Voci e volti della nonviolenza. 234



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 234 del 24 settembre 2008

In questo numero:
1. Con la guida di Gianfranco Ravasi tra recenti pubblicazioni religiose
(parte tredicesima)
2. Gianfranco Ravasi: I libri della fede. Segnalazioni del maggio 2007
3. Gianfranco Ravasi: I libri della fede. Segnalazioni del giugno-luglio
2007
4. Gianfranco Ravasi: I libri della fede. Segnalazioni dell'agosto-settembre
2007

1. EDITORIALE. CON LA GUIDA DI GIANFRANCO RAVASI TRA RECENTI PUBBLICAZIONI
RELIGIOSE (PARTE TREDICESIMA)

Proponiamo di seguito alcune segnalazioni bibliografiche estratte dalla
rubrica "I libri della fede" tenuta negli scorsi anni dal prestigioso
teologo cattolico Gianfranco Ravasi sul mensile "Letture".

2. LIBRI. GIANFRANCO RAVASI: I LIBRI DELLA FEDE. SEGNALAZIONI DEL MAGGIO
2007
[Dal mensile "Letture", n. 637, maggio 2007, col titolo "I libri per chi
'non e' mai sazio di Maria'".
Gianfranco Ravasi (Merate, 1942) arcivescovo cattolico, teologo, biblista,
ebraista e archeologo; presidente del Pontificio Consiglio della Cultura,
della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e della
Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. E' autore di numerose opere di
grande valore]

"Ave Maria, adesso che sei donna, ave alle donne come te, Maria...". Cosi'
cantava Fabrizio De Andre', ultimo di una serie di autori che da sempre
hanno intonato "laudari" in onore della madre di Cristo. A questo proposito
segnaliamo subito la suggestiva proposta di La Madonna a Treblinka dello
scrittore russo di matrice ebraica Vasilij Grossman (traduzione di Mario
Alessandro Curletto, Medusa, 2007, pp. 45, euro 9), un dolce eppur
drammatico testo dedicato alla celebre Madonna Sistina di Raffaello.
In quel profilo pittorico apparentemente sereno e tenero lo scrittore vede
annidarsi una bellezza oscura che puo' rimandare all'amarezza dell'esistenza
storica coi suoi Lager e i suoi gulag, con gli orrori e le sofferenze. In
quel ritratto "il bambino non nasconde il viso contro il seno della madre;
anzi, sembra sfuggire dalle sue braccia per andare incontro al destino coi
suoi piedini scalzi". E' il Cristo che s'avvia gia' al Calvario
dell'umanita'. Eppure, proprio perche' si tratta di un'icona sacra,
"contemplando la Madonna Sistina manteniamo la nostra fede nel fatto che
vita e liberta' siano inscindibili e non vi sia nulla di piu' alto
dell'umanita' dell'uomo, un'umanita' che sopravvivera' in eterno e
vincera'".
Credo che i lettori abbiano compreso perche' siamo partiti evocando il tema
mariano: questo, infatti, e' il mese tradizionalmente consacrato alla
devozione per la madre di Dio e de Maria numquam satis, esclamavano i
predicatori, ricordando con lo stesso Lutero che "la creatura Maria non puo'
essere mai abbastanza lodata" (cosi' nei Discorsi a tavola; tra parentesi
avvertiamo che la frase e' stata coniata da san Luigi Maria Grignion de
Montfort nel suo celebre Trattato della vera devozione a Maria, composto
attorno al 1712).
Ebbene, nell'incessante (numquam satis, appunto) produzione mariologica
selezioniamo solo un paio di testi recenti, entrambi da riferire a docenti
della Facolta' teologica romana emblematicamente denominata "Marianum" e
gestita dai Servi di Maria ai quali appartenne, come e' noto, anche un altro
famoso cantore di Maria, padre David Maria Turoldo. Il primo saggio e' di
Aristide Serra, La Donna dell'Alleanza (Messaggero, 2006, pp. 367, euro 18)
e verte su un approccio ampiamente praticato dalla tradizione cristiana,
quello dell'identificazione del nesso tra la figura di Maria e le Scritture
ebraiche della Prima Alleanza, cioe' l'Antico Testamento. Si tratta della
cosiddetta esegesi "tipologica": essa intuiva in alcune donne bibliche il
"tipo", ossia il modello prefigurativo della madre di Cristo. Se e' facile
pensare, a questo riguardo, alle "madri di Israele", da Lia e Rachele, da
Yokebed a Myriam, da Debora a Rut, da Anna a Giuditta e cosi' via fino alla
madre del Messia (Isaia 7, 14), piu' originale e', invece, il ponte di
comunicazione che viene gettato coi simboli teofanici anticotestamentari
come il Sinai, oppure l'arca, o Gerusalemme ("figlia di Sion") o la Sapienza
personificata.
Serra cita un grande biblista come Pierre Benoit (1906-1987) che affermava:
"L'Antico Testamento, accanto alla corrente che prepara il Messia, ne
presenta un'altra inferiore, ma parallela, che prepara la comunita'
messianica. E' precisamente la personificazione femminile della Vergine
d'Israele o della Figlia di Sion. E' legittimo pensare che questa corrente
secondaria sfocia in Maria, come quella principale culmina in Gesu'".
