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Minime. 581
- Subject: Minime. 581
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 17 Sep 2008 00:58:23 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 581 del 17 settembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Osvaldo Caffianchi: Si puo', si deve vincere a Vicenza 2. Quattro tesi sulla guerra e una sulla civilta' 3. Giulio Vittorangeli: Come le meduse 4. "La violenza domestica" a cura di Merete Amann Gainotti e Susanna Pallini 5. Marina Verzoletto: Glenn Gould 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. LE ULTIME COSE. OSVALDO CAFFIANCHI: SI PUO', SI DEVE VINCERE A VICENZA [In vista del referendum del 5 ottobre a Vicenza per impedire la realizzazione della nuova base di guerra "Dal Molin" il nostro buon amico Osvaldo Caffianchi ha scritto queste righe di elogio e sostegno alle persone vicentine impegnate per la pace, la legalita' costituzionale, il diritto alla vita dell'umanita' intera] Si puo', si deve vincere a Vicenza e con la forza della verita' fermare li' la guerra e la violenza li' disarmare chi ammazzando va. Si puo', si deve con la nonviolenza far vincere l'umana dignita' negando agli assassini l'acquiescenza togliendo ai barbari complicita'. Si puo', si deve col forte strumento del voto di coscienza popolare combattere la guerra e il suo tormento. Si puo', si deve la guerra fermare le armi ripudiare, e dal lamento passare all'atto di vite salvare. 2. EDITORIALE. QUATTRO TESI SULLA GUERRA E UNA SULLA CIVILTA' La guerra ha bisogno del riarmo, e il riarmo e' gia' la guerra, poiche' le armi servono a uccidere, e rendere disponibili le armi e' gia' il primo impulso ad uccidere. La guerra ha bisogno di disumanizzare le persone, perche' solo disumanizzando se' ed altrui un essere umano puo' indursi ad ucciderne un altro; ogni propaganda ed ogni organizzazione che neghi anche a una sola persona tutti i diritti e tutta la dignita' di essere umano, e' gia' guerra all'umanita' intera. La guerra e' nemica delle donne: essendo essa guerra il dispiegarsi della potenza di uccidere chi ad essa si asserve prova un antagonismo radicale ed un odio implacabile per chi continua a recare l'opposta potenza del generare. Chi irroga la morte e' nemico di chi dona la vita. La guerra e' sempra maschilista e patriarcale. Ed ogni ideologia ed ogni prassi ed ogni struttura patriarcale e maschilista, quindi misogina e femminicida, e' gia' la guerra in atto che l'umanita' aggredisce e divora. La guerra uccide e devasta: uccide le umane vite, devasta la casa comune. La guerra e' nemica della natura. Ed ogni atto di distruzione della natura e' gia' cultura e gesto di guerra, di guerra nemica dell'umanita', di guerra che vuole abolire il mondo: la guerra e' il nulla che cerca di cancellare tutto cio' che esiste. La civilta' e' questa coscienza del proprio e dell'altrui esistere. La civilta' e' la lotta contro il nulla assassino. La civilta' e' il contrario della guerra. 3. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: COME LE MEDUSE [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] Viviamo un'epoca difficile, di "orrorismo", come la definisce Adriana Cavarero; in cui l'elemento dilagante e' la deumanizzazione. Eppure non siamo nei tempi oscuri di cui scriveva Bertolt Brecht; quelli in cui era negata qualsiasi forma di gentilezza. "Voi che sarete emersi dai gorghi dove fummo travolti pensate quando parlerete delle nostre debolezze anche ai tempi bui cui voi siete scampati. Andammo noi, piu' spesso cambiando paese che scarpe, attraverso le guerre di classe, disperati quando solo ingiustizia c'era, e nessuna rivolta. Eppure lo sappiamo: anche l'odio contro la bassezza stravolge il viso. Anche l'ira per l'ingiustizia fa roca la voce. Oh, noi che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza, noi non si pote' essere gentili. Ma voi, quando sara' venuta l'ora che all'uomo un aiuto sia l'uomo, pensate a noi con indulgenza". (Da Bertolt Brecht, "A coloro che verranno", nelle Poesie di Svendborg, traduzione di Franco Fortini). Ogni giorno, mentre dilaga la violenza contro gli inermi, diventa sempre piu' difficile il gesto elementare della pieta' e della cura dell'altro. Cosi' scolorisce la consapevolezza dell'interdipendenza che ci lega gli uni agli altri, che accomuna la popolazione del pianeta. Conseguentemente, anche il nostro quotidiano si impoverisce ed imbruttisce. Il punto e' che per essere davvero umani, non possiamo dimenticare la nostra fragilita' e non farcene carico. * Avete presente le meduse? Vi fanno male, ma non lo fanno volontariamente. Non sono animali aggressivi, che attaccano. Vi toccano senza volerlo, infliggendovi il dolore. Ecco, nei rapporti umani, molte