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Minime. 692
- Subject: Minime. 692
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 6 Jan 2009 00:57:14 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 692 del 6 gennaio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. In poche parole. Dal punto di vista dell'umanita' 2. Alessandra Cardinale intervista Hanan Ashrawi 3. Eric Salerno intervista Daoud Kuttab 4. Eric Salerno intervista Nemer Hammad 5. Alcuni estratti da "Postcolonialismo" di Achille Mbembe 6. Elena Loewenthal presenta "L'idea messianica nell'ebraismo e altri saggi sulla spiritualita' ebraica" di Gershom Scholem 7. Ermanno Paccagnini: L'edizione nazionale ed europea delle opere di Alessandro Manzoni 8. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" 9. L'agenda "Giorni nonviolenti 2009" 10. L'Agenda dell'antimafia 2009 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. IN POCHE PAROLE. DAL PUNTO DI VISTA DELL'UMANITA' 1. Opporsi alla guerra e' il primo dovere di ogni essere umano. Opporsi ad ogni uccisione, opporsi a tutte le uccisioni. 2. Non vi e' alcuna guerra difensiva: ogni guerra e' contro l'umanita', consistendo nell'uccisione di esseri umani. 3. E' del tutto irragionevole che esseri umani uccidano altri esseri umani. Ed e' del tutto immorale. Uccidere e' un crimine e una follia. 4. Il primo diritto di ogni essere umano e' il diritto di non essere ucciso. 5. Ergo: il primo dovere di ogni essere umano e' il dovere di non uccidere. 6. La storia della civilta' umana e' la storia dell'applicazione di questo principio: non uccidere. 7. E' compito dell'umanita' prendersi cura della biosfera, difendere la vita sul pianeta: la sua stessa vita, la vita degli altri organismi viventi, la vita dell'intero sistema nel suo complesso. 8. Ogni strumento - utensile, tecnica, organizzazione, ideologia - che serve ad uccidere e' nemico dell'umanita' ed in quanto tale la sua produzione, diffusione ed uso va ripudiata. 9. La politica e' l'arte, la tecnica, del vivere insieme, in reciproco e comune riconoscimento di diritti e dignita'. 10. Nonviolenza e' il nome della politica necessaria. 2. RIFLESSIONE. ALESSANDRA CARDINALE INTERVISTA HANAN ASHRAWI [Dal quotidiano "Il Riformista" del 4 gennaio 2009 col titolo "Hanan Ashrawi. Per Israele l'incursione si rivelera' un disastro" e il sommario "Attacchi indiscriminati... Hanan Ashrawi, l'ex membro del Parlamento palestinese sostiene che a Gaza un esercito regolare va incontro a ingenti perdite e non ha possibilita' di vittoria. L'azione terrestre non fara' che crescere il sostegno dei palestinesi per Hamas. Bush? Un irresponsabile"] "Come va? Come vuole che vada. Molto male". Da Ramallah, in Cisgiordania, Hanan Ashrawi, ex membro del Parlamento palestinese, fondatrice nel 1998 della organizzazione non governativa Miftah e grande amica di Edward Said con cui per decenni ha lottato in difesa dei diritti del popolo palestinese, risponde al telefono pochi minuti dopo la notizia diffusa da Radio Israel secondo cui alcuni soldati israeliani si sarebbero infiltrati a Gaza City per attaccare postazioni di Hamas che li avrebbe respinti. E anche da Al Jazeera non giungono notizie confortanti: l'aviazione israeliana lancia volantini sulla Striscia di Gaza in cui viene annunciato l'attacco di terra. * - Alessandra Cardinale: Dottoressa Ashrawi, l'attacco di terra da parte degli israeliani e' imminente, cosa ne pensa? - Hanan Ashrawi: La prima cosa da fare e' tenere i nervi ben saldi. Israele ricorre spesso alla guerra psicologica ma al contempo la minaccia di un attacco di terra non va sottovalutata. Sia ben chiaro, e questo gli israeliani lo sanno molto bene, una guerra del genere porterebbe a una situazione tragica. Prima di tutto per il popolo palestinese di Gaza che, indebolito dai due anni di assedio, ora e' la vittima di questa guerra. Ma l'incursione terrestre sarebbe un disastro anche per Israele che subirebbe perdite enormi. Hamas resistera' fino alla fine e combattera' in modo irregolare e non c'e' modo che un esercito convenzionale come quello israeliano possa vincere. * - Alessandra Cardinale: Khaled Meshal, leader di Hamas in esilio, alcuni giorni aveva dichiarato di essere disposto a firmare il cessate il fuoco. Ieri ha annunciato che Hamas e' pronto a resistere all'invasione da parte israeliana. - Hanan Ashrawi: Certo. Qui in Palestina questa guerra e' percepita come una guerra contro il popolo e la causa palestinese, non contro Hamas. Questo perche' l'esercito israeliano a oggi ha ucciso 420 civili e ha ferito 2.900 palestinesi, tra queste migliaia di persone solo tre erano membri di Hamas. Israele continua imperterrita a bombardare le case dei civili, le