione veicolate dai media in ossequio alla cultura prevalente e' che le donne siano ormai belle e vincenti: come le ministre del governo di destra, come le veline che praticano "il corpo e' mio e lo gestisco io", come le giovani e meno giovani imprenditrici della Confindustria piu' toste di Montezemolo. Le altre? Invisibili, inessenziali. Se poi si fanno stuprare, diventano, bonta' loro, povere vittime da proteggere, soprattutto dagli "altri" maschi, gli stranieri, quei barbari che ci invadono e minacciano le "nostre" donne. * 8 marzo 2009: e' tempo di registrare la "sconfitta delle donne", come suggeriva un editoriale di Chiara Saraceno su "La Stampa" di qualche giorno fa? Come adombrava un fondo di Ida Dominijanni su "Il manifesto" mettendo in guardia contro la tentazione di farsi risucchiare dalla "emergenza stupro" che sovrappone la violenza contro le donne alla questione "securitaria" ormai totalmente identificata come problema sociale ed "etnico"? Come tenere salda la rotta di un discorso sulla violenza che e' violenza di uomini sulle donne, quindi un problema di maschi e della loro sessualita' incapace di relazione se non tramite la sopraffazione? Come ribadire la non reversibilita' del processo di assunzione di soggettivita' che le donne hanno compiuto con/attraverso il femminismo, per se' e per le altre? Gia', le altre: le "straniere" di cui poco sappiamo e poco parliamo ma che vivono in mezzo a noi, nelle nostre case. Le giovani, figlie e alcune ormai gia' nipoti di quella generazione che seppe rivoluzionare la propria vita e ballare pericolosamente sul filo teso tra emancipazione e liberazione per arrivare alla liberta' dell'essere donna. Giovani che hanno pensato che la liberta' fosse ormai acquisita e che il femminismo fosse un vecchio arnese da mettere in soffitta. Molte di loro oggi patiscono precarieta' e un acuto senso di impotenza e rabbia: il futuro sembra sgretolarsi fra le loro mani. E che ce ne chiedono conto. Ma molte di noi non hanno mai smesso di dire-fare-pensare e oggi forse il nostro compito piu' urgente e' non abbandonare il campo, anche se e' disperante essere costrette a ripetere, ribadire, ridare continuamente un nuovo senso a questioni e battaglie che hanno occupato l'intero arco della nostra vita: i diritti soggettivi, il valore della differenza, l'intangibilita' del corpo, la cultura delle relazione, l'universo simbolico delle soggettivita' non negoziabili. * 8 marzo 2009: un rito che si ripete ma che va continuamente ri-significato. Perche' solo la memoria puo' aiutarci a non rimanere intrappolate/i in un presente opaco, senza storia e senza futuro. Un presente in cui passano indisturbate operazioni revisioniste quando non negazioniste. Cosi' vale la pena di ripercorrere un secolo di storia di questa ricorrenza, perche', come ha scritto Adrienne Rich, senza memoria ogni generazione di femminismo rischia di apparire come una escrescenza incomprensibile nel corso della storia. E dunque vale la pena di guardare e far vedere a piu' giovani donne e uomini possibile il dvd "8 marzo. Una storia lunga un secolo" di Tilde Capomazza, allegato al volume dall'omonimo titolo di Capomazza e Marisa Ombra (Iacobelli, libro + dvd di 35 minuti, 19,50 euro - sconti per le scuole -, richiedibile al sito: www.iacobellisrl.it). Vi si raccontata la storia di una data per cui dall'inizio del Nocecento donne - europee, russe, americane - che vediamo in bellissime immagini di archivio in buffi vestiti e strani cappelli hanno lottato e pagato prezzi altissimi. La storia dell'ostinato tentativo di fare in modo che la ricorrenza - con il suo altissimo valore simbolico - fosse di tutte le donne - operaie e borghesi, bianche e nere, giovani e anziane - perche' nessun sistema pensato e attuato dagli uomini (liberalismo, socialismo, comunismo) avrebbe mai potuto davvero realizzare la piena umanita' dei soggetti di sesso femminile. Un'utopia bellissima messa