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Minime. 700
- Subject: Minime. 700
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 14 Jan 2009 01:03:08 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 700 del 14 gennaio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: Dalla parte di tutte le vittime, contro tutte le uccisioni 2. Gruppo Martin Buber - Ebrei per la pace: Non solo tregua, non solo fine della guerra, ma un degno futuro 3. Michael Lerner: Un disperato bisogno di reciproca compassione 4. Maria Grazia Giannichedda ricorda Sergio Piro 5. Nello Ajello presenta il carteggio tra Benedetto Croce e Franco Venturi a cura di Silvia Berti 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. PEPPE SINI: DALLA PARTE DI TUTTE LE VITTIME, CONTRO TUTTE LE UCCISIONI 1. Strange fruit Quasi mille persone uccise, e forse di piu'. Innumerevoli i feriti. Un milione e mezzo di esseri umani traumatizzati per sempre. Sono i frutti della guerra voluta dai terroristi di Hamas e dai loro finanziatori nazisti, ed eseguita dai criminali di guerra del governo di Israele. La campagna elettorale al tempo degli ultimi giorni dell'umanita'. Il governo di Israele ha commesso questa ennesima criminale pazzia, sapendo benissimo che queste stragi nulla risolveranno, ma anzi aggraveranno il conflitto israelo-palestinese, il conflitto arabo-israeliano, il conflitto mediorientale, il conflitto fondamentalismi-stati, il conflitto e l'imbarbarimento globale che l'ipocrisia dominante chiama "nuovo ordine mondiale". Il fondamentalismo terrorista (di ogni religione e di ogni ideologia) ne sara' rafforzato. Il neonazismo in Europa e nel mondo anche. Si puo' dare crimine e follia piu' grande? Che cessi subito questa guerra insensata, che cessino subito questi insensati massacri. Che tutti i responsabili di questo assurdo crimine vengano messi in condizione di non piu' nuocere all'umanita'. Ma, a proposito: quante sono le vittime della guerra in Afghanistan? E perche' in Italia nessuno ne parla? Forse perche' la' della coalizione militare occupante e stragista fa parte anche il nostro paese? E i tanti proclami che esortano alla pace, che dai ministri del governo eversivo berlusconiano fino all'ultimo funzionario del pacifismo parastatale gonfian le gote dell'italica nomenklatura, perche' son rivolti all'intero orbe terraqueo tranne che a noi stessi? Quando gli assassini siamo noi, l'assassinio torna ad essere una delle belle arti? * 2. La solidarieta' strabica e' complicita' con gli assassini Poiche' vi e' una sola umanita', e vale per tutti gli esseri umani il detto di John Donne. Ci stanno ugualmente a cuore la popolazione di Israele e il popolo palestinese. Vittime ambedue di una storia tremenda di crudeli aggressioni, persecuzioni e massacri. La sola soluzione possibile del conflitto israelo-palestinese e' quella in cui entrambi i popoli vincono insieme, ed insieme costruiscono due stati sovrani, democratici, sicuri, solidali. La guerra e' nemica di tutti gli esseri umani. La pace non e' la meta, la pace e' la via. * 3. Non equidistanti, ma equivicini ed equosolidali E' evidente che non si puo' essere equidistanti tra le vittime e gli aggressori. Ma chi sono le vittime? Tutte le persone inermi che dalla guerra e dal terrorismo sono uccise o minacciate di morte. E chi sono gli aggressori? Tutti coloro che uccidono e di uccidere minacciano. Il popolo palestinese e' vittima o aggressore? E' vittima. La popolazione israeliana e' vittima o aggressore? E' vittima. Le due diaspore, quella ebraica e quella palestinese, sono vittime o aggressori? Sono vittime. Aggressore e' certo il governo di Israele responsabile di persecuzioni, omicidi, guerra, stragi, politiche razziste e crimini contro l'umanita'; aggressore e' certo Hamas, organizzazione responsabile di terrorismo e dichiaratamente genocidaria, e con essa chi la finanzia e la arma; aggressori sono i regimi che promuovono il pregiudizio e la persecuzione razzista; aggressori sono i poteri che promuovono o permettono le stragi. Vittime sempre sono gli esseri umani nella loro nuda fragilita'. * 4. Non bombardare Palermo Quando ci si decidera' ad ammettere che per contrastare il terrorismo (degli stati, dei gruppi armati, dei singoli) lo strumento militare e' peggio che inutile? La guerra e' il trionfo del terrorismo. Il terrorismo si contrasta con la pace, col disarmo, con il dialogo e la cooperazione, promuovendo democrazia e legalita' e diritti umani per tutti gli esseri umani, salvando le vite. Per contrastare la mafia si deve bombardare Palermo? Per contrastare i golpisti e razzisti oggi al governo in Italia si deve bombardare Roma? * 5. L'astuzia degli stragisti E' di utilizzare un crimine per pretendere di giustificarne un altro. L'ingenuita' degli antistragisti e' di credere che si possa opporsi ad un crimine senza opporsi a tutti. Vi e' una sola umanita'. Ogni vittima ha il volto di Abele. Nessun crimine ne giustifica un altro. Chi si arrende a un'uccisione si arrende a tutte. Ogni umana vita e' un valore infinito. Scegliere occorre la nonviolenza. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. * 6. L'esatto contrario del boicottaggio Qualche immemore (e qualche nipotino di Hitler) propone di boicottare uno dei popoli dell'area, riproducendo cosi' la medesima insensata logica di punire le vittime per i crimini dei carnefici. Occorre invece l'esatto contrario del boicottaggio: occorre incrementare la cooperazione di pace, la solidarieta' con tutte le popolazioni, costruire ponti e legami, recare soccorsi e fiducia e sicurezza a tutti. * 7. Quel che tutti sappiamo, e allora diciamolo La guerra non risolvera' il conflitto israelo-palestinese ne' quello arabo-israeliano ne' quello mediorientale. La guerra non risolve nessun conflitto, sempre e solo lo riproduce e lo aggrava. Solo la pace, il dialogo, la convivenza, il rispetto reciproco, la crescita della fiducia, la democrazia costruita nella giustizia e nella solidarieta' potranno riuscirci. La guerra non salva: la guerra uccide. La guerra non libera: la guerra uccide. La guerra non apre vie: la guerra uccide. Se in altri tempi furono possibili guerre di liberazione, oggi non lo sono piu'. Se in altri tempi fu possibile una via militare alla conquista della sovranita' e dei diritti, oggi non lo e' piu'. Se in altri tempi allo scatenamento della guerra da parte dei poteri criminali fu possibile e necessario opporsi con le armi in pugno, oggi opporsi con le armi in pugno fa vincere quei poteri criminali. Fortunatamente l'umanita' gia' da un secolo ha scoperto, o inventato, un potere piu' forte: la nonviolenza. La politica scellerata del governo di Israele aumenta il pericolo per la popolazione israeliana oltre ad essere un abominevole crimine nei confronti di quella palestinese: occorre sostenere le forze di pace in Israele. Hamas e i suoi finanziatori sono criminali fascisti: occorre sostenere il campo democratico palestinese. E' necessario che nasca immediatamente lo Stato di Palestina (uno stato sovrano dotato di continuita' territoriale, non un reticolo di bantustan; uno stato libero e democratico; uno stato di diritto); ed e' necessario che la comunita' internazionale lo sostenga e lo finanzi fortemente anche per un lungo periodo affinche' possa consolidarsi nel benessere. Ed e' necessario garantire la sicurezza dello stato di Israele; e' quindi necessario che la comunita' internazionale si impegni anche per questo per un lungo periodo, finche' non vi siano piu' minacce di sorta. E' necessario smilitarizzare e disarmare i conflitti. E' necessario contrastare il razzismo e il militarismo ovunque. Col popolo palestinese nel cuore. Col popolo di Israele nel cuore. Poiche' vi e' una sola umanita'. * 8. Cessi ogni ambiguita' In questi giorni in Italia assistiamo a lugubri proclami e macabri rituali che rivelano quanto a fondo abbia scavato la deumanizzazione imposta come pensiero unico dai poteri dominanti. Tanti che proclamano di essere solidali con il popolo e lo stato di Israele riproducono nel loro stesso linguaggio formule che rivelano come tale solidarieta' sia tutt'altro che sincera, ma la maschera di un odio che oggi si dirige principalmente contro le culture e i popoli gia' vittime del colonialismo, e che appena ieri era anche pregiudizio e persecuzione antiebraica. E tanti che proclamano di essere solidali con il popolo palestinese ripetono ossessivamente formule e retoriche identiche - non simili: identiche - a quelle naziste. Occorre essere chiari: nessuna complicita' deve esservi con chi agisce politiche razziste, nessuna complicita' deve esservi con chi propala logiche totalitarie, nessuna complicita' deve esservi con chi del nazismo si e' messo alla scuola. Ogni posizione e manifestazione che si spacci per solidale con questo o quel popolo, e che riproduca pregiudizio e disprezzo per un altro popolo, non e' una posizione o una manifestazione di solidarieta', e' una forma di complicita' con la violenza che nega l'umanita' di tutti gli esseri umani. E' una forma di complicita' con la guerra. E' una forma di perdita del ben dell'intelletto, di necrofilia, di resa al male. Solidali occorre essere con l'umanita', con tutte le vittime, contro tutte le aggressioni. * 9. Primo Levi, naturalmente Ha scritto una volta Primo Levi: "di guerre e violenze non c'e' bisogno, in nessun caso. Non esistono problemi che non possano essere risolti intorno a un tavolo". * 10. Dieci anni dopo Nel 2000 con la marcia Perugia-Assisi specifica per la nonviolenza parve per un momento che i movimenti nonviolenti italiani volessero fare quel passo che a me sembra necessario e urgente dagli anni Settanta del secolo scorso: uscire dalla subalternita', rompere le complicita', proporre la nonviolenza come la politica adeguata ai compiti attuali dell'umanita'. A tal punto quella prospettiva mi sembrava e mi sembra decisiva, e quell'occasione di dieci anni fa un appello da sostenere, che in appoggio a quella marcia nacque questo foglio, cui ho dedicato tanta parte delle mie stanche energie lungo questo decennio. Dieci anni dopo e' necessaria una verifica: onesta, rigorosa. Dolorosa, anche. E riprendere quel cammino. Non ve ne sono altri se vogliamo che l'umanita' abbia un futuro. La nonviolenza e' il cammino. La nonviolenza e' in cammino. La nonviolenza e' hic et nunc l'unica politica in grado di contrastare la barbarie, la catastrofe della civilta' umana. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 2. DOCUMENTAZIONE. GRUPPO MARTIN BUBER - EBREI PER LA PACE: NON SOLO TREGUA, NON SOLO FINE DELLA GUERRA, MA UN DEGNO FUTURO [Dal sito del "Gruppo Martin Buber - Ebrei per la pace" (www.martinbubergroup.org) riprendiamo il seguente intervento del 10 gennaio 2009] Siamo tutti qui questa sera per sostenere le popolazioni di Sderot, Ashkelon, Be'er Sheva e di tutto il sud di Israele che da anni vivono sotto il tiro dei missili di Hamas. Come tutti i governi che hanno a cuore la difesa dei propri cittadini, Israele ha cercato con l'operazione Piombo Fuso di mettere fine ad uno strazio durato troppo a lungo. E' bene ricordare le parole di Abraham Yehoshua, che recitano: "Non dimentichiamo che il popolo palestinese e' il nostro vicino... e dovra' convivere con noi nel bene e nel male". In un momento in cui tutto pare dividerli israeliani e palestinesi condividono la stanchezza di un conflitto senza fine e la consapevolezza che non saranno gli atti di forza a realizzare le loro speranze. Non ci stancheremo di ripetere un'ovvieta': la sicurezza dello Stato di Israele non puo' fondarsi solo sulla forza delle armi, ma sulla piena accettazione da parte di tutti gli stati e i popoli della regione. Noi del "Gruppo Martin Buber - Ebrei per la Pace" ci uniamo agli appelli di vasta parte degli intellettuali israeliani e di Shalom Achshav (Pace adesso) per realizzare, con l'impegno della comunita' internazionale, una vera tregua che preluda a un accordo di lungo termine in grado di assicurare la fine delle azioni terroristiche contro Israele e l'interruzione del blocco economico che genera una situazione di emergenza umanitaria nella Striscia di Gaza. E' di fondamentale importanza che, nell'azione legittima di autodifesa contro la violenza di Hamas, il governo e l'esercito di Israele rinnovino gli sforzi volti a distinguere nettamente fra il popolo palestinese e gli istigatori del terrorismo, colpendo i militanti ed evitando di fare vittime fra i civili. Deve riprendere quanto prima la trattativa fra il governo di Israele e l'Autorita' Nazionale Palestinese sulle questioni dei confini, degli insediamenti e di Gerusalemme, questioni che da troppo tempo aspettano una soluzione. Da Israele deve scaturire una seria offerta negoziale in grado di dare ai palestinesi il senso concreto che benefici tangibili nelle loro condizioni di vita si possono ottenere con il negoziato volto a un futuro di convivenza pacifica, e non con la violenza. In ultima analisi, solo la societa' palestinese potra' dal suo interno isolare e sconfiggere il fanatismo di Hamas. In particolare a Gaza, la speranza di un futuro decente esige la fine del blocco economico; l'apertura dei luoghi di transito con Israele ed Egitto; un legame fisico e politico con la Cisgiordania, senza il quale uno stato palestinese degno di questo nome non potra' mai nascere. La pace e la sicurezza di israeliani e palestinesi in due stati in rapporto di buon vicinato sono l'una condizione dell'altra, sono un unico destino. E' giunto il tempo per le leadership israeliana e palestinese di compiere gesti coraggiosi e definitivi. A noi tutti spetta l'impegno di concorrere a costruire le basi della convivenza e della comprensione fra i due popoli. Siamo qui questa sera per ricordarlo soprattutto a noi stessi. 3. DOCUMENTAZIONE. MICHAEL LERNER: UN DISPERATO BISOGNO DI RECIPROCA COMPASSIONE [Dal sito di "Peacereporter" (http://it.peacereporter.net) riprendiamo il seguente intervento li' apparso in traduzione il 9 gennaio 2009 col titolo "L'arroganza di Israele mi spezza il cuore" e il sommario "Il tentativo da parte di Israele di spazzare via Hamas e' comprensibile, ma stupido"] Di sicuro nessun paese al mondo puo' ignorare la provocazione dei razzi lanciati giorno dopo giorno dai territori circostanti. Se un gruppo di anti-imperialisti messicani bombardasse il Texas, provate a immaginare quanto tempo impiegherebbe l'America per mobilitare un contrattacco. Israele ha tutto il diritto di rispondere. Ma anche il tipo di risposta conta. Uccidere 500 palestinesi e ferirne altri 2.500 (secondo i dati disponibili al momento in cui scrivo) rappresenta una reazione sproporzionata. E cosi' come l'indiscriminato bombardamento dei centri abitati da parte di Hamas e' un crimine contro l'umanita', anche Israele sta uccidendo dei civili (almeno 130 finora, senza contare le migliaia uccise durante gli anni di occupazione della Cisgiordania e di Gaza). Prima del massiccio bombardamento da parte di Israele, gli attacchi missilistici di Hamas, iniziati allo scadere della precedente tregua, non hanno ucciso (grazie a Dio) nessuno. La ragione e' semplice: Hamas non dispone di caccia aerei, ne' di carri armati, ma solamente di mortai a bassa precisione e corta gittata. Hamas puo' perseguitare Israele, ma di certo non puo' minacciarne l'esistenza. D'altro canto, qualsiasi tentativo di comprendere la situazione attuale deve obbligatoriamente tenere conto dello stress a cui sono soggetti gli israeliani per il fatto di vivere sotto costante minaccia terroristica; ed i bombardamenti con razzi Katyusha, sebbene militarmente inefficaci, contribuiscono massicciamente ad esasperare questo