Minime. 610



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 610 del 16 ottobre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Piercarlo Racca: L'eredita' di Aldo Capitini, il Movimento Nonviolento
2. Un incontro con Ferdinando Imposimato a Nepi
3. Marina Verzoletto: Goffredo Petrassi
4. La "Carta" del Movimento Nonviolento
5. Per saperne di piu'

1. MEMORIA. PIERCARLO RACCA: L'EREDITA' DI ALDO CAPITINI, IL MOVIMENTO
NONVIOLENTO
[Ringraziamo Piercarlo Racca (per contatti: piercarlo.racca at fastwebnet.it)
per questo intervento]

Il 19 ottobre di 40 anni fa moriva Aldo Capitini. Cosa rimane oggi della sua
azione e del suo insegnamento a 40 anni dalla sua morte? Per rispondere a
questa domanda basta leggere e documentarsi su quanto si e' scritto su di
lui, sulla sua vita, sul suo pensiero. Abbiamo avuto un "Gandhi italiano"
che ha seminato molto ma che non ha avuto il tempo di raccogliere.
A noi in particolare rimane il fatto che ha fondato il Movimento Nonviolento
e la rivista "Azione nonviolenta" che sono diventati un punto di riferimento
importante per chi oggi vuole vivere e agire politicamente partendo dai
principi che ispirano l'azione nonviolenta.
Ci ha lasciato un vasto patrimonio di esperienze e riflessioni che dopo la
sua morte sempre piu' viene studiato e diffuso, a conferma di questa
crescita dell'attenzione e degli studi sempre piu' libri e tesi di laurea
sul suo pensiero politico e religioso sono stati realizzati in questi ultimi
anni.
Noi che aderiamo al Movimento Nonviolento e ci abboniamo ad "Azione
nonviolenta" possiamo, senza falsa modestia, definirci eredi, e per cosi'
dire "figli" o "nipoti" di Capitini - o semplicemente nonviolenti,
orgogliosi di esserlo e di tenere in piedi quelle sue due creature.

2. INCONTRI. UN INCONTRO CON FERDINANDO IMPOSIMATO A NEPI
[Dalla sezione "Emilio Sugoni" dell'Anpi, dal comitato "Nepi per la pace" e
dall'associazione Liberagora' riceviamo e diffondiamo il seguente comunicato
dal titolo "Il magistrato Ferdinando Imposimato a Nepi. La necessita' di
rispettare ed attuare pienamente la Costituzione della Repubblica"]

Martedi' 14 ottobre 2008, nella sala consiliare del Comune di Nepi (Vt), si
e' svolto l'incontro con il magistrato Ferdinando Imposimato.
All'iniziativa, promossa dalla sezione "Emilio Sugoni" dell'Anpi
(Associazione Nazionale Partigiani d'Italia), dal comitato "Nepi per la
pace" e dall'associazione Liberagora', hanno preso parte anche vari sindaci
e pubblici amministratori di Nepi e dei Comuni vicini.
Ferdinando Imposimato, una tra le piu' belle e limpide figure di magistrato
ed uomo delle istituzioni che l'Italia possa vantare nella lotta al crimine,
al terrorismo e alla mafia, e' intervenuto sul tema: "le nuove frontiere dei
diritti inviolabili dell'uomo". Nella sua chiara ed efficace esposizione il
magistrato ha evidenziato come la Carta costituzionale della Repubblica
Italiana non sia ancora pienamente realizzata ma anzi sia spesso violata a
cominciare dai diritti che tutelano la salute, il lavoro dignitoso e sicuro,
il patrimonio ambientale, storico ed artistico, il diritto all'istruzione e
alla solidarieta', e come con la partecipazione dell'Italia alla guerra in
Afghanistan sia violato anche l'art. 11 che stabilise che "L'Italia ripudia
la guerra".
Il magistrato ha sottolineato la necessita' di un adeguamento del Codice
penale, risalente nella sua stesura originaria al 1930, perche' vi siano
recepiti i diritti sanciti dalla Costituzione.
Ha poi illustrato la tendenza attuale a ridurre gli spazi di democrazia e
partecipazione dei cittadini attraverso leggi come il cosiddetto "lodo
Alfano" che prevede l'immunita' per ogni reato commesso da chi ricopre una
delle quattro piu' alte cariche dello Stato, l'attuale legge elettorale
priva delle preferenze e con uno sbarramento che si vorrebbe sempre piu'
elevato, la mancanza di una legge sul conflitto d'interessi e la gravita' di
quella che ha depenalizzato il falso in bilancio, leggi che rendono i
cittadini non piu' uguali in doveri e diritti come  invece sancito dall'art.
3 della Costituzione, leggi che tendono a fare del popolo un popolo di
sudditi e non piu' di liberi ed uguali cittadini.
Nel suo intervento Imposimato ha anche rievocato la vicenda del sequestro e
dell'uccisione di Aldo Moro di cui ha seguito personalmente il caso come
giudice istruttore, una vicenda emblematica della tragica storia recente
italiana e dei complessi intrecci tra il terrorismo, la loggia massonica P2
guidata da Licio Gelli, i servizi segreti deviati e alcuni uomini delle
istituzioni e della politica che ancora oggi occupano purtroppo posti di
rilievo nello  scenario politico.