istituzioni palestinesi presenti a Gaza ma chiaramente non riesce a colpire il cuore dell'organizzazione di Hamas. * - Alessandra Cardinale: Israele da sempre si difende argomentando che i membri di Hamas usano i civili per farsi scudo. - Hanan Ashrawi: Questa e' una scusa. I guerriglieri di Hamas si nascondo in tunnel sotterranei e l'intellighenzia israeliana lo sa benissimo e sa anche quanto sia difficile intercettarli. Certo i tre membri di Hamas che l'esercito israeliano ha ucciso si trovavano nelle rispettive case ma i leader, e con questo intendo dire le menti di Hamas, l'ala militare, non e' stata catturata dagli israeliani che avrebbero difficolta' a scovarli anche nel caso invadessero Gaza. * - Alessandra Cardinale: Secondo lei Israele non corre il rischio di regalare popolarita' ad Hamas, che in questi due anni stava perdendo consistentemente l'appoggio della popolazione di Gaza? - Hanan Ashrawi: Quando vengono uccisi civili palestinesi da parte degli israeliani, il resto della Palestina scende in piazza. E' comprensibile, quindi, che in questi casi Hamas goda di popolarita' perche' viene percepita alla stregua degli abitanti di Gaza, vale a dire come la vittima. In genere, quando la situazione torna a una relativa calma, i palestinesi ricominciano a pensare politicamente. Le esigenze ora sono tre: la tregua, l'unita' nazionale e la difesa dei palestinesi di Gaza. * - Alessandra Cardinale: Il sito israeliano Debkafile riferisce di una telefonata tra Bush e Olmert nel corso della quale il presidente degli Stati Uniti avrebbe dato il suo ok all'operazione israeliana e avrebbe inoltre assicurato che gli americani porranno il veto alla risoluzione dell'Onu che dovrebbe andare al voto lunedi' nel caso in cui fosse espressa una condanna nei confronti di Israele. Ha fiducia nella nuova Amministrazione? - Hanan Ashrawi: Si', perche' non puo' fare peggio di Bush che, con questa dichiarazione, si conferma un irresponsabile. Per otto anni ha appoggiato, senza se e senza ma, il Governo israeliano. Ci auguriamo tutti che l'Amministrazione Obama sia in grado e, soprattutto, abbia la volonta' di rianimare il processo di pace e, magari, di portarlo a compimento. 3. RIFLESSIONE. ERIC SALERNO INTERVISTA DAOUD KUTTAB [Dal quotidiano "Il Messaggero" del 5 gennaio 2009 col titolo "Cosi' Israele rivitalizza Hamas e colpisce gli arabi moderati"] "Israele ha rivitalizzato Hamas. La leadership del movimento islamico a Gaza stava perdendo consensi perche' non era capace di governare. Da un sondaggio eseguito ai primi di dicembre risultava che il 29% della popolazione approvava ancora la sua politica. Due settimane dopo, appena il 19%. Oggi, invece, puo' contare sul 60% di sostegno popolare". Daoud Kuttab, noto analista e commentatore palestinese (i suoi interventi sono pubblicati da "New York Times", "Washington Post", da quotidiani israeliani e giordani) ripete cio' che tutti, nella regione, sanno. "Non c'e' una soluzione militare al conflitto israelo-palestinese". * - Eric Salerno: Dove, allora, ci porta questo ennesimo scontro? - Daoud Kuttab: La gente di Sderot e di altre localita' israeliana soffriva. Soffrivano i palestinesi di Gaza. Ma questa guerra non e' la soluzione al problema. Non c'e' dubbio che Israele e' potente. Che le sue armate sono piu' forti delle milizie di Hamas. Probabilmente vincera' sul piano militare. Ma perde su quello politico. Basta dare un'occhiata in giro. Alle proteste nella strada araba, alla gente di Gaza che e' chiusa nelle cantine e, vi assicuro, da' la colpa di tutto a Israele, non ad Hamas. Le vittime vere di questo scontro sono re Abdallah di Giordania, il presidente palestinese Mahmoud Abbas, e quello egiziano Mubarak. Stanno perdendo terreno i moderati. Quelli che credono in una soluzione politica del conflitto. * - Eric Salerno: Perche' dice che Hamas non perdera'? - Daoud Kuttab: Hamas puo' accettare di vedere i suoi combattenti morire, puo' tenere in ostaggio la popolazione della Striscia. E lo stesso, va detto, sembra valere per l'esercito israeliano. Al momento, e' soltanto questione di mostrare i muscoli. Di apparire forti. I leader di Hamas potrebbero morire, le loro armi potrebbero essere distrutte. Ma Hamas rinascera' perche' e' un movimento ideologico. E il conflitto tra i nostri popoli e' un fertilizzante per gli estremisti. Saranno sempre capaci di trovare qualche giovane disposto a compiere un orrendo attacco suicida. * - Eric Salerno: Come vede il futuro prossimo? - Daoud Kuttab: Sono anni che i palestinesi chiedono la presenza di una forza internazionale per dividere i territori occupati da Israele. Due mesi fa, Israele disse ancora una volta di no alla Nato. Forse, ora, accettera' qualche