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Voci e volti della nonviolenza. 242
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 242
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 13 Oct 2008 14:12:54 +0200
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 242 del 13 ottobre 2008 In questo numero: 1. Premessa prima: Dieci sonetti a Vicenza 2. Si puo', si deve vincere a Vicenza 3. Si', a Vicenza il cinque ottobre il voto 4. Vicenza oggi e' per tutti una speranza 5. Se a Vicenza vinceranno i si' 6. Il cinque ottobre il voto vicentino 7. Che da Vicenza giunga una parola 8. Come a Vicenza il senno dei votanti 9. Chi teme che la gente di Vicenza 10. Vicenza dunque il 5 ottobre vota 11. In un giorno di festa i vicentini 12. Premessa seconda: Un blues ed altri testi 13. Blues del nostro fratello dottor King 14. Blues del treno della morte 15. Aderendo a un appello per la pace 16. Una leggenda apocrifa ovvero eulogia d Massimiliano di Cartagine 17. Rachele 18. In memoria di Primo Mazzolari 19. Premessa terza: Una sera ed altri testi 20. Una sera di Chico Mendes 21. Ad alcuni amici suoi di Catania 22. Della memoria del dolore e del dolore della memoria 23. Una canzone per Marianella Garcia. Nel ventesimo anniversario della morte 24. Epigrafe per il resistente Josef Mayr-Nusser 25. Nel chiasso 26. Per Oscar Romero 27. Ancora una cantata dei morti invano 28. In memoria di Dietrich Bonhoeffer 29. Uomini e tigri 30. Ruminazioni di un viandante eugubino 31. Agli amici della Rete Radie' Resch in occasione della decima marcia per la giustizia da Agliana a Quarrata 32. L'interprete 33. Cantata per Danilo 1. PREMESSA PRIMA: DIECI SONETTI A VICENZA In vista del referendum del 5 ottobre 2008 a Vicenza per impedire la realizzazione della nuova base di guerra "Dal Molin" tra altri interventi a sostegno dell'iniziativa di pace apparvero su "La nonviolenza e' in cammino" anche i testi che di seguito riproduciamo (senza piu' indicazione delle firme ne' le brevi schede introduttive). 2. SI PUO', SI DEVE VINCERE A VICENZA Si puo', si deve vincere a Vicenza e con la forza della verita' fermare li' la guerra e la violenza li' disarmare chi ammazzando va. Si puo', si deve con la nonviolenza far vincere l'umana dignita' negando agli assassini l'acquiescenza togliendo ai barbari complicita'. Si puo', si deve col forte strumento del voto di coscienza popolare combattere la guerra e il suo tormento. Si puo', si deve la guerra fermare le armi ripudiare, e dal lamento passare all'atto di vite salvare. 3. SI', A VICENZA IL CINQUE OTTOBRE IL VOTO Si', a Vicenza il cinque ottobre il voto dei cittadini puo' dir si' alla pace si' alla civile convivenza, al moto di umanita' piu' semplice e verace. Si', a Vicenza il giusto, il vero, il noto prevalga sull'iniquo e sul rapace, prevalga sul fallace e sull'ignoto; e vinca il bene che salva e che piace. Si', a Vicenza vinca la difesa della natura e della civilta', e sia respinta l'oltraggiosa offesa delle armi e della loro crudelta', dell'empia guerra che non lascia illesa la nostra gia' dolente umanita'. 4. VICENZA OGGI E' PER TUTTI UNA SPERANZA Vicenza oggi e' per tutti una speranza di opporre pace e bene a guerre e stragi. Se il 5 ottobre fermera' la danza macabra del riarmo, e dei malvagi seminator di morte la baldanza, sara' quel voto il miglior dei presagi di una civile convivenza, usanza dono piu' grande di quei dei re magi. Vicenza che resistere ha saputo a chi voleva farne un arsenale e la spelonca da cui esce il bruto a far scempio del mondo e sparger male, Vicenza al male opponga il suo rifiuto e salvi col suo voto cio' che vale. 5. SE A VICENZA VINCERANNO I SI' Se a Vicenza vinceranno i si' i si' alla pace, i si' alla giustizia il 5 ottobre iniziera' da li' piu' forte lotta ad ogni ria nequizia. Se a Vicenza prevarra' cosi' la fedelta' all'amore e all'amicizia il 5 ottobre sara' dunque un di' per l'umanita' intera di letizia. Si' ardua prova in cosi' picciol spazio si' grave compito in cosi' breve ora: opporsi agli arsenali dello strazio, difendere la civilta' che onora, respingere di guerra il giammai sazio mostro. E dal buio far sorger l'aurora. 