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Minime. 610
- Subject: Minime. 610
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 16 Oct 2008 00:56:53 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 610 del 16 ottobre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Piercarlo Racca: L'eredita' di Aldo Capitini, il Movimento Nonviolento 2. Un incontro con Ferdinando Imposimato a Nepi 3. Marina Verzoletto: Goffredo Petrassi 4. La "Carta" del Movimento Nonviolento 5. Per saperne di piu' 1. MEMORIA. PIERCARLO RACCA: L'EREDITA' DI ALDO CAPITINI, IL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Ringraziamo Piercarlo Racca (per contatti: piercarlo.racca at fastwebnet.it) per questo intervento] Il 19 ottobre di 40 anni fa moriva Aldo Capitini. Cosa rimane oggi della sua azione e del suo insegnamento a 40 anni dalla sua morte? Per rispondere a questa domanda basta leggere e documentarsi su quanto si e' scritto su di lui, sulla sua vita, sul suo pensiero. Abbiamo avuto un "Gandhi italiano" che ha seminato molto ma che non ha avuto il tempo di raccogliere. A noi in particolare rimane il fatto che ha fondato il Movimento Nonviolento e la rivista "Azione nonviolenta" che sono diventati un punto di riferimento importante per chi oggi vuole vivere e agire politicamente partendo dai principi che ispirano l'azione nonviolenta. Ci ha lasciato un vasto patrimonio di esperienze e riflessioni che dopo la sua morte sempre piu' viene studiato e diffuso, a conferma di questa crescita dell'attenzione e degli studi sempre piu' libri e tesi di laurea sul suo pensiero politico e religioso sono stati realizzati in questi ultimi anni. Noi che aderiamo al Movimento Nonviolento e ci abboniamo ad "Azione nonviolenta" possiamo, senza falsa modestia, definirci eredi, e per cosi' dire "figli" o "nipoti" di Capitini - o semplicemente nonviolenti, orgogliosi di esserlo e di tenere in piedi quelle sue due creature. 2. INCONTRI. UN INCONTRO CON FERDINANDO IMPOSIMATO A NEPI [Dalla sezione "Emilio Sugoni" dell'Anpi, dal comitato "Nepi per la pace" e dall'associazione Liberagora' riceviamo e diffondiamo il seguente comunicato dal titolo "Il magistrato Ferdinando Imposimato a Nepi. La necessita' di rispettare ed attuare pienamente la Costituzione della Repubblica"] Martedi' 14 ottobre 2008, nella sala consiliare del Comune di Nepi (Vt), si e' svolto l'incontro con il magistrato Ferdinando Imposimato. All'iniziativa, promossa dalla sezione "Emilio Sugoni" dell'Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia), dal comitato "Nepi per la pace" e dall'associazione Liberagora', hanno preso parte anche vari sindaci e pubblici amministratori di Nepi e dei Comuni vicini. Ferdinando Imposimato, una tra le piu' belle e limpide figure di magistrato ed uomo delle istituzioni che l'Italia possa vantare nella lotta al crimine, al terrorismo e alla mafia, e' intervenuto sul tema: "le nuove frontiere dei diritti inviolabili dell'uomo". Nella sua chiara ed efficace esposizione il magistrato ha evidenziato come la Carta costituzionale della Repubblica Italiana non sia ancora pienamente realizzata ma anzi sia spesso violata a cominciare dai diritti che tutelano la salute, il lavoro dignitoso e sicuro, il patrimonio ambientale, storico ed artistico, il diritto all'istruzione e alla solidarieta', e come con la partecipazione dell'Italia alla guerra in Afghanistan sia violato anche l'art. 11 che stabilise che "L'Italia ripudia la guerra". Il magistrato ha sottolineato la necessita' di un adeguamento del Codice penale, risalente nella sua stesura originaria al 1930, perche' vi siano recepiti i diritti sanciti dalla Costituzione. Ha poi illustrato la tendenza attuale a ridurre gli spazi di democrazia e partecipazione dei cittadini attraverso leggi come il cosiddetto "lodo Alfano" che prevede l'immunita' per ogni reato commesso da chi ricopre una delle quattro piu' alte cariche dello Stato, l'attuale legge elettorale priva delle preferenze e con uno sbarramento che si vorrebbe sempre piu' elevato, la mancanza di una legge sul conflitto d'interessi e la gravita' di quella che ha depenalizzato il falso in bilancio, leggi che rendono i cittadini non piu' uguali in doveri e diritti come invece sancito dall'art. 3 della Costituzione, leggi che tendono a fare del popolo un popolo di sudditi e non piu' di liberi ed uguali cittadini. Nel suo intervento Imposimato ha anche rievocato la vicenda del sequestro e dell'uccisione di Aldo Moro di cui ha seguito personalmente il caso come giudice istruttore, una vicenda emblematica della tragica storia recente italiana e dei complessi intrecci tra il terrorismo, la loggia massonica P2 guidata da Licio Gelli, i servizi segreti deviati e alcuni uomini delle istituzioni e della politica che ancora oggi occupano purtroppo posti di rilievo nello scenario