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Coi piedi per terra. 130
- Subject: Coi piedi per terra. 130
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 11 Oct 2008 10:04:50 +0200
- Importance: Normal
=================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 130 dell'11 ottobre 2008 In questo numero: 1. Sempre piu' viterbesi si oppongono al devastante mega-aeroporto 2. Antonella Litta: Termovalorizzatori e dissociatori molecolari: scelte dannose per la salute, l'ambiente e le risorse pubbliche 3. Guido Viale: Cosa occorre fare in Campania 4. Mario Agostinelli: Nucleare disastroso 5. Luca Fazio: Agrocarburanti, un crimine 6. Marina Forti: Mekong 7. Per contattare il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo 1. INIZIATIVE. SEMPRE PIU' VITERBESI SI OPPONGONO AL DEVASTANTE MEGA-AEROPORTO Il 9 ottobre 2008 si e' svolta a Viterbo un'iniziativa di informazione "Contro il devastante mega-aeroporto, in difesa dell'area termale del Bulicame e della citta', dell'ambiente e della salute, dei diritti umani di tutti gli esseri umani". * L'iniziativa, promossa dal Centro di ricerca per la pace, e' consistita nella diffusione di materiale di documentazione sulle conseguenze gravemente nocive per la salute e distruttive per l'ambiente dell'eventuale sciagurata realizzazione a Viterbo del mega-aeroporto per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma. * Molti cittadini hanno espresso piena condivisione delle preoccupazioni e delle posizioni del movimento che si oppone alla disastrosa opera e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo. E' ormai evidente che la mistificante propaganda della lobby politico-affaristica che voleva lucrare sulla scandalosa opera ha fallito nell'intento di ingannare la popolazione, ed i suoi propalatori hanno perso ogni credibilita'. E' ormai noto alla stragrande maggioranza dei cittadini di Viterbo che il mega-aeroporto devasterebbe beni fondamentali patrimonio di tutti, danneggerebbe la salute e il benessere dei residenti, costituirebbe un colossale sperpero di pubblico denaro, non sarebbe conforme a quanto disposto dalla vigente legislazione e regolamentazione a tutela del territorio, dei suoi beni, dei diritti degli abitanti. * Realizzare il mega-aeroporto a Viterbo costituirebbe un crimine e una follia. Con la forza della verita', con la forza della legalita', con la forza della democrazia la popolazione viterbese impedira' questo ennesimo scempio, questa ennesima aggressione, questa ennesima servitu', questo ennesimo saccheggio. 2. RIFIUTI. ANTONELLA LITTA: TERMOVALORIZZATORI E DISSOCIATORI MOLECOLARI: SCELTE DANNOSE PER LA SALUTE, L'AMBIENTE E LE RISORSE PUBBLICHE [Ringraziamo Antonella Litta (per contatti: antonella.litta at libero.it) per averci messo a disposizione questo documento redatto come referente per Viterbo e provincia dell'Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment - Italia). Antonella Litta e' la portavoce del Comitato che si oppone alla realizzazione dell'aeroporto a Viterbo; svolge l'attivita' di medico di medicina generale a Nepi (in provincia di Viterbo). E' specialista in Reumatologia ed ha condotto una intensa attivita' di ricerca scientifica presso l'Universita' di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione di uno tra i primi e piu' importanti studi scientifici italiani sull'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato sulla prestigiosa rivista "Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11, pp. 41-47, 1993. E' referente locale dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia). Gia' responsabile dell'associazione Aires-onlus (Associazione internazionale ricerca e salute) e' stata organizzatrice di numerosi convegni medico-scientifici. Presta attivita' di medico volontario nei paesi africani. E' stata consigliera comunale. E' partecipe e sostenitrice di programmi di solidarieta' locali ed internazionali. Presidente del Comitato "Nepi per la pace", e' impegnata in progetti di educazione alla pace, alla legalita', alla nonviolenza e al rispetto dell'ambiente] La sezione di Viterbo dell'Associazione medici per l'ambiente (Isde - Italia) esprime preoccupazione per l'indicazione, tra gli interventi previsti nel nuovo piano provinciale dei rifiuti della Provincia di Viterbo, della realizzazione di un dissociatore molecolare. * L'Associazione italiana medici per l'ambiente (Isde - Italia) in difesa della salute dei cittadini Per la nostra associazione e' prioritario considerare gli effetti nocivi che possono essere indotti da alcune pratiche di smaltimento dei rifiuti (incenerimento, dissociazione molecolare o piu' propriamente gassificazione, conferimenti