Minime. 588



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 588 del 24 settembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Il 25 settembre a Viterbo
2. Il 2 ottobre si celebra la Giornata internazionale della nonviolenza
3. Il 5 ottobre a Vicenza
4. Stefano Rodota': L'incubatrice del razzismo
5. Roberto Saviano: Lettera a Gomorra tra killer e omerta'
6. Riletture: Renate Siebert, Le donne, la mafia
7. Riletture: Renate Siebert, Il razzismo
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. INCONTRI. IL 25 SETTEMBRE A VITERBO

Si terra' giovedi' 25 settembre 2008, con inizio alle ore 17,30, a Viterbo,
presso la sede dell'Arci, in via Garibaldi n. 34, l'assemblea del comitato
che si oppone al devastante mega-aeroporto a Viterbo e s'impegna per la
riduzione del trasporto aereo.
Tutte le persone interessate sono invitate a partecipare.
Per informazioni e contatti: e-mail: info at coipiediperterra.org, sito:
www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa
Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it

2. INIZIATIVE. IL 2 OTTOBRE SI CELEBRA LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA
NONVIOLENZA

Il 2 ottobre, che dallo scorso anno l'assemblea generale dell'Onu ha
dichiarato "Giornata internazionale della nonviolenza", si svolgeranno molte
iniziative anche in varie citta' italiane.
Ovunque possibile si promuovano incontri, e particolarmente nelle scuole.

3. INIZIATIVE. IL 5 OTTOBRE A VICENZA

Si svolgera' il 5 ottobre a Vicenza il referendum per impedire la
realizzazione della nuova base di guerra "Dal Molin".
Per informazioni e contatti: www.dalmolin5ottobre.it

4. RIFLESSIONE. STEFANO RODOTA': L'INCUBATRICE DEL RAZZISMO
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 23 settembre 2008 col titolo
"L'incubatrice del razzismo". Ci scusiamo con i lettori per la riproduzione
di alcune frasi pronunciate da esponenti leghisti riportate all'inizio
dell'articolo.
Stefano Rodota' e' nato a Cosenza nel 1933, giurista, docente
all'Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza" (ha inoltre tenuto corsi e
seminari nelle Universita' di Parigi, Francoforte, Strasburgo, Edimburgo,
Barcellona, Lima, Caracas, Rio de Janeiro, Citta' del Messico, ed e'
Visiting fellow, presso l'All Souls College dell'Universita' di Oxford e
Professor alla Stanford School of Law, California), direttore dele riviste
"Politica del diritto" e "Rivista critica del diritto privato", deputato al
Parlamento dal 1979 al 1994, autorevole membro di prestigiosi comitati
internazionali sulla bioetica e la societa' dell'informazione, dal 1997 al
2005 e' stato presidente dell'Autorita' garante per la protezione dei dati
personali. Tra le opere di Stefano Rodota': Il problema della
responsabilita' civile, Giuffre', Milano 1964; Il diritto privato nella
societa' moderna, Il Mulino, Bologna 1971; Elaboratori elettronici e
controllo sociale, Il Mulino, Bologna 1973; (a cura di), Il controllo
sociale delle attivita' private, Il Mulino, Bologna 1977; Il terribile
diritto. Studi sulla proprieta' privata, Il Mulino, Bologna 1981; Repertorio
di fine secolo, Laterza, Roma-Bari, 1992; (a cura di), Questioni di
Bioetica, Laterza, Roma-Bari, 1993, 1997; Quale Stato, Sisifo, Roma 1994;
Tecnologie e diritti, Il Mulino, Bologna 1995; Tecnopolitica. La democrazia
e le nuove tecnologie della comunicazione, Laterza, Roma-Bari, 1997;
Liberta' e diritti in Italia, Donzelli, Roma 1997. Alle origini della
Costituzione, Il Mulino, Bologna, Il Mulino, 1998; Intervista su privacy e
liberta', Laterza, Roma-Bari 2005; La vita e le regole, Feltrinelli, Milano
2006]

Colonia, 20 settembre: divieto di una manifestazione razzista. Venezia, 15
settembre, esempi di oratoria all'annuale raduno della Lega: "Macche'
moschee, gli immigrati vadano a pregare e pisciare nel deserto" (Giancarlo
Gentilini, che rivendica la primogenitura come "sindaco-sceriffo" d'Italia);
"Non ci rompete piu' i coglioni con gli immigrati, vecchie facce di merda"
(Mario Borghezio, parlamentare). Le storie parallele possono essere
ingannevoli, e vanno maneggiate con cautela. Ma questo accostamento mostra
il diverso senso di responsabilita' di chi governa, dietro il quale vi e'
una diversa sensibilita' delle opinioni pubbliche. Le parole dette a Venezia
sono il segno d'un degrado pericoloso, e non del parlar schietto di cui i
leghisti si vantano. Nella loro brutalita', dovrebbero aiutare a comprendere
meglio che cosa sta diventando questo Paese. Il linguaggio anticipa,
accompagna, spiega.