A questo punto passiamo all'altro studioso, anch'egli esegeta: si tratta di
Mario Masini e della sua opera Maria di Nazaret: storia, mito, simbolo,
interpretazioni (Messaggero, 2006, pp. 314, euro 18). Il sottotitolo e'
ovviamente significativo perche' questa e' una panoramica storico-teologica
sui mille volti assunti da Maria nelle interpretazioni le piu' diverse e
disparate: si va dagli orizzonti fluidi dei miti (la "maliarda", la "vergine
e ribelle", la "memoria sovversiva", la madre mediterranea e cosi' via) fino
alle molteplici simbologie che tanto influsso avranno nelle espressioni
artistiche, senza pero' ignorare sia i modelli antropologici (si pensi
all'"Eterno Femminino" di Goethe ma anche di Teilhard de Chardin e Gertrud
von le Fort) sia quelli teologici (suggestiva e' la "sofiologia" di
Solov'ev, di Florenskij e Bulgakov).
*
Giovanni "secondo noi"
Lasciamo ora lo spazio riservato a Maria e inoltriamoci nell'area piu' ampia
che la contiene, quella del Nuovo Testamento. Faremo riferimento soltanto a
due commentari esegetici al quarto Vangelo, "il fiore delle Scritture", come
lo definiva Origene. Vorremmo innanzitutto solo accennare a un impegno
editoriale che da tempo prosegue, la versione in italiano dei cosiddetti
"Commentari Tyndale al Nuovo Testamento", eseguita da un'associazione
internazionale di matrice protestante che ha sede anche in Italia, i Gruppi
biblici universitari.
Il nome Tyndale rimanda simbolicamente a uno studioso inglese nato attorno
al 1494, riparato presso Lutero in Germania ove stampo' una sua traduzione
del Nuovo Testamento che gli causo' attacchi in patria e che lo porto' alla
condanna capitale per impiccagione a Bruxelles nel 1536 (era, infatti,
riparato ad Anversa per tradurre anche l'Antico Testamento). I commentari
che vengono posti sotto il suo patronato sono di esegeti protestanti
contemporanei, come nel caso de Il Vangelo secondo Giovanni di Colin G.
Kruse, studioso australiano (traduzione di Marcella Fanelli, Gbu, 2007, pp.
524, euro 25). Si tratta, come negli altri casi, di commenti lineari, senza
apparati "tecnici", con una tendenza alla scelta di opzioni interpretative
collaudate, talora fin conservatrici e persino con qualche venatura
letteralista. Sta di fatto che questa lettura giovannea risulta positiva nel
suo impianto metodologico di facile accesso e anche nella sua ermeneutica
globale: il quarto Vangelo propone al cristiano una via per conoscere il
Padre e Gesu' Cristo da lui inviato nel mondo, una conoscenza che non e'
meramente intellettuale ma di comunione perche' conduce alla "vita eterna"
che nel linguaggio giovanneo e' la stessa vita divina (cfr. Giovanni 17, 3).
L'altro commento e', invece, di un grande maestro dell'esegesi cattolica a
cui tutti noi biblisti e teologi (ma non solo) siamo debitori di molto: e'
il gesuita francese novantacinquenne Xavier Leon-Dufour, con la sua Lettura
dell'evangelo secondo Giovanni (traduzione di Antonio Girlanda e Francesca
Moscatelli, San Paolo, 2007, pp. 1294, euro 75), un'opera apparsa prima in
quattro tappe tra il 1989 e il 1998 e ora raccolta in unita'. L'autore
propone una lettura "simbolica" del testo evangelico laddove, pero',
"simbolico non si oppone a reale, nonostante volgarmente si intenda cosi' il
termine. Al contrario, e' simbolico solo cio' che rende presente una realta'
con cui entra in comunione chi coglie il simbolo... Un simbolo, poi,
congiunge due entita', quella che e' immediatamente percettibile con i sensi
e quella invisibile a cui si riferisce".
Con questa ermeneutica Leon-Dufour ci guida con finezza, profondita' e
fascino nei due "libri" ideali in cui egli articola il testo giovanneo. Il
primo (capp. 1-12) tratteggia la figura di Gesu' Cristo luce del mondo che
brilla nelle tenebre della storia: naturalmente la trama di questi capitoli
ha una struttura a piu' scene che aprono orizzonti grandiosi (sono 15 i
paragrafi isolati in questo primo atto). La seconda parte del Vangelo (capp.
13-21) vede il compiersi dell'"ora della glorificazione" per usare il
lessico stesso di Giovanni. E' l'apice della vicenda "simbolica" della
storia di Cristo (e qui sono 10 le unita' letterarie). Di forte suggestione
sono le cosiddette "aperture" che l'esegeta pone al termine dei vari brani
che compongono appunto la struttura del Vangelo: si tratta di proposte di
attualizzazione della pagina appena studiata cosi' da mostrarne le
iridescenze personali, esistenziali, ecclesiali possibili. Comunque sia, si
provi - a titolo esemplificativo - a leggere con attenzione il commento al
celebre inno del prologo (1, 1-18), distribuito in quasi cento pagine, per
scoprire la ricchezza di questa composizione giovannea cosi' come
Leon-Dufour ce la squaderna, quasi con emozione, consapevole delle parole di
sant'Agostino: "L'uomo abbandonato alla sua natura non comprende le cose
dello Spirito di Dio".