all'opera attraverso pratiche politiche creative e coraggiose, che nel dopoguerra diventa rito intorno ad un mito senza fondamento storico (il famoso incendio delle operaie della Cottons), ma che valorizza la forza del legame tra "quelle venute prima di noi" e indica a "quelle venute dopo" che il futuro e' ora nelle loro mani. 5. OTTOMARZOTUTTOLANNO. GIORDANA MASOTTO: UN DISCORSO DA METTERE SOTTOSOPRA [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) col titolo "Violenza. Un discorso da mettere sottosopra"] Anche negli anni '70 non mi sentivo fisicamente insicura. Camminavo a notte fonda nelle vie di Milano, dopo quelle riunioni di donne, lunghe lunghe, e tornavo a casa piena di pensieri e di emozioni. Radiante. Non ci pensavo quasi mai, ma avevo la sensazione che fossimo padrone delle strade, che niente ci avrebbe colpito. Prendendo la parola con le altre donne, mi stavo riappropriando di uno spazio interno e credo fosse questo che mi/ci faceva sentire inviolabili (ricordo di altre che dicevano la stessa cosa). Solo noi potevamo dare accesso ai nostri corpi, come alle nostre menti e cuori (quanto si parlava di sessualita' e di penetrazione!). Intendiamoci: so bene che cosa vuol dire sentire il proprio corpo troppo visibile, come se il solo fatto di portarlo in giro in luoghi pubblici, lo rendesse aggredibile, violabile. Ma prendere la parola mi andava trasformando anche nel rapporto con lo spazio pubblico (la faccio facile, ma non e' facile e non e' mai finita, anche se l'invecchiamento, insieme al resto, cambia le cose). Poi accadeva qualcosa, la violenza, e ne restavo sorpresa e intristita, ma non messa in discussione nelle mie convinzioni piu' profonde. Cosi' mi lasciavano estranea le manifestazioni come Riprendiamoci la notte: capivo il valore politico, ma mi rimettevano in una fragilita' e insicurezza che non provavo. Forse, sotto sotto, proprio per questo motivo mi infastidivano. Anche adesso si parla molto di violenza e torno a leggere di corpi femminili fragili ed esposti, da proteggere, da fortificare, da rassicurare. Anche con le migliori intenzioni. Sono stanca di questi discorsi. Non ci credo, anzi ci credo ancor meno di trent'anni fa. Non voglio piu' parlare del come e del quanto vengono esposti i corpi femminili, perlomeno non voglio parlarne in relazione al tema della violenza maschile. In questa storia ci sono degli esseri umani normali, con tutte le loro varieta', e sono le donne. Non particolarmente fragili, anzi perlopiu' assai resistenti, insomma normali. E poi degli esseri umani, gli uomini, che hanno un problema: un potenziale di violenza. Non siamo noi donne il problema, smettetela di parlare di noi. Vorrei invece che il problema fosse nominato per quello che e'. E quindi vorrei non leggere mai piu' un titolo di giornale che dice "un'altra donna stuprata" o picchiata, ma "un altro uomo ha perso il controllo" l'ennesimo maschio ha aggredito. Vorrei che gli uomini, tutti gli uomini, giornalisti, intellettuali e politici compresi, incominciassero a pensarsi davvero come portatori sani di qualcosa che puo' diventare molto pericoloso e con cui solo loro possono fare i conti. Qualcosa su cui, quando vogliono far bene, cercano di esercitare censura, che evitano di far emergere e guardare in faccia. E quindi evitano perfino di nominare, preferendo indirizzare le loro emozioni sulla pietas per i poveri corpi femminili. Qualcosa di cosi' evidente e macroscopico che scompare, che non puo' essere visto se non c'e' la precisa volonta' di nominarlo. Per questo vorrei che tutti quegli uomini facessero a gara per diventare testimonial di messaggi corretti e consapevoli nei confronti dei giovani maschi. Vorrei che organizzassero tavole rotonde e dibattiti in cui discutono e si accapigliano sul loro rapporto con l'aggressivita' e il potere. Che sentissero (intellettualmente, emotivamente, politicamente) il gravissimo rischio che rappresenta per tutti loro e per le giovani generazioni di maschi, la loro incontrollabile tendenza a ricostruire e ricompattare, a ogni livello, la coorte maschile. E che manifestassero, proprio per questo motivo e non perche' politicamente corretto in una logica paritaria da maschio democratico, l'urgenza di presenze femminili. Quanto a me, da un uomo non voglio essere ne' aggredita ne' protetta (e le ronde non possono in ogni caso funzionare proprio perche' non viene nominata e riconosciuta la natura della violenza). Vorrei che entrasse in relazione con me, da uomo che sa di esserlo. 