Voci e volti della nonviolenza. 242



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 242 del 13 ottobre 2008

In questo numero:
1. Premessa prima: Dieci sonetti a Vicenza
2. Si puo', si deve vincere a Vicenza
3. Si', a Vicenza il cinque ottobre il voto
4. Vicenza oggi e' per tutti una speranza
5. Se a Vicenza vinceranno i si'
6. Il cinque ottobre il voto vicentino
7. Che da Vicenza giunga una parola
8. Come a Vicenza il senno dei votanti
9. Chi teme che la gente di Vicenza
10. Vicenza dunque il 5 ottobre vota
11. In un giorno di festa i vicentini
12. Premessa seconda: Un blues ed altri testi
13. Blues del nostro fratello dottor King
14. Blues del treno della morte
15. Aderendo a un appello per la pace
16. Una leggenda apocrifa ovvero eulogia d Massimiliano di Cartagine
17. Rachele
18. In memoria di Primo Mazzolari
19. Premessa terza: Una sera ed altri testi
20. Una sera di Chico Mendes
21. Ad alcuni amici suoi di Catania
22. Della memoria del dolore e del dolore della memoria
23. Una canzone per Marianella Garcia. Nel ventesimo anniversario della
morte
24. Epigrafe per il resistente Josef Mayr-Nusser
25. Nel chiasso
26. Per Oscar Romero
27. Ancora una cantata dei morti invano
28. In memoria di Dietrich Bonhoeffer
29. Uomini e tigri
30. Ruminazioni di un viandante eugubino
31. Agli amici della Rete Radie' Resch in occasione della decima marcia per
la giustizia da Agliana a Quarrata
32. L'interprete
33. Cantata per Danilo

1. PREMESSA PRIMA: DIECI SONETTI A VICENZA
In vista del referendum del 5 ottobre 2008 a Vicenza per impedire la
realizzazione della nuova base di guerra "Dal Molin" tra altri interventi a
sostegno dell'iniziativa di pace apparvero su "La nonviolenza e' in cammino"
anche i testi che di seguito riproduciamo (senza piu' indicazione delle
firme ne' le brevi schede introduttive).

2. SI PUO', SI DEVE VINCERE A VICENZA

Si puo', si deve vincere a Vicenza
e con la forza della verita'
fermare li' la guerra e la violenza
li' disarmare chi ammazzando va.

Si puo', si deve con la nonviolenza
far vincere l'umana dignita'
negando agli assassini l'acquiescenza
togliendo ai barbari complicita'.

Si puo', si deve col forte strumento
del voto di coscienza popolare
combattere la guerra e il suo tormento.

Si puo', si deve la guerra fermare
le armi ripudiare, e dal lamento
passare all'atto di vite salvare.

3. SI', A VICENZA IL CINQUE OTTOBRE IL VOTO

Si', a Vicenza il cinque ottobre il voto
dei cittadini puo' dir si' alla pace
si' alla civile convivenza, al moto
di umanita' piu' semplice e verace.

Si', a Vicenza il giusto, il vero, il noto
prevalga sull'iniquo e sul rapace,
prevalga sul fallace e sull'ignoto;
e vinca il bene che salva e che piace.

Si', a Vicenza vinca la difesa
della natura e della civilta',
e sia respinta l'oltraggiosa offesa

delle armi e della loro crudelta',
dell'empia guerra che non lascia illesa
la nostra gia' dolente umanita'.

4. VICENZA OGGI E' PER TUTTI UNA SPERANZA

Vicenza oggi e' per tutti una speranza
di opporre pace e bene a guerre e stragi.
Se il 5 ottobre fermera' la danza
macabra del riarmo, e dei malvagi

seminator di morte la baldanza,
sara' quel voto il miglior dei presagi
di una civile convivenza, usanza
dono piu' grande di quei dei re magi.

Vicenza che resistere ha saputo
a chi voleva farne un arsenale
e la spelonca da cui esce il bruto

a far scempio del mondo e sparger male,
Vicenza al male opponga il suo rifiuto
e salvi col suo voto cio' che vale.

5. SE A VICENZA VINCERANNO I SI'

Se a Vicenza vinceranno i si'
i si' alla pace, i si' alla giustizia
il 5 ottobre iniziera' da li'
piu' forte lotta ad ogni ria nequizia.

Se a Vicenza prevarra' cosi'
la fedelta' all'amore e all'amicizia
il 5 ottobre sara' dunque un di'
per l'umanita' intera di letizia.

Si' ardua prova in cosi' picciol spazio
si' grave compito in cosi' breve ora:
opporsi agli arsenali dello strazio,

difendere la civilta' che onora,
respingere di guerra il giammai sazio
mostro. E dal buio far sorger l'aurora.

