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Minime. 708
- Subject: Minime. 708
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 22 Jan 2009 01:00:48 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 708 del 22 gennaio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: La nonviolenza, ora 2. Elena Dini: La strage delle donne 3. Bruno Segre: Oggi in Italia, opporsi al razzismo 4. Si e' svolto il 20 gennaio 2009 a Ronciglione il convegno scientifico promosso dall'Isde sulla situazione del lago di Vico 5. Gian Guido Vecchi presenta "Il libro della Shoah italiana" di Marcello Pezzetti 6. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. PEPPE SINI: LA NONVIOLENZA, ORA E' l'ora della nonviolenza. Il tragico fallimento di quelle progettualita', strategie e tattiche di lotta politica che la violenza ammettevano nel novero degli strumenti della loro azione (finendo cosi' per lasciarsi da essa violenza intrinsecamente pervasiva e deumanizzante insignorire, con gli esiti oppressivi e fin stragisti e totalitari che tutti sappiamo) rivela come la lotta di liberazione dell'umanita' oppressa e di difesa della dignita' di ogni essere umano e dell'unica umana civilta' richieda ormai drastica e ineludibile l'esclusione della violenza dal repertorio degli utensili della politica (e dalle umane relazioni tutte - nella misura in cui se ne e' capaci), ovvero richieda la scelta nitida e intransigente della nonviolenza. Troppo a lungo e troppo assurdamente, dimentichi della lezione del movimento delle donne - la massima esperienza di lotta nonviolenta nella storia -, e della lezione di Gandhi e di King, e di Capitini e di Dolci, e di tante e tanti altri, troppo a lungo e troppo assurdamente anche in Italia le persone amiche della nonviolenza hanno sovente sofferto di una sorta di irragionevole complesso di inferiorita' o minorita' che frequentemente e' degenerato in cedimento e rinuncia a proporre il proprio punto di vista, la propria proposta di azione politica e di gestione dei conflitti e di governo della societa' e degli istituti di essa, subendo e talora fin introiettando l'egemonia della politica violenta, la cui maggior astuzia ideologica e' di presentarsi come legittima e inevitabile. Da un bel pezzo e' giunta l'ora di uscire dalla subalternita', l'ora di rompere le complicita', l'ora di ripudiare le ambiguita'. L'ora di proporre la nonviolenza come progetto e movimento politico di solidarieta' e di liberazione, per il governo della societa'. L'ora di proporre la nonviolenza come via ragionevole e adeguata all'intero movimento storico delle oppresse e degli oppressi in lotta per una societa' di eguali in diritti e dignita', di responsabili e solidali, in una prospettiva socialista e libertaria, di socializzazione autentica e universale dei diritti e dei beni comuni, di rivendicazione piena della liberta' di tutti e di ognuno in relazioni di giustizia, di cura reciproca, di misericordia per gli altri ed il mondo. * Ma cosa intendiamo qui per nonviolenza? La nonviolenza non e' solo un mero repertorio di tecniche: certo, l'uso di tecniche nonviolente nelle lotte sociali e politiche e' comunque sempre meglio che l'uso delle tecniche violente, e la nonviolenza mette a disposizione di chiunque un repertorio di strumenti da chiunque utilizzabili efficacemente. Ma non basta utilizzare tecniche nonviolente per poter affermare di star praticando una prospettiva politica nonviolenta. La nonviolenza non e' una mera metodologia e proposta di gestione dei conflitti interpersonali e sociali: certo, e' anche questo; ma e' anche molto di piu'. La nonviolenza non e' una semplice strumentazione epistemologica, ermeneutica, deliberativa, operativa: certo, e' anche questo, ma e' anche molto di piu'. E la nonviolenza infine non e' solo appello o insegnamento, sia pur luminosi: essa e' innanzitutto lotta contro la violenza. Lotta politica contro la violenza. Aiuto concreto a chi e' nel bisogno. Contrasto all'oppressione. Proposta, programma, movimento politico per la liberazione e la convivenza dell'umanita'. Proposta, programma, movimento politico per l'inveramento dei principi sanciti nelle grandi tradizioni morali e nelle grandi carte giuridiche: in primis la Dichiarazione universale dei diritti umani. * La proposta della nonviolenza e' compatibile e componibile con diverse tradizioni di pensiero e di azione, religiose e laiche. Essa vuole ereditare e illimpidire e riconoscere e intrecciare in una visione complessa ed aperta, certo in tensione fin conflittuale e senza riduzionismi di sorta, tutte le fonti della civilta' orientate al bene comune, al rispetto per la vita, alla relazione intersoggettiva ecoequosolidale in cui s'invera la natura sociale della persona umana che sempre e solo vive nel processo intersoggettivo, storico, culturale, sociale. La nonviolenza non e' un'ideologia o una dogmatica, ma una teoria-prassi sperimentale e fallibilista. La nonviolenza afferma la coerenza tra i mezzi e i fini e il principio responsabilita'. La nonviolenza riconosce e invera l'umanita' propria ed altrui, fa leva su questa comune appartenenza all'unica famiglia umana, all'unico mondo che abbiamo in comune. La nonviolenza non esiste in astratto, ma solo nel concreto impegno - ad un tempo comune e liberamente individualmente scelto - per la verita', per la pace e la giustizia, per i diritti di tutti, per la responsabilita' comune che tutti riconosce, libera, protegge e salva. * La nonviolenza e' la politica adeguata ai compiti attuali dell'umanita'. 