6. OTTOMARZOTUTTOLANNO. MICHELE SMARGIASSI: LA VIOLENZA DEI MASCHI [Dal quotidiano "La Repubblica" dell'8 marzo 2009 col titolo "Uomini che odiano le donne" e il sommario "Si celebra l'otto marzo in un clima di emergenza per l'ondata di stupri. E forse e' ora di smettere di parlare di violenza sulle donne e parlare di violenza dei maschi. Omicidi, stupri in strada, abusi in famiglia, stalking. Si parla molto di 'difendere le donne'. Ma chi le difende? Gli uomini, ovviamente. Cosi' l'uomo aggressore scompare e si vede solo l'uomo protettore: soldati in citta', ronde, voglia di linciaggio. Tutte risposte maschili, in quella logica proprietaria che e' la radice della misoginia violenta. Chi va nelle scuole a prevenire il bullismo di genere si sente dire: 'Problemi da vecchi'. Ma poi la verita' viene fuori. L'indottrinamento che spinge a una virilita' malintesa scorre da sempre sottotraccia in molti spot, libri, film"] "Ispettore, ma da quand'e' che si va in carcere se si picchia la moglie?". Damiano Marano' ricorda ancora l'espressione di sincero stupore sul viso di quell'uomo, mentre gli metteva le manette. Era uno dei primi arrestati dal "Pool famiglia" della Procura di Milano. "Pensai fosse uno squilibrato, uno che non si rendeva conto delle proprie azioni. Quindici anni dopo non lo penso piu'. Penso invece che gli uomini, molti uomini, siano davvero lucidamente cattivi con le donne". La sua autocoscienza di genere (maschile), l'ispettore Marano' se l'e' fatta sul campo. Aprendo centinaia di porte di casa e trovandoci dietro donne piangenti, sfigurate, sanguinanti, "anche peggio: legate alla sedia e tagliuzzate col coltello, o devastate da una pentolata d'acqua bollente". E mariti sbalorditi che fosse reato. Ricorda i nomi. Tutti, e dire che sono tanti. Ce n'e' anche qualcuno famoso, attori, professionisti. "Non c'e' differenza. Poveracci, ricconi, sconosciuti, celebrita'. Ma dico io, e' possibile che alla fine l'unica cosa che li accomuna e' che hanno tutti il pisello fra le gambe, scusi se non trovo altre parole?". Uomini che odiano le donne e' il titolo fortunato di un giallo di Stieg Larsson che ha fatto il giro del mondo. Lascia la possibilita', almeno grammaticale, che esistano uomini che non odiano le donne. Ma non cosi' tanti come vorremmo credere. Se una donna italiana su tre confida all'Istat di essere stata maltrattata da un uomo almeno una volta nella vita, i casi sono due: o c'e' in giro un'attivissima task force di pochi imprendibili maneschi, o un terzo circa di uomini ha commesso nella vita almeno una violenza contro una donna. Se una donna su sette e' stata picchiata fra le mura domestiche, vuol dire che piu' o meno in una casa su sette c'e' un uomo violento. Che se lo sbatti fuori di casa diventa violento il doppio o il triplo (il 64% delle separate e divorziate ha subito violenze dagli ex). Per non risparmiarci nessun orrore: due donne maltrattate su tre hanno ricevuto "spinte, strattoni, capelli tirati", una su due "schiaffi, calci, pugni, morsi", una su quindici un tentativo di strangolamento. Che la misoginia violenta esista, non e' oggetto di dubbio. Semmai c'e' da chiedersi se gli uomini siano diventati piu' cattivi ultimamente. Come suggerirebbe il clamore mediatico sull'"ondata di stupri". Ma se chiedi a uno che i dati sulla criminalita' li maneggia da anni, il sociologo