osservatore. Ma non ne sono sicuro. E non so a cosa potrebbe realmente servire. L'Olp non tornera' a Gaza sulle spalle dei carri armati israeliani. Farlo significherebbe per Mahmoud Abbas il suicidio politico. * - Eric Salerno: Allora come pensa che si possa andare avanti? - Daoud Kuttab: Hamas oggi non e' un partner politico per Israele, ma lo poteva essere subito dopo il voto che ha portato il movimento al governo. Israele e Bush hanno convinto la comunita' internazionale a non dialogare con Hamas. Si puo' non dialogare con Hamas, ma soltanto se dal dialogo tra Israele e l'Olp emerge la vera pace. * - Eric Salerno: Lei e' nato a Gerusalemme. Ha studiato negli Stati Uniti. La sua vita e' stata dedicata alla causa del suo popolo. E' un moderato. E' convinto ancora, dopo tanti anni, che il dialogo con Israele puo' condurre alla pace? Sono sinceri gli israeliani, come Livni e Olmert? - Daoud Kuttab: Non voglio rispondere per gli israeliani. Forse alcuni di loro pensano di poter scegliere tra il negoziato e la continuazione del conflitto. Io so, invece, che i palestinesi non hanno scelta. Per noi resta soltanto la soluzione politica. 4. DOCUMENTAZIONE. ERIC SALERNO INTERVISTA NEMER HAMMAD [Dal quotidiano "Il Messaggero" del 2 gennaio 2009 col titolo "La priorita' e' bloccare il massacro"] Nemer Hammad non e' ottimista. Al contrario. E cerca di guardare con la freddezza "diplomatica" maturata in una vita trascorsa alla ricerca, prima a fianco di Arafat, poi di Abu Mazen (Mahmoud Abbas), di una soluzione negoziata al conflitto israelo-palestinese. Dopo aver rappresentato per anni l'Anp in Italia, ha ora un ufficio a Ramallah dove l'abbiamo raggiunto. E' il principale consigliere politico e diplomatico del presidente palestinese. "Oggi, la nostra priorita', dice, e' di far fermare l'attacco israeliano che sta provocando tante vittime civili". * - Eric Salerno: Come? - Nemer Hammad: Abbas va a Parigi per due giorni. Parlera' con Sarkozy che ha gia' visto il ministro degli Esteri israeliano Livni. Poi andra' alle Nazioni Unite dove e' necessario concordare con gli altri paesi del Consiglio di sicurezza una risoluzione sullo scontro in atto. Non deve essere la solita richiesta per un cessate il fuoco. Bisogna andare oltre. La risoluzione deve far riferimento alle precedenti risoluzioni sul conflitto perche' va sottolineato che non ci sono stati progressi sostanziali del negoziato con Israele. La comunita' internazionale si deve impegnare di piu'. * - Eric Salerno: Eppure abbiamo sentito il premier Olmert affermare che "la pace non e' mai stata cosi' vicina". Non e' cosi'? - Nemer Hammad: Vicina come? Non ci sono stati veri progressi. Nemmeno una riga e' stata scritta, mentre Israele continua a costruire il Muro e gli insediamenti. * - Eric Salerno: I rapporti tra Abbas e Hamas, o meglio la frattura tra l'Anp e il movimento islamico sono uno dei motivi dello scontro in atto. Ci sono contatti, ora, tra voi e i capi di Hamas? - Nemer Hammad: Contatti a livello alto, no. Abbiamo aperto alcuni canali nel tentativo di riavviare il dialogo. Ci siamo rivolti anche ad alcuni stati arabi che con il movimento islamico hanno buoni rapporti. Abbiamo anche invitato rappresentanti di Hamas a Ramallah, ma non si sono fatti vedere. * - Eric Salerno: La Siria e' sicuramente uno dei paesi sostenitori di Hamas. Cosa sta facendo in questo momento? - Nemer Hammad: Abbiamo sollecitato Damasco a mediare tra noi e loro. Per aiutarci a riprendere il dialogo diretto interrotto da molti mesi. Aspettiamo. * - Eric Salerno: E l'Iran? Soffia sul fuoco? Spingera' Hezbollah a intervenire, dal Libano, in questa crisi con il rischio di un allargamento del conflitto? - Nemer Hammad: Nessuno puo' negare il ruolo dell'Iran, ma non credo che lo scontro da Gaza andra' a finire sul confine settentrionale d'Israele. Ci sono due blocchi nella regione. Uno di questi e' impegnato a trovare una soluzione negoziata al conflitto con Israele. Purtroppo gli sforzi finora non hanno prodotto risultati concreti. Abbiamo bisogno di una risoluzione nuova e un negoziato serrato per arrivare alla fine dell'occupazione e la creazione di uno stato palestinese. * - Eric Salerno: E l'altro blocco? - Nemer Hammad: L'altro campo guarda ai risultati, o alla mancanza si risultati, finora conseguenti da chi persegue la via del dialogo. E dice: Israele non ha mostrato alcun interesse a porre fine all'occupazione. Dunque, l'unica soluzione, l'unico modo per andare avanti e' la resistenza. Con tutto cio' che la parola implica. * - Eric Salerno: Dopo tanti anni, tante sedute con i leader israeliani, cosa pensa Abbas? - Nemer Hammad: E' convinto che il dialogo possa ancora funzionare. Ma il dialogo, insiste, non puo' essere fine a se stesso. Dobbiamo parlare per arrivare, rapidamente a questo punto, alla fine dell'occupazione, alla fine degli insediamenti e alla fine del Muro costruito non in Israele ma sul territorio palestinese, in mezzo ai nostri villaggi, ai campi dei nostri contadini. 5. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "POSTCOLONIALISMO" DI ACHILLE MBEMBE [Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di Achille Mbembe, Postcolonialismo, Meltemi, Roma 2005] Indice del volume Introduzione: Tempo in movimento; Capitolo primo: Sul Commandement; Capitolo secondo: Sul governo privato indiretto; Capitolo terzo: L'estetica della volgarita'; Capitolo quarto: La Cosa e i suoi doppi; Capitolo quinto: Fuori dal mondo; Capitolo sesto: Il fallo di dio; Conclusioni: La maniera finale; Bibliografia; Indice analitico * Da pagina 10 Il lungo sonno dogmatico Insomma, il continente africano e' l'immagine per eccellenza dell'"estraneo", tanto nel discorso quotidiano quanto nelle narrazioni accademiche - qualcosa di simile all'inaccessibile "Altro con la A maiuscola" cui allude Jacques Lacan. In questo universo ai margini della Terra, a quanto pare, la ragione e' sempre con le spalle al muro, e a quanto pare l'ignoto vi celebra il suo trionfo. L'Africa, figura senza testa minacciata dalla follia, quasi del tutto ignara di nozioni come centro, gerarchia o stabilita', e' dipinta come una vasta grotta oscura in cui qualunque confronto e distinzione si trasforma in totale confusione, portando alla luce le profonde lacerazioni di una storia umana tragica e infelice: qualcosa a meta' tra il semicreato e l'incompleto, pieno di strani segni e movimenti convulsi - in breve, un abisso senza fondo in cui ogni cosa e' clamore, che ti aspetta con le fauci aperte per inghiottirti e riportarti al caos primordiale. Ma dato che in principio niente di quanto l'Africa dice e' intraducibile in una lingua umana, questa presunta inaccessibilita' non deve nascere dalla difficolta' intrinseca dell'impresa: non e' causata da cio' che bisogna udirvi e vedervi, ne' da cio' che vi e' nascosto. A causarla, e' il fatto che non esiste praticamente alcun discorso autonomo sull'Africa: sin dall'inizio del suo formarsi, nel suo linguaggio e nelle sue finalita' la narrazione sull'Africa e' sempre un pretesto per parlare di qualcos'altro, di qualche altro luogo, di qualche altro popolo. Per essere piu' precisi, anzi, l'Africa e' la mediazione che da' modo all'Occidente di accedere al proprio stesso subconscio e fornire un pubblico resoconto della sua soggettivita' (cfr. Miller 1985). Di conseguenza, non c'e' alcun bisogno di chiedersi quale sia lo statuto di tale discorso: nel migliore dei casi, ha a che fare con l'autoinganno; nel peggiore, con la perversione. * Da pagina 28 Sin dall'inizio mi sono imbattuto in due difficolta'. Anzitutto ogni eta', compresa la postcolonia, e' in realta' una combinazione di molte temporalita' differenti. Nel caso della postcolonia, postulare l'esistenza di un "prima" e un "dopo" la colonizzazione non bastava a risolvere il problema del rapporto fra temporalita' e soggettivita', e non era sufficiente neppure a mettere in questione il passaggio da uno stadio (prima) all'altro (dopo), con l'ulteriore problema di transito che un simile passaggio sollevava. E non e' tutto: quell'ipotesi non consentiva neppure di rendersi conto del fatto che ogni eta' ha significazioni contraddittorie per attori differenti. Bisognava insomma riuscire a sapere in che modo, per ogni periodo di tempo, questa molteplicita' di temporalita' diverse doveva essere re-inscritta non solo nella longue duree ma anche nelle singole durees indigene. E dunque era necessario pensare allo statuto di un tempo particolare: il tempo che si manifesta [emerging time]. Per riflettere adeguatamente su questo tempo che sta apparendo, sul tempo che procede, era tuttavia necessario abbandonare tutti gli approcci convenzionali: questi percepiscono infatti il tempo solo come una corrente, che trascina con se' individui e societa' da uno sfondo lontano a un primo piano piu' vicino, con il futuro che nasce necessariamente dal passato e segue quel passato in se stesso irreversibile. Ecco, allora, la forma di temporalita' piu' interessante in tale contesto: un tempo che potrebbe essere chiamato tempo dell'esistenza e dell'esperienza, il tempo dell'intrico. Non v'era pero' alcun modo di elaborare un'analisi plausibile di questa temporalita' senza al contempo riaffermare, sin dall'inizio, tre postulati. In primo luogo, questo tempo dell'esistenza africana non e' ne' un tempo lineare ne' una semplice sequenza in cui ogni momento cancella, annulla e prende il posto di quelli che lo hanno