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Minime. 629
- Subject: Minime. 629
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 4 Nov 2008 01:16:35 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 629 del 4 novembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Oggi 2. Mai piu' guerre (2003) 3. Mao Valpiana: 4 novembre 1918-2008. La Grande guerra fu una grande carneficina 4. Mir - Movimento Nonviolento del Piemonte e della Val d'Aosta: Quattro novembre a Torino. Non festa ma lutto 5. Comitato "Danilo Dolci" di Trieste: Quattro novembre a Trieste. Con le vittime, contro le guerre 6. Anche il Centro studi "Demetra" denuncia l'illegittimita' del mega-aeroporto a Viterbo 7. Una lettera aperta alla Sottosegretaria al Turismo 8. Giulio Vittorangeli: Dopo la caduta del muro 9. Giovanna Providenti intervista Nawal El Saadawi 10. Elena Loewenthal presenta "Conta e racconta" di Amos Luzzatto 11. Letture: Remo De Ciocchis (a cura di), Atti della presentazione del libro "Il volto della nonviolenza" 12. Riedizioni: Furio Colombo, America e liberta' 13. Riedizioni: Furio Colombo, Il Dio d'America 14. Riedizioni: Plotino, Enneadi 15. Riedizioni: Karl R. Popper, Logica della scoperta scientifica. Scienza e filosofia 16. La "Carta" del Movimento Nonviolento 17. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. OGGI Dicono che difendono la pace nel mondo: e per questo fanno la guerra. Dicono che si oppongono al terrorismo: e per questo commettono stragi. Dicono di ricordarsi delle vittime della guerra: e per questo altre ne uccidono. Cianciano di civilta', e compiono barbarie. Mentre nobili pronunciano parole, i piu' efferati crimini introducono nel mondo. Dicono vita e fanno morti. * Chi non si oppone alla guerra in Afghanistan, ci faccia la cortesia di starsene zitto. Chi si e' prostituito alla guerra in Afghanistan, ci usi la gentilezza di starsene zitto. I partiti che quando sono stati al governo hanno votato per la guerra, tacciano oggi. I giornali che quando i loro referenti sono stati al governo hanno propagandato la guerra, tacciano oggi. E quei sedicenti pacifisti e pretesi nonviolenti che quando i loro amici sono stati al governo hanno appoggiato la guerra, tacciano oggi. Ci facciano questa sola gentilezza: stiano zitti. Provino nel slenzio ad ascoltare la muta voce degli assassinati. * Strappare occorre il 4 novembre dalle mani delle gerarchie assassine e farne giorno di memoria delle vittime e di impegno contro la guerra. Sia il giorno del ricordo dell'"inutile strage" occasione di presa di coscienza, di impegno civile, di scelta di pace, di verita' che agli omicidi si oppone. Non giorno di festa ma di lutto, divenga il 4 novembre convocazione alla scelta della nonviolenza. 2. INIZIATIVE. MAI PIU' GUERRE (2003) [Riproponiamo il seguente articolo apparso ne "La nonviolenza e' in cammino" n. 721 del 4 novembre 2003] Giorno verra' che quel patto giurato dai vivi emersi dall'orrore della guerra e posto come legge a fondamento dell'Italia risorta con la liberazione dei popoli avra' adempimento, sara' non piu' solo speranza, parola che chiama a un adempimento, ma effettuale verita', stoffa dei giorni, sale della convivenza civile: "L'Italia ripudia la guerra". Quanto tarda a venire quel giorno: e tu di buona lena ad avvicinarlo coopera. Il 4 novembre cessera' di essere stolto festeggiamento degli apparati di morte e indecente esaltazione di un'identita' fondata sull'uccisione dell'altro. Diventera' memoria addolorata e sincera di tutte le vittime di tutte le guerre, diventera' cerimonia solenne di impegno affinche' mai piu' guerre si diano. Che e' il voto del coro dei morti, che e' il voto dell'umanita' intera. Oggi le persone amiche della nonviolenza a Viterbo per il secondo anno consecutivo con una cerimonia pubblica silenziosa, austera, rigorosa, rendono omaggio a tutti gli uccisi, e ricordano quella verita' che Heinrich Boell espresse lapidariamente: "ogni vittima ha il volto di Abele". E senza parole, con il nudo gesto della pieta' verso i defunti, testimoniano altresi' quanto crudele, e crassa e lugubre a un tempo, e ripugnante alla coscienza e alla ragione, sia la festa che poche ore dopo nella stessa piazza terranno i poteri militari per celebrare tronfi se stessi la memoria ingiuriando di coloro che trucidarono. Mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' eserciti, mai piu' armi. 3. EDITORIALE. MAO VALPIANA: 4 NOVEMBRE 1918-2008. LA GRANDE GUERRA FU UNA GRANDE CARBEFICINA [Ringraziamo Mao Valpiana, direttore di "Azione nonviolenta" (per contatti: e-mail: mao at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org), per questo intervento] La "festa" militarista del 4 novembre e' stata voluta ed istituita dal fascismo. E ora che gli eredi culturali del ventennio sono arrivati al potere, quella festa vogliono rilanciare. Non solo caserme aperte, esposizione pubblica di carri