in discarica) sulla salute dell'intera collettivita' e sull'ambiente. In particolare e' nostro dovere richiamare l'attenzione delle istituzioni sugli effetti cui possono essere esposti i bambini, i giovani, gli esseri umani piu' fragili perche' gia' malati, le donne in gravidanza, gli anziani. Il rischio non e' solo riferibile ad una maggiore incidenza di tumori, gia' riscontrata, ma anche all'incremento della morbosita' e mortalita' da cause respiratorie, cardiocircolatorie, neurologiche, endocrine e immunitarie. * Incenerimento e gassificazione nuocciono gravemente alla salute La combustione degli Rsu e' una tra le pratiche piu' dannose per l'ambiente e la salute: non a caso la Federazione nazionale degli Ordini dei medici francese e in Italia l'Ordine dei medici dell'Emilia Romagna hanno chiesto una moratoria per quanto riguarda la costruzione di nuovi inceneritori e l'ampliamento degli attuali, e sempre non a caso l'Unione Europea individua nell'incenerimento (definito ipocritamente termovalorizzazione solo in Italia) e nel conferimento in idonee discariche le ultime opzioni per lo smaltimento degli Rsu. La combustione dei rifiuti tramite inceneritori e dissociatori molecolari genera la produzione di ceneri e l'immissione sistematica e continua nell'atmosfera di fumi, polveri grossolane (PM10) e fini (PM2.5, ovvero con diametri inferiori a 2.5 micron) costituite da nanoparticelle di sostanze chimiche (metalli pesanti, idrocarburi policiclici, policlorobifenili, benzene, diossine e furani, ecc.) estremamente pericolose, perche' persistenti ed accumulabili negli organismi viventi. I processi che si sviluppano negli inceneritori e nei dissociatori molecolari, che meglio sarebbe chiamare gassificatori, sono in grado di trasformare anche rifiuti relativamente innocui, quali imballaggi e scarti di cibo, in composti tossici e pericolosi sotto forma di emissioni gassose, polveri fini, ceneri volatili e ceneri residue che richiedono costosi sistemi per la loro neutralizzazione e stoccaggio. * Una legittima preoccupazione a Viterbo La recente approvazione del nuovo piano provinciale dei rifiuti della Provincia di Viterbo che indica, a fronte di una pur corretta linea di gestione del ciclo incentrata sulla raccolta differenziata porta a porta, sul recupero, sul riciclo e riuso degli Rsu, l'utilizzo di un dissociatore molecolare a chiusura del ciclo, genera perplessita' e preoccupazione. A riguardo della dissociazione molecolare, il prof. Stefano Montanari, direttore del Centro studi e ricerca "Nanodiagnostics" di Modena, afferma testualmente: "I lati oscuri sono piu' di uno. A quanto pare, il trattamento proposto altro non e' se non una gassificazione parziale in regime discontinuo che consta del caricamento dall'alto con 16 tonnellate di rifiuti estremamente eterogenei ogni 24 ore. Il contenitore e' in condizione di carenza d'aria e perche' il processo s'inneschi fa uso di metano (da far arrivare sul posto) che scalda la parte piu' alta dei rifiuti con una quantita' d'aria da regolare opportunamente per mantenere vivo il processo. La temperatura d'esercizio di quei rifiuti lavorati in carenza d'aria e' intorno ai 400-450 gradi centigradi e, nel corso della giornata di trattamento, il processo produce syngas (CO e CO2, oltre ad un po' di metano) insieme con i prodotti inquinanti che e' abituale riscontrare nelle combustioni. "Resta senza risposta dove finiscano i metalli pesanti inevitabilmente rilasciati da un processo simile, cosi' come resta misteriosa la sorte degli inquinanti che sono con ogni probabilita' generati e che variano a seconda di quali rifiuti si stiano di volta in volta trattando. Va da se', poi, che il syngas dovra' essere depurato. Come, non viene detto; e che fine facciano i prodotti tossici che vengono tolti dal syngas, viene pure taciuto. Quanto questa depurazione costi, neppure e' reso noto. "E poi c'e' il problema delle ceneri che, stante l'inevitabile eterogeneita' di cio' che viene bruciato, e' parecchio ostico da risolvere. Discariche di prodotti nocivi? E l'anidride carbonica e il protocollo di Kyoto? E poi, ancora, c'e' il problema delle nanopolveri. Poiche' il syngas arriva a bruciare fino a 1.800 gradi centigradi, e' ovvio che si formi particolato primario e secondario finissimo, ben piu' piccolo di 2,5 micron e, per questo, quanto mai aggressivo". * Vi sono alternative A fronte di questo autorevole parere, di un'ampia documentazione scientifica, e del Rapporto conclusivo della Commissione Ambiente per le migliori tecnologie di gestione e smaltimento dei Rifiuti del 20 aprile 2007 che alla pagina 6 classifica i dissociatori molecolari tra gli impianti di incenerimento