2. ITALIA. ELENA DINI: LA STRAGE DELLE DONNE [Dal quotidiano "L'Unita'" del 15 gennaio 2009 col titolo "La strage delle donne" e il sommario "Delitti, ma anche stupri e botte sono in continuo aumento: 149 gli omicidi 'passionali' nel 2007 e nei primi nove mesi del 2008 non va diversamente. Le vittime? Ex mogli, ex fidanzate, ex amanti. Le denunce aumentano, ma solo l'1% dei colpevoli viene assicurato alla giustizia"] Cento centri. Sono poco piu' di un centinaio su tutto il territorio nazionale, ma dove operano le denunce delle donne sono aumentate: i Centri antiviolenza sono una risorsa da sostenere e rafforzare, e per questo il Pd con la senatrice Vittoria Franco ha pronto un disegno di legge. Solo il 5% sul totale di 14 milioni di vittime sono le donne che riescono a rompere il silenzio. I Centri, ha spiegato, sono quasi tutti al centro-nord, al sud sono pochi. E sono per lo piu' a carico del volontariato: associazioni di donne o singole persone che offrono gratuitamente il loro aiuto per sostenere chi ha subito violenza. Venti milioni di euro era il fondo stanziato dal governo Prodi. Ci sono Regioni, come la Toscana e la Liguria, che investono nei Centri e altre che invece si mostrano poco sensibili. Per questo serve un Fondo nazionale, con risorse certe. Nel disegno di legge, oltre alle risorse, si chiede la definizione delle funzioni e delle finalita' dei centri, il riconoscimento ai centri della piena autonomia di gestione, l'istituzione di un Comitato nazionale antiviolenza. La punta dell'iceberg delle violenze compiute in Italia contro le donne e' emersa nel febbraio 2007 quando l'Istat pubblico' una ricerca sconvolgente, durata quasi cinque anni, condotta su un campione di 25.000 donne. "In particolare quella delle violenze in famiglia", dice Linda Laura Sabbadini, direttore centrale dell'Istat che ha coordinato quella ricerca, "e' una realta' amara, che si scontra anche con la difficolta' da parte delle donne di riconoscere la violenza e considerarla un reato". E, a titolo personale, aggiunge: "le donne di tutte le estrazioni politiche dovrebbero unirsi, come gia' e' avvenuto in passato quando la violenza passo' da reato contro la morale a reato contro la persona, perche' siano sviluppate campagne sistematiche e approvati provvedimenti di tutela. E si deve chiedere anche che ci sia una formazione adeguata del personale nei pronto soccorsi e nei commissariati. Se tutto questo non lo faranno le donne perche' dovrebbero farlo altri al nostro posto?". Provate a immaginare quanto spazio occupano 150 corpi stesi a terra. Se ci fosse l'obbiettivo di un tg sarebbe una carrellata a perdita d'occhio sulle bare allineate. Ma non c'e', non ci sara' mai lo shock di un telegiornale a documentare la strage delle donne in Italia: perche' le morti, se non avvengono tutte insieme, "non fanno notizia", televisivamente parlando. E invece questa strage viene perpetrata goccia a goccia: una donna morta ammazzata ogni due giorni. Nel 2006 le donne uccise da mano maschile erano state 112, nel 2007 sono salite a 149, per il 2008 l'elaborazione dei dati non e' ancora ultimata ma siamo in grado di darvi l'anticipazione di quanto e' avvenuto fino al mese di settembre: gli omicidi sono stati gia' 110, quasi quanti due anni fa in un intero anno. Il dato finale, probabilmente, non sara' diverso da quello del 2007. A questo vanno aggiunti i tentati "femminicidi". Tra gennaio e settembre sono stati 212. Elaborando i dati dell'anno che e' appena concluso, si puo' dire che piu' di quattrocento uomini hanno desiderato uccidere una donna e in molti casi ci sono riusciti. Donne che in genere conoscevano bene: ex-mogli, ex-fidanzate, ex-amanti. E a queste cifre che registrano gli atti di violenza estrema, vanno aggiunti quelli che riassumono episodi che ne sono il preludio: le violenze e i maltrattamenti. Cioe' le botte, le lesioni, le ustioni, gli stupri, la costrizione a fare sesso con terzi, le minacce, e le ingiurie. Quelli che vengono denunciati. Le denunce sono in aumento, anche se si sa che non sempre le donne le presentano, specie se le violenze avvengono in famiglia. Cosa fanno le forze di polizia per aiutare le donne che hanno denunciato? Lo apprendiamo dal sito del Ministero dell'Interno. Nei casi di violenza domestica il 42,6% delle donne dichiara che hanno preso la denuncia, il 26,9% che hanno ammonito il colpevole, il 5,3% che il colpevole e' stato arrestato. Ma poi solo nell'uno per cento dei casi e' stato condannato dal magistrato. Chi in pratica viene in aiuto alle donne che hanno