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Coi piedi per terra. 145
- Subject: Coi piedi per terra. 145
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 19 Dec 2008 14:30:12 +0100
- Importance: Normal
=================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 145 del 19 dicembre 2008 In questo numero: 1. Mobilita' e salute a Viterbo e nel Lazio: cio' che veramente occorre 2. Il dottor Jekyll e mister Hyde al Comune di Viterbo 3. La cornucopia e la coperta corta 4. Si e' svolto a Genova il convegno dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (Isde-Italia) 5. Francesco Rigatelli: Acqua 6. Marina Forti: Uranio 7. Jeremy Rifkin: La triplice emergenza 8. Jeremy Rifkin : L'ecologia ci salvera' 9. Per contattare il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo 1. EDITORIALE. MOBILITA' E SALUTE A VITERBO E NEL LAZIO: CIO' CHE VERAMENTE OCCORRE Cio' che veramente occorre e' ridurre subito i voli su Campino, non delocalizzandoli altrove in un remoto futuro, ma abolendoli tout court. Cio' che veramente occorre e' difendere l'area termale di immenso valore naturalistico, storico, culturale, sociale e terapeutico del Bulicame dall'insensata e criminale devastazione che la colpirebbe se venisse realizzato a Viterbo lo scellerato e illegale mega-aeroporto per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma. Cio' che veramente occorre e' difendere la salute, la sicurezza e la qualita' della vita delle persone che vivono a Ciampino, come a Viterbo, come a Frosinone, come altrove: salute, sicurezza e qualita' della vita che i mega-aeroporti avvelenano, aggrediscono e deteriorano irreversibilmente. Cio' che veramente occorre e' impedire l'ennesimo delittuoso sperpero di ingenti fondi pubblici per opere nocive e distruttive; il pubblico denaro deve essere utilizzato a beneficio dei cittadini e delle esigenze del territorio e delle comunita' che in esso vivono, non a loro danno come avviene con i mega-aeroporti. Cio' che veramente occorre e' rispettare la legalita': mentre e' dimostrato che i mega-aeroporti la violano nel modo piu' protervo e nefasto. Cio' che veramente occorre e' potenziare una mobilita' adeguata al servizio dei cittadini e rispettosa dell'ambiente di vita: sostenere quindi il trasporto pubblico locale e soprattutto le ferrovie. Non realizzare i mega-aeroporti della vergogna, della servitu' e dell'ecocidio. Cio' che veramente occorre e' difendere e valorizzare i beni ambientali e colturali, le vocazioni produttive e le risorse territoriali; non distruggere natura, cultura ed economia locale per realizzare operazioni meramente speculative e vandaliche come i mega-aeroporti. Cio' che veramente occorre e' ridurre il surriscaldamento globale del clima che sta mettendo a rischio il pianeta: e per ridurre l'effetto serra occorre anche - non solo, ma anche - ridurre immediatamente e drasticamente il trasporto aereo. Cio' che veramente occorre e' rispettare la dignita' e i diritti dell'umanita' - di quella presente e delle generazioni future; e fare scelte di modello di sviluppo e di mobilita' rispettose sia degli ecosistemi locali che globalmente della biosfera: l'unica casa comune dell'intera umanita'. 2. RIFLESSIONE. IL DOTTOR JEKYLL E MISTER HYDE AL COMUNE DI VITERBO L'Amministrazione comunale di Viterbo rivela ancora una volta la sua schizofrenia, anzi, peggio: l'atteggiamento allo stesso tempo patologico e doloso consistente nel dichiarare di saper cio' che e' bene, e nello scegliere protervamente di fare cio' che e' male. * Da un lato il Comune dottor Jekyll dichiara che occorre sostenere lo sviluppo del termalismo, che in effetti e' una grande risorsa per la citta', giacche' Viterbo dispone dell'immenso bene dell'area termale del Bulicame: un bene naturalistico, storico-culturale, terapeutico, sociale ed economico da difendere e valorizzare. * Dall'altro il Comune mister Hyde effettualmente sostiene il folle e criminale intento di realizzare proprio nel cuore dell'area termale del Bulicame un nocivo e distruttivo mega-aeroporto per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma, un'opera che avrebbe come inevitabile effetto l'irreversibile scempio dell'area termale e quindi la morte del termalismo a Viterbo. * Una vecchia massima recita che non si puo' avere insieme la botte piena e la moglie ubriaca. Il Comune di Viterbo deve decidersi: o il termalismo o il mega-aeroporto; o il rispetto dell'ambiente e della salute dei cittadini o un'opera come il mega-aeroporto scandalosamente speculativa, distruttiva, venefica e illegale. Un'amministrazione pubblica decente non dovrebbe aver dubbi: si deve difendere e valorizzare l'area termale del Bulicame, si deve difendere il diritto alla salute e alla sicurezza dei cittadini, si deve rispettare la legalita': si deve quindi respingere un'opera insensata e scellerata come il mega-aeroporto. 