*
Testi intramontabili
Dalla Bibbia passiamo ora, come siamo soliti fare, alla Tradizione
ecclesiale. Qui segnaleremo solo due saggi passati ormai alla storia come
classici, pur essendo condizionati da coordinate storico-culturali ormai
superate. Appare ora in un'edizione italiana curata da Giuseppe Campoccia e
Pawel Gajewski la Storia del dogma di Adolf von Harnack (1851-1930),
personaggio considerato il vessillo della teologia liberale protestante
tedesca (Claudiana, 2006, pp. 480, euro 39). Si tratta in realta' di un
compendio, elaborato tra il 1889 e il 1891, del monumentale trittico di tomi
che l'autore, acclamato allora come uno dei massimi maestri anche a livello
civile, aveva intitolato Lehrbuch der Dogmengeschichte e pubblicato tra il
1886 e il 1890. La sua e' un'analisi storico-teologica che punta al cuore
del "dogma", categoria assente nella dottrina neotestamentaria e germinata
attraverso l'adozione della cultura ellenistica come modello ermeneutico da
parte del cristianesimo successivo.
Siamo, quindi, in presenza di uno schema espressivo e argomentativo imposto
alla verita' cristiana: lo stampo, pero', ha generato a sua volta, modulando
quella verita' secondo nuove istanze storiche, proiettandosi verso nuovi
orizzonti dottrinali, seguendo ovviamente anche una traiettoria evolutiva
diacronica. Quest'ultimo elemento evolutivo e' la parte piu' corposa e
significativa dell'analisi harnackiana: in essa si affronta lo "sviluppo del
dogma come dottrina del Dio-uomo sulla base della teologia naturale,
l'ampliamento e la tramutazione del dogma in dottrina del peccato, della
grazia e dei mezzi di grazia sulla base della Chiesa". Anche se non e' messo
a tema in modo sistematico, lo studioso tedesco aspira a un ritorno alle
origini cristiane "adogmatiche", abbandonando tutto cio' che di aggiuntivo e
di inautentico e' stato assimilato nel corso dei secoli successivi,
procedendo quindi - sulla scia di un'intuizione di Lutero - a una
"de-ellenizzazione" del cristianesimo.
Naturalmente non possiamo qui discutere sia l'interpretazione generale sia
la proposta harnackiana; certo e' che la sua opera e' un segnale datato ma
interessante di una questione ermeneutica ed epistemologica tuttora viva e
discussa. Ben diversa e' la qualita' e la prospettiva dell'altro saggio che
proponiamo, frutto di un altro tedesco ma cattolico, lo storico Hubert Jedin
(1900-1980). Si tratta della Breve storia dei Concili che fu edita per la
prima volta in tedesco e in italiano nel 1978 e che ora giunge alla sua
decima edizione (traduzione di Nerina Beduschi, Morcelliana, 2006, pp. 305,
euro 23). Con una chiarezza esemplare, senza appesantimenti accademici ma
con un rigore storico invidiabile, vengono fatti sfilare tutti i 21 Concili
ecumenici finora celebrati, a partire dai primi otto che da Nicea (325) in
avanti videro la Chiesa ancora unita, per passare al primo Concilio
Lateranense del 1123 che inauguro' la sequenza delle assisi solo
occidentali, essendosi ormai staccata la Chiesa d'Oriente, per approdare al
Vaticano II.
Anche se molteplici studi sono stati dedicati a questi eventi capitali della
cristianita', il profilo di Jedin risulta ancor oggi indispensabile nella
sua puntuale essenzialita', divenendo anche una sorta di piccola storia
della Chiesa.

3. LIBRI. GIANFRANCO RAVASI: I LIBRI DELLA FEDE. SEGNALAZIONI DEL
GIUGNO-LUGLIO 2007
[Dal mensile "Letture", n. 638, giugno-luglio 2007, col titolo "Tentare di
ritrarre Gesu' a tutto tondo"]

Joseph Ratzinger - Benedetto XVI, Gesu' di Nazaret (a cura di Ingrid Stampa
e Elio Guerriero), Rizzoli, 2007, pp. 448, euro 19,50.
Deponendo per quanto e' possibile le insegne papali, Benedetto XVI ritorna a
essere con quest'opera il teologo Joseph Ratzinger, affidandosi anche al
pubblico giudizio critico, e proponendo un vero e proprio piano di studio
sulla figura di Gesu' di Nazaret, progettato a dittico.
Il primo volume dal Battesimo di Cristo ci conduce sino alla vetta del monte
della Trasfigurazione ove si celebra una teofania che anticipa quella
suprema pasquale, destinata a essere il suggello della successiva seconda
parte del dittico. In mezzo a quei due estremi, entrambi teofanici, si snoda
una sequenza di eventi e di parole: le tentazioni, i discepoli, la
confessione di Pietro ma soprattutto l'annunzio del Regno di Dio, il
Discorso della Montagna, il Padre nostro, le parabole, le immagini
giovannee, le autoproclamazioni di Cristo.