armati, parate in divisa, ma anche militari nelle scuole a raccontare ai giovani l'epopea della "grande guerra". Alla festa per la vittoria si e' aggiunta quella per l'unita' nazionale ed anche la Giornata delle Forze Armate. Ogni anno, in ogni citta', le autorita' civili, militari, religiose, si ritrovano tutte unite per legittimare eserciti e guerre. Stiamo assistendo ad un arretramento culturale. Le parole perdono il loro significato. Non si dice piu' "carneficina di uomini", ma "intervento militare per portare la pace". La guerra ormai e' entrata nelle coscienze di molti, per annullarle. Ed ora si vuole persino riscrivere la storia! Alle iniziative militariste del ministro La Russa dobbiamo rispondere con una campagna culturale che ristabilisca la verita' storica, che valorizzi il dettato costituzionale: "L'Italia ripudia la guerra". Il Movimento Nonviolento, Beati i costruttori di pace e Peacelink hanno proposto di trasformare il 4 novembre in una giornata di studio e di memoria, in una giornata di ripudio della guerra, invitando ogni persona di buona volonta' e di buon senso (soprattutto gli insegnanti) a dire pubblicamente la verita' storica, invitando i cittadini ad esporre dai loro balconi le bandiere della pace e della nonviolenza... Bisogna diffondere la voce di chi si e' opposto alla guerra perche' voleva la pace. Oramai in tutte le scuole i libri di storia hanno rivisto il tradizionale giudizio positivo sulla prima guerra mondiale e oggi prevale una netta disapprovazione di una guerra che fu una carneficina e che poteva essere evitata portando all'Italia Trento e Trieste mediante una neutralita' concordata con l'Austria. Ci chiediamo per quale oscura ragione il livello di consapevolezza raggiunto dalla cultura venga demolito dalla retorica governativa. Non comprendiamo come possa essere che una guerra venga celebrata in piazza, e quella stessa guerra sia disapprovata nei libri di scuola. Ecco perche' ci dobbiamo dissociare dalle cerimonie ufficiali. Il popolo della pace - in nome della nonviolenza - deve dire ancora una volta no alla guerra. In nome della pace e della Costituzione. In nome di tutti quegli italiani pacifici che furono condotti a combattere e a morire perche' costretti. In nome di tutti i disertori che non vollero partecipare a quella che il papa Benedetto XV defini' "un'inutile strage". La realta' storica ci dice che i veri costi umani di quella guerra furono per l'Italia: 680.071 morti; 1.050.000 feriti di cui 675.000 mutilati. Per l'Austria-Ungheria: 1.200.000 morti; 3.620.000 feriti. I morti di tutti i paesi coinvolti furono quasi 10 milioni. Queste le conseguenze di una folle decisione del re e del governo contro la volonta' del Parlamento (450 su 508 deputati erano contrari); furono uccisi, feriti, mutilati 2.405.000 italiani, contadini e poveri, e 4.820.000 austriaci e ungheresi, per conquistare all'Italia terre che si potevano ottenere per via diplomatica, come voleva Giolitti. Bisogna ricordare che chi non combatteva veniva fucilato dai carabinieri italiani. Il sentimento di pace degli italiani venne violentato da un militarismo spietato, che avrebbe poi aperto le porte al fascismo. Noi ricordiamo con rispetto e con pena profonda le vittime civili e militari di tutte le guerre. Piangiamo tutti i morti della prima e della seconda guerra mondiale, ed oggi delle guerre in Afghanistan, in Iraq, in Israele, in Palestina, in Cecenia, in Congo, in Tibet, siano essi civili o militari, uomini o donne, italiani o di qualsiasi altra nazionalita'. Rende vero onore alle vittime soltanto chi lavora tenacemente per rendere illegittima ogni guerra ed escluderla dai mezzi della politica, per sciogliere gli eserciti ed istituire i corpi civili di pace per una polizia internazionale sotto egida dell'Onu. Non gli eserciti hanno diritto a render omaggio alle vittime (di ieri e di oggi), ma chi alle guerre si oppone; solo chi e' costruttore di pace e si batte affinche' mai piu' ci siano guerre domani, puo' ricordare le vittime delle guerre di ieri senza offenderle ancora. Noi pensiamo che perseverando in questa azione rigorosamente nonviolenta, anno dopo anno riusciremo a rendere sempre piu' partecipate le nostre iniziative di memoria, e rendere sempre piu' evidente l'ipocrisia e l'immoralita' dei militari scandalosamente in festa innanzi alle tombe delle vittime. Noi pensiamo che il 4 novembre possa e debba diventare una giornata di memoria contro tutte le guerre e di impegno per la pace. 4. INIZIATIVE. MIR - MOVIMENTO NONVIOLENTO DEL PIEMONTE E DELLA VAL D'AOSTA: QUATTRO NOVEMBRE A TORINO. NON FESTA MA LUTTO [Attraverso Piercarlo Racca (per contatti: piercarlo.racca at fastwebnet.it) riceviamo e dffondiamo] Il 4 novembre a Torino durante l'ora di silenzio (16,30 - 17,30) in Piazza Castello verra' distribuito il seguente volantino. * 4 novembre, non festa ma lutto. 