politico. Sollecitato, poi, dalle tante domande di un pubblico numeroso ed attento, Imposimato ha dato indicazioni di come attraverso gli strumenti delle leggi nazionali ed europee si possa operare per ostacolare le aggressioni ambientali al territorio e quindi alla salute, contrastare le infiltrazioni criminali sempre piu' forti anche nella nostra provincia, e soprattutto far valere i diritti della Carta Costituzionale anche elaborando dei nuovi modelli di azione legale come la class action. L'incontro e' stato di grande importanza anche per l'approfondimento di tante problematiche locali alla luce della Carta Costituzione e della grande esperienza istituzionale di Ferdinando Imposimato, un magistrato e un uomo al quale la maggior parte degli italiani guarda con ammirazione, affetto e riconoscenza. 3. PROFILI. MARINA VERZOLETTO: GOFFREDO PETRASSI [Dal mensile "Letture", n. 608, giugno-luglio 2004, col titolo "Goffredo Petrassi" e il sommario "Cantore, commesso in un negozio di dischi, studente e poi docente di Conservatorio, sovrintendente e - ovviamente - compositore: per tutta la sua vita, lunga quasi un secolo, e' stato legato all'universo della musica"] Era arrivato alla soglia del secolo di vita ancora lucidamente consapevole della realta' musicale contemporanea, anche se dal 1987 l'indebolimento progressivo della vista - destino comune a Bach e Haendel - lo aveva indotto ad abbandonare la composizione. Goffredo Petrassi avrebbe compiuto cent'anni il 16 luglio. Con la sua scomparsa, nella notte fra il 2 e il 3 marzo 2003, seguita a breve distanza da quella del ben piu' giovane Luciano Berio, il Novecento musicale italiano trova il suo sigillo e sollecita un bilancio. * Un destino "segnato" Piu' che al secolo XX, in verita', la biografia umana e artistica di Petrassi nei suoi primi anni sembra appartenere a un'altra epoca, un altro mondo. Il suo luogo natio, Zagarolo, ospita Palazzo Rospigliosi, dimora nel Seicento di quel cardinale Giulio Rospigliosi che, prima di diventare papa Clemente IX, si distinse come librettista d'opera. A pochi chilometri, poi, c'e' Palestrina, patria del piu' illustre musicista cattolico del Cinquecento. "Rospigliosi da una parte, Palestrina dall'altra, il mio destino era segnato e io l'ho seguito", era la sorridente constatazione del maestro, raccolta da Enzo Restagno nella conversazione autobiografica da cui togliamo questa e successive citazioni. Come un fanciullo dei secoli passati, il piccolo Goffredo entra nel mondo della musica tra i pueri cantores della Schola di San Salvatore in Lauro, l'istituto che frequento' dopo il trasferimento a Roma con la famiglia, nel 1911. La Schola quotidianamente serviva la Cappella Giulia di San Pietro e gli allievi ricevevano una formazione professionale nel repertorio in uso presso le basiliche: Palestrina e gli altri compositori della Scuola romana, i fiamminghi e anche autori ottocenteschi o "moderni". In questa Roma pontificia, dove sopravvivevano l'illuminazione a gas, il tram a cavalli e la transumanza delle pecore attraverso piazza Colonna, Petrassi fece persino in tempo a conoscere un relitto storico-musicale: gli ultimi due castrati, che in occasione delle celebrazioni piu' solenni rinforzavano le voci infantili e le rimettevano in riga quando calavano d'intonazione. * Scene di una boheme A quindici anni, passata la Grande guerra, ritroviamo l'ormai ex fanciullo cantore impiegato come commesso in un negozio di musica. Non era un negozio qualunque: aperto per conto della Fipt (Fabbriche italiane di pianoforti Torino) da "un tipo eccentrico di torinese molto testardo, ma molto acuto", aveva un reparto riservato alla musica moderna. Per questa peculiarita', unica nella Roma del tempo, al negozio di via della Stelletta, poi trasferito in via del Corso, affluiva una clientela d'eccezione, interessata alle novita' di quel genere: Lord Berners, un eccentrico mecenate e compositore dilettante inglese; Alfredo Casella e Ildebrando Pizzetti, maestri della "generazione dell'Ottanta"; poeti come Arturo Onofri. Da questa circostanza derivarono incontri decisivi. Un giorno Alessandro Bustini, professore al Conservatorio, senti' dal retrobottega del negozio qualcuno che su un pianoforte studiava le Arabesques di Debussy. Era il giovane commesso, che, disponendo sul luogo di lavoro di tanti spartiti e di quello strumento, aveva iniziato a suonarlo da dilettante autodidatta. Bustini se lo prese come allievo privato, dandogli gratis lezioni alla domenica, unico giorno libero del ragazzo. Giunto il momento dell'esame di corso inferiore, e quindi dei primi studi di armonia complementare, fu affidato a Vincenzo Di Donato, che ne incoraggio' il talento insegnandogli invece armonia principale e contrappunto. D'accordo con Bustini, per Petrassi a ventiquattro anni venne quindi il momento di entrare in Conservatorio, non