Questa trama e' studiata tenendo conto dell'imponente letteratura
storico-critica e della riflessione teologica, ma ha al suo interno un
evidente filo d'oro che tiene insieme scene e parole di Gesu' e su Gesu':
"Considerare Gesu' a partire dalla sua comunione con il Padre non e' in
contraddizione col metodo storico-critico, ma lo sviluppa in maniera
organica e lo fa divenire vera e propria teologia [...] Il Gesu' dei Vangeli
e' il Gesu' reale, il Gesu' storico".
E' facile intuire quale sia la prospettiva interpretativa adottata.
Accantonando il rigido filtro esclusivo storiografico che ritagliava tutto
cio' che non fosse meramente verificabile a livello fenomenico-positivo, ma
anche rifiutando la trasposizione di Cristo solo in un orizzonte mistico e
trascendente (alla Bultmann), Ratzinger - Benedetto XVI ritiene
indispensabile assumere sia la concretezza "carnale" di Gesu' di Nazaret sia
la dimensione di mistero, di assoluto, di "teologia" che in quella persona
ininterrottamente si rivela.
Solo cosi' non si ha un Cristo "amputato" o semplificato ma un volto
autentico in tutti i suoi lineamenti, anche in quelli sorprendenti e
inattesi, il volto delineato appunto dai Vangeli.
*
Tra pellegrinaggio e turismo religioso
Questo fascicolo della nostra rivista e' destinato a due mesi nei quali ha
avvio il rito delle vacanze, soprattutto quelle scolastiche. Vorremmo,
allora, lasciare spazio solo a un duplice genere: da un lato, un paio di
libri di "viaggio", naturalmente con un'impronta religiosa e, d'altro lato,
a un paio di testi di approfondimento teologico.
Un antico aforisma arabo classifica tre tipologie di viaggiatori. C'e' chi
procede coi piedi, impolverandoli per le strade del mondo e acquietandoli
nelle locande e nelle soste. Costoro sono i mercanti. C'e', poi, chi avanza
di terra in terra con gli occhi, scoprendo, ammirando, conoscendo. Si tratta
del "sapiente", che puo' essere in pratica comparato al turista
tradizionale. Infine, c'e' chi viaggia col cuore ed e' colui che vuole
"mettere in luce la perla segreta" dei luoghi, dei monumenti e dei popoli
che incontra. Il suo nome e' "pellegrino". Ebbene, ai nostri giorni, a
fondere insieme la seconda categoria con una parte della terza, quella
celebre e universale del pellegrinaggio, e' il cosiddetto turismo religioso,
una nuova tipologia che non esclude dal suo itinerario la ricerca di memorie
spirituali, pur procedendo "laicamente" per hotel, visite guidate o eventi e
manifestazioni varie.
*
Due itinerari della fede...
A questo genere vogliamo ricondurre due opere radicalmente diverse tra loro
per qualita' e impostazione. La prima e' stata elaborata da una figura nota
del panorama culturale, sociale e mondano di Roma, Alessandra Borghese, che
nei suoi libri piu' recenti ha narrato anche i suoi percorsi interiori (Con
occhi nuovi o Sete di Dio, entrambi editi da Piemme), ma che ha imboccato
anche il genere a cui vogliamo rimandare col suo Ritorno in India dell'anno
scorso e soprattutto con questo particolare viaggio nella Baviera Sulle
tracce di Joseph Ratzinger (Cantagalli, 2007, pp. 160, euro 13,50). Tra
l'altro, e' significativo che i cataloghi delle agenzie dedicate ai
pellegrinaggi abbiano effettivamente in programma degli itinerari nella
patria di Benedetto XVI.
Il turismo religioso - a differenza del pellegrinaggio che, pur usando piedi
e occhi (per stare alla metafora araba), punta al santuario in modo
precipuo - non teme di allegare racconti di incontri e di esperienze,
descrizioni di citta' e di panorami, momenti di divagazione e di svago.
Cosi', in queste pagine affiora anche la politica, si concretizza il
fenotipo antropologico bavarese, che non e' certo automaticamente sinonimo
di tedesco, con la sua trilogia "tradizione, famiglia e fede" inalberata a
vessillo. Non si chiudono gli occhi (e la bocca) davanti alla carnalita' di
una cucina sostanzialmente pesante, offerta sotto i castagni delle Gasthof,
e soprattutto dell'onnipresente birra che ha la sua liturgia profana nella
paganeggiante celebrazione dell'Oktoberfest. Ma le tappe di questo vagare
per borghi e valli, accolti da quel Gruess Gott che ha perso la sua anima
sacrale ma che rimane pur sempre una stimmata religiosa nel tessuto delle
relazioni sociali, sono quelle vissute dal ragazzino Joseph Ratzinger, a
partire dal suo paese natale, Marktl am Inn, passando attraverso una
costellazione di altri centri che ne scandiscono la crescita, il sacerdozio,
la sua carriera accademica e l'approdo alla cattedra episcopale della
capitale Monaco.
Avendo anch'io visitato anni fa a lungo quei luoghi riesco col racconto
molto "personalizzato" della Borghese a rivederli quasi in presa diretta.