6. IL CINQUE OTTOBRE IL VOTO VICENTINO

Il cinque ottobre il voto vicentino
non tratta solo di un lembo di terra
riguarda invece se di pace o guerra
vogliamo sia il comun nostro destino.

Alla crudele man dell'assassino,
al riarmo stritolante cio' che afferra,
al riarmo che tutto atterrisce e atterra,
si opponga del diritto il buon cammino.

Si opponga al male la volonta' buona
si opponga alla barbarie il civil lume
si opponga alla violenza la saggezza

prevalga sulle tenebre chiarezza
ceda il pessimo all'ottimo costume:
tutti i diritti umani a ogni persona.

7. CHE DA VICENZA GIUNGA UNA PAROLA

Che da Vicenza giunga una parola
che opponga alla violenza la ragione,
che possa essere la buona scuola
che insegni a contrastare ogni uccisione,

che dica quella verita' che sola
smaschera ogni empia mistificazione:
e' assassina ogni arma, ogni pistola
puntata e' contro tutte le persone.

E quindi ogni base militare
ogni arsenale, ogni fabbrica d'armi
son luoghi di nequizia e malaffare.

L'umanita' chiede che si disarmi,
per sempre la guerra e' da ripudiare:
troppi giaccion nel fango o sotto i marmi.

8. COME A VICENZA IL SENNO DEI VOTANTI

Come a Vicenza il senno dei votanti
il 5 ottobre dara' buoni frutti
quel si' alla pace sara' un passo avanti
non solo per Vicenza ma per tutti.

Un si' al diritto ad impedir che tanti
ancora dalla guerra sian distrutti,
un si' ad evitare nuovi pianti
e strazi, e orrori, ed infiniti lutti.

Un si' alla civile convivenza
un si' al disarmo che salva le vite
un si' alla ragione e alla coscienza

che vieti eccidi e sani le ferite
considerando la comun semenza
dell'umanita' intera, una e mite.

9. CHI TEME CHE LA GENTE DI VICENZA

"E altro e' da veder che tu non vedi"
(Dante, Inf., XXIX, 12)

Chi teme che la gente di Vicenza
faccia valere verita' ed amore,
chi teme che virtu' d'intelligenza
esprima la pieta' che nutre il cuore,

chi teme che vinca la nonviolenza
e fermi il seme di nuovo dolore,
vorrebbe or cancellare la presenza
di una viva citta', strappare il fiore

del vivere civile e solidale,
negando liberta' e democrazia
vorrebbe che ci si arrendesse al male.

Ma non sara' cosi', lunga e' la via
ma vincera' la scelta naturale
di chi vuol pace e bene. E cosi' sia.

10. VICENZA DUNQUE IL 5 OTTOBRE VOTA

Vicenza dunque il 5 ottobre vota
e se i potenti dicon che non vale
Vicenza ancora il 5 ottobre vota
che la democrazia non fa mai male

e il 5 ottobre si' Vicenza vota
poiche' questa e' la regola legale
e il 5 ottobre ecco Vicenza vota
perche' e' logico, e' giusto, ed e' normale.

Per dire si' alla pace e si' al diritto
il 5 ottobre si vota a Vicenza
per impedire un sordido delitto

il 5 ottobre il popolo a Vicenza
dira' la sua, e non restera' zitto
il 5 ottobre ogni cuore a Vicenza.

11. IN UN GIORNO DI FESTA I VICENTINI

In un giorno di festa i vicentini
potranno dire una parola vera.
Oggi e' quel giorno e prima che sia sera
quella parola oltre quei confini

giunta sara' ed orientera' i cammini
di quante e quanti alla signora nera
non vogliono di vite un'altra schiera
siano immolate e appese poi agli uncini

dei macellai in divisa e dei signori
che dalla guerra traggono profitti.
Si opponga il voto ai lutti ed ai dolori

sia il voto voce di tutti gli afflitti
che anelano la pace e i suoi splendori.
Sia il voto si' alla vita e si' ai diritti.

12. PREMESSA SECONDA: UN BLUES ED ALTRI TESTI
I testi seguenti apparvero nel Quaderno 4 (dal titolo: Un blues in memoria
di Martin Luther King ed altri testi estratti da "La nonviolenza e' in
cammino") del corso di educazione alla pace presso il liceo scientifico di
Orte, anno scolastico 2004-2005. Abbiamo omesso l'indicazione delle firme e
le brevi schede introduttive.

13. BLUES DEL NOSTRO FRATELLO DOTTOR KING

Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King
la storia lo aspettava a una fermata d'autobus
e la storia quel giorno
aveva il volto stanco e i piedi gonfi
di nostra sorella Rosa Parks, che sempre sia lodata.

Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King
ma aveva un sogno e quando sogni forte
non c'e' muraglia che possa resistere
ed e' quel sogno che mette in cammino
la carovana umana, che sempre sia lodata.

Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King
paziente lo attendeva il suo sicario
e quelli che pagarono il sicario
ancora comandano, certo
ma l'anima di King non l'hanno infranta, che sempre sia lodata.

Ancora comandano, e' vero, gli oppressori
ma la marcia di Martin Luther King,
poco piu' che un ragazzo, non l'hanno fermata
essa continua con le nostre gambe
coi nostri sogni, e vinceremo noi. Che sia lodato il cielo e anche la terra.

14. BLUES DEL TRENO DELLA MORTE
[Raccontava nella presentazione parlata l'anonimo autore di questo blues che
aveva cominciato il suo impegno politico quando aveva quattordici anni,
bloccando treni e occupando binari in nome della dignita' di ogni essere
umano; e aggiungeva che da allora non aveva piu' smesso di lottare, e sempre
piu' si era accostato alla nonviolenza all'ascolto di Mohandas Gandhi, di
Martin Luther King, del movimento delle donne; e affermava di pensare che se
in Europa nella prima meta' del Novecento tanta piu' gente si fosse messa
sui binari, tante stragi e tanti orrori sarebbero stati evitati; poi
tossiva, si schiariva la voce, cominciava a maltrattare la chitarra, e
diceva, accennando una subito soffocata intonazione, all'incirca le parole
seguenti]

E tu fermalo il treno della morte
col tuo corpo disarmato sui binari
con la voce che si oppone all'urlo roco
delle bombe, delle fruste al vile schiocco.

E tu fermalo il treno della morte
sono pochi gli oppressori, innumerevoli
le vittime, non possono arrestarci
se tutti insieme ce li riprendiamo i diritti, la terra, la vita.

E tu fermalo il treno della morte
con la tua persona fragile sconfiggi
gli apparati e gli strumenti della guerra
e salva il mondo con la tua persona fragile.

E tu fermalo il treno della morte
perche' tu, cosi' indifeso, puoi fermarlo
col tuo corpo, la tua voce, la speranza
che sa unire tante braccia, e sa fermarlo

maledetto il treno nero della morte.

E tu fermalo e cosi' ferma la guerra.

15. ADERENDO A UN APPELLO PER LA PACE

Non dire che adesso non hai tempo:
perche' dopo non ci sara' piu' tempo.
E non dire che e' gia' troppo tardi:
anche un minuto prima non e' tardi.

E non dire che troppo e' difficile l'impegno:
poiche' tutto e' nel cominciare, e il resto
viene da se'.

E non dire, soprattutto non dire
che ti dispiace tanto ma che altri
se la vedano, non tu:
questo ragionamento uccide.

Non dire che il giorno e' finito, e le tenebre
e' giocoforza prevalgano ancora.
Accendi piuttosto il tuo lume.

16. UNA LEGGENDA APOCRIFA OVVERO EULOGIA DI MASSIMILIANO DI CARTAGINE

I.
Solo questo so di te, che nell'anno
195 ti fucilarono
perche' obiettore al servizio militare.

Immagino che venne un centurione
coi suoi esperti di pubbliche relazioni,
psicologi, pubblicitari, sceneggiatori di telenovelas,
a dirti mentre eri in galera
sei un bravo giovane, chi te lo fa fare
vieni con noi, imparerai un mestiere.
E Massimiliano rispose di no.

Mandarono da lui certi suoi parenti, certi prominenti
concittadini, a dirgli
lo sai che noi cartaginesi
siamo gia' guardati con sospetto
per certe vecchie storie di Alpi e di elefanti
di annibali e di asdrubali e scipioni
non metterti a fare casino
vesti la giubba, non c'e' altro da fare
e combattere per l'impero ha pure i suoi vantaggi.
Ma Massimiliano rispose di no.

E vennero allora a persuaderlo
certi amici di quando al campetto
giocavano insieme a pallone, gli amici
del bar: Massimilia' falla finita
da quando ti sei messo con quei tizi
del galileo morto ammazzato
ti stai mettendo in un mare di guai.
Che diamine mai hai contro i marines?
Falla finita con quei beduini
da' retta al nostro buon signor Belcore
la paga e' buona ed il lavoro e' poco.
E quello cocciuto, come un mulo a dire no.

II.
Dicono male delle corti marziali
dicono male dei plotoni d'esecuzione
forse che e' meglio farlo col coltello
in un vicolo buio di notte?

Dicono che siamo repressori
e genocidi addirittura; e andiamo!
forse che non ci vuole anche un po' d'ordine
in questo letamaio di colonie?
e il roman way of life non costa niente?
Eppure la volete, la televisione
il telefonino.