e gassificazione ossidativa, affermando "per quanto riguarda gli impianti smoldering / dissociazione molecolare non e' disponibile per il momento una completa base di dati comprovante statisticamente e sperimentalmente le loro prestazioni ambientali ed energetiche", riteniamo che sarebbe stato e sarebbe piu' adeguato, anche a livello nazionale, predisporre uno studio di confronto circa l'impatto ambientale e sanitario dei vari tipi d'impiantistica oggi disponibili, circa i costi per la loro realizzazione e gestione, per le prospettive occupazionali, dando solo successivamente la preferenza a quelle soluzioni risultate le meno costose per la nostra comunita' e le piu' vantaggiose in termini di ambiente e salute. Esistono infatti, e sono da tempo operanti anche in Italia, impianti che utilizzano metodiche di trattamento cosiddette a freddo ovvero senza combustione. Questi impianti trattano il residuo non riciclabile con metodi definiti meccanico-biologici e trattamenti meccanici con estrusione dopo biostabilizzazione, che hanno un impatto ambientale e sanitario pressoche' nullo. Questi impianti trattano il materiale che residua dopo una corretta raccolta differenziata e quindi incentivano costantemente questa pratica e con essa la cultura del riciclo e del riuso dei materiali post consumo. * Un problema politico, culturale, economico Il continuo aumento dei rifiuti e il problema della loro gestione non sono altro che uno degli aspetti del nostro modello di vita e sviluppo economico che privilegia la crescita della produzione di merci e dei consumi, spesso indotti e superflui. E' quindi chiaro che una corretta e razionale gestione dei rifiuti non puo' prescindere da una attenta riconsiderazione dell'attuale modello di sviluppo che deve anche prevedere ed obbligare alla riduzione dei rifiuti "a monte" con il coinvolgimento dell'imprenditoria oltre che ovviamente di tutti i cittadini. E' quindi un problema politico ancor prima che tecnico. Infatti non bastano le migliori e piu' salutari tecniche di smaltimento dei rifiuti se non si fanno scelte politiche e di governo del territorio che devono influire anche sulla qualita' e sulla quantita' dei rifiuti prodotti cercando di evitare la produzione di merci che generano rifiuti tossici. * Una necessaria riflessione e riconsiderazione Ci sentiamo quindi di aggiungere alle "R" di Riduzione della produzione, Raccolta differenziata, Riciclaggio, Riuso, Riparazione e Recupero dei rifiuti anche quelle di Riflessione e Riconsiderazione delle soluzioni di tipo impiantistico indicate per la nostra provincia o in fase di realizzazione ed ampliamento nella Regione Lazio come in Italia, perche' sempre in problematiche importanti e complesse come la gestione dei rifiuti devono essere privilegiate le scelte che si ispirano al principio di precauzione, alla tutela e salvaguardia dell'ambiente, certi che la nostra salute e quella delle future generazioni sono ad esso indissolubilmente legate. * Bibliografia e sitografia essenziale - Comba P. et al., Risk of soft tissue sarcomas and residence in the neighbourghood of an incinerator of industrial wastes; Occup. Environ. Med 2003; 60: 680-683. - Comba P. et al, (2006), Cancer mortality in an area of Campania (Italy) Characterized by Multiple Toxic Dumping Sites; Annals New York Academy of Sciences 1076: 449-461. - Denison R.A., Environmental life-cycle comparasion of recycling, landfilling, and incineration: a review of recent studies; Ann. Rev. Energy Environ. 1996 21: 191-237. - Dolk H. et al., Risk of congenital anomalies near hazardous waste lanfill sites in Europe Eurohazcon study; Lancet (1998); 352: 423-27. - Floret N., A municipal solid waste incinerator as the single dominant point source of Pcdd/Fs in an area of increased non-Hodgkin's lymphoma incidence; Chemosphere 2007 Jul; 68(8): 1419-26. - Floret N. et al., Dioxin emissions from a solid waste incinerator and risk of non Hodgkin lymphoma; Epidemiology 2003; 14( 4): 392-98. - Minichilli F. et al., A study on mortality around six municipal solid wastelandfills in Tuscany Region; Epidemiol Prev 2005, Sep-Dec; 29 (5-6 Suppl): 53-6. - Oberdostrer G. et al., Nanotoxicology: an emerging discipline from studies of ultrafineparicles; Environmental Health Perspectives 2005 131 (7). - Rapporto conclusivo della Commissione Ambiente per le migliori tecnologie di gestione e smaltimento dei rifiuti. 20 aprile 2007. disponibile nel sito www.greenreport.it - The Royal Society and The Royal Academy of engineer, UK (2004). Nanoscience and nanotechnologies. Recommendation 10 p. 95. Available at www.royalsoc.ac.uk - Yoshida J., Effects of dioxin on metabolism of estrogens in waste incinerator workers; Arch Environ Occup Health. 