nella classe di pianoforte ("non avevo alcuna propensione a diventare anche solo un mediocre pianista"), ma in quella di composizione. La disordinata boheme del giovane artista trovava finalmente la strada maestra di una formazione sistematica, anche se la vita quotidiana continuava all'insegna della precarieta'. Lasciato intorno al 1927-'28 il mestiere di commesso, Petrassi si guadagnava da vivere dando lezioni private, accompagnando cantanti, suonando in orchestra: "La batteria, i campanelli, il triangolo... queste piccole cose. Ero chiamato molto spesso e questo fu uno dei periodi piu' importanti della mia professione, perche' suonando in orchestra, nelle viscere dell'orchestra, ho imparato tutto il mestiere". Nel frattempo, i gusti del futuro compositore avevano per il momento lasciato cadere e sedimentare in un fondo di memoria inconscia il retaggio polifonico del fanciullo cantore per orientarsi verso altre, piu' moderne passioni: l'opera al Costanzi, il Teatro dell'Indipendente di Anton Giulio Bragaglia, i concerti sinfonici all'Augusteo. Se la cultura musicale "borghese" restava alquanto provinciale, cosi' come quella del Conservatorio e dell'Accademia di Santa Cecilia, istituzioni come l'Augusteo e la Filarmonica romana erano invece aperte a tutte le novita' internazionali. L'episodio piu' significativo fu l'esecuzione del Pierrot lunaire di Schoenberg, diretta dall'autore e promossa da Casella nel 1924: "Assistetti, non ci capii nulla", confessa Petrassi, "ma rimasi molto traumatizzato dal fatto di essere messo in contatto con una visione della musica del tutto estranea, completamente diversa da tutte quelle che fino allora avevo frequentato". Colui che gli aveva aperto uno spiraglio sulle inaudite novita' della Seconda Scuola di Vienna, sarebbe stato piu' tardi decisivo per la sua carriera. Gli studi di conservatorio erano ormai in dirittura d'arrivo e nel luglio del 1932 Casella assistette al saggio degli allievi dell'ultimo anno di composizione. Favorevolmente impressionato dai Tre cori del diplomando Petrassi, volle congratularsi personalmente con l'autore. Inizio' cosi' una frequentazione diventata subito amicizia per la vita. Forte della stima di un maestro tanto prestigioso, Petrassi pote' superare i comprensibili dubbi di chi arrivava al diploma di conservatorio a un'eta' non proprio precoce e si chiedeva se la musica fosse davvero il destino al quale legare la propria esistenza. * Una Partita e due vittorie A spazzare via le ultime esitazioni, proiettandolo di colpo sulla ribalta internazionale, venne il successo della Partita. Il Sindacato fascista dei musicisti aveva bandito un concorso di composizione, proponendo come temi una Sinfonia e una Partita, ossia una suite di danze, per la quale, in omaggio all'autarchia linguistica, si ripesco' l'antica denominazione italiana in luogo dell'usuale francesismo. Tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, del resto, un'intera generazione di musicologi e compositori aveva risvegliato dal sonno di archivi e biblioteche i tesori della tradizione strumentale italiana: basti pensare, fra i musicologi, a Luigi Torchi e Fausto Torrefranca, e fra i compositori, a Respighi, che fin dal 1906 lavorava a trascrivere Ariosti e Vivaldi, Veracini e Vitali, e nel 1917 elaboro' la prima delle sue suites di Antiche arie e danze per liuto. Il 1917 e' anche l'anno in cui a Parigi Sergej Djagilev e i suoi Balletti russi presentano Le donne di buon umore, coreografia di Massine su sonate di Domenico Scarlatti orchestrate da Vincenzo Tomassini: e' l'esordio del "neoclassicismo", cui Stravinskij da' il suo primo fondamentale contributo nel 1920 (Pulcinella, su musiche di, o attribuite a, Pergolesi). Per una volta, dunque, gli italiani avevano precorso i tempi. Anche Casella, passati i furori modernisti, si era adeguato: sono degli anni Venti la Partita per pianoforte e orchestra, il Concerto romano per organo, la Scarlattiana, la Serenata per cinque strumenti. All'inizio degli anni Trenta, il neoclassicismo era ormai consolidato quale moda imperante nel panorama musicale internazionale e in Italia, piu' per il retroterra storico di cui si e' detto che per il contesto creato dal regime fascista, assumeva una valenza particolare: si capisce quindi che Petrassi possa ricordare che, mentre Schoenberg o Berg venivano eseguiti ma restavano "refrattari" al nostro clima culturale, invece "Stravinskij e Hindemith si puo' dire che fossero di casa a Roma". L'Ottetto di Stravinskij vi era stato eseguito nel 1924 e due anni dopo erano arrivati la Sonata per pianoforte, che a Venezia (Festival Simc 1924) aveva fatto scandalo per il "ritorno a Bach", e Pulcinella. Petrassi, dunque, partecipo' al concorso del 1932 con la sua Partita e la commissione, della quale facevano parte anche Casella e Respighi, lo decreto' vincitore. L'opera