Invece, viene ormai ignorato (silenzio di quasi tutto il sistema
dell'informazione sulla qualita' dell'oratoria veneziana), mentre offre una
traccia preziosa, seguendo la quale si chiariscono fenomeni che vanno ben al
di la' del mondo leghista.
*
1) La Lega e il territorio. I risultati delle ultime elezioni politiche ci
hanno consegnato la Lega come vera vincitrice. E si e' improvvisamente
scoperto che la ragione forse piu' importante del suo successo sta nel
rapporto che i leghisti e i loro amministratori hanno saputo stabilire con
il "territorio". Da qui molte considerazioni: non e' vero che servono
soltanto partiti "leggeri"; non e' vero che tutto puo' essere affidato alle
pure strategie comunicative; non e' vero che i cittadini possono essere
considerati solo come carne da sondaggio; non e' vero che l'amministrazione
oculata non paga. Indicazioni in se' importanti, se non altro perche'
mostrano come non esista solo il modello berlusconiano di raccolta del
consenso, e dunque la vanita' e l'insensatezza della corsa verso una
indistinta postmodernita' che consegnerebbe i partiti "popolari" soltanto
all'archeologia politica (altra cosa, evidentemente, sono le tecniche nuove
di costruzione d'un partito popolare nel terzo millennio). Ma l'esperienza e
il successo leghista sono fatti anche di altre cose, esattamente quelle che
danno radici locali agli spiriti che i leader affidano, e non e' la prima
volta, alle alate parole citate all'inizio. Non siamo solo di fronte ad una
esasperazione dell'intolleranza. Si sta costruendo anche un territorio in
senso "etologico", rispondendo appunto a quell'"imperativo territoriale" di
cui parlava Robert Andrey, che spinge molte specie a marcare confini,
invalicabili anche se fisicamente invisibili, all'interno dei quali nessuno
puo' penetrare e, se lo fa, scatta istintivamente una reazione anche
violenta. Andate altrove, ripetono ossessivamente i leghisti all'"altro" -
immigrato, rom, omosessuale - riprendendo (inconsapevoli?) i paradigmi
terribili del razzismo. Su questo s'innesta una identita' esasperata che, in
molte situazioni, diviene il piu' forte collante sociale. Di questo fenomeno
profondo, di quest'idea premoderna impastata di terra e sangue, regressiva,
lontanissima dal modo in cui i partiti popolari storici avevano costruito il
rapporto con il territorio, vogliamo riconoscere l'esistenza, discuterne
seriamente e mettere a punto strategie politiche per contrastarlo?
*
2) Un Paese mitridatizzato. Se questo non avviene, e' perche' si e' creata
nel tempo un'abitudine, un'assuefazione, in definitiva una rassegnazione.
Uno storicismo da quattro soldi induce a pensare e ad agire registrando un
successo della Lega di cui non resterebbe che prendere atto realisticamente.
Di fronte a questo dato dovrebbe tacere la lotta politica, quella vera, che
va alle radici culturali e sociali dei fenomeni. Ecco, allora, le debolezze
delle varie sinistre, che si sono mosse senza essere capaci di sciogliere
l'intreccio tra la nuova dimensione del localismo, ben individuata dalla
Lega, e una serie di manifestazioni che non possono essere derubricate come
folklore. A questo si e' aggiunta la narrazione berlusconiana, che va avanti
da anni e che, quali che siano le "intemperanze" di Bossi e dei suoi,
blandisce, rassicura, ammicca, dice che in fondo sono ragazzate che avranno
un epilogo rassicurante nelle bicchierate del lunedi' ad Arcore. Si coglie
qui una furberia politica ed un messaggio rassicurante. Vi garantisco che la
Lega puo' essere addomesticata, che i leghisti non impugneranno mai i fucili
di cui parlano. Si legittima cosi' la politica della Lega in tutte le sue
manifestazioni che, proprio perche' appaiono paganti, finiscono per divenire
un modello per alleati e concorrenti. Inoltre, fino a quando la Lega
continua ad esibire anche questa faccia, finisce in qualche modo con il
dipendere dalla mediazione, politica o personale, di qualcun altro. Ma, in
questo modo, nulla si fa per arrestare il degrado civile, l'involgarirsi
generale del linguaggio che rivela l'abbandono di criteri fondativi della
democrazia, l'eguaglianza e il rispetto della dignita' delle persone in
primo luogo. E non e' soltanto la Lega a portare la responsabilita' della
situazione che si e' determinata.
*
3) Europa. Altri Paesi hanno conosciuto fenomeni simili ma, per intelligenza
politica e consapevolezza culturale, hanno fatto in modo che potessero
essere circoscritti. Questo spiega l'attenzione preoccupata dell'Unione
Europea per una serie di vicende italiane: assistiamo all'accelerarsi di
dinamiche politiche e sociali che rendono evidenti non il rischio, ma la
realta' di pratiche discriminatorie e di vere e proprie aggressioni
razziste. La risonanza europea di quel che sta accadendo non puo' essere
attenuata esibendo qualche modifica di norme inizialmente piu' aggressive.