bolognese Marzio Barbagli, ti frena: "Dove il non-denunciato, il sommerso, supera il 90% e' impossibile individuare tendenze". La violenza misogina e' una zuppa torbida, basta immergere il mestolo giusto per tirare su brodaglia a volonta': e' stato sufficiente dare vigore di legge a una parola, stalking (il crescendo di persecuzioni di un pretendente respinto descritte dal libro di Federica Angeli e Emilio Radice, Rose al veleno) e in poche settimane la polizia ha scovato episodi di stalking ovunque, da Bari dove l'arrestato (per cranio rotto) gridava "volevo solo delle spiegazioni!", a Roma dove e' volato addirittura il coperchio di ghisa di un tombino, a Genova, Torino, Palermo... Ma un dato storico ce l'abbiamo: gli omicidi. Gli omicidi vengono denunciati tutti. Per forza. Ebbene, le statistiche dicono che gli uomini ammazzano molto piu' delle donne, e questo non sorprende: siamo i guerrieri, gli ancestrali titolari della violenza. Poi, che gli uomini ammazzano soprattutto altri uomini, e neanche questo sorprende troppo, a' la guerre comme a' la guerre. Ma da un po' sembrano aver modificato i bersagli. Se nel '94 meno di due maschi omicidi su dieci sceglievano una donna come vittima, nel 2006 erano gia' piu' di tre. Se gli omicidi in assoluto calano, i femminicidi proporzionalmente crescono. Del resto, su tre delitti in famiglia, due riguardano mariti che ammazzano le mogli. "E allora piantiamola una buona volta di parlare di 'violenza sulle donne' e cominciamo a dire 'violenza degli uomini'". Parla un uomo, Marco Deriu. Sociologo all'Universita' di Parma, firmatario dell'appello "La violenza sulle donne ci riguarda". "Si parla solo di 'difendere le donne'. Ma chi le difende? Gli uomini, e' chiaro. Cosi' l'uomo come autore della violenza scompare, e si vede solo l'uomo protettore. Soldati per le strade, ronde, tentativi di linciaggio degli stupratori, perfino la 'legge del carcere': sono tutte risposte maschili, legali o illegali, ma tutte dentro la medesima logica proprietaria che genera la violenza sulla donna: confermano una supremazia, non la contrastano". Come si interrompe l'eterno ratto delle Sabine? Anche nella cultura femminista si fa strada ormai l'idea che il problema va aggredito intervenendo sull'altra parte, su chi picchia. A Bologna la Casa delle donne per non subire violenza, storico rifugio delle maltrattate, e' presa d'assalto: quasi raddoppiato negli ultimi anni il numero delle richieste di asilo. Sono soprattutto donne straniere, ma Giuditta Creazzo rifiuta l'apparente deduzione: "Quando il violento e' uno straniero, e' 'colpa di una cultura patriarcale'. Quando e' un italiano, e' 'un problema di psicopatologia'. Sono due modi di scaricare lontano, sullo straniero o sul deviante, una responsabilita' che appartiene invece alla normalita' della cultura maschile". Giuditta coordina da tre anni il progetto Muvi, il cui programma e' presto detto: cosa ne facciamo degli uomini che menano. Curarli? Punirli? "Per prima cosa, mettere al sicuro le donne". Insomma intanto prenderli, isolarli. "Tagliando l'alone di indulgenza. Quello che fa dire al vicino di casa o anche al maresciallo di paese che e' meglio 'non mettere il dito', che 'si aggiusteranno tra loro'". Ma finora e' tutto un lavoro di difesa, di scudi e barricate. Corsi di tai-chi per massaie, spray al peperoncino nella borsetta. Tutto giusto. Ma e' come dire: la guerra e' eterna, attrezziamoci. Corsa agli armamenti. Stefano Ciccone e' un pacifista, vent'anni fa rimase sconvolto da un caso di violenza, passato alle cronache come "lo stupro di piazza dei Massimi". "Soprattutto dalle reazioni. Dai commenti maschili. Mi accorsi che perfino nel movimento c'era un fondo di pregiudizio violento". Qualche anno fa Stefano ha fondato "Maschile Plurale", forse la prima rete di riflessione e intervento maschile contro la violenza alle donne. Adesso sono una dozzina di gruppi, da Pinerolo a