2005 Jul-Aug; 60 (4): 215-22. - Viale G., Azzerare i rifiuti, Bollati Boringhieri, Torino 2008. - www.ipcc.ch - www.isde.it - www.nanodiagnostics.it - www.royalsoc.ac.uk 3. RIFIUTI. GUIDO VIALE: COSA OCCORRE FARE IN CAMPANIA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 settembre 2008 col titolo "Il rifiuto della raccolta differenziata". Guido Viale e' nato nel 1943, e' stato uno dei leader della protesta studentesca nel '68, lavora a Milano, si occupa di politiche attive del lavoro in campo ambientale, fa parte del Comitato tecnico-scientifico dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (Anpa). Opere di Guido Viale: segnaliamo particolarmente Il Sessantotto, Mazzotta, Milano 1978; Un mondo usa e getta, Feltrinelli, Milano 1994, 2000; Tutti in taxi, Feltrinelli, Milano 1996; Governare i rifiuti, Bollati Boringhieri, Torino 1999; A casa, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2001; Vita e morte dell'automobile, Bollati Boringhieri, Torino 2007; Azzerare i rifiuti, Bollati Boringhieri, Torino 2008] Che cosa c'e' ancora da fare in Campania, dopo che Berlusconi e Tremonti hanno annunciato di aver risolto il problema dei rifiuti? Tutto. Tutto quello che e' necessario per passare da una gestione straordinaria che in 14 anni e' stata la principale fonte del disastro a una gestione ordinaria che restituisca al governo del territorio - Comuni, Province e Regione - le competenze previste dal nostro ordinamento e rispetti i principi della normativa europea e italiana: primo ridurre la produzione di rifiuti; poi recuperare materia; quindi estrarre energia solo se non si puo' recuperare materia; discarica solo per cio' che non si puo' recuperare. Per ridurre la produzione di rifiuti bisogna promuovere, con appositi accordi, il vuoto a rendere (sia riciclabile che pluriuso) e la vendita alla spina di prodotti in grani, in polvere e liquidi; scoraggiare gli articoli usa e getta (pannolini, stoviglie e gadget) incentivando gli equivalenti lavabili e/o durevoli; promuovere l'acqua del rubinetto e scoraggiare quella minerale dove gli acquedotti sono sani; valorizzare i rifiuti elettrici ed elettronici (in sigla, Raee), accelerando l'attuazione dell'accordo che ne prevede ritiro e riciclo; sostenere il commercio dell'usato offrendo ai "mercatini" spazi adeguati a fianco degli ecocentri dove intercettare quello che a cittadini e aziende non serve piu'; sostenere il compostaggio domestico e quello in fattoria: cioe' lo scambio diretto di sostanza organica con alimenti biologici tra ristoratori o negozi alimentari e agricoltori. Per recuperare materia e riciclarla bisogna fare la raccolta differenziata (Rd) tra le famiglie e tra le aziende: sia quelle commerciali che manifatturiere, edili e agricole. Con le aziende e' piu' facile, perche' producono sempre gli stessi rifiuti, in grandi lotti: c'e' solo bisogno di fornire assistenza tecnica per tenerli separati e indirizzarli verso imprese in grado di recuperarli. Per sviluppare la Rd tra famiglie e negozi bisogna riorganizzare alle radici consorzi e aziende pubbliche e private che oggi se ne occupano quasi tutte in modo inadeguato. Per riciclare imballaggi e frazione organica ci vogliono impianti di selezione e di compostaggio e mercati di sbocco per materiali riciclati e compost. Ai primi provvede il Consorzio nazionale imballaggi: e' la sua mission istituzionale che il prezzo del petrolio agevola, perche' sara' sempre piu' conveniente riciclare materiali che fabbricarne di nuovi. Al compostaggio cercano di provvedere i nuovi impianti in corso di finanziamento da parte della Regione e le associazioni dei coltivatori, affamati di compost per ridurre la desertificazione dei suoli. Il rifiuto che continuera' a sfuggire alla Rd deve venir trattato in impianti meccanico-biologici (Tmb o Cdr). Sono gli impianti che Fibe-Impregilo, prima, e i commissari, poi, hanno mandato in malora, facendoli lavorare oltre le loro potenzialita' o eliminando la manutenzione. Fibe per produrre quante piu' "ecoballe" possibile, invece che vero Cdr, contando di lucrare gli incentivi Cip6 con i quali piu' rifiuti si bruciano e piu' si guadagna; i commissari pensando di "far sparire" la monnezza impacchettandola. Questi impianti vanno riparati e riattivati; dovranno separare la frazione organica da quella secca ed entrambe dallo scarto destinato a discarica. La frazione organica, una volta stabilizzata, e' un prodotto indispensabile per le bonifiche dei suoli; quella combustibile, invece di essere accumulata in attesa di inceneritori che non arrivano mai puo' essere ceduta per alimentare cementifici, fornaci, altoforni, centrali