Voci e volti della nonviolenza. 244



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 244 del 15 ottobre 2008

In questo numero:
1. Quel 14 ottobre Danilo Dolci...
2. Luigi Campiotti: Danilo Dolci a Varese
3. Nicola Lo Bianco: Danilo Dolci. Uscire dal tempo primitivo
4. Raffaello Saffioti: Il primo digiuno di Danilo Dolci

1. QUEL 14 OTTOBRE DANILO DOLCI...
[Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel
'43 dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di
Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale
(Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente
contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'.
Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di
massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del
1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica
scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento"
ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e
botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il
28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver
lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a
Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu'
povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio
al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la
denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si
impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la
costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a
Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le
disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro
intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2
febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di
disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una
strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958)
si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione".
Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare
questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza
sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del
fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle
accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della
vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo
Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino
1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli
attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto
Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a
Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci
e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a
processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo
metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita'
preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E'
convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento,
dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non
nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi
libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga,
impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere
e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico
sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi
nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di
alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di
costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro
economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che
faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento
di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per
tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno
necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni,
per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte
successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di
migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile;
l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e
cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile.
Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce
l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per
valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno
educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre
connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando
di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti
internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto,
frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con
numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla
distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci
evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi
al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di
effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione
capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della
complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone
"all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a
tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco
adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu'
recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra
esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica
e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge
della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30
dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo
spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel
portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita".
Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento
segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e
di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di
poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di
riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988;
La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996.
Recentissimo e' il volume che pubblica il rilevante carteggio Aldo Capitini,
Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008. Tra le opere su Danilo
Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze 1984; Adriana
Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (sull'opera poetica
di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore, Edizioni cultura della
pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe Barone, La forza della
nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo Dolci, Libreria Dante
& Descartes, Napoli 2000, 2004 (un lavoro fondamentale); Lucio C. Giummo,
Carlo Marchese (a cura di), Danilo Dolci e la via della nonviolenza,
Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2005; Raffaello Saffioti, Democrazia e
comunicazione. Per una filosofia politica della rivoluzione nonviolenta,
Palmi (Rc) 2007. Tra i materiali audiovisivi su Danilo Dolci cfr. i dvd di
Alberto Castiglione: Danilo Dolci. Memoria e utopia, 2004, e Verso un mondo
nuovo, 2006. Tra i vari siti che contengono molti utili materiali di e su
Danilo Dolci segnaliamo almeno www.danilodolci.it, danilo1970.interfree.it,
www.danilodolci.toscana.it, www.inventareilfuturo.com, www.cesie.org,
www.nonviolenti.org, www.fondodanilodolci.it]

Il 14 ottobre 1952 Danilo Dolci inizio' a Trappeto il suo primo digiuno.
Ieri a Trappeto e' stato ricordato per iniziativa del Coordinamento
internazionale di studi e iniziative "Danilo Dolci" (per contatti:
amicodolci at libero.it), che e' una delle esperienze che ne eredita e prosegue
l'azione.
Della nonviolenza, che e' sempre in cammino, Danilo Dolci e' stato - e
resta - una delle figure maggiori.
Con gratitudine qui lo ricordiamo ancora.

2. LUIGI CAMPIOTTI: DANILO DOLCI A VARESE
[Ringraziamo Luigi Campiotti (per contatti: luigicampiotti at gmail.com) per
questo intervento]