6. IL CINQUE OTTOBRE IL VOTO VICENTINO Il cinque ottobre il voto vicentino non tratta solo di un lembo di terra riguarda invece se di pace o guerra vogliamo sia il comun nostro destino. Alla crudele man dell'assassino, al riarmo stritolante cio' che afferra, al riarmo che tutto atterrisce e atterra, si opponga del diritto il buon cammino. Si opponga al male la volonta' buona si opponga alla barbarie il civil lume si opponga alla violenza la saggezza prevalga sulle tenebre chiarezza ceda il pessimo all'ottimo costume: tutti i diritti umani a ogni persona. 7. CHE DA VICENZA GIUNGA UNA PAROLA Che da Vicenza giunga una parola che opponga alla violenza la ragione, che possa essere la buona scuola che insegni a contrastare ogni uccisione, che dica quella verita' che sola smaschera ogni empia mistificazione: e' assassina ogni arma, ogni pistola puntata e' contro tutte le persone. E quindi ogni base militare ogni arsenale, ogni fabbrica d'armi son luoghi di nequizia e malaffare. L'umanita' chiede che si disarmi, per sempre la guerra e' da ripudiare: troppi giaccion nel fango o sotto i marmi. 8. COME A VICENZA IL SENNO DEI VOTANTI Come a Vicenza il senno dei votanti il 5 ottobre dara' buoni frutti quel si' alla pace sara' un passo avanti non solo per Vicenza ma per tutti. Un si' al diritto ad impedir che tanti ancora dalla guerra sian distrutti, un si' ad evitare nuovi pianti e strazi, e orrori, ed infiniti lutti. Un si' alla civile convivenza un si' al disarmo che salva le vite un si' alla ragione e alla coscienza che vieti eccidi e sani le ferite considerando la comun semenza dell'umanita' intera, una e mite. 9. CHI TEME CHE LA GENTE DI VICENZA "E altro e' da veder che tu non vedi" (Dante, Inf., XXIX, 12) Chi teme che la gente di Vicenza faccia valere verita' ed amore, chi teme che virtu' d'intelligenza esprima la pieta' che nutre il cuore, chi teme che vinca la nonviolenza e fermi il seme di nuovo dolore, vorrebbe or cancellare la presenza di una viva citta', strappare il fiore del vivere civile e solidale, negando liberta' e democrazia vorrebbe che ci si arrendesse al male. Ma non sara' cosi', lunga e' la via ma vincera' la scelta naturale di chi vuol pace e bene. E cosi' sia. 10. VICENZA DUNQUE IL 5 OTTOBRE VOTA Vicenza dunque il 5 ottobre vota e se i potenti dicon che non vale Vicenza ancora il 5 ottobre vota che la democrazia non fa mai male e il 5 ottobre si' Vicenza vota poiche' questa e' la regola legale e il 5 ottobre ecco Vicenza vota perche' e' logico, e' giusto, ed e' normale. Per dire si' alla pace e si' al diritto il 5 ottobre si vota a Vicenza per impedire un sordido delitto il 5 ottobre il popolo a Vicenza dira' la sua, e non restera' zitto il 5 ottobre ogni cuore a Vicenza. 11. IN UN GIORNO DI FESTA I VICENTINI In un giorno di festa i vicentini potranno dire una parola vera. Oggi e' quel giorno e prima che sia sera quella parola oltre quei confini giunta sara' ed orientera' i cammini di quante e quanti alla signora nera non vogliono di vite un'altra schiera siano immolate e appese poi agli uncini dei macellai in divisa e dei signori che dalla guerra traggono profitti. Si opponga il voto ai lutti ed ai dolori sia il voto voce di tutti gli afflitti che anelano la pace e i suoi splendori. Sia il voto si' alla vita e si' ai diritti. 12. PREMESSA SECONDA: UN BLUES ED ALTRI TESTI I testi seguenti apparvero nel Quaderno 4 (dal titolo: Un blues in memoria di Martin Luther King ed altri testi estratti da "La nonviolenza e' in cammino") del corso di educazione alla pace presso il liceo scientifico di Orte, anno scolastico 2004-2005. Abbiamo omesso l'indicazione delle firme e le brevi schede introduttive. 13. BLUES DEL NOSTRO FRATELLO DOTTOR KING Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King la storia lo aspettava a una fermata d'autobus e la storia quel giorno aveva il volto stanco e i piedi gonfi di nostra sorella Rosa Parks, che sempre sia lodata. Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King ma aveva un sogno e quando sogni forte non c'e' muraglia che possa resistere ed e' quel sogno che mette in cammino la carovana umana, che sempre sia lodata. Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King paziente lo attendeva il suo sicario e quelli che pagarono il sicario ancora comandano, certo ma l'anima di King non l'hanno infranta, che sempre sia lodata. Ancora comandano, e' vero, gli oppressori ma la marcia di Martin Luther King, poco piu' che un ragazzo, non l'hanno fermata essa continua con le nostre gambe coi nostri sogni, e vinceremo noi. Che sia lodato il cielo e anche la terra. 14. BLUES DEL TRENO DELLA MORTE [Raccontava nella presentazione parlata l'anonimo autore di questo blues che aveva cominciato il suo impegno politico quando aveva quattordici anni, bloccando treni e occupando binari in nome della dignita' di ogni essere umano; e aggiungeva che da allora non aveva piu' smesso di lottare, e sempre piu' si era accostato alla nonviolenza all'ascolto di Mohandas Gandhi, di Martin Luther King, del movimento delle donne; e affermava di pensare che se in Europa nella prima meta' del Novecento tanta piu' gente si fosse messa sui binari, tante stragi e tanti orrori sarebbero stati evitati; poi tossiva, si schiariva la voce, cominciava a maltrattare la chitarra, e diceva, accennando una subito soffocata intonazione, all'incirca le parole seguenti] E tu fermalo il treno della morte col tuo corpo disarmato sui binari con la voce che si oppone all'urlo roco delle bombe, delle fruste al vile schiocco. E tu fermalo il treno della morte sono pochi gli oppressori, innumerevoli le vittime, non possono arrestarci se tutti insieme ce li riprendiamo i diritti, la terra, la vita. E tu fermalo il treno della morte con la tua persona fragile sconfiggi gli apparati e gli strumenti della guerra e salva il mondo con la tua persona fragile. E tu fermalo il treno della morte perche' tu, cosi' indifeso, puoi fermarlo col tuo corpo, la tua voce, la speranza che sa unire tante braccia, e sa fermarlo maledetto il treno nero della morte. E tu fermalo e cosi' ferma la guerra. 15. ADERENDO A UN APPELLO PER LA PACE Non dire che adesso non hai tempo: perche' dopo non ci sara' piu' tempo. E non dire che e' gia' troppo tardi: anche un minuto prima non e' tardi. E non dire che troppo e' difficile l'impegno: poiche' tutto e' nel cominciare, e il resto viene da se'. E non dire, soprattutto non dire che ti dispiace tanto ma che altri se la vedano, non tu: questo ragionamento uccide. Non dire che il giorno e' finito, e le tenebre e' giocoforza prevalgano ancora. Accendi piuttosto il tuo lume. 16. UNA LEGGENDA APOCRIFA OVVERO EULOGIA DI MASSIMILIANO DI CARTAGINE I. Solo questo so di te, che nell'anno 195 ti fucilarono perche' obiettore al servizio militare. Immagino che venne un centurione coi suoi esperti di pubbliche relazioni, psicologi, pubblicitari, sceneggiatori di telenovelas, a dirti mentre eri in galera sei un bravo giovane, chi te lo fa fare vieni con noi, imparerai un mestiere. E Massimiliano rispose di no. Mandarono da lui certi suoi parenti, certi prominenti concittadini, a dirgli lo sai che noi cartaginesi siamo gia' guardati con sospetto per certe vecchie storie di Alpi e di elefanti di annibali e di asdrubali e scipioni non metterti a fare casino vesti la giubba, non c'e' altro da fare e combattere per l'impero ha pure i suoi vantaggi. Ma Massimiliano rispose di no. E vennero allora a persuaderlo certi amici di quando al campetto giocavano insieme a pallone, gli amici del bar: Massimilia' falla finita da quando ti sei messo con quei tizi del galileo morto ammazzato ti stai mettendo in un mare di guai. Che diamine mai hai contro i marines? Falla finita con quei beduini da' retta al nostro buon signor Belcore la paga e' buona ed il lavoro e' poco. E quello cocciuto, come un mulo a dire no. II. Dicono male delle corti marziali dicono male dei plotoni d'esecuzione forse che e' meglio farlo col coltello in un vicolo buio di notte? Dicono che