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Minime. 639
- Subject: Minime. 639
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 14 Nov 2008 01:31:14 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 639 del 14 novembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Scegliere la nonviolenza 2. Stefano Rodota': Un'inaccettabile aggressivita' 3. Luisella Battaglia: Sul testamento biologico 4. Giulio Vittorangeli: Le parole e le cose 5. Barack Obama: Nell'anniversario della nascita di Gandhi 6. Manuela Cartosio: Olio e deforestazione 7. Fazil Husnu Daglarca 8. G. Larry James 9. James Gleeson 10. Jacques Piccard 11. Xie Jin 12. Riedizioni: Emilio Lussu, Un anno sull'Altipiano 13. L'agenda "Giorni nonviolenti 2009" 14. L'Agenda dell'antimafia 2009 15. La "Carta" del Movimento Nonviolento 16. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. SCEGLIERE LA NONVIOLENZA Molte cose sono controverse, ma alcune no. Per esempio: che la guerra consiste nella massiva uccisione di esseri umani, e che essa e' quindi un immenso crimine. Per esempio: che ogni essere umano e' portatore di diritti, e chi pretende negarli si fa nemico dell'umanita'. Per esempio: che questa Terra e' l'unica casa comune che abbiamo, e chi la devasta alla vita di noi tutti attenta. Per esempio: che tra l'uccidere, l'opprimere, il devastare, o invece il rispettare, l'aver cura, il recar soccorso, si deve scegliere cio' che umanita' invera e salva. Molte cose sono controverse, ma alcune no. 2. RIFLESSIONE. STEFANO RODOTA': UN'INACCETTABILE AGGRESSIVITA' [Dal quotidiano "La Repubblica" del 12 novembre 2008 col titolo "L'aggressivita' del nuovo potere temporale"] Di fronte ai segni di un possibile rafforzarsi delle politiche dei diritti la Chiesa interviene con durezza e con un tempismo preoccupante. I giudici della Corte di cassazione sono in camera di consiglio per discutere il ricorso del Procuratore generale di Milano contro il provvedimento che ha autorizzato l'interruzione dei trattamenti per Eluana Englaro. Nello stesso momento il cardinale Barragan, presidente del Pontificio consiglio per la salute, afferma che saremmo di fronte a "una mostruosita' disumana e un assassinio". Lo stesso cardinale ha "espresso preoccupazione" per l'annuncio secondo il quale il nuovo presidente degli Stati Uniti si accinge a revocare il divieto, imposto da Bush, di finanziamenti federali alle ricerche sulle cellule staminali embrionali, sostenendo che "non servono a nulla". Colpisce, in questi interventi, una aggressivita' di linguaggio che nega ogni legittimita' alle posizioni altrui, presentate in modo caricaturale e criticate con toni sprezzanti e truculenti. Questo atteggiamento, nel caso della Corte di cassazione, si traduce in una assoluta mancanza di rispetto per le istituzioni della Repubblica italiana da parte di un "ministro" di uno Stato estero. Si interviene proprio nel momento in cui la piu' alta magistratura sta decidendo su una questione della piu' grande rilevanza umana e sociale, si' che massimi dovrebbero essere il silenzio e il rispetto. Che cosa sarebbe successo se, in una situazione analoga, un qualsiasi governo straniero avesse definito "assassino" un giudice italiano per una sua possibile decisione? Conosciamo la risposta. La Chiesa agisce nell'esercizio della sua potesta' spirituale, dunque ad essa non sono applicabili categorie che riguardano la sfera della politica. Ma, per il modo in cui ormai ordinariamente agisce, la Chiesa si e' costituita proprio in soggetto politico, pratica un nuovo "temporalismo", pretende un potere di governo sociale che cancella il principio che vuole lo Stato e la Chiesa, "ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani" (articolo 7 della Costituzione). Due parti autonome e distinte, dunque. E questo, lo espresse con parole chiare e misurate Giuseppe Dossetti all'Assemblea costituente, vuol dire che "nessuna di esse delega o attribuisce poteri all'altra o puo', per contro, in qualsiasi modo, divenire strumento dell'altra". Nel mentre esercita il suo potere di fare giustizia, lo Stato italiano ha diritto di pretendere che siano rispettate la sua indipendenza e la sua sovranita' perche', in un caso come questo, cosi' vuole la sua Costituzione. Siamo, dunque, di fronte ad una violazione grave che, in governanti forniti di un minimo senso dello Stato, avrebbe dovuto determinare una immediata e ferma risposta. Se, guardando al di la' di questo fondamentale aspetto di politica costituzionale, si considerano le argomentazioni