Sollecitato, poi, dalle tante domande di un pubblico numeroso ed attento,
Imposimato ha dato indicazioni di come attraverso gli strumenti delle leggi
nazionali ed europee si possa operare per ostacolare le aggressioni
ambientali al territorio e quindi alla salute, contrastare le infiltrazioni
criminali sempre piu' forti anche nella nostra provincia, e soprattutto far
valere i diritti della Carta Costituzionale anche elaborando dei nuovi
modelli di azione legale come la class action.
L'incontro e' stato di grande importanza anche per l'approfondimento di
tante problematiche locali alla luce della Carta Costituzione e della grande
esperienza istituzionale di Ferdinando Imposimato, un magistrato e un uomo
al quale la maggior parte degli italiani guarda con ammirazione, affetto e
riconoscenza.

3. PROFILI. MARINA VERZOLETTO: GOFFREDO PETRASSI
[Dal mensile "Letture", n. 608, giugno-luglio 2004, col titolo "Goffredo
Petrassi" e il sommario "Cantore, commesso in un negozio di dischi, studente
e poi docente di Conservatorio, sovrintendente e - ovviamente - compositore:
per tutta la sua vita, lunga quasi un secolo, e' stato legato all'universo
della musica"]

Era arrivato alla soglia del secolo di vita ancora lucidamente consapevole
della realta' musicale contemporanea, anche se dal 1987 l'indebolimento
progressivo della vista - destino comune a Bach e Haendel - lo aveva indotto
ad abbandonare la composizione. Goffredo Petrassi avrebbe compiuto cent'anni
il 16 luglio. Con la sua scomparsa, nella notte fra il 2 e il 3 marzo 2003,
seguita a breve distanza da quella del ben piu' giovane Luciano Berio, il
Novecento musicale italiano trova il suo sigillo e sollecita un bilancio.
*
Un destino "segnato"
Piu' che al secolo XX, in verita', la biografia umana e artistica di
Petrassi nei suoi primi anni sembra appartenere a un'altra epoca, un altro
mondo. Il suo luogo natio, Zagarolo, ospita Palazzo Rospigliosi, dimora nel
Seicento di quel cardinale Giulio Rospigliosi che, prima di diventare papa
Clemente IX, si distinse come librettista d'opera. A pochi chilometri, poi,
c'e' Palestrina, patria del piu' illustre musicista cattolico del
Cinquecento. "Rospigliosi da una parte, Palestrina dall'altra, il mio
destino era segnato e io l'ho seguito", era la sorridente constatazione del
maestro, raccolta da Enzo Restagno nella conversazione autobiografica da cui
togliamo questa e successive citazioni.
Come un fanciullo dei secoli passati, il piccolo Goffredo entra nel mondo
della musica tra i pueri cantores della Schola di San Salvatore in Lauro,
l'istituto che frequento' dopo il trasferimento a Roma con la famiglia, nel
1911. La Schola quotidianamente serviva la Cappella Giulia di San Pietro e
gli allievi ricevevano una formazione professionale nel repertorio in uso
presso le basiliche: Palestrina e gli altri compositori della Scuola romana,
i fiamminghi e anche autori ottocenteschi o "moderni". In questa Roma
pontificia, dove sopravvivevano l'illuminazione a gas, il tram a cavalli e
la transumanza delle pecore attraverso piazza Colonna, Petrassi fece persino
in tempo a conoscere un relitto storico-musicale: gli ultimi due castrati,
che in occasione delle celebrazioni piu' solenni rinforzavano le voci
infantili e le rimettevano in riga quando calavano d'intonazione.
*
Scene di una boheme
A quindici anni, passata la Grande guerra, ritroviamo l'ormai ex fanciullo
cantore impiegato come commesso in un negozio di musica. Non era un negozio
qualunque: aperto per conto della Fipt (Fabbriche italiane di pianoforti
Torino) da "un tipo eccentrico di torinese molto testardo, ma molto acuto",
aveva un reparto riservato alla musica moderna. Per questa peculiarita',
unica nella Roma del tempo, al negozio di via della Stelletta, poi
trasferito in via del Corso, affluiva una clientela d'eccezione, interessata
alle novita' di quel genere: Lord Berners, un eccentrico mecenate e
compositore dilettante inglese; Alfredo Casella e Ildebrando Pizzetti,
maestri della "generazione dell'Ottanta"; poeti come Arturo Onofri. Da
questa circostanza derivarono incontri decisivi.
Un giorno Alessandro Bustini, professore al Conservatorio, senti' dal
retrobottega del negozio qualcuno che su un pianoforte studiava le
Arabesques di Debussy. Era il giovane commesso, che, disponendo sul luogo di
lavoro di tanti spartiti e di quello strumento, aveva iniziato a suonarlo da
dilettante autodidatta. Bustini se lo prese come allievo privato, dandogli
gratis lezioni alla domenica, unico giorno libero del ragazzo. Giunto il
momento dell'esame di corso inferiore, e quindi dei primi studi di armonia
complementare, fu affidato a Vincenzo Di Donato, che ne incoraggio' il
talento insegnandogli invece armonia principale e contrappunto. D'accordo
con Bustini, per Petrassi a ventiquattro anni venne quindi il momento di
entrare in Conservatorio, non nella classe di pianoforte ("non avevo alcuna
propensione a diventare anche solo un mediocre pianista"), ma in quella di
composizione. La disordinata boheme del giovane artista trovava finalmente
la strada maestra di una formazione sistematica, anche se la vita quotidiana
continuava all'insegna della precarieta'. Lasciato intorno al 1927-'28 il
mestiere di commesso, Petrassi si guadagnava da vivere dando lezioni
private, accompagnando cantanti, suonando in orchestra: "La batteria, i
campanelli, il triangolo... queste piccole cose. Ero chiamato molto spesso e
questo fu uno dei periodi piu' importanti della mia professione, perche'
suonando in orchestra, nelle viscere dell'orchestra, ho imparato tutto il
mestiere".