Parma, da Torino ad Anghiari a Pietrasanta, ad affermare che va aperta finalmente una "questione maschile". Fanno conferenze, documenti, lezioni. Qualcuno li chiama "i femministi", qualcuno peggio. I blog dell'orgoglio neomaschile come Uomini 3000 li accusano di "invitare gli innocenti a riconoscersi rei". Ma soprattutto incassano sorrisini. Battute. Sfotto'. "Accettiamo volentieri il rischio del ridicolo. E' un segnale prezioso. Ci da' la prova della nostra efficacia: dimostra che sta scattando la reazione difensiva della cultura maschile". Cultura potente perche' invisibile. Trentacinque anni fa perfino le femministe rimasero perplesse quando Carla Ravaioli, giornalista e militante, pubblico' Maschio per obbligo, antologia dell'indottrinamento subliminale alla virilita' nascosto nella pubblicita', nei libri di testo, nei copioni del cinema e della tivu'. "Non cambierei quasi nulla di quel libro", dice oggi, "se non sottolineare che, in una societa' dove la violenza e' ormai uno strumento accettato e quotidiano della politica, la pedagogia del maschio e' ancora piu' forte, piu' spudorata, e contagia anche le donne". Se ne accorgono i Medici per i diritti umani, onlus impegnata nei paesi in guerra (quindi anche nel nostro, dove la guerra alle donne e' sempre in corso), quando vanno nelle scuole a prevenire il bullismo di genere con una lezione per immagini che s'intitola appunto Maschio per obbligo. Sfilano sullo schermo i poster pubblicitari che ormai non mostrano piu' solo donne disponibili a offrirsi, ma anche uomini che comunque sia se le prendono: come le "perquisizioni" palpeggianti di una campagna della Relish, o quel poster di D&G che sembra sublimare uno stupro di gruppo. I ragazzi (e le ragazze) annoiati sbuffano: "E' un problema vecchio, roba di voi adulti, tra di noi non c'e' piu' differenza tra maschi e femmine, siamo alla pari". Poi scavi un po'. Approfondisci. E la verita' viene fuori. "E' vero, io controllo gli sms della mia ragazza". "Il mio ragazzo mi vieta di andare in gita scolastica con gli altri". "Mi ha minacciato di far vedere a tutti le nostre foto intime". "Se la vedo in discoteca con un altro, la meno". Dice Paolo Sarti, il pediatra che conduce gli incontri: "Non si nasce col gene della violenza maschile. Ma e' come un virus che s'inocula molto in fretta, e attende il suo momento per esplodere". E' una malattia, la violenza misogina? "No, ma anche i guasti socio-culturali hanno un¥ezio-patogenesi". Delicata e' la terapia. "Gridare che la violenza e' sbagliata non serve: non si sentono violenti. L'unica strada e' mettere alla berlina i comportamenti che per loro sono invece premianti: l'arroganza, i ricatti, le vanterie sessuali. Prendere in giro i modelli che ammirano, ridicolizzare i maschi dementi di cui e' piena la tivu'. Ma bisogna stare molto attenti: se sono solo le ragazze a ridere, i maschi reagiscono incattivendosi ancora di piu'". Smontare la misoginia violenta dall'interno: e' una parola. In Italia, il maschilismo e' ormai assurto a cultura di governo con le battute guascone di Berlusconi. Sottotraccia, ma esplode a volte in modi anche meno ridanciani, come nello showdown del 24 settembre 2003 a Montecitorio, quando alcuni (poco) onorevoli apostrofarono cosi' le colleghe: "Altro che Camera dei deputati, vi portiamo in camera da letto!". Se non e' odio misogino quello che sembra guadagnare terreno ogni giorno, cos'e'? "Paura delle donne", risponde senza esitazione l'ispettore Marano', che la sa lunga. "Paura", concorda Carla Ravaioli. "Paura", insiste Marco Deriu: "Gli uomini non odiano le donne, ne sono terrorizzati. Ho analizzato molti casi di cronaca. Nella maggioranza delle violenze domestiche, il violento cerca disperatamente di sottomettere la donna di cui in realta' e' debitore, dipendente, senza la quale sarebbe finito. La violenza misogina di oggi non e' il ritorno del patriarcato, e' il sintomo del suo crollo". Ma attenti, che i calcinacci in testa fanno male. 7. MONDO. MARINA FORTI: LAVORO VERDE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 6 marzo 2009 col titolo "Quanto e' verde il lavoro"] La parola d'ordine e' creare "green jobs", o "posti di lavoro verdi". Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama lo va dicendo fin da prima di entrare nella Casa Bianca: per portare l'America fuori dalla crisi vuole investire in energie rinnovabili e creare milioni di posti di lavoro "verdi", ad esempio in attivita' come migliorare l'efficienza energetica di tutti gli edifici pubblici della nazione o modernizzare le linee di trasmissione dell'elettricita'. Giorni fa il vicepresidente Joe Biden ha presieduto un meeting della "task force for middle class families" dicendo che investire in green jobs servira' a offrire nuove opportunita' alla classe media (termine che negli Usa indica i lavoratori). Ne' Obama e' solo: il governo britannico ha promesso migliaia di green jobs e l'altro giorno il governo tedesco ha parlato di triplicare i posti di lavoro nella protezione ambientale, incluse le energie alternative, nel prossimo decennio: "Investire in protezione dal cambiamento del clima ci aiutera' a uscire dalla crisi", ha dichiarato un viceministro dell'ambiente. I governi di tutte le grandi economie mondiali stanno mettendo centinaia di miliardi di denaro pubblico in programmi di "stimolo": sara' l'occasione per investire in energie alternative, efficienza energetica, tecnologie pulite? Una prima indagine fatta dal "Financial Times" (4 marzo) dice di no. Il quotidiano finanziario britannico cita stime dell'Unep, il programma Onu per l'ambiente, secondo cui solo la Corea del sud sta spendendo abbastanza del suo piano di salvataggio in investimenti "verdi", cioe' che serviranno a diminuire le emissioni di gas di serra (e diminuire i costi futuri del cambiamento del clima). Il Giappone ha messo solo il 2,6% della sua spesa in investimenti verdi (soprattutto efficienza energetica) su un pacchetto di "stimolo" di 486 miliardi di dollari. La Cina spendera' in investimenti ambientali il 38% del suo "stimolo" di 586 miliardi di dollari, su cui pero' i dettagli sono ancora provvisori. In Europa, Francia e Germania sono all'avanguardia: il 20% dei 34 miliardi del pacchetto di salvataggio francese, e il 13% di quello tedesco, sono destinati a settori ad alta efficienza energetica. In Gran Bretagna solo il 7%, in Italia appena l'1%. E negli Stati Uniti? Su un pacchetto di 789 miliardi di dollari, il presidente Obama ha promesso di spendere 27 miliardi in strade e altre opere, 16 miliardi in misure per l'efficienza energetica (negli edifici pubblici e nelle case private), 9 miliardi nel sistema di trasporti pubblici; le energie rinnovabili riceveranno circa 6 miliardi (Obama vuole raddoppiare la quantita' di energia cosi' creata in tre anni), le case automobilistiche riceveranno circa 2 miliardi per progetti di efficienza energetica. Certo, sono molti piu' soldi di quanto siano mai stati investiti in efficienza energetica e fonti alternative: ma alla fine rischiano di essere sopravanzati di gran lunga dalla quantita' di combustibili fossili bruciati (quindi di anidride carbonica emessa) dai vecchi veicoli, fabbriche etc., conclude il quotidiano economico londinese. Eppure, illustri economisti mettono in guardia: e' importante che gli investimenti fatti ora "non ci blocchino per altri decenni in una insostenibile economia ad alta intensita' di carbonio", sostiene lord Nicholas Stern, ex economista capo della Banca Mondiale noto per uno studio sui costi del cambiamento del clima: "Una crescita a bassa intensita' di carbonio e' la sola crescita che avra' successo nel futuro", dice Stern al "Financial Times". 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 754 del 9 marzo 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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