preceduto, cosicche' all'interno della societa' esiste sempre un'unica eta'. * Da pagina 78 Oggi, all'inizio del XXI secolo, l'Africa ha innanzi a se' la possibilita' di gettarsi nel nuovo secolo riuscendo a vincere la sfida della produttivita' - cioe' volgendo a proprio vantaggio le condizioni che determinano il suo rapporto con l'economia mondiale. Senza dubbio il conflitto con il mercato mondiale non si risolvera' a vantaggio dell'Africa se verra' negoziato, ancora una volta, nel quadro dei programmi di adattamento strutturale; tali programmi si limitano per lo piu' a offrire ai paesi africani un ritorno agli anni Sessanta del Novecento, quando le strutture delle loro economie li avevano trasformati innanzitutto in esportatori al netto di prodotti tropicali. Con o senza creditori internazionali, insomma, l'Africa deve affrontare la sfida della competitivita' delle proprie economie a livello mondiale. Ma nell'economia attuale del pianeta questa sfida non puo' essere vinta senza una crescita della produttivita' - vale a dire, in ultima analisi, senza mettere in atto modi efficaci per creare ineguaglianza e organizzare l'esclusione sociale. Tuttavia, come si e' visto con estrema chiarezza durante il periodo coloniale, i rapporti tra violenza, produzione di ineguaglianza e accumulazione sono straordinariamente complessi, e non esistono legami causali necessari fra queste variabili. Quanto alla svolta in direzione della democrazia, dipendera' dal modo in cui il dibattito relativo alla legittimita' dell'esclusione sociale verra' storicamente formulato - e a favore di quali forze sociali; se cosi' non fosse, infatti, come sara' possibile legittimare e codificare istituzionalmente tale esclusione? Non e' difficile cogliere la complessita' di un simile progetto, soprattutto in contesti nei quali la redistribuzione ha costituito per lungo tempo la suprema forma di mediazione politica e sociale e dove, oggi piu' che mai, i problemi della poverta' stanno riaccendendo le lotte sociali su scala ancora piu' ampia che in passato. * Da pagina 113 La democrazia come una possibilita' Nell'analisi del fenomeno della guerra non si deve dimenticare che oggi la distinzione fra uno stato di guerra e uno stato di pace e' sempre piu' illusoria. In precedenza ho notato la comparsa di un modello di sfruttamento fondato sulla privatizzazione della sovranita' e del capitale sotto forma di rendita, estorsione e di un'economia fondata su concessioni. Ho sostenuto piu' volte la sempre piu' frequente assenza di una qualunque distinzione fra attivita' di estorsione da un lato, e dall'altro la "corruzione" o attivita' simili alla guerra. Ora e' opportuno tornare ad affrontare il problema essenziale della fiscalita' e del suo rapporto con l'altro modello di dominio noto come democrazia. * Da pagina 201 Fuori dal mondo "E' ancora vivo quell'uomo, o e' morto?" (Tutuola 1952, p. 12) In questo capitolo prendero' in esame la fenomenologia della violenza; o meglio, per essere piu' precisi, formulero' alcune riflessioni su quello stato di deprivazione o apparente non attualita' che viene chiamato morte. Nel concentrare la mia attenzione sulla violenza della morte intendo analizzare tutte le forme in cui si realizza, e il modo in cui abbraccia ogni sostanza esistente - al punto da penetrare ovunque: alla morte non sfugge praticamente nulla, poiche' in larga misura e' divenuta il normale stato delle cose. Quando penso alla violenza della morte, ho in mente l'Africa contemporanea. E non perche' l'Africa sia, piu' di qualunque altro luogo, una terra di morte e frenesia incontrollata in cui tutto - o quasi tutto - va a finire male - anche se a volte e' effettivamente cosi'; in realta' ho in mente l'Africa contemporanea perche' nel discorso moderno e contemporaneo si manifesta come quella notte inconsapevole confinata ai recessi della realta' di cui Hegel disse che non giunge alla distinzione in lei, ne' alla chiarezza del sapere per se stesso (Hegel 1807, p. 418). Non intendo tornare sulla problematica del continente come "invenzione", dal momento che la storia di quell'immaginario e' bene attestata e ne sono state messe a nudo tutte le origini (Mudimbe 1988; 1994). Mi interessano piuttosto due questioni - in realta' due facce di una stessa medaglia: da un lato vi e' il pesante arbitrio commesso da chi rapisce al mondo e mette a morte cio' che ha precedentemente decretato essere nulla, una figura vuota; dall'altro vi e' il modo in cui il soggetto negato, esautorato, sospinto lontano, altrove, oltre il mondo dell'esistente assume su di se' l'atto della propria distruzione e prolunga la propria crocifissione. * Da pagina 232 Dopo la colonia In che modo si ha il passaggio dalla colonia