Nel frattempo, i gusti del futuro compositore avevano per il momento
lasciato cadere e sedimentare in un fondo di memoria inconscia il retaggio
polifonico del fanciullo cantore per orientarsi verso altre, piu' moderne
passioni: l'opera al Costanzi, il Teatro dell'Indipendente di Anton Giulio
Bragaglia, i concerti sinfonici all'Augusteo. Se la cultura musicale
"borghese" restava alquanto provinciale, cosi' come quella del Conservatorio
e dell'Accademia di Santa Cecilia, istituzioni come l'Augusteo e la
Filarmonica romana erano invece aperte a tutte le novita' internazionali.
L'episodio piu' significativo fu l'esecuzione del Pierrot lunaire di
Schoenberg, diretta dall'autore e promossa da Casella nel 1924: "Assistetti,
non ci capii nulla", confessa Petrassi, "ma rimasi molto traumatizzato dal
fatto di essere messo in contatto con una visione della musica del tutto
estranea, completamente diversa da tutte quelle che fino allora avevo
frequentato".
Colui che gli aveva aperto uno spiraglio sulle inaudite novita' della
Seconda Scuola di Vienna, sarebbe stato piu' tardi decisivo per la sua
carriera. Gli studi di conservatorio erano ormai in dirittura d'arrivo e nel
luglio del 1932 Casella assistette al saggio degli allievi dell'ultimo anno
di composizione. Favorevolmente impressionato dai Tre cori del diplomando
Petrassi, volle congratularsi personalmente con l'autore. Inizio' cosi' una
frequentazione diventata subito amicizia per la vita. Forte della stima di
un maestro tanto prestigioso, Petrassi pote' superare i comprensibili dubbi
di chi arrivava al diploma di conservatorio a un'eta' non proprio precoce e
si chiedeva se la musica fosse davvero il destino al quale legare la propria
esistenza.
*
Una Partita e due vittorie
A spazzare via le ultime esitazioni, proiettandolo di colpo sulla ribalta
internazionale, venne il successo della Partita. Il Sindacato fascista dei
musicisti aveva bandito un concorso di composizione, proponendo come temi
una Sinfonia e una Partita, ossia una suite di danze, per la quale, in
omaggio all'autarchia linguistica, si ripesco' l'antica denominazione
italiana in luogo dell'usuale francesismo. Tra la fine del XIX e l'inizio
del XX secolo, del resto, un'intera generazione di musicologi e compositori
aveva risvegliato dal sonno di archivi e biblioteche i tesori della
tradizione strumentale italiana: basti pensare, fra i musicologi, a Luigi
Torchi e Fausto Torrefranca, e fra i compositori, a Respighi, che fin dal
1906 lavorava a trascrivere Ariosti e Vivaldi, Veracini e Vitali, e nel 1917
elaboro' la prima delle sue suites di Antiche arie e danze per liuto. Il
1917 e' anche l'anno in cui a Parigi Sergej Djagilev e i suoi Balletti russi
presentano Le donne di buon umore, coreografia di Massine su sonate di
Domenico Scarlatti orchestrate da Vincenzo Tomassini: e' l'esordio del
"neoclassicismo", cui Stravinskij da' il suo primo fondamentale contributo
nel 1920 (Pulcinella, su musiche di, o attribuite a, Pergolesi). Per una
volta, dunque, gli italiani avevano precorso i tempi. Anche Casella, passati
i furori modernisti, si era adeguato: sono degli anni Venti la Partita per
pianoforte e orchestra, il Concerto romano per organo, la Scarlattiana, la
Serenata per cinque strumenti. All'inizio degli anni Trenta, il
neoclassicismo era ormai consolidato quale moda imperante nel panorama
musicale internazionale e in Italia, piu' per il retroterra storico di cui
si e' detto che per il contesto creato dal regime fascista, assumeva una
valenza particolare: si capisce quindi che Petrassi possa ricordare che,
mentre Schoenberg o Berg venivano eseguiti ma restavano "refrattari" al
nostro clima culturale, invece "Stravinskij e Hindemith si puo' dire che
fossero di casa a Roma". L'Ottetto di Stravinskij vi era stato eseguito nel
1924 e due anni dopo erano arrivati la Sonata per pianoforte, che a Venezia
(Festival Simc 1924) aveva fatto scandalo per il "ritorno a Bach", e
Pulcinella.