4 novembre 1918: fine di una guerra di aggressione italiana con milioni di vittime: 1.880.000 uccisi (36% italiani, compresi i tanti disertori, uccisi dai carabinieri; 64% austro-ungarici); 4.670.000 feriti (23% italiani, 77% austro-ungarici) di cui 3.000.000 mutilati. L'annessione di Trento e Trieste, "virilmente" conquistate, potevano essere ottenute senza guerra dall'Austria, in cambio della neutralita'. Che cosa possiamo pensare di una tale oscena "inutile strage", condotta con ostinazione forsennata da macellai incompetenti per motivi futili? Fu una violenza preparatoria ad altre incalcolabili sofferenze, al fascismo e concausa della follia omicida del 1940-'45. Lezione durissima che ci nauseo' fino al ripudio della guerra nella nuova Costituzione repubblicana (art. 11). Non fu una "success story", motivo di orgoglio, trionfo di patriottismo e difesa nazionale, ma militarismo e nazionalismo come risorse, come false soluzioni, che consideravano cooperazione e diplomazia debolezze utopiche. No alla criminale farneticazione degli ignoranti di allora e di oggi! L'evidenza rimossa mostra invece: una vergogna, un fatale colpo di mano dell'esecutivo sul parlamento contrario, una automutilazione nazionale, militarismo e nazionalismo problemi cancerosi. Vogliamo, a 90 anni dal 1918, rispetto per una tragica, istruttiva verita'. Non si ripeta una pericolosa mistificazione. Lutto, non festa del sadomasochismo. 5. INIZIATIVE. COMITATO "DANILO DOLCI" DI TRIESTE: QUATTRO NOVEMBRE A TRIESTE. CON LE VITTIME, CONTRO LE GUERRE [Dal Comitato pace convivenza e solidarieta' "Danilo Dolci" di Trieste (per contatti: compax at inwind.it) riceviamo e diffondiamo] E' nostra intenzione riproporre a Trieste un 4 novembre di pace, in memoria delle vittime della prima guerra mondiale e di tutte le guerre. D'accordo con Movimento nonviolento, Beati i costruttori di pace, Peacelink, Centro per la pace di Viterbo e tante altre realta'. Realizzeremo una cerimonia simbolica con deposizione di un omaggio al monumento ai caduti, a S. Giusto luogo di partenza della tradizionale Marcia di pace il primo gennaio. Il ritrovo e' fissato martedi' 4 novembre alle ore 17, in orario e luogo distanti dai chiassosi festeggiamenti di questi giorni. La realta' storica dice: il costo umano della guerra fu per l'Italia di 680.000 morti, un milione e cinquantamila feriti, di cui 675.000 mutilati. Le vittime di tutti i paesi coinvolti furono 10 milioni. Questa la conseguenza di una folle decisione del re e del governo, presa contro la volonta' del Parlamento (450 su 508 deputati contrari) col pretesto di liberarci. 2.405.000 italiani, poveri, contadini e operai, furono uccisi, feriti o mutilati, per conquistare all'Italia le terre irredente, piu' facilmente ottenibili per via diplomatica, come sostenuto da Giolitti. Ricordiamo pertanto, con rispetto e pena, le vittime civili e militari di tutte le guerre. I morti della prima e della seconda guerra mondiale, delle guerre in Afghanistan, Iraq, Israele, Palestina, Cecenia, Congo e Tibet; siano essi civili o militari, uomini o donne, italiani o di altre nazioni. Crediamo di rendere piu' onore alle vittime lavorando per mettere fuori la guerra dalla storia, escluderla dalla politica; per sciogliere gli eserciti; istituire corpi civili di pace; costituire la polizia delle Nazioni Unite. Se ci battiamo per la morte della guerra, possiamo ricordare le vittime del passato, senza piu' offenderle. Cosi' ci dissociamo dalle cerimonie ufficiali. Il popolo della nonviolenza deve dire no alla guerra, in nome della pace, della Costituzione e dei diritti umani. In nome degli italiani che furono costretti a morire. Anche dei disertori, che non vollero partecipare all'"inutile strage", definizione della grande guerra di papa Benedetto XV. Chi non combatteva, veniva spesso fucilato dai carabinieri; il sentimento di pace degli italiani fu violentato da un militarismo spietato, che avrebbe presto aperto le porte al fascismo. Trieste, non a caso, e' stata scelta per celebrare il novantennale dalla "vittoria". Siamo porto militare nucleare, assieme a Capodistria. Ci troviamo, in Friuli Venezia Giulia, in compagnia della base aerea nucleare di Aviano, della nuova base missilistica di Rivolto (collegata allo "scudo spaziale" di Bush) e di diversi reparti italiani operativi all'estero, fortemente impegnati in Afghanistan, per il quale chiediamo, al posto delle armi, una vera missione di pace. E' nostra intenzione scrivere prossimamente al Presidente della Repubblica, per perorare la causa di una Trieste, cara al cuore degli italiani, per la pace, non per la guerra. La causa di una citta' che ha scritta l'Europa nella sua stessa carne. Per proporre che qui venga celebrata la Giornata nazionale della Pace, istituita dal Parlamento il 4 ottobre di ogni anno, e la Giornata della Nonviolenza, istituita il 2 ottobre 2008 dalle Nazioni Unite. Su tutto questo chiederemo agli enti locali e alle associazioni della provincia e d'oltreconfine di esprimersi. 