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Minime. 593
- Subject: Minime. 593
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 29 Sep 2008 01:03:33 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 593 del 29 settembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Virginia Woolf: Un unico mondo, un'unica vita 2. La radice dell'errore 3. Il 2 ottobre si celebra la Giornata internazionale della nonviolenza 4. Il 5 ottobre a Vicenza 5. Silvano Caveggion: L'occasione di Vicenza 6. Daniele Lugli: A Vicenza anche per tutti noi 7. I nuovi attila allo sbaraglio 8. Peppe Sini: Ozzarram, il presidente a rovescio 9. Lorenzo Ferrero: Krzysztof Penderecki 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. MAESTRE. VIRGINIA VOOLF: UN UNICO MONDO, UN'UNICA VITA [Da Virginia Woolf, Le tre ghinee, La tartaruga, Milano 1975, Feltrinelli, Milano 1979, 1987, p. 186. Virginia Woolf, scrittrice tra le piu' grandi del Novecento, nacque a Londra nel 1882, promotrice di esperienze culturali ed editoriali di grande rilievo, oltre alle sue splendide opere narrative scrisse molti acuti saggi, di cui alcuni fondamentali anche per una cultura della pace. Mori' suicida nel 1941. E' uno dei punti di riferimento della riflessione dei movimenti delle donne, di liberazione, per la pace. Opere di Virginia Woolf: le sue opere sono state tradotte da vari editori, un'edizione di Tutti i romanzi (in due volumi, comprendenti La crociera, Notte e giorno, La camera di Jacob, La signora Dalloway, Gita al faro, Orlando, Le onde, Gli anni, Tra un atto e l'altro) e' stata qualche anno fa pubblicata in una collana ultraeconomica dalla Newton Compton di Roma; una pregevolissima edizione sia delle opere narrative che della saggistica e' stata curata da Nadia Fusini nei volumi dei Meridiani Mondadori alle opere di Virginia Woolf dedicati (ai quali rinviamo anche per la bibliografia). Tra i saggi due sono particolarmente importanti per una cultura della pace: Una stanza tutta per se', Newton Compton, Roma 1993; Le tre ghinee, Feltrinelli, Milano 1987 (ma ambedue sono disponibili anche in varie altre edizioni). Numerosissime sono le opere su Virginia Woolf: segnaliamo almeno Quentin Bell, Virginia Woolf, Garzanti, Milano 1974; Mirella Mancioli Billi, Virginia Woolf, La Nuova Italia, Firenze 1975; Paola Zaccaria, Virginia Woolf, Dedalo, Bari 1980; Nadia Fusini, Possiedo la mia anima. Il segreto di Virginia Woolf, Mondadori, Milano 2006; Liliana Rampello, Il canto del mondo reale. Virginia Woolf, la vita nella scrittura, Il saggiatore, Milano 2005. Segnaliamo anche almeno le pagine di Erich Auerbach, "Il calzerotto marrone", in Mimesis, Einaudi, Torino 1977] Ci unisce un interesse comune; e' un unico mondo, un'unica vita. 2. EDITORIALE. LA RADICE DELL'ERRORE La radice dell'errore che porto' al suicidio degli apparati burocratici, spettacolisti e parassitari del movimento pacifista italiano nel 2006, suicidio che fa si' che ancor oggi anche tante brave persone tacciano ancora mentre guerra e stragi e razzismo infuriano, fu credere che si potesse rinunciare all'opposizione alla guerra, rinunciare alla difesa della legalita' costituzionale, quando al governo c'era una coalizione non berlusconiana. Questo rese complici della guerra, delle stragi e dell'illegalita' tanti prominenti che pensarono di essere furbi e dalla loro presunta furbizia furono indotti a prostituirsi al male senza scrupolo alcuno. E per essersi lasciati corrompere allora, tanti che da quei prominenti furono ingannati e trascinati alla complicita', all'asservimento al male, non riescono a ritrovare se stessi neppure oggi. Eppure non era difficile veder chiaro in cio' che accadeva: tutto era cosi' evidente, cosi' flagrante, e cosi' atroce. Per le persone amiche della nonviolenza opporsi alla guerra e al riarmo, opporsi alle stragi e al razzismo, opporsi alla violenza comunque mascherata, ebbene, e' il senso stesso del proprio essere esseri umani, resp onsabili, solidali. * Una strage e' una strage indipendentemente da chi la commette. La Costituzione va difesa sempre, chiunque governi. La guerra va contrastata sempre, anche quando il ministero degli affari esteri o della solidarieta' sociale ti propone di darti qualche incarico e qualche finanziamento se ti distrai un attimo. E la nonviolenza non e' scelta che si puo' fare a intermittenza. * Tu opponiti sempre a tutte le uccisioni. Tu opponiti sempre alla guerra e al terrorismo, al razzismo e ai poteri criminali. Tu opponiti sempre alle armi, a chi le produce, a chi le usa. Tu opponiti sempre al militarismo, all'autoritarismo e al patriarcato. Difendila tu ogni umana vita, e la natura madre e casa di tutte e tutti. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 3. INIZIATIVE. IL 2 OTTOBRE SI CELEBRA LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA NONVIOLENZA Dallo scorso anno l'assemblea generale dell'Onu ha dichiarato "Giornata internazionale della nonviolenza" il 2 ottobre, anniversario della nascita di Gandhi. In questa occasione si svolgeranno molte iniziative anche in varie citta' italiane. Ovunque possibile si promuovano incontri, e particolarmente nelle scuole. 