fu diretta da Bernardino Molinari all'Augusteo, poi inviata a un nuovo concorso, a Parigi, e anche qui vinse, guadagnando tra l'altro al suo autore il viaggio per l'esecuzione ad Amsterdam, al Festival della Societa' internazionale di musica contemporanea. L'ex commesso del negozio presso il Conservatorio era ormai un artista di fama europea: "Quel viaggio fu anche l'occasione per conoscere un po' meglio quello che succedeva nel mondo internazionale della musica. Al Festival della Simc si eseguirono infatti almeno una quindicina di autori contemporanei e l'impressione che ne riportai fu molto positiva, ma soprattutto si tradusse in un arricchimento e in una conferma della validita' del linguaggio che praticavo". * Il "barocco romano" Nella Partita, in Introduzione e Allegro (1933), altro premio Simc (insieme al Divertimento in quattro esercizi di Luigi Dallapiccola, il secondo "dioscuro" della nuova musica italiana), nel primo Concerto per orchestra (1934), l'adesione al neoclassicismo non significa erudizione arcaicizzante ne' opzione antimoderna: bastino a testimoniarlo certe allusioni jazzistiche e i ruvidi accostamenti timbrici. Per il momento, il riferimento straniero piu' esplicitamente assimilato e' Hindemith, con la sua energia motoria e il brulicante vitalismo del suo contrappunto. Stravinskij e' piu' defilato, ma sta per diventare protagonista. Non con l'invadenza tellurica gigantesca della Sagra della primavera, ne' con i "ritorni" che piu' sanno di raffinato e necrofilo esercizio parodistico, ma con la voce piu' scarna e sofferta di un capolavoro religioso: la Sinfonia di Salmi. Come un misterioso reagente, essa smuove e fa lievitare il deposito di vocalita' polifonica antica che giaceva nella memoria inconscia dell'ex fanciullo cantore: "Tutto il passato della Schola Cantorum, tutto quello che avevo accumulato dentro di me, doveva venire in qualche modo alla luce e quindi fu prepotente la necessita' di scrivere un pezzo per coro e orchestra". Composto fra il 1934 e il 1936, il pezzo in questione fu il Salmo IX, per coro, archi, ottoni e due pianoforti, una strumentazione che richiama lo Stravinskij della Sinfonia di Salmi e anche di Oedipus rex, altra scoperta recente. La scelta del testo e' particolare, perche', come ebbe a scrivere Fedele D'Amico fin dal 1938, "e' il piu' difficile, forse, dei salmi: il IX, quello della Nemesi e dell'invocazione di un dittatore", almeno secondo la lezione della Vulgata, ovviamente adottata. D'Amico ritorno' poi sulla questione, notando come nessuno, stranamente, si rendesse conto della possibilita' di interpretarla come una "allusione devota al regime", ne' durante il Ventennio, per approvarla, ne' in seguito, per deplorarla. In effetti, Petrassi, a differenza di altri intellettuali del tempo, non ha mai fatto mistero di aver tranquillamente accettato il fascismo e di averci anche, fino a un certo punto, creduto. Il Salmo IX non ha comunque alcun carattere di piaggeria: piuttosto, sottolinea che l'avvento del legislatore va chiesto a Dio "perche' gli uomini sappiano che sono uomini, ossia per dare loro una coscienza", un tema centrale nella produzione religiosa del nostro autore. Dal punto di vista musicale, e' un perfetto esempio di quello che e' stato chiamato il "barocco romano" di Petrassi: uno stile nel quale il termine "barocco", piu' che al significato alquanto ambiguo assunto nel comune lessico storico-musicale, deve essere collegato al fasto teatrale della pittura, dell'architettura e della liturgia di un certo cattolicesimo "controriformista", quello appunto conservato nella memoria della sua infanzia musicale che il compositore rievoca e celebra. Nel frattempo i successi in patria e all'estero e i tranquilli rapporti con le autorita' politiche - che peraltro, a differenza di quanto avveniva nella Germania nazista, alla cultura musicale non si interessavano piu' di tanto - avevano consentito a Petrassi una rapida carriera. Accademico di Santa Cecilia nel 1936, per dieci mesi impiegato al Minculpop, nel 1937 viene nominato sovrintendente della Fenice di Venezia: il piu' giovane sovrintendente di teatro lirico in Italia. Si potrebbe pensare che la nuova esperienza lo indirizzi verso il melodramma, tradizionale vocazione nazionale. Invece produce una nuova composizione sacra, il Magnificat, nel quale l'acquisita conoscenza del virtuosismo canoro e dell'identificazione tra voce e personaggio si esprime nell'associazione tra il timbro del soprano leggero e l'esultanza della Vergine Maria. Organizza anche il Festival della Biennale, al quale invita Hindemith, Honegger e Bela Bartok, che nel 1939 esegue con la moglie la Sonata per due pianoforti e percussione, composizione di grande audacia e originalita'. Il '39 e' anche l'anno della nomina alla cattedra di composizione del Conservatorio di Roma, che