6. DOCUMENTAZIONE. ANCHE IL CENTRO STUDI "DEMETRA" DENUNCIA L'ILLEGITTIMITA' DEL MEGA-AEROPORTO A VITERBO [Riportiamo il seguente comunicato del 2 novembre 2008 del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, dal titolo completo "Il Centro studi Demetra di cui fanno parte il ministro Raffaele Fitto e il presidente dell'Enac Vito Riggio denuncia l'illegittimita' della procedura ministeriale che vorrebbe imporre un nocivo e distruttivo mega-aeroporto a Viterbo"] Il Centro studi "Demetra" e' una struttura difficilmente qualificabile come covo di "ambientalisti del no". Visitandone il sito (www.demetracentrostudi.it) si rileva che del suo "comitato scientifico" fanno parte tra gli altri l'attuale ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto e il presidente dell'Enac (Ente nazionale per l'aviazione civile) Vito Riggio. * Ma anche il Centro studi "Demetra" ha denunciato, e con parole di fuoco, l'operazione attraverso cui si vorrebbe imporre a Viterbo un nocivo e distruttivo mega-aeroporto per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma. In un ampio documento, datato 18 gennaio 2008 e disponibile integralmente anche nella rete telematica, il Centro studi "Demetra" conclude seccamente che "gli atti ministeriali risultano palesemente affetti da gravi vizi di illegittimita' sotto il rilevato profilo dell'eccesso di potere per carenza dell'istruttoria tecnica condotta dalla Commissione istituita presso il Ministero dei Trasporti". * E non solo: il documento che si conclude con queste lapidarie parole si articola in una serie di capitoli di cui basta gia' leggere i titoli per coglierne il contenuto: 1. Violazione di legge per errore nella definizione della procedura di individuazione di una nuova infrastruttura aeroportuale. 2. Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell'art. 702 del Codice della Navigazione, nel testo riformato dai decreti legislativi n. 96/2005 e n. 151/2006, nonche' degli artt. 1 e 2 del D.P.C.M. 5 luglio 2006 recante "Organizzazione del Ministero delle Infrastrutture". Incompetenza. 3. Violazione di legge per error in procedendo. Eccesso di potere. Sviamento di potere. 4. Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione, dell'art. 3, comma 7, del d. lgs. n. 96/2005 nonche' dell'art. 1 della legge 21 dicembre 2001 n. 443, c.d. legge obiettivo. 5. Eccesso di potere per carenza di istruttoria. * E' una voce che si aggiunge alle molte altre che evidenziano come la decisione di imporre a Viterbo un devastante mega-aeroporto sia dissennata ed illegittima. Sono argomenti che si aggiungono ai molti altri che dimostrano come il mega-aeroporto a Viterbo sia un crimine ed una follia. 7. DOCUMENTI. UNA LETTERA APERTA ALLA SOTTOSEGRETARIA AL TURISMO Alla Sottosegretaria al Turismo Gentile sottosegretaria, vorremmo segnalarle che il devastante mega-aeroporto per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma che una lobby irresponsabile vorrebbe realizzare a Viterbo costituirebbe un danno gravissimo per il nostro territorio, i suoi beni, la nostra salute, i nostri diritti di cittadini viterbesi. Ed in particolare costituirebbe un danno anche per il turismo. * Il mega-aeroporto infatti: - devasterebbe l'area termale del Bulicame, primaria risorsa naturalistica e storica, terapeutica e sociale, economica e simbolica di Viterbo; - danneggerebbe fondamentali risorse e lederebbe fondamentali diritti nella piu' ampia area urbana e rurale che dal sedime e dall'attivita' aeroportuale verrebbe maggiormente investita, con effetti disastrosi sia in termini ambientali e sanitari, sia sociali ed economici; - farebbe collassare la rete infrastrutturale del viterbese, gia' fragile e inadeguata e che avrebbe bisogno non di un ulteriore dissennato elefantiaco gravame, ma di un consistente potenziamento al precipuo servizio della realta' territoriale e della popolazione residente; - intensificherebbe l'aggressione e l'inquinamento che l'Alto Lazio gia' subisce con effetti assai gravi per il territorio e la popolazione; - implicherebbe plurime e scandalose violazioni di legge, come gia' denunciato da piu' parti. * Viterbo e l'Alto Lazio sono peculiarmente caratterizzati da preziose presenze di beni ambientali e storico-culturali, da rilevanti vocazioni produttive nell'ambito dell'agricoltura e dell'artigianato di qualita', da significative esperienze di alta ricerca scientifica; Viterbo e l'Alto Lazio sia come citta' che come provincia costituiscono pertanto un bacino ricettivo in grado di accogliere un turismo adeguato e qualificato. Per questo occorre tutelare e valorizzare i beni ambientali e culturali, il termalismo, le produzioni locali di eccellenza, ed in generale la qualita' della vita: proprio tutto cio' che la sciagurata operazione speculativa del mega-aeroporto del turismo "mordi e fuggi" per Roma