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Voci e volti della nonviolenza. 229
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 