subito violenze sono quei servizi specializzati ai quali viene avviato dalle forze dell'ordine lo 0,3% delle vittime. In Italia ce ne sono un centinaio, concentrati nel centro-nord. Il governo Prodi aveva destinato loro venti milioni di euro, spariti nella nuova finanziaria: inevitabile quindi fare ricorso al volontariato, che ovviamente non consente di fornire continuita' di assistenza. Tutti i centri antiviolenza denunciano un aumento delle violenze, quasi sempre domestiche, segnalando tuttavia che potrebbe trattarsi di un aumento delle denunce, dovuto ad una crescente consapevolezza delle donne: cioe' al fatto che molte si sono ormai convinte che le violenze in famiglia sono un reato e non un destino crudele. L'associazione Solidea che gestisce centri a Roma e provincia ha registrato un aumento dell'utenza del 51% negli ultimi quattro anni. L'avvocata Luigia Baroni, responsabile del centro antiviolenza del Comune di Roma, ha registrato 398 nuovi contatti nel 2006, 612 nel 2007, 648 nel 2008. Di donne italiane per il 65%, il restante di donne straniere: vittime al 45% di uomini italiani, per il resto di uomini dei quali non vogliono denunciare nome e origine. Nel 2007, secondo i dati raccolti in tutto il territorio nazionale dalle forze di polizia 5.492 donne hanno subito maltrattamenti e fra queste c'erano 1.321 straniere. Nei primi tre trimestri del 2008 le donne che hanno subito percosse sono state 5.721, quelle che sono state minacciate 28.709. Abbiamo visitato uno dei centri antiviolenza di Roma, in via di Villa Pamphili. Una grande casa luminosa e accogliente dove in questo momento abitano solo donne straniere. Non che manchino le italiane bisognose di aiuto, ma nell'ultimo periodo hanno tutte trovato alloggio presso familiari o amici e al Centro vengono solo per ricevere assistenza legale e psicologica. "Le donne straniere sono molto piu' esposte alle violenze dei loro compagni, che siano immigrati o italiani conviventi", dice Emanuela Moroli, presidente di Differenza Donna che gestisce quattro centri antiviolenza a Roma e uno a Guidonia. "Sia gli uomini italiani che gli stranieri 'dimenticano' infatti di mettere in regola le loro donne. Provvedono con attenzione a regolarizzare i propri figli, ma non si curano del permesso di soggiorno delle loro compagne, che sono cosi' continuamente esposte al rischio di essere rimpatriate, senza i bambini naturalmente". 3. RIFLESSIONE. BRUNO SEGRE: OGGI IN ITALIA, OPPORSI AL RAZZISMO [Ringraziamo Bruno Segre (per contatti: bsegre at yahoo.it) per averci messo a disposizione il seguente articolo che apre il fascicolo di "Keshet. Vita e cultura ebraica" (per richieste: e-mail: keshet at libero.it, sito: www.keshet.it) n. 3-4 del novembre-dicembre 2008, col titolo "Appunti su democrazia, xenofobia ed ebrei" e il sottotitolo "Problemi italiani"] Definire in termini univoci la democrazia non e' facile. Ogni periodo della storia e ogni regione del mondo presenta un ventaglio piu' o meno ampio di modelli di regime politico che, pur nella loro diversita', possono a buon diritto proporsi - ciascuno per se' - quali "democrazie". Sintetica e molto efficace e', a mio avviso, la definizione di democrazia che Umberto Eco ha dato in una lettera ai promotori della manifestazione dell'8 luglio scorso a Roma, in Piazza Navona: "1) Democrazia non significa che la maggioranza ha ragione. Significa che la maggioranza ha il diritto di governare. "2) Democrazia non significa pertanto che la minoranza ha torto. Significa che, mentre rispetta il governo della maggioranza, essa si esprime a voce alta ogni volta che pensa che la maggioranza abbia torto (o addirittura faccia cose contrarie alla legge, alla morale e ai principi stessi della democrazia), e deve farlo sempre e con la massima energia perche' questo e' il mandato che ha ricevuto dai cittadini. Quando la maggioranza sostiene di avere sempre ragione e la minoranza non osa reagire, allora e' in pericolo la democrazia". I pericoli nei quali i regimi democratici possono incorrere sono in realta' numerosi e di varia natura. In questa sede, l'unica democrazia della quale intendo esaminare alcuni aspetti critici o precari e' quella italiana. Da qualche anno e' in atto nel nostro Paese una crisi politica e di cultura politica che non e' soltanto una crisi di democrazia, ma anche di civilta'. Si registra una crescente debolezza delle istituzioni di fronte ad attacchi sempre piu' duri e spregiudicati che partono dalle stesse istituzioni: attacchi tesi a distruggere la separazione fra i poteri, a compromettere l'autonomia della magistratura e a vanificare le funzioni del Parlamento. Nata dalla Resistenza, la nostra Costituzione democratica e antifascista affida ai partiti la funzione di costituire l'opinione pubblica, nel senso che toccherebbe a loro il compito di sollecitare e dare forma alla domanda di gestione e controllo popolare della cosa pubblica, a livello sia locale che nazionale. Ma - me lo chiedo con un certo sgomento - dove sono oggi i partiti politici nel nostro