devasterebbe irreversibilmente. Peraltro Viterbo e l'Alto Lazio hanno bisogno di un sistema della mobilita' coerente con un modello di sviluppo sostenibile e adeguato, e tale sistema della mobilita' puo' e deve fondarsi sulle ferrovie ed essere commisurato alla capacita' di carico del territorio. Sperperare ingenti risorse pubbliche per realizzare a Viterbo una servitu' nociva e distruttiva come il mega-aeroporto al servizio di Roma significa provocare un danno estremo al nostro territorio, alla nostra popolazione, alla nostra economia. E significa anche danneggiare lo stesso turismo, che nell'Alto Lazio trova preziose peculiari ricchezze che non possiamo permettere siano devastate dal vandalismo di speculatori senza scrupoli. Voglia gradire distinti saluti, il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti Viterbo, 3 novembre 2008 * Per informazioni e contatti: e-mail: info at coipiediperterra.org sito: www.coipiediperterra.org 8. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: DOPO LA CADUTA DEL MURO [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento] Il 9 novembre 1989 cadeva il muro di Berlino. In pochi mesi si assisteva alla fine del mondo bipolare, cosi' come era andato affermandosi dal 1945, con il naufragio strepitoso di un sistema, quello dell'Unione Sovietica, che sembrava incrollabile. Fino ad allora si consideravano le due superpotenze mondiali al sicuro: l'Urss, essendo l'Unione Sovietica, non correva il rischio di essere invasa dall'Unione Sovietica; mentre gli Stati Uniti non correvano il rischio delle dittature militari, perche' negli Usa non c'erano ambasciate degli Stati Uniti. Una interpretazione superficiale degli avvenimenti dell'Est dell'89 presentava (con la fine della cosiddetta "guerra fredda") un futuro, per l'intera umanita', all'insegna della pace, della prosperita', ecc. Si sarebbero smantellate le testate nucleari, sarebbe finita la corsa agli armamenti, si sarebbero liberate ingenti somme di denaro da investire nel sociale invece che nel militare. In realta', prigionieri di una visione eurocentrica (che poi e' un vero complesso di superiorita', che ci fa tuttora ritenere l'Europa il centro della civilta', della cultura, della storia), si considerava la fine del conflitto Est-Ovest come la fine della storia, dimenticando che restava - piu' drammatico che mai - il conflitto tra Nord e Sud del mondo. Del resto, la stessa la distensione internazionale Usa-Urss nei fatti aveva gia' finito con il rafforzare il muro fra i paesi del Nord e i paesi del Sud del mondo. Dal punto di vista del cosiddetto Terzo Mondo, il blocco sovietico aveva, almeno, una virtu' essenziale: non si alimentava della poverta' dei poveri, non partecipava al saccheggio nel mercato internazionale capitalista e, in cambio, aiutava finanziariamente molti di questi paesi. Il 9 novembre 1989 ebbe un effetto dirompente anche nella realta' italiana, dove era presente il piu' grande partito comunista dell'occidente, il Pci. Pasolini, nel 1974, scriveva: "Il Partito comunista italiano e' un paese pulito in un paese sporco, un paese onesto in un paese disonesto, un paese intelligente in un paese idiota, un paese colto in un paese ignorante, un paese umanistico in un paese consumistico". Il Pci, quella grande massa di uomini, molto mista ed eterogenea, dal 1945 era stato essenziale per la democrazia del nostro Paese. Davanti alla dissoluzione dell'Unione Sovietica, invece di analizzare quanto andava avvenendo, si preferi' liquidare il passato in gran fretta, ed il Partito comunista italiano si autodichiaro' defunto. La proposta di cambiare il nome "comunista" del partito, fu utilizzata da tutti i mezzi d'informazione, e sostanzialmente passo' fra la gente, come conseguenza della fine del comunismo, della morte del comunismo. Non c'era piu' posto per le rivoluzioni, tranne che nelle vetrine del museo archeologico, ne' per la sinistra, eccetto quella pentita che accettava di sedersi alla destra dei banchieri. Tutti fummo invitati al funerale mondiale del socialismo. Cosi' il dominio mondiale della destra ha continuato a produrre miseria, violenza, infelicita', ineguaglianza, competitivita' selvaggia, diffidenza sociale, sfrontata esibizione di potenza e di ricchezza, volgarita', militarizzazione dell'economia e miseria del Terzo Mondo. E' nel Terzo Mondo che il capitalismo mostra il suo volto reale, non costretto entro gli spazi di una democrazia almeno formale dai movimenti dei lavoratori. Cosi' sono rimaste senza risposta le domande relative al tentativo, malamente rappresentato dall'Unione Sovietica, di realizzare gli ideali di liberta' ed eguaglianza; del perche' si e' instaurato un sistema che usurpava il socialismo, che trattava il popolo come un eterno minorenne e lo prendeva per le orecchie; del come ha subito una storica sconfitta con la restaurazione del capitalismo e il governo degli oligarchi. Certo il