3. RIFLESSIONE. LA CORNUCOPIA E LA COPERTA CORTA Il bilancio dello Stato non e' la cornucopia della dea bendata. Il bilancio dello Stato e' una coperta corta. * Se si sperperano i fondi del pubblico erario per opere peggio che inutili: nocive e dissennate, non ne restano per le opere necessarie. Se si dissipano i soldi di tutti per regalarli ai ricchi amici degli amici, non ne restano per le strutture e i servizi a tutti necessari. Se si bruciano le pubbliche risorse in operazioni speculative e insensate, non ne restano per le opere di pubblica utilita'. * Cosi', chi continua a promuovere l'infinito saccheggio delle pubbliche casse a vantaggio del trasporto aereo altamente nocivo per l'ambiente e la salute, a vantaggio delle compagnie aeree speculatrici e dalle illegali condotte, a vantaggio della brulicante realizzazione di sempre nuovi assurdi aeroporti, a vantaggio dell'ampliamento parossistico di quelli esistenti, ebbene, si rende responsabile non solo della rapina del denaro di tutti, non solo dello spreco di risorse scarse, non solo delle devastazioni e delle patologie che quelle opere provocheranno, ma anche della sottrazione di risorse essenziali a servizi pubblici fondamentali e ad opere pubbliche indispensabili: come la sanita', la scuola, il trasporto pubblico locale e ferroviario, la difesa dei beni ambientali e culturali, la tutela e la corretta gestione del territorio. * Sperperare il pubblico denaro per promuovere il gia' eccessivo trasporto aereo e gli sciagurati mega-aeroporti e' un triplice delitto: per la rapina dei soldi di tutti a vantaggio di ristretti gruppi speculativi; per la realizzazione di opere scellerate che danneggiano ambiente e salute, sicurezza e diritti di tutti i cittadini; per la distrazione di fondi pubblici che dovrebbero invece essere utilizzati per opere di pubblica utilita'. 4. INCONTRI. SI E' SVOLTO A GENOVA IL CONVEGNO DELL'ASSOCIAZIONE ITALIANA MEDICI PER L'AMBIENTE (ISDE-ITALIA) [Riportiamo il seguente comunicato del 15 dicembre 2008 dal titolo completo "Si e' svolto a Genova il convegno dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (Isde-Italia). Una relazione della dottoressa Antonella Litta sull'impatto sanitario del trasporto aereo. Istituito un gruppo di lavoro per iniziative di documentazione, di ricerca, di monitoraggio per la riduzione del trasporto aereo"] Si e' svolto a Genova, nei giorni 11 e 12 dicembre 2008, il convegno nazionale organizzato dall'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia) sul tema "Inquinamento delle catene alimentari e salute globale". Nei due giorni di studio sono state presentate relazioni e comunicazioni che hanno focalizzato l'attenzione sulle problematiche sanitarie derivanti dall'inquinamento delle catene alimentari, dai cambiamenti climatici, dai sistemi di mobilita' ancora incentrati sul trasporto su strada e su quello aereo, su scelte economiche sempre piu' aggressive nei confronti dell'ambiente e quindi sempre piu' dannose per la salute. * Inquinamento dell'ambiente e danni alla salute Negli ultimi 50 anni sono state immesse nell'ambiente circa 100.000 nuove sostanze chimiche, in particolare fertilizzanti, diserbanti, prodotti derivanti dall'uso di combustibili fossili, dall'incenerimento dei rifiuti, dalle diverse attivita' industriali, da farmaci e fitofarmaci, dalla produzione di energia derivante dal nucleare e dal carbone, dall'incremento del numero delle fonti di emissione di campi elettromagnetici. Queste sostanze una volta rilasciate nell'ambiente, in relazione alla loro composizione, alla loro modalita' di azione e alle loro dimensioni, dell'ordine dei micron e dei nanometri, possono interagire con il nostro sistema genetico ed epigenetico, alterandone l'espressione e quindi predisponendo le persone a malattie e tumori. Particolarmente interessanti su questi argomenti sono state le relazione del professor Ernesto Burgio e del professor Gianni Tamino. * I bambini, le prime vittime E' stato evidenziato come l'esposizione in utero e nei primi anni della vita puo' determinare i danni maggiori, infatti i bambini sono piu' suscettibili all'azione dei contaminanti tossici ambientali per l'effetto combinato di livelli di esposizione relativamente piu' elevati, per una minore efficienza metabolica e una piu' intensa proliferazione cellulare. Oltre ai possibili effetti dannosi specifici per il sistema nervoso, il sistema respiratorio e il sistema endocrino, preoccupa la relazione tra esposizioni pericolose in eta' pediatrica e rischi di malattia in eta' adulta, come preoccupa fortemente il costante aumento dei tumori in eta' pediatrica in Italia. * Rifiuti Il convegno ha richiamato l'attenzione anche sull'urgente necessita' dell'applicazione di una corretta pratica di smaltimento dei rifiuti (a gennaio 2009 su questo argomento sara' a disposizione una monografia dell'associazione) incentrato sul recupero e riciclo dei rifiuti, evitando le dannose pratiche dell'incenerimento e del conferimento in discarica; due pratiche che determinano inquinamento dell'aria e contaminazione dei terreni e delle falde acquifere come purtroppo gia' registrato in Campania per le discariche abusive, ma anche in prossimita' di discariche autorizzate come nel caso della discarica di Malagrotta, la piu' grande discarica d'Europa situata alle porte di Roma. * Acqua L'inquinamento delle acque potabili e' stato segnalato come una ulteriore fonte di preoccupazione, infatti questo problema ha ormai raggiunto dimensioni mondiali ed e' il risultato dell'estesa contaminazione ambientale come anche dei mancati controlli e dell'insufficiente adozione di sistemi per l'abbattimento degli inquinanti in essa presenti. * Non esistono veleni innocui Il convegno ha sottolineato ancora una volta la necessita' di prendere in considerazione l'effetto di sinergia tra i vari inquinanti e l'inadeguatezza del concetto di "valore limite" per le singole sostanze inquinanti, infatti i "valori limite" sono