E' il contesto che, giustamente, inquieta. Vi e' una preoccupazione delle
istituzioni europee per il modo in cui le norme vengono concretamente
applicate, e permangono i giudizi negativi sull'aggravante prevista per i
reati commessi dagli immigrati. Una delegazione della Commissione per le
liberta' pubbliche del Parlamento europeo ha appena concluso una sua visita
in Italia proprio per acquisire direttamente elementi per valutare la
situazione dei rom. L'Agenzia europea per i diritti fondamentali ha
pubblicato un rapporto sull'assalto al campo rom di Ponticelli. Da qui
vengono le contestazioni a rappresentanti del Governo italiano nel corso di
una conferenza a Bruxelles: e i nostri diplomatici, invece di levare inutili
proteste, dovrebbero aiutare il Governo a comprendere le reazioni europee,
il clima che ormai avvolge le politiche italiane in materia di immigrazione,
e non solo.
*
4) Immigrati buoni e cattivi. Questa distinzione ricorre continuamente nelle
discussioni, per mettere in evidenza che le politiche ispirate alla
sicurezza pubblica non devono essere temute da chi e' venuto nel nostro
paese con buone intenzioni, e qui lavora e si comporta correttamente. Ma
chiunque conosca la realta' di molte prefetture e questure, delle modalita'
dei controlli di polizia, sa che troppo spesso le cose vanno in modo
diverso. Mi riferisco ai casi in cui e' certo che ci si trova di fronte ad
immigrati regolari, a situazioni in cui non esiste alcun pericolo. Molte
volte, parlando con immigrati regolari alle prese con le estenuanti e
inutili trafile per i continui rinnovi del permesso di soggiorno, ho sentito
questa frase: "ci trattano come animali". Vorrei che il ministro Maroni
impartisse disposizioni severe perche' ogni persona venga rispettata,
soprattutto quando si trova nella condizione di non poter nemmeno
protestare, non dico abbozzare una reazione. No, allora, alle urla, agli
atteggiamenti intimidatori, all'uso del tu come se ci si rivolgesse ad
esseri inferiori, agli apprezzamenti sui tratti del viso o sulle donne,
all'insofferenza verso qualsiasi richiesta di spiegazioni. Li', in quei
luoghi, l'immigrato incontra lo Stato. Solo se lo vedra' accogliente
riuscira' a rispettarlo.
*
5) Razzismo? La parola spaventa, ma dev'essere pronunciata. Di fronte a
vicende drammatiche, e spaventosamente eloquenti, ecco subito l'esorcismo:
Milano non e' razzista, Roma non e' razzista e via elencando paesi e citta'.
Che cosa vuol dire? Vi e' una specie di immunizzazione territoriale per cui
qualsiasi cosa accada in certi luoghi il contagio razzista e' impossibile?
Sappiamo che non e' cosi'. I razzisti sono tra noi, non in Italia soltanto,
ma noi dobbiamo chiederci se stiamo facendo abbastanza non solo per
combatterli, ma per evitare che si sentano i veri rappresentanti del tempo.

5. RIFLESSIONE. ROBERTO SAVIANO: LETTERA A GOMORRA TRA KILLER E OMERTA'
[Dal sito del quotidiano "La Repubblica" (www.repubblica.it) riprendiamo il
seguente articolo del 22 settembre 2008 col titolo "lettera a Gomorra tra
killer e omerta'" e il sommario "Il grido d'accusa dello scrittore dopo la
strage di Castel Volturno. Davvero pensate che nulla di cio' che accade
dipenda dal vostro impegno?".
Roberto Saviano (Napoli, 1979) e' giornalista e scrittore; laureato in
filosofia all'Universita' di Napoli "Federico II" dove e' stato allievo
dello storico meridionalista Francesco Barbagallo; fa parte del gruppo di
ricercatori dell'Osservatorio sulla camorra e l'illegalita'; per la sua
attivita di scrittore d'inchiesta e denuncia ha subito minacce di morte da
parte della camorra; collabora con varie testate ("L'espresso", "La
Repubblica", "Il manifesto", "Il corriere del mezzogiorno", "Nuovi
argomenti", "Lo straniero",  "Sud", "Pulp", nazioneindiana.com); suoi
racconti e reportages si trovano inclusi in diverse antologie fra cui Best
Off. Il meglio delle riviste letterarie italiane, Minimum Fax, 2005; Napoli
comincia a Scampia, L'Ancora del Mediterraneo 2005. Opere di Roberto
Saviano: Gomorra, Mondadori, Milano 2006; Il contrario della morte, Corriere
della Sera, Milano 2007]

I responsabili hanno dei nomi. Hanno dei volti. Hanno persino un'anima. O
forse no. Giuseppe Setola, Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo, Giovanni
Letizia, Emilio di Caterino, Pietro Vargas stanno portando avanti una
strategia militare violentissima. Sono autorizzati dal boss latitante
Michele Zagaria e si nascondono intorno a Lago Patria. Tra di loro si
sentiranno combattenti solitari, guerrieri che cercano di farla pagare a
tutti, ultimi vendicatori di una delle piu' sventurate e feroci terre
d'Europa. Se la racconteranno cosi'.