Petrassi, dunque, partecipo' al concorso del 1932 con la sua Partita e la
commissione, della quale facevano parte anche Casella e Respighi, lo
decreto' vincitore. L'opera fu diretta da Bernardino Molinari all'Augusteo,
poi inviata a un nuovo concorso, a Parigi, e anche qui vinse, guadagnando
tra l'altro al suo autore il viaggio per l'esecuzione ad Amsterdam, al
Festival della Societa' internazionale di musica contemporanea. L'ex
commesso del negozio presso il Conservatorio era ormai un artista di fama
europea: "Quel viaggio fu anche l'occasione per conoscere un po' meglio
quello che succedeva nel mondo internazionale della musica. Al Festival
della Simc si eseguirono infatti almeno una quindicina di autori
contemporanei e l'impressione che ne riportai fu molto positiva, ma
soprattutto si tradusse in un arricchimento e in una conferma della
validita' del linguaggio che praticavo".
*
Il "barocco romano"
Nella Partita, in Introduzione e Allegro (1933), altro premio Simc (insieme
al Divertimento in quattro esercizi di Luigi Dallapiccola, il secondo
"dioscuro" della nuova musica italiana), nel primo Concerto per orchestra
(1934), l'adesione al neoclassicismo non significa erudizione arcaicizzante
ne' opzione antimoderna: bastino a testimoniarlo certe allusioni jazzistiche
e i ruvidi accostamenti timbrici. Per il momento, il riferimento straniero
piu' esplicitamente assimilato e' Hindemith, con la sua energia motoria e il
brulicante vitalismo del suo contrappunto. Stravinskij e' piu' defilato, ma
sta per diventare protagonista. Non con l'invadenza tellurica gigantesca
della Sagra della primavera, ne' con i "ritorni" che piu' sanno di raffinato
e necrofilo esercizio parodistico, ma con la voce piu' scarna e sofferta di
un capolavoro religioso: la Sinfonia di Salmi. Come un misterioso reagente,
essa smuove e fa lievitare il deposito di vocalita' polifonica antica che
giaceva nella memoria inconscia dell'ex fanciullo cantore: "Tutto il passato
della Schola Cantorum, tutto quello che avevo accumulato dentro di me,
doveva venire in qualche modo alla luce e quindi fu prepotente la necessita'
di scrivere un pezzo per coro e orchestra". Composto fra il 1934 e il 1936,
il pezzo in questione fu il Salmo IX, per coro, archi, ottoni e due
pianoforti, una strumentazione che richiama lo Stravinskij della Sinfonia di
Salmi e anche di Oedipus rex, altra scoperta recente. La scelta del testo e'
particolare, perche', come ebbe a scrivere Fedele D'Amico fin dal 1938, "e'
il piu' difficile, forse, dei salmi: il IX, quello della Nemesi e
dell'invocazione di un dittatore", almeno secondo la lezione della Vulgata,
ovviamente adottata. D'Amico ritorno' poi sulla questione, notando come
nessuno, stranamente, si rendesse conto della possibilita' di interpretarla
come una "allusione devota al regime", ne' durante il Ventennio, per
approvarla, ne' in seguito, per deplorarla. In effetti, Petrassi, a
differenza di altri intellettuali del tempo, non ha mai fatto mistero di
aver tranquillamente accettato il fascismo e di averci anche, fino a un
certo punto, creduto. Il Salmo IX non ha comunque alcun carattere di
piaggeria: piuttosto, sottolinea che l'avvento del legislatore va chiesto a
Dio "perche' gli uomini sappiano che sono uomini, ossia per dare loro una
coscienza", un tema centrale nella produzione religiosa del nostro autore.
Dal punto di vista musicale, e' un perfetto esempio di quello che e' stato
chiamato il "barocco romano" di Petrassi: uno stile nel quale il termine
"barocco", piu' che al significato alquanto ambiguo assunto nel comune
lessico storico-musicale, deve essere collegato al fasto teatrale della
pittura, dell'architettura e della liturgia di un certo cattolicesimo
"controriformista", quello appunto conservato nella memoria della sua
infanzia musicale che il compositore rievoca e celebra.
Nel frattempo i successi in patria e all'estero e i tranquilli rapporti con
le autorita' politiche - che peraltro, a differenza di quanto avveniva nella
Germania nazista, alla cultura musicale non si interessavano piu' di tanto -
avevano consentito a Petrassi una rapida carriera. Accademico di Santa
Cecilia nel 1936, per dieci mesi impiegato al Minculpop, nel 1937 viene
nominato sovrintendente della Fenice di Venezia: il piu' giovane
sovrintendente di teatro lirico in Italia. Si potrebbe pensare che la nuova
esperienza lo indirizzi verso il melodramma, tradizionale vocazione
nazionale. Invece produce una nuova composizione sacra, il Magnificat, nel
quale l'acquisita conoscenza del virtuosismo canoro e dell'identificazione
tra voce e personaggio si esprime nell'associazione tra il timbro del
soprano leggero e l'esultanza della Vergine Maria. Organizza anche il
Festival della Biennale, al quale invita Hindemith, Honegger e Bela Bartok,
che nel 1939 esegue con la moglie la Sonata per due pianoforti e
percussione, composizione di grande audacia e originalita'. Il '39 e' anche
l'anno della nomina alla cattedra di composizione del Conservatorio di Roma,
che prelude al ritorno nella capitale.