a "quello che viene dopo"? Quali sono le differenze - e se ci sono, di che tipo - tra quel che avvenne nella colonia e "quello che viene dopo"? E' davvero tutto chiamato nuovamente in causa, tutto e' veramente sospeso, veramente tutto ricomincia da capo, al punto di potersi dire che chi era precedentemente colonizzato rientra in possesso dell'esistenza, prendendo le distanze dalla precedente condizione? Questo e' un falso interrogativo, ma da' luogo a interrogativi non solo in merito alla natura specifica del periodo attuale, ma circa la possibilita' stessa di cambiare il tempo. Poiche' tuttavia non e' realmente possibile cambiare il tempo, dobbiamo collocarci saldamente in uno spazio diverso per descrivere la nostra epoca - l'epoca e lo spazio della vita grezza, naturale [raw life]. L'eta' della vita naturale come spazio alternativo ha alcune proprieta', che prenderemo brevemente in esame. Innanzitutto e' luogo e tempo di mezza-morte, o, se si preferisce, di mezza-vita. E' un luogo in cui la vita e la morte sono talmente intrecciate da non potersi distinguere, ne' si puo' dire se una cosa abbia oltrepassato la linea d'ombra o si trovi invece al di qua di essa: "E' ancora vivo quell'uomo, o e' morto?" (Tutuola 1952, p. 12}. Di che morte si muore "dopo la colonia"? "Sono talmente tante le morti, che non si sa piu' di quale morire" (Labou Tansi 1981a, p. 44). Ma non sono numerosi solamente i tipi di morte. Lo sono anche i modi di morire. C'e' la morte a seguito di un incidente, o di breve o lunga malattia, in un letto di ospedale. C'e' la morte per avvelenamento o per infarto. Ci sono il suicidio, il proiettile nel collo. Si muore nella vasca, fulminati. C'e' la morte pubblica, cerimoniale, richiesta a furor di popolo: "Mi trovavo a Camp Boiro (...). Due settimane dopo il mio arresto una folla di donne pote' avvicinarsi tanto alla nostra morte da urlarci: 'Morte ai traditori, appendeteli per le palle'. Dopo pochi giorni, la donna che era stata alla testa di quella moltitudine era divenuta una di noi, la testa rasata a zero" (Sassine 1985, pp. 182-186}. Il "cittadino" viene legato a un palo, prossimo all'esecuzione. Il plotone e' pronto. "Esprima le sue ultime volonta'", dice il soldato. "Non ne ho alcuna", giunge la replica. La condanna viene eseguita, un proiettile in mezzo agli occhi... 6. LIBRI. ELENA LOEWENTHAL PRESENTA "L'IDEA MESSIANICA NELL'EBRAISMO E ALTRI SAGGI SULLA SPIRITUALITA' EBRAICA" DI GERSHOM SCHOLEM [Dal supplemento librario "Tuttolibri" del quotidian "La stampa" del 27 dicembre 2008 col titolo "Quelli che sanno attendere"] "C'e' qualcosa di grandioso nel vivere nella speranza, ma allo stesso tempo c'e' in esso qualcosa di profondamente irreale", scrive Gershom Scholem in un saggio contenuto nella raccolta L'idea messianica nell'ebraismo e altri saggi sulla spiritualita' ebraica (a cura di Roberto Donatoni ed Elisabetta Zevi, con una nota di Saverio Campanini, per Adelphi, pp. 389, euro 34). Nella sua discrezione, nella sua consuetudine a una saggia modestia, ha un che di grandioso - e non meno ispirato dalla speranza - anche la biografia del rabbino Dario Disegni (1878-1967). A lungo guida religiosa della comunita' ebraica di Torino, il rabbino Disegni raccolse la difficile eredita' della guerra e dello sterminio. Tocco' a lui, nel 1945, contare le assenze e i silenzi, primo fra tutti quello della primogenita Annetta e della piccola Sissel. Al rabbino Disegni e' dedicata una mostra documentaria che restera' aperta sino a fine gennaio, nelle sale della comunita' torinese. E che attraverso documenti, fotografie, notizie, attesta non solo la statura spirituale di un protagonista dell'ebraismo italiano, ma anche l'impronta da lui lasciata nella citta'. Il catalogo a cura di Alberto Cavaglion, Lucetta Levi Momigliano, Isabella Massabo' Ricci segue questo itinerario di vita e di studi, che culmina in una fondamentale traduzione italiana della Bibbia ebraica, a cui rav Disegni lavoro' fra il 1960 e il 1967. In fondo, tradurre il testo sacro e' anche un atto di speranza: nell'incontro fra lingue, culture, identita' diverse. E la speranza e' anche l'Alef della redenzione: quella lettera che non ha suono ma e' indispensabile per predisporre la voce, il pensiero, alla parola. Tale e' il filo conduttore dei saggi di Scholem: la speranza come spirito fondativo, l'attesa come principio identitario. L'idea messianica, infatti, e' lo spartiacque fondamentale fra ebraismo e cristianesimo. Frontiera ma anche linea che separa. E' interessante il paradosso che questa distanza attesta: "L'atteggiamento verso il messianismo e' determinato da un concetto di redenzione del tutto differente... L'ebraismo ha sempre affermato un concetto di redenzione che si manifesta pubblicamente sulla scena della storia", mentre "il cristianesimo concepisce la redenzione come un evento che appartiene al regno spirituale e invisibile". Redenzione eclatante, dunque, attesa da una minoranza volente o nolente "umbratile", e redenzione esoterica da parte di una maggioranza dominante. Scholem offre ancora pagine illuminanti sul rapporto fra il tempo e la speranza, che non e' necessariamente rivolta al futuro, ma sa guardare anche al passato. 