stato di tensione. Vivere costantemente sotto minaccia, ed in aggiunta a questo sentire il presidente iraniano che afferma di voler spazzare via Israele dalle carte geografiche, costituisce un forte condizionamento che contribuisce all'insensibilita' degli israeliani nei confronti del dolore umano che loro stessi hanno causato durante l'occupazione. Viceversa, l'ancora vivo trauma dell'espulsione e l'occupazione hanno contribuito all'insensibilita' etica di molti palestinesi per le sofferenze causate dagli attacchi alla popolazione civile israeliana. In breve, c'e' un disperato bisogno di reciproca compassione. Hamas ha rispettato il cessate il fuoco precedentemente negoziato ad eccezione dei casi in cui Israele lo ha usato come copertura per i suoi raid mirati all'eliminazione di figure nemiche di rilievo. Hamas ha ribattuto sostenendo che quei raid costituiscono violazione della tregua, e cosi', come forma di protesta simbolica, ha autorizzato il lancio di razzi (che solitamente non hanno colpito alcun bersaglio). Ma nel momento in cui si e' trattato di rinegoziare il prolungamento della tregua, Hamas ha preteso garanzia che questi raid cessassero. E ha chiesto anche di piu'. Alla luce delle centinaia di migliaia di palestinesi gravemente malnutriti e ai limiti della fame, Hamas ha insistentemente richiesto che venissero aperte le frontiere ponendo fine al tentativo da parte di Israele di affamare gli abitanti di Gaza e di costringerli cosi' alla sottomissione. Inoltre in cambio di Gilad Shalit, soldato israeliano catturato, ha chiesto la scarcerazione di un migliaio di palestinesi prigionieri in Israele. Hamas ha espresso un giudizio favorevole sulle condizioni di pace proposte dall'Arabia Saudita, sebbene non sarebbe mai disposta a riconoscere formalmente Israele. Desidererebbe vivere pacificamente grazie ad un accordo che preveda due stati, ma non riconoscerebbe mai ad Israele il "diritto di esistere". Questa posizione e' inutilmente provocatoria e presenta aspetti gravemente autodistruttivi per una parte dei palestinesi, che credono che rifiutarsi di riconoscere i diritti di Israele sia l'unica arma a loro disposizione. Similmente, ci sono membri del parlamento israeliano, la Knesset, che sostengono di non voler accettare nulla di diverso dall'espulsione completa ("trasferimento") di tutti i palestinesi verso i vicini stati arabi. Cosa sta cercando di ottenere Israele in realta'? Probabilmente spera di rendere Hamas cosi' debole da perdere le prossime elezioni contro Fatah, e di conseguenza indebolire le autorita' palestinesi nel loro complesso. Spera che le autorita' palestinesi, di per se' gia' indebolite dall'occupazione israeliana in corso, arrivino ad accettare una trattato di pace in base al quale lo "Stato palestinese" sia di fatto costituito da una serie di cantoni o citta'-stato poco distanti tra loro, ma separate dalle strade e dalle forze armate israeliane - in parole povere uno stato palestinese sostanzialmente inesistente sia dal punto di vista economico che politico. A quel punto Israele potra' dire di aver "dato" ai palestinesi "cio' che volevano", e nel frattempo manterra' i propri insediamenti in tutta la Cisgiordania, perpetuando di fatto il controllo sull'area. Ancora una volta non si arriverebbe ad una pace di lungo termine, ma solamente ad una temporanea interruzione delle ostilita'. Solamente una piena risoluzione che permetta ai palestinesi di formare un vero stato comprendente l'intera Cisgiordania e Gaza (con pochi cambiamenti ai confini attuali), e che preveda un reale indennizzo per i rifugiati palestinesi ed uno stato creato con spirito di generosita' e sincero altruismo da parte di Israele, potra' porre fine alle violenze e dare ad Israele una pace duratura. Permettetemi di dirlo chiaramente. Odio Hamas e tutto cio' che rappresenta. Vorrei vederlo sconfitto. Ma la sua sconfitta puo' avvenire solo politicamente attraverso l'isolamento, non militarmente attraverso la carneficina. La sconfitta di Hamas passa per il riconoscimento dei legittimi bisogni della popolazione palestinese con spirito d'altruismo, nel quale gli ebrei di tutto il mondo e la gente di Israele dimostrino di riconoscere i palestinesi come propri fratelli e sorelle, fatti ad immagine di Dio e preziosi agli occhi di Dio quanto gli ebrei stessi. Sta agli ebrei riconsiderare seriamente la propria fiducia in Dio e nel messaggio di Dio secondo cui il mondo dovrebbe essere fondato sull'amore, sulla generosita', sull'altruismo, sulla gentilezza e la compassione, ed infine sulla fiducia nella rispettabilita' della maggior parte dei palestinesi, in contrapposizione alla fiducia nella forza che non ha portato a Israele salvezza e sicurezza. Questo e' cio' che significherebbe per gli ebrei ripensare seriamente il proprio ebraismo e manifestarlo all'interno di uno stato ebraico. Israele cerca ancora di spazzare via Hamas. Ma anche se uccidesse tutti e 20.000 i combattenti di Hamas a Gaza, non estinguerebbe quell'impulso fondamentalista islamico che Hamas rappresenta. Sicuramente gli israeliani sanno fin da ora che uccidere ha il solo effetto di creare nuove generazioni di disperati che costituiranno la prossima ondata di