sempre il frutto di un compromesso tra necessita' economiche di produrre ed impiegare determinate sostanze, l'incapacita' e l'eccessivo costo per rimuoverle, ma ovviamente non esistono evidenze scientifiche che sostanze tossiche, presenti anche con valori al di sotto di quelli fissati per legge, siano innocue per la salute e l'ambiente. * Ridurre il trasporto aereo La relazione della dottoressa Antonella Litta, referente dell'associazione Isde per Viterbo e portavoce del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, ha illustrato come questo particolare tipo di mobilita' sia fortemente corresponsabile dell'effetto serra, dell'inquinamento atmosferico, dell'inquinamento acustico e di quello elettromagnetico. Inquinamenti che con le loro conseguenze su ambiente e salute sono soprattutto subite dai residenti in aree limitrofe agli scali aeroportuali come nel caso, ormai noto anche a livello nazionale, degli abitanti di Ciampino, Marino e del X Municipio di Roma. L'Associazione dei medici per l'ambiente costituira' un gruppo di studio proprio su questo argomento in modo da rendere disponibili gli studi scientifici sull'impatto sanitario e ambientale di questo tipo di trasporto che deve essere costantemente studiato, monitorato nei suoi effetti e soggetto a programmi e politiche di contenimento e riduzione. * Carbone Mauro Mocci e Gianni Ghirga, del coordinamento dei medici per l'ambiente dell'Alto Lazio, hanno illustrato le conseguenze sanitarie, anche in termini di costi economici, derivanti dalla cura e spesa farmaceutica per le persone che si ammaleranno se dovesse essere attivata la centrale di Torre Valdaliga Nord di Civitavecchia, una centrale che bruciando carbone immettera' nell'atmosfera anidride carbonica, ossidi di azoto, ossidi di zolfo, polveri sottili ed ultrasottili, metalli pesanti e radionuclidi. Anche per la centrale di Vado Ligure e' previsto un progetto di ampliamento con un nuovo gruppo di combustione che sara' alimentato a carbone; questo progetto ha gia' incontrato la ferma opposizione dell'Ordine dei medici di Savona come testimoniato dal presidente, dottor Ugo Trucco, presente ai lavori del convegno. * Un appello ai medici Il convegno si e' concluso con il richiamo a tutti i medici perche' si interessino della tutela dell'ambiente come prima responsabilita' nei confronti della salute dei pazienti, perche' non abbiano conflitti d'interessi che possano limitare la loro capacita' di giudizio ed intervento, e con l'auspicio e l'impegno perche' non si facciano scelte economiche e di infrastrutture non strettamente necessarie che possono soltanto contribuire ad aumentare il carico di sostanze inquinanti gia' presenti nell'ambiente. 5. MONDO. FRANCESCO RIGATELLI: ACQUA [Dal quotidiano "La Stampa" del 29 ottobre 2008 col titolo "C'e' acqua solo per trent'anni"] Con l'attuale trend di consumi, nel giro di trent'anni ci servira' un altro pianeta. L'allarme arriva dal Rapporto internazionale sul pianeta del Wwf, un lavoro biennale che viene presentato questa mattina a Roma dal suo direttore scientifico Gianfranco Bologna, da Riccardo Valentini del Cnr, dal segretario generale dell'Aspen Institute Angelo Maria Petroni e da Piero Angela. "Oltre la recessione economica, il mondo rischia quella ecologica". Con questa frase ad effetto, ma basata su calcoli scientifici, Bologna spiega le "evidenze scientifiche" che emergono dagli studi del Wwf, tradizionalmente legati alla protezione delle singole specie ma estesi gia' da alcuni anni, per chiare ragioni storiche, a tutto l'ecosistema. Proprio seguendo questa prospettiva il documento parte da un'analisi della vita di 1.800 specie di vertebrati (mammiferi, uccelli, rettili, pesci e anfibi) dal 1970 ad oggi, stabilendone un declino numerico del 30%, per arrivare poi alla situazione della Terra e del suo rapporto con l'uomo. Questa seconda parte e' affrontata attraverso due indici: l'impronta ecologica e quella idrica. La prima e' la misura di quanto ogni uomo sfrutti il pianeta per vivere. E' un indicatore strettamente legato al consumo e si calcola in ettari globali, cioe' ettari con la capacita' media di produrre risorse e assorbire materiali di scarto. L'impronta ecologica e' data dunque dalla somma di tutti i terreni agricoli, i pascoli, le foreste e i patrimoni ittici che un Paese utilizza per vivere. Dal 1986 sta succedendo qualcosa di anomalo. Grazie alla tecnologia, l'uomo ha iniziato a utilizzare piu' risorse di quelle che la Terra e' in grado di produrre. Nel 2005 si calcola addirittura che questa differenza sia stata del 30% (per coincidenza un numero uguale a quello del declino animale). Si e' avviato insomma un deficit planetario, da cui la definizione di recessione ecologica, destinato a raggiungere il cento per cento nel 2040 se il mondo avanzato non cambiera' stile di vita. "Altrimenti, ci servira' un altro pianeta", non scherza Bologna, che aggiunge: "Molto dipendera' dal nuovo presidente americano, ma anche l'Italia puo' avere un peso sull'argomento, perche' ospitera' l'ultimo G8 di luglio 2009 prima della chiusura del nuovo accordo di Kyoto a Copenaghen. Peccato che il nostro Paese secondo l'agenzia europea sia ancora indietro pure su Kyoto". Dalla ricerca, quindi, risulta chiaro che l'uomo sta usando piu' di cio' di cui abbisogna per vivere. Ovviamente non e' ovunque cosi'. Consumano troppo Emirati Arabi, Stati Uniti, Kuwait, Danimarca, Australia