Paese? Che fine hanno fatto? Di qui l'intrinseca debolezza attuale dell'opposizione, che alle decisioni dell'esecutivo risponde balbettando e palesandosi incapace di presentare validi progetti o modelli alternativi. E poi ancora, e soprattutto, sono andati diffondendosi nel panorama sociopolitico italiano un'intolleranza e un razzismo non piu' striscianti e timidi ma dichiarati e tracotanti. La proposta di "affondare le navi" dei migranti, contenuta in una lettera che il prosindaco di una citta' del ricco nord-est ha indirizzato al presidente del Consiglio Berlusconi e al presidente della Repubblica Napolitano, non sembra avere sollevato particolare indignazione. Oggi, in Italia cosi' come in altri Paesi d'Europa, divampa un clima xenofobo e razzista. Vale la pena di ricordare che, secondo calcoli approssimativi, nei centovent'anni compresi tra il 1860 (Unita' d'Italia) e il 1980, non meno di 26 milioni di italiani abbandonarono definitivamente il nostro Paese: un fenomeno che, per vastita', costanza e caratteristiche non trova forse riscontro nella storia moderna di nessun altro Paese. Dalla meta' degli anni Ottanta del secolo scorso, pero', sono altre le popolazioni che faticosamente approdano, quando ci riescono, sulle coste italiane, oppure varcano le frontiere d'Italia che si affacciano verso l'Europa dell'est. Migranti stranieri di oggi a fronte di quelli italiani di ieri, alla ricerca gli uni come gli altri di un futuro, di una vita dignitosa, di una possibilita' di riscatto, spinti dal sogno della "terra promessa" che spesso, poi, si e' trasformata e ancora oggi si trasforma in una realta' difficile e deludente. Senza alcun dubbio, in Italia l'immigrazione e' ora assolutamente indispensabile per il funzionamento di molti tra i settori vitali del sistema produttivo e quale fattore di riequilibrio del nostro deficitario bilancio demografico. E tuttavia, nel nostro Paese stanno trionfalmente affermandosi le destre politiche e, nel loro ambito, la Lega Nord la quale, facendo leva sulla difesa del territorio, favorisce demagogicamente lo sviluppo di un mito del microterritorio, in omaggio al quale gli abitanti di un quartiere o di una regione si percepiscono come i tutori di uno spazio minacciato, da cui tutti gli stranieri andrebbero espulsi. Naturalmente, la nozione di territorio puo' funzionare a vari livelli. La sacralizzazione dei piccoli territori puo' essere molto violenta ma e' limitata. Cio' che desta preoccupazione e' l'eventuale trasferimento e l'applicazione generalizzata di questo fenomeno di difesa del territorio a una scala piu' vasta. Tale generalizzazione si verifico' in Italia con il fascismo che, a livello fantasmatico, opero' una trasformazione del territorio nazionale nella proprieta' di un popolo o di una razza. Ancora piu' gravi sarebbero le conseguenze di un simile orientamento qualora esso prevalesse a livello europeo, e venisse proposto su basi culturali in omaggio a indicazioni gia' varie volte espresse dalle piu' elevate istanze della Chiesa cattolica, tendenti a individuare nell'Europa un "territorio cristiano" entro il quale i musulmani, per esempio, sarebbero da considerarsi "corpi estranei". Ma ritorniamo a occuparci della democrazia in Italia e di alcuni aspetti salienti della sua crisi. Cio' che sta avvenendo nel nostro Paese in seguito all'ondata di xenofobia che colpisce particolarmente gli zingari (rom e sinti) non e' tanto la manifestazione di un nazionalismo esasperato quanto l'espressione di un malessere sociale, di un generico allarmismo che, sapientemente alimentato da una sottile propaganda populistica, mette in discussione anche il principio dell'uguaglianza di tutti gli esseri umani di fronte alla legge, e traduce in formule escludenti e autoritarie un reale bisogno di sicurezza, avvertito in particolare dalle fasce piu' sfavorite della nostra popolazione. Cosi', le manifestazioni sempre piu' frequenti di razzismo e xenofobia - spesso episodi piccoli e grandi di una "guerra tra poveri" - cadono nell'indifferenza quasi totale, quando non trovano facile consenso. Esse si celano dietro la perniciosa distanza fra un "noi" e un "loro", dove "loro" sono una realta' che fa paura ma che, essenzialmente, deve rimanere senza volto, senza identita', essere soltanto una categoria genericamente "pericolosa". I problemi veri sono la poverta', la mancanza di lavoro, l'ignoranza: "noi" che ignoriamo "loro" e "loro" che non conoscono "noi". Una caratteristica specifica degli zingari non esiste, almeno quanto non ne esiste una dei gage', dei non-zingari. Si puo' nascere zingaro e morire gage'. In Italia gli zingari sono 150.000, di cui circa 70.000 sono cittadini italiani, e il resto, in tutta prevalenza, europei. Nei campi regolari sparsi un po' in tutta Italia, ci sono famiglie con usanze e vestiti tradizionali - gonne a fiori e fazzoletti in testa per le donne - e famiglie con le ragazze che portano i jeans. Ci sono matrimoni misti e zingari italiani, fisicamente indistinguibili dagli altri italiani. Certo, nell'immaginario