4. INIZIATIVE. IL 5 OTTOBRE A VICENZA Si svolgera' il 5 ottobre a Vicenza il referendum per impedire la realizzazione della nuova base di guerra "Dal Molin". Sosteniamo l'impegno della popolazione vicentina per la pace, l'ambiente, la democrazia, la legalita', i diritti umani di tutti gli esseri umani. Per informazioni e contatti: www.dalmolin5ottobre.it 5. SI' ALLA PACE, SI' ALLA DEMOCRAZIA. SILVANO CAVEGGION: L'OCCASIONE DI VICENZA [Ringraziamo Silvano Caveggion (per contatti: sicave at tin.it) per questo intervento. Silvano Caveggion, amico della nonviolenza, e' tra gli animatori della Rete Lilliput di Vicenza e del Coordinamento dei comitati "No Dal Molin"] A Vicenza il 5 ottobre ciascuno dei cittadini potra' dire se e' favorevole o contrario alla realizzazione della nuova base militare americana "Dal Molin". E' una occasione per sperimentare la forza della democrazia diretta: non piu' delega ai nostri rappresentanti istituzionali sulla decisione in merito al nostro destino, ma il potere di decidere torna a ciascuno di noi. Lo so. lo so. la consultazione non ha potere vincolante sul piano giuridico, ma ha enorme significato politico nel senso piu' alto del termine. E' la prima volta in Italia che un tema relativo alla difesa nazionale viene affrontato in forma di consultazione popolare. ed e' per questo che viene cosi' osteggiato da chi pretende di riassumere in se' il potere di decidere della vita di ciascuno di noi. Il presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, si e' addirittura scomodato a scrivere una lettera al sindaco di Vicenza, Achille Variati, invitandolo a non procedere nel progetto. Il sindaco ha risposto con una bellissima missiva che individua nella partecipazione diretta alle scelte strategiche di sviluppo della citta' e del mondo la strada migliore per la democrazia; risposta che fa tornare la speranza anche nella politica attiva. * Ora la questione e': riusciranno i cittadini di Vicenza a cogliere questa occasione? Superata l'emergenza di democrazia diretta a Vicenza, riusciremo a superare l'emergenza partecipazione? Riusciranno i nostri concittadini a fare lo sforzo di mettere una croce su una scheda che gli viene recapitata a casa e che devono solo portare alle urne domenica 5 ottobre? Naturalmente non parlo delle persone, che stimo in circa 500, che attivamente impegnando domeniche e notti da due anni promuovono incontri pubblici informativi, lanciano iniziative, cortei e fiaccolate locali e nazionali, fanno azioni di blocco o di boicottaggio. Non parlo delle 5.000 persone che aderiscono alle iniziative, essendo presenti e partecipi in vari momenti e a vario titolo. Parlo delle 87.000 persone alle quali e' stata recapitata la cartolina per il voto. Almeno 35.000 di loro faranno la fatica di andare a depositarla nell'urna? Se non sara' cosi', sara' emergenza partecipazione e non emergenza democratica. Se non sara' cosi' dovremmo interrogarci sulle nostre modalita' comunicative. Se non sara' cosi' dovremmo reinventarci strade che portino non alla meravigliosa ma utopica omnicrazia ma almeno alla democrazia diretta in tempi brevi prima che il mondo derivi in panorami disastrosi. Se saremo almeno 35.000 la forza della profezia sara' accompagnata dalla forza della sapienza e prevarra' la democrazia, il diritto, la pace, l'umanita'. 6. SI' ALLA PACE, SI' ALLA DEMOCRAZIA. DANIELE LUGLI: A VICENZA ANCHE PER TUTTI NOI [Ringraziamo Daniele Lugli (per contatti: daniele.lugli at libero.it) per questo intervento. Daniele Lugli e' il presidente nazionale del Movimento Nonviolento, figura storica della nonviolenza, unisce a una lunga e limpida esperienza di impegno sociale e politico anche una profonda e sottile competenza in ambito giuridico ed amministrativo, ed e' persona di squisita gentilezza e saggezza grande] E' un vero referendum quello che si tiene a Vicenza. Esprime l'incisiva partecipazione dei cittadini a una scelta che li riguarda e coinvolge profondamente. Votano anche per noi tutti. I costituenti scelsero questo dotto latinismo, secondo l'esempio svizzero, al posto del piu' incisivo plebiscito (decisione del popolo) che la pratica fascista aveva screditato. Nel dizionario di latino vedo che referendum viene da referre: far ritornare, ritirare, conseguire, indirizzare nuovamente, ricordare... e mi fermo qui. Indica quindi la necessita' di un ritorno a una condizione di civile e pacifica convivenza, ritirando un provvedimento dannoso e che sembrava ormai inevitabile, segna un obiettivo importante da conseguire e tale da dare un nuovo indirizzo all'azione pubblica. E' un momento alto della democrazia, che merita di essere ricordato, con gratitudine nei confronti di quanti non hanno mai cessato il loro impegno per giungere a questo appuntamento. Stimola una riflessione sul potere di tutti, del quale ama parlarci Capitini, e del suo manifestarsi quando si fonda su una azione coerente, che evita ogni espressione di violenza, anche di fronte a gravi provocazioni. Conosce l'importanza di collocare nelle istituzioni rappresentative persone non dimentiche del loro ruolo di garanti e interpreti della sovranita' popolare. 