Essi, pero', sono ormai segnati dal nuovo imprinting che e' quello appunto
del turismo religioso. C'e', cosi', l'oasi dell'abbazia di Scheyern o del
santuario di Altoetting, tanto caro all'attuale Pontefice che lo defini'
"cuore della Baviera e uno dei cuori dell'Europa"; c'e' anche Tittmoning,
"il paese dei sogni della mia infanzia", come egli confessava: la sua casa
e' ora occupata da una banca sulla quale si srotola una scritta latina che
contiene un errore curioso, che noi siamo inclini ad attribuire pero'
all'autrice del libro (o all'editore) e non certo ai rigorosi tedeschi:
Gloria in excelsis Deo atquae (sic!) in terra pax. E c'e' anche la graziosa
dimora della sorella defunta del Papa, Maria, con l'immancabile gatto, a
Pentling, nei pressi di quella Regensburg, entrata nelle orecchie di tutti
non tanto perche' la' il professor Ratzinger fu docente ma per una questione
filologica che in realta' pochi hanno affrontato, sollevata dal discorso la'
tenuto dall'ormai papa Benedetto XVI.
Parlavo sopra di due testi di turismo religioso. Il secondo e' una silloge
di voci e di mani: si tratta, infatti, di una decina di studiosi che
descrivono e approfondiscono il fascino culturale e spirituale di una
nazione vista spesso con sospetto dall'Occidente. E' la stupenda Siria, una
terra che ho avuto occasione di percorrere in lungo e in  largo e che mi e'
rimasta nel cuore: autori vari, sotto la cura di Mattia Guidetti, elaborano
una ricostruzione storico-culturale e spirituale della Siria (Jaca Book,
2006, pp. 226, euro 18). La', certo, non si va in pellegrinaggio, anche se a
Damasco ci sono segni suggestivi della memoria di san Paolo: chi, infatti,
non sa cosa significhi lo stereotipo "la strada di Damasco", per designare
una conversione (Strindberg insegna...)? Tuttavia, quella regione dalla
civilta' plurimillenaria e marcata dal sigillo di fedi diverse reca in se'
l'impronta di molteplici esperienze spirituali, spesso oscillanti tra mito e
storia: pensiamo all'Abramo biblico che sosta sull'acropoli di Aleppo ma
anche al cristianesimo di Antiochia, ove nacque lo stesso termine
"cristiano" (Atti degli apostoli 11, 26), allo splendore della Grande
Moschea di Damasco e cosi' via. Recita infatti un hadith, detto
extracoranico di Maometto: "La fortuna accompagna le genti di Siria...
perche' gli angeli hanno steso su questo paese le loro ali".
La', accanto alla varieta' delle espressioni dell'islam (curiosa e', ad
esempio, la dottrina degli alauiti a cui appartiene la "dinastia" degli
Assad, capi dello Stato attuale), c'e' un ancor piu' vasto spettro
multicolore di comunita' cristiane coi loro simboli antichi, come il
mirabile e monumentale monastero di Simeone lo stilita o l'"occidentale" e
crociato Krak dei Cavalieri. Il volume, che ovviamente si inoltra anche in
altri territori culturali (s'interessa persino del romanzo siriano e della
stessa modernita'), deve essere una guida parallela da tenere in mano,
accanto alla sempre esemplare guida verde di Siria del Touring Club: solo
cosi' il viaggiare con gli occhi, atteggiamento tipico del turista,
acquistera' un fremito ulteriore, capace di toccare il cuore e l'anima
trasformandoci in viaggiatori dello spirito.
*
... e due soste per lo spirito
Dopo l'ampio spazio riservato al viaggio con le sue implicazioni religiose,
proponiamo ora, durante la quiete dell'estate, due testi di approfondimento.
Il primo e' uscito proprio quando il mercato librario si era infiammato per
l'Inchiesta che Augias e Pesce avevano condotto sul Gesu' storico. Si tratta
del Gesu' di un teologo laico tedesco, docente nella prestigiosa Heidelberg,
Klaus Berger, 66 anni (traduzione di Anna Bologna, Queriniana, 2007, pp.
672, euro 46). Lo studioso in queste pagine - presentate nell'edizione
italiana da uno dei nostri maggiori neotestamentaristi, Rinaldo Fabris -
depone il tocco accademico senza pero' rinunciare al rigore dell'argomentare
e del documentare, compiendo un'operazione che a mio avviso e'
indispensabile. Per ricomporre la figura completa di Gesu' Cristo, e'
necessario vagliare nei Vangeli non solo i dati storici ma anche le
interpretazioni teologiche. Proprio come nessuno piu' crede al giornale che
proclama di offrire i fatti separati dalle opinioni, perche' lo stesso
raccontare e' interpretare e ricostruire l'evento (che in se' e' "puntuale"
e irripetibile), cosi' diventa sempre piu' significativo tener conto
dell'esplicita qualita' dei dati evangelici che intrecciano storia e
teologia, eventi e kerygma, documento e analisi.