siamo repressori e genocidi addirittura; e andiamo! forse che non ci vuole anche un po' d'ordine in questo letamaio di colonie? e il roman way of life non costa niente? Eppure la volete, la televisione il telefonino. E allora poche storie, lo ammazzammo perche' dovemmo, mica potevamo lasciarlo andare il vile disertore oltretutto terrone, anzi affricano. La civilta', insomma, va difesa. III. Quante incertezze, quanta paura certo durasti. Solo i babbei pensano che gli eroi sono una specie di nazisti spretati. E invece i martiri hanno paura come noi, e tremano come noi, come noi dubitano di star tutto sbagliando, di sprecare per nulla la vita. Ma infine ristette fermo nel suo no Massimiliano di Cartagine. E fu fucilato. IV. Ecco, io mi alzo in piedi nell'assemblea e prendo la parola, e dico: obietta alla guerra e alle uccisioni combatti contro gli eserciti e le armi scegli la nonviolenza. Ecco, io prendo la parola in assemblea, mi alzo in piedi e dico: fermiamo le fabbriche di armi assediamo le basi militari impediamo i decolli dei bombardieri strappiamo gli artigli alle macchine assassine. Ecco, io dico al soldato: diserta io dico al ferroviere: ferma il convoglio io dico al vivandiere: non preparare di carne umana il pranzo al generale. Ecco, io dico, la guerra puo' essere, deve essere fermata. Con l'azione diretta nonviolenta. Con il gesto del buon Massimiliano cartaginese, che i romani fucilarono. 17. RACHELE Quelli di noi che hanno passato notti al freddo e al gelo sanno che vuol dire non avere una casa. E quelli di noi che hanno avuto paura subendo minacce e percosse, di essere uccisi sanno cos'e' la paura. E quelli di noi che ai padri hanno chiuso sul letto di morte gli occhi, sanno sanno sanno la morte che orrendo nemico e' di tutti. E quelli di noi che hanno avuto lo strazio di vedere morire gli amici e di vedere eserciti muovere alla caccia di carne umana, come possono, come possiamo tacere, restare nelle tiepide case col cibo caldo tra i visi amici. Cosi' Rachele mosse di lontano verso quel cuore del mondo che ha nome Palestina. Cosi' Rachele mise l'anima sua e il suo corpo tra l'esercito e le vittime tra le ruspe che demoliscono e le case in cui poter vivere ancora. Cosi' Rachele la molto amata torno' in Palestina. Lo dico a te Labano, lo dico a te Giacobbe. Cosi' Rachele fu uccisa e questa morte e' la morte di tutte le donne che portano vita lungo i tornanti di questa preistoria di Margarete dai capelli d'oro di Sulamith dai capelli di cenere. Non ho parole, ho solo greve un pianto e molte amare memorie e una speranza sola: che resusciti Rachele nella pace tra i popoli, nel ricordo dell'orrore, nell'alleanza nuova che a tutte e tutti riconosca vita, che a tutte e tutti riconosca dignita'. E' questa resurrezione questa compresenza dei morti e dei viventi nella comune lotta per l'umano cio' che qui chiamo ancora nonviolenza. E' la lotta di Rachele la nonviolenza in cammino. 18. IN MEMORIA DI PRIMO MAZZOLARI Veniva dalla Resistenza, don Primo Mazzolari che reca dura la scienza del bene e del male, il conoscere insieme il valore del pane e del vino, la fame e la morte. Veniva dalla campagna, don Primo Mazzolari che conosce il ciclo dei giorni e dei raccolti, e la disperazione della grandine e della fame e come gli uomini fecondino la terra e tutto e' fatica e rigoglio. Veniva dalla sequela, don Primo Mazzolari credeva nell'assurdo di un figliuolo dell'uomo che i potenti condannarono a vile morte e che mori' indifeso. Credeva nell'assurdo: il mansueto che accetta l'ingiustizia di morire e che cosi' di morte l'ingiustizia per sempre smaschera e annienta la violenza con l'umile suo gesto di negare di aggiungere violenza alla violenza. Sapeva lottare, don Primo Mazzolari con le arti della volpe e del leone, con scienza di serpente e di colomba, il lento lavoro della goccia che scava la pietra stilla a stilla a scheggia a scheggia scava la pietra. E sapeva le parole, don Primo Mazzolari, le parole che sanno girare ruote e trascinare carri muovere le montagne. E se dovessi, cari, dire tutto quel che mi pare di saper di lui questo direi, che Primo Mazzolari prese sul serio l'unico comando: tu non uccidere. Chi vuol rendergli onore questo ricordi, a questo apprenda tutto il cuor gentile suo: tu non uccidere. 