Tra i materiali audiovisivi su Danilo Dolci, oltre al noto dvd di Alberto
Castiglione, Danilo Dolci. Memoria e utopia, 2004, va segnalato anche il
secondo dvd dello stesso regista, Verso un mondo nuovo, 2006, di cui riporto
la sinossi: "L'opera di Danilo Dolci, attraversando con acutezza e
originalita' il nostro secondo Novecento, ha rappresentato una lunga
marcia - condotta con passione, rigore, tenacia - per la costruzione di una
Sicilia diversa e verso l'intuizione di un mondo nuovo. La "marcia per la
pace e verso un mondo nuovo", che nel marzo del 1967 attraverso' il Belice,
e  di cui il documentario raccoglie le immagini originali, assurge a simbolo
di un percorso di lotta e rivendicazione e in cui la Sicilia diventa
protagonista del proprio cambiamento. Osteggiato dalla mafia e dai tutori
dell'ordine costituito, quello di Dolci non e' mai stato un lavoro isolato:
migliaia e migliaia di amici, sostenitori, collaboratori hanno contribuito,
in Italia e nel mondo, alla realizzazione di questo straordinario percorso.
Questo nuovo documentario di Alberto Castiglione, che propone allo
spettatore numerose testimonianze e recupera importanti documenti inediti,
ci consente di accostarci in modo poetico e ispirato alle vicende di Dolci e
del suo gruppo e alle idee che ne hanno alimentato l'attivita'. La
distinzione tra trasmissione e comunicazione e tra dominio e potere, la
riflessione sulla crisi della modernita' e la ricerca di modelli
organizzativi realmente democratici e partecipativi, la proposta di un nuovo
educare basato sulla maieutica reciproca e la valorizzazione della
creativita' individuale e collettiva, il metodo di lavoro messo a punto
attraverso oltre cinquant'anni di concreta sperimentazione ci consegnano
un'eredita' feconda, profondamente connessa a tutti i principali temi e
problemi del nostro tempo". Per richeiste: infosegreteria at koinefilm.it
*
Tra i vari siti che contengono molti utili materiali su Danilo Dolci segnalo
anche www.fondodanilodolci.it che testimonia una modesta ma concreta
iniziativa di promozione, nella Sicilia e nella "padana" Varese, della
legalita' e della nonviolenza, nel nome di Danilo Dolci che, dal 1935 al
1939, dagli 11 ai 14 anni, ha frequentato le classi I II III e IV di
ragioneria presso l'Istituto tecnico "Francesco Daverio" della citta'.
Un riferimento a questo periodo puo' riscontrarsi in uno scritto
autobiografico del 1967 (poi inserito in Esperienze e riflessioni, Laterza,
1974) il cui significativo titolo e' "Cio' che ho imparato". Vi si legge:
"Fino a quindici anni non ho fatto un particolare sforzo per apprendere:
vivevo in una famiglia di media borghesia, frequentavo la scuola un anno
dopo l'altro studiando di piu' le materie rappresentate dagli insegnanti a
cui ero piu' affezionato, e meno le altre. Mi incantava la musica, leggevo
volentieri, ero lieto quando nella primavera potevo cominciare a tuffarmi
nel fiume o nel lago. Essendo mio padre capostazione (ndr: Enrico Dolci, in
quegli anni capostazione delle Ffss di Gallarate, dove la famiglia risiedeva
in via Verbano 14 e da cui il giovane Danilo raggiungeva in treno la scuola
di Varese, con antelucane levate quotidiane), quando cresceva di grado
cambiavamo citta', la memoria si ampliava, non avevo un solo ombelico a
farmi comunicare col mondo; e anche l'avere padre italiano, madre slovena, e
tra i nonni un tedesco, credo possa aver determinato una naturale apertura
oltre 'la patria'". Terminati i quattro anni del corso inferiore Danilo
Dolci non continuo' nell'Istituto tecnico ma si iscrisse al Liceo artistico
di Brera a Milano... Poi frequento' la facolta' di Architettura di Milano ma
senza concludere: "i rapporti con gli uomini" scrisse nel 1967 "mi
interessavano ormai piu' dell'armonia tra le pietre" (da Franco Bai, in Nato
con l'Italia, Istituto tecnico "Francesco Daverio", Materiali per la storia,
Macchione Editore, Varese 2000, p. 99).
E fu "l'armonia" che mantenne ancora vivo il rapporto di Danilo con Varese:
quando ormai egli frequentava il liceo e poi l'universita' di Milano, dove
risiedeva, molte volte ebbe a raggiungere per il weekend a Varese il suo
vecchio insegnante di lingua italiana dell'Istituto tecnico, il professor
Alberto Roella, stimatissimo in Varese per le sue alte doti di cultura e
umanita', con il quale, come mi ha testimoniato la figlia Laura, si recava
nella castellanza di  Masnago, il sabato pomeriggio, da un musicista, tale
dottor Clerk, appassionato detentore di organi ed harmonium, ad ascoltare
musica che il comune amico eseguiva sul suo piu' prezioso antico strumento
da camera; la domenica mattina era poi riservata a lunghi colloqui,
audizioni  e meditazioni con il vecchio e amato professore, appassionato
violinista frequentemente impegnato con amici musici nell'esecuzione privata
di quartetti d'archi.
*
E come non finire - ora - con la poesia di Danilo?
"Per educare
meglio non inizi
dalla grammatica, dall'alfabeto:
inizia dalla ricerca del fondo interesse
dall'imparare a scoprire,
dalla poesia ch'e' rivoluzione
perche' poesia.
Se educhi alla musica:
dall'udire le rane,
da Bach, e non da pedanti esercizi.
Quando avranno saputo, i tuoi alunni
puo' una carezza essre infinite
carezze diverse, un male infiniti
mali diversi,
e una vita infinite vite,
arrivando alle scale chiedi le suonino
tesi come una corda di violino
con la concentrazione necessaria
al piu' atteso concerto".
(Poema umano, Einaudi 1974, p. 123).