E allora poche storie, lo ammazzammo
perche' dovemmo, mica potevamo
lasciarlo andare il vile disertore
oltretutto terrone, anzi affricano.

La civilta', insomma, va difesa.

III.
Quante incertezze, quanta paura certo durasti.
Solo i babbei
pensano che gli eroi sono una specie
di nazisti spretati. E invece i martiri
hanno paura come noi, e tremano
come noi, come noi dubitano
di star tutto sbagliando, di sprecare per nulla la vita.

Ma infine ristette fermo nel suo no
Massimiliano di Cartagine. E fu fucilato.

IV.
Ecco, io mi alzo in piedi nell'assemblea
e prendo la parola, e dico:
obietta alla guerra e alle uccisioni
combatti contro gli eserciti e le armi
scegli la nonviolenza.

Ecco, io prendo la parola in assemblea,
mi alzo in piedi e dico:
fermiamo le fabbriche di armi
assediamo le basi militari
impediamo i decolli dei bombardieri
strappiamo gli artigli alle macchine assassine.

Ecco, io dico al soldato: diserta
io dico al ferroviere: ferma il convoglio
io dico al vivandiere: non preparare
di carne umana il pranzo al generale.

Ecco, io dico, la guerra
puo' essere, deve essere fermata.
Con l'azione diretta nonviolenta.
Con il gesto del buon Massimiliano
cartaginese, che i romani fucilarono.

17. RACHELE

Quelli di noi che hanno passato notti
al freddo e al gelo sanno che vuol dire
non avere una casa.

E quelli di noi che hanno avuto paura
subendo minacce e percosse, di essere uccisi
sanno cos'e' la paura.

E quelli di noi che ai padri hanno chiuso
sul letto di morte gli occhi, sanno sanno
sanno la morte che orrendo nemico e' di tutti.

E quelli di noi che hanno avuto lo strazio
di vedere morire gli amici e di vedere
eserciti muovere alla caccia
di carne umana, come possono, come possiamo
tacere, restare nelle tiepide case
col cibo caldo tra i visi amici.

Cosi' Rachele mosse di lontano
verso quel cuore del mondo che ha nome Palestina.

Cosi' Rachele mise l'anima sua e il suo corpo
tra l'esercito e le vittime
tra le ruspe che demoliscono
e le case in cui poter vivere ancora.

Cosi' Rachele la molto amata
torno' in Palestina.
Lo dico a te Labano, lo dico a te Giacobbe.

Cosi' Rachele fu uccisa e questa morte
e' la morte di tutte le donne che portano vita
lungo i tornanti di questa preistoria
di Margarete dai capelli d'oro
di Sulamith dai capelli di cenere.

Non ho parole, ho solo greve un pianto
e molte amare memorie e una speranza sola:
che resusciti Rachele
nella pace tra i popoli, nel ricordo
dell'orrore, nell'alleanza nuova
che a tutte e tutti riconosca vita,
che a tutte e tutti riconosca dignita'.

E' questa resurrezione
questa compresenza dei morti e dei viventi
nella comune lotta per l'umano
cio' che qui chiamo ancora nonviolenza.

E' la lotta di Rachele
la nonviolenza in cammino.

18. IN MEMORIA DI PRIMO MAZZOLARI

Veniva dalla Resistenza, don Primo Mazzolari
che reca dura la scienza
del bene e del male, il conoscere insieme
il valore del pane e del vino, la fame e la morte.

Veniva dalla campagna, don Primo Mazzolari
che conosce il ciclo dei giorni
e dei raccolti, e la disperazione
della grandine e della fame
e come gli uomini fecondino la terra
e tutto e' fatica e rigoglio.

Veniva dalla sequela, don Primo Mazzolari
credeva nell'assurdo di un figliuolo
dell'uomo che i potenti condannarono
a vile morte e che mori' indifeso.

Credeva nell'assurdo: il mansueto
che accetta l'ingiustizia di morire
e che cosi' di morte l'ingiustizia
per sempre smaschera
e annienta la violenza
con l'umile suo gesto di negare
di aggiungere violenza alla violenza.

Sapeva lottare, don Primo Mazzolari
con le arti della volpe e del leone,
con scienza di serpente e di colomba,
il lento lavoro della goccia
che scava la pietra stilla a stilla
a scheggia a scheggia scava la pietra.

E sapeva le parole, don Primo
Mazzolari, le parole che sanno
girare ruote e trascinare carri
muovere le montagne.

E se dovessi, cari, dire tutto
quel che mi pare di saper di lui
questo direi, che Primo Mazzolari
prese sul serio l'unico comando:
tu non uccidere.