19. PREMESSA TERZA: UNA SERA ED ALTRI TESTI I testi seguenti apparvero nel Quaderno 2 (dal titolo: Una sera di Chico Mendes ed altri testi estratti da "La nonviolenza e' in cammino") del corso di educazione alla pace presso il liceo scientifico di Orte, anno scolastico 2004-2005. Abbiamo omesso ancora le brevi notizie introduttive. 20. UNA SERA DI CHICO MENDES "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho serbato la fede" (2 Tm 4, 7) La selva e nella selva l'altra selva quella nei laghi neri del cuore quella ove incontri lupe, leoni, lonze e i killer prezzolati dai padroni. La selva e nella selva vivi gli alberi e sotto la corteccia il sangue loro ed e' mestieri di cavarne stille, fratelli alberi, abbiamo fame anche noi. La selva e nella selva gli abitanti della selva. Ed ecco stabiliamo un patto nuovo tra noi della foresta, fratelli umani che dopo noi vivrete. La selva e noi, le donne antiche e gli uomini antichi e gli uomini e le donne che eccoci. Stringiamo un patto, sorelle piante, ci diciamo parole di rispetto e di dolore, fratelli alberi abbiamo fame anche noi, hanno fame anche altri, tutti vogliamo vivere. La selva e nella selva io Chico Mendes e tre proiettili che passo dopo passo di ramo in ramo di talento in talento dal portafogli e dalla scrivania fino alla tasca e alla cintura e alla fondina e' tanto che mi cercano, e cercano me Chico Mendes, il sindacalista l'amico della foresta, l'amico della nonviolenza. Ed e' gia' questo ventidue dicembre del mille novecento ottantotto questa e' la porta di casa mia, sono le cinque e tre quarti. E mi sotterreranno nel giorno di Natale antica festa. Piangono nella selva lente lacrime di caucciu' le piante, piange l'indio piange Ilzamar, Sandino ed Elenira piangono e piangono i compagni tutti, il sindacato piange e piange il cielo in questa sera senza luce e senza scampo. Mentre mi accascio guardo ancora il mondo che possa vivere ho fatto la mia parte. 21. AD ALCUNI AMICI SUOI DI CATANIA Degli infiniti mondi questo era dei ciarlatani il mondo. E dei mafiosi. E delle oppresse e degli oppressi in lotta per il riscatto e per la dignita'. Ti offrivano casse di vini pregiati e sorridendo ti dicevano di smettere, ma chi te lo fa fare, pensa alla salute. Ministri e cavalieri, stallieri e magnati ti guardavano come una sfinge, cosa poteva volere quella faccia di greco antico che certo amava la vita. Amava la vita ed amava la Sicilia che e' la vita quando la vita e' insieme felice e amara. Amava la Sicilia che e' la Grecia di Empedocle e il mondo quando tutto era colmo di dei e di dee. Amava la Sicilia che non si arrende, la Sicilia dei contadini e degli zolfatari, degli emigranti e delle magre donne forti come la roccia. Era uno come Diderot: fece piu' che delle opere fece delle persone. Trovo' compagni e suscito' la lotta, quando tutti tacevano e lui levo' la voce, e cosi' quando sarebbe stato facile cedere in una smorfia, in un ammiccare ironico e lieve, e invece lui levo' la voce. Lo avevano avvisato, non dite di no. Avvisato lo avevano, ma lui niente e con quel sorriso e con quel cercare grane sempre d'attorno andando col fiuto e con la tigna. Lo avevano avvisato ma lui niente testa dura che voleva spianare le montagne. Poiche' non lo fermarono i sorrisi poiche' non lo fermavano gli avvisi poiche' cresceva intorno a lui, tramite lui quella cosa che si chiama Resistenza e puoi dirla solamente in lieve soffio, mandarono a fermarlo infine i killer. Sono passati anni e a quella notte tante altre fredde notti di dolore si sono aggiunte tale che s'incrina il mondo sotto il peso della mole. Sono passati anni e Pippo Fava e' ancora qui, compagni, e vive ancora e vivra' ancora finche' tu non cedi. 22. DELLA MEMORIA DEL DOLORE E DEL DOLORE DELLA MEMORIA I. Quando ricordi il dolore aggiungi un dolore ancora. E