3. NICOLA LO BIANCO: DANILO DOLCI. USCIRE DAL TEMPO PRIMITIVO
[Ringraziamo Nicola Lo Bianco (per contatti: nicolalobianco at libero.it) per
questo intervento]

La vita e l'opera di Danilo Dolci sono un esempio di come e' possibile
cambiare costringendo alla saggezza gli increduli, i sottomessi ridotti al
silenzio, le autorita' irresponsabili.
Probabilmente fu l'impressione dell'estrema miseria che ne ebbe da bambino,
seguendo gli spostamenti del padre capostazione, a farlo tornare a Trappeto,
vicino Partinico, un piccolo borgo marinaro tra le province di Palermo e
Trapani.
Seguiva, si capisce, una sua spinta interiore: la volonta' di rendere la
vita coerente coi principi, il desiderio di conoscere non astrattamente, ma
nel vivo della realta', l'innata sensibilita' alla sofferenza, soprattutto a
quella degli inermi che scontano le ingiustizie del mondo.
La prima esperienza, abbandonati gli studi di architettura, e' quella di
Nomadelfia con don Zeno Saltini, a Fossoli, un ex campo di concentramento
nazifascista, dove orfani, ragazzi sbandati, ex ladruncoli, potevano
ritrovare una casa-famiglia.
Dopo quasi due anni "di una prima profonda esperienza-conoscenza diretta",
confermato nei suoi propositi e sulla scorta della domanda che sempre piu'
lo assilla - "e il resto del mondo?" -, abbandona, lui triestino, il Nord, e
si trasferisce definitivamente in Sicilia "per capire un mondo che nessuno
si sforzava di ascoltare".
Credo che il rovello spirituale di Danilo Dolci sia stato quello di
pretendere un compiuto rispetto dell'essere umano, ricercando i fondamenti
di una possibile liberazione morale, oltre che materiale: "Aspiravo - dice
in Cio' che ho imparato - a 'nuovo cielo e nuova terra'... volevo scoprire
l'anima della vita".
A pochi mesi dal suo arrivo a Trappeto, nell'ottobre del '52, "l'anima della
vita" assume la forma assurda e tragica della morte del piccolo Benedetto
Barretta per denutrizione.
E' il primo digiuno di protesta, l'inizio di un infaticabile impegno per far
risorgere consapevolezza e speranza "in una delle zone piu' misere e piu'
insaguinate del mondo".
Sono gli anni del banditismo, delle stragi dei contadini, della mafia
latifondista e politica, della negazioni di bisogni primari: lavoro,
istruzione, cibo, salute, violazioni di diritti umani che corrispondevano
all'asservimento padronale e mafioso.
L'acqua, ad esempio, l'acqua, che di nuovo oggi c'e' chi manovra per farne
proprieta' privata, era in potere della mafia, che la gestiva secondo suoi
torbidi interessi, secondo amicizie ed alleanze, e costringendo "gli altri",
la massa dei contadini, alla subordinazione e all'ossequio.
Il giovane Dolci comincia a capire il "sistema", e si rende conto che
l'acqua, in un'economia estesamente agricola, e' il nodo da sciogliere per
creare una breccia nel dominio semifeudale.
E' la grande sfida della diga sul fiume Jato, l'opera alla quale i siciliani
legano immediatamente il nome di Danilo: un decennio di proteste clamorose,
di scioperi alla rovescia, di studi sapienti e mirati, di conferenze che
chiamano in causa l'inerzia dei governi.
Ma sono anche intimidazioni, denunce, processi, galera.
I lavori di costruzione iniziano nel febbraio del 1963.
Frattanto la figura di Danilo Dolci prende rilievo nazionale ed europeo.
Attorno alle sue iniziative si raccolgono numerosi giovani volontari,
intellettuali e studiosi di prestigio che credono nella necessita' di
"passare da un mondo autoritario e frammentato ad un mondo pluricentrico e
coordinato".
Mentre continua la partecipazione attiva alla denuncia di ogni forma di
violenza, di degrado, di umiliazione dell'uomo, sorgono l'asilo-casa per i
bambini piu' bisognosi, il Centro studi e iniziative, Radio Libera
Partinico, "la radio dei poveri cristi", la prima radio libera in Sicilia
(libera, non privata), immediatamente chiusa dalle autorita'.