Ma Giuseppe Setola, Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo, Giovanni Letizia,
Emilio di Caterino e Pietro Vargas sono vigliacchi, in realta': assassini
senza alcun tipo di abilita' militare. Per ammazzare svuotano caricatori
all'impazzata, per caricarsi si strafanno di cocaina e si gonfiano di Fernet
Branca e vodka. Sparano a persone disarmate, colte all'improvviso o prese
alle spalle. Non si sono mai confrontati con altri uomini armati. Dinnanzi a
questi tremerebbero, e invece si sentono forti e sicuri uccidendo inermi,
spesso anziani o ragazzi giovani. Ingannandoli e prendendoli alle spalle.
E io mi chiedo: nella vostra terra, nella nostra terra sono ormai mesi e
mesi che un manipolo di killer si aggira indisturbato massacrando
soprattutto persone innocenti. Cinque, sei persone, sempre le stesse. Com'e'
possibile? Mi chiedo: ma questa terra come si vede, come si rappresenta a se
stessa, come si immagina? Come ve la immaginate voi la vostra terra, il
vostro paese? Come vi sentite quando andate al lavoro, passeggiate, fate
l'amore? Vi ponete il problema, o vi basta dire, "cosi' e' sempre stato e
sempre sara' cosi'"?
Davvero vi basta credere che nulla di cio' che accade dipende dal vostro
impegno o dalla vostra indignazione? Che in fondo tutti hanno di che campare
e quindi tanto vale vivere la propria vita quotidiana e nient'altro. Vi
bastano queste risposte per farvi andare avanti? Vi basta dire "non faccio
niente di male, sono una persona onesta" per farvi sentire innocenti?
Lasciarvi passare le notizie sulla pelle e sull'anima. Tanto e' sempre stato
cosi', o no? O delegare ad associazioni, chiesa, militanti, giornalisti e
altri il compito di denunciare vi rende tranquilli? Di una tranquillita' che
vi fa andare a letto magari non felici ma in pace? Vi basta veramente?
Questo gruppo di fuoco ha ucciso soprattutto innocenti. In qualsiasi altro
paese la liberta' d'azione di un simile branco di assassini avrebbe generato
dibattiti, scontri politici, riflessioni. Invece qui si tratta solo di
crimini connaturati a un territorio considerato una delle province del buco
del culo d'Italia. E quindi gli inquirenti, i carabinieri e poliziotti, i
quattro cronisti che seguono le vicende, restano soli. Neanche chi nel resto
del paese legge un giornale, sa che questi killer usano sempre la stessa
strategia: si fingono poliziotti. Hanno lampeggiante e paletta, dicono di
essere della Dia o di dover fare un controllo di documenti. Ricorrono a un
trucco da due soldi per ammazzare con piu' facilita'. E vivono come bestie:
tra masserie di bufale, case di periferia, garage.
*
Hanno ucciso sedici persone.
La mattanza comincia il 2 maggio verso le sei del mattino in una masseria di
bufale a Cancello Arnone. Ammazzano il padre del pentito Domenico
Bidognetti, cugino ed ex fedelissimo di Cicciotto, e' mezzanotte. Umberto
Bidognetti aveva 69 anni e in genere era accompagnato pure dal figlio di
Mimi', che giusto quella mattina non era riuscito a tirarsi su dal letto per
aiutare il nonno.
Il 15 maggio uccidono a Baia Verde, frazione di Castel Volturno, il
sessantacinquenne Domenico Noviello, titolare di una scuola guida. Domenico
Noviello si era opposto al racket otto anni prima. Era stato sotto scorta,
ma poi il ciclo di protezione era finito. Non sapeva di essere nel mirino,
non se l'aspettava. Gli scaricano addosso venti colpi mentre con la sua
Panda sta andando a fare una sosta al bar prima di aprire l'autoscuola. La
sua esecuzione era anche un messaggio alla Polizia che stava per celebrare
la sua festa proprio a Casal di Principe tre giorni dopo, e ancor piu' una
chiara dichiarazione: puo' passare quasi un decennio ma i Casalesi non
dimenticano.
Prima ancora, il 13 maggio, distruggono con un incendio la fabbrica di
materassi di Pietro Russo a Santa Maria Capua Vetere. E' l'unico dei loro
bersagli ad avere una scorta. Perche' e' stato l'unico che, con Tano Grasso,
tento' di organizzare un fronte contro il racket in terra casalese.
Poi, il 30 maggio, a Villaricca colpiscono alla pancia Francesca Carrino,
una ragazza, venticinque anni, nipote di Anna Carrino, la ex compagna di
Francesco Bidognetti, pentita. Era in casa con la madre e con la nonna, ma
era stata lei ad aprire la porta ai killer che si spacciavano per agenti
della Dia.
Non passa nemmeno un giorno che a Casal di Principe, mentre dopo pranzo sta
per andare al "Roxy bar", uccidono Michele Orsi, imprenditore dei rifiuti
vicino al clan che, arrestato l'anno prima, aveva cominciato a collaborare
con la magistratura svelando gli intrighi rifiuti-politica-camorra. E' un
omicidio eccellente che fa clamore, solleva polemiche, fa alzare la voce ai
rappresentanti dello Stato. Ma non fa fermare i killer.