*
La guerra e il Coro di morti
Il 10 giugno 1940 l'Italia entra nella seconda guerra mondiale. Dieci giorni
dopo, Petrassi inizia una nuova composizione nella serie sinfonico-corale
che ormai e' il suo principale impegno. Questa volta non si tratta di un
testo sacro, ma comunque di una pagina a suo modo "religiosa": il Coro di
morti, inserito da Leopardi nel Dialogo di Federico Ruysch e delle sue
mummie, una delle Operette morali. Niente piu' "barocco romano", ritualita'
luminosa e solenne: la scena del "teatro invisibile" (D'Amico) e'
completamente cambiata, in sintonia con il mutare inquietante della
situazione storica, ma anche per esigenza di interiorizzazione personale.
Non a caso l'opera e' dedicata dall'autore a se stesso. Il timbro duro e
spettrale di un'orchestra di ottoni, tre pianoforti, contrabbassi e
percussioni non accompagna armoniosamente, ma fronteggia la scura massa
vocale del coro maschile. Questo "madrigale drammatico" di cupo pessimismo,
in cui il sarcasmo macabro dei fugati strumentali suona come un congedo dal
neoclassicismo, e' giustamente diventato un caposaldo del Novecento e
l'opera con la quale per lo piu' Petrassi viene identificato. Rappresenta
anche un esito altissimo di quel "neomadrigalismo", impersonato in primis da
Petrassi e dal coetaneo Luigi Dallapiccola, che invera molti anni dopo
l'auspicio verdiano "torniamo all'antico e sara' un progresso": la musica
italiana si rinnova attingendo alla sua piu' antica tradizione illustre, la
polifonia vocale.
*
Un'avventura difficile: il teatro
Nei duri anni della guerra, mentre vive la sua crisi personale ("Ero
combattuto fra l'idea di dover lasciare alcuni valori nei quali avevo
creduto e quella di rimpiazzarli con altri, di cui ignoravo completamente
l'esistenza, di cui sentivo pero' la necessita'"), Petrassi partecipa a una
vita musicale nazionale che, nonostante tutto, non manca di spunti
stimolanti. L'episodio piu' notevole, indizio di fronda culturale interna al
regime nei confronti dell'alleato tedesco, e' la rappresentazione del
Wozzeck di Alban Berg all'Opera di Roma, nel 1942. Nello stesso anno
Petrassi inizia a lavorare a un balletto sull'Orlando furioso, un'idea nata
fin dal '36 da un incontro fiorentino con il coreografo russo Mjasin
(Massine). Arriva dunque al teatro musicale nella forma coreutica, piuttosto
che in quella operistica. Si tratta di una preferenza ampiamente attestata
nel Novecento - basti il nome di Stravinskij - e che trova agevole
giustificazione in un linguaggio che vive di motricita' ritmica e sembra
invocare da se' la traduzione nel movimento fisico della danza. La
motivazione principale addotta da Petrassi non si appella tuttavia a simili
ragioni estetiche, ne' all'ugualmente proponibile esaurimento di una forma
come il melodramma, bensi' all'indole personale: "Nell'opera, in un certo
senso, bisogna denudarsi; il compositore deve parlare attraverso i
personaggi, rivelando qualcosa di molto interiore dei propri sentimenti e
delle proprie passioni. Questa e' una faccenda dalla quale mi sono sempre
astenuto per un certo pudore".
Con La follia d'Orlando, balletto non narrativo ma fondamentalmente
astratto, si consolida la collaborazione tra Petrassi e il coreografo
Aurelio Milloss, che gia' nel '42 aveva accettato l'idea del compositore di
una versione scenica del Coro di morti. Il terzo atto di questo fruttuoso
connubio fu una nuova partitura ballettistica, Ritratto di Don Chisciotte,
che vide un'ancor piu' stretta cooperazione tra coreografo e musicista, come
se il pudore espressivo di Petrassi si trovasse sempre piu' a suo agio nel
linguaggio simbolico, allusivo e indiretto, proprio della danza.
Era comunque venuto il momento del grande passo per un compositore italiano:
l'opera. L'esperienza si compie ed esaurisce in pochi anni, con Il Cordovano
(1948) e Morte dell'aria (1950), testimonianze di una vocazione teatrale
mancata ma non per questo prive di "pungenti seduzioni intellettuali"
(Tempo). Il Cordovano si pone sulla scia dei due balletti su Orlando e Don
Chisciotte, accomunati dal tema della follia come smascheramento dell'ovvio
quotidiano. La composizione fu intrapresa nel 1944, quasi come una terapia
contro l'angoscia della guerra: "Volevo vedere se sarei riuscito a risolvere
musicalmente un soggetto che a prima vista mi doveva essere estraneo in
quell'atmosfera". Si tratta infatti di un'opera comica tratta da Il vecchio
geloso di Cervantes, nella traduzione di Montale: un tradizionalissimo
scenario da opera buffa, del quale pero' la musica sfrutta proprio la
convenzionalita' per librarsi in una sua superiore sfera di autonomia
espressiva. In tal modo Petrassi, se pare estraneo a una concezione
tradizionale del teatro d'opera, rientra invece a pieno titolo in quel
filone di drammaturgia musicale novecentesca che annovera tra gli altri
Stravinskij e Ravel e che ha scelto programmaticamente la scomposizione
alchemica di quei fattori costitutivi che invece l'Ottocento romantico aveva
ostinatamente cercato di fondere nel Wort-Ton-Drama wagneriano. Una
drammaturgia certamente piu' cerebrale e meno emotiva, che mira a provocare
l'intelligenza dello spettatore piu' che a favorirne l'immedesimazione con
quanto accade sulla scena.