Il Centro di Borgo di Dio (gloria delle parole) a Trappeto diviene un
laboratorio di elaborazione teorica e pratica dove prendono la parola non
solo gli studiosi piu' qualificati, ma anche i diretti interessati: la gente
del luogo, i contadini, i disoccupati, gli analfabeti, le tante famiglie
abbandonate a se stesse, taluni ex banditi.
"La mia vita e' la tua, la mia vita non puo' non essere anche la tua", e' un
principio fondamentale nell'operare di Danilo Dolci, morale, di metodo, di
conoscenza: dar voce agli ultimi, partecipare dal di dentro alla loro vita,
valorizzare le loro competenze e apprendere dalla loro saggezza, portare le
cose piu' alte a confrontarsi con la loro cultura, ascoltare e costruire
insieme.
Si trattava davvero, in quel tempo e in quei luoghi, di "portare i disperati
alla luce", perche', oltretutto, bisognava infrangere l'atavica diffidenza e
lo scetticismo dei siciliani.
Ma "ciascuno cresce solo se sognato", e il "sogno", oltre a condizioni di
vita piu' degne, era quello di far crescere "un uomo nuovo", lo scopo vero
al fondo del pensiero e dell'opera di Danilo Dolci.
Non e' solo la persistente attenzione alle problematiche pedagogiche, e' la
trama stessa dell'attivita', il modo stesso di interagire, a sollecitare la
riflessione e la coscienza personale, a rivedere punti di vista e abitudini
mentali, a riconoscere veridicita' a quel principio basilare dettato da
Gandhi: "Sii tu per primo quel cambiamento del mondo che vorresti".
Il possibile cambiamento sta per Danilo Dolci nel rapporto intrinseco tra
individuale e collettivo, nel conoscere meglio se stessi e l'ambiente in cui
si vive, nello scoprire che "c'e' la possibilita' di vivere per tutti", nel
"rifiutarsi ad ogni professione ed occasione che ci impegni in sfruttamenti
ed assassinii di ogni genere".
La violenza, sia fisica che verbale, e' bandita senza compromessi, perche'
"quando dici no alla violenza e alla menzogna, la lotta di liberazione e'
gia' cominciata": c'e' la ferma condanna dell'errore, ma respinge
l'annientamento e l'umiliazione di chi lo compie, fosse anche l'uomo piu'
bieco, perche' "non ci sono nemici", ma uomini che devono essere indotti al
buon senso e al senso di responsabilita'.
E' un'eco della "Pacem in terris" di Giovanni XXIII: "non si dovra' mai
confondere l'errore con l'errante", un insegnamento che oggi si tende
gravemente a trascurare.
E' l'acume di Pierpaolo Pasolini a scoprire, gia' in alcune poesie giovanili
('51) di Danilo, un fermento religioso che identifica "Dio con il prossimo
come immediata collettivita'... ha riscoperto L'Altro nei piu' poveri, soli,
diseredati...".
Invero Danilo Dolci e' uno spirito religioso che opera laicamente, e' l'uomo
che vorrebbe coniugare un senso mistico-missionario della vita con la
ricerca tutta terrena della verita'.
La morale, ad esempio, non puo' essere imposta dall'esterno, perche'
risulterebbe una sovrapposizione ben presto vanificata dall'incontro con la
realta'; e', invece, un impegno quotidiano, deve scaturire dal dialogo, dal
confronto con l'altrui esperienza, dal lavoro proiettato sul sociale, dalla
ricerca di un mondo piu' sano, insomma, dal mettere l'uomo nelle condizioni
di poter scegliere liberamente il bene e non il male.
D'altro canto, il principio evangelico dell'amore per il prossimo e'
indispensabile perche' "senza la carita', il sapere tende a divenire
inumano".
Che nell'animo di quest'altro maestro del Novecento ci fosse, al di sopra
dello scopo umano, un senso divino dell'operare, ce lo dice indirettamente
lo storico Giuseppe Casarrubea, che in quegli anni conobbe Danilo e
collaboro' con lui: "Tra i suoi grandi maestri citava Cristo e Lenin, Gandhi
e Capitini, san Francesco e don Zeno Saltini".
E, del resto, e' testimonianza comune che "Danilo fu sempre povero, e non
disdegno' mai di esserlo".