e altri fino all'Italia che sta al ventiquattresimo posto. Ma sprecano pochissimo, per esempio, Congo, Haiti, Afghanistan e Malawi. Inutile aggiungere che in fondo alla classifica sono concentrati i Paesi del Sud del mondo. L'Italia si classifica invece al quarto posto dopo Stati Uniti, Grecia e Malesia per un altro indicatore, utilizzato per la prima volta nel rapporto del Wwf: l'impronta idrica. Similmente a quella ecologica, l'impronta idrica rappresenta le risorse liquide utilizzate per produrre beni e servizi di una nazione. Anche qui l'uomo, specialmente nei Paesi agricoli, spreca tanto. Ad esempio, nell'intera catena produttiva, dalla coltivazione dello zucchero nei campi fino alla zolletta da sciogliere nel te', un chilo di zucchero costa 1.500 litri d'acqua. Cosi' occorrono 2.900 litri per trasformare un seme di cotone in una maglietta e 15.500 per far arrivare un chilo di manzo dalla stalla sul piatto del ristorante. Nel frattempo, qualcuno in Somalia muore di sete. Il rapporto indica anche alcune soluzioni. "Prima di tutto - rivela Bologna - bisogna considerare che la potenzialita' del risparmio energetico mondiale e' oltre il 50%. Il che significa iniziare a domandarsi in ogni processo produttivo "Quanto consuma?". Poi bisogna costruire edifici ecologici e snellire le reti di trasporto per diminuire l'inquinamento. Insomma, in Finanziaria va affiancata alla contabilita' economica, quella ecologica". 6. MONDO. MARINA FORTI: URANIO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 dicembre 2008 col titolo "Il Niger, l'uranio e i ribelli"] Per anni e' stata una delle tante ribellioni "dimenticate" dell'Africa: di rado abbiamo sentito parlare dei Tuareg, popolazione del deserto divisa tra diversi stati del Sahara, e ancor piu' di rado del Niger settentrionale, remota regione dove le siccita' degli ultimi decenni hanno decimato le greggi di cammelli e quasi cancellato la pur piccola popolazione umana di pastori seminomadi. Cosi' una ribellione Tuareg sulle montagne del Niger settentrionale, tra il 1990 e il '95, e' passata inosservata. Del resto il Niger e' tra i paesi che meno fanno notizia in Africa, se non per l'estrema poverta'... Da un paio d'anni pero' anche il Niger settentrionale e' rientrato nel flusso mondiale dell'informazione. E' successo poco a poco. Nel febbraio del 2007 un gruppo di uomini armati ha attaccato una base dell'esercito del Niger nelle Air Mountains. La cosa e' stata notata: sia per l'audacia dell'attacco, sia perche' a rivendicarlo e' stata una nuova sigla, il "Mouvement des nigeriens pour la justice" (movimento dei nigerini per la giustizia, Mnj). Un nuovo movimento ribelle accusava il governo di Niamey di non aver applicato davvero gli accordi di pace di dodici anni prima: gli abitanti della regione settentrionale del Niger restavano emarginati, fuori dalla vista (e dal budget) del governo centrale, discriminati rispetto al sud agricolo. Il nuovo movimento ribelle pero' non si e' limitato alla tradizionale lamentazione della minoranza etnica discriminata: l'ha buttata sulla questione delle risorse naturali. Infatti il Niger settentrionale e' si' una terra arida, ma nel suo sottosuolo si trova uno dei maggiori depositi di uranio al mondo. La cosa e' nota da tempo: l'azienda mineraria Areva (francese) estrae tonnellate di uranio ogni anno dal deserto del Niger settentrionale; quel minerale rappresenta il 70% degli introiti da export del paese (l'altro prodotto da export sono i prodotti dell'allevamento). Ma non ha aiutato Niger a uscire dalla poverta', e comunque nulla e' stato redistribuito tra la popolazione del deserto. Negli ultimi anni inoltre il prezzo dell'uranio e' salito, la competizione sui mercati e' accelerata, e mentre Areva sta costruendo la maggiore miniera di uranio nel Niger settentrionale, un'azienda di stato cinese ne sta costruendo un'altra, leggiamo sul "New York Times" di ieri. Insomma: l'uranio ha contribuito a riaccendere la ribellione. Il quotidiano newyorkese spiega che a differenza del passato, i ribelli del Mnj non sono solo pastori analfabeti ma anche giovani istruiti, studenti universitari, tecnici. Hanno un sito web e portavoce istruiti. Uno dei dirigenti del movimento - un veterinario di formazione, fino a qualche tempo fa assertore dei movimenti pacifici - ora spiega che "l'uranio appartiene alla nostra gente, e nella nostra terra: ci stanno derubando di un nostro diritto". I ribelli accusano il governo centrale di aver sperperato la ricchezza naturale del paese attraverso la corruzione e lo spreco, e non e' falso: l'estate scorsa l'ex premier e' stato condannato per uno scandalo da 237.000 dollari. La ribellione nel Niger settentrionale ha fatto nell'ultimo anno un centinaio di morti e costretto centinaia di civili alla fuga, accentuando la loro miseria. I ribelli usano mine anticarro che fanno strage, l'esercito risponde con uccisioni extragiudiziarie, detenzioni arbitrarie, e facendo terra bruciata nei villaggi. Una iniziativa di mediazione promossa dagli anziani delle tribu' tuareg, nel giugno scorso, non ha dato grandi risultati. La repressione militare neppure. Il problema di fondo resta quello dell'uranio, e di come si redistribuisce una ricchezza comune. 