volte, avviene lo stesso. Le persone non sono cattive, ma possono provocare molta sofferenza. Il caso delle meduse e' interessante perche', malgrado la loro capacita' a fare del male, sono animali aperti e senza difese. Sono trasparenti, si puo' vedere attraverso il loro corpo. Sono vulnerabili e, al tempo stesso, fanno male. E' facile ucciderle, ma sono pericolose. Noi, esseri umani, siamo uguali; siamo allo stesso tempo aggressivi e fragili. Ma solo nostra e' la capacita' di provare empatia per l'altro, comprendere le emozioni (positive e negative) che sta vivendo e viverle a nostra volta, capendo le sue ragioni e le sue intenzioni. Sostanzialmente, creare nel nostro mondo interiore uno spazio su misura per accogliere il mondo dell'altro. Non e' una questione squisitamente interiore, quanto con forti valenze etico-politiche. Come non pensare alla sfida del farsi carico della sofferenza, della materialita' della sofferenza inflitta, che non riguarda mai solo l'altro, perche' dal volto dell'altro implacabile ci guarda e ci interpella. 4. LIBRI. "LA VIOLENZA DOMESTICA" A CURA DI MERETE AMANN GAINOTTI E SUSANNA PALINI [Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riportiamo la quarta di copertina del libro a cura di Merete Amann Gainotti e Susanna Pallini, La violenza domestica. Testimonianze, interventi, riflessioni, Magi Edizioni, 2008] Merete Amann Gainotti, Susanna Pallini (a cura di), La violenza domestica. Testimonianze, interventi, riflessioni, Magi Edizioni, 2008, pp. 144, euro 12. * In molti paesi della cosiddetta cultura occidentale avanzata, si continuano a registrare violenze in famiglia: le umiliazioni, il ricatto economico, l'abuso sessuale, il plagio, le percosse, addirittura l'omicidio. L'antica sopraffazione maschile sulla donna non scompare con l'avanzare del progresso, e' divenuta solo piu' subdola e multiforme, in un malefico miscuglio di sesso, amore, dipendenza, colpa e potere. La famiglia e' luogo costante di traumi e micro-traumi, perpetrati per lo piu' dagli uomini. Il volume raccoglie una serie di contributi intenti a rievocare e illustrare il percorso e i motivi culturali, sociali e politici che hanno portato alla nascita dei Centri antiviolenza attraverso le testimonianze di chi, in Italia, ha contribuito alla nascita di questi Centri e di chi vi ha lavorato o tuttora vi lavora. Uno spazio rilevante e' dedicato dagli autori alle riflessioni sul costo sociale e psicologico, non solo per le donne, ma per l'intera societa', della violenza di genere. Questo fenomeno trascende i tempi storici e le condizioni socio-culturali, si esprime quotidianamente nell'ambito di tante mura domestiche, e ha come vittime non solo le donne ma anche i bambini, con conseguenze devastanti per tutti in quanto la violenza si trasmette e si apprende. Considerazioni sulle relazioni di genere concludono il volume lasciando il lettore di fronte all'interrogativo con - per ora - poche risposte: perche' tanti uomini di diversa eta', istruzione, estrazione sociale praticano l'esercizio della violenza contro le donne? * Merete Amann Gainotti e' professoressa ordinaria di Psicologia dello sviluppo e di Psicologia dell'educazione nella Facolta' di Scienze della Formazione dell'Universita' di Roma Tre. Promotrice e coordinatrice del Laboratorio "Storia e studi delle relazioni di genere" afferente al Dipartimento di Scienze dell'educazione dell'Universita' di Roma Tre, ha promosso studi e ricerche e organizzato convegni su problematiche attinenti la differenza di genere e gli "Women's Studies". A questi temi si riferiscono diverse sue pubblicazioni, tra cui Diventare uomo, diventare donna (Guerini, 2001), Uscire dalla violenza. Risonanze emotive ed affettive nelle relazioni coniugali violente (con S. Pallini, Unicopli, 2006), Gli universi femminili di Roma Tre. Ricerca e didattica in ottica di genere (in collaborazione con il Comitato Pari Opportunita' di Roma Tre, 2006/07). Altri suoi interessi di ricerca e le conseguenti pubblicazioni riguardano lo sviluppo affettivo e sociale nell'infanzia e nell'adolescenza, l'educazione internazionale e l'educazione all'Europa. In questo ambito segnaliamo il volume Essere insegnanti in classi di adolescenti (con V. Biasi, Guerini, 2004). * Susanna Pallini, psicologa clinica, e' Ricercatrice in Psicologia dello sviluppo presso la Facolta' di Scienze della Formazione dell'Universita' di Roma Tre, presso la quale insegna Psicologia dell'attaccamento nel ciclo di vita. E' didatta della Societa' italiana di terapia cognitivo-comportamentale (Sitcc) e socia dell'Arpas (Associazione per la ricerca sulla psicopatologia dell'attaccamento). Autrice di numerosi articoli e volumi tra i quali ricordiamo Lo psicologo clinico nei servizi (con L. Isola, Franco Angeli, 1997), Uscire dalla violenza. Risonanze emotive ed effettive delle relazioni coniugali violente (con M. Amann Gainotti, Unicopli, 2006). 