7. VITERBO. I NUOVI ATTILA ALLO SBARAGLIO [Riportiamo il seguente comunicato del 28 settembre 2008 del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo, dal titolo completo "I nuovi attila allo sbaraglio. Ovvero: Sei ragioni per cui l'accordo Enac-Adr sul mega-aeroporto di Viterbo equivale a confessare che l'opera e' irrealizzabile e priva di requisiti di legge e che la popolazione viterbese e' stata scandalosamente ingannata"] La decisione dell'Enac (l'Ente nazionale per l'aviazione civile) di affidare ad Adr (la societa' "Aeroporti di Roma" che gia' gestisce gli scali di Fiumicino e Ciampino) la realizzazione e gestione dell'illegale e insensato, nocivo e devastante mega-aeroporto di Viterbo, e' l'ultimo atto di una farsa che degenera in disastro. * 1. Gli attila di Ciampino La societa' Adr e' direttamente responsabile del disastro di Ciampino; affidare ad essa la realizzazione e gestione del mega-aeroporto di Viterbo significa voler "ciampinizzare" Viterbo, peraltro senza neppure liberare Ciampino, poiche' le intenzioni reali sono quelle di incrementare il trasporto aereo nel Lazio con un mega-aeroporto in piu' senza dismettere l'attivita' negli altri. * 2. Chiedere all'oste se il vino e' buono L'Enac addirittura nel protocollo d'intesa con Adr affida ad essa alcune fondamentali verifiche sulla compatibilita' e fattibilita' dell'opera: non e' chi non veda la presenza qui di un gigantesco conflitto d'interessi; come e' stato giustamente osservato, affidare alla societa' che dovrebbe ricavare profitti da un'opera il compito di verificare se quell'opera e' realizzabile e' come chiedere all'oste se il vino e' buono. * 3. La favola bella che ieri t'illuse Non solo: se queste verifiche l'Enac le affida ora ad Adr, l'Enac ipso facto confessa che queste verifiche non sono state mai fatte, cosi' smascherando la colossale menzogna propalata dalla lobby politico-affaristica che dallo scorso anno sostiene all'incirca che tutto e' in regola, tutto e' a posto e tutto e' pronto per avviare la realizzazione del devastante mega-aeroporto. La verita' e' che niente e' pronto, niente e' a posto, niente e' in regola. * 4. Controllati e controllori Peraltro non compete ad Adr svolgere tutta una serie di indispensabili verifiche che la legislazione italiana ed europea attribuisce a vari altri soggetti: soggetti istituzionali, e non imprese economiche interessate primariamente a massimizzare il proprio profitto. * 5. Arraffoni ed arruffoni Il medesimo protocollo d'intesa conferma pertanto anche come le procedure fin qui seguite per condannare Viterbo a subire un'opera disastrosa e dissennata siano state palesemente viziate da gravi lacune ed irregolarita', da giganteschi errori e mistificazioni. * 6. Un'opera irrealizzabile e illegale Del resto e' del tutto evidente che il devastante mega-aeroporto per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma a Viterbo e' semplicemente irrealizzabile. a) perche' devasterebbe l'area termale del Bulicame, fondamentale ed irrinunciabile risorsa ed elemento identitario della citta'; b) perche' danneggerebbe gravemente anche altri rilevanti beni ambientali, archeologici, storico-culturali, agricoli, scientifici, economici; c) perche' provocherebbe un inquinamento gravissimo e conseguenti danni irreversibili alla salute, alla sicurezza e alla qualita' della vita dei viterbesi; d) perche' costituirebbe uno sperpero colossale di pubbliche risorse (risorse che potrebbero e dovrebbero invece essere destinate a difendere e valorizzare i beni e le vocazioni produttive del viterbese e promuovere in primo luogo la necessaria mobilita' ferroviaria che versa in condizioni inammissibili); e) perche' in flagrante contrasto con la vigente legislazione italiana ed europea, e finanche con la pianificazione regionale, a tutela dell'ambiente, della salute, dei diritti della popolazione locale. * Quanto si evince dall'accordo tra Enac e Adr equivale a confessare che il devastante mega-aeroporto e' irrealizzabile ed e' privo di fondamentali requisiti di legge; ed equivale altresi' a confessare che la lobby politico-affaristica che vuole realizzare il mega-aeroporto ha lungamente scandalosamente ingannato la popolazione viterbese. * Basta con le menzogne, basta con gli sperperi di pubbliche risorse, basta con le devastazioni dell'ambiente e gli attentati alla salute e ai diritti dei cittadini. 