7. RIFLESSIONE. JEREMY RIFKIN: LA TRIPLICE EMERGENZA [Dal sito www.fondfranceschi.it riprendiamo il seguente articolo apparso sul settimanale "L'Espresso" del 17 ottobre 2008] Stiamo vivendo un periodo storico di enorme precarieta'. Incombe infatti su di noi la prospettiva concreta di un tracollo economico globale, della portata di quello verificatosi durante la Grande Depressione negli anni Trenta. La crisi creditizia globale e' aggravata dalla crisi energetica globale e dalla crisi del cambiamento del clima globale, e tutte insieme contribuiscono a creare un possibile cataclisma per la civilta' umana, diverso da qualsiasi altra cosa alla quale si sia assistito finora. Le tre crisi globali sono collegate tra loro e si alimentano reciprocamente. Affrontare questa triplice minaccia che incombe sul nostro stile di vita obbliga a dare il via a una nuova programmazione economica che riesca a trasformare in modo efficiente le avversita' contingenti in altrettante opportunita'. L'attuale crisi creditizia, che sta dilagando in Europa e nel mondo intero, e' iniziata nei primi anni Novanta. Da circa un decennio gli stipendi negli Stati Uniti erano fermi e in flessione. L'America e' uscita dalla recessione degli anni 1989-1991, determinata almeno in parte da una contrazione del mercato immobiliare, estendendo a milioni di americani il credito al consumo. Il diffondersi di carte di credito facilmente ottenibili ha consentito ai consumatori statunitensi di acquistare beni e servizi ben al di la' delle proprie effettive possibilita'. La "cultura della carta di credito" ha incrementato il potere di acquisto e ha rimesso all'opera e al lavoro le aziende e i lavoratori americani per produrre tutti quei beni e quei servizi che erano acquistabili ricorrendo al credito. Negli ultimi 17 anni, i consumatori americani hanno sostenuto l'economia globale, in buona parte grazie agli acquisti effettuati con le carte di credito. Lo scotto pagato per mantenere l'economia globale sulle spalle di un debito al consumo sempre piu' alto negli Stati Uniti, tuttavia, ha comportato il dissolvimento dei risparmi delle famiglie americane. Nel 1991 i risparmi per nucleo familiare erano mediamente intorno all'8%, mentre nel 2006 sono smaccatamente passati nella categoria dei passivi. Oggi una famiglia americana media spende piu' di cio' che guadagna: tale situazione si definisce "reddito passivo", un ossimoro che ben rappresenta un approccio errato allo sviluppo economico. A mano a mano che i risparmi delle famiglie sono diventati negativi, l'industria dei mutui e delle banche ha creato una seconda linea artificiale di credito, consentendo cosi' alle famiglie americane di comperare una casa anticipando poco denaro o anche nulla e accendendo mutui di categoria subprime con bassi tassi di interesse a breve o brevissimo termine, mentre di fatto i tassi di interesse continuavano a salire e la rata in scadenza del mutuo era costantemente posticipata a un futuro indefinito. Milioni di americani hanno abboccato all'amo e si sono comperati case di valore molto superiore alla loro effettiva capacita' di poterla pagare sul lungo periodo, creando cosi' la nota bolla immobiliare. Ma e' accaduto anche di peggio: comperando tutto a credito e necessitando di denaro contante, i proprietari di casa le hanno poi utilizzate alla stregua di sportelli bancomat e hanno rifinanziato i loro mutui, in qualche caso anche due o tre volte, ottenendo cosi' i soldi che volevano. Ora che la bolla immobiliare e' scoppiata, milioni di americani si ritrovano sull'orlo del baratro e le banche rischiano il fallimento. Dopo 17 anni vissuti alle spalle di un credito eccessivo, si e' arrivati al punto che gli Stati Uniti adesso sono un'economia in completo sfacelo. Le passivita' lorde del settore finanziario statunitense, che nel 1980 erano pari al 21% del Pil, hanno continuato incessantemente a salire nel corso degli ultimi 27 anni, arrivando nel 2007 a un assurdo 116% del Pil. Considerato poi che le comunita' bancarie e finanziarie statunitensi, europee e asiatiche sono ormai intimamente collegate tra loro, la crisi creditizia dall'America si e' espansa a macchia d'olio, fino a investire l'intera economia globale. A peggiorare le cose, la crisi creditizia globale ha subito un'ulteriore escalation negli ultimi due anni per l'impennata del prezzo del petrolio, che nel luglio 2008 ha raggiunto sui mercati mondiali la cifra di 147 dollari al barile. Questa impennata del greggio ha inferto un duro colpo all'inflazione, ha ridotto significativamente il potere di acquisto dei consumatori, ha rallentato la produzione e aumentato la disoccupazione, creando ancor piu' scompiglio e preoccupazione in un'economia gia' assillata dai debiti. Ormai siamo di fronte a un nuovo fenomeno, detto "Peak Globalization" (picco della globalizzazione), che si e' verificato quando il petrolio ha toccato i 150 dollari al barile. Oltre questo livello, l'inflazione crea come un muro di sbarramento nei confronti di una crescita economica continuata, spingendo l'economia globale inesorabilmente indietro, verso la crescita zero. E' solo con la contrazione dell'economia globale che il prezzo dell'energia ha ripreso a scendere in virtu' della minore energia utilizzata. L'importanza della "Peak Globalization" non e' sopravvalutata. La premessa essenziale della globalizzazione era che l'abbondanza di petrolio a basso prezzo avrebbe consentito alle grandi aziende di spostare i capitali in direzione dei mercati del lavoro a bassa retribuzione salariale, dove i prodotti alimentari e i manufatti possono essere realizzati