prelude al ritorno nella capitale. * La guerra e il Coro di morti Il 10 giugno 1940 l'Italia entra nella seconda guerra mondiale. Dieci giorni dopo, Petrassi inizia una nuova composizione nella serie sinfonico-corale che ormai e' il suo principale impegno. Questa volta non si tratta di un testo sacro, ma comunque di una pagina a suo modo "religiosa": il Coro di morti, inserito da Leopardi nel Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie, una delle Operette morali. Niente piu' "barocco romano", ritualita' luminosa e solenne: la scena del "teatro invisibile" (D'Amico) e' completamente cambiata, in sintonia con il mutare inquietante della situazione storica, ma anche per esigenza di interiorizzazione personale. Non a caso l'opera e' dedicata dall'autore a se stesso. Il timbro duro e spettrale di un'orchestra di ottoni, tre pianoforti, contrabbassi e percussioni non accompagna armoniosamente, ma fronteggia la scura massa vocale del coro maschile. Questo "madrigale drammatico" di cupo pessimismo, in cui il sarcasmo macabro dei fugati strumentali suona come un congedo dal neoclassicismo, e' giustamente diventato un caposaldo del Novecento e l'opera con la quale per lo piu' Petrassi viene identificato. Rappresenta anche un esito altissimo di quel "neomadrigalismo", impersonato in primis da Petrassi e dal coetaneo Luigi Dallapiccola, che invera molti anni dopo l'auspicio verdiano "torniamo all'antico e sara' un progresso": la musica italiana si rinnova attingendo alla sua piu' antica tradizione illustre, la polifonia vocale. * Un'avventura difficile: il teatro Nei duri anni della guerra, mentre vive la sua crisi personale ("Ero combattuto fra l'idea di dover lasciare alcuni valori nei quali avevo creduto e quella di rimpiazzarli con altri, di cui ignoravo completamente l'esistenza, di cui sentivo pero' la necessita'"), Petrassi partecipa a una vita musicale nazionale che, nonostante tutto, non manca di spunti stimolanti. L'episodio piu' notevole, indizio di fronda culturale interna al regime nei confronti dell'alleato tedesco, e' la rappresentazione del Wozzeck di Alban Berg all'Opera di Roma, nel 1942. Nello stesso anno Petrassi inizia a lavorare a un balletto sull'Orlando furioso, un'idea nata fin dal '36 da un incontro fiorentino con il coreografo russo Mjasin (Massine). Arriva dunque al teatro musicale nella forma coreutica, piuttosto che in quella operistica. Si tratta di una preferenza ampiamente attestata nel Novecento - basti il nome di Stravinskij - e che trova agevole giustificazione in un linguaggio che vive di motricita' ritmica e sembra invocare da se' la traduzione nel movimento fisico della danza. La motivazione principale addotta da Petrassi non si appella tuttavia a simili ragioni estetiche, ne' all'ugualmente proponibile esaurimento di una forma come il melodramma, bensi' all'indole personale: "Nell'opera, in un certo senso, bisogna denudarsi; il compositore deve parlare attraverso i personaggi, rivelando qualcosa di molto interiore dei propri sentimenti e delle proprie passioni. Questa e' una faccenda dalla quale mi sono sempre astenuto per un certo pudore". Con La follia d'Orlando, balletto non narrativo ma fondamentalmente astratto, si consolida la collaborazione tra Petrassi e il coreografo Aurelio Milloss, che gia' nel '42 aveva accettato l'idea del compositore di una versione scenica del Coro di morti. Il terzo atto di questo fruttuoso connubio fu una nuova partitura ballettistica, Ritratto di Don Chisciotte, che vide un'ancor piu' stretta cooperazione tra coreografo e musicista, come se il pudore espressivo di Petrassi si trovasse sempre piu' a suo agio nel linguaggio simbolico, allusivo e indiretto, proprio della danza. Era comunque venuto il momento del grande passo per un compositore italiano: l'opera. L'esperienza si compie ed esaurisce in pochi anni, con Il Cordovano (1948) e Morte dell'aria (1950), testimonianze di una vocazione teatrale mancata ma non per questo prive di "pungenti seduzioni intellettuali" (Tempo). Il Cordovano si pone sulla scia dei due balletti su Orlando e Don Chisciotte, accomunati dal tema della follia come smascheramento dell'ovvio quotidiano. La composizione fu intrapresa nel 1944, quasi come una terapia contro l'angoscia della guerra: "Volevo vedere se sarei riuscito a risolvere musicalmente un soggetto che a prima vista mi doveva essere estraneo in quell'atmosfera". Si tratta infatti di un'opera comica tratta da Il vecchio geloso di Cervantes, nella traduzione di Montale: un tradizionalissimo scenario da opera buffa, del quale pero' la musica sfrutta proprio la convenzionalita' per librarsi in una sua superiore sfera di autonomia espressiva. In tal modo Petrassi, se pare estraneo a una concezione tradizionale del teatro d'opera, rientra invece a pieno titolo in quel filone di drammaturgia musicale