La provocazione immoralistica e sensuale del Cordovano diventa paradosso
esistenziale, quasi alla Camus, in Morte dell'aria, tragedia in un atto su
testo del pittore Toti Scialoja. Novello Don Chisciotte, l'Inventore, con la
sua sublime folle fedelta' a un ideale che pure sa destinato al fallimento,
trova la dolente partecipazione e solidarieta' del Coro, vero protagonista
nascosto. La sua purissima, trascendentale voce femminile avvolge una
vicenda che sulla scena visibile si declina tutta al maschile, tra la
morbosa curiosita' della folla, la chiacchiera superficiale dei Cronisti,
l'ottusa ufficialita' del Questore, la disperata consapevolezza
dell'Inventore e l'impotente pieta' del Custode.
*
Una voce per l'uomo
La centralita' del coro in tutta l'opera, e in particolare il madrigale
conclusivo di Morte dell'aria, preparano il ritorno di Petrassi a
quell'espressione sinfonico-corale che aveva segnato la sua prima maturita'
compositiva. E' in questa forma prediletta che l'autore sceglie di cercare
la risposta al travaglio esistenziale documentato dalla breve, intensa e
irrisolta stagione teatrale. Tale problematica risposta e' la cantata per
coro misto e orchestra Noche oscura (1950-51), su testo di san Giovanni
della Croce. Non si tratta di una riedizione del "barocco romano", con le
sue certezze luminose e talvolta un po' ridondanti: il linguaggio di
Petrassi si e' fatto sempre piu' mobile e inquieto, non piu' inquadrabile
nella sicurezza tonale neoclassica, anche se rifiuta l'adesione formale al
serialismo dodecafonico, che invece ha trovato la sua "via italiana" con
Dallapiccola. Come accade piu' o meno negli stessi anni a Stravinskij, anche
Petrassi compie una marcia di avvicinamento al serialismo del tutto scevra
da prese di posizione ideologiche o rincorse esteriori alla moda, ma
conseguente a personalissime esigenze di decantazione e sviluppo del proprio
linguaggio e, insieme, della propria interiorita'. Cosi' si potrebbe vedere
nella cellula di quattro note, imparentata con la sigla "Bach" (si
bemolle-la-do-si, secondo la denominazione tedesca delle note), "questo
simbolo sacro per tutti i musicisti", nella sua permanenza sotto continue
mutazioni, la personale adesione all'idea seriale, ma anche la spoliazione,
la riduzione all'essenziale, l'immobilita' contemplativa, l'ineffabilita'
dell'estasi mistica. La fede laica tragica e paradossale di Morte dell'aria
riconquista la dimensione religiosa della speranza. Come ha scritto Fedele
D'Amico, "Petrassi ci rappresenta un mondo percorso da tensioni estreme di
cui ignoriamo il senso", nel quale tuttavia "l'io represso non si rassegna a
morire" ne' ad essere mero "prodotto del mondo", ma si impone come "un
cristiano mistero, un valore esistente anche nella sua eclissi".
Gli ultimi decenni di attivita' vedono dunque la costante presenza
dell'ispirazione religiosa. La scelta e' deliberata e consapevole, fatto
piuttosto raro nella carriera di un autore poco portato ai proclami: "Nel
momento in cui si sbandierava l'impegno dei musicisti, un impegno che doveva
essere politico trasformando la musica in una specie di lotta politica, io
scrissi Propos d'Alain, e questa partitura rappresenta uno dei pochi casi in
cui mi sono aperto umanamente e socialmente". Propos d'Alain (1960) per
baritono e 12 esecutori, da uno dei Propos sur le Christianisme (1924) di
Emile-Auguste Chartier (Alain), nasce da una commissione del Terzo programma
radiofonico. Il testo esalta l'"uomo di Dio", che non lascia vincere lo
spirito di verita' dalla menzogna imperante, ne' si lascia sedurre dal
potere, consapevole che la giustizia non puo' nascere dalla violenza: "Quel
detto, ad esempio, che un Cesare vale l'altro, e' contro il potere, contro
qualunque potere, qualunque potere che non sia un potere umano che discenda
da una ragione e da un valore", dichiara Petrassi. E per fare ammenda di
aver "contaminato" la sua arte con le esigenze economiche della musica
commerciale, componendo per esempio musica da film (peraltro la sua colonna
sonora per La Bibbia venne protestata da John Huston), nel 1965 si impone la
veste severa del coro a cappella nei Mottetti per la Passione (1965). Tre
anni dopo, vengono le Beatitudines: Testimonianza per Martin Luther King
(1968-69). Come in Propos d'Alain, e' la voce di baritono, accompagnata da 5
strumenti, a proclamare "verita' [...] che riguardano soprattutto la
giustizia". Ma la lettura del testo evangelico di Matteo suggerita dalla
musica, dove l'enfatica declamazione del Verbo cade nel desolato,
insensibile tessuto strumentale, e' che "questa giustizia non e'
realizzabile": l'"uomo di Dio" di Alain e' diventato il martire Martin
Luther King.