adoperate, lo sconcerto, se possibile, cresce. Nulla del dibattito scientifico sull'idratazione e l'alimentazione forzata e' degnato di una pur minima attenzione dalla posizione vaticana. Si tace colpevolmente dei risultati di una commissione istituita da Umberto Veronesi quand'era ministro; delle pazienti spiegazioni mille volte date da Ignazio Marino, mostrando come non corrisponda alla realta' clinica la rappresentazione di una "terribile morte per fame e per sete"; delle opinioni espresse, in tutto il mondo, da autorevoli studiosi. Vi e' solo una invettiva, nella quale e' vano scorgere le ragioni della fede e dove, invece, compare un sommo disprezzo per l'intelligenza delle persone, evidentemente considerate del tutto ignoranti, incapaci di trovare le informazioni corrette in materie cosi' importanti. Non diversa e' la linea argomentativa (si fa per dire) della critica a Obama, per l'annunciata volonta' di consentire il finanziamento delle ricerche sulle cellule staminali embrionali con fondi federali. Cito solo una frase pronunciata ieri dal cardinale Barragan. "Gli scienziati lo dicono chiaramente: fino adesso le cellule staminali embrionali non servono a nulla e finora non c'e' mai stata una guarigione". Ma la ricerca scientifica serve appunto a far avanzare le conoscenze, a scoprire opportunita' fino a ieri sconosciute, a far diventare utile quel che ieri non lo era, a lavorare perche' siano possibili guarigioni oggi fuori della nostra portata. Proprio per questo gli scienziati fanno esattamente l'opposto di quel che ci comunica il cardinale. Ricercano intensamente, esplorano nuove strade, ricevono finanziamenti dall'Unione europea ed e' bene che li ricevano anche dall'amministrazione americana, perche' la ricerca finanziata da fondi pubblici e' piu' libera, sottratta ai possibili condizionamenti del finanziamento privato (chi vuole informarsi ricorra al recentissimo libro di Armando Massarenti, Staminalia, Guanda, Parma 2008). Scrivo queste righe con gran pena. Conosco e pratico un mondo cattolico diverso, anche nelle sue gerarchie, aperto al mondo e ai suoi drammi, che accompagna con intelligenza e cristiana pieta'. E' questo il mondo che puo' darci il necessario dialogo, negato ieri da una cieca e inaccettabile chiusura. 3. RIFLESSIONE. LUISELLA BATTAGLIA: SUL TESTAMENTO BIOLOGICO [Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) col titolo "Testamento biologico, atto d'amore per la vita" e il sommario "La tecnologia medica puo' rimandare indefinitamente la morte prolungando una condizione vegetativa, ma qual e' il punto in cui la vita ha ancora valore e significato per la persona? Come puo' l'individuo esercitare il diritto alla propria morte?"] I progressi della biomedicina hanno trasformato, nel giro di pochi decenni, le circostanze e le modalita' del morire e insieme hanno contribuito a mutare le visioni della morte. Lo storico francese Philippe Aries, nella Storia della morte in Occidente, ha mostrato come gli atteggiamenti verso le ultime fasi della vita siano progressivamente andati mutando e si sia passati, nei secoli, dall'accettazione della morte, vissuta come un evento naturale, a una negazione della morte, propria della societa' moderna e contemporanea. La tecnologia medica moderna e' ormai in grado di rimandare indefinitamente la morte, prolungando una condizione vegetativa ben oltre il punto in cui la vita ha ancora valore e significato per la persona. E' in questo contesto - che vede una crescente medicalizzazione degli eventi piu' privati dell'esistenza - che il diritto di morire puo' configurarsi come insito nella dignita' umana, come diritto alla propria morte. Se riconosciamo che la mortalita' e' una caratteristica integrale della vita e non una sua estranea degradazione (la vita e' mortale proprio perche' e' vita), dobbiamo, altresi', recuperarne il significato fondamentale per l'esistenza terrena. Da qui la necessita', per ciascuno, di prendere possesso della propria morte, di guardarla in faccia nel momento in cui essa sta per divenire reale. In questo senso, ha scritto Hans Jonas in un celebre testo, Il diritto di morire (Il Melangolo), "non si deve negare a un morente la sua prerogativa di entrare in rapporto con la fine che si avvicina e di farla propria a suo modo, rassegnandosi, riappacificandosi con lei o rifiutandola, in ogni caso, comunque, nella dignita' del sapere". Si potrebbe ancora aggiungere che l'affermazione di un diritto si collega strettamente alla difesa di un valore minacciato. A ben vedere, i