L'11 luglio uccidono al Lido "La Fiorente" di Varcaturo Raffaele Granata, 70
anni, gestore dello stabilimento balneare e padre del sindaco di Calvizzano.
Anche lui paga per non avere anni prima ceduto alle volonta' del clan.
Il 4 agosto massacrano a Castel Volturno Ziber Dani e Arthur Kazani che
stavano seduti ai tavoli all'aperto del "Bar Kubana" e, probabilmente, il 21
agosto Ramis Doda, venticinque anni, davanti al "Bar Freedom" di San
Marcellino. Le vittime sono albanesi che arrotondavano con lo spaccio, ma
avevano il permesso di soggiorno e lavoravano nei cantieri come muratori e
imbianchini.
Poi il 18 agosto aprono un fuoco indiscriminato contro la villetta di Teddy
Egonwman, presidente dei nigeriani in Campania, che si batte da anni contro
la prostituzione delle sue connazionali, ferendo gravemente lui, sua moglie
Alice e altri tre amici.
Tornano a San Marcellino il 12 settembre per uccidere Antonio Ciardullo ed
Ernesto Fabozzi, massacrati mentre stavano facendo manutenzione ai camion
della ditta di trasporti di cui il primo era titolare. Anche lui non aveva
obbedito, e chi gli era accanto e' stato ucciso perche' testimone.
Infine, il 18 settembre, trivellano prima Antonio Celiento, titolare di una
sala giochi a Baia Verde, e un quarto d'ora dopo aprono un fuoco di 130
proiettili di pistole e kalashnikov contro gli africani riuniti dentro e
davanti la sartoria "Ob Ob Exotic Fashion" di Castel Volturno. Muoiono
Samuel Kwaku, 26 anni, e Alaj Ababa, del Togo; Cristopher Adams e Alex
Geemes, 28 anni, liberiani; Kwame Yulius Francis, 31 anni, e Eric Yeboah,
25, ghanesi, mentre viene ricoverato con ferite gravi Joseph Ayimbora, 34
anni, anche lui del Ghana. Solo uno o due di loro avevano forse a che fare
con la droga, gli altri erano li' per caso, lavoravano duro nei cantieri o
dove capitava, e pure nella sartoria.
Sedici vittime in meno di sei mesi. Qualsiasi paese democratico con una
situazione del genere avrebbe vacillato. Qui da noi, nonostante tutto,
neanche se n'e' parlato. Neanche si era a conoscenza da Roma in su di questa
scia di sangue e di questo terrorismo, che non parla arabo, che non ha
stelle a cinque punte, ma comanda e domina senza contrasto.
Ammazzano chiunque si opponga. Ammazzano chiunque capiti sotto tiro, senza
riguardi per nessuno. La lista dei morti potrebbe essere piu' lunga, molto
piu' lunga. E per tutti questi mesi nessuno ha informato l'opinione pubblica
che girava questa "paranza di fuoco". Paranza, come le barche che escono a
pescare insieme in alto mare. Nessuno ne ha rivelato i nomi sino a quando
non hanno fatto strage a Castel Volturno.
Ma sono sempre gli stessi, usano sempre le stesse armi, anche se cercano di
modificarle per trarre in inganno la scientifica, segno che ne hanno a
disposizione poche. Non entrano in contatto con le famiglie, stanno
rigorosamente fra di loro. Ogni tanto qualcuno li intravede nei bar di
qualche paesone, dove si fermano per riempirsi d'alcol. E da sei mesi
nessuno riesce ad acciuffarli.
*
Castel Volturno, territorio dove e' avvenuta la maggior parte dei delitti,
non e' un luogo qualsiasi. Non e' un quartiere degradato, un ghetto per
reietti e sfruttati come se ne possono trovare anche altrove, anche se ormai
certe sue zone somigliano piu' alle hometown dell'Africa che al luogo di
turismo balneare per il quale erano state costruite le sue villette. Castel
Volturno e' il luogo dove i Coppola edificarono la piu' grande cittadella
abusiva del mondo, il celebre Villaggio Coppola.
Ottocentosessantatremila metri quadrati occupati col cemento. Che
abusivamente presero il posto di una delle piu' grandi pinete marittime del
Mediterraneo. Abusivo l'ospedale, abusiva la caserma dei carabinieri,
abusive le poste. Tutto abusivo. Ci andarono ad abitare le famiglie dei
soldati della Nato. Quando se ne andarono, il territorio cadde
nell'abbandono piu' totale e divenne tutto feudo di Francesco Bidognetti e
al tempo stesso territorio della mafia nigeriana.