novecentesca che annovera tra gli altri Stravinskij e Ravel e che ha scelto programmaticamente la scomposizione alchemica di quei fattori costitutivi che invece l'Ottocento romantico aveva ostinatamente cercato di fondere nel Wort-Ton-Drama wagneriano. Una drammaturgia certamente piu' cerebrale e meno emotiva, che mira a provocare l'intelligenza dello spettatore piu' che a favorirne l'immedesimazione con quanto accade sulla scena. La provocazione immoralistica e sensuale del Cordovano diventa paradosso esistenziale, quasi alla Camus, in Morte dell'aria, tragedia in un atto su testo del pittore Toti Scialoja. Novello Don Chisciotte, l'Inventore, con la sua sublime folle fedelta' a un ideale che pure sa destinato al fallimento, trova la dolente partecipazione e solidarieta' del Coro, vero protagonista nascosto. La sua purissima, trascendentale voce femminile avvolge una vicenda che sulla scena visibile si declina tutta al maschile, tra la morbosa curiosita' della folla, la chiacchiera superficiale dei Cronisti, l'ottusa ufficialita' del Questore, la disperata consapevolezza dell'Inventore e l'impotente pieta' del Custode. * Una voce per l'uomo La centralita' del coro in tutta l'opera, e in particolare il madrigale conclusivo di Morte dell'aria, preparano il ritorno di Petrassi a quell'espressione sinfonico-corale che aveva segnato la sua prima maturita' compositiva. E' in questa forma prediletta che l'autore sceglie di cercare la risposta al travaglio esistenziale documentato dalla breve, intensa e irrisolta stagione teatrale. Tale problematica risposta e' la cantata per coro misto e orchestra Noche oscura (1950-51), su testo di san Giovanni della Croce. Non si tratta di una riedizione del "barocco romano", con le sue certezze luminose e talvolta un po' ridondanti: il linguaggio di Petrassi si e' fatto sempre piu' mobile e inquieto, non piu' inquadrabile nella sicurezza tonale neoclassica, anche se rifiuta l'adesione formale al serialismo dodecafonico, che invece ha trovato la sua "via italiana" con Dallapiccola. Come accade piu' o meno negli stessi anni a Stravinskij, anche Petrassi compie una marcia di avvicinamento al serialismo del tutto scevra da prese di posizione ideologiche o rincorse esteriori alla moda, ma conseguente a personalissime esigenze di decantazione e sviluppo del proprio linguaggio e, insieme, della propria interiorita'. Cosi' si potrebbe vedere nella cellula di quattro note, imparentata con la sigla "Bach" (si bemolle-la-do-si, secondo la denominazione tedesca delle note), "questo simbolo sacro per tutti i musicisti", nella sua permanenza sotto continue mutazioni, la personale adesione all'idea seriale, ma anche la spoliazione, la riduzione all'essenziale, l'immobilita' contemplativa, l'ineffabilita' dell'estasi mistica. La fede laica tragica e paradossale di Morte dell'aria riconquista la dimensione religiosa della speranza. Come ha scritto Fedele D'Amico, "Petrassi ci rappresenta un mondo percorso da tensioni estreme di cui ignoriamo il senso", nel quale tuttavia "l'io represso non si rassegna a morire" ne' ad essere mero "prodotto del mondo", ma si impone come "un cristiano mistero, un valore esistente anche nella sua eclissi". Gli ultimi decenni di attivita' vedono dunque la costante presenza dell'ispirazione religiosa. La scelta e' deliberata e consapevole, fatto piuttosto raro nella carriera di un autore poco portato ai proclami: "Nel momento in cui si sbandierava l'impegno dei musicisti, un impegno che doveva essere politico trasformando la musica in una specie di lotta politica, io scrissi Propos d'Alain, e questa partitura rappresenta uno dei pochi casi in cui mi sono aperto umanamente e socialmente". Propos d'Alain (1960) per baritono e 12 esecutori, da uno dei Propos sur le Christianisme (1924) di Emile-Auguste Chartier (Alain), nasce da una commissione del Terzo programma radiofonico. Il testo esalta l'"uomo di Dio", che non lascia vincere lo spirito di verita' dalla menzogna imperante, ne' si lascia sedurre dal potere, consapevole che la giustizia non puo' nascere dalla violenza: "Quel detto, ad esempio, che un Cesare vale l'altro, e' contro il potere, contro qualunque potere, qualunque potere che non sia un potere umano che discenda da una ragione e da un valore", dichiara Petrassi. E per fare ammenda di aver "contaminato" la sua arte con le esigenze economiche della musica commerciale, componendo per esempio musica da film (peraltro la sua colonna sonora per La Bibbia venne protestata da John Huston), nel 1965 si impone la veste severa del coro a cappella nei Mottetti per la Passione (1965). Tre anni dopo, vengono le Beatitudines: Testimonianza per Martin Luther King (1968-69). Come in Propos d'Alain, e' la voce di baritono, accompagnata da 5 strumenti, a proclamare "verita' [...] che riguardano soprattutto la giustizia". Ma la