diritti non nascono tutti in una volta ma si affermano quando, ad esempio, l'aumento del nostro potere sull'uomo - indotto dai progressi tecnologici - crea minacce inedite e imprevedibili alle liberta' individuali. E' proprio il nostro potere, la nostra capacita' di mettere in questione un valore, a farcene riscoprire il significato. In tal senso, il diritto di morire nasce per difendere un valore minacciato: quello di una vita che non sia mera sopravvivenza biologica ma esistenza biografica degna di essere vissuta. Ma in che senso morire puo' considerarsi un diritto? Si tratta, certo, di un diritto paradossale dal momento che ogni nostra rivendicazione si riferisce a quello che e' considerato il diritto fondamentale, il diritto di vivere. Tanto piu' singolare, quindi, e' parlare di un diritto alla morte dal momento che comunemente si aspira ai diritti per promuovere un bene, mentre la morte e' considerata un male o quantomeno qualcosa cui occorre forzatamente rassegnarsi. Chi rivendica il diritto di morire con dignita' dev'essere costretto a vivere suo malgrado? Fino a che punto debbono valere le richieste e le aspettative del mondo nei confronti del singolo individuo? Quali sono i limiti dell'ingerenza del sociale nella piu' intima sfera di liberta' del soggetto? All'interno di un'etica laica e pluralista, dovrebbe essere garantito sia il diritto di chi ritiene che la vita umana sia sacra e inviolabile, in quanto dono di Dio, e che all'uomo non sia consentito disporne, sia il diritto di chi, considerando la propria vita un bene a sua disposizione, intende esercitare il suo diritto di autodeterminazione, scegliendo la morte. La nostra societa' accetta il suicidio come un fatto privato, una scelta personale, non legalmente perseguibile. Naturalmente possono divergere le nostre opinioni al riguardo. Alcuni di noi riterranno il suicidio un peccato, un atto di disperazione, di orgoglio, di estrema ribellione contro Dio, altri lo riguarderanno come un gesto di liberta', di suprema, tragica autodeterminazione, di affermazione di dignita' contro una vita ritenuta non piu' meritevole di essere vissuta: e' il contrasto tra la visione cristiana e la visione classica di matrice stoica. In entrambi i casi, quali che siano le nostre opinioni, non si potra' in alcun modo ritenere il suicidio un reato. Ci sono ancora, nel mondo, condanne a vita ma la vita stessa puo', in certe situazioni, essere una condanna. Aiutare a morire, per alcuni, e' un gesto di profonda solidarieta' umana, per altri, una complicita' intollerabile. La nascita della bioetica, negli anni Settanta, ha posto al centro del dibattito le cosiddette questioni di entrata e uscita dalla vita, stimolando una progressiva presa di coscienza nei confronti dei problemi connessi al morire. Se la morte e' per l'uomo un evento inevitabile, e' anche un fatto eminentemente personale, da assumere coscientemente e responsabilmente, come momento riassuntivo dell'intera esistenza. Da qui deriva la legittimita', anzi la necessita', della cura al morente, il cui principio etico fondamentale si risolve nel favorire la dimensione propriamente umana del morire. Ma da qui anche l'emergere di questioni che riguardano la liberta' dell'individuo rispetto al potere medico e i valori di autonomia e di dignita' della persona. E' infatti proprio la capacita' della scienza e della tecnologia di ritardare indefinitamente la morte, a far nascere la richiesta di riprendere possesso della propria vita. A questa esigenza intende rispondere il "testamento biologico": un documento con cui una persona, dotata di piena capacita', esprime la sua volonta' circa i trattamenti ai quali desidererebbe o non desidererebbe essere sottoposta nel caso in cui, nel decorso di una malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse piu' in grado di esprimere il suo consenso. Niente a che vedere, dunque, col rifiuto delle cure ne', tantomeno, come spesso si afferma, con l'eutanasia: esso rappresenta, infatti, una delle tante modalita' di governo della vita che trova il suo fondamento nell'autonomia della persona e che non appare, a mio avviso, contrario al principio della sacralita' della vita. Perche' mai, in effetti, un credente non dovrebbe preoccuparsi delle modalita' della sua morte dal momento che, a buon diritto, si preoccupa della sua salute nel corso della vita? Ne' vi e' contrasto tra il testamento biologico, le cure palliative e l'assistenza da prestare alla persona morente. Nella riflessione contemporanea si da' sempre maggiore