Cosi', ad esempio, nell'amplissimo spettro delle 672 pagine di Berger, anche
la risurrezione di Cristo che il tradizionale storico positivista subito
ritagliava dalle pagine evangeliche per gettarla nel cestino del mito o
almeno per spedirla alle esclusive competenze del teologo, viene non solo
allegata e catalogata secondo il suo specifico profilo ma anche riconosciuta
nella sua dotazione di "verita'". E' quella "dimensione della realta'" che
si puo' denominare "mistica", proprio perche' il reale non e' monocorde e
comprende "piu' piste, l'una accanto all'altra". Il concetto di storia e',
percio', ben piu' complesso e articolato di una mera fenomenologia
"evenemenziale" ed esige un filtro interpretativo molto piu' sofisticato di
quello elaborato dalla storiografia ottocentesca, prevalentemente in vigore
ancor oggi. L'operazione e' certamente delicata perche' ci puo' essere il
rischio di sbavature o di tarature poco calibrate (e, sempre a mio avviso,
qualche sbandamento appare anche in queste pagine). Sta di fatto, pero', che
il libro di Berger e' una bella sorpresa e segna non tanto una svolta in
sede accademica (esistono gia' approcci analoghi) ma in sede di applicazione
sistematica, coerente e soprattutto di facile accessibilita' a un piu' ampio
orizzonte di lettori. In pratica e' stata un'anticipazione del Gesu' di
Nazaret, l'opera cristologica - dal successo travolgente - di Benedetto XVI.
Nella serenita' delle future vacanze un posto adatto potrebbe avere anche un
altro volume, opera di quello che consideriamo, col tedesco Rudolf
Schnackenburg, il massimo studioso cattolico di Giovanni del secolo scorso e
uno dei maggiori noetestamentaristi, l'americano Raymond E. Brown
(1928-1998). Con la cura di Francis  J. Moloney, esegeta divenuto noto nei
mesi scorsi per aver avallato il Vangelo di Giuda, romanzato da Jeffrey
Archer per Mondadori, appare ora questo saggio, l'Introduzione al Vangelo di
Giovanni (traduzione di Gianmaria Zamagni, Queriniana, 2007, pp. 389, euro
32), uno scritto ovviamente ben diverso dal libretto di Archer. Il testo era
quasi pronto per la stampa al momento della morte dell'autore che aveva, tra
l'altro, alle spalle un famoso commento al quarto Vangelo (tradotto in
italiano dalla Cittadella di Assisi). In questo volume egli fa il punto
sulle ricerche esegetiche giovannee e apre nuovi paradigmi interpretativi.
Anzi, rispetto al precedente commentario, si potranno notare variazioni e
approfondimenti significativi: c'e', ad esempio, un imponente scavo
storico-critico nella tradizione giovannea di cui il Vangelo costituisce una
testimonianza e un approdo decisivo; si delinea lo spettro non solo degli
influssi ideologici che attraversano quelle pagine ma anche i loro fremiti e
ammiccamenti apologetici; si consacra un'attenzione particolare alla
dimensione letteraria del testo e si vagliano le ipotesi piu' interessanti
sull'orizzonte di nascita e crescita del quarto Vangelo. Ma un fascino
particolare promana dal vasto capitolo dedicato alle "questioni cruciali
della teologia giovannea", in particolare a due ambiti di alto rilievo, la
cristologia e l'ecclesiologia (che coinvolge anche la questione
sacramentaria). Siamo, dunque, di fronte a un affresco grandioso che se, da
un lato, mostra il livello considerevole raggiunto dall'esegesi biblica,
d'altro lato, riesce a svelare la straordinaria ricchezza di un Vangelo che
giustamente Origene celebrava come "il fiore delle Scritture".

4. LIBRI. GIANFRANCO RAVASI: I LIBRI DELLA FEDE. SEGNALAZIONI
DELL'AGOSTO-SETTEMBRE 2007
[Dal mensile "Letture", n. 639, agosto-settembre 2007, col titolo
"L'inesauribile tesoro delle Sacre Scritture"]

Avere una prefazione di Paul Ricoeur e' un privilegio di pochissimi. A
ottenerlo e' stato Paul Beauchamp (1924-2001), gesuita, docente di Esegesi a
Parigi, originalissimo autore di testi che hanno visto anche versioni
italiane, come accade ora per questo suo intenso Testamento biblico
(traduzione di Augusto Debove e Valerio Lanzarini, Qiqajon, 2007, pp. 184,
euro 13). E' appunto il famoso filosofo francese, scomparso due anni fa, a
condurci passo dopo passo in questa raccolta antologica di saggi brevi
apparsi in Francia nel 2001. L'opera maggiore di Beauchamp e' stata quello
straordinario libro L'uno e l'altro Testamento (vol. I edito da Paideia, il
vol. II da Glossa) che ha saputo proporre una nuova rilettura dell'intima
connessione tra i due Testamenti.
Questa sua opzione ermeneutica anima in filigrana anche le pagine che ora
vengono proposte. Esse sono simili a un caleidoscopio che procede
dall'incipit dell'"esamerone", ossia dal racconto di Genesi 1, per
inoltrarsi nel canto dei Salmisti che intrecciano lode, supplica e promessa,
ripercorrendo poi alcuni temi capitali della ricerca di questo studioso e
testimone di amore per la Parola. Innanzitutto il fondamentale rapporto con
l'ebraismo che non e' solo postulato dalla continuita' tra i due Testamenti
ma che deve alimentare la stessa esperienza ecclesiale (significativo e' il
vasto capitolo dedicato alla "Chiesa e il popolo ebraico"). In questa linea
si colloca uno degli snodi dialettici decisivi nelle Scritture, cioe'
l'incrocio tra elezione e universalita', un contrappunto che Beauchamp
illustra alla luce dell'amato Salterio. Ma l'orizzonte di quel caleidoscopio
si allarga lungo iridescenze anche accese: da un lato, c'e' il verde della
speranza, rischio e promessa; d'altro lato, ecco il rosso della violenza che
pone l'eterna domanda: "Perche' mai la storia della salvezza percorre un
cammino del genere?". Ed e', percio', scontato che si approdi anche a un
suggestivo "punto di vista biblico sull'etica".