7. LIBRI. ERMANNO PACCAGNINI: L'EDIZIONE NAZIONALE ED EUROPEA DELLE OPERE DI ALESSANDRO MANZONI [Dal mensile "Letture", n. 576, aprile 2001, col titolo "Il periplo di Manzoni in 36 volumi" e il sommario "Il Centro di Studi manzoniani ha pubblicato i primi titoli della monumentale edizione nazionale ed europea delle opere. Vengono cosi' alla luce lo scrittore e l'uomo, con tutti i suoi rapporti, Verdi compreso"] Il progetto - editare un "Tutto Manzoni" - e' davvero di quelli monumentali; tanto piu' che la scommessa del Centro nazionale Studi manzoniani, presieduto da Giancarlo Vigorelli e diretto da Gianmarco Gaspari, e' di realizzare l'impresa in tempi strettissimi, puntando sull'apparizione di cinque-sei volumi all'anno, senza abdicare alla qualita' (anche tipografica) dell'offerta. Un progetto davvero in grande stile se si considera che il tutto e' poi affiancato dalla prosecuzione degli "Annali Manzoniani" e soprattutto dai Quaderni dell'Edizione Nazionale ed Europea: ovvero la riproposta - in anastatica e, se in lingua straniera, con traduzione - di quei testi che Manzoni leggeva, discuteva e postillava come nel caso delle Lettere a Malthus su vari argomenti d'economia politica di Jean-Baptiste Say (a cura di Gavino Manca) o di testi strettamente legati a Manzoni (tra gli annunciati vedo ad esempio le Lettere della madre Giulia Beccaria). Proposta non di poco conto, quest'ultima, se si pensa al gran numero di annotazioni di cui lo ha disseminato Manzoni: annotazioni che troveranno posto in sette volumi della sezione Postille di lettura, suddivisi per generi (Filosofia; Storia, Economia e Botanica; Testi di lingua e Dizionari e Vocabolari vari) e nei quali amerei veder registrate non solo le espressioni manzoniane, ma anche i rinvii ai segni di richiamo che disseminava sui margini: da sottolineature a disegni di manine con dito indice indicatore, orecchie alle pagine (chi e' solito affacciarsi su quelle pagine, ne conosce assai bene l'eloquente significato). * Dai manoscritti alla stampa Ma si diceva del Tutto Manzoni: previsto in 35 volumi (alcuni in piu' tomi), chiusi da un trentaseiesimo intitolato Album della vita e delle opere di Manzoni. Non si tratta invero di edizioni critiche: cio' che per Manzoni ipercorrettore di se stesso, non solo sui manoscritti ma addirittura in sede di stampa, con fogli sostituiti mentre il tipografo era al lavoro - di qui le differenze testuali tra i molti esemplari in commercio d'una stessa opera, Promessi sposi compresi -, comporterebbe un lavoro immane da farsi singolarmente, slegato da cadenze di edizioni nazionali ed europee come la presente. Si tratta piuttosto di fornire edizioni di scritti manzoniani affidabili, ricontrollati e sui manoscritti e sul maggior numero possibile di esemplari a stampa, tanto piu' che anche la vecchia edizione delle Opere - la cosiddetta Chiari-Ghisalberti - pecca in non pochi punti (e talora non di poco...). Di questo nuovo Tutto Manzoni il lettore ha oggi a disposizione sei volumi (pari a sette tomi), e precisamente: il 14 (a cura di Folco Portinari e Silvia de Laude): Del romanzo storico (con, in appendice, a cura di Fabio Danelon, una serie di interventi d'epoca sul problema di questo tipo di narrativa); il 15 (a cura di Luca Danzi e Giovanni Bognetti): La Rivoluzione francese del 1789 e la rivoluzione italiana del 1859, seguito dal breve scritto Dell'indipendenza italiana; i tre tomi dei volumi 17-18 (a cura di Maurizio Vitale e Angelo Stella) contenenti gli Scritti linguistici inediti, e il 19 (a cura degli stessi) con gli Scritti linguistici editi; il 27 (a cura di Irene Botta): Carteggio Manzoni-Fauriel. Ciascuno di essi e' dotato di una introduzione o premessa solitamente affidata a un manzonista di fama: Giovanni Macchia per il Romanzo storico; Ezio Raimondi per il Carteggio; Giovanni Nencioni per gli Scritti linguistici (non senza qualche eccezione: come Sergio Romano per la Rivoluzione francese), d'una bibliografia di riferimento per le citazioni manzoniane, di nota al testo, indice dei nomi e indice delle illustrazioni; arricchiti a volte da documenti di contorno e, nel caso dell'opera dedicata alla Rivoluzione francese, da una cronologia e anche da una appendice