I nigeriani hanno una mafia potente con la quale ai Casalesi conveniva
allearsi, il loro paese e' diventato uno snodo nel traffico internazionale
di cocaina e le organizzazioni nigeriane sono potentissime, capaci di
investire soprattutto nei money transfer, i punti attraverso i quali tutti
gli immigrati del mondo inviano i soldi a casa. Attraverso questi, i
nigeriani controllano soldi e persone. Da Castel Volturno transita la coca
africana diretta soprattutto in Inghilterra. Le tasse sul traffico che
quindi il clan impone non sono soltanto il pizzo sullo spaccio al minuto, ma
accordi di una sorta di joint venture. Ora pero' i nigeriani sono potenti,
potentissimi. Cosi' come lo e' la mafia albanese, con la quale i Casalesi
sono in affari.
E il clan si sta slabbrando, teme di non essere piu' riconosciuto come chi
comanda per primo e per ultimo sul territorio. Ed ecco che nei vuoti si
insinuano gli uomini della paranza. Uccidono dei pesci piccoli albanesi come
azione dimostrativa, fanno strage di africani - e fra questi nessuno viene
dalla Nigeria -, colpiscono gli ultimi anelli della catena di gerarchie
etniche e criminali. Muoiono ragazzi onesti, ma come sempre, in questa
terra, per morire non dev'esserci una ragione. E basta poco per essere
diffamati.
I ragazzi africani uccisi erano immediatamente tutti "trafficanti" come
furono "camorristi" Giuseppe Rovescio e Vincenzo Natale, ammazzati a Villa
Literno il 23 settembre 2003 perche' erano fermi a prendere una birra vicino
a Francesco Galoppo, affiliato del clan Bidognetti. Anche loro furono subito
battezzati come criminali.
Non e' la prima volta che si compie da quelle parti una mattanza di
immigrati. Nel 1990 Augusto La Torre, boss di Mondragone, parti' con i suoi
fedelissimi alla volta di un bar che, pur gestito da italiani, era diventato
un punto di incontro per lo spaccio degli africani. Tutto avveniva sempre
lungo la statale Domitiana, a Pescopagano, pochi chilometri a nord di Castel
Volturno, pero' gia' in territorio mondragonese. Uccisero sei persone, fra
cui il gestore, e ne ferirono molte altre. Anche quello era stato il culmine
di una serie di azioni contro gli stranieri, ma i Casalesi che pure
approvavano le intimidazioni non gradirono la strage. La Torre dovette
incassare critiche pesanti da parte di Francesco "Sandokan" Schiavone. Ma
ora i tempi sono cambiati e permettono di lasciar esercitare una violenza
indiscriminata a un gruppo di cocainomani armati.
*
Chiedo di nuovo alla mia terra che immagine abbia di se'. Lo chiedo anche a
tutte quelle associazioni di donne e uomini che in grande silenzio qui
lavorano e si impegnano. A quei pochi politici che riescono a rimanere
credibili, che resistono alle tentazioni della collusione o della rinuncia a
combattere il potere dei clan. A tutti coloro che fanno bene il loro lavoro,
a tutti coloro che cercano di vivere onestamente, come in qualsiasi altra
parte del mondo. A tutte queste persone. Che sono sempre di piu', ma sono
sempre piu' sole.
Come vi immaginate questa terra? Se e' vero, come disse Danilo Dolci, che
ciascuno cresce solo se e' sognato, voi come ve li sognate questi luoghi?
Non c'e' stata mai cosi' tanta attenzione rivolta alle vostre terre e a quel
che vi e' avvenuto e vi avviene. Eppure non sembra cambiato molto. I due
boss che comandano continuano a comandare e ad essere liberi. Antonio Iovine
e Michele Zagaria. Dodici anni di latitanza. Anche di loro si sa dove sono.
Il primo e' a San Cipriano d'Aversa, il secondo a Casapesenna. In un
territorio grande come un fazzoletto di terra, possibile che non si riesca a
scovarli?
E' storia antica quella dei latitanti ricercati in tutto il mondo e poi
trovati proprio a casa loro. Ma e' storia nuova che ormai ne abbiano parlato
piu' e piu' volte giornali e tv, che politici di ogni colore abbiano
promesso che li faranno arrestare. Ma intanto il tempo passa e nulla accade.
E sono li'. Passeggiano, parlano, incontrano persone.
*
Ho visto che nella mia terra sono comparse scritte contro di me. "Saviano
merda". "Saviano verme". E un'enorme bara con il mio nome. E poi insulti,
continue denigrazioni a partire dalla piu' ricorrente e banale: "Quello s'e'
fatto i soldi". Col mio lavoro di scrittore adesso riesco a vivere e, per
fortuna, pagarmi gli avvocati. E loro? Loro che comandano imperi economici e
si fanno costruire ville faraoniche in paesi dove non ci sono nemmeno le
strade asfaltate?
Loro che per lo smaltimento di rifiuti tossici sono riusciti in una sola
operazione a incassare sino a 500 milioni di euro e hanno imbottito la
nostra terra di veleni al punto tale di far lievitare fino al 24% certi
tumori, e le malformazioni congenite fino all'84%? Soldi veri che generano,
secondo l'Osservatorio epidemiologico campano, una media di 7.172,5 morti
per tumore all'anno in Campania. E ad arricchirsi sulle disgrazie di questa
terra sarei io con le mie parole, o i carabinieri e i magistrati, i cronisti
e tutti gli altri che con libri o film o in ogni altro modo continuano a
denunciare? Com'e' possibile che si crei un tale capovolgimento di
prospettive? Com'e' possibile che anche persone oneste si uniscano a questo
coro? Pur conoscendo la mia terra, di fronte a tutto questo io rimango
incredulo e sgomento e anche ferito al punto che fatico a trovare la mia
voce.