terroristi. * Come uscire quindi da questa spirale di violenza e distruzione? Il primo passo e' la richiesta di un immediato cessate il fuoco da parte della comunita' internazionale. Questa tregua dovrebbe essere imposta dalle Nazioni Unite ed inequivocabilmente sostenuta dall'America. Inoltre dovrebbero essere incluse le seguenti condizioni: - L'interruzione da parte di Hamas del lancio di missili, bombe o di qualsiasi altra azione violenta con base in Cisgiordania o nei territori di Gaza, e la cooperazione alla cattura di chiunque infranga la tregua, quale che sia la fazione a cui appartiene. - L'interruzione da parte di Israele di qualsiasi bombardamento, uccisione mirata o azione violenta finalizzata all'eliminazione di attivisti, militanti o sospetti terroristi in Cisgiordania o a Gaza, e l'uso della propria forza militare per prevenire qualsiasi ulteriore attacco contro i palestinesi. - L'apertura delle frontiere con Gaza e il libero accesso a e da Israele, soggetto alla sola perquisizione e al sequestro delle armi. La libera circolazione di cibo, gas, elettricita', acqua, beni di consumo e materiali via terra, via mare e per via aerea, soggetta solamente alla perquisizione e al sequestro delle armi. - Il rilascio da parte di Israele di tutti i detenuti palestinesi, che verranno ricondotti in Cisgiordania o a Gaza secondo libera scelta dei prigionieri stessi. Il rilascio da parte di Hamas di Gilad Shalit e di chiunque altro sia attualmente detenuto dalle forze palestinesi. - L'accettazione da ambo le parti di una forza internazionale per l'applicazione dei presenti accordi. - Il divieto per entrambi di insegnare e/o invocare l'uso della violenza dentro e fuori le moschee, gli istituti educativi e sui media. - Una interruzione delle ostilita' per i prossimi 20 anni ed una risoluzione condivisa tra Nato, Nazioni Unite e Usa per la messa in atto dei presenti patti e per l'imposizione di dure sanzioni in caso di violazione dei patti stessi. L'applicazione di queste condizioni costituirebbe un'enorme differenza, isolerebbe gli elementi estremisti da ambo le parti e renderebbe quindi possibile l'inizio di una trattativa tra israeliani e palestinesi riguardo altre numerose questioni. La condizione di base per creare la pace e' fare in modo che ambo le parti si sentano "sicure". Un primo e critico passo e' parlare un linguaggio che tenga conto delle sofferenze di entrambe i popoli, in un clima di dialogo nel quale le storie di tutti siano ascoltate e capite. Inoltre e' Israele, in veste di potenza militare superiore, a dover intraprendere i primi passi: promuovere un corposo Piano Marshall nei territori di Gaza e in Cisgiordania per porre fine alla poverta' e alla disoccupazione, ricostruire le infrastrutture e incoraggiare gli investimenti, smantellare gli insediamenti o rendere gli insediati cittadini di uno stato palestinese, permettere che 30.000 rifugiati palestinesi all'anno tornino in Israele nell'arco dei prossimi 30 anni, scusarsi ufficialmente per il ruolo svolto nelle espulsioni del 1948 e offrirsi di coordinare uno sforzo a livello mondiale per indennizzare tutti i palestinesi dispersi durante l'occupazione, ed infine riconoscere uno stato palestinese all'interno dei confini gia' definiti nell'Accordo di Ginevra del 2003. Questo e' il solo modo in cui Israele potra' garantire la propria sicurezza nazionale. E' il solo modo per sconfiggere definitivamente Hamas e tutti gli estremisti che desiderano una guerra senza fine contro Israele. Il piu' significativo contributo che l'amministrazione Obama potrebbe apportare per la pace in Medio Oriente e' quello di intraprendere una strategia diplomatica secondo cui la sicurezza nazionale viene conseguita non attraverso il predominio militare o economico ma attraverso la generosita' e la solidarieta'. Se questa nuova linea di pensiero divenisse preponderante all'interno della politica estera degli Usa, avrebbe un enorme impatto nella lotta contro la paura che cova nella coscienza degli israeliani, i quali guardano ancora il mondo attraverso la lente dell'Olocausto e delle antiche persecuzioni piuttosto che alla luce della loro attuale influenza nel mondo. Il mio cuore soffre nel vedere le terribili sofferenze che affliggono Gaza e Israele. Da religioso non riesco a pensare a nulla di peggio, perche' sotto le vesti di servi di Dio, entrambi, ebrei ed islamici, esternano il dolore accumulato nel tempo con modalita' tali da generare ulteriori sofferenze in futuro. Poiche' cio' costituisce per me un'ulteriore prova di come sia facile traviare il messaggio d'amore del Giudaismo in un messaggio di odio e prevaricazione, continuo ad essere in lutto per gli ebrei, per Israele e per il mondo intero. 