cristianesimo non e' la Santa Inquisizione: tre o quattro secoli fa, gli inquisitori calunniavano Dio quando dicevano che obbedivano ai suoi ordini; cosi' il socialismo non e' lo stalinismo: nel nostro tempo, i burocrati hanno screditato e sporcato la speranza di giustizia e fraternita'. Eppure le nuove generazioni hanno un'immagine del comunismo come fonte esclusiva di errori e di orrori. Chiedere che il capitalismo non sia il coronamento della storia, non e' chiedere molto. Restano gli interrogativi su come si costruisce un modo di vivere e di produrre che abbia un senso, dove l'uomo non sia servo dell'uomo, non sia merce dell'uomo, non distrugga furiosamente, infantilmente. In una parola: una societa' piu' giusta, piu' degna dell'uomo, che sia contro ogni oppressione e sfruttamento. 9. TESTIMONIANZE. GIOVANNA PROVIDENTI INTERVISTA NAWAL EL SAADAWI [Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) col titolo "Dissidente e creativa" e il sommario "Dagli anni Novanta il suo nome compare nella lista nera di alcune organizzazioni fondamentaliste egiziane; l'abbiamo intervistata in occasione della presentazione in Italia del volume edito da Spirali: Dissidenza e scrittura. Una conversazione sul mio itinerario intellettuale"] Nawal El Saadawi e' nata in Egitto settantasette anni fa. Ha trascorso la prima parte della sua vita esercitando la professione di medico e la seconda scrivendo racconti, romanzi, pieces, saggi. Nel 1972 la pubblicazione del suo primo libro, un atto di accusa contro la pratica dell'infibulazione, le causa il licenziamento da direttrice generale del dipartimento di educazione sanitaria presso il ministero della Sanita' e la chiusura di "Health", rivista da lei fondata. Tutti i suoi libri sono scritti in arabo (alcuni tradotti: 18 in inglese, 6 in francese e 4 in italiano) e sono stati spesso percepiti come una minaccia. Nel 1981, sotto il governo di Sadat, questi volumi le procurano una incarcerazione per tre mesi. Uscita dal carcere Nawal ha pronto un altro libro su donne e carcere e fonda la Arab Women's Solidarity Association. Dagli anni Novanta il suo nome compare nella lista nera di alcune organizzazioni fondamentaliste egiziane e nel 2001 viene intentato contro di lei un processo per apostasia. Intanto Nawal si e' trasferita negli Stati Uniti d'America dove lei stessa dichiara di trovarsi in esilio e dove tiene, in una universita' molto progressista di Atlanta, un corso su "creativita' e dissidenza". Ma, concluso il contratto con l'universita', ritornera' nel suo paese, perche' la causa di apostasia intentata contro di lei si e' finalmente conclusa dichiarandola innocente. I suoi due figli vivono in Egitto. La figlia, una nota poetessa, ha subito un processo per aver voluto portare il cognome della madre, dando inizio ad un movimento su questo tema (in Egitto il divieto di portare il cognome materno e' causa di numerosi figli illegittimi, come fino a un secolo fa accadeva in Italia) e cambiando la giurisprudenza: perche' il tribunale le ha dato ragione e l'assenso a portare il cognome della madre. Abbiamo colto l'occasione del soggiorno in Italia di Nawal El Saadawi per presentare un volume edito da Spirali, Dissidenza e scrittura. Una conversazione sul mio itinerario intellettuale, per intervistarla. * - Giovanna Providenti: Lei si dichiara innanzitutto una dissidente, perche'? - Nawal El Saadawi: Mi sento costretta ad esserlo perche' comprendo la presenza di ingiustizie non piu' ammissibili dal mio cervello come da quello di tutte le persone in grado di pensare liberamente. Se la legge e' ingiusta io devo violarla, non voglio vivere nell'ignoranza ne' essere complice del perpetuarsi di ingiustizie. * - Giovanna Providenti: Qual e' il peggior nemico delle donne in Egitto? - Nawal El Saadawi: E' lo stesso che in Italia, in America e in ogni parte del mondo. E' il dio, o chi per lui, che ha punito Eva perche' voleva attingere all'albero della conoscenza. E' chiunque accetti che esista la schiavitu' nel mondo: oggi la schiavitu' viene perpetuata mantenendo la gente nell'ignoranza e c'e' uno stretto collegamento tra oppressione delle donne e oppressione del sapere. Capitalismo e patriarcato lavorano insieme per opprimere le donne e i poveri attraverso la privazione della conoscenza reale delle cose. * - Giovanna Providenti: Nel suo libro racconta di avere sempre combattuto molte ingiustizie, qual e' oggi, a suo parere, l'ingiustizia piu' grande nel mondo? - Nawal El Saadawi: La peggiore ingiustizia oggi e' in Palestina, dove la popolazione e' privata delle proprie origini e perfino del cibo, dell'acqua, della terra, per non parlare delle violenze che subisce senza che Israele venga sanzionato dalle Nazioni Unite. Le persone sono deboli quando nessuno le protegge e i palestinesi sono vittime di un assurdo sistema di potere per cui in molti paesi, compreso l'Egitto, piu' della meta' della