Chi vuol rendergli onore
questo ricordi, a questo apprenda tutto
il cuor gentile suo:
tu non uccidere.

19. PREMESSA TERZA: UNA SERA ED ALTRI TESTI
I testi seguenti apparvero nel Quaderno 2 (dal titolo: Una sera di Chico
Mendes ed altri testi estratti da "La nonviolenza e' in cammino") del corso
di educazione alla pace presso il liceo scientifico di Orte, anno scolastico
2004-2005. Abbiamo omesso ancora le brevi notizie introduttive.

20. UNA SERA DI CHICO MENDES

"Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho serbato la
fede" (2 Tm 4, 7)

La selva e nella selva l'altra selva
quella nei laghi neri del cuore
quella ove incontri lupe, leoni, lonze
e i killer prezzolati dai padroni.

La selva e nella selva vivi gli alberi
e sotto la corteccia il sangue loro
ed e' mestieri di cavarne stille,
fratelli alberi, abbiamo fame anche noi.

La selva e nella selva gli abitanti
della selva. Ed ecco stabiliamo
un patto nuovo tra noi della foresta,
fratelli umani che dopo noi vivrete.

La selva e noi, le donne antiche e gli uomini
antichi e gli uomini e le donne che eccoci.
Stringiamo un patto, sorelle piante, ci diciamo
parole di rispetto e di dolore, fratelli alberi
abbiamo fame anche noi, hanno fame anche altri, tutti
vogliamo vivere.

La selva e nella selva io Chico Mendes
e tre proiettili che passo dopo passo
di ramo in ramo di talento in talento
dal portafogli e dalla scrivania
fino alla tasca e alla cintura e alla fondina
e' tanto che mi cercano, e cercano me
Chico Mendes, il sindacalista
l'amico della foresta, l'amico della nonviolenza.

Ed e' gia' questo ventidue dicembre
del mille novecento ottantotto
questa e' la porta di casa mia, sono
le cinque e tre quarti. E mi sotterreranno
nel giorno di Natale antica festa.
Piangono nella selva lente lacrime
di caucciu' le piante, piange l'indio
piange Ilzamar, Sandino ed Elenira
piangono e piangono i compagni tutti,
il sindacato piange e piange il cielo
in questa sera senza luce e senza scampo.

Mentre mi accascio guardo ancora il mondo
che possa vivere
ho fatto la mia parte.

21. AD ALCUNI AMICI SUOI DI CATANIA

Degli infiniti mondi questo era
dei ciarlatani il mondo.
E dei mafiosi.

E delle oppresse e degli oppressi in lotta
per il riscatto e per la dignita'.

Ti offrivano casse di vini pregiati e sorridendo
ti dicevano di smettere, ma chi te lo fa fare, pensa
alla salute.

Ministri e cavalieri, stallieri e magnati
ti guardavano come una sfinge, cosa poteva volere
quella faccia di greco antico
che certo amava la vita.

Amava la vita ed amava la Sicilia
che e' la vita quando la vita e' insieme felice e amara.
Amava la Sicilia che e' la Grecia
di Empedocle e il mondo quando tutto
era colmo di dei e di dee. Amava
la Sicilia che non si arrende, la Sicilia
dei contadini e degli zolfatari,
degli emigranti e delle magre donne
forti come la roccia.

Era uno come Diderot: fece piu' che delle opere
fece delle persone.
Trovo' compagni e suscito' la lotta, quando
tutti tacevano e lui levo' la voce, e cosi' quando
sarebbe stato facile cedere in una smorfia,
in un ammiccare ironico e lieve, e invece lui
levo' la voce.

Lo avevano avvisato, non dite di no. Avvisato
lo avevano, ma lui
niente
e con quel sorriso e con quel cercare grane
sempre d'attorno andando col fiuto e con la tigna.
Lo avevano avvisato ma lui niente
testa dura che voleva spianare le montagne.

Poiche' non lo fermarono i sorrisi
poiche' non lo fermavano gli avvisi
poiche' cresceva intorno a lui, tramite lui
quella cosa che si chiama Resistenza
e puoi dirla solamente in lieve soffio,
mandarono a fermarlo infine i killer.

Sono passati anni e a quella notte
tante altre fredde notti di dolore
si sono aggiunte tale che s'incrina
il mondo sotto il peso della mole.

Sono passati anni e Pippo Fava
e' ancora qui, compagni, e vive ancora
e vivra' ancora finche' tu non cedi.

22. DELLA MEMORIA DEL DOLORE E DEL DOLORE DELLA MEMORIA

I.
Quando ricordi il dolore
aggiungi un dolore ancora. E la memoria
del dolore infinito e' infinito
protrarsi del dolore. Tutto ne geme,
ne scricchiola il mondo, e l'anima.