con minima spesa e con ingenti margini di guadagno, per poi essere spediti in tutto il mondo. Questa premessa di base e' sfumata, con conseguenze preoccupanti per il processo di globalizzazione. Per comprendere come sia stato possibile arrivare a questo punto, occorre ritornare indietro nel tempo, per la precisione al 1979, l'anno in cui - secondo uno studio effettuato dalla Bp, la compagnia petrolifera britannica - il petrolio globale pro-capite tocco' il suo picco massimo. Per l'opinione pubblica e' decisamente piu' familiare l'espressione "picco della produzione globale di petrolio", che si riferisce al periodo temporale nel quale si esaurisce la meta' del petrolio disponibile al mondo. Secondo i geologi il picco della produzione globale di petrolio molto verosimilmente dovrebbe aver luogo in un momento imprecisato compreso tra il 2010 e il 2035. Il picco della produzione petrolifera pro-capite, invece, e' il motivo per il quale il picco della globalizzazione si e' verificato ben prima di quello della produzione petrolifera. Dopo il 1979, la quantita' di petrolio a disposizione di ogni essere umano ha iniziato a diminuire. Anche se da allora si sono scoperti altri giacimenti di greggio, il fatto che la popolazione terrestre aumenti di continuo significa che, se il petrolio fosse distribuito in modo uniforme a tutti gli esseri umani, ogni individuo si ritroverebbe meno petrolio a disposizione. Quando Cina e India negli anni Novanta hanno dato inizio al loro impressionante sviluppo, la loro richiesta di petrolio e' schizzata alle stelle. La domanda ha cominciato a superare l'offerta e il prezzo del petrolio ha iniziato inesorabilmente a salire. La conclusione di questo processo e' che con meno petrolio pro-capite teoricamente disponibile, tutti i tentativi di portare un terzo dell'intero genere umano - a tanto ammonta complessivamente la popolazione di Cina e India - nella Seconda Rivoluzione Industriale su base petrolifera, si scontrano con una limitata disponibilita' di petrolio. In altre parole, le pressioni e le richieste da parte di una popolazione terrestre in continuo aumento di disporre di riserve petrolifere limitate inevitabilmente ne fa lievitare il prezzo, e quando il petrolio tocca i 150 dollari al barile, l'inflazione diventa talmente pesante da fungere da fattore frenante nei confronti di un'ulteriore crescita economica e l'economia globale si contrae. Il prezzo in forte aumento dell'energia e' incluso in ogni prodotto che realizziamo. I nostri alimenti sono ottenuti con fertilizzanti, petrolchimici e pesticidi; le nostre materie plastiche e i materiali da costruzione; la maggior parte dei prodotti farmaceutici e gli stessi abiti che indossiamo sono realizzati anch'essi a partire da combustibili fossili, come pure i nostri mezzi di trasporto e l'elettricita'. Il costo piu' alto dell'energia ha un impatto incisivo su ogni aspetto della produzione, e al tempo stesso rende sempre piu' proibitivo il trasporto a lunga distanza via aerea e via mare con le navi cisterna. Quale che fosse il guadagno marginale precedentemente fruito da chi con la delocalizzazione spostava la produzione verso mercati del lavoro a bassa retribuzione salariale, e' adesso azzerato dai costi energetici sempre piu' alti nell'intera catena di produzione. Questo segna l'effettiva fine della Seconda Rivoluzione Industriale, che ha luogo ancor prima che sia stato raggiunto il picco della produzione globale di petrolio. Al contempo, gli effetti del cambiamento climatico "in tempo reale" stanno aggravando ancor piu' la situazione economica di varie zone del pianeta. L'ammontare dei danni arrecati all'economia statunitense dai soli uragani Katrina, Rita, Ike e Gustav si stima in eccesso nell'ordine dei 240 miliardi di dollari. Alluvioni, siccita', incendi, tornadi e altri cataclismi climatici estremi hanno decimato gli ecosistemi in tutto il mondo, non paralizzando soltanto la produzione agricola, ma anche le infrastrutture, rallentando l'economia globale e obbligando milioni di sfollati ad abbandonare le loro case. Il governo statunitense ha varato un piano di salvataggio pari a quasi un trilione di dollari per salvare l'economia degli Stati Uniti, ma cio' non sara' sufficiente, in se' e per se', ad arginare la recessione e farci invertire direzione per entrare in un nuovo periodo di crescita economica sostenibile, e questo perche' il debito complessivo dell'economia statunitense e' nell'ordine ormai di svariati trilioni di dollari. Nel frattempo, gli stipendi americani hanno continuato a rimanere immutati e la disoccupazione e' in incremento. La supposizione che l'attuale recessione sia a breve termine e puramente ciclica e' nel migliore dei casi ingenua e nel peggiore dei casi ingannevole. Le riserve energetiche globali, come pure quelle di gas naturale e di uranio, vanno economizzate, se dobbiamo soddisfare le aspettative di crescita del mondo sviluppato e di quello in via di sviluppo, mentre carbone, sabbie bituminose e greggio pesante sono troppo sporchi e inquinanti per poter essere utilizzati. Il cambiamento climatico in atto in tempo reale sta procedendo a un ritmo molto piu' sostenuto rispetto alle proiezioni e ai modelli scientifici elaborati e resi noti in precedenza, e gia' destabilizza interi ecosistemi e crea scompiglio nelle attivita' economiche della societa'. Che fare, dunque? Il nostro pianeta necessita di una visione economica adeguata, valida, nuova, che sposti la discussione e l'agenda relativa alla crisi creditizia globale, al picco petrolifero, e al cambiamento climatico dalla paura alla speranza, dai vincoli economici alle opportunita' commerciali. Questa nuova concezione sta manifestandosi proprio in questo periodo, nel momento in cui le industrie si precipitano a introdurre le energie rinnovabili, gli edifici sostenibili, la tecnologia di immagazzinamento dell'idrogeno, reti intelligenti di servizio pubblico, veicoli elettrici ricaricabili, preparando il terreno per una Terza Rivoluzione Industriale post-carbone. La domanda piu' importante che dobbiamo porci, a questo punto, e' la seguente: riusciremo a effettuare la transizione in tempo utile e a evitare di precipitare nell'abisso? 