italiano ed europeo gli zingari hanno rappresentato per secoli il nucleo piu' irriducibile e piu' visibile della diversita', dell'alterita', della pericolosita', del rifiuto del lavoro, dell'illegalita', con propensioni all'ozio, alla mendicita', all'accattonaggio da parte dei bambini, e al furto. In realta' si tratta di uno dei pochi popoli senza territorio, inoffensivo, che usa ancora una cultura debole perche' orale, e che non si e' mai espresso in forme aggressive di nazionalismo. Come documenta Guenther Lewy in La persecuzione nazista degli zingari (Einaudi, Torino 2002), anche su questo popolo nomade e dalle origini misteriose ha pesato e pesa la tragedia dello sterminio da parte dei nazisti. Nella Germania hitleriana le prime deportazioni di zingari - circa 400 persone - hanno come destinazione il campo bavarese di Dachau, nel 1936. Nello stesso anno, in vista dei giochi olimpici di Berlino, la polizia "ripulisce" la citta' imprigionando circa 600 tra rom e sinti nel campo di Marzahn, un ex discarica attigua a un cimitero, dove i reclusi vivono per qualche tempo in semiliberta', studiati come cavie da antropologi nazisti. Cruciale per la vicenda della persecuzione e del successivo sterminio degli zingari fu il 1938, l'anno in cui Heinrich Himmler emano' (l'8 dicembre) la prima legge che li riguardava esplicitamente ed esclusivamente come "razza", e nella quale si imponeva loro, fra l'altro, una scelta obbligata tra sterilizzazione e internamento. In una lettera stilata all'inizio della deportazione sistematica degli ebrei Eichmann, interrogato circa l'organizzazione dei trasporti degli zingari, scriveva: "Mi pare che il metodo piu' semplice sia quello di agganciare a ciascuna tradotta [di ebrei] qualche vettura di zingari". I vagoni merci diretti ai Lager, percio', trasportarono insieme ebrei e zingari, diretti verso lo stesso tragico destino. Durante la seconda guerra mondiale, su una popolazione di circa 10 milioni di sinti e rom disseminati in undici Paesi d'Europa, i nazisti ne sterminarono oltre 500.000. Dei 22.946 internati nello Zigeunerlager di Auschwitz-Birkenau, oltre 16.000 vi morirono assassinati o colpiti da malattie, maltrattamenti, esperimenti medici. I pochi superstiti ancora viventi ricordavano qualche anno fa con profondo sgomento la notte tra il 2 e il 3 agosto 1944, quando 2.897 uomini, donne, vecchi e bambini furono avviati alle camere a gas. I forni crematori impiegarono giorni a smaltire i cadaveri: un orrore che non ha mai fatto notizia. Ma il genocidio zingaro non e' soltanto frutto della follÏa nazista. Ondate di persecuzione senza soluzione di continuita' si sono abbattute su di loro nel corso dei quasi sette secoli di presenza zingara in Europa. Oggi la loro "pericolosita' sociale" e' per lo piu' limitata a forme di piccola delinquenza, chiaramente riferibili alla loro poverta', alla carenza di protezione e di simpatia da parte della popolazione stanziale e alla fine dei loro mestieri tradizionali. I singoli fatti criminali, che pure esistono, diminuirebbero drasticamente solo che si attuasse una politica seria di scolarizzazione e di inserimento nel mondo del lavoro. Una politica di questo tipo sarebbe il segnale di un approccio responsabile, realistico e democratico al problema; ma tenuto conto del palese degrado culturale del nostro personale politico, e della scarsa tonicita' della nostra societa' civile - largamente in balia, ormai, della demagogia mediatica introdotta in Italia da Berlusconi -, e' facile prevedere che nei confronti degli zingari e degli immigrati in generale continueranno a prevalere soluzioni e prassi sostanzialmente razziste, tese a scaricare le insicurezze della collettivita' su capri espiatori deboli e indifesi. Settant'anni fa, nell'estate-autunno del 1938 un governo italiano tutto teso ad "arianizzare" la vita nazionale costitui' "speciali sezioni di scuola elementare" destinate esclusivamente a "fanciulli di razza ebraica", e procedette al censimento di suoi cittadini con riferimento alla loro "razza". I censiti, allora, erano gli ebrei, e ancora oggi coloro che - come chi scrive - vissero la loro infanzia e adolescenza sotto il regime fascista, si ritrovano ben visibile sull'atto integrale di nascita la dicitura "di razza ebraica". Oggi i censiti sono gli zingari, sui cui documenti viene impresso il marchio della diversita' che li condizionera' per il resto della vita. Per i figlioli loro e per quelli di tutti gli immigrati che non riescono a superare i "test di ingresso" previsti per gli alunni stranieri, chi governa vorrebbe che la scuola italiana provvedesse ad allestire classi separate, composte da fanciulli con scarse o nulle conoscenze della nostra lingua. Di fronte a simili iniziative di sapore discriminatorio e razzista, che violano lo spirito stesso della nostra democrazia, quali pensieri e quali comportamenti dovrebbero suggerire, a noi ebrei italiani, le tradizioni della nostra cultura? Innanzitutto, il rifiuto della criminalizzazione di persone colpevoli soltanto di essere