Quando ricordi il dolore
un nuovo dolore sopporti
ma non dissemini nuovo dolore
il vecchio cerchi d'addomesticare
che meno ti graffi lo sguardo
t'incrini meno la voce, il cuore
nel raccontare un poco si disserri.

Ma quando ricordi quel dolore
frutto del male innominabile, quel male
ancora ti strazia e smarrisce.
Non puoi dartene ragione, non puoi
domesticarlo, no, non puoi.
Cosa ti accade allora?

II.
Si puo' raccontare l'inenarrabile?
e si puo' razionalizzare cio' che sfugge
alla ragione? e si puo'
fare memoria di cio' che dovrebbe
per sempre sprofondare nel pozzo dell'oblio?

Ma quel dolore resta e ancor piu' resta
quel male se non trovi chi ti ascolta
quel male se non trovi le parole
atte ad espellerlo dacche' giu' in fondo all'anima
forte a calcarlo ebbero i torturatori.

Dire l'indicibile.
Lottare ancora.
Convocare l'intera umanita'
al cospetto dell'unica, la duplice
Shoah.
Lottare ancora
dire l'indicibile
salvare le vittime future.

Pesante assai fardello di scorpioni
e di frustate che sul dosso grava
troppo perche' lo possa sostenere
persona.

E tuttavia recare testimonio
e dire l'indicibile e lottare
ancora, ancora salvare
le vittime, l'umanita' intera.

III.
Non accadde in una notte di tempesta
non accadde tra capanne e dentro grotte
non accadde in terre barbare e deserte.

Fu nel cuore colto e vivo dell'Europa
conficcato come stocco fino all'elsa.

Non accadde in tempi oscuri e remotissimi
ma nel secolo ricco e portentoso
della tecnica, la crescita, il progresso.

Nel cuore colto e vivo dell'Europa
nero chiodo che trapassa e infetta l'albero.

IV.
Mi chiedo quali ricordi io ricordi
e di quali ricordi io parlo in questi giorni
ai miei ragazzi, qui, seduti in cerchio.

E cosa coli e filtri tra parole
nelle anime loro che non voglio insozzare
ridicendo dell'inferno di Auschwitz.

Questo dovere di fedelta'
ai maestri piu' grandi che ho avuto
e questa paura di essere strumento
inconsapevole e nolente ancora
alla propagazione dell'orrore
col solo dirne.

E in lacrime ogni volta ancor rompendo.

V.
Mi chiedo questa voce che qui scrive
di cosa testimoni e donde trovi
la forza di levarsi voce ancora.

Mi dico non sei tu non sei non sei
tu in diritto di parlar di questo
solo potrebbero coloro che son morti
o pochi vecchi che i giorni del male
tutte le notti devono tornare
ad affrontare in buio e solitudine.

Cosa ne sai, non eri li', non puoi
dar la tua voce alle parole altrui
ed al silenzio altrui, e non vi sono
parole che possano dire la cosa
che con la parola Shoah tentiamo invano
di esorcizzare, di stornar dal mondo.

VI.
Mi dico: pure devo ricordare
che questo e' stato e ricordare ad altri
di ricordare che cio' che gia' e' stato
ancora puo' tornare se non veglia
quella ragione che contende ai mostri.

Mi dico, trattieni del ploro
l'impulso e dei singulti
e parla con voce chiara e piana
racconta di Primo Levi, racconta di Vittorio
Emanuele Giuntella, racconta
quel che da loro hai imparato e tramanda
la verita', l'appello e anche il fardello.

Mi perdonino i giovani cui parlo
alla cui innocenza m'inchino
mi perdonino se l'eco dell'orrore
reco alle loro orecchie, se traggo
penoso un carico e lo consegno loro
di angoscia inestinguibile.

VII.
Ma ricordate che questo e' stato
ma ricordate che all'inumano
occorre resistere, ma ricordate
che ogni persona e' fragile, e difendila
tu.
Ricordati che tu devi salvarlo
il mondo tutto, la vita di ciascuno.

23. UNA CANZONE PER MARIANELLA GARCIA. NEL VENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA
MORTE

Ay Marianella, Marianella Garcia
potevi fare la vita dei signori
i tuoi buoni studi, il tuo seggio in parlamento
ma tu scegliesti di stare con noi poveri.
Ay Marianella che pioggia di sangue.

Era Marianella sorella di noi morti
perche' amava la vita e che la vita
fosse degna di essere vissuta.
Ay Marianella si spensero le stelle.

Era intrepida e vestita di umilta'
sapeva che i fascisti la cercavano
e ti raggiunse la furia dei fascisti.
Ay Marianella la furia dei fascisti.