8. RIFLESSIONE. JEREMY RIFKIN: L'ECOLOGIA CI SALVERA' [Dal sito www.fondfranceschi.it riprendiamo il seguente articolo apparso sul settimanale "L'Espresso" del 27 novembre 2008] Le case automobilistiche europee, americane e cinesi stanno facendo appello ai rispettivi governi affinche' vengano in loro soccorso con una consistente infusione di capitali pubblici. E avvertono che se gli aiuti non saranno immediati potrebbero andare incontro allo sfacelo. Se da una parte alcuni sono favorevoli a un intervento di salvataggio, perche' temono che qualora le case automobilistiche fallissero l'economia subirebbe un colpo catastrofico, dall'altra parte c'e' chi sostiene che in un mercato aperto le aziende dovrebbero essere lasciate libere di sopravvivere o di soccombere. Esiste tuttavia una terza strada per affrontare questo problema, che esigerebbe un cambiamento radicale di mentalita' in relazione alla natura e al significato di cio' a cui stiamo assistendo e di cio' che dovremmo fare in proposito. L'introduzione del motore a combustione interna e l'inaugurazione di una infrastruttura di reti autostradali contrassegnarono nel XX secolo l'inizio dell'era petrolifera e della seconda rivoluzione industriale, nello stesso modo in cui nel XIX secolo l'introduzione del motore a vapore, della locomotiva e delle reti ferroviarie avevano contrassegnato l'avvento dell'era del carbone e della prima rivoluzione industriale. La seconda rivoluzione industriale si avvia ormai al tramonto e l'energia e la tecnologia che piu' di altre l'hanno alimentata sono tenute in "vita artificiale". L'incredibile aumento del prezzo del petrolio sui mercati internazionali registrato negli anni piu' recenti indica l'inizio della fine, non soltanto per le automobili che consumano molta benzina, ma anche per lo stesso motore a combustione interna. L'amara realta' e' che la richiesta di petrolio in forte aumento a livello internazionale si scontra con scorte e rifornimenti sempre piu' limitati e sempre piu' in calo. Ne consegue un prezzo sempre piu' alto del combustibile, che provoca una spirale inflazionistica e si ripercuote lungo l'intera catena logistica e dei rifornimenti, e che a sua volta funge da freno naturale per i consumi globali, specialmente nel momento in cui il greggio inizia a sfiorare i cento dollari al barile. E' questa, infatti, la soglia in cui si collide contro il muro di sbarramento del "Picco della Globalizzazione". E' a questo punto che il motore economico globale si ferma, che l'economia si contrae, che i prezzi dell'energia scendono perche' il mondo intero usa meno petrolio. L'industria dell'auto e' un segnale di allarme precoce, che ci fa comprendere come ci stiamo avvicinando al tramonto della seconda rivoluzione industriale. Che cosa possiamo fare concretamente? Dobbiamo saper cogliere questa circostanza alla stregua di un'opportunita' e rilanciare il dibattito globale sull'industria dell'auto nel suo complesso. Cio' implica di spostare il dibattito, passando dagli interventi di soccorso e di salvataggio in extremis dell'industria del motore a combustione interna alimentato a benzina alla ricerca, lo sviluppo, l'utilizzo di veicoli elettrici e ricaricabili a idrogeno con celle a combustibile, alimentati da energie rinnovabili. La trasformazione del nostro attuale regime energetico e della tecnologia automobilistica e' il punto di ingresso nella terza rivoluzione industriale e in un'economia post-carbonifera nella prima meta' del XXI secolo. Affinche' questa transizione possa aver luogo, dobbiamo renderci conto che le rivoluzioni nei mezzi di trasporto sono sempre state parte integrante delle rivoluzioni nelle infrastrutture piu' ampiamente intese. La rivoluzione del motore a vapore alimentato a carbone impose grandi cambiamenti alle infrastrutture, ivi compresa la trasformazione nei trasporti, con un passaggio da quelli via mare e su acqua in genere a quelli su rotaia ferroviaria, e la cessione di terreni pubblici per lo sviluppo di nuove citta', sorte in corrispondenza di importanti snodi e incroci ferroviari. Analogamente, l'introduzione del motore a combustione interna alimentato a benzina richiese la realizzazione di un sistema di strade nazionali, la messa in opera di oleodotti, la creazione di una rete di strade secondarie commerciali e residenziali suburbane lungo il sistema autostradale internazionale. Il passaggio dal motore a combustione interna a veicoli ricaricabili a idrogeno con celle a combustibile comporta un impegno equiparabile nei confronti di un'infrastruttura adatta alla terza rivoluzione industriale. Tanto per cominciare, la rete elettrica nazionale