8. VITERBO. PEPPE SINI: OZZARRAM, IL PRESIDENTE A ROVESCIO Riferiscono i mezzi d'informazione che in visita nel viterbese il presidente della Regione Lazio Marrazzo ha perso un'ennesima buona occasione. L'occasione di smetterla di dire gravi sciocchezze sul mega-aeroporto di Viterbo e di cominciare ad informarsi. * E ad esempio: - lo sa il presidente Marrazzo che il mega-aeroporto devasterebbe l'area termale del Bulicame, il piu' importante bene naturalistico e storico-culturale, terapeutico e sociale, economico e simbolico della citta'? - lo sa il presidente Marrazzo che il mega-aeroporto avrebbe effetti gravemente nocivi per la salute dei viterbesi, gia' aggredita dalle scandalose servitu' e dalle infami speculazioni che il viterbese subisce? - lo sa il presidente Marrazzo che gia' solo la minaccia del mega-aeroporto danneggia l'economia locale provocando una caduta del valore di immobili ed esercizi nelle aree che saranno piu' colpite dall'inquinamento e dal rumore? - lo sa il presidente Marrazzo che l'Enac ha sottoscritto un accordo con la societa' "Aeroporti di Roma" per affidare la struttura viterbese propria alla societa' responsabile della catastrofe di Ciampino? - lo sa il presidente Marrazzo che il Consiglio comunale di Viterbo ha deliberato di chiedere che il territorio viterbese possa non rispettare - ovvero possa infrangere - i vincoli del Piano territoriale paesaggistico regionale e le relative norme di salvaguardia praticamente per tutto il territorio comunale, poiche' se si rispettassero il piano e le norme di salvaguardia del territorio il mega-aeroporto non puo' essere realizzato? - lo sa il presidente Marrazzo che il mega-aeroporto e' in contrasto con le vigenti norme europee e italiane in difesa di ambiente, salute, beni culturali? - lo sa il presidente Marrazzo che la procedura decisionale fin qui seguita dai complici della lobby politico-affaristica per imporre il devastante mega-aeroporto a Viterbo e' viziata da errori e menzogne, irregolarita' ed omissioni semplicemente scandalosi? - lo sa il presidente Marrazzo che la comunita' scientifica internazionale e gli statisti piu' avvertiti sono consapevoli che per fronteggiare il pericolo del surriscaldamento globale del clima occorre urgentemente ridurre il trasporto aereo invece di incrementarlo? Se queste cose il presidente Marrazzo non le sa, ebbene, abbia la bonta' di informarsi. * C'era una volta un Piero Marrazzo che si presentava come una persona impegnata in difesa dei diritti dei cittadini. Il Marrazzo odierno in questa vicenda sta agendo esattamente al contrario. Ma forse non e' Marrazzo, e' il suo sosia speculare, il suo doppio invertito, il suo impietoso rovescio, il Mr. Hyde del Dr. Jekyll: e' il presidente Ozzarram. 9. PROFILI. LORENZO FERRERO: KRZYSZTOF PENDERECKI [Dal mensile "Letture", n. 576, aprile 2001, col titolo "Krzysztof Penderecki" e il sommario "Nato nel 1933, l'autore della Passione secondo Luca e' noto per la sua adesione al cattolicesimo, ma anche per avere condannato, nell'opera I diavoli di Loudun, le intolleranze della Chiesa, del nazismo e del comunismo"] Immaginate di sedervi sulla vostra comoda poltrona in una sala da concerto. Davanti a voi sta per suonare un'orchestra d'archi, di cui siete convinti di conoscere bene il suono. Il direttore da' l'attacco e vi trovate completamente disorientati. Cio' che sentite si puo' forse paragonare a un suono elettronico, alla suggestione di un momento di suspense cinematografica, all'impatto violento di masse sonore che comunicano piu' l'angoscia che il dolore di una terra desolata e deserta. State ascoltando uno dei pezzi piu' celebri di Krzysztof Penderecki, la Trenodia per le vittime di Hiroshima del 1960. Un pezzo che e' rimasto un punto di riferimento, sia sul piano tecnico per le sonorita' del tutto inedite, che per la straordinaria pertinenza del titolo riferito a una delle piu' grandi tragedie dell'umanita'. Sul piano tecnico non entreremo troppo, ma vale la pena di sottolineare due elementi: l'uso di numerosi strumenti lievemente scordati tra loro in modo da creare quella che e' stata poi comunemente denominata "fascia sonora", e modi di esecuzione anomali rispetto alla prassi tradizionale (archi suonati oltre il ponticello, l'archetto battuto sulle corde o sullo strumento, ecc). A raccontarlo cosi' sembrerebbe la solita descrizione di quei pezzi d'avanguardia che la maggior parte del pubblico considera di difficile se non astruso ascolto. E in parte e' vero, ma la creazione di dense masse sonore, l'impatto percussivo, gli scarti di registro tra l'estremo grave e l'estremo acuto ne fanno qualcosa che riesce piu' facilmente ad arrivare alle nostre emozioni elementari, ne fa una musica di grandi e chiari gesti, di ascese e di cadute, di zone d'ombra e di luce chiaramente delineate. Penderecki non era il solo in quegli anni a lavorare cosi', anche se forse era il migliore. Le tecniche appena descritte erano in qualche modo il marchio di fabbrica della cosiddetta "scuola polacca", a cui appartenevano molti compositori presenti con una certa fortuna nei programmi della musica d'avanguardia. Nell'ambito dei Paesi allora separati dal confine dell'area comunista, la Polonia si poteva definire un Paese relativamente liberale, almeno nel campo dell'arte. Diversamente dalla Russia sovietica non veniva imposta ai compositori una dura disciplina mista di burocrazia e di prescrizioni populistiche (ne sapeva qualcosa