Perche' il dolore porta ad ammutolire, perche' l'ostilita' porta a non
sapere a chi parlare. E allora a chi devo rivolgermi, che cosa dico? Come
faccio a dire alla mia terra di smettere di essere schiacciata tra
l'arroganza dei forti e la codardia dei deboli? Oggi qui in questa stanza
dove sono, ospite di chi mi protegge, e' il mio compleanno. Penso a tutti i
compleanni passati cosi', da quando ho la scorta, un po' nervoso, un po'
triste e soprattutto solo.
Penso che non potro' mai piu' passarne uno normale nella mia terra, che non
potro' mai piu' metterci piede. Rimpiango come un malato senza speranze
tutti i compleanni trascurati, snobbati perche' e' solo una data qualsiasi,
e un altro anno ce ne sara' uno uguale. Ormai si e' aperta una voragine nel
tempo e nello spazio, una ferita che non potra' mai rimarginarsi. E penso
pure e soprattutto a chi vive la mia stessa condizione e non ha come me il
privilegio di scriverne e parlare a molti.
Penso ad altri amici sotto scorta, Raffaele, Rosaria, Lirio, Tano, penso a
Carmelina, la maestra di Mondragone che aveva denunciato il killer di un
camorrista e che da allora vive sotto protezione, lontana, sola. Lasciata
dal fidanzato che doveva sposare, giudicata dagli amici che si sentono
schiacciati dal suo coraggio e dalla loro mediocrita'. Perche' non c'era
stata solidarieta' per il suo gesto, anzi, ci sono state critiche e
abbandono. Lei ha solo seguito un richiamo della sua coscienza e ha dovuto
barcamenarsi con il magro stipendio che le da' lo stato.
Cos'ha fatto Carmelina, cos'hanno fatto altri come lei per avere la vita
distrutta e sradicata, mentre i boss latitanti continuano a poter vivere
protetti e rispettati nelle loro terre? E chiedo alla mia terra: che cosa ci
rimane? Ditemelo. Galleggiare? Far finta di niente? Calpestare scale di
ospedali lavate da cooperative di pulizie loro, ricevere nei serbatoi la
benzina spillata da pompe di benzina loro? Vivere in case costruite da loro,
bere il caffe' della marca imposta da loro (ogni marca di caffe' per essere
venduta nei bar deve avere l'autorizzazione dei clan), cucinare nelle loro
pentole (il clan Tavoletta gestiva produzione e vendita delle marche piu'
prestigiose di pentole)?
Mangiare il loro pane, la loro mozzarella, i loro ortaggi? Votare i loro
politici che riescono, come dichiarano i pentiti, ad arrivare alle piu' alte
cariche nazionali? Lavorare nei loro centri commerciali, costruiti per
creare posti di lavoro e sudditanza dovuta al posto di lavoro, ma intanto
non c'e' perdita, perche' gran parte dei negozi sono loro? Siete fieri di
vivere nel territorio con i piu' grandi centri commerciali del mondo e
insieme uno dei piu' alti tassi di poverta'? Passare il tempo nei locali
gestiti o autorizzati da loro? Sedervi al bar vicino ai loro figli, i figli
dei loro avvocati, dei loro colletti bianchi? E trovarli simpatici e
innocenti, tutto sommato persone gradevoli, perche' loro in fondo sono solo
ragazzi, che colpa hanno dei loro padri.
*
E infatti non si tratta di stabilire colpe, ma di smettere di accettare e di
subire sempre, smettere di pensare che almeno c'e' ordine, che almeno c'e'
lavoro, e che basta non grattare, non alzare il velo, continuare ad andare
avanti per la propria strada. Che basta fare questo e nella nostra terra si
e' gia' nel migliore dei mondi possibili, o magari no, ma nell'unico mondo
possibile sicuramente.
Quanto ancora dobbiamo aspettare? Quanto ancora dobbiamo vedere i migliori
emigrare e i rassegnati rimanere? Siete davvero sicuri che vada bene cosi'?
Che le serate che passate a corteggiarvi, a ridere, a litigare, a maledire
il puzzo dei rifiuti bruciati, a scambiarvi quattro chiacchiere, possano
bastare? Voi volete una vita semplice, normale, fatta di piccole cose,
mentre intorno a voi c'e' una guerra vera, mentre chi non subisce e denuncia
e parla perde ogni cosa. Come abbiamo fatto a divenire cosi' ciechi? Cosi'
asserviti e rassegnati, cosi' piegati? Come e' possibile che solo gli ultimi
degli ultimi, gli africani di Castel Volturno che subiscono lo sfruttamento
e la violenza dei clan italiani e di altri africani, abbiano saputo una
volta tirare fuori piu' rabbia che paura e rassegnazione? Non posso credere
che un sud cosi' ricco di talenti e forze possa davvero accontentarsi solo
di questo.