5. PROFILI. MARINA VERZOLETTO: GLENN GOULD [Dal mensile "Letture", n. 636, aprile 2007 col titolo "Glenn Gould" e il sommario "Un mitico disco d'esordio, la solitudine tecnologica, la fine precoce, la leggenda postuma: a settantacinque anni dalla nascita e venticinque dalla morte, Glenn Gould rimane un'icona della musica contemporanea"] Di se stesso diceva: "I live by long distance". Long distance call e' la chiamata in teleselezione: Glenn Gould incontrava parenti e amici quasi solo per telefono. A trentun anni smise di dare concerti e comunico' con il pubblico solo attraverso la tecnologia, fisicamente isolato nello studio discografico, radiofonico o televisivo. Eppure il pianista che si rapportava agli altri solo "a lunga distanza" e' ancora, a venticinque anni dalla morte, oggetto di devozione appassionata. Glenn Herbert Gould nacque nel 1932 a Beach, zona di Toronto che Kevin Bazzana descrive come "il quartiere piu' inglese della piu' inglese delle principali citta' della provincia piu' inglese di una ex colonia britannica". Gli altri luoghi dell'infanzia e giovinezza, ma anche dell'eta' adulta, furono Uxbridge, il paese d'origine del padre, fondato all'inizio dell'Ottocento dai quaccheri sull'altopiano tra il Lago Ontario e il Lago Simcoe; e Uptergrove, villaggio presso il quale i Gould possedevano una villetta sullo stesso Lago Simcoe. Per quanta suggestione naturalistica si possa intuire in questo vasto e silente idillio pastorale, se non fosse per Gould, alla domanda sul contributo del Canada alla storia della musica seguirebbe il silenzio imbarazzato dei piu'. L'anonimato culturale della classe media white, anglosaxon, protestant forni' lo sfondo neutro sul quale maturare una personalita' assolutamente originale. Piu' tardi si preoccupo' di costruirsi un lignaggio: attribui' alla madre, Florence Greig, la discendenza da un antenato scozzese che avrebbe dato origine anche alla famiglia norvegese dei Grieg. Fosse o meno cugina all'ennesimo grado dell'Edvard Grieg autore di un celebre Concerto che a Glenn non piaceva, Flora era solo una pianista e organista dilettante: ne sapeva quanto bastava per cantare e suonare in chiesa (era fervente presbiteriana) e per dare lezioni ai bambini del vicinato, indirizzando poi i migliori al conservatorio. Secondo un testimone, suonava in modo "imbarazzante". Il padre, Russell Herbert, di ascendenza inglese e metodista, in gioventu' aveva studiato violino e condivideva con la moglie la passione per il canto. L'unica tradizione musicale di Toronto erano le societa' corali; i coniugi Gould vi prendevano parte con il fervore discreto della loro adesione alla United Church of Canada. La madre scopri' le doti del piccolo Glenn - orecchio assoluto, attitudine a leggere la scrittura musicale prima di imparare quella alfabetica - e gli imparti' le prime lezioni. Fino a dieci anni, quando fu iscritto al Conservatorio di Toronto anche per il pianoforte (due anni prima vi aveva cominciato le lezioni di teoria), Gould non ebbe formazione sistematica. Non fu esposto come bambino prodigio, ma si esibiva in pubblico in contesti poco piu' che familiari. * Questione di tatto Imparo' anche a suonare l'organo e intorno ai quindici anni esito' tra le due specializzazioni. Dalla pratica organistica serbo' il ripudio del pedale di risonanza e l'attenzione per la chiarezza delle linee polifoniche; l'attitudine a pensare la melodia del basso (pedaliera dell'organo) come una parte autonoma (tanto piu' che era mancino); l'espressivita' realizzata non con la dinamica (crescendo-diminuendo), ma attraverso il fraseggio e l'articolazione del tocco. Alla fine Gould scelse il pianoforte, tornando solo una volta e con esiti discussi all'organo, in un'incisione parziale dell'Arte della fuga, e sperimentando sporadicamente il clavicembalo. Il suo ideale di suono non era quello tradizionalmente ricercato nel pianoforte, ma non per questo intendeva rinunciare alla sensibilita' "tattile" della tastiera pianistica; anzi, voleva che alle sue dita fosse consentito il massimo controllo e la massima precisione su tutti i parametri sonori. Cercava pianoforti particolari: meccanica scorrevole, breve corsa del tasto, timbro chiaro, suono subito smorzato. Il suo ideale era la tastiera leggerissima e il suono pulito, nitido nei gravi e asciutto nell'acuto, del suo vecchio Chickering (una ditta di Boston che per qualche tempo tra Otto e Novecento rivaleggio' con la Steinway), costruito nel 1895 e improponibile in pubblico. I pianoforti che uso' per quasi tutta la carriera furono gli Steinway CD174 e