spazio all'etica della cura, che vuole non soltanto curare ma anche prendersi cura, cioe' farsi carico responsabilmente dei bisogni e delle sofferenze della persona. Essa quindi si rivolge soprattutto ai malati "incurabili" e si presenta come una risposta positiva, intesa a contrastare il sentimento di abbandono e la conseguente richiesta di morte da parte dei malati terminali. In questo quadro, si puo' collocare la crescente diffusione degli hospices, luoghi che mirano a perfezionare il trattamento del dolore e ad accompagnare i pazienti a una "buona morte", in una rinnovata ars moriendi. "O Signore - scriveva il poeta Rainer Maria Rilke - da' ad ognuno la propria morte, quel morire che fiorisce da una vita in cui si e' trovato amore, senso e pena. Giacche' noi siamo soltanto il guscio e la foglia. E' la grande morte che ognuno ha in se', il frutto attorno a cui tutto gira". Ho incontrato nella mia vita malati paralizzati ormai dalla distrofia muscolare progressiva, intenzionati a combattere tenacemente contro la morte, animati da una voglia di vivere inesausta e altri desiderosi di porre fine a un calvario di sofferenze inutili, a un'esistenza avvertita ormai come priva di significato. Se e' bene, come taluni hanno sostenuto, che la politica stia lontana da certe decisioni, che esigono primariamente rispetto e solitudine e', tuttavia, suo compito garantire quelle condizioni che assicurino a quanti sono liberi di intendere e di volere, di decidere, da se', se, come e quando morire. Senza esercitare ne' subire alcuna prevaricazione. 4. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: LE PAROLE E LE COSE [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento] Per decenni ci hanno bombardato con la crisi delle ideologie, poi - rimasti ormai senza piu' nessuna ideologia - si sono fregati le parole. O meglio, hanno appiccicato alcune parole sulle ideologie loro. Cosi' le parole che abbiamo ricevuto in eredita' dal Novecento (guerra, stato, lavoro, ecc.) hanno cambiato totalmente il loro significato, diventando "parole valigia" che contengo in se' tutto e il contrario di tutto. Precariato e lavoro flessifibile sono le nuove forme dell'occupazione; morire sul lavoro e' un accidente non lo sfruttamento terminale; le discriminazioni di genere non esistono; il razzismo e' "la giusta e sacrosanta difesa" verso le invasione dei "nuovi barbari"; la guerra e' la pace; il controllo dei media e' l'informazione; l'omologazione omogeneizzata e' la liberta' individuale... non ne possiamo piu'. Non c'e' spazio per i fatti, ma solo per la loro rappresentazione; il livello di menzogna che e' una delle principali caratteristiche del nostro attuale modo di vita e' cosi' cresciuto che e' vicino il momento in cui sara' difficile o impossibile discernere tra la menzogna e la verita', seguito dal momento in cui la menzogna sara' creduta come verita'. Emblematica, in questo senso, la vicenda dei rom, con i quali questo paese ha sempre convissuto attraverso un sistema di relazioni fondato sulla realta' di scambi che di volta in volta ti mettevano in contatto con commercianti di cavalli, fabbri, indovini, mendicanti, giostrai, artigiani e maniscalchi. Ora, tutte queste figure sono precipitate nello stereotipo del diverso e del delinquente, identificato non piu' nella materialita' e nella concretezza dei rapporti diretti ma nei segni del corpo, nei simboli che si addensano sui suoi vestiti, sui suoi monili, sui suoi modi di vivere. E lo sradicamento sociale diventa fatto criminale. Per cui su un dato reale - il fastidio, l'insofferenza e la paura suscitate dal confronto quotidiano con la microcriminalita' - si e' innestato un armamentario propagandistico (appunto le "parole valigia") che enfatizza gli stereotipi, rifiuta ogni argomentazione che non sia un randello da calare sulla testa delle opinioni diverse. Lo stesso meccanismo fa si' che i miliardi spesi per la guerra - che ci dissangueranno per i prossimi decenni - per i nostri bellissimi carri armati, per le nostre belle navi con tanto di missili, aerei e siluri, per l'addestramento efficiente per i 10.000 soldati impegnati per le missioni all'estero, sono spesi ufficialmente per la pace. Per non parlare del lavoro, dove le famose trasformazioni del capitalismo hanno posto fine allo sfruttamento, secondo quando sostengono gli autorevoli rappresentanti della teologia universale capitalista. Quelli che, secondo una felice definizione di Riccardo Petrella, hanno fatto del capitale (il Padre), dell'impresa privata (il Figlio) e del mercato (lo Spirito Santo), i soggetti fondatori del potere nell'economia delle societa' contemporanee. Per cui il solo valore che conta e' la creazione di ricchezza, cioe' piu' capitale, per i detentori di capitale. Salvo poi, davanti alla devastante crisi attuale che ha attaccato uno dei suoi organi vitali, la finanza, chiedere l'intervento del tanto disprezzato Stato. Non facciamoci pero' illusioni, perche' questa crisi finanziaria che autonomamente si moltiplica e ricade sull'economia reale, non produce il fallimento del capitalismo, ma piuttosto riduce ulteriormente la democrazia e la liberta'. E' la storia nota del neoliberismo, meglio: della globalizzazione capitalista, che ha visto nell'industria culturale e in molti economisti dei sostenitori accaniti. Ha scritto Mario Tronti: "Che fare con lo sfruttamento del lavoro? Ce lo teniamo, nascondendolo come la polvere sotto il tappeto delle buone maniere, o ricominciamo a denunciarlo, dimostrando che e' questo che riunifica oggettivamente, materialmente, la forma attuale del lavoro in frantumi? O non e' vero che la figura sociale di sfruttato accomuna adesso l'operaio della grande fabbrica, il lavoratore della piccola azienda di servizi, il giovane precario del call center, la ragazza laureata che fa la baby sitter, la maestra o la professoressa pendolare in attesa di stabilizzazione, l'occupato a rischio vita nelle mille ditte appaltatrici, l'immigrato aiutomanovale del muratore, il tecnico ricercatore a tempo e il docente contrattista scandalosamente sottopagato, o addirittura non pagato, fino all'autonomo con partita Iva, che ha, rispetto agli altri, il privilegio di sfruttare se stesso? E si potrebbe continuare a lungo". Questa e' la realta'. Da qui l'urgenza di tornare ai fatti, di ristabilire il primato della realta' sulla finzione, smettendola di fare i mascalzoni con le parole. Perche' le parole sono pietre e il linguaggio non e' neutrale. 5. DOCUMENTAZIONE. BARACK OBAMA: NELL'ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI GANDHI [Dalla newsletter di "Interdependence" (per contatti: redazione at interdependence.it) riprendiamo il seguente intervento del 2 ottobre 2008 - nella Giornata internazionale della nonviolenza - dal senatore che un mese dopo sara' eletto presidente degli Stati Uniti d'America. Lo proponiamo come documentazione, con un'ovvia avvertenza: e' un messaggio diffuso in campagna elettorale, che ha quindi un destinatario e una finalita' specifici; chi legge ne terra' conto] Cari amici, e' per me un piacere unirmi oggi a commemorare l'anniversario della nascita del Mahatma Gandhi, celebrato in tutta l'America e nel mondo col servizio al prossimo e altre buone opere. L'impegno di Gandhi di creare un cambiamento positivo inducendo le persone ad unire pacificamente le loro richieste ha un forte valore oggi quanto lo ebbe durante la sua vita. Attraverso il potere del suo esempio e del suo incrollabile spirito, ha ispirato un popolo a resistere all'oppressione, suscitando una rivoluzione che ha liberato una nazione dal dominio coloniale. Nel formulare la sua strategia per ottenere la liberta', Gandhi si trovo' a scegliere, e scelse il coraggio anziche' la paura. L'America si trova di fronte a molte scelte, non appena operiamo nella direzione delle sfide del nostro tempo. Dobbiamo agire da una posizione di forza e nella convinzione di poterci riappropriare del cammino elevato e della posizione di preminenza morale che ha caratterizzato gli Stati Uniti nella loro condizione migliore. Il significato di Gandhi e' universale. Innumerevoli persone in tutto il mondo sono state toccate dal suo spirito e dal suo esempio. La sua vittoria ha ispirato una generazione di giovani americani a rifiutare pacificamente un sistema di evidente oppressione durato per un secolo, e piu' recentemente ha guidato le rivoluzioni "di velluto" nell'Europa dell'Est e posto fine all'apartheid in Sudafrica. Nelson Mandela, il Dalai Lama e Martin Luther King hanno parlato del loro grande debito verso Gandhi. Il suo ritratto e' appeso nel mio ufficio, a ricordarmi che un reale cambiamento non verra' da Washington: esso verra' quando il popolo, unito, lo portera' a Washington. Queste elezioni sono decisive. Questo e' per noi il tempo del cambiamento. Troppo a lungo abbiamo guardato gli americani comuni lavorare sempre piu' duramente per sempre meno. Abbiamo guardato la nostra reputazione nel mondo venire erosa mentre continuavamo a perdere vite americane in una guerra che non avrebbe mai