e le linee di trasmissione dell'energia dovranno essere trasformate, e passare da una gestione attuata tramite comandi e controlli centralizzati e servomeccanici a una gestione decentralizzata e digitalizzata. Daimler ha gia' firmato un accordo di partenariato con Rwe, societa' energetica tedesca, e Toyota ha fatto altrettanto con Edf, societa' energetica francese, per installare milioni di postazioni di ricarica lungo le autostrade, nei parcheggi e nei garage, nelle aree commerciali come in quelle residenziali, per consentire alle nuove automobili di fare il pieno ricaricando le batterie collegandosi semplicemente a una presa. Per adattarsi a milioni di nuovi veicoli ricaricabili, le societa' erogatrici di elettricita' stanno iniziando a modificare le loro reti, utilizzando le medesime tecnologie che hanno dato luogo alla rivoluzione di Internet. Le nuove reti elettriche, cosiddette reti intelligenti o intergrid, rivoluzioneranno le modalita' tramite le quali l'elettricita' e' prodotta, distribuita e resa disponibile. Milioni di edifici gia' esistenti - appartamenti residenziali, uffici, fabbriche - dovranno essere modificati o ricostruiti per fungere da "impianti elettrici autentici", in grado cioe' di catturare l'energia rinnovabile disponibile a livello locale - solare, eolica, geotermica, delle biomasse, idroelettrica e prodotta dal moto ondoso di mari e oceani - per generare elettricita' che possa alimentare gli edifici, condividendo al contempo l'energia prodotta in eccesso tramite le reti intelligenti, proprio nello stesso modo in cui noi oggi produciamo informazioni e le condividiamo grazie a Internet. L'elettricita' che produrremo nei nostri edifici, a partire dalle energie rinnovabili, potra' essere utilizzata anche per alimentare le automobili elettriche ricaricabili o per creare idrogeno che alimenti i veicoli con celle a combustibile. A loro volta, tutti gli autoveicoli elettrici ricaricabili e a idrogeno con celle a combustibile fungeranno da impianti elettrici mobili, e potranno rivendere l'energia prodotta in eccesso alla rete elettrica. Il passaggio alle infrastrutture indispensabili per la terza rivoluzione industriale richiedera' un ingente sforzo e finanziamenti pubblici e privati. Dovremo trasformare completamente l'industria automobilistica, dotandola di nuove apparecchiature, riconfigurare le reti elettriche, convertire milioni di edifici commerciali e residenziali in autentici impianti energetici. La sola creazione di una nuova infrastruttura comportera' l'investimento di centinaia di miliardi di dollari. C'e' chi sostiene che non possiamo permettercelo: in tal caso, pero', gli scettici dovrebbero spiegarci come si prefiggono di riportare in crescita un'economia globale oberata dai debiti, che oltretutto dipende in tutto e per tutto da un regime energetico che sta per collassare. Cerchiamo di essere chiari: i trilioni di dollari con i quali ci si ripromette di riportare in vita l'economia globale non sono niente piu' che un semplice "espediente di sopravvivenza". Se invece intendiamo dare nuova vita all'economia globale, risolvendo al contempo la triplice minaccia costituita dalla crisi finanziaria globale, dalla crisi energetica globale e dalla crisi del cambiamento del clima globale cio' che dobbiamo fare e' creare le premesse per una nuova era energetica e un nuovo modello industriale. Le infrastrutture necessarie alla terza rivoluzione industriale creeranno milioni di posti di lavoro "verdi", daranno vita a una nuova rivoluzione tecnologica, aumenteranno considerevolmente la produttivita', introdurranno nuovi "modelli di business open source" e creeranno molteplici opportunita' economiche nuove. Se i governi non interverranno immediatamente e con determinazione per far procedere celermente la realizzazione di una nuova infrastruttura per una terza rivoluzione industriale, l'esborso di fondi pubblici per sostenere un'infrastruttura economica vecchia e un modello industriale obsoleto decurtera' ancor piu' le risorse finanziarie rimaste, lasciandoci privi delle riserve necessarie a effettuare i cambiamenti fondamentali. La terza rivoluzione industriale comporta una nuova era di capitalismo allargato, in virtu' del quale milioni di proprietari di casa e di aziende esistenti e nuove diventeranno produttori di energia. Cosi' facendo, avra' luogo la transizione verso un'era post-carbonifera sostenibile, che di fatto potra' attenuare gli effetti del cambiamento del clima sulla biosfera terrestre. Collocando l'industria dell'automobile al centro del cambiamento delle infrastrutture necessarie a passare dalla seconda alla terza rivoluzione industriale, inizieremo a cambiare mentalita', e il dibattito passera' dall'aiuto alle aziende in gravi difficolta' a come investire al meglio in un nuovo schema economico planetario. Investire miliardi di dollari diverra' un presupposto indispensabile e necessario per creare nuove opportunita' economiche per tutti nel XXI secolo. 9. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE ALL'AEROPORTO DI VITERBO Per informazioni e contatti: Comitato contro l'aeroporto di Viterbo e per la riduzione del trasporto aereo: e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it =================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 145 del 19 dicembre 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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