con altra redazione della stessa, mentre sono fonti e testimonianze e un indice dei manoscritti a completare il Carteggio Manzoni-Fauriel. * Carteggi letterari e familiari E proprio la sezione dei Carteggi - oltre al citato, ne sono previsti alcuni specifici come quello tra Manzoni e Rosmini (28) e altri con piu' corrispondenti, suddivisi tra Carteggi letterari (il volume 29: qui, per fare un esempio-omaggio all'anniversario del musicista di Busseto, dovrebbe trovar posto la lettera di raccomandazione del Manzoni al Giusti, il suo "Caro Geppino", a favore di Verdi, che vorrebbe conoscere il poeta toscano e che porta con se' la missiva a Firenze per la rappresentazione del Macbeth del 1847: il tutto senza che Manzoni e Verdi si siano ancora incontrati); Carteggi familiari (i volumi 30-32) e Carteggi diversi (33-34: dove invece dovrebbero trovar posto, per richiamare sempre l'esempio verdiano, quei tanti bigliettini di auguri che Manzoni prese a inviare a Verdi dopo la loro diretta conoscenza del 30 giugno 1868) -; proprio tale sezione, dicevo, mi pare possa proporsi unitamente a quella delle Postille come uno degli aspetti piu' interessanti della nuova edizione: soprattutto se si presenteranno con la ricchezza di annotazioni e informazioni del volume gia' edito e ottimamente curato dalla Botta. Del pari e' indubbio che, sempre tra gli editi, un aspetto di rilievo assumano i quattro tomi degli scritti linguistici, e in particolare dei tre dedicati agli scritti inediti. Qui i curatori fanno confluire un'esperienza e confidenza con tale campo che data da vari decenni ed e' gia' esplicitata in diverse edizioni da essi curate di scritti linguistici di Manzoni. La riorganizzazione del materiale ha comportato cosi' la riunione sotto il medesimo campo di tutti gli interventi manzoniani attinenti al problema, siano essi espressi in foglietti, schede, citazioni o anche lettere (le richieste alla fiorentina Emilia Luti su taluni modi di dire toscani e le risposte di lei, ad esempio), cosi' come la disposizione in progress della riflessione dello scrittore, che ad esempio nel caso del saggio Della lingua italiana e' possibile seguire attraverso le varie e sempre piu' corpose redazioni. Una riflessione che va ben oltre il semplice campo estetico: perche' l'officina linguistica manzoniana ha sempre presente l'universo etico. Al di la' di moralismi di sorta che possono affacciarsi all'impiego di talune parole; e attenta invece a una lingua d'uso e comunicativa. Mai pero' da utilizzarsi gratuitamente e semmai con cura assoluta alle singole parole e alle minime sfumature. Per un impiego, appunto, etico della lingua: nel senso piu' profondo. 8. STRUMENTI. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA" "Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'". Per informazioni e contatti: redazione, direzione, amministrazione, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 9. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI 2009" Dal 1994, ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni nonvio lenti" che nelle sue oltre 400 pagine, insieme allo spazio quotidiano per descrivere giorni sereni, per fissare appuntamenti ricchi di umanita', per raccontare momenti in cui la forza interiore ha avuto la meglio sulla forza dei muscoli o delle armi, offre spunti giornalieri di riflessione tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di antologia della nonviolenza che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata. E' disponibile l'agenda "Giorni nonviolenti 2009". - 1 copia: euro 10 - 3 copie: euro 9,30 cad. - 5 copie: euro 8,60 cad. - 10 copie: euro 8,10 cad. - 25 copie: euro 7,50 cad. - 50 copie: euro 7 cad. - 100 copie: euro 5,75 cad. Richiedere a: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. e fax: 0864460006, cell.: 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it 10. STRUMENTI. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2009 E' in libreria l'Agenda dell'antimafia 2009, quest'anno dedicata alle donne nella lotta contro le mafie e per la democrazia. E' curata dal Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo ed edita dall'editore Di Girolamo di Trapani. Si puo' acquistare (euro 10 a copia) in libreria o richiedere al Centro Impastato o all'editore. * Per richieste: - Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it - Di Girolamo Editore, corso V. Emanuele 32/34, 91100 Trapani, tel. e fax: 923540339, e-mail: info at ilpozzodigiacobbe.com, sito: www.digirolamoeditore.com e anche www.ilpozzodigiacobbe.com 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 692 del 6 gennaio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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