la memoria del dolore infinito e' infinito protrarsi del dolore. Tutto ne geme, ne scricchiola il mondo, e l'anima. Quando ricordi il dolore un nuovo dolore sopporti ma non dissemini nuovo dolore il vecchio cerchi d'addomesticare che meno ti graffi lo sguardo t'incrini meno la voce, il cuore nel raccontare un poco si disserri. Ma quando ricordi quel dolore frutto del male innominabile, quel male ancora ti strazia e smarrisce. Non puoi dartene ragione, non puoi domesticarlo, no, non puoi. Cosa ti accade allora? II. Si puo' raccontare l'inenarrabile? e si puo' razionalizzare cio' che sfugge alla ragione? e si puo' fare memoria di cio' che dovrebbe per sempre sprofondare nel pozzo dell'oblio? Ma quel dolore resta e ancor piu' resta quel male se non trovi chi ti ascolta quel male se non trovi le parole atte ad espellerlo dacche' giu' in fondo all'anima forte a calcarlo ebbero i torturatori. Dire l'indicibile. Lottare ancora. Convocare l'intera umanita' al cospetto dell'unica, la duplice Shoah. Lottare ancora dire l'indicibile salvare le vittime future. Pesante assai fardello di scorpioni e di frustate che sul dosso grava troppo perche' lo possa sostenere persona. E tuttavia recare testimonio e dire l'indicibile e lottare ancora, ancora salvare le vittime, l'umanita' intera. III. Non accadde in una notte di tempesta non accadde tra capanne e dentro grotte non accadde in terre barbare e deserte. Fu nel cuore colto e vivo dell'Europa conficcato come stocco fino all'elsa. Non accadde in tempi oscuri e remotissimi ma nel secolo ricco e portentoso della tecnica, la crescita, il progresso. Nel cuore colto e vivo dell'Europa nero chiodo che trapassa e infetta l'albero. IV. Mi chiedo quali ricordi io ricordi e di quali ricordi io parlo in questi giorni ai miei ragazzi, qui, seduti in cerchio. E cosa coli e filtri tra parole nelle anime loro che non voglio insozzare ridicendo dell'inferno di Auschwitz. Questo dovere di fedelta' ai maestri piu' grandi che ho avuto e questa paura di essere strumento inconsapevole e nolente ancora alla propagazione dell'orrore col solo dirne. E in lacrime ogni volta ancor rompendo. V. Mi chiedo questa voce che qui scrive di cosa testimoni e donde trovi la forza di levarsi voce ancora. Mi dico non sei tu non sei non sei tu in diritto di parlar di questo solo potrebbero coloro che son morti o pochi vecchi che i giorni del male tutte le notti devono tornare ad affrontare in buio e solitudine. Cosa ne sai, non eri li', non puoi dar la tua voce alle parole altrui ed al silenzio altrui, e non vi sono parole che possano dire la cosa che con la parola Shoah tentiamo invano di esorcizzare, di stornar dal mondo. VI. Mi dico: pure devo ricordare che questo e' stato e ricordare ad altri di ricordare che cio' che gia' e' stato ancora puo' tornare se non veglia quella ragione che contende ai mostri. Mi dico, trattieni del ploro l'impulso e dei singulti e parla con voce chiara e piana racconta di Primo Levi, racconta di Vittorio Emanuele Giuntella, racconta quel che da loro hai imparato e tramanda la verita', l'appello e anche il fardello. Mi perdonino i giovani cui parlo alla cui innocenza m'inchino mi perdonino se l'eco dell'orrore reco alle loro orecchie, se traggo penoso un carico e lo consegno loro di angoscia inestinguibile. VII. Ma ricordate che questo e' stato ma ricordate che all'inumano occorre resistere, ma ricordate che ogni persona e' fragile, e difendila tu. Ricordati che tu devi salvarlo il mondo tutto, la vita di ciascuno. 