Lasciamo questo libro di poche pagine ma di grande fascino per inoltrarci
nel variegato mondo delle Scritture con altre campionature, selezionate
all'interno di una produzione incessante. Vorremmo dare innanzitutto spazio
a uno studio interessante anche se problematico. Gerd Theissen, 64 anni, e'
docente nella prestigiosa Universita' di Heidelberg e a lui dobbiamo un
approccio particolare ma importante al Gesu' storico attraverso l'analisi
sociologica, approccio elaborato in una fitta serie di pubblicazioni, spesso
tradotte anche in italiano, e persino con un romanzo storico, L'ombra del
Galileo (Claudiana, 1990). Ora viene proposto dalla vivace editrice
protestante Claudiana di Torino un testo sintetico rilevante per conoscere
l'impostazione di Theissen, Gesu' e il suo movimento (traduzione di Giuseppe
Campoccia, 2007, pp. 320, euro 27).
Secondo lo studioso tedesco le origini del cristianesimo sono state scandite
da un movimento carismatico itinerante di taglio radicale, generato
all'interno dell'ebraismo con l'intento di "riformarne" la dottrina e la
spiritualita'. Si era, infatti, in un'epoca di crisi della societa' giudaica
e il movimento di Gesu' aveva proposto una svolta profonda che Theissen
delinea nell'ultimo capitolo di questo saggio come "progetto di una
rivoluzione di valori" nel rapporto coi beni e con gli esseri umani. Egli
sintetizza cosi' questa irruzione generatrice di una nuova Weltanschauung:
"Nel movimento di Gesu' la gente semplice si appropria dei valori delle
classi elevate nel rapporto coi beni (potere, proprieta', cultura), mentre i
valori dei ceti bassi nel rapporto con gli esseri umani sono rivalutati
grazie all'autocoscienza 'aristocratica'". Una tesi fortemente ancorata
all'analisi di storia sociale che viene svolta nelle pagine del volume e che
puo' sollecitare qualche riserva di parzialita' e qualche sospetto di
riduttivismo, ma che merita di essere posta sul tappeto di un dibattito
ormai da decenni fervido nel tono e "mobile" negli esiti.
*
Gli "Atti" tra storia e fede
Dal fondale neotestamentario passiamo ora ai testi sacri. Scegliamo un nuovo
commentario della collana "Sacra Pagina" che vede all'opera un team
internazionale di biblisti cattolici. Ora e' di scena l'americano (insegna
nell'Universita' dell'Indiana) Luke Timothy Johnson che completa il dittico
letterario-teologico lucano: nel 2004 la stessa editrice salesiana Elledici
aveva pubblicato il commento al Vangelo di Luca; ora propone gli Atti degli
Apostoli (traduzione di Mario Bernabo' Silorata e Salvatore Mele, 2007, pp.
483, euro 39). L'impianto e' quello classico: a un'introduzione che enuncia
i principi ermeneutici segue l'analisi del testo biblico (che l'esegeta
considera in stretta continuita' col terzo Vangelo) secondo le articolazioni
della struttura dell'opera stessa. Infatti, i 55 paragrafi che scandiscono
le 18.374 parole greche che compongono gli Atti delineano il ricostituirsi
del popolo cristiano attorno al Profeta risorto, la sua espansione
planetaria e l'emergere di Paolo, "l'apostolo dei gentili, l'apostolo
imprigionato".
La questione che tormenta da sempre ogni esegeta degli Atti e' quella del
loro rapporto con la storia: si oscilla, cosi', tra chi ne assume le pagine
come pura e semplice fonte storica delle origini cristiane e chi intravede
nei racconti di quel testo soltanto delle sottili parabole dell'annunzio
evangelico, degli ideali ecclesiali, della celebrazione della forza della
Parola e dello Spirito. L'opzione di Johnson e' la piu' equilibrata, come
egli stesso attesta: "Ho cercato di rispettare il carattere degli Atti, come
storia apologetica, il che significa che, pur prendendo in seria
considerazione l'aspetto fattuale della storia, non mi fermo a quell'aspetto
[...]. Il resoconto narrativo degli eventi con la sua formazione creativa
permette di scoprire gli intenti religiosi e letterari dell'autore". In
pratica, si ripete per gli Atti lo stesso dilemma che percorre l'analisi dei
Vangeli, quello della calibratura del corretto rapporto tra storia e fede.