Sostakovic), ma oltre alla tolleranza c'era perfino la possibilita' di realizzare proficui scambi culturali, in particolare con l'Autunno di Varsavia, un festival a cui erano invitati i migliori nomi dell'avanguardia internazionale e in cui i compositori polacchi potevano farsi conoscere. Si potrebbe perfino dire che all'epoca certi personaggi piu' vicini alla tradizione venivano un po' tenuti in disparte. Penso a Gorecki, diventato famosissimo in tempi recenti, ma secondo un ricordo personale che si riferisce al '75, considerato allora con una certa sufficienza. * Qualche nota biografica Come dice il proverbio, un bel gioco dura poco. Le tecniche della scuola polacca tanto erano di presa immediata, quanto elementari e destinate a diventare troppo prevedibili. Alcuni compositori di quella generazione sono scomparsi dalla scena, altri hanno cercato vie diverse, come fara' lo stesso Penderecki. Torniamo appunto a lui. Nato a Debica nel 1933 (aveva dunque solo 27 anni quando scrisse la famosa Trenodia), ha studiato a Cracovia, dove ha successivamente insegnato. Nel '58 ha partecipato a un concorso di composizione vincendo tutti e tre i premi in palio, il che lo ha evidentemente imposto all'attenzione nazionale e internazionale. La sua precoce fama lo ha portato ad essere molto presto ospite dei piu' importanti festivals, sia in veste di compositore che di direttore d'orchestra. Ha ricevuto commissioni da innumerevoli orchestre sinfoniche e teatri, premi quali il Grammy oppure dall'Unesco. La sua biografia non e' segnata da eventi drammatici, da momenti almeno apparenti di crisi, ne' da clamorosi insuccessi, a parte qualche succes de scandale, come vedremo. Non possiamo facilmente trovare nella sua vita, come nel caso di Cage o di Part, svolte dettate da travagli umani. Possiamo solo seguire l'evoluzione dei suoi lavori, evoluzione che appare rivelatrice di un succedersi e un rinnovarsi di interessi, con un filo continuo costituito da opere di ispirazione sacra, di origine biblica, evangelica o liturgica. * La "Passione secondo Luca" Krzysztof Penderecki e' dichiaratamente un compositore cattolico, con tutto il fervore e la schiettezza del cattolicesimo polacco, fortificato nei secoli da svariate persecuzioni, non ultime le difficolta' del periodo comunista. Diversamente da altri compositori di ispirazione cristiana, assieme alla dimensione interiore dell'esperienza religiosa, sembra interessargli la dimensione esteriore, quasi barocca, romana, potremmo dire, del cattolicesimo. Nelle sue composizioni quasi tutto e' proclamato ad alta voce, con chiarezza di colori, tanto per l'angoscia e il terrore quanto per la luce della fede. Certo, e questo ne fa tipicamente un nostro contemporaneo, predilige le Passioni, i Requiem, ma non ha dimenticato i Te Deum, i Magnificat, i Credo. Per altri versi non e' nemmeno un cattolico ossequioso in ogni occasione e circostanza. La sua opera teatrale piu' famosa (I diavoli di Loudun), non a caso anche soggetto di un film di Ken Russell, affronta un episodio che non fa certo onore alla storia della Chiesa. La piu' celebre composizione sacra e' la Passio et mors Domini nostri Jesu Christi secundum Lucam, iniziata nel 1963 e finita nel '65, per essere eseguita, su commisione del Westdeutscher Rundfunk, a celebrazione dei settecento anni della cattedrale di Muenster, e, inutile dirlo, con enorme e immediato successo. Per la precisione, al testo evangelico sono interpolati Salmi, tre citazioni dal Vangelo di Giovanni e il tradizionale Stabat Mater (composto in precedenza). Tutto il testo e' latino. Per ottenere il carattere di grande affresco che la composizione richiede, Penderecki utilizza i mezzi accumulati in precedenti esperienze e le tecniche della "scuola polacca". Alcuni momenti sono a dir poco tellurici. Il coro, come turba, si scatena in grida e vociferazioni (ma diventa dolcemente meditativo nello Stabat Mater e altre situazioni di commento). La narrazione e' affidata alla voce recitante dell'evangelista, mentre alla duttile vocalita' del baritono sono affidate le parole di Cristo, un Cristo fattosi uomo in modo ancora piu' evidente che in altre passioni storiche. Un soprano e un basso completano il gruppo delle voci soliste. Il grande padre spirituale della composizione e' naturalmente Bach. Non a caso le lettere del suo nome (nella lettura germanica si bemolle, la, do, si naturale) percorrono tutta la partitura. Ma il rapporto non finisce qui, non e' un semplice omaggio a un grande compositore. E' soprattutto il senso grandiosamente barocco, presente in tutta la composizione, a gettare un ponte verso quel secolo lontano, arricchendolo delle angosce e delle paure dell'uomo moderno, ma anche di misteriose suggestioni gotiche. Non a caso il linguaggio dell'avanguardia, il suo rigore talvolta asettico, e' qui vistosamente trasgredito. Qualche critico ha cominciato con questa Passione a considerare con sospetto il compositore finora vessillo delle piu' spericolate sperimentazioni. Con forza tutta barocca il coro invoca