23. UNA CANZONE PER MARIANELLA GARCIA. NEL VENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE Ay Marianella, Marianella Garcia potevi fare la vita dei signori i tuoi buoni studi, il tuo seggio in parlamento ma tu scegliesti di stare con noi poveri. Ay Marianella che pioggia di sangue. Era Marianella sorella di noi morti perche' amava la vita e che la vita fosse degna di essere vissuta. Ay Marianella si spensero le stelle. Era intrepida e vestita di umilta' sapeva che i fascisti la cercavano e ti raggiunse la furia dei fascisti. Ay Marianella la furia dei fascisti. Parlava la lingua dei contadini e degli angeli sapeva le parole che guariscono parole di luce e di pane. Ay Marianella la terra nera e rossa. Sapeva tutte le cose e anche le cose che tutti sanno e e' difficile dire e lei le diceva con voce di uccellino. Ay Marianella che fredda e' la notte. Ti ammazzarono come hanno ammazzato i morti che cercavi e che il tuo sguardo resuscitava nel cuore del popolo. Ay Marianella che pianto infinito. Cosi' dura e' la nostra dura vita che anche nella gioia noi piangiamo ma mentre ti piangiamo ricordiamo con gioia che sei stata e resti viva. Ay Marianella, Marianella Garcia. 24. EPIGRAFE PER IL RESISTENTE JOSEF MAYR-NUSSER Almeno io ti voglio ricordare, e ringraziare ancora, Josef Mayr-Nusser che fosti arruolato a forza nelle SS e che dicesti no. Sul treno per Dachau, nel vagone bestiame moristi da resistente, non da carnefice. Avessero molti fatto la tua scelta non avrebbero inondato il mondo quanto dolore, quante lacrime, quanto sangue. Almeno io qui ti ringrazio ancora Josef Mayr-Nusser che dicesti no. 25. NEL CHIASSO Nel chiasso in cui tutti hanno ragione resto in silenzio e il mio silenzio dica la colpa che io sento e che non sentono tutti coloro che di ciancia colmano il vuoto nel mondo lasciato dagli uccisi. 26. PER OSCAR ROMERO Prima di essere Romero Romero non era ancora Romero. Tutti dobbiamo divenire cio' che siamo e che non siamo finche' non ci troviamo a quell'antico bivio della scelta. Era Romero uomo di fede ma la sua fede non era ancora la fede di Romero, prima occorse che quella fede nella fede lo trovasse gliela recasse un popolo piagato. Cosi' dall'astratto al concreto dicono certi antichi dottori muovesi il mondo, il mondo vecchio e stanco cosi' si mosse anche Oscar Romero muovendo incontro a verita' e martirio. Dicono: cosa si puo' fare? Nulla. E dicono anche: cosa si puo' fare? Tutto. E non e' vero. Ma quel che e' da fare tu fallo, e cosi' sia. Sotto lo sguardo degli assassinati Oscar Romero incontro' se stesso sotto lo sguardo degli assassini incontro' se stesso Oscar Romero. Viene sempre quell'ora inesorabile in cui devi levare la tua voce. Tu non vorresti, vorresti restare nel silenzio che sa molte lusinghe molti segreti, e molti pregi reca. Ma viene sempre l'ora della voce. Venne quell'ora per Oscar Romero a rivelargli il volto e il nome suo venne quell'ora recata dal silenzio degli assassinati e recata dal silenzio degli assassini, e giungi al paragone. Prese ad un tempo la parola e la croce e messosi alla scuola degli scalzi ne fu piu' che avvocato, compagno. Sapeva anche lui dove quella portava strada, sapeva anche lui quale suono avrebbe spento un giorno la sua voce. Come chiodi che secco un martello nel legno batte e conficca, il colpo della pallottola irruppe nel suo corpo fatto legno, fatto vino, fatto croce fatto pane, fatto luce, per sempre raggiunse Romero Romero, ormai voce per sempre dell'intera umanita'. 27. ANCORA UNA CANTATA DEI MORTI INVANO E noi siamo i soliti morti i soliti morti invano quelli come sempre poco furbi che non sapevano guardar lontano e quelli come sempre troppo furbi che non sapevano guardar vicino. Adesso siamo qui, presi all'uncino nello sheol infrante estinte spoglie morti per sempre come tutti i morti, e come tutti i morti morti invano. E noi anche avevamo attese e voglie e vite personali e aspetto umano di femmine e di maschi, e come foglie discerpaci ed invola un vento vano. E i sogni alati e le gioie e le doglie tutto disparve qual miraggio arcano quando al lume dei giorni e al buon cammino per sempre ci strappo' il colpo assassino. E voi che questa voce che si spegne avete cuore di ascoltare ancora sappiate che anche le nostre eran degne di essere vissute vite, e l'ora che ce le tolse - ed erano ancor pregne di luce e di belta' che t'innamora - non fu di caso o fato il cupo frutto: furono uomini a rapirci tutto. E tu che ancora senti e ancora vedi a te affidiamo un'ultima parola: ferma la guerra, con le mani e i piedi; ferma la guerra e bruciati la gola a forza di gridarlo; e se non cedi vi e' speme che s'inceppi questa mola e cessi questa storia di orchi e brace e possa venir l'ora della pace. Ma noi siamo solo i soliti morti i soliti morti invano quelli come sempre poco furbi che non sapevano guardar lontano e quelli come sempre troppo furbi che non sapevano guardar vicino. Adesso siamo qui, presi all'uncino nello sheol infrante estinte spoglie morti per sempre come tutti i morti, e come tutti i morti morti invano. 