dovuto essere autorizzata e mai intrapresa. C'e' bisogno che vi alziate in piedi e lavoriate per il cambiamento. Dedichiamoci tutti interamente, ogni giorno da adesso fino al 4 novembre e oltre, a vivere la chiamata di Gandhi a essere il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo. 6. MONDO. MANUELA CARTOSIO: OLIO E DEFORESTAZIONE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 12 novembre 2008 col titolo "Olio di palma imbroglione"] E' partita dall'Indonesia alla volta dell'Olanda una nave cisterna carica di olio di palma, il primo a vantare il certificato di sostenibilita' ambientale e sociale rilasciato dalla Rspo (la Tavola rotonda dell'olio di palma sostenibile). Ma non c'e' nulla da festeggiare, avverte Greenpeace. Anzi, c'e' da protestare. Un attivista dell'associazione l'ha fatto incatenandosi all'ancora della Gran Couva, resistendo per ore al getto degli idranti e ritardando la partenza della nave. Secondo Greenpeace, il certificato di sostenibilita' concesso alla United Plantations, che possiede migliaia di ettari in Malesia e Indonesia e fornisce olio di palma a Nestle' e Unilever, e' solo una cortina fumogena che copre i soliti misfatti: appropriazione indebita di aree forestali, degradazione di foreste pluviali e torbiere, conflitti con le popolazioni locali. Greenpeace per un verso accusa gli ispettori della Rspo d'aver chiuso gli occhi di fronte alle innumerevoli irregolarita' commesse dalla United Plantations, per un altro lamenta che i criteri di certificazione adottati sono troppo blandi e permissivi. Ad esempio, la United Plantations, ottenuta la certificazione di sostenibilita' per le sue piantagioni in Malesia, puo' continuare a distruggere la foresta in Indonesia. Il sospetto che la certificazione sia solo un'operazione di maquillage cresce quando si apprende che i cavalieri di questa "tavola rotonda" - creata nel 2002 - sono oltre duecento aziende (in gran parte multinazionali) che usano l'olio di palma per fare saponi, detersivi, cosmetici, cioccolati (compresa la Nutella), biscotti, gelati, margarina, patatine, dadi, cibi congelati... Attorno alla "tavola rotonda", presieduta dalla Unilever, siedono Nestle', Procter&Gamble, Kraft e la nostrana Ferrero. L'olio di palma copre il 21% del mercato mondiale dell'olio commestibile, e' il piu' usato dopo quello di soia. Negli ultimi vent'anni la produzione di olio di palma e' triplicata. Per far posto ai palmeti nel sud-est asiatico (Malesia, Indonesia, Borneo) sono stati tagliati e bruciati milioni di ettari di foresta, liberando in atmosfera un enorme quantita' di anidride carbonica, il principale gas serra. Si sono intaccate anche le torbiere, un magazzino naturale sotterraneo di Co2. Ecco perche' l'Indonesia e' il terzo produttore mondiale, dopo Usa e Cina, di anidride carbonica. Oltre agli effetti sul clima, il prezzo pagato al boom dell'olio di palma e' il drastico impoverimento della biodervisita': specie animali a rischio d'estinzione, abbandono imposto alle comunita' indigene delle colture tradizionali. Contro la deforestazione causata dall'industria dell'olio di palma Greenpeace ha condotto diverse campagne internazionali e raccolto migliaia di firme. Ha lanciato la parola d'ordine "deforestazione zero": basta tagliare foreste e distruggere le torbiere per far posto ai palmeti. Persino l'Unilever, a parole, ha aderito alla moratoria. Un impegno di facciata, vista la leggerezza con cui e' stato rilasciato il primo certificato di sostenibilita' all'olio di palma della United Plantations. La prossima settimana l'industria dell'olio di palma terra' a Bali il sesto incontro annuale della "tavola rotonda". E' indispensabile che in quella sede vengano fissati criteri piu' rigidi per certificare la sostenibilita' dell'olio di palma, dice Chiara Campione, responsabile della campagna foreste di Greenpeace Italia. Altrimenti, le aziende continueranno a imbrogliare il mercato e i consumatori. 7. MEMORIA. FAZIL HUSNU DAGLARCA [Dal quotidiano "Ilmanifesto" del 18 ottobre 2008 col titolo "Scomparso il poeta della Turchia moderna" e il sottotitolo "La ricerca della liberta' nei versi di Fazil Husnu Daglarca"] Lo scrittore Fazil Husnu Daglarca, ritenuto uno dei piu' grandi poeti turchi del XX secolo, e' morto mercoledi' a Istanbul. Nato nel 1914, e' noto per i componimenti ispirati alla guerra turca d'indipendenza. Tra le sue prime raccolte di versi figurano Il fanciullo e Dio (1940), L'eta' della pietra (1945), L'epopea dei tre caduti (1946). Piu' volte candidato al Premio Nobel per la letteratura, la sua produzione si e' caratterizzata anche per avere messo al centro delle sue poesie il rapporto uomo e natura. Nella seconda meta' degli anni Sessanta, la carriera letteraria di Daglarca ha una svolta politica, scrivendo poesie contro l'intervento americano in Vietnam e in solidarieta' cone le lotte dei popoli per la loro autodeterminazione. Di questo periodo sono le raccolte: La nostra lotta per il Vietnam (1966), Il cieco del Vietnam (1970), Hiroshima (1970) e La bomba al neutrone (1981). 