4. RAFFAELLO SAFFIOTI: IL PRIMO DIGIUNO DI DANILO DOLCI
[Ringraziamo Raffaello Saffioti (per contatti: rsaffi at libero.it) per questo
intervento]

Il primo digiuno di Dolci ormai appartiene alla storia della nonviolenza.
Il 14 ottobre del 1952 e' una data storica che bisogna conoscere e
ricordare. Piu' gli anni passano e piu' e' necessario mantenerne viva la
memoria, soprattutto nelle nuove generazioni.
Nella ricorrenza dell'anniversario e' bene ricordare i motivi che risultano
dalla lettera aperta di Dolci agli abitanti di Trappeto, riportata nel suo
libro Fare presto (e bene) perche' si muore (De Silva, 1954). Quella lettera
e' un importante documento che meriterebbe di essere fatto conoscere, anche
nelle scuole.
Dolci ha scritto: "Possiamo evitare che la morte spadroneggi... C'e' un
delitto di omissione verso questi nostri fratelli, di cui dobbiamo pentirci
e redimerci. C'e' da muoversi subito. A estremi mali estremi rimedi. Voglio
fare penitenza perche' tutti si diventi piu' buoni. Prima che muoia un altro
bambino di fame, intanto, voglio morire io. Da oggi non mangero' piu'
finche' non ci saranno arrivati i trenta milioni necessari a provvedere
subito il lavoro ai piu' bisognosi e l'assistenza piu' urgente agli
inabili".
Quella lettera ha prima di tutto un significato morale. Ma ha anche un
significato politico. E' un atto rivolto alla coscienza civile della gente,
con la fiducia che essa sappia cogliere e affrontare i suoi problemi "dal
basso", premendo in modo nonviolento sulle autorita'.
Sono trascorsi 56 anni, ed oggi, oltre la Sicilia e l'Italia, anche il mondo
e' profondamente cambiato, ma i motivi ed il senso del primo digiuno di
Dolci rimangono attuali.
I motivi rimangono attuali, perche' ancora oggi c'e' bisogno di lottare per
difendere fondamentali diritti umani, garantiti anche dalla nostra
Costituzione, come il diritto alla vita, il diritto al lavoro, il diritto
alla salute, e sono diritti da far valere su scala planetaria.
*
Noi a Palmi e in Calabria, in una terra oppressa dal sistema del dominio
clientelare-mafioso, collaborando con Dolci negli ultimi dieci anni della
sua vita, abbiamo notato il cambiamento delle sue iniziative di lotta
nonviolenta. "Sovente mi sento rimproverare (da persone diverse per tempi
diversi: ognuna con la sua nostalgia) di non ripetere azioni che decine di
anni fa pur erano sensate ed efficaci. Ma proprio perche' attraverso certe
decisioni si era riusciti, bene o meno, a sommuovere civili iniziative
autopropulsive, in situazioni sempre nuove occorre via via intendere quali
sono gli urgenti bisogni specifici" (Danilo Dolci, Dal trasmettere al
comunicare, 1988, p. 194).
Noi vogliamo sottolineare il motivo politico del primo digiuno, perche'
viviamo in un tempo di crisi della democrazia. Si parla di "emergenza
democratica" e si teme il pericolo di un nuovo fascismo.
L'insegnamento che viene dal primo digiuno va attualizzato. Noi crediamo che
oggi il bisogno piu' urgente sia quello di difendere il valore della
democrazia come disegnata dalla Costituzione, nata dalla Resistenza. C'e'
bisogno di una nuova resistenza, nonviolenta, e c'e' bisogno di tenere desta
l'opinione pubblica, di fronte al pericolo dello svuotamento delle
istituzioni rappresentative, prima tra tutte il Parlamento.
Altro pericolo e' l'assopimento dell'opinione pubblica. Anche oggi serve
"sommuovere civili iniziative autopropulsive" e serve coniugare democrazia
ed educazione. Serve, in ultima analisi, rispondere all'appello rivolto da
Dolci con il Manifesto sul comunicare.
L'attivita' che svolge a Palmi l'associazione Casa per la pace "D. A.
Cardone" e' una risposta a quell'appello. Il rapporto tra questa
associazione e il Centro per lo sviluppo creativo "Danilo Dolci" di
Partinico e' strettissimo, derivando proprio dall'attivita' svolta da Dolci
in Calabria. L'associazione partecipa alla manifestazione del 14 ottobre a
Trappeto, organizzata dal Coordinamento internazionale di studi e iniziative
"Danilo Dolci", esprimendo la sua adesione e solidarieta', e s'impegna a
dare il suo contributo per il recupero del Borgo. Condividiamo quanto e'
scritto nel comunicato che convoca la manifestazione: "Il Borgo va pensato
come spazio della memoria e ristrutturato per farne un segno di speranza per
l'umanita', oggi come mai defraudata della possibilita' di futuro".

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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
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Numero 244 del 15 ottobre 2008

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