28. IN MEMORIA DI DIETRICH BONHOEFFER I. Quando impiccarono Dietrich Bonhoeffer dal cielo si senti' come un sospiro profondo. Il buon Signore aveva perso un forte e buon compagno, e ne gemeva triste. All'ora nona si rirallegrava il cielo tutto che' Dietrich Bonhoeffer compiuta la sua corsa era tornato infine a casa. II. E voi miei cari a cui qui intorno al fuoco in questa veglia io riracconto ancora la storia vera e la vera leggenda del buon Dietrich Bonhoeffer, resistete come lui resistette. E non crediate che non ha senso questo nostro esistere resistere, cercare, accarezzare lottare per la vita e la giustizia. 29. UOMINI E TIGRI Tu chiudi uomini in gabbia, ed essi diventano tigri. 30. RUMINAZIONI DI UN VIANDANTE EUGUBINO Ora sappiamo che il lupo siamo noi. Che anche noi siamo nella pancia del lupo che anche noi rechiamo il lupo nella pancia. E questo sappiamo, che la nostra lotta contro di noi dobbiamo cominciarla. E questo e' il deserto, e questa e' la fame, ed il nemico e' specchio di quanto di non risolto, di non ancora a luce sgorgato, di non compreso ancora, e' in noi che soffre, in noi e', che ci sforza. E anche questo sappiamo, che i pensieri migliori si pensano coi piedi, camminando si pensano. Si pensano andando e mentre si va ci si da' voce e ascolto l'un l'altro, si scopre che il meraviglioso dono non e' quando si arriva ma il viaggio, la strada condivisa e la compresa compagnia, e cio' che si ode e vede e si consente, e l'incontro inatteso, e dire tu al mondo. 31. AGLI AMICI DELLA RETE RADIEí RESCH IN OCCASIONE DELLA DECIMA MARCIA PER LA GIUSTIZIA DA AGLIANA A QUARRATA Lunga e' la via che mena alla giustizia che reca in dono comprensione e pace, e questa e' una buonissima ragione per subito intraprenderla, gia' l'ora e' tarda, presto giungera' la sera. Ma questo viaggio reca incanti tali che tutta sanno illuminar la stanca vita, e recare rorido un ristoro quando si apre il cuore e incontri il volto dell'altro che e' gia' qui e che ti attendeva. 32. L'INTERPRETE Mi informa compunta la televisione che sulla strada tra Mossul e Tikrit dei soldati americani hanno sparato all'automobile di un diplomatico italiano membro del governo di occupazione, che si erano sbagliati e si sono dispiaciuti, gli italiani sono buoni amici, gli americani ragazzi un po' irruenti. Dell'interprete iracheno assassinato perche' parlarne? perche' scusarsi? Il suo volto e il suo nome non contano, la sua vita neppure. Messo in abisso qualcosa di distorto e di profondo vi e' qui da interpretare, ma l'interprete e' per l'appunto morto. 33. CANTATA PER DANILO Giunse Danilo da molto lontano in questo paese senza speranza ma la speranza c'era, solo mancava Danilo per trovarcela nel cuore. Giunse Danilo armato di niente per vincere i signori potentissimi ma non cosi' potenti erano poi, solo occorreva che venisse Danilo. Giunse Danilo e volle essere uno di noi, come noi, senza apparecchi ma ci voleva di essere Danilo per averne la tenacia, che rompe la pietra. Giunse Danilo e le conobbe tutte le nostre sventure, la fame e la galera. Ma fu cosi' che Danilo ci raggiunse e resuscito' in noi la nostra forza. Giunse Danilo inventando cose nuove che erano quelle che sempre erano nostre: il digiuno, la pazienza, l'ascolto per consiglio e dopo la verifica in comune, il comune deliberare e il fare. Giunse Danilo, e piu' non se ne ando'. Quando mori' resto' con noi per sempre. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 242 del 13 ottobre 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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