*
Tutti i Papi piu' uno
La nostra rassegna vira ora verso altri ambiti tematici. Ne segnaliamo due
attraverso opere emblematiche. Il primo orizzonte e' quello della storia
della Chiesa che ha uno dei suoi assi fondamentali nel papato. Ecco, allora,
una suggestiva Storia dei Papi approntata dallo storico spagnolo Juan Maria
Laboa (a cura di Elio Guerriero, Jaca Book, 2007, pp. 542, euro 45). Nel
2000 la Treccani aveva gia' edito in tre volumi un'enorme Enciclopedia dei
Papi, seguendo la traiettoria alfabetica. Ora, invece, siamo di fronte a una
trama diacronica che, pero', non si accontenta di infilare i nomi dei vari
Pontefici in sequenza, allestendo una galleria di ritratti. C'e', infatti,
il tentativo di isolare in questo percorso cronologico le fasi storiche che
hanno segnato quell'arco bimillenario. Cosi', dall'epoca della Roma
imperiale (30-417) che vede affacciarsi i primi vescovi romani dopo Pietro,
si punta poi sul declino e sulla decadenza di Roma (417-741) per scoprire la
successiva rinascita che vede Roma "creatrice di imperi" (741-882).
Interessante e' il sottotitolo scelto per quest'opera: "Tra il regno di Dio
e le passioni terrene". Ecco, allora, apparire anche la Roma peccatrice,
umiliata e violentata (882-1048) a cui, pero', succede la Roma sognatrice,
riformatrice e rinnovatrice (1049-1292) e, in un'alternanza oscillante, si
ripropone la Roma esiliata e lacerata del 1294-1447, a cui subentra la Roma
creatrice e magnifica ma anche contrastata e penitente del Rinascimento
(1447-1572), destinata a confluire nella Roma barocca e controriformista
(1572-1700). Illuminismo, assolutismo, Rivoluzione francese (1700-1823)
conducono a una Roma disorientata tra devozione e indifferenza (1823-1903)
che lascia il campo al Novecento con la Roma "vaticana" e "conciliare"
(1903-2005). L'opera, infatti, si chiude con Giovanni Paolo II. Una robusta
appendice delinea il profilo sequenziale dei concili, offre un glossario e
allinea una preziosa e selezionata bibliografia.
Suppliamo alla scontata assenza di Benedetto XVI con la semplice menzione di
un particolarissimo testo che lo riguarda. La rivista "Communio", sorta nel
1972 ad opera soprattutto di Hans Urs von Balthasar, aveva visto la presenza
assidua del teologo Ratzinger. Si e', cosi', pensato di raccogliere in un
unico volume - che costituisce anche i numeri 208-210 della rivista -
l'intera raccolta degli articoli da lui pubblicati in quelle pagine. Il
titolo apposto alla silloge e': La vita di Dio per gli uomini (Jaca Book,
2007, pp. 350, euro 32) e comprende una trentina di saggi di vario genere,
anche occasionale (come, ad esempio, le omelie sia per una cresima, sia per
una messa commemorativa di von Balthasar a Lucerna nel 1988). La redazione
della raccolta dovuta a Elio Guerriero, che premette anche una guida di
lettura, e' impostata a trittico: nella prima parte i soggetti esaltano la
teologia sacramentaria; la seconda e' dominata dall'ecclesiologia, mentre
l'ultima sezione punta piu' a un discorso di indole culturale generale.
Dicevamo sopra di voler indicare due settori tematici. Dopo quello
storico-ecclesiale, proponiamo ora l'ambito interreligioso e lo facciamo col
X volume di quell'importante "Enciclopedia delle religioni" voluta e diretta
dal grande Mircea Eliade e reimpostata dalle editrici Jaca Book e Citta'
Nuova. Ebbene, questo tomo ha per argomento il Buddhismo (a cura di Dario M.
Cosi, Luigi Saibene, Roberto Scagno, 2006, pp. 723, euro 140). E' questa
l'occasione per sfatare certi stereotipi occidentali, praticati da cultori
improvvisati che pullulano nelle varie formazioni spirituali nostrane, il
cui buddhismo e' sostanzialmente una rimasticatura adattata a palati di
scarsa sensibilita'. La successione delle voci e' ovviamente alfabetica;
tuttavia il piu' delle volte si e' in presenza di veri e propri saggi che
potrebbero essere estratti come una monografia: si provi, ad esempio, a
leggere la voce "Buddhismo": un panorama geografico-ideologico di oltre
cento pagine da integrare con l'altro importante lemma sulle "Scuole di
pensiero buddhiste" che procede per sessanta pagine.
Similmente si potra' avere una precisa (anche se complessa) definizione del
concetto di "Nirvana" che riempie la bocca di molti con non pochi luoghi
comuni. Partito dall'India, il buddhismo ebbe successo soprattutto altrove.
Se volessimo, invece, perlustrare il terreno di coltura di quel movimento,
dovremmo risalire alle Letterature classiche dell'India cosi' come ce le
descrive - molto accademicamente - Alberto Pelissero (Morcelliana, 2007, pp.
529, euro 38,50). Due sono le grandi fasi di questa avventura di ardua
esplorazione: da un lato, c'e' l'antico indoario (1200-600 a.C.) che si
esprime col vedico e col sanscrito; d'altro lato, ecco il medio indoario che
dal 600 a.C. procede fino al 1000 d.C. ma che conosce anche un neoindoario
destinato ad approdare ai nostri giorni. Forse ci si smarrira' nella selva
di lingue, culture, spiritualita', eventi, autori e opere che questo volume
tenta di mappare, ma almeno si potra' comprendere quanto grande e vasta sia
l'anima dell'India che la "vulgata" attuale ci presenta solo come potenza
economico-politica emergente.

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 234 del 24 settembre 2008

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