Domine su un grande accordo di mi maggiore, mentre fra le voci serpeggia frequentemente il ricordo del canto gregoriano. La storia della musica stessa e' chiamata a testimone in questa Passione, hanno detto i favorevoli, ma i contrari hanno visto il rischio dell'eclettismo o peggio della ricerca dell'effetto a tutti i costi sul pubblico. Comunque sia, oggi certi contrasti sono diventati abituali, e il mondo musicale offre ben altre commistioni, o, secondo un termine di moda, contaminazioni. Lungi dall'essere una composizone invecchiata, mantiene la sua forza e la sua comunicativa, pur rimanendo documento di un linguaggio musicale usato ormai da tardi e accademici epigoni, e abbandonato dallo stesso Penderecki. * "I diavoli di Loudun" Dopo tanta teatralita' non poteva mancare un lavoro teatrale vero e proprio, destinato alle scene dell'opera di Amburgo nel 1969, I diavoli di Loudun (Die Teufel von Loudun), dal racconto di Aldous Huxley. E' una brutta storia di dogmatismo e di caccia alle streghe, che vede protagonista un prete, forse non un santo, ma accusato durante un esorcismo di malefatte che mai si era sognato, e successivamente bruciato sul rogo. Il libretto (del compositore da una versione drammaturgica del racconto redatta da John Whiting) gioca sottilmente sulla condanna di superstizioni e intolleranze che hanno visto coinvolta la Chiesa in certi secoli bui, ma nello stesso tempo prende la vicenda a paradigma di tutte le intolleranze e i dogmatismi, non ultimi quelli del nazismo e del comunismo. Il successo dell'opera, frequentemente tuttora ripresa (Regio di Torino, stagione 1999-2000), diremo che e' stato notevole per le stesse ragioni di comunicativa della Passio, ma anche un succes de scandale poiche' le prodezze di cui viene accusato il protagonista Urbain Grandier sono soprattutto sessuali e hanno per scenario un convento. Erano gli anni in cui in tutto il teatro era fortemente sentita la forza liberatoria del nudo, un elemento che si e' fatto sentire anche nella messa in scena di Amburgo. Forse ancora piu' che nella Passio, l'uso disinvolto dei linguaggi e dei riferimenti musicali, che ormai conosciamo in Penderecki, contribuisce al successo, alla comprensibilita' del lavoro, e lascia la critica perplessa. All'inizio degli anni Settanta era diventato quasi un luogo comune accusare un autore che cercava di liberarsi di certi rigorismi di intraprendere la stessa strada sbagliata di... Penderecki. Con Paradiso perduto (Paradise Lost); scritta per la Lyric Opera di Chicago e qui rappresentata nel 1978 (con ripresa alla Scala nel '79), troviamo un'altra grande opera, questa volta di carattere quasi religioso (il libretto e' stato tratto da Milton da Christopher Fry), anzi definita sacra rappresentazione. A parte la presenza di Milton stesso in scena, che vecchio e cieco invoca la luce e recita i primi versi del suo poema, ci troviamo di fronte alle situazioni piu' note dell'Antico Testamento. Ardua impresa dal punto di vista teatrale e, come sappiamo, sempre un po' improbabile perfino dal punto di vista cinematografico, impresa che Penderecki affronta con un senso ancora maggiore di liberta' nei linguaggi musicali che spaziano dal Dies irae ai canti luterani, a quelli dell'antica setta dei Samaritani, al Lohengrin di Wagner. L'opera e' disseminata di buone intenzioni ma non riesce a coinvolgere lo spettatore, che, oltre ad essere sfidato dall'ardua materia, esce persino disorientato dalla varieta' delle citazioni. Il coro svolge una funzione portante, con effetti talvolta attraenti, ma la coralita' stessa e' nemica di una azione teatrale che sappia non solo rappresentare ma anche vivificare storie troppo note. Certo, e' dichiaratamente una sacra rappresentazione, quindi si arriva preparati a una certa staticita', ma forse una realizzazione concertistica le renderebbe maggiore giustizia. * Imparare dal passato Con la fine degli anni Settanta, Penderecki definisce sempre meglio il suo allontanamento dai modelli linguistici che gli avevano dato rapida fama. In una intervista sul suo nuovo stile, spiega che "e' qualcosa che torna un po' indietro nel tempo, ma torna indietro per andare avanti, perche' mi trovo in un momento particolare, non solo io ma molti altri compositori. Con tutte le complicazioni delle nuove scoperte in musica, dobbiamo fermarci e pensare alla storia, alla tradizione, che e' molto importante". E chiarisce: "Negli ultimi trent'anni, noi compositori abbiamo dovuto evitare accordi che suonassero piacevoli e qualsiasi melodia perche' altrimenti ci avrebbero chiamati traditori. Io mi sento libero, non sento di dover fare cio' che la gente o i critici aspettano da me. Ogni tanto la musica si deve fermare e rilassarsi, per trovare altre fonti di ispirazione. Ogni tanto fa bene guardare indietro e imparare dal passato" (1). E' una svolta difficile da definire, perche' in realta' Penderecki non abbandona certi grandi gesti musicali, o l'uso fortemente drammatico del timbro in quanto tale, ma vi aggiunge progressivamente