4. MEMORIA. MARIA GRAZIA GIANNICHEDDA RICORDA SERGIO PIRO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 10 gennaio 2009 col titolo "L'addio a Sergio Piro" e il sommario "Un protagonista dei processi di modernizzazione e di trasformazione della psichiatria italiana"] Si e' fermata mercoledi' notte la vita di Sergio Piro, per un infarto arrivato verso le undici e mezzo mentre lavorava al computer nella sua casa di Napoli. Negli ultimi anni, cercava di proteggere il suo cuore malandato che aveva subito due operazioni, ma non rinunciava a vivere con generosita', allegria e progetti. Lo scorso 27 maggio aveva fatto con una certa fatica la lunga scalinata che porta alla sala della Protomoteca in Campidoglio, dove si svolgeva la cerimonia di consegna del Premio "Trenta anni per la 180" istituito dalla Cgil. Tra i venti premiati, la standing ovation era stata per Agostino Pirella, per Sergio Zavoli e per lui, che si era presentato in maniche di camicia, una camicia azzurrissima come i suoi occhi, un po' perche' faceva caldo ma anche perche' non voleva assecondare la cerimoniosita': cosi', nel suo intervento aveva raccontato l'avventurosa costruzione, nei primi anni '60, della sezione Cgil nel manicomio di Materdomini, un'Opera Pia convenzionata con la Provincia di Salerno, ma aveva poi continuato con un'analisi puntuale e dura sulle politiche sanitarie recenti e soprattutto sull'universita', che continuava a ignorare o a minimizzare i contributi teorici, le realizzazioni e le trasformazioni culturali che avevano preceduto e seguito la legge di riforma e avevano fatto uscire la psichiatria italiana dall'isolamento culturale del dopoguerra. Di questi processi di modernizzazione e di trasformazione della psichiatria Sergio Piro e' stato fin dall'inizio un protagonista. Era nato nel 1927, quasi coetaneo di Franco Basaglia (che era del '24) e i loro percorsi furono molto simili: entrambi avevano iniziato a lavorare all'universita', alla fine degli anni '50 avevano conseguito la libera docenza secondo il sistema concorsuale dell'epoca ma poi erano andati entrambi a dirigere un manicomio pubblico: Piro al Materdomini di Nocera Superiore nel 1959, Basaglia a Gorizia nel '61. L'incontro tra i due, che divenne poi collaborazione e amicizia, risale a quegli anni di grande vivacita' culturale e di sperimentazioni, condotte da gruppi di operatori in gran parte esterni all'universita', respingenti, o quanto meno non attraenti per gli studiosi piu' vivaci e piu' presenti nel dibattito internazionale. In un libro del 1988, Cronache psichiatriche. Appunti per una storia della psichiatria italiana dal 1945 (Esi), Piro ricostruisce con l'accuratezza che gli era propria le vicende, i personaggi, le idee, gli incroci culturali di quel "periodo di modernizzazione", a cui segui' la fase "del mutamento" (tra il 1968 e il '78) che in Italia ebbe un percorso del tutto peculiare, in cui ebbero poco o nessun peso le ideologie "antipsichiatriche" di derivazione sia anglosassone che francese, mentre presero piede in molti ospedali psichiatrici processi di trasformazione che disturbavano e coinvolgevano comunita' locali, movimenti sociali, amministratori pubblici, giornalisti, intellettuali, artisti. Sergio Piro in quegli anni continuo' a scrivere - Il linguaggio schizofrenico e Le tecniche della liberazione vennero pubblicati da Feltrinelli nel 1967 e nel 1971. Nel 1974 fu tra i fondatori di Psichiatria Democratica, diresse per un breve periodo l'Ospedale Psichiatrico Leonardo Bianchi di Napoli (dopo essere stato costretto, nel 1969, a lasciare la direzione del Materdomini), e poi dal 1975 diresse l'altro ospedale psichiatrico di Napoli, il "Frullone". Gli anni del dopo riforma sono stati molto difficili per Sergio Piro. La sua competenza e il suo carisma lo rendevano un interlocutore privilegiato quando si trattava di collaborare alla scrittura della legge regionale campana per l'attuazione della "legge 180", che venne approvata nel 1983 e fu tra le prime leggi regionali. Assai piu' duro fu invece il fronte della chiusura dei manicomi e della creazione dei nuovi servizi, dove lo scontro esplicito o la resistenza muta dei piccoli e grandi potentati di psichiatri e amministratori rendevano assai arduo il percorso verso un cambiamento vero, in Campania non meno che nel resto d'Italia, e talvolta di piu'. Sergio Piro ha resistito con grande coerenza. Ha insegnato molto sia all'Universita' di Napoli che all'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, ha continuato il suo lavoro di ricerca (Introduzione alle antropologie trasformazionali e Trattato della ricerca diadromico-trasformazionale sono stati pubblicati nel 1997 e nel 2005 da La Citta' del Sole), ha chiuso con troppa fatica l'ospedale psichiatrico "Frullone". Nel 1994, che fu un anno di svolta per il destino della riforma dato che la legge finanziaria del primo governo Berlusconi aveva reiterato l'obbligo di chiusura di quello che la neolingua psichiatrica definiva il "residuo manicomiale", Piro gia' dirigeva il Frullone dove erano stati ricavati, da alcuni reparti, degli appartamenti per le persone in via di riabilitazione. Il sistema fognario era pero' in condizioni pessime e grandi topi contendevano lo spazio ai ricoverati, mentre l'amministrazione si limitava a ignorare il problema. Piro, che era un grande estimatore dei gatti, ne porto' una ventina e li presento' ai giornalisti come suoi collaboratori. Il prossimo 7 febbraio, a Nocera, e' stato promosso un incontro per ricordarlo, nella sala, che prendera' il suo nome, della Fondazione Cerps (Centro Ricerche sulla Psichiatria e le Scienze Umane). Gli amici e i suoi collaboratori chiedono a chi lo ha conosciuto di scrivere