elettriche a carbone o impianti di gassificazione. Con i prezzi attuali dei combustibili, il Cdr e' ambito e conteso; ma diventa conveniente anche estrarre e riciclare molto del materiale ancora presente in questo flusso: cosa realizzabile con alcune modifiche degli stessi impianti. Le ecoballe gia' accumulate non potranno mai essere bruciate in quegli inceneritori; se non si vuole lasciarle li' per sempre, andranno affidate alle sole imprese in grado di valorizzarle: quelle che operano sui cicli di combustione del carbone o del gas. Poi c'e' da bonificare i suoli inquinati e prevenire nuovi sversamenti abusivi di rifiuti tossici. Per trattare i nuovi rifiuti prodotti e quelli da rimuovere ci vogliono nuovi impianti; ma di un tipo che non ha nulla a che fare con gli inceneritori di rifiuti urbani voluti da Berlusconi. Infine l'esercito, che oggi difende le nuove discariche dalle popolazioni che non le vogliono, dovrebbe invece difendere il territorio dagli sversamenti e dagli incendi di rifiuti tossici che continuano come e piu' di prima. Operazioni cosi' difficili non si possono realizzare senza coinvolgere e negoziare con le componenti principali della societa' campana. E' quello che cerca di fare il Forum rifiuti Campania voluto dal nuovo assessore all'ambiente della Regione. Quante di queste cose ha fatto o intende fare Berlusconi? Nessuna. I rifiuti per strada li aveva rimossi quasi tutti l'esercito (con Di Gennaro, sotto Prodi, anche se Berlusconi se ne e' preso il vanto). Ma non potra' farlo per sempre e quando l'esercito se ne andra' i rifiuti torneranno a invadere le strade (come gia' cominciano a fare ora), perche' l'organizzazione della raccolta e' rimasta quella di prima e niente e' stato fatto per cambiarla. Per smaltirli si e' tornati alle discariche perche', invece di riattivare gli impianti di Cdr, il decreto 90 ne prevede chiusura e svendita dato che si intende riservare quasi tutta la produzione regionale di rifiuti urbani ai futuri inceneritori, cui e' stato garantito il famigerato incentivo Cip6 che tutti noi finanzieremo con la bolletta elettrica (ecco un modo silenzioso di "mettere le mani nelle tasche degli italiani"). Cosi' la concorrenza tra potenziali utilizzatori di Cdr va a farsi friggere, perche' il rifiuto indifferenziato e' vincolato a un unico impianto, l'inceneritore, e a un unico gestore, che operera' nella regione come un corpo estraneo, come ha fatto per anni la Fibe. Nessuna misura e' stata poi prevista per cominciare a liberare il territorio dai rifiuti tossici e invece di consultare la societa' civile Berlusconi preferisce risolvere il problema con le mance: ne ha appena distribuite - a titolo di "compensazioni" - per ben 550 milioni di euro (avete letto bene: cinquecentocinquanta milioni). E dopo le rivelazione del pentito Vassallo, il partito del premier non sembra molto ben messo nemmeno in fatto di rapporti con quella malavita che tanta parte ha avuto nel disastro della regione. 4. ENERGIA. MARIO AGOSTINELLI: NUCLEARE DISASTROSO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 settembre 2008 col titolo "Nucleare, un scelta disastrosa"] Il nucleare non fornisce risposte convincenti all'emergenza climatica e il ricorso all'atomo potrebbe rivelarsi fatale per un'economia fragile. Eppure il "sentimento prevalente" del paese subisce la campagna del governo Berlusconi, sostenuta dall'opportunismo dei capofila dell'economia italiana. * 1. Un'impresa dissennata. Secondo l'Ipcc al 2020 saremo gia' in piena emergenza climatica se non interverranno prima riduzione dei consumi e blocco delle emissioni di Co2. In tali tempi ravvicinati il ricorso al nucleare risulta pressoche' ininfluente. A un impianto nucleare, con 40 anni di funzionamento previsto, occorrono i primi 9 anni di esercizio per pareggiare l'energia spesa nella costruzione. Tenuto conto di 4 anni di lavori e di 5 tra localizzazione e progettazione, un sistema che sviluppa un impianto/anno darebbe energia netta positiva solo dal diciannovesimo anno (anche nel piano di Scajola arriveremmo al 2028). Se si raggiungesse entro il 2030 l'obiettivo buttato li' da Berlusconi - il raddoppio nel mondo delle centrali nucleari esistenti - per le emissioni globali di Co2 la riduzione sarebbe solo del 5%. Occorrerebbe una nuova centrale ogni due settimane da qui al 2030, spendendo tra 1.000 e 2.000 miliardi di euro, aumentando il rischio di incidenti e aggravando la questione irrisolta delle scorie. Se poi guardassimo oltre il 2030, il nucleare dovrebbe arrivare a pesare almeno per il 20-25% del mix elettrico per rallentare il cambiamento climatico. Occorrerebbero almeno 3.000 centrali nucleari in