La Calabria ha il Pil piu' basso d'Italia ma "Cosa Nuova", ossia la
'ndrangheta, fattura quanto e piu' di una intera manovra finanziaria
italiana. Alitalia sara' in crisi, ma a Grazzanise, in un territorio marcio
di camorra, si sta per costruire il piu' grande aeroporto italiano, il piu'
vasto del Mediterraneo. Una terra condannata a far circolare enormi capitali
senza avere uno straccio di sviluppo vero, e invece ha danaro, profitto,
cemento che ha il sapore del saccheggio, non della crescita.
Non posso credere che riescano a resistere soltanto pochi individui
eccezionali. Che la denuncia sia ormai solo il compito dei pochi singoli,
preti, maestri, medici, i pochi politici onesti e gruppi che interpretano il
ruolo della societa' civile. E il resto? Gli altri se ne stanno buoni e
zitti, tramortiti dalla paura? La paura. L'alibi maggiore. Fa sentire tutti
a posto perch' e' in suo nome che si tutelano la famiglia, gli affetti, la
propria vita innocente, il proprio sacrosanto diritto a viverla e
costruirla.
Ma non avere piu' paura non sarebbe difficile. Basterebbe agire, ma non da
soli. La paura va a braccetto con l'isolamento. Ogni volta che qualcuno si
tira indietro crea altra paura, che crea ancora altra paura, in un crescendo
esponenziale che immobilizza, erode, lentamente manda in rovina.
"Si puo' edificare la felicita' del mondo sulle spalle di un unico bambino
maltrattato?", domanda Ivan Karamazov a suo fratello Aljosa. Ma voi non
volete un mondo perfetto, volete solo una vita tranquilla e semplice, una
quotidianita' accettabile, il calore di una famiglia. Accontentarvi di
questo pensate che vi metta al riparo da ansie e dolori. E forse ci
riuscite, riuscite a trovare una dimensione in cui trovate serenita'. Ma a
che prezzo?
Se i vostri figli dovessero nascere malati o ammalarsi, se un'altra volta
dovreste rivolgervi a un politico che in cambio di un voto vi dara' un
lavoro senza il quale anche i vostri piccoli sogni e progetti finirebbero
nel vuoto, quando faticherete ad ottenere un mutuo per la vostra casa mentre
i direttori delle stesse banche saranno sempre disponibili con chi comanda,
quando vedrete tutto questo forse vi renderete conto che non c'e' riparo,
che non esiste nessun ambito protetto, e che l'atteggiamento che pensavate
realistico e saggiamente disincantato vi ha appestato l'anima di un
risentimento e rancore che toglie ogni gusto alla vostra vita.
Perche' se tutto cio' e' triste la cosa ancora piu' triste e' l'abitudine.
Abituarsi che non ci sia null'altro da fare che rassegnarsi, arrangiarsi o
andare via. Chiedo alla mia terra se riesce ancora ad immaginare di poter
scegliere. Le chiedo se e' in grado di compiere almeno quel primo gesto di
liberta' che sta nel riuscire a pensarsi diversa, pensarsi libera. Non
rassegnarsi ad accettare come un destino naturale quel che e' invece opera
degli uomini.
Quegli uomini possono strapparti alla tua terra e al tuo passato, portarti
via la serenita', impedirti di trovare una casa, scriverti insulti sulle
pareti del tuo paese, possono fare il deserto intorno a te. Ma non possono
estirpare quel che resta una certezza e, per questo, rimane pure una
speranza. Che non e' giusto, non e' per niente naturale, far sottostare un
territorio al dominio della violenza e dello sfruttamento senza limiti. E
che non deve andare avanti cosi' perche' cosi' e' sempre stato. Anche
perche' non e' vero che tutto e' sempre uguale, ma e' sempre peggio.
Perche' la devastazione cresce proporzionalmente con i loro affari, perche'
e' irreversibile come la terra una volta per tutte appestata, perche' non
conosce limiti. Perche' la' fuori si aggirano sei killer abbrutiti e
strafatti, con licenza di uccidere e non mandato, che non si fermano di
fronte a nessuno. Perche' sono loro l'immagine e somiglianza di cio' che
regna oggi su queste terre e di quel che le attende domani, dopodomani, nel
futuro. Bisogna trovare la forza di cambiare. Ora, o mai piu'.

6. RILETTURE. RENATE SIEBERT: LE DONNE, LA MAFIA
Renate Siebert, Le donne, la mafia, Il saggiatore, Milano 1994, Est, Milano
1997, pp. 464, lire 10.000. Un testo fondamentale.

7. RILETTURE. RENATE SIEBERT: IL RAZZISMO
Renate Siebert, Il razzismo. Il riconoscimento negato, Carocci, Roma 2003,
pp. 172, euro 17,20. Un utile strumento per la riflessione e l'impegno
antirazzista.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 588 del 24 settembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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