Parlava la lingua dei contadini e degli angeli
sapeva le parole che guariscono
parole di luce e di pane.
Ay Marianella la terra nera e rossa.

Sapeva tutte le cose e anche le cose
che tutti sanno e e' difficile dire
e lei le diceva con voce di uccellino.
Ay Marianella che fredda e' la notte.

Ti ammazzarono come hanno ammazzato
i morti che cercavi e che il tuo sguardo
resuscitava nel cuore del popolo.
Ay Marianella che pianto infinito.

Cosi' dura e' la nostra dura vita
che anche nella gioia noi piangiamo
ma mentre ti piangiamo ricordiamo
con gioia che sei stata e resti viva.
Ay Marianella, Marianella Garcia.

24. EPIGRAFE PER IL RESISTENTE JOSEF MAYR-NUSSER

Almeno io ti voglio ricordare, e ringraziare ancora,
Josef Mayr-Nusser che fosti arruolato
a forza nelle SS e che dicesti no.

Sul treno per Dachau, nel vagone bestiame
moristi da resistente, non da carnefice.

Avessero molti fatto la tua scelta
non avrebbero inondato il mondo
quanto dolore, quante lacrime, quanto sangue.

Almeno io qui ti ringrazio ancora
Josef Mayr-Nusser che dicesti no.

25. NEL CHIASSO

Nel chiasso in cui tutti hanno ragione
resto in silenzio e il mio silenzio dica
la colpa che io sento e che non sentono
tutti coloro che di ciancia colmano
il vuoto nel mondo lasciato dagli uccisi.

26. PER OSCAR ROMERO

Prima di essere Romero Romero
non era ancora Romero. Tutti
dobbiamo divenire cio' che siamo
e che non siamo finche' non ci troviamo
a quell'antico bivio della scelta.

Era Romero uomo di fede
ma la sua fede non era ancora
la fede di Romero, prima occorse
che quella fede nella fede lo trovasse
gliela recasse un popolo piagato.

Cosi' dall'astratto al concreto
dicono certi antichi dottori
muovesi il mondo, il mondo vecchio e stanco
cosi' si mosse anche Oscar Romero
muovendo incontro a verita' e martirio.

Dicono: cosa si puo' fare? Nulla.
E dicono anche: cosa
si puo' fare? Tutto.
E non e' vero. Ma quel che e' da fare
tu fallo, e cosi' sia.

Sotto lo sguardo degli assassinati
Oscar Romero incontro' se stesso
sotto lo sguardo degli assassini
incontro' se stesso Oscar Romero.

Viene sempre quell'ora inesorabile
in cui devi levare la tua voce.
Tu non vorresti, vorresti restare
nel silenzio che sa molte lusinghe
molti segreti, e molti pregi reca.
Ma viene sempre l'ora della voce.

Venne quell'ora per Oscar Romero
a rivelargli il volto e il nome suo
venne quell'ora recata dal silenzio
degli assassinati e recata dal silenzio
degli assassini, e giungi al paragone.

Prese ad un tempo la parola e la croce
e messosi alla scuola degli scalzi
ne fu piu' che avvocato, compagno.
Sapeva anche lui dove quella portava
strada, sapeva anche lui quale suono
avrebbe spento un giorno la sua voce.

Come chiodi che secco un martello
nel legno batte e conficca, il colpo
della pallottola irruppe nel suo corpo
fatto legno, fatto vino, fatto croce
fatto pane, fatto luce, per sempre
raggiunse Romero Romero, ormai voce
per sempre dell'intera umanita'.

27. ANCORA UNA CANTATA DEI MORTI INVANO

E noi siamo i soliti morti
i soliti morti invano
quelli come sempre poco furbi
che non sapevano guardar lontano
e quelli come sempre troppo furbi
che non sapevano guardar vicino.
Adesso siamo qui, presi all'uncino
nello sheol infrante estinte spoglie
morti per sempre come tutti i morti,
e come tutti i morti morti invano.

E noi anche avevamo attese e voglie
e vite personali e aspetto umano
di femmine e di maschi, e come foglie
discerpaci ed invola un vento vano.
E i sogni alati e le gioie e le doglie
tutto disparve qual miraggio arcano
quando al lume dei giorni e al buon cammino
per sempre ci strappo' il colpo assassino.

E voi che questa voce che si spegne
avete cuore di ascoltare ancora
sappiate che anche le nostre eran degne
di essere vissute vite, e l'ora
che ce le tolse - ed erano ancor pregne
di luce e di belta' che t'innamora -
non fu di caso o fato il cupo frutto:
furono uomini a rapirci tutto.