piu' (oggi sono 439): tre nuove centrali al mese fino a fine secolo, con prezzi alle stelle dell'uranio in via di esaurimento. * 2. Clima e acqua: emergenze ambientali. Lungo l'intero ciclo di vita dell'uranio, dalla miniera al reattore, si registrano emissioni di Co2 inferiori, ma confrontabili con quelle che accompagnano il ciclo del gas naturale. Sono emissioni connesse all'esercizio della centrale, ma soprattutto alle fasi relative a costruzione, avvio, posizionamento in loco del combustibile fissile, che possono avvenire attualmente solo con l'impiego molto elevato di fonti fossili nell'area di costruzione e in miniera. Inoltre, agli impianti nucleari occorrono enormi quantita' di acciaio speciale, zirconio e cemento, la cui produzione richiede carbone e petrolio. Sommando tutto, la Co2 emessa nel ciclo completo di un impianto nucleare corrisponde all'incirca al 40% di quella prodotta dal funzionamento di una centrale di pari potenza a gas naturale. Senza contare lo stoccaggio finale dei rifiuti, per cui mancano esempi. L'energia nucleare e' destinata solo alla fornitura di elettricita', che conta per il 15% degli usi finali di energia nel mondo (il restante 85% va in trasporti, calore per riscaldamento e processi industriali). Un aspetto critico, spesso taciuto, nel processo nucleare e' la quantita' di acqua necessaria. Per evitare rischi di incidente catastrofico l'acqua ai reattori deve fluire, per asportare l'eccesso di calore, in volumi dieci volte superiori a quelli delle centrali tradizionali, con dispersione in vapore in aria e ritorno nel letto a elevata temperatura. Dove le filiere atomiche hanno subito una diffusione massiccia, come in Francia, la crisi idrica si e' gia' manifestata. In questo paese il 40% di tutta l'acqua fresca consumata va a raffreddare reattori nucleari. * 3. Sicurezza. Il nucleare comporta seri e irrisolvibili problemi di sicurezza. A 22 anni dall'incidente di Chernobyl, non esistono ancora garanzie ne' per la contaminazione "ordinaria" radioattiva da funzionamento, ne' per l'eliminazione del rischio di incidente nucleare catastrofico. Piccole dosi di radioattivita' nell'estrazione di uranio e durante il normale funzionamento delle centrali, non sono rilevabili in tempo reale, ma solo registrabili per accumulo a posteriori. Vi sono esposti i lavoratori, come nel caso dei tre recentissimi incidenti consecutivi di Tricastin, in Francia, e la popolazione che vive nei pressi della centrale, come nel caso recente, di Krsko, in Slovenia. In un processo di combustione, spegnendo l'impianto, cessa anche la produzione di calore. In una centrale nucleare, invece, anche quando la reazione a catena viene "spenta", i prodotti di fissione presenti nel nocciolo continuano a liberare calore. Se non puo' essere rimosso, questo determina la fusione del combustibile e il rilascio catastrofico di materiale radioattivo, che si disperde nello spazio e permane attivo nel tempo. E' un'eventualita' insopprimibile di una probabilita' di catastrofe prevista e connaturata alla progettazione, che rende imponderabile il rischio nucleare. Nonostante l'enfasi che si vuole porre su un'ipotetica "quarta generazione" operativa solo dopo il 2030 (?), con i reattori in grado di eliminare parte delle scorie (?), l'impiego di miscele di combustibile meno pericolose (?), oggi si possono realizzare solo centrali intrinsecamente insicure. Le scorie radioattive sono tra i problemi piu' noti in relazione alle centrali nucleari. Non esistono soluzioni concrete. Le circa 250.000 tonnellate di rifiuti radioattivi prodotte finora nel mondo sono tutte in attesa di siti di smaltimento definitivi. Il problema rimane senza soluzioni, producendo effetti incommensurabili sul piano economico. Sarebbe impossibile affrontarlo ex novo su scala nazionale e irresponsabile trascurarne le conseguenze. In Italia, pero', nel governo nessuno si preoccupa delle scorie prodotte dall'ipotizzato piano nucleare. * 4. Esauribilita' e costi. Secondo le stime del World energy council, l'uranio estraibile a costi convenienti e' pari a 3,5 milioni di tonnellate, a fronte di un consumo annuo di circa 70.000 tonnellate. Al ritmo attuale l'uranio e' disponibile solo per 40-50 anni. Se aumentassero le centrali, inizierebbe una competizione internazionale per questa risorsa scarsa. Il ciclo nucleare ha costi diretti e indiretti troppo elevati, e percio' destinati a essere scaricati sulla collettivita'. Di fatto, il nucleare e' la fonte energetica piu' costosa che ci sia. Negli ultimi anni, il prezzo dell'uranio e' cresciuto di sei volte, passando dai 20 dollari per libbra del 2000 ai 120 dollari del 2007 e si prevede salira'. Inoltre, gran