elementi romantici, frammenti di vaga assonanza mahleriana, melodie sempre piu' chiaramente liriche. E' una svolta progressiva, che non arriva dopo un periodo di silenzio o di ripensamento, ma si sviluppa di lavoro in lavoro e si puo' decidere se avvertirla gia' negli accordi maggiori e nel gregoriano della Passio, o nei lavori sinfonici degli anni '80. E' comunque netta. Bastera' confrontare il primo Concerto per violino (eseguito per la prima volta nel '77) col secondo, eseguito da Anne-Sophie Mutter nel '95. Ne' l'uno ne' l'altro somigliano alla musica degli anni Sessanta. Il primo tuttavia si apre con sonorita' cupe e dense, su cui a poco a poco si sviluppa una melodia di archi e poi del violino solista drammaticamente interrotta da effetti orchestrali in cui si avvertono reminiscenze degli antichi lavori. Il secondo e' decisamente, e senza mezzi termini, un concerto romantico. Lo stesso percorso evolutivo vale per le cinque Sinfonie, che coprono il periodo compositivo '72-'92, per i numerosi brani dedicati alla viola in varie formazioni, per i quartetti e le composizioni teatrali e religiose dello stesso periodo. * Le opere successive alla svolta Delle opere teatrali successive alla "svolta", La maschera nera (Die Schwarze Maske), su libretto proprio in collaborazione col regista Harry Kupfer dal dramma omonimo di Gerhart Hauptmann, e rappresentato per la prima volta al Festival di Salisburgo nel 1986, e' ancora un cupo dramma, ambientato nel Seicento, ed e' una vera strage di personaggi, inseguiti da destini e vendette. Pur essendo un'opera in un atto, e pur avendo avuto un bel successo alla prima, non ha avuto finora una grande circolazione. Lo stile risente ancora delle esitazioni sul linguaggio da seguire, incerto fra la necessita' di rendere fedelmente il clima cupo del dramma e una decisa e libera espansione lirica. Lo stesso non si puo' dire del divertente e divertito Ubu re (Ubu rex), su libretto proprio e di Jerzy Jarocki, rappresentato per la prima volta alla Bayerische Staatsoper nel 1991. In questo lavoro, definito alla maniera del Settecento francese opera-balletto, Penderecki si lascia andare allo humour piu' sereno, non privo di citazioni e ammiccamenti rossiniani. Quanto ai lavori di ispirazione sacra occorre soprattutto ricordare il Requiem polacco (prima esecuzione integrale a Stoccolma nel 1993), una composizione che per la verita' e' un collage di brani scritti in epoche diverse, e quindi discontinua anche stilisticamente, ma interessante documento dell'impegno del compositore intorno a vari momenti della storia del suo Paese, dal Lacrimosa indirizzato a Solidarnosc all'Agnus Dei per la morte dell'amico cardinale Wyszynski, al Dies irae scritto in parte per la beatificazione di Maximilian Kolbe, morto ad Auschwitz, e in parte per le vittime dell'insurrezione di Varsavia del '44. Benche' non si possa definire un lavoro coerente e completo, ha avuto, per ragioni anche legate ai temi toccati, una ampia diffusione internazionale. I cattolici italiani ricorderanno piu' facilmente il Te Deum dedicato a Giovanni Paolo II ed eseguito ad Assisi nel 1980, una composizione di sicura presa sul pubblico, grazie all'uso di potenti mezzi orchestrali, solisti e coro misto. Molti altri lavori sarebbero da ricordare, come De Natura Sonoris (1966-1971), riflessione sperimentale sul suono, Utrenja (Mattutino), ideale continuazione della Passio (1968-1971), dove e' ancora piu' evidente il richiamo del modalismo, collegato anche al parziale uso di testi in paleoslavo, o la piu' recente Sinfonia di Natale (1980), sua seconda sinfonia, legata ai motivi di Stille Nacht, in un unico movimento. * Una riflessione critica Ma ancora piu' importante e' una riflessione critica complessiva sul lavoro di Penderecki degli ultimi vent'anni. Non c'e' dubbio che va considerato con la massima attenzione, e che e' valso al compositore successi e stabile fama. Probabilmente le sue ultime composizioni hanno trovato un pubblico piu' disponibile all'ascolto delle prime e piu' difficili opere caratterizzate dalla sperimentazione sul suono. Alcuni hanno voluto sbrigativamente liquidare la svolta in direzione di una maggiore accessibilita' come una sorta di "resa" al gusto del pubblico, come ricerca del successo, non priva di cinismo. Credo doveroso sbarazzarci innanzitutto dell'accusa di insincerita'. Parlare a tutti secondo le loro capacita' di comprensione, come gia' indicava san Paolo, e' in qualche modo un desiderio e un impegno che non puo' essere estraneo a un cattolico come Penderecki, tanto piu' se spesso attivo nella musica sacra. E, diciamo la verita', non si e' certo messo a scrivere musica da film o canzonette, quali talvolta purtroppo si sentono anche nelle chiese. La sua svolta stilistica guarda perlopiu' al recente passato romantico e tardo-romantico, quindi a uno dei momenti piu' alti e impegnativi della storia musicale. Accusarlo di facilita' significa confondere accessibilita' con meri fini commerciali. Stiamo quindi parlando di una musica sempre