La curvatura pessimistica del sentimento religioso si conferma nelle
successive Orationes Christi (1974-75) per coro misto, ottoni, viole e
violoncelli; e tuttavia qui l'esito finale si apre alla speranza della
redenzione attraverso l'accettazione del dolore. Cosi', dopo l'"obolo
francescano" delle Laudes creaturarum (1982), Petrassi completa l'ultimo di
Tre cori sacri (1980-83): essi percorrono i punti salienti del Credo, in
prospettiva cristologica, dall'Et incarnatus, attraverso il Crucifixus, fino
all'Et resurrexit. Negli ultimi anni, Petrassi accarezzo' l'idea di una
Messa: scrisse il Kyrie (1986), che rimase l'ultimo suo lavoro compiuto, e
inizio' il Gloria, mai portato a termine. Doveva essere una messa "non
spettacolare", "se non proprio sussurrata, sicuramente fuori da tutte le
convenzioni, anche se poi impossibile da eseguire in chiesa". Il "barocco
romano" era davvero lontanissimo.
*
Caleidoscopio strumentale
Se nella produzione vocale, religiosa, si trova piu' facilmente il senso
profondo del suo operare artistico, non si puo' trascurare la ricchissima
produzione strumentale, nella quale e' invece piu' evidente l'incessante
rinnovamento del linguaggio o, come la chiamava Petrassi, la sua continua
"mutazione". I due lati di questa creativita' sono ovviamente complementari
e interdipendenti: lo stesso autore indicava il Poema per archi e trombe
come continuazione delle Orationes, ed e' pure possibile individuare un filo
che lega Beatitudines, Ottavo concerto, Orationes Christi e Poema alla luce
della beatitudine negata, del dramma della divinita' incarnata il cui
sacrificio, consegnato alla responsabilita' dell'uomo, potrebbe anche essere
rifiutato e disperso.
Un percorso quasi ovvio lungo le "mutazioni" del linguaggio strumentale e'
quello attraverso gli otto Concerti per orchestra. Il titolo, assegnato come
si e' visto a un lavoro del 1934, venne ripreso nel 1951, peraltro dopo un
sostanzioso prologo cameristico, la Sonata per clavicembalo e dieci
strumenti (1948). Al Secondo concerto fecero poi seguito con regolarita'
pressoche' annuale Terzo (1953), Quarto (1954), Quinto (1955) e Sesto
(1956-57). Tra questo e il Settimo (1964) si pone una cesura colmata
nuovamente da un'importantissima produzione cameristica (Quartetto per
archi, 1958; Serenata per flauto, viola, contrabbasso, clavicembalo e
percussione, 1958, Trio per archi, 1959; Seconda Serenata - Trio per arpa,
chitarra e mandolino, 1962): in questi anni si colloca una "mutazione" molto
profonda, che Mila ha definito "strutturalismo atematico", ossia "stile
strumentale astratto che e' somma concretezza, cioe' prosciugamento del
suono da qualsiasi riferimento espressivo esterno e sua trasformazione in
segnali-personaggi, in se' e per se' significanti, dotati d'intrinseca
virtu' drammatica". Negli anni successivi, mentre continua il lavoro sui
complessi da camera piu' insoliti, la serie dei Concerti si arricchisce
dell'Ottavo e ultimo (1972), composto su ordinazione della Chicago Symphony
Orchestra e dedicato a Carlo Maria Giulini, che ne diresse la prima
esecuzione.
In questa caleidoscopica produzione strumentale Petrassi compie un cammino
parallelo a quello delle avanguardie della "Nuova Musica", rispetto alle
quali si mantiene volutamente in disparte: non crede che esista un "anno
zero", ma ha il coraggio di non fermarsi sulle posizioni acquisite. Cosi',
mentre tante sperimentazioni si esauriscono senza dare frutti, la paziente
ricerca di Petrassi matura "una idea di consequenzialita' diversa da quella
tradizionale: [...] un susseguirsi di idee che nella loro diversita' devono
alla fine avere una parentela". Continuita' senza ripetizione: questo esito
stilistico maturo e' anche la cifra che consente di leggere l'insieme della
produzione di Petrassi. Essa si configura come un'autentica autobiografia
del XX secolo musicale, proprio perche' ha saputo, come diceva con
sorridente polemica nei confronti dei furori costruttivisti di Darmstadt
dissoltisi nelle successive anarchie aleatorie, "osservare ed aspettare che
attraverso tutte queste doglie la musica moderna arrivasse a generare
finalmente qualche cosa di solido e di definitivo, di pacificato".
*
Sulle orme di Palestrina
1904 Nasce il 16 luglio a Zagarolo, presso Palestrina (Roma).
1913-19 Fa parte della Schola cantorum di San Salvatore in Lauro a Roma.
1925 Inizia a studiare armonia con Vincenzo Di Donato.
1928 Studia composizione con A. Bustini e organo con F. Germani al
Conservatorio di Roma, diplomandosi rispettivamente nel 1932 e 1933.
1932 La Partita per orchestra vince il concorso nazionale del Sindacato dei
musicisti e quello internazionale della Simc.
1934 Primo Concerto per orchestra, Salmo IX.
1937-40 Sovrintendenza del Teatro La Fenice di Venezia.