8. MEMORIA. G. LARRY JAMES [Dal quotidiano "Il manifesto" dell'8 novembre 2008 col titolo "Atletica. Addio al basco nero di G. Larry James"] G. Larry James, medaglia d'argento nei 400 metri e oro nella staffetta 4x400 alle Olimpiadi di Citta' del Messico 1968, e' morto giovedi' nel giorno del suo sessantunesimo compleanno dopo una lunga malattia. Quaranta anni fa fu protagonista di una gara leggendaria insieme al connazionale Lee Evans (oro), i primi atleti a scendere sotto la barriera dei 44 secondi. Terzo giunse il compagno Ron Freeman: i tre salirono sul podio col basco nero del Black Power in segno di solidarieta' con Tommie Smith e John Carlos, squalificati dopo aver mostrato il pugno chiuso dell'orgoglio afro-americano nella premiazione dei 200 metri. Il motto di James, ex marine e allenatore di atletica al Richard Stockton College, era: "Una volta olimpionico, olimpionico per sempre". 9. MEMORIA. JAMES GLEESON [Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 ottobre 2008 col titolo "Addio a James Gleeson, surrealista degli antipodi"] E' morto l'altro giorno a Sydney James Gleeson, considerato il padre del surrealismo australiano. Aveva novantadue anni e per oltre settanta aveva esposto le sue opere in tutto il mondo dando lustro alla scena pittorica del continente. Noto anche come curatore d'arte, critico, poeta e scrittore, Gleeson e' stato fortemente influenzato dai lavori dei grandi esponenti del surrealismo, da Salvador Dali' a Max Ernst. Negli ultimi anni, pero', l'artista aveva abbandonato lo stile che lo aveva reso famoso e, pur non rinnegando le radici surrealiste, aveva preferito dipingere soggetti ispirati alla mitologia classica. Nel 2004-2005 una sua grande retrospettiva, "Beyond the Screen of Sight", che comprendeva oltre cento opere, e' stata allestita nei musei di Melbourne e Canberra. 10. MEMORIA. JACQUES PICCARD [Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 novembre 2008 col titolo "Esploratori. Addio a Jacques Piccard, l'uomo degli abissi"] E' morto Jacques Piccard, uno degli ultimi grandi esploratori degli abissi del XX secolo. Piccard si e' spento ieri all'eta' di 86 anni, in Svizzera, sul lago di Ginevra. A renderlo noto e' stato un comunicato firmato da Phil Mundwiller, portavoce del Solar Impulse, il progetto di aereo solare di cui e' presidente suo figlio Bertrand. Nato il 28 luglio del 1922 a Bruxelles, Jacques Piccard ha proseguito l'opera del padre, il fisico Auguste, inventore del pallone stratosferico e del batiscafo. E cosi' a bordo del batiscafo Trieste e' diventato l'uomo "piu' profondo" del mondo riuscendo a raggiungere la base della Fossa delle Marianne, a 10.916 metri di profondita' nel gennaio del 1960, in compagnia dell'americano Don Walsh. Studi in scienze economiche, diploma all'Istituto degli alti studi internazionali di Ginevra, dall'inizio degli anni '50 Piccard ha orientato la sua carriera sulla ricerca sottomarina. Suoi ben quattro mesoscafi, sommergibili per le medie profondita'. Uno di essi, l'"Auguste Piccard", primo sommergibile turistico al mondo, aveva permesso a 33.000 persone di visitare i fondali del Lemano, durante l'Esposizione nazionale del 1964. Nel 1969, diresse una spedizione a bordo del mesoscafo "Ben Franklin": con sei persone a bordo, il sottomarino percorse 3.000 chilometri fra la Florida e la Nuova Scozia, in trenta giorni. Jacques Piccard ha trasmesso la sua passione per le invenzioni e per l'esplorazione anche al figlio, Bertrand, il quale ha gia' annunciato che nel 2011 fara' il giro del mondo a bordo del suo aereo solare. 