parte del costo dell'elettricita' da nucleare e' legato alla progettazione e realizzazione delle centrali: il doppio di quanto ufficialmente dichiarato, per i tempi di ritorno di 20 anni. Aggiungendo anche i costi di smaltimento delle scorie e di decommissioning degli impianti, le cifre sono imprecisabili, ma piu' alte delle altre fonti. Il Kwh da nucleare risulta apparentemente poco costoso dove lo stato si fa carico di sicurezza, ricerca e inconvenienti di gestione, ma soprattutto delle scorie e smantellamento delle centrali. Sono proprio questi costi e la possibilita' di ripensamento dei governi in crisi finanziaria, ad aver scoraggiato gli investimenti privati negli ultimi decenni. Nel caso dell'Italia, nonostante la propaganda di Scajola e soci, il nucleare non consentirebbe di ridurre la bolletta energetica. Infatti, per un totale di 10-15.000 Mw di potenza installata su una decina di impianti, occorrerebbe costruire da zero tutta la filiera, investendo tra i 30 e i 50 miliardi di euro (scorie escluse) con i primi ritorni solo dopo 15 o 20 anni e sicuramente bollette piu' salate. 5. MONDO. LUCA FAZIO: AGROCARBURANTI, UN CRIMINE [Dal quotidiano "Il manifesto" dell'8 ottobre 2008 col titolo "Bugie biocombustibili". Luca Fazio e' un noto giornalista ambientalista] Il dibattito sui biocombustibili si era infiammato un anno fa quando Jean Ziegler, relatore Onu sul diritto all'alimentazione, disse senza tanti giri di parole che l'uso dei terreni agricoli per creare benzina e' "un crimine contro l'umanita'". Con toni piu' pacati, ma altrettanto allarmanti, oggi e' la Food and Agricolture Organization (Fao) a puntare il dito contro quello che veniva spacciato come l'eco-business del secolo, grazie ai finanziamenti pubblici miliardari che avrebbero dovuto salvare il pianeta dai gas climalteranti. Perche' oggi, dopo aver prodotto 52 miliardi di litri di bioetanolo e 10 miliardi di litri di biodiesel solo nel 2007 (il 2% del consumo mondiale per il trasporto), i conti non tornano. Lo sostiene la Fao che ieri, presentando il suo rapporto annuale su "Lo stato dell'alimentazione e dell'agricoltura", ha invitato i paesi (ricchi) a "rivedere" le politiche e i sussidi relativi alla produzione di biocombustibili. Una marcia indietro indispensabile per mantenere l'obiettivo della sicurezza alimentare, per proteggere i paesi poveri, per promuovere lo sviluppo rurale e per assicurare la sostenibilita' ambientale. Una bocciatura su tutta la linea. I biocarburanti - questa l'accusa - mettono a rischio il diritto al cibo incidendo sull'aumento dei prezzi delle materie agricole (e gli effetti si sono sentiti anche dalla nostre "ricche" parti) e non sempre contribuiscono alla diminuzione delle emissioni di gas serra; inoltre, i sussidi e le barriere commerciali adottate dai paesi Ocse creano un mercato artificiale che esclude i paesi in via di sviluppo. E tanto per smascherare la grande menzogna, la Fao sostiene che i biocombustibili riusciranno a garantire solo percentuali poco significative di fabbisogno energetico: carbone, petrolio e gas nel 2030 copriranno ancora l'82% della domanda energetica (contro l'81% attuale). Un mezzo fallimento che ne causera' un altro, devastante: secondo la Fao, se la richiesta di scorte di "biofuel" salisse del 30% entro il 2010 assisteremmo a un aumento dei prezzi dello zucchero (26%), del mais (11%) e degli olii vegetali (6%). Detto (piu' per dovere che per convinzione) che anche i paesi poveri potrebbero trarre benefici dalla produzione di biocarburanti, Jacques Diouf, direttore generale della Fao, ha sottolineato i rischi che corrono i consumatori poveri delle aree urbane e i compratori di cibo delle aree rurali. "Qualsiasi decisione relativa ai biocarburanti - ha ammonito - non puo' prescindere da considerazioni sulla sicurezza alimentare e sulla disponibilita' di terra e di acqua. Tutti gli sforzi dovrebbero puntare a preservare l'obiettivo prioritario di liberare l'umanita' dalla vergogna della fame". Pur nell'impossibilita' di mettere tra parentesi la strage quotidiana di esseri umani che si consuma per fame, Diouf ha tracciato un bilancio negativo anche dal punto di vista ambientale: "Un maggiore uso, e dunque una maggiore produzione di biocarburanti, non necessariamente contribuira' a ridurre le emissioni di gas serra". Infine, tanto per schivare l'accusa di fomentare atteggiamenti antiscientisti, Diouf ha dato credito alla "seconda generazione di biocombustibili", quelli "non ancora disponibili sul mercato", su cui sarebbe utile dirottare i finanziamenti. Come dire, ricercate ma lasciate in pace la Terra e i suoi abitanti. 