1939 Nomina alla cattedra di composizione al Conservatorio di Roma.
1941 Prime esecuzioni di Coro di morti e Magnificat.
1944 Comincia a comporre l'opera Il Cordovano.
1947 Prime dei balletti La follia di Orlando e Ritratto di don Chisciotte.
1949 Il Teatro alla Scala presenta in prima assoluta Il Cordovano.
1950 Prima rappresentazione al Teatro Eliseo di Roma di Morte dell'aria.
1951 Prima esecuzione di Noche oscura (Strasburgo). Corso estivo di
composizione al Mozarteum di Salisburgo.
1952 Paul Sacher commissiona il Secondo concerto, per il venticinquesimo
anniversario dell'Orchestra da Camera di Basilea.
1954 Viene nominato presidente della Simc, in carica fino al 1956. La Boston
Symphony Orchestra gli commissiona il Quinto concerto per orchestra
eseguito, sotto la direzione di Charles Muench, durante la prima visita
negli Stati Uniti nel 1955.
1956 Secondo viaggio negli Stati Uniti, su invito della Fondazione
Koussevitzky e del Dipartimento di Stato, per un corso di composizione a
Tanglewood.
1960-78 Cattedra di perfezionamento in composizione all'Accademia di Santa
Cecilia.
1962 Presenta al Festival veneziano i Propos d'Alain. Sposa la pittrice
Rosetta Acerbi.
1965 Prima esecuzione del Settimo concerto.
1966-68 Insegna composizione ai corsi estivi dell'Accademia Chigiana di
Siena.
1966 A Siena vengono presentati i Mottetti per la Passione. Lo Hopkins
Center di Hanover, Usa, gli commissiona Estri.
1967 A Siena, prima di Tre per sette.
1969 Gazzelloni presenta Souffle. Prima esecuzione di Beatitudines.
1972 Carlo Maria Giulini dirige a Chicago la prima dell'Ottavo concerto.
1975 Prima esecuzione di Orationes Christi alla Rai di Roma.
1981 Al Festival della Biennale viene eseguito Poema per archi e trombe,
opera commissionata dalla Rai.
1982 All'Accademia Chigiana di Siena viene eseguita Sestina d'autunno per
sei strumenti, dedicata alla memoria di Igor Stravinskij; alla Sagra
musicale umbra ad Assisi, Laudes creaturarum.
1986 Ultima composizione completata, il Kyrie.
1990 Viene nominato Dottore Honoris Causa dall'Universit‡ degli Studi "La
Sapienza" di Roma.
2003 Muore a Roma nella notte tra il 2 e il 3 marzo.
*
Per conoscere Petrassi
Il testo di riferimento e' Autori Vari, Petrassi, a cura di Enzo Restagno,
Edt, Torino 1986, 1992. Include una lunga conversazione autobiografica con
Restagno raccolta nell'aprile del 1986; i singoli aspetti dell'opera sono
analizzati in saggi monografici di Orazio Mula, Fiamma Nicolodi, Fedele
D'Amico, Massimo Mila, Giorgio Pugliaro, Giordano Montecchi, Piero Santi,
Claudio Tempo, Sergio Sablich, Gian Paolo Minardi, Piero Rattalino, Leonardo
Pinzauti. Comprende inoltre un'intervista al coreografo Aurelio Milloss e
interventi di Sylvano Bussotti, Elliott Carter, Aldo Clementi, Franco
Donatoni e Guido Turchi. Su un aspetto piu' specifico, ma essenziale, si
veda anche Maurizio Billi, Goffredo Petrassi. La produzione
sinfonico-corale, Sellerio, Palermo 2002. Include brani di conversazione con
Petrassi raccolti nell'ottobre del 1991.
*
Opere essenziali
Concerti per orchestra (edizione integrale): direttore Zoltan Pesko, 3 cd
Warner Fonit Wfo 857383274.
Serenata, Laudes creaturarum, Invenzioni, Duetto, Grand Septuor: Gruppo
Musica d'Oggi di Roma, direttore Fabio Maestri, cd Bongiovanni 5534.
Concerto per flauto, Souffle, Romanzetta, Ala, Dialogo angelico: Mario
Ancillotti, flauto, direttore Hubert Soudant, cd Koch 31524.
Coro di morti, Quattro inni sacri, Salmo IX: Antonio Ballista, Bruno Canino,
Eli Perrotta, pianoforti; Coro Polifonico e Orchestra Sinfonica di Milano
della Rai, direttore Goffredo Petrassi, cd Datum 90001.
Sonata da camera, Beatitudines, Grand Septuor, Sestina d'autunno: ensemble
Compania, direttore Andrea Molino, cd Stradivarius 33347.
Quartetto per archi: Quartetto Borciani, cd Stradivarius 33341.
Trio per violino, viola e violoncello: Trio Contrechamps, cd Stradivarius
33481.
Sesto Non-Senso, Sonata da camera, Recreation Concertante (= Concerto per
orchestra n. 3), Quattro inni sacri, Noche oscura: Bruno Canino,
clavicembalo, direttore Bruno Martinotti, cd Aura 153 oppure cd Ermitage
145.
Il Cordovano: direttore Marcello Panni, cd Agora' Ricordi 1005.
Frammento, Concerto per flauto, Poema per archi e trombe, Kyrie, Ritratto di
Don Chisciotte: Gianpaolo Pretto, flauto; direttore Arturo Tamayo, cd
Stradivarius 33552.
Composizioni per pianoforte (edizione integrale): Roberto Prosseda, cd Fone'
2049.

4. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

5. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 610 del 16 ottobre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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