se stesse: extracomunitari, rumeni, zingari. Poi, l'immedesimarci quasi istintivo con lo straniero in quanto tale, memori del fatto che fummo anche noi "stranieri e schiavi sotto il Faraone", e in diaspora per gli ultimi duemila anni. E infine, la solidarieta' piu' piena con coloro che resistono e si oppongono alla progressiva trasformazione dello Stato democratico in un regime reazionario e populista. Dobbiamo evitare, noi ebrei, di farci irretire dal nuovo potere che, scoprendosi improvvisamente "filosemita", ci invita surrettiziamente ad avallare, con il nostro appoggio, posizioni revisioniste e politiche liberticide. L'Italia e' il Paese nel quale e' stato inventato il fascismo, l'ideologia che ha avvelenato il XX secolo. E' bene che gli ebrei, in particolare quelli italiani, non se ne dimentichino. 4. INIZIATIVE. SI E' SVOLTO IL 20 GENNAIO 2009 A RONCIGLIONE IL CONVEGNO SCIENTIFICO PROMOSSO DALL'ISDE SULLA SITUAZIONE DEL LAGO DI VICO [Dall'Associazione Italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia), sezione di Viterbo, riceviamo e diffondiamo. Per contatti: dottoressa Antonella Litta, referente per Viterbo dell'Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde, tel. 3383810091, e-mail: isde.viterbo at libero.it, sito: www.coipiediperterra.org (dalla home page cliccare su "Isde di Viterbo")] Si e' svolto martedi' 20 gennaio 2009 a Ronciglione, coordinato e presieduto dalla dottoressa Antonella Litta, l'incontro promosso dall'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia) sulle problematiche generali dell'ecosistema del lago di Vico in relazione alla potabilita' e salubrita' delle sue acque. * Una straordinaria partecipazione popolare L'incontro scientifico ha visto un uditorio composto da tantissimi cittadini di Ronciglione, Caprarola e di altri comuni della provincia di Viterbo, uditorio che ha seguito con grande attenzione e partecipazione tutte le relazioni scientifiche che hanno mostrato le complesse criticita' sofferte dal lago, le particolari caratteristiche delle sue acque dovute anche alla sua origine vulcanica che le rendono ricche di arsenico, i fattori che ne alterano la qualita' dovuti a inidonee pratiche agricole e impropri usi civici, e come tutto cio' determini danno e minaccia all'intero ecosistema. * Le relazioni scientifiche sulla situazione del lago Relatori al convegno scientifico sulla specifica situazione lacuale sono stati la dottoressa Milena Bruno dell'Istituto Superiore di Sanita'; il professor Giuseppe Capelli e il professor Roberto Mazza del dipartimento di Scienze Geologiche dell'Universita' degli Studi "Roma Tre"; il professor Giuseppe Nascetti, ordinario di Ecologia dell'Universita' della Tuscia; la dottoressa Elisabetta Preziosi, ricercatrice dell'Istituto di Ricerca sulle Acque (Irsa-Cnr). I relatori hanno illustrato le ricerche e gli studi scientifici sullo stato attuale e pregresso del lago di Vico, fauna e flora compresi, e indicato concrete soluzioni d'intervento per il pieno recupero del suo ecosistema consistenti nel monitoraggio continuo dello stato delle acque, della flora e della fauna, il corretto ed appropriato uso dei potabilizzatori degli acquedotti comunali che devono essere dotati di filtri adatti ai diversi e possibili inquinanti, come l'arsenico e la tossina prodotta dell'alga rossa, e le piu' corrette pratiche agricole che prevedono la riduzione sostanziale dell'uso di fertilizzanti e fitofarmaci. I relatori hanno evidenziato l'urgenza di dare subito seguito a queste indicazioni in modo da portare in breve termine al risanamento dell'ecosistema del lago come gia' avvenuto in situazioni analoghe per altri laghi italiani. * La relazione del dottor Mauro Mocci Il dottor Mauro Mocci, del Coordinamento dell'Alto Lazio dell'Isde, ha presentato una interessante relazione sugli altri fattori d'inquinamento ambientale che gravano sul nostro territorio richiamando soprattutto l'attenzione sulla presenza del piu' grande polo energetico d'Europa, quello costituito dalle centrali di Civitavecchia e Montalto di Castro, e come, se il progetto di riconversione a carbone della centrale di Torvaldaliga Nord a Civitavecchia dovesse realizzarsi, questo costituirebbe un ulteriore ed enorme danno per l'ambiente e la salute delle persone anche nella nostra provincia. * Gli interventi del dottor Luciano Sordini e del professor Osvaldo Ercoli Hanno partecipato all'incontro e portato il proprio saluto anche il dottor Luciano Sordini, segretario provinciale della F.I.M.M.G. (Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale); e il professor Osvaldo Ercoli, prestigiosa figura di riferimento dell'impegno per la tutela dell'ambiente nell'Alto Lazio. * Il saluto delle istituzioni e delle associazioni In rappresentanza delle istituzioni hanno portato il relativo saluto: il vicesindaco del Comune di Caprarola Arcangelo Giorgi; il presidente del Consiglio comunale di Ronciglione Domenico Bigi; l'ingegner Flaminia Tosini per l'Assessorato all'ambiente della Provincia di Viterbo; il direttore della Riserva naturale del lago di Vico Felice Simmi. Il sindaco di Ronciglione, non potendo essere presente, ha inviato un messaggio di saluto. All'incontro sono intervenuti anche i rappresentati delle associazioni ecologiste Italia Nostra, Accademia Kronos, Aduc, Aics e Legambiente. * Un impegno per il futuro L'incontro si e' concluso con l'impegno per una piu' forte collaborazione tra mondo scientifico, istituzioni e societa' civile per avviare un immediato risanamento del lago di Vico e conseguentemente una maggiore tutela della salute delle persone. 