6. MONDO. MARINA FORTI: MEKONG [Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 ottobre 2008 col titolo "Una diga sulle mille isole". Marina Forti, giornalista e saggista particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, dei diritti umani, del sud del mondo, della globalizzazione, scrive per il quotidiano "Il manifesto" acuti articoli e reportages sui temi dell'ecologia globale e delle lotte delle persone e dei popoli del sud del mondo per sopravvivere e far sopravvivere il mondo e l'umanita' intera. Opere di Marina Forti: La signora di Narmada. Le lotte degli sfollati ambientali nel Sud del mondo, Feltrinelli, Milano 2004] Le cascate di Khone, sul Mekong, hanno affascinato gli europei per secoli: fin da quando i primi avventurieri francesi tentarono di risalire in nave il grande fiume indocinese dal delta fino alla Cina, nella speranza di farne una grande via commerciale. L'ostacolo si rivelarono proprio quelle cascate a monte di Phnom Penh, presso l'attuale confine tra Cambogia e Laos, dove il fiume si frammenta in numerosi bracci stretti e pieni di rapide che aggirano una miriade di isole piccole e grandi: non per nulla il luogo si chiama "mille isole", si-phan-don in lingua lao. Tra le due isole maggiori c'e' anche quel salto tra i 20 e i 30 metri, le cascate di Khone. Oggi sulle "mille isole" arrivano ancora stranieri: ma solo per godersi le spiagge e la vista dei rari delfini dell'Irrawaddy che ancora popolano il Mekong. Ebbene, e' proprio alle Khone Falls che punta l'ultimo progetto idroelettrico della regione. La diga di Don Sahong e' la prima mai progettata sul Mekong vero e proprio, almeno a valle della Cina (decine di dighe sono invece sui suoi numerosi affluenti, soprattutto in Laos). Rientra in un progetto piu' ampio, perche' dalla meta' del 2006 i governi di Cambogia, Laos e Thailandia hanno autorizzato aziende dei rispettivi paesi e della Malaysia ad esplorare la fattibilita' di una "cascata" di ben otto dighe sul corso principale del Mekong. La Don Sahong dunque e' (sarebbe) solo la prima ad arrivare alla fase del progetto. E tutto questo con l'appoggio della Mekong River Commission, l'organismo regionale formato dai governi rivieraschi (per la verita' solo Vietnam, Cambogia, Laos e Thailandia: mancano la Birmania e soprattutto la Cina, dove il fiume nasce e scorre per quasi meta' dei suoi 4.350 chilometri). Tagliare il Mekong sarebbe probabilmente la fine per la complessa vita acquatica di questo fiume - a cominciare dalla pesca, una vera e propria industria artigianale da cui dipende la vita di milioni di persone. Il Mekong ha un ciclo stagionale unico: nella stagione delle piogge si gonfia, e l'acqua caduta dal cielo si somma a quella del disgelo dei ghiacciai del Tibet, dove il fiume nasce. Allora straripa e allaga le pianure su cui lascia un ottimo limo. Non solo: il flusso d'acqua e' tale, e cosi' rapido, che in Cambogia durante la piena l'acqua del Mekong comincia a risalire un suo affluente, il Tonle Sap, che inverte cosi' il suo corso fino a riempire l'omonimo lago. Il lago Tonle Sap, il piu' grande bacino d'acqua dolce nel sud-est asiatico, comincia cosi' a gonfiarsi; finita la piena, l'acqua torna a scorrere verso il Mekong e il suo delta. I pesci hanno un ciclo di vita migratorio che segue queste correnti, e la fine delle piogge e' anche la stagione dell'abbondanza della pesca, quando la corrente porta a valle i pesci ben pasciuti. Su questo ciclo si e' fondata un'intera civilta', oltre che un'economia locale fondata sulla pesca e la coltivazione stagionale. Tutto questo e' in pericolo. Gli scogli e le isole che costellano il fiume sono essenziali alla riproduzione del pesce, cosi' come il ciclo stagionale delle piene e delle correnti. La diga tra le Siphondone bloccherebbe il principale canale di passaggio del pesce, oltre a ridurre il flusso d'acqua che crea le cascate di Khone. Il governo del Laos del resto riconosce il valore unico di questo habitat, tanto che ha proposto di includerlo tra le "zone di importanza" sotto la convenzione di Ramsar per la protezione delle zone umide, fanno notare gli attivisti di International rivers, rete di gruppi per la difesa degli ecosistemi fluviali (e di chi vi abita). Sono loro che hanno lanciato una campagna contro la diga. 7. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE ALL'AEROPORTO DI VITERBO Per informazioni e contatti: Comitato contro l'aeroporto di Viterbo e per la riduzione del trasporto aereo: e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it =================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 130 dell'11 ottobre 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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