CD318, costruiti rispettivamente nel 1928 e prima del 1945. Non sapeva che farsene degli Steinway piu' recenti, con la loro meccanica potente, i loro bassi rombanti e la loro cantabilita' grassa e corposa. Simili preferenze resero burrascosi i suoi rapporti con la celebre ditta, anche a prescindere dal clamoroso incidente medico-legale occorso quando nel 1960 Gould accuso' il capo dei tecnici, Hupfer, di avergli lesionato una spalla. * Musica e maieutica In un'intervista disse: "La musica per pianoforte non mi interessa affatto". Non amava i compositori il cui valore consiste essenzialmente nella pertinenza della scrittura strumentale (Scarlatti, Chopin), o peggio nel virtuosismo. Il docente cui Gould fu affidato al conservatorio era Alberto Guerrero, un pianista cileno nato nel 1886 e stabilitosi a Toronto nel 1918 per lo stesso motivo che indusse Gould a restarvi: "Qui ti lasciano in pace". Guerrero fu l'insegnante ideale: era piu' un maestro di musica che di tecnica pianistica e sapeva, socraticamente, indirizzare l'allievo a trovare dentro di se' la propria verita' artistica. Specialisti della didattica e della fisiologia hanno cercato relazioni precise tra la sonorita' "divisionista" di Gould e l'insegnamento di Guerrero. Ma Piero Rattalino, che e' un'autorita' in materia, si rassegna: "La tecnica di Gould era di sicuro strepitosa. Come se la fosse procurata e quale esattamente fosse resta per noi un mistero". In questo, Gould non ha avuto maestri ne' discepoli, tutt'al piu' cattivi imitatori. Guerrero fu invece una risorsa preziosa per il ragazzo provinciale, in quanto gli fece conoscere vasti e diversi mondi musicali: la musica "antica", non solo Bach e Scarlatti ma anche i virginalisti inglesi e i clavicembalisti francesi (Guerrero era ammiratore e amico di Wanda Landowska, ma Gould preferiva il Bach pianistico di Rosalyn Tureck), e i contemporanei, compreso l'amatissimo Schoenberg. Forni' alimento alla sua curiosita' e sensibilita', ed ebbe l'intelligenza di ritrarsi non appena il giovanotto, a diciannove anni, dimostro' di non aver piu' bisogno di maestri. In quel momento, Gould senti' di possedere "l'insopportabile quantita' di sicurezza di se'" necessaria a stabilire "quel genere di solidita' dell'io che, in ultima analisi, e' l'unica cosa importante del bagaglio di un artista". Poco prima aveva smesso di frequentare la chiesa, anche se rimase uno spirito religioso dichiaratamente ostile alle filosofie materialistiche e immanentistiche. * La scimmia di Gibilterra Non passo' attraverso la trafila dei concorsi che, allora come oggi, si dovevano inanellare e possibilmente vincere tra i quindici e i venticinque anni. Non aveva potuto evitare quei festival giovanili nei quali, come scrive il suo "biografo autorizzato" Geoffrey Payzant, "solo gli inglesi potevano presentare come un pregio il fatto di suonare in pubblico alle medesime condizioni di una gara di atletica". L'esperienza si limito' ai tre anni consecutivi (1944-'46) in cui partecipo', riportando vari premi, al Kiwanis Music Festival, di cui il padre, membro del Club, era fra gli organizzatori: modesta manifestazione provinciale, che gli lascio' un'ostilita' insuperabile verso ogni forma di competizione. Gli dava angoscia l'idea stessa di competere, "con tutta quella violenza che si portava dietro", e si convinse "che la competizione e non il denaro sia la radice di tutti i mali". Senza il lancio promozionale dei concorsi, solo grazie ai primi concerti, con il sostegno finanziario dei genitori che ne coprivano le spese, tra il 1947 e il 1954 guadagno' una certa fama. Quanta bastava per approdare negli studi radiofonici e discografici. Aveva accettato la carriera di concertista (concertare, gareggiare con qualcuno) come ripiego transitorio, un sistema per far soldi e potersi cosi' dedicare a quello che amava davvero. Non voleva restare per tutta la vita un "pianista": il virtuoso che da' spettacolo come un animale da circo, come una "scimmia di Gibilterra". La sua "storia d'amore con il microfono" comincio' una domenica mattina del dicembre 1950, in uno studio della Canadian Broadcasting Corporation, dove registro' in presa diretta ("alla radio si era ancora affetti dalla sindrome da sala da concerto, dalla-prima-all'ultima-nota-e-al-diavolo-le-conseguenze") la Sonata Kv 281 del Mozart giovanile che sempre predilesse e la Sonata n. 3 di Hindemith, uno dei "suoi" autori novecenteschi. La Cbc era un'istituzione importante nella vita culturale canadese; per i musicisti fu, come scrive Bazzana, "una fonte vitale di entrate, di promozione e di ispirazione artistica". Se c'era un campo nel quale il Canada non sfigurava sulla scena culturale internazionale era proprio quello dei nuovi media elettronici: McLuhan non era canadese per caso. La politica editoriale della Cbc si caratterizzava, fin dagli anni Trenta, per la volonta' di distinguersi dal taglio commerciale tipico dei potenti vicini statunitensi, scegliendo un'impostazione "colta" che si rifaceva al modello della Bbc. Il diciottenne Gould fece subito della radio l'altro filone fondamentale della sua attivita', accanto ai concerti: il repertorio era simile, ma la Cbc gli consentiva piu' spesso di concentrarsi sulla musica "antica", da Sweelinck a Bach, e su quella contemporanea. Le sue prime esecuzioni della Sonata di Alban Berg del Concerto di Schoenberg (una novita' assoluta per il Canada) furono radiofoniche, cosi' come, il 21 giugno 1954, quella delle Variazioni Goldberg. * Guanti, sciarpa e seggiolina Nel gennaio del 1955 Gould tenne i suoi primi concerti all'estero, negli Stati Uniti. Alla Phillips Gallery di Washington e alla Town Hall di Manhattan il programma gia' tipicamente gouldiano non era tale da attirare le folle: il tardo Rinascimento di Sweelinck e Gibbons, Bach, l'ultimo Beethoven (op. 109), la scuola atonale e dodecafonica (Variazioni di Webern e Sonata di Berg). Spiccava l'assenza dell'Ottocento romantico, fulcro del repertorio piu' amato da esecutori e pubblico. Tuttavia andarono a sentirlo alcuni addetti ai lavori, ebbe buone critiche e soprattutto impressiono' favorevolmente il direttore artistico della Columbia Masterworks, David Oppenheimer, presente al concerto newyorkese. La Columbia mise subito Gould sotto contratto, offrendogli la possibilita' di debuttare, e rimanere per sempre, con una major i cui dirigenti (lo stesso Oppenheimer, Goddard Lieberson) possedevano quel misto di idealismo artistico e spregiudicatezza imprenditoriale indispensabile a lasciargli completa liberta' di iniziativa. Gould scelse come incisione d'esordio le Variazioni Goldberg di Bach, con gli esiti ben noti: un immediato e duraturo successo. Il disco fu registrato tra il 10 e il 16 giugno e lanciato con un capolavoro di comunicato stampa, che contiene gia' tutti gli ingredienti del mito gouldiano: l'arrivo in studio con cappotto, berretto, sciarpa e guanti alle soglie dell'estate; la montagna di asciugamani per il rito d'immersione delle braccia in acqua calda per venti minuti prima di suonare; l'acqua minerale personale, i biscotti per l'infanzia e latte, le molte pillole dell'ipocondriaco; infine la sedia adattata dal padre per sedersi all'altezza "giusta", ossia trentacinque centimetri da terra, meno ancora rispetto al pianoforte rialzato su zeppe. La posizione di Gould, accucciato con il naso sulla tastiera e i gomiti al di sotto, e' antitetica all'icona del virtuoso ottocentesco, Liszt troneggiante dall'alto dello strapuntino, con gli avambracci "in discesa" verso le dita. La posizione di Liszt era ideale per ottenere la potenza del "fortissimo" e la pienezza del "cantabile legato". La posizione da cui Gould controllava la sua fantastica varieta' e precisione di tocco "sgranato" era ideale solo per lui; e forse neppure per lui, visti i malanni ricorrenti alla schiena e alle spalle. * Un repertorio puritano Il disco delle Goldberg usci' all'inizio del 1956 e lancio' Gould nell'elite concertistica. Una carriera breve e non particolarmente intensa: meno di trecento concerti in tutto. L'accoglienza era entusiastica nei confronti del pianista e del musicista, anche se i critici mostravano spesso insofferenza per le bizzarrie del personaggio. Le Goldberg gli guadagnarono fama universale di interprete bachiano. Ma c'erano altri autori indicativi della sua poetica; gli illustri esclusi erano numerosi e altrettanto significativi. Era un repertorio che copriva quattro secoli; ma la selezione interna era severissima. Amava citare il virginalista Orlando Gibbons come il suo "compositore preferito", ma eseguiva ben poca musica inglese dell'epoca Tudor; e dei tedeschi prima di Bach, solo un brano di Sweelinck. Da studente aveva in repertorio una Passacaglia di Couperin trascritta da Guerrero, ma poi non si trova piu' traccia di clavicembalisti francesi: troppo frivoli? Alla fine degli anni Sessanta la Cbs gli propose un disco scarlattiano, ma il progetto venne interrotto: "Ritengo vi sia piu' sostanza spirituale in due minuti di Bach che in tutta la raccolta di seicento e passa Sonate di Scarlatti". Era il nordico puritano che si ribellava alla colorita vivacita' meridionale. Neppure Bach gli andava sempre a genio: non gli piaceva la rapsodica e destrutturata Fantasia cromatica e fuga e faceva le pulci persino alle Goldberg. Dopo Bach c'era per lui "una zona buia che copre un secolo, all'incirca dall'Arte della fuga al Tristano": nella "zona" troviamo Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert, Mendelssohn, Chopin, Schumann... Affermava