due, tre pagine, che saranno raccolte in un volume, perche' possa restare, insieme alle cose che Sergio Piro ha scritto e fatto, la memoria del suo modo di essere, della sua capacita' di coinvolgere le persone e di tenerle insieme per creare pezzi di mondo in cui tutti possano avere spazio, parola, dignita'. * Postilla biobibliografica. Percorsi di generosita' Sergio Piro era nato a Palma, in Campania, il 9 settembre del 1927. Trascorse l'infanzia a Cagliari, ma si trasferi' a Napoli quando si tratto' di iscriversi alla Facolta' di medicina, dove si laureo' nel 1951 e cinque anni piu' tardi consegui' la specializzazione in neuropsichiatria con una tesi sulla "Semantica del linguaggio schizofrenico". Dal giugno del 1959 al febbraio del 1969 e' stato direttore dell'ospedale psichiatrico Materdomini di Nocera Superiore, in provincia di Salerno: e' qui che avvio' un esperimento di psichiatria alternativa, dal quale nacque la seconda "comunita' terapeutica" funzionante in Italia, dopo quella di Basaglia a Gorizia. Sergio Piro fu uno dei fondatori di Psichiatria Democratica. Diresse il Materdomini di Nocera Superiore dal 1959, ma dieci anni dopo fu costretto a lasciare. Si sposto' per per un breve periodo alla direzione dell'ospedale Leonardo Bianchi di Napoli, poi nel 1975 ando' a dirigere l'altro ospedale psichiatrico di Napoli, il "Frullone". Ha stilato il progetto da cui derivo' la Legge regionale n. 1/83 della Regione Campania sulla psichiatria. Tra i suoi libri: Il linguaggio schizofrenico, Feltrinelli, 1967; Le tecniche della liberazione. Una dialettica del disagio umano, Feltrinelli, 1971; I mille talenti. Manuale della Scuola sperimentale antropologico-trasformazionale, Franco Angeli, 1995; Introduzione alle antropologie trasformazionali, La Citta' del Sole, 1997; L'io mancante, Loggia de' Lanzi, 1997. 5. LIBRI. NELLO AJELLO PRESENTA IL CARTEGGIO TRA BENEDETTO CROCE E FRANCO VENTURI A CURA DI SILVIA BERTI [Dal quotidiano "La Repubblica" del 12 gennaio 2009 col titolo "Croce e Venturi. La liberta' perduta" e il sommario "Dagli anni del fascismo al dopoguerra ando' avanti un carteggio ora curato da Silvia Berti, fra il filosofo e il giovanissimo storico. Dopo la Liberazione il dialogo si spinge sul Partito d'Azione avversato dall'uno e sostenuto dall'altro"] "Senatore e caro Maestro", "Carissimo giovane amico". Il primo e' il settantunenne Benedetto Croce. L'altro e' Franco Venturi, ventitre anni, destinato a diventare il maggiore studioso italiano dell'Illuminismo. Scambiandosi quegli appellativi, essi danno inizio nel 1937 a un denso rapporto epistolare - quaranta lettere in totale - che si prolunghera' fino al 1950. In massima parte inedita, la corrispondenza esce a giorni presso il Mulino, a cura di Silvia Berti, in un volume intitolato Carteggio Croce - F. Venturi (pp. 150, euro 20). Fra i due esistono rapporti consolidati. Franco appartiene a una famiglia di illustri tradizioni intellettuali. Suo nonno, Adolfo Venturi, e' stato una figura dominante della critica d'arte a cavallo fra Otto e Novecento; attivita' ereditata, con una piu' deliberata apertura agli stimoli della modernita', dal figlio Lionello, padre di Franco. Nel 1931, Lionello s'era rifiutato di sottoscrivere il giuramento di fedelta' al regime fascista imposto da Gentile ai docenti italiani. Dal marzo del '32 l'intera famiglia Venturi s'era stabilita a Parigi. Alla mancata firma sotto l'editto gentiliano s'era aggiunto il coinvolgimento del giovane Franco in quell'ondata giudiziaria che, fra arresti e sospetti, aveva di recente colpito il gruppo antifascista torinese di Giustizia e Liberta'. Come gia' a Torino, anche nella capitale francese, Croce incontrava i Venturi: una consuetudine che, nata con un marchio intellettuale, si nutriva di umori politici. Quest'ultima dimensione, insita nei rapporti tra il giovane e l'anziano, resta pero' sottintesa nelle lettere che essi si scambiano. Sono, entrambi, sorvegliati speciali. Il filosofo, la cui abitazione napoletana era stata invasa, nell'ottobre del '26, da una squadraccia fascista, alludeva all'episodio dichiarando di aver "avuto l'onore di ricevere una visita dello Stato Etico". Quanto a Franco Venturi, il suo nome figurava nell'elenco degli antifascisti da perseguire. A dispetto di ogni cautela usata dai corrispondenti, le loro lettere vengono registrate negli archivi della Polizia. Come ha sottolineato Silvia Berti nella diffusa introduzione al volume, il cuore di questo dialogo epistolare "sono i libri o, in piu' d'un caso, l'assenza di libri". Venturi intrattiene Croce sui propri studi e progetti: una ricerca sull'illuminismo piemontese, poi l'abbozzo di un saggio dedicato a Filippo Buonarroti; e via via altri temi che il giovane storico ha gia' saggiato, da Diderot a una piu' generale disamina dell'illuminismo francese, da Tommaso Campanella a N. A. Boulanger, da Hegel "storico dell'illuminismo" a un esame della cultura del Settecento nell'intero continente: "Vedo di fronte a me come una meta lontana e in un certo senso ideale", egli specifica, "una storia europea del secolo dei lumi". Croce incoraggia l'amico. Consente con alcune delle sue diagnosi. Lo aiuta nel procurarsi i libri. I