popolazione vive sotto la soglia di poverta', e il divario tra ricchi e poveri aumenta sempre piu' nel mondo. Lo stesso potere che porta avanti due pesi e due misure: la popolazione irachena e' stata affamata per il sospetto che l'Iraq nascondesse armi nucleari e invece si consente che Usa, Russia e Israele possiedano tanto nucleare e continuino ad armarsi. * - Giovanna Providenti: E di buone notizie ne vede oggi nel mondo? - Nawal El Saadawi: Quando ho iniziato a fare il medico ero una chirurgo, ma detestavo il sangue e quindi sono passata alla psichiatria, che, oltretutto, ha un forte collegamento con la scrittura. Da psichiatra non prescrivevo farmaci, ed anche in politica non ho prescrizioni da dare. Non esistono societa' ideali, persino il paradiso non e' una societa' ideale perche' in esso, cosi' come e' stato immaginato finora, ci sono moltissime discriminazioni verso le donne. Io credo nei processi e nelle persone. La cura di un paziente richiede un processo e cosi' anche la cura della societa': un processo di liberazione da tutti i tipi di oppressione e schiavitu'. Bisogna smettere di dare importanza piu' ai capi di Stato che alle persone che compongono un popolo. In Italia non sono certo stata invitata da Berlusconi cosi' come in America non sono ospite particolarmente gradita di Bush, ma molte persone apprezzano le mie lezioni e i miei libri, che continuano a essere tradotti. * E questa e' una buona notizia: e' l'indice che persone dissidenti e creative come Nawal possono intaccare, a partire dal basso, i poteri all'origine della complessa rete d'ingiustizie presenti oggi nel mondo. 10. LIBRI. ELENA LOEWENTHAL PRESENTA "CONTA E RACCONTA" DI AMOS LUZZATTO [Da "Tuttolibri", supplemento librario settimanale del quotidiano "La stampa", del 18 ottobre 2008 riprendiamo la seguente recensione col titolo "Se non la pensi come gli altri" e il sommario "Amos Luzzatto, 'ebreo di sinistra' fra Israele e l'Italia: memorie di famiglia, militanza, vittorie e sconfitte"] Amos Luzzatto, Conta e racconta. Memorie di un ebreo di sinistra, Mursia, Milano 2008, pp. 273, euro 17. * Amos Michelangelo dice che la sua e' una famiglia molto "composita". Eccome: i Luzzatto sono veneti (mentre i Luzzati piemontesi), giunti (probabilmente insieme ai Luzzati) dalla Lusazia, una regione nel sud-est della Germania che in lingua originale si chiama "Lausitz". Il tutto risale, grosso modo, al Medioevo. Molte generazioni dopo, un trisavolo di Amos Michelangelo, chiamato a sua volta Samuel David (ma divenuto famoso con l'acronimo Shadal), lascia San Daniele del Friuli per trasferirsi a Padova a insegnare nel Collegio Rabbinico. Siamo nel 1829 e Shadal divenne ben presto il piu' illustre esponente del pensiero ebraico nell'Europa Occidentale, oltre che un caposaldo intellettuale dell'ebraismo italiano. Per parte materna, le cose non stanno da meno: la mamma di Amos Michelangelo era una Lattes. Ma non una Lattes qualunque, perche' Lina era figlia del grande Dante Lattes, rabbino, scrittore, pensatore a tutto tondo e non ultimo moderno divulgatore dei principi ebraici. Oltre che uno fra i primi sionisti italiani. A questo punto va pero' anche detto che nemmeno Amos Michelangelo e' una persona qualunque. Anzi. Si tratta infatti di Amos Luzzatto, medico, pensatore, esponente politico e per molti anni presidente dell'Unione delle Comunita' ebraiche italiane, che in Conta e Racconta. Memorie di un ebreo di sinistra (Mursia, pp 273, euro 17) parla di se', della sua famiglia, di luoghi e militanze, di sconfitte e vittorie che nella vita capitano in approssimativo equilibrio. Amos nasce a Roma nel 1928, e' cresciuto da mamma e nonna Emma "che mi erudiva in triestino": a Trieste ci ando' per la prima volta a quattro anni, a trovare i parenti, e fu un'avventura. Nel 1939 arriva in terra d'Israele con la famiglia, e ci resta fino alla fine della seconda guerra mondiale. Le pagine della sua formazione ebraico-israeliana sono uno spaccato formidabile di quel mondo e quell'epoca. Dell'ebraico che si inventava giorno per giorno, dello spirito che animava la societa' e anche le cose piu' banali. Tornato in Italia, Amos si avvia agli studi di medicina ma anche alla militanza politica nel Pci. Il resto della sua storia fa parte anche della nostra, ma in queste pagine c'e' l'altra faccia della medaglia: quella familiare e intima, quella dei pensieri personali e di quelle cose che solo una ragionevole distanza nel tempo ti invita a raccontare agli altri, oltre che a te stesso. E cosi' ne viene fuori un libro diretto, spontaneo, eppure pieno di eventi politici importanti, di opinioni difese strenuamente pur nella consapevolezza che non tutti la pensano come te ed e' giusto che sia cosi'. Di grandi sentimenti che danno alla vita quel sapore tutto particolare. 