lettura del testo evangelico di Matteo suggerita dalla musica, dove l'enfatica declamazione del Verbo cade nel desolato, insensibile tessuto strumentale, e' che "questa giustizia non e' realizzabile": l'"uomo di Dio" di Alain e' diventato il martire Martin Luther King. La curvatura pessimistica del sentimento religioso si conferma nelle successive Orationes Christi (1974-75) per coro misto, ottoni, viole e violoncelli; e tuttavia qui l'esito finale si apre alla speranza della redenzione attraverso l'accettazione del dolore. Cosi', dopo l'"obolo francescano" delle Laudes creaturarum (1982), Petrassi completa l'ultimo di Tre cori sacri (1980-83): essi percorrono i punti salienti del Credo, in prospettiva cristologica, dall'Et incarnatus, attraverso il Crucifixus, fino all'Et resurrexit. Negli ultimi anni, Petrassi accarezzo' l'idea di una Messa: scrisse il Kyrie (1986), che rimase l'ultimo suo lavoro compiuto, e inizio' il Gloria, mai portato a termine. Doveva essere una messa "non spettacolare", "se non proprio sussurrata, sicuramente fuori da tutte le convenzioni, anche se poi impossibile da eseguire in chiesa". Il "barocco romano" era davvero lontanissimo. * Caleidoscopio strumentale Se nella produzione vocale, religiosa, si trova piu' facilmente il senso profondo del suo operare artistico, non si puo' trascurare la ricchissima produzione strumentale, nella quale e' invece piu' evidente l'incessante rinnovamento del linguaggio o, come la chiamava Petrassi, la sua continua "mutazione". I due lati di questa creativita' sono ovviamente complementari e interdipendenti: lo stesso autore indicava il Poema per archi e trombe come continuazione delle Orationes, ed e' pure possibile individuare un filo che lega Beatitudines, Ottavo concerto, Orationes Christi e Poema alla luce della beatitudine negata, del dramma della divinita' incarnata il cui sacrificio, consegnato alla responsabilita' dell'uomo, potrebbe anche essere rifiutato e disperso. Un percorso quasi ovvio lungo le "mutazioni" del linguaggio strumentale e' quello attraverso gli otto Concerti per orchestra. Il titolo, assegnato come si e' visto a un lavoro del 1934, venne ripreso nel 1951, peraltro dopo un sostanzioso prologo cameristico, la Sonata per clavicembalo e dieci strumenti (1948). Al Secondo concerto fecero poi seguito con regolarita' pressoche' annuale Terzo (1953), Quarto (1954), Quinto (1955) e Sesto (1956-57). Tra questo e il Settimo (1964) si pone una cesura colmata nuovamente da un'importantissima produzione cameristica (Quartetto per archi, 1958; Serenata per flauto, viola, contrabbasso, clavicembalo e percussione, 1958, Trio per archi, 1959; Seconda Serenata - Trio per arpa, chitarra e mandolino, 1962): in questi anni si colloca una "mutazione" molto profonda, che Mila ha definito "strutturalismo atematico", ossia "stile strumentale astratto che e' somma concretezza, cioe' prosciugamento del suono da qualsiasi riferimento espressivo esterno e sua trasformazione in segnali-personaggi, in se' e per se' significanti, dotati d'intrinseca virtu' drammatica". Negli anni successivi, mentre continua il lavoro sui complessi da camera piu' insoliti, la serie dei Concerti si arricchisce dell'Ottavo e ultimo (1972), composto su ordinazione della Chicago Symphony Orchestra e dedicato a Carlo Maria Giulini, che ne diresse la prima esecuzione. In questa caleidoscopica produzione strumentale Petrassi compie un cammino parallelo a quello delle avanguardie della "Nuova Musica", rispetto alle quali si mantiene volutamente in disparte: non crede che esista un "anno zero", ma ha il coraggio di non fermarsi sulle posizioni acquisite. Cosi', mentre tante sperimentazioni si esauriscono senza dare frutti, la paziente ricerca di Petrassi matura "una idea di consequenzialita' diversa da quella tradizionale: [...] un susseguirsi di idee che nella loro diversita' devono alla fine avere una parentela". Continuita' senza ripetizione: questo esito stilistico maturo e' anche la cifra che consente di leggere l'insieme della produzione di Petrassi. Essa si configura come un'autentica autobiografia del XX secolo musicale, proprio perche' ha saputo, come diceva con sorridente polemica nei confronti dei furori costruttivisti di Darmstadt dissoltisi nelle successive anarchie aleatorie, "osservare ed aspettare che attraverso tutte queste doglie la musica moderna arrivasse a generare finalmente qualche cosa di solido e di definitivo, di pacificato". * Sulle orme di Palestrina 1904 Nasce il 16 luglio a Zagarolo, presso Palestrina (Roma). 1913-19 Fa parte della Schola cantorum di San Salvatore in Lauro a Roma. 1925 Inizia a studiare armonia con Vincenzo Di Donato. 1928 Studia composizione con A. Bustini e organo con F. Germani al Conservatorio di Roma, diplomandosi rispettivamente nel 1932 e 1933. 