libri, appunto, come ricerca. Poi, ben presto, come assenza e rimpianto. Al quasi dorato esilio parigino, nella vita di Franco Venturi subentra infatti una nuova fase. Nella corrispondenza con Croce ne risuona un'eco desolata. Arrestato a Port Bou dalla polizia franchista nell'ottobre del 1940, mentre cercava di raggiungere Lisbona per poi imbarcarsi per gli Stati Uniti dove la famiglia si era intanto trasferita, Venturi sperimenta per cinque mesi la severita' delle carceri spagnole. Prima a Figueras, poi a Madrid e Barcellona. Estradato in Italia, lo custodiscono in carcere a Genova e Torino, finendo con l'assegnarlo al confino. Destinazione: Monteforte Irpino. E' il maggio del '41. Franco si sente cosi' trasformare - e ne scrive al "caro Maestro" - in "un prigioniero che ha visto interrotto il suo lavoro in cui metteva tutta la sua passione e la sua anima". Ad Avigliano (Potenza) dove viene trasferito grazie all'intervento del nonno Adolfo presso qualche residuo amico autorevole, va meglio, ma solo un po'. Croce continua a scrivergli. "Soffro per Lei perche' so quale spasimo sia non poter avere a mano gli strumenti necessarii ai nostri dubbi e alle nostre ricerche!". E aggiunge: "Se posso esserle utile, mi adoperi". Ma ecco che vien meno anche il soccorso epistolare. Agli internati, adesso, e' consentito di scrivere solo ai familiari: una lettera per settimana, lunga non piu' di ventiquattro righe. La corrispondenza con Croce prima si dirada, poi tace. Per quattro anni: dal '42 al '46. Dopo la caduta del fascismo, per Venturi s'e' aperta una stagione di lotta politica. Egli lavora alla stampa clandestina di Giustizia e Liberta', s'impegna nella Resistenza. Anche il suo essere crociano subisce l'influenza di nuove idee e pulsioni. Si manifestano, sul pensiero del "caro Maestro", delle riserve che la comune avversione al fascismo aveva mimetizzato. Sono sfumature che non sfuggono a una studiosa attenta come la curatrice Berti: su piu' d'un argomento trattato nelle lettere, le pare di avvertire uno scarto di sensibilita' fra l'approccio piu' freddo, prevalentemente filosofico-letterario di Croce e quello passionale e deliberatamente "democratico" di Venturi. Un solo esempio: nell'entusiasmo professato dal giovane studioso per l'illuminismo piemontese la curatrice vede profilarsi l'ombra di Gobetti, non del tutto gradita al filosofo. La novita', a fascismo appena caduto, e' l'idiosincrasia di Croce per Giustizia e Liberta' (e per il partito d'Azione che ne e' l'erede). L'argomento trascende l'epistolario: li' non se ne parla, anche se altrove Venturi non risparmia a Croce critiche pesanti. E si spiega. Quell'idiosincrasia angustia, in particolare, quegli intellettuali borghesi (fra i quali proprio Venturi) nella cui formazione politico-culturale il direttore della "Critica" era assurto a simbolo di spirito critico e dignita' civile. Il dialogo diretto fra Croce e Venturi diventa, nell'ultima sua fase meno umanamente drammatico, piu' tecnico, tale da schivare temi scottanti. Ma, fuori, nella societa' politica, la discussione sul tema del P. d'A. e' cosi' aspra e tenace da riflettersi nei rapporti fra Croce e il suo discepolo prediletto, Adolfo Omodeo. Vi si trova coinvolta perfino la cerchia familiare del Senatore: e' un fervente "azionista" suo genero, Raimondo Craveri, marito della figlia Elena. Per Croce il partito di Parri e di Lussu e' un bersaglio fisso. Lo considera una costruzione insensata, a partire dalla "diade" (cioe' dalla coppia di parole) Giustizia e Liberta' che presiede alla sua nascita. Lo giudica un "ircocervo", una bestia immaginaria, mezza liberale, mezza socialista. Qualcosa da deridere in linea teorica, prima ancora di criticarla nei fatti. Tra le pagine piu' intense del libro curato dalla Berti figura, pubblicata in appendice, una lettera di Leo Valiani a Croce. Data: 6 ottobre 1945. E' la testimonianza di un esponente azionista che, di fronte alla requisitoria del grande filosofo contro il suo partito, resiste a "non dirsi crociano". Valiani rievoca che cosa abbia rappresentato per una generazione di antifascisti "la lettura e la meditazione dei libri di Benedetto Croce, che penetravano nei nostri reclusori di Lucca e di Civitavecchia", accompagnandoci nella "fornace della lotta clandestina e della guerra rivoluzionaria". Che cos'altro, d'altronde, potevamo, fare noi "quattro gatti giellisti" "se non costituirci in un partito che fosse 'd'azione' proprio nel senso che Mazzini" dava a questa parola? E cosi' e' sorta quella creatura politica "a Dio spiacente ed ai nemici suoi", che porta in se' la propria condanna. "Se vincono i comunisti ci rimettono in prigione; se vincono i cattolici ci mettono all'indice; se vincono i liberali ci trattano da poveri pazzi. Ma questo e' il destino delle eresie. E anche l'amore delle eresie l'abbiamo imparato da Benedetto Croce". Non si sa come l'abbia presa Croce. Ma se lo scrivere lettere equivale a confessarsi, questa di Valiani - politico sfiduciato, rivoluzionario deluso - e' davvero da manuale. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 700 del 14 gennaio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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