5. LIBRI. GIAN GUIDO VECCHI PRESENTA "IL LIBRO DELLA SHOAH ITALIANA" DI MARCELLO PEZZETTI [Dal "Corriere della sera" del 18 gennaio 2009 col titolo "Le voci dalla memoria"] Furono novemila gli ebrei italiani deportati nei campi di concentramento, quasi tutti ad Auschwitz-Birkenau. Per quindici anni lo storico Marcello Pezzetti e' andato alla ricerca degli ultimi sopravvissuti e li ha convinti a ridestare nella loro mente le immagini di un viaggio agghiacciante: 105 testimonianze in presa diretta, delle quali ha lasciato intatto il sapore dialettale della gente comune e perfino alcuni accenti ironici paradossali. Ne e' venuto fuori un libro, edito da Einaudi, unico nel suo genere che rende ancor piu' sconvolgente la realta' dell'Olocausto. Eccone alcuni stralci. * Marcello Pezzetti s'accende una sigaretta e mostra la scatola dei cerini, "non uso accendini ne' altro, porto sempre con me questi, e sa perche'? Per Martino Godelli. Lui lavorava alla Rampa di Auschwitz-Birkenau, dove si fermavano i vagoni e avveniva la selezione verso il gas e i crematori: la Shoah e' la'". Sfoglia rapidamente le pagine, "ecco cosa dice Godelli: 'Sapevo quando era un trasporto italiano, perche' vedevo i cerini per terra. I cerini ce li hanno solo gli italiani, non esistono in nessun'altra parte del mondo. Allora mi allontanavo...'". Bisogna vederlo, Marcello Pezzetti, mentre alza lo sguardo dal libro cui ha dedicato quindici anni e centocinque interviste, Il libro della Shoah italiana, le lacrime agli occhi. E' forse il massimo esperto al mondo di Auschwitz, storico del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano (Cdec), tra l'altro insegna al Master di Roma Tre e allo Yad Vashem, e' stato consulente di Spielberg e Benigni, e' direttore del museo della Shoah che si sta costituendo a Roma, e' autore con Liliana Picciotto del film "Memoria", nel '99 ha scoperto la prima camera a gas nazista dove sorgeva una villetta di contadini polacchi. Sa tutto. Ma ora dice: "Non lo immaginavo neanche. Per me non e' stato facile. Anche adesso e' insopportabile. Racconto Auschwitz attraverso i loro occhi. Ed e' peggio di quanto si possa credere. Molto peggio". Nessun libro di storia, in nessun Paese, ha mai raccontato la Shoah cosi'. E nessun romanzo. Lo stesso Primo Levi stava ad Auschwitz III e non vide mai Birkenau, il cuore della Shoah: Birkenau, "il bosco delle betulle", il campo di sterminio dove morirono un milione e trecentomila persone, di cui un milione e centomila ebrei. Il primo convoglio dall'Italia vi giunse il 23 ottobre '43 da Roma, dopo la retata del 16 ottobre: su 1.020, tornarono 16 uomini e una donna. Dei 45.000 ebrei italiani ne vennero deportati un quinto, circa novemila, quasi tutti qui. E ora questo libro raccoglie le voci degli ultimi centocinque sopravvissuti, rintracciati per quindici anni in giro per il mondo, sessanta donne e quarantacinque uomini intervistati e filmati. Nel frattempo molti sono morti. Gran parte di loro non aveva mai raccontato. "Questo e' un pezzo d'Italia. La gente non se ne rende ancora conto. Per questo non ho messo filtri: i romani parlano in romanesco, i triestini in triestino... Per la prima volta ci sono anche gli ebrei italiani di Rodi". Una narrazione collettiva che si fa epos. Le testimonianze sono state scomposte e raccolte per argomenti: il mondo "prima", la vita quotidiana, il rapporto col fascismo uguale a quello degli altri italiani, e poi le leggi razziali, l'occupazione, Fossoli e la deportazione, Auschwitz e gli altri campi di sterminio, il ritorno, il dolore muto e i sensi di colpa. "Non c'e' il lieto fine. Non c'e'". Ogni capitolo ha una brevissima scheda storica, poche righe. Poi la parola passa alle vittime. Voci che non offrono risposte facili. C'e' la Chiesa indifferente e la Chiesa che aiuta. Gli italiani che salvano e i delatori, con nomi e cognomi. La "spontanea umanita' di un popolo d'antica civilta'", come scriveva Hannah Arendt, e le miserie del nostro Paese. Soprattutto c'e' il racconto polifonico dall'interno di Birkenau. Cose mai lette: come le parole di Mengele sulla Rampa, l'inganno osceno del "campo di riposo" per i "vecchi" ("dai 40, 45 anni"), quelli con l'aria malata, le donne con i bambini o incinte, "o anche cosi', senza nessun motivo": tutti nelle camere a gas. E poi i Krematorium, gli "esperimenti" medici, il Kinderblock dei bimbi, l'orrore quotidiano del campo. "Questo te la fa vivere, la storia. Tu la vivi, la storia. E' pazzesco ma