1932 La Partita per orchestra vince il concorso nazionale del Sindacato dei musicisti e quello internazionale della Simc. 1934 Primo Concerto per orchestra, Salmo IX. 1937-40 Sovrintendenza del Teatro La Fenice di Venezia. 1939 Nomina alla cattedra di composizione al Conservatorio di Roma. 1941 Prime esecuzioni di Coro di morti e Magnificat. 1944 Comincia a comporre l'opera Il Cordovano. 1947 Prime dei balletti La follia di Orlando e Ritratto di don Chisciotte. 1949 Il Teatro alla Scala presenta in prima assoluta Il Cordovano. 1950 Prima rappresentazione al Teatro Eliseo di Roma di Morte dell'aria. 1951 Prima esecuzione di Noche oscura (Strasburgo). Corso estivo di composizione al Mozarteum di Salisburgo. 1952 Paul Sacher commissiona il Secondo concerto, per il venticinquesimo anniversario dell'Orchestra da Camera di Basilea. 1954 Viene nominato presidente della Simc, in carica fino al 1956. La Boston Symphony Orchestra gli commissiona il Quinto concerto per orchestra eseguito, sotto la direzione di Charles Muench, durante la prima visita negli Stati Uniti nel 1955. 1956 Secondo viaggio negli Stati Uniti, su invito della Fondazione Koussevitzky e del Dipartimento di Stato, per un corso di composizione a Tanglewood. 1960-78 Cattedra di perfezionamento in composizione all'Accademia di Santa Cecilia. 1962 Presenta al Festival veneziano i Propos d'Alain. Sposa la pittrice Rosetta Acerbi. 1965 Prima esecuzione del Settimo concerto. 1966-68 Insegna composizione ai corsi estivi dell'Accademia Chigiana di Siena. 1966 A Siena vengono presentati i Mottetti per la Passione. Lo Hopkins Center di Hanover, Usa, gli commissiona Estri. 1967 A Siena, prima di Tre per sette. 1969 Gazzelloni presenta Souffle. Prima esecuzione di Beatitudines. 1972 Carlo Maria Giulini dirige a Chicago la prima dell'Ottavo concerto. 1975 Prima esecuzione di Orationes Christi alla Rai di Roma. 1981 Al Festival della Biennale viene eseguito Poema per archi e trombe, opera commissionata dalla Rai. 1982 All'Accademia Chigiana di Siena viene eseguita Sestina d'autunno per sei strumenti, dedicata alla memoria di Igor Stravinskij; alla Sagra musicale umbra ad Assisi, Laudes creaturarum. 1986 Ultima composizione completata, il Kyrie. 1990 Viene nominato Dottore Honoris Causa dall'Universit‡ degli Studi "La Sapienza" di Roma. 2003 Muore a Roma nella notte tra il 2 e il 3 marzo. * Per conoscere Petrassi Il testo di riferimento e' Autori Vari, Petrassi, a cura di Enzo Restagno, Edt, Torino 1986, 1992. Include una lunga conversazione autobiografica con Restagno raccolta nell'aprile del 1986; i singoli aspetti dell'opera sono analizzati in saggi monografici di Orazio Mula, Fiamma Nicolodi, Fedele D'Amico, Massimo Mila, Giorgio Pugliaro, Giordano Montecchi, Piero Santi, Claudio Tempo, Sergio Sablich, Gian Paolo Minardi, Piero Rattalino, Leonardo Pinzauti. Comprende inoltre un'intervista al coreografo Aurelio Milloss e interventi di Sylvano Bussotti, Elliott Carter, Aldo Clementi, Franco Donatoni e Guido Turchi. Su un aspetto piu' specifico, ma essenziale, si veda anche Maurizio Billi, Goffredo Petrassi. La produzione sinfonico-corale, Sellerio, Palermo 2002. Include brani di conversazione con Petrassi raccolti nell'ottobre del 1991. * Opere essenziali Concerti per orchestra (edizione integrale): direttore Zoltan Pesko, 3 cd Warner Fonit Wfo 857383274. Serenata, Laudes creaturarum, Invenzioni, Duetto, Grand Septuor: Gruppo Musica d'Oggi di Roma, direttore Fabio Maestri, cd Bongiovanni 5534. Concerto per flauto, Souffle, Romanzetta, Ala, Dialogo angelico: Mario Ancillotti, flauto, direttore Hubert Soudant, cd Koch 31524. Coro di morti, Quattro inni sacri, Salmo IX: Antonio Ballista, Bruno Canino, Eli Perrotta, pianoforti; Coro Polifonico e Orchestra Sinfonica di Milano della Rai, direttore Goffredo Petrassi, cd Datum 90001. Sonata da camera, Beatitudines, Grand Septuor, Sestina d'autunno: ensemble Compania, direttore Andrea Molino, cd Stradivarius 33347. Quartetto per archi: Quartetto Borciani, cd Stradivarius 33341. Trio per violino, viola e violoncello: Trio Contrechamps, cd Stradivarius 33481. Sesto Non-Senso, Sonata da camera, Recreation Concertante (= Concerto per orchestra n. 3), Quattro inni sacri, Noche oscura: Bruno Canino, clavicembalo, direttore Bruno Martinotti, cd Aura 153 oppure cd Ermitage 145. Il Cordovano: direttore Marcello Panni, cd Agora' Ricordi 1005. Frammento, Concerto per flauto, Poema per archi e trombe, Kyrie, Ritratto di Don Chisciotte: Gianpaolo Pretto, flauto; direttore Arturo Tamayo, cd Stradivarius 33552. Composizioni per pianoforte (edizione integrale): Roberto Prosseda, cd Fone' 2049. 4. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 5. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 610 del 16 ottobre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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