11. MEMORIA. XIE JIN [Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 ottobre 2008 col titolo "Cina. E' morto Xie Jin, cineasta moderno e rivoluzionario", siglato "r. s."] Non e' facile trovare oggi in Cina il film Distaccamento rosso femminile di Xie Jin, il capolavoro del cineasta cinese (attore, produttore, sceneggiatore, regista anche teatrale) nato a Shangyu, direttore per molti anni degli studi di Shanghai e morto il 18 ottobre scorso a 85 anni, dopo aver diretto una ventina di lungometraggi, da La giocatrice di basket numero 5 (1957) a La guerra dell'oppio (1997) a La giocatrice di calcio numero 9 (2001) e vinto numerosi premi internazionali. Nel paese dove un dvd costa 50 centesimi di euro, e si puo' trovare a niente e ovunque l'intero patrimonio mondiale, da tutto Renoir a tutto Tinto Brass, i film appena tollerati durante la Grande rivoluzione culturale proletaria sono invece semiproibiti. Cosi' L'Oriente e' rosso, o La linea sotterranea... Non erano propriamente dei film maoisti, ma musical o drammi politici sui grandi sommovimenti sociali delle masse, ma che non aizzavano proprio alla ribellione contro i burocrati del Pcc venduti alla "linea nera" (visto che furono realizzati proprio con Liu shao chi, il grande revisionista, al potere). Ma il solo fatto che non furono perseguitati dalle guardie rosse durante quei mesi incandescenti li ha resi materiale scottante nel paese dove le 80.000 ribellioni all'anno non sono piu' considerate il sale dello sviluppo economico, ma un fastidioso impiccio da reprimere. Marco Muller, direttore del settore cinema della Biennale di Venezia, e sinologo, scrisse i suoi primi articoli sul "Manifesto" proprio su Xie Jin, e ha dichiarato ieri alle agenzie: "Senza Xie Jin, il cinema cinese non sarebbe potuto diventare moderno. Instancabile divoratore di pellicole, cinesi e straniere, ha saputo mescolare con intelligenza e sentimento l'intrattenimento e la denuncia, sostenuti da un affetto costante per tutti i personaggi dei suoi film. E' stato in grado di fare cinema d'autore senza interruzioni, senza fermarsi nemmeno durante gli anni della Rivoluzione culturale". Innamorato del cinema sociale hollywoodiano degli anni '30 e '40, ma affascinato anche dalla "naturalezza" del cinema italiano neorealista e non solo, Xie Jin, padre spirituale della quinta generazione, ha diretto anche altri affreschi storici sulla lotta contro le ingiustizie sociali, Chunmiao, Gioventu' e Due sorelle in palcoscenico (1965), riproposto nel 2005 a Venezia nella retrospettiva "Storia segreta del cinema cinese", con l'epilogo finale integrale ricostruito dal regista. L'audacia politica di alcuni film gli valsero tentate censure che Xie Jin riusci' a respingere con abilita', impedendo massacri esagerati. 12. RIEDIZIONI. EMILIO LUSSU: UN ANNO SULL'ALTIPIANO Emilio Lussu, Un anno sull'Altipiano, Edizioni italiane di cultura, Parigi 1938, Einaudi, Torino 1945, 2005, "Nuova iniziativa editoriale", Roma 2008, pp. VI + 212, euro 6,90 (in supplemento al quotidiano "L'Unita'). La verita' sulla guerra come immane strage; un libro che occorre aver letto. Con una introduzione di Mario Rigoni Stern. 13. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI 2009" Dal 1994, ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine, insieme allo spazio quotidiano per descrivere giorni sereni, per fissare appuntamenti ricchi di umanita', per raccontare momenti in cui la forza interiore ha avuto la meglio sulla forza dei muscoli o delle armi, offre spunti giornalieri di riflessione tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di antologia della nonviolenza che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata. E' disponibile l'agenda "Giorni nonviolenti 2009". - 1 copia: euro 10 - 3 copie: euro 9,30 cad. - 5 copie: euro 8,60 cad. - 10 copie: euro 8,10 cad. - 25 copie: euro 7,50 cad. - 50 copie: euro 7 cad. - 100 copie: euro 5,75 cad. Richiedere a: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. e fax: 0864460006, cell.: 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it 14. STRUMENTI. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2009 E' in libreria l'Agenda dell'antimafia 2009, quest'anno dedicata alle donne nella lotta contro le mafie e per la democrazia. E' curata dal Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo ed edita dall'editore Di Girolamo di Trapani. Si puo' acquistare in libreria o richiedere al Centro Impastato o all'editore. * Per richieste: - Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it - Di Girolamo Editore, corso V. Emanuele 32/34, 91100 Trapani, tel. e fax: 923540339, e-mail: info at ilpozzodigiacobbe.com, sito: www.digirolamoeditore.com e anche www.ilpozzodigiacobbe.com 15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 16. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 639 del 14 novembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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