11. LETTURE. REMO DE CIOCCHIS (A CURA DI): ATTI DELLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO "IL VOLTO DELLA NONVIOLENZA" Remo De Ciocchis (a cura di), Atti della presentazione del libro "Il volto della nonviolenza", Edizioni dell'amicizia, Agnone (Isernia) 2008, pp. 128, diffuso gratuitamente. Un libro che reca gli interventi svolti a un convegno di presentazione di un altro libro (e vi e' forse un che di borgesianamente speculare e labirintico in questa impresa). Dedicato a Beppe Marasso, con interventi di Gelsomino De Vita, Giuseppe De Martino, Luigi Falasca, Leo Leone, Mao Valpiana, Nicola Terracciano, Mario D'Aloise, Franco Mazziotta, Remo de Ciocchis, e un reportage fotografico dell'incontro. Per richieste: Edizioni dell'amicizia - Centro di spiritualita' nonviolenta, corso Vittorio Emanuele 45, 86081 Agnone (Isernia), tel. 086578424, e-mail: rdeciocchis at yahoo.it 12. RIEDIZIONI. FURIO COLOMBO: AMERICA E LIBERTA' Furio Colombo, America e liberta', Baldini Castoldi Dalai, Milano 2005, "Nuova iniziativa editoriale", Roma 2008, pp. 116, euro 8,50 (in supplemento al quotidiano "L'Unita'). Un agile saggio di taglio giornalistico e cursorio che e' anche ad un tempo una dichiarazione d'amore all'America dei Federalist Papers, di Dewey e di Martin Luther King e uno sguardo corrucciato sull'America di Bush (va da se' che talune tesi e certe reticenze sono ovviamente per noi incondivisibili). 13. RIEDIZIONI. FURIO COLOMBO: IL DIO D'AMERICA Furio Colombo, Il Dio d'America. Religione e politica in Usa, Milano 1983, "Nuova iniziativa editoriale", Roma 2008, pp. 180, euro 8,50 (in supplemento al quotidiano "L'Unita'). Di taglio pubblicistico (e desidereremmo invece saggi piu' corposi e piu' rigorosi, con note a pie' di pagina e bibliografie) questo libro di un quarto di secolo fa (con un'utile prefazione del 2008) reca tuttavia alcuni utili elementi di informazione e di riflessione sull'affermarsi del fondamentalismo cristiano negli Usa come soggetto politico-culturale che da Reagan a Bush ha fortemente condizionato la societa' e la politica (ma vi sono anche opinioni discutibili e tesi fin bizzarre: cfr. ad esempio alle pp. 42-43 le parole assolutamente inaccettabili contro Jeremy Rifkin e la lotta agli ogm). 14. RIEDIZIONI. PLOTINO: ENNEADI Plotino, Enneadi, Mondadori, Milano 2002, 2008, pp. XIV + 1086, euro 12,90 (in supplemento a vari periodici Mondadori). Con le prefazioni di Giovanni Reale ai singoli trattati e nella puntuale traduzione di Roberto Radice (ma ovviamente qua e la' piace confrontarla con quella precedente di Giuseppe Faggin, e con l'originale). A.: Tutto mi distanzia da Plotino. Eppure tante volte sono tornato alle Enneadi, altrettante volte ne ho tratto preziosa materia di riflessione. B: Sei uno strano tipo. A: Lo so, son di quelli che si commuovono fino alle lacrime a leggere l'Attilio Regolo di Metastasio, figurarsi. B: A proposito, ti sei piu' deciso a curarti l'emicrania? A. "A proposito" in che senso? 15. RIEDIZIONI. KARL R. POPPER: LOGICA DELLA SCOPERTA SCIENTIFICA. SCIENZA E FILOSOFIA Karl R. Popper, Logica della scoperta scientifica. Scienza e filosofia, Einaudi, Torino 1969, 1970, 2000, Mondadori, Milano 2008, pp. XII + 794, euro 12,90 (in supplemento a vari periodici Mondadori). Confessiamolo: il primo libro di Popper che lessi fu Miseria dello storicismo, e lo lessi con lo sdegno del militante del movimento operaio per il conferenziere confindustriale; me ne resto' un cupo pregiudizio sull'autore. Solo dopo, e soprattutto alla luce di alcuni saggi raccolti in Congetture e confutazioni, piu' equanime atteggiamento assunsi verso un pensatore di cui imparai ad apprezzare la riflessione non solo in ambito epistemologico (chapeau, naturalmente) ma anche per quanto vi e' in essa di irrinunciabile nel campo della sociologia e della politica. Il fallibilismo ad esempio mi sembra una idea cruciale, e criterio - crivello - che ogni militante politico dovrebbe recar seco nella cassetta degli attrezzi. Aggiungo che sovente son tentato di usare contro Popper - mutatis mutandis, ma con risultati che a me sembrano cospicui - quella tecnica eccellente che lui uso' contro il linguaggio dei miei amati maestri francofortesi (la traduzione in lingua corrente, in quel caso delle acrobazie gergali di derivazione hegeliana, traduzione che ne smaschera sovente quanto di alienato e fin dereistico reca). Ed aggiungo anche che non di rado mi pare noioso e banale, e talvolta alquanto discutibile su vari piani (e non intendo riferirmi solo e tanto agli sviluppi successivi del dibattito epistemologico e di quella sorta ormai di ircocervo al quadrato che chiamiamo filosofia della scienza). Ma almeno la Logica della scoperta scientifica e' un libro che resta, ed altri saggi ancora. 16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 17. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 629 del 4 novembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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