nobile, accessibile ma impegnativa, aperta alla melodia ma non alle formulette da fischiettare nella doccia. Anche se per qualche personaggio nostalgicamente legato alle sperimentazioni degli anni '60 tutto cio' costituisce di per se' un delitto, una sorta di tradimento degli ideali, sarebbe sciocco accusare Penderecki di cio' che ha fatto tranquillamente una intera generazione di compositori dopo di lui. Cio' non toglie che non ci lascia interamente convinti. Lasciate da parte le accuse di commercialita' e ricerca del successo, limitiamoci all'ascolto della musica. Il passato musicale vi ritorna in vari modi: dalla citazione al rifacimento stilistico, alla elaborazione originale di materiali storici (nelle composizioni piu' recenti). Il problema, la difficolta' di una piena soddisfazione estetica per l'ascoltatore attento sta proprio nel fatto che l'elaborazione del passato non si avverte come sufficientemente approfondita, fatta propria, attuata nel presente, ma vissuta soltanto come memoria. L'idea tipicamente postmoderna che il passato e' presente, in quanto nel presente si ascolta e si consuma piu' del presente stesso, un'idea che puo' servire come condizione necessaria, anche se non sufficiente, a fare del passato parte viva del presente, sembra essere ignorata da Penderecki. Di conseguenza piu' il passato si impadronisce delle sue composizioni, piu' avvertiamo la scomparsa del presente, che invece si imponeva con forza nelle prime composizioni. La sua musica recente puo' disorientare non perche' difficile, ma perche', oltre alla maggiore piacevolezza e accessibilita', non offre chiavi definite e univoche di ascolto. Almeno cosi' pare per il momento, anche a chi non rimpiange certo gli anni dello sperimentalismo. Occorre aspettare che la storia spalmi un po' della sua polvere sui decenni per capire meglio, e vedere quanto rimane. * Note 1. http://www.cc.emory.edu/MUSIC/ARNOLD/penderecki.html * Dischi: la Passione, le Sinfonie, i Diavoli... I tre lavori principali qui ricordati sono cosi' reperibili: 1) Trenodia (insieme ad altri lavori, tra cui la Terza Sinfonia), direttore Antoni Wit, Orchestra della Radio polacca, disco cd Naxos 8554491. La Naxos ha in progetto l'incisione di tutti i lavori sinfonici di Penderecki. Sono gia' usciti il secondo (che contiene la Prima e la Quinta Sinfonia) e il terzo volume. 2) Passio et mors Domini nostri Jesu Christi, direttore Marc Soustrot, Orchestra della Beethovenhalle di Bonn, Coro della Wdr di Colonia e del Duomo di Mainz, due cd Mdg 3370981-2. La Philips l'aveva proposta in due dischi in vinile con la direzione di Henryk Czyz, numero di catalogo 802771/2. 3) I diavoli di Loudun (Die Teufel von Loudun), direttore Marek Janowski, interprete principale Hans Sotin, edizione in due cd Philips 44328-2. 4) Concerto per violino n. 2, direttore Krzysztof Penderecki, London Symphony Orchestra, solista Anne-Sophie Mutter, cd Dgg 453507. * Il libro fondamentale Wolfram Schwinger: Krzysztof Penderecki: His Life & Work, Edizioni Schott, Londra 1989. Il volume e' attualmente in ristampa. * A 25 anni, l'allievo sale subito in cattedra 1933 Nasce a Debica, in Polonia, figlio di un avvocato. 1951 Entra all'Universita' di Cracovia dove studia lettere classiche. 1954 Completa in due anni i corsi di musica (equivalenti a cinque anni di liceo musicale) e si iscrive all'Accademia di Musica di Cracovia. 1958 Completa gli studi con tanto successo che l'Accademia gli affida un corso di composizione. Nello stesso anno vince tutti e tre i premi del concorso della Associazione dei compositori polacchi. 1961 Con Trenodia per le vittime di Hiroshima vince il premio internazionale dell'Unesco. 1964 Sposa Elzbieta Solecka. 1966 Prima esecuzione nella cattedrale di Muenster della Passio. 1966 De Natura Sonoris I al Festival di Royan. 1967 Dies irae per le vittime di Auschwitz. 1967 Vince il premio Italia. 1968 Per la seconda volta, premio Italia. 1969 I diavoli di Loudun ad Amburgo. 1971 Utrenja I e II nella cattedrale di Muenster. 1973-78 Insegna alla Yale University. 1977 Scrive il Primo concerto per violino per Isaac Stern. 1978 Paradiso perduto all'Opera di Chicago. 1980 Te Deum per Giovanni Paolo II. 1984 Requiem polacco (prima esecuzione completa nel 1993). 1986 La maschera nera al Festival di Salisburgo. 1991 Ubu Rex alla Staatsoper di Monaco. 1992 Quinta Sinfonia. 1995 Secondo Concerto per violino, scritto per Anne-Sophie Mutter. 1998 Credo, per soli, coro e orchestra. * Premi e riconoscimenti principali Prix Arthur Honegger, Premio Sibelius, Grawemeyer Music Award, Grammy Award. Membro onorario della Royal Academy of Music, dell'Accademia di Santa Cecilia, della Royal Academy of Music di Stoccolma, della Akademie der Kuenste di Berlino. * Edizioni Le sue composizioni sono edite da Moeck Verlag, Celle e (per la maggior parte) da Schott Verlag, Mainz. 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 593 del 29 settembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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