di preferire Haydn a Mozart ma solo nel 1980-'81 incise un disco con sei sonate haydniane. Su Mozart pronuncio' i giudizi piu' provocatori, come la boutade secondo cui non sarebbe morto troppo presto, ma troppo tardi: se fosse morto prima di andare a Vienna non si sarebbe "contaminato" con l'opera italiana. Al di la' dell'infondatezza storica, la battuta e' rivelatrice: a parlare era ancora il puritano, ostile alle grazie rococo', al teatro e alla competizione concertante. Tuttavia incise tutte le Sonate mozartiane, professando preferenza per le prime, piu' "contrappuntistiche", e scandalizzo' i devoti di Amadeus con una Kv 331 - l'abusata sonata con la "Marcia turca" - del tutto irrispettosa delle velocita' prescritte. Per Beethoven ebbe qualche riguardo in piu', purche' non fosse quello titanico e agonistico: incise un'Appassionata "al rallentatore" per dimostrarne la poverta' di contenuto musicale. Schubert gli piaceva solo suonato da Richter. Su Schumann rimase memorabile la velenosa insinuazione secondo cui doveva tutta la sua fama all'opera promozionale della scaltra mogliettina. Riteneva Chopin l'autore che aveva meglio scritto per il pianoforte, ma questo ai suoi occhi era un difetto: sensualita' sonora, peccaminosa quanto lo spirito competitivo. Censura, quindi, per Liszt e per gli epigoni del virtuosismo romantico come Rachmaninov. Dell'Ottocento salvava, ma poco frequentava, Mendelssohn. Tolse dalla naftalina lo sconosciuto Bizet pianistico, ma perlopiu' la Francia era terra straniera: l'avversione alla sensualita' sonora e all'uso del pedale destro gli rendeva impossibili Debussy e l'impressionismo; realizzo' invece una sorprendente trascrizione della Valse di Ravel. Detestava il Novecento percussivo di Bartok e Stravinskij, mentre apprezzava il rigore costruttivo di Hindemith e il misconosciuto Krenek. Fece incursione nel repertorio dell'acerrimo rivale Horowitz "rubandogli" la Settima sonata di Prokof'ev, del quale aveva grande considerazione, e la Terza e Quinta di Skrjabin. Il "suo" Ottocento era quello tardo dell'introverso, intimistico Brahms, ma soprattutto di Wagner e dei post-wagneriani, che pero' avevano trascurato il pianoforte. Gould coltivava questi autori eseguendo trascrizioni proprie: amava la trascrizione in quanto tale, non gli piaceva la musica "fatta apposta" per il pianoforte. Nonostante la moda montante di Mahler, preferiva il nordico e antisensuale Sibelius e soprattutto il demode' Richard Strauss, che non esitava a indicare come il massimo compositore del Novecento. Questo giudizio non contraddice la passione per Schoenberg e la dodecafonia, in quanto Gould rifiutava l'idea di "progresso" nell'arte: la valutazione della grandezza non poteva essere subordinata a presunte patenti di "modernita'". Accostava Strauss a Bach: la loro musica "arricchisce la propria epoca perche' non le appartiene e parla per ogni generazione perche' non si identifica con nessuna". * Tra McLuhan e il Rinascimento All'inizio degli anni Sessanta Gould dava sempre meno concerti e rilasciava interviste nelle quali preannunciava il ritiro dalle scene, che avvenne nella primavera del 1964. Horowitz aveva fatto una scelta simile (ma non definitiva) per ragioni personali: non reggeva lo stress. Anche Gould cadeva in depressione o malato durante le tournees; ma non volle che il suo gesto fosse interpretato in chiave psicopatologica e lo inquadro' entro una razionalizzazione storico-teorica. Diagnostico' come danno grave la separazione post-rinascimentale tra compositore, interprete e ascoltatore: l'ascoltatore e' diventato un fruitore passivo e l'interprete un ripetitore del repertorio, l'uno e l'altro perdendo la dimensione attiva, creativa. Il concerto pubblico e' l'esito di questa scissione dei ruoli, un rito inadatto a una vera "comunicazione". I media elettronici rimescolano le carte: Gould allude "al modo in cui i ruoli del compositore e dell'esecutore s'intrecciano ora automaticamente nella messa a punto di una registrazione elettronica", ma anche, circostanza piu' quotidiana, "al modo in cui l'ascoltatore, fra le pareti di casa sua, puo' ora tradurre in pratica parte dei suoi giudizi tecnici o anche critici grazie ai comandi piu' o meno sofisticati del suo impianto stereo". Con sorprendente preveggenza di futuri media interattivi, Gould constatava, da mcluhaniano "integrato", che "l'idea di partecipazione su piu' livelli al processo creativo e' implicita nella civilta' elettronica". La registrazione non e' la "cartolina illustrata" del concerto; nulla e' lontano da Gould quanto la mitizzazione dei dischi live come "piu' autentici". Montaggio e manipolazione dei nastri sono mezzi perfettamente leciti e Gould