e' cosi'". E' un libro che toglie il sonno e dal quale non ci si puo' staccare. Un libro che va letto. Anche se si piange. Anche se talvolta, incredibilmente, si ride fra le lacrime per lo spirito dei sopravvissuti. In questa pagina riportiamo alcune voci, una goccia del mare. Ma tra i tanti c'e' una persona di cui parlare: il piu' piccolo ebreo deportato dall'Italia, figlio di Marcella Perugia, che nacque al Collegio militare di Roma il 17 ottobre 1943, all'indomani del rastrellamento del ghetto e il giorno prima della partenza. Forse non arrivo' neppure a Birkenau. Forse entro' nella camera a gas con la mamma. E' rimasto senza nome. Il libro e' dedicato a lui. * Le origini "Siamo romani, di generazione in generazione. Io sono nato a Panico, cioe' a dire a Vicolo delle Vacche. Era niente di meno che la casa appresso dove abitava papa Pio XII. Io, la generazione mia, abbiamo una discendenza di duemila anni... sono duemila anni che sono ebreo, e romano!" (Leone Di Veroli). "Mio padre era medico e mio nonno era un giurista che proviene da Parenzo. Io frequentavo solamente ebrei di un ceto borghese, ma piuttosto alto" (Ottaviano Danelon). (A Rodi) "Eravamo sei sorelle e un fratello. Parlavamo lo spagnolo, perche' noi deriviamo dall'Inquisizione della Spagna" (Rosa Levi). "Credevo soltanto in Dio fortemente, ma istruzione nun c'ho avuta. Se ci voleva cinque, dieci lire al giorno per mangiare, come potevo studiare l'istruzione? Mio padre era religioso, che il sabato nun lavorava pure, perche' e' peccato lavorare il sabato. Lavoravo io" (Raimondo Di Neris). (A Biella) "Pensa, non avevi i regali di natale, a natale!" (Luciana Nissim). (A Trieste) "Andavamo in tempio, ma no jerimo tanto inteligenti quela volta. L'ebraico no me 'ndava in testa: ciapa' tante bachetade, mama mia! Non me 'ndava e non me 'ndava, che Dio me pardoni!" (Rachele Mustacchi). "Premetto: nella via dove ero io ci adoravano; a scuola, invece, dicevano che noi avevamo ammazzato Gesu' Cristo" (Romeo Salmoni). * I rapporti col fascismo e le leggi razziali "Ero in un collegio nazionale a Tivoli. Fui avanguardista, avevo anche i gradi, smontavamo e montavamo il fucile, la mitragliera, facevamo i campi Dux e che altro... ero un fanatico del passo romano, di quella camicia nera! Nacqui e vissi in regime" (Eugenio Sermoneta). "Io fui tolto dalla scuola Metastasio di Roma. E cosi' e' stato e cosi' fu, come diceva il faraone. Tanta amarezza, perche' nun esiste che l'altri andavano a scuola e io no" (Giacomo Moscato). "Mi ricordo il discorso di Trieste di Mussolini, ero sotto il palco, dove c'e' la guardia del corpo, tutti neri, e subito davanti era la milizia universitaria. In quel momento uno dietro dice: 'Buti' fora Levi!'. E questo qui chi era? Un carissimo amico! Quando ho inteso, ho detto: 'Basta, qui siamo finiti!' (Italo Dino Levi). * I cattolici "C'avevo du' sorelle. Dopo il 16 ottobre le hanno portate al convento di San Pancrazio, a Monteverde. Le hanno vestite da monaca e si son salvate" (Raimondo Di Neris). "Aspettavamo che succedesse qualche cosa, perche' eravamo sotto il naso del Vaticano e il gruppo era composto di donne e bambini, perche' i omini, chi s'era dato ai partigiani, chi s'era nascosto. Essendo tutte donne e bambini, aspettavamo la voce del Vaticano" (Settimia Spizzichino). * Il viaggio "Entrati nel vagone, abbiamo dato il posto vicino alle pareti alla gente anziana, perche' potessero sedersi appoggiando la schiena; noi invece, i piu' giovani, ci siamo messi in mezzo. Di notte, ricordo che volevo andare da mia madre e non ci sono mai riuscita, perche' per terra eran tutto corpi che cominciavano a gridare" (Elena Kugler). "L'aria era irrespirabile, perche' queste persone vecchie, fra cui una signora amputata, non riuscivano ad arrivare fino al buco per defecare, quindi c'erano escrementi dappertutto. Le feci... bisognava raccoglierle e portarle con un pezzo di legno in questo buco, ma rimaneva impregnato e quindi era una cosa paurosa" (Alessandro Kroo). "Non direi che ci fosse la possibilita' di scappare. Loro avevan detto: 'Se qualcuno scappa, passeremo per le armi tutto il vagone!'. Quindi c'era un controllo reciproco" (Luciana Nissim). * L'arrivo "Siamo arivati 'a matina presso a Birkenau. Se vedevano migliaia in fila che andaveno, cantaveno canzoni che io nun capivo, andavano a lavora' ne le fabbriche. Poi se sentivano le urla dei cani e quando si sono aperti i vagoni... qualcuno cascava per tera, donne anziane, vecchi. Spartivano i bambini da le madri, il fratello dai fratelli, venivan divisi tutti. E noi ci presenro a bastonate e bisognava seguire il gruppo fino a l'entrata del campo" (Mario Spizzichino). 6. STRUMENTI. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA" "Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'". Per informazioni e contatti: redazione, direzione, amministrazione, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 708 del 22 gennaio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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