E tu che ancora senti e ancora vedi
a te affidiamo un'ultima parola:
ferma la guerra, con le mani e i piedi;
ferma la guerra e bruciati la gola
a forza di gridarlo; e se non cedi
vi e' speme che s'inceppi questa mola
e cessi questa storia di orchi e brace
e possa venir l'ora della pace.

Ma noi siamo solo i soliti morti
i soliti morti invano
quelli come sempre poco furbi
che non sapevano guardar lontano
e quelli come sempre troppo furbi
che non sapevano guardar vicino.
Adesso siamo qui, presi all'uncino
nello sheol infrante estinte spoglie
morti per sempre come tutti i morti,
e come tutti i morti morti invano.

28. IN MEMORIA DI DIETRICH BONHOEFFER

I.
Quando impiccarono Dietrich Bonhoeffer
dal cielo si senti' come un sospiro
profondo.
Il buon Signore aveva perso un forte
e buon compagno, e ne gemeva triste.

All'ora nona si rirallegrava
il cielo tutto
che' Dietrich Bonhoeffer
compiuta la sua corsa era tornato
infine a casa.

II.
E voi miei cari a cui qui intorno al fuoco
in questa veglia io riracconto ancora
la storia vera e la vera leggenda
del buon Dietrich Bonhoeffer, resistete
come lui resistette.

E non crediate
che non ha senso questo nostro esistere
resistere, cercare, accarezzare
lottare per la vita e la giustizia.

29. UOMINI E TIGRI

Tu chiudi uomini in gabbia,
ed essi diventano tigri.

30. RUMINAZIONI DI UN VIANDANTE EUGUBINO

Ora sappiamo che il lupo siamo noi.
Che anche noi siamo nella pancia del lupo
che anche noi rechiamo il lupo nella pancia.

E questo sappiamo, che la nostra lotta
contro di noi dobbiamo cominciarla.
E questo e' il deserto, e questa e' la fame,
ed il nemico e' specchio di quanto
di non risolto, di non ancora a luce
sgorgato, di non compreso ancora,
e' in noi che soffre, in noi e', che ci sforza.

E anche questo sappiamo, che i pensieri migliori
si pensano coi piedi, camminando si pensano.
Si pensano andando e mentre si va
ci si da' voce e ascolto l'un l'altro,
si scopre che il meraviglioso dono
non e' quando si arriva ma il viaggio,
la strada condivisa e la compresa compagnia,
e cio' che si ode e vede e si consente,
e l'incontro inatteso, e dire tu al mondo.

31. AGLI AMICI DELLA RETE RADIEí RESCH IN OCCASIONE DELLA DECIMA MARCIA PER
LA GIUSTIZIA DA AGLIANA A QUARRATA

Lunga e' la via che mena alla giustizia
che reca in dono comprensione e pace,
e questa e' una buonissima ragione
per subito intraprenderla, gia' l'ora
e' tarda, presto giungera' la sera.

Ma questo viaggio reca incanti tali
che tutta sanno illuminar la stanca
vita, e recare rorido un ristoro
quando si apre il cuore e incontri il volto
dell'altro che e' gia' qui e che ti attendeva.

32. L'INTERPRETE

Mi informa compunta la televisione
che sulla strada tra Mossul e Tikrit
dei soldati americani hanno sparato
all'automobile di un diplomatico italiano
membro del governo di occupazione,
che si erano sbagliati e si sono dispiaciuti,
gli italiani sono buoni amici,
gli americani ragazzi un po' irruenti.

Dell'interprete iracheno assassinato
perche' parlarne? perche' scusarsi?
Il suo volto e il suo nome non contano,
la sua vita neppure.

Messo in abisso
qualcosa di distorto e di profondo
vi e' qui da interpretare, ma l'interprete
e' per l'appunto morto.

33. CANTATA PER DANILO

Giunse Danilo da molto lontano
in questo paese senza speranza
ma la speranza c'era, solo mancava
Danilo per trovarcela nel cuore.

Giunse Danilo armato di niente
per vincere i signori potentissimi
ma non cosi' potenti erano poi,
solo occorreva che venisse Danilo.

Giunse Danilo e volle essere uno
di noi, come noi, senza apparecchi
ma ci voleva di essere Danilo
per averne la tenacia, che rompe la pietra.

Giunse Danilo e le conobbe tutte
le nostre sventure, la fame e la galera.
Ma fu cosi' che Danilo ci raggiunse
e resuscito' in noi la nostra forza.

Giunse Danilo inventando cose nuove
che erano quelle che sempre erano nostre:
il digiuno, la pazienza, l'ascolto per consiglio
e dopo la verifica in comune, il comune deliberare e il fare.

Giunse Danilo, e piu' non se ne ando'.
Quando mori' resto' con noi per sempre.

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 242 del 13 ottobre 2008

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