ne divenne uno specialista tecnicamente competentissimo. All'obiezione che suonare in studio sia "piu' facile" rispetto ai rischi del concerto, rispondeva: "Sono totalmente refrattario all'idea che la difficolta' sia di per se' qualcosa di onorevole e di buono". * Aspettando l'Opera 2 Secondo molti critici e colleghi, la sua originalita' e profondita' di interprete consisteva nel "suonare come un compositore". In effetti aspirava a una pienezza creativa che non poteva trovare solo nella ricreazione di opere altrui. Voleva essere un compositore e ci provo' per tutta la vita. All'inizio degli anni Cinquanta divenne un adepto fanatico della dodecafonia e compose una serie di brani dodecafonici, poi ripudiati. Ma la sua op. 1, frutto di laboriosa gestazione tra l'aprile del 1953 e l'ottobre del 1955, fu un quartetto per archi in un unico lunghissimo movimento, in fa minore e in un linguaggio tardoromantico che sta tra Bruckner, Richard Strauss e il primo Schoenberg: un brillante esercizio, con tutti i difetti di un principiante di talento. Se alla tastiera gli era bastata la maieutica di Guerrero, per la composizione all'autodidatta Gould mancavano le basi; ma dopo i diciott'anni era troppo orgogliosamente consapevole della sua genialita' per chiedere aiuto. Proprio lui che detestava Stravinskij, il grande rifacitore di stili altrui, licenzio' come unico opus un collage di stilemi degli ultimi tre secoli. In un'epoca dotata di un linguaggio condiviso avrebbe forse potuto cavarsela; non nel labirinto del Novecento, che, dodecafonia a parte, presentava tendenze che non apprezzava, dal minimalismo all'alea, per non parlare del disgusto nei confronti del rock e della sostanziale indifferenza al jazz. Sapeva che "quello che conta e' l'opera 2": non la scrisse mai. Annunciava, millantandone l'avanzato sviluppo, sempre nuovi progetti, di cui sono rimasti abbozzi lontani da una fisionomia definita e mai all'altezza delle intenzioni. Sono i fantasmi di una sonata per clarinetto e pianoforte, di un ciclo di Lieder su testi di John Donne, di un'aria per soprano e orchestra sulla lettera di un soldato tedesco da Stalingrado, di un'opera sulla Metamorfosi di Kafka, di un'altra avente per protagonista Richard Strauss e cosi' via. Completo' solo due spiritosi lavori d'occasione, So You Want to Write a Fugue, un brano dimostrativo per il programma tv Anatomia della fuga, e Lieberson Madrigal, un "biglietto d'auguri" per il suo produttore discografico. * Voci dal Nord I fallimenti come compositore lo convinsero a dubitare che "la musica seria sia destinata a vivere indefinitamente nella sua forma attuale", ossia quella ereditata dalla tradizione tedesca del XVIII-XIX secolo. E prefiguro' un futuro nel quale "si vedra' una sorta di melange del suono musicale e di quello della parola, non nel senso del melodramma" ma, pro domo sua, dei documentari radiofonici. Gould si considerava l'inventore di un nuovo genere artistico, la "radio contrappuntistica". Nei suoi programmi radiofonici dopo il 1964 si allontano' dal modello concertistico, proponendo raffinati e complessi montaggi di musiche e testi, su autori (Schoenberg, Richard Strauss), interpreti (Stokowski, Casals), questioni teoriche (l'improvvisazione) e persino musica pop (The Search for "Pet" Clark). La ricerca di un nuovo linguaggio radiofonico culmino' in una serie di tre documentari che non hanno per oggetto la musica: una "Trilogia della solitudine" o "Trilogia del Nord". Uomo delle solitudini nordiche per nascita e per carattere, nel giugno 1965 Gould fece un viaggio in treno da Winnipeg a Churchill, nel Manitoba, sulla Baia di Hudson. Converso' a lungo con compagni di viaggio nei quali intui' qualita' di narratori spontanei. Tornato a casa inizio' a documentarsi sul Nord e immagino' un programma radiofonico sull'argomento. All'inizio del 1967 il progetto prese forma come documentario sulle regioni artiche in occasione del centenario del Canada: The Idea of North, un'"opera di stati d'animo". Contatto' cinque degli ex compagni di treno e li intervisto'; poi costrui' un copione, una ricostruzione allegorica del suo viaggio, vagamente ispirata al romanzo La nave dei folli di Katherine Anne Porter (uscito nel 1962 e trasformato in film da Stanley Kramer nel 1965). Elaboro' i nastri delle interviste, creando dialoghi mai avvenuti, con un uso "cinematografico" del montaggio che fa pensare a Ejzenstein. Le voci sono spesso sovrapposte in duetti e trii, proprio come in una polifonia; l'unica musica, nel senso tradizionale, e', nei nove minuti finali (la durata totale e' circa un'ora), un estratto della Quinta sinfonia di Sibelius nell'incisione di Karajan, modificata nella dinamica. Nel 1969 a The Idea of North fece seguire The Latecomers, dedicato all'isola di Terranova: era arrivata la stereofonia e al montaggio aggiunse una dimensione "spaziale", facendo "muovere" i personaggi l'uno rispetto all'altro e sullo sfondo sonoro. La "Trilogia" si completo' con The Quiet in the Land, dedicato alle comunita' mennonite, realizzato tra il 1974 e il 1975 ma messo in onda solo nel 1977. In queste "composizioni radiofoniche" profuse una quantita' straordinaria di tempo, entusiasmo ed energie, esprimendo la sua piu' intima sensibilita'. Artista radiofonico e anche televisivo, con esiti meno interessanti a dispetto dei suoi istrionici travestimenti che facevano il verso a personaggi famosi, era inevitabile che Gould venisse tentato dal cinema. Nel 1971 George Roy Hill, il regista di Butch Cassidy, gli chiese di realizzare la colonna sonora per Mattatoio 5, tratto dal romanzo di Kurt Vonnegut. Fu accontentato con un montaggio di registrazioni bachiane (con interpolata una sua cadenza originale per clavicembalo), suggestivamente associate alle situazioni ed elaborate sul movimento delle immagini secondo un'"orchestrazione acustica" memore delle tecniche sperimentate alla radio. La seconda esperienza fu una consulenza per lo sceneggiato televisivo Mandelstam's Witness di John McGreevy, basato sulle memorie di Nadezda Mandel'stam, vedova del poeta vittima di Stalin: suggeri' di immaginare un violoncellista che nell'appartamento accanto, mai inquadrato, si eserciti su frammenti del tempo lento del Concerto di Sostakovic e solo alla fine, sui titoli di coda, lo esegua per intero. Infine, nel 1982 realizzo' la colonna sonora per The Wars, film di Robin Phillips basato sul romanzo di Timothy Findley. Ancora una volta, arrangio' brani preesistenti, classici (Brahms e Strauss), canzoni popolari e inni protestanti. Il film fu un flop, ma Gould mostrava talento per le colonne sonore. Forse, se fosse vissuto abbastanza da entrare nell'era del multimediale digitale, avrebbe trovato il terreno ideale per la sua creativita'. * Un uomo di molte parole Gould scrisse moltissimo: note di copertina ai dischi, programmi di sala, conferenze, articoli, interviste, diari, sceneggiature, lettere, raccolti da curatori ed editori in selezioni antologiche. In italiano: L'ala del turbine intelligente. Scritti sulla musica, Adelphi, 1988; No, non sono un eccentrico, Edt, 1989; L'emozione del suono. Lettere 1956-1982, Archinto, 1993; La Serie Schoenberg, Archinto, 2001. La bibliografia su Gould e' forse la piu' vasta che sia mai stata dedicata a un interprete classico. Segnaliamo: la recente e documentatissima biografia di Kevin Bazzana, Mirabilmente singolare. Il racconto della vita di Glenn Gould, Edizioni e/o, 2004; il piccolo, appassionato saggio del musicologo-psicanalista francese Michel Schneider, Glenn Gould. Piano solo, Einaudi, 1991; due competenti studi critici italiani, di Carmelo di Gennaro, Glenn Gould. L'immaginazione al pianoforte, Libreria musicale italiana, 1995, e di Piero Rattalino, Glenn Gould. Il bagatto, Zecchini Editore, 2006. Una discografia completa e aggiornata si puo' trovare nel libro di Piero Rattalino e sul sito www.glenngould.com. A parte alcune registrazioni live, che avrebbe ripudiato date le sue teorie sul concerto e sulla registrazione, il suo intero catalogo discografico, gia' Columbia, poi Cbs, e' oggi della Bmg-Sony. Si attende in dvd il vasto lascito video, che la Sony aveva pubblicato in vhs e laser disc. Per il momento e' reperibile il nuovo film di Bruno Monsaingeon, Glenn Gould. Hereafter (dvd Ideale Audience Dvd9Dm20). * Cinquant'anni di solitudine 1932 Nasce a Toronto (Canada) il 25 settembre. 1935 Riceve dalla madre le prime lezioni di pianoforte. 1945 Primo concerto pubblico, all'organo dell'Eaton Auditorium di Toronto. 1946 Si diploma e debutta con l'orchestra del Conservatorio di Toronto (Concerto n. 4 di Beethoven). 1947 Primo concerto al pianoforte solo. 1950 Primo recital radiofonico alla Cbc. 1952 Debutto alla Cbc-Tv, primo pianista in tv in Canada. 1953 Prima registrazione commerciale (Sonata di Berg). 1955 Debutto negli Stati Uniti. Immediato contratto in esclusiva con la Columbia. Quartetto op. 1. 1956 Esce il disco delle Variazioni Goldberg di Bach. 1957 Tournee in Unione Sovietica. 1959 Ultimo concerto in Europa, a Lucerna con Karajan. 1964 Il 10 aprile da' il suo ultimo recital, a Los Angeles. 1967 Documentario radiofonico The Idea of North. 1972 Colonna sonora per il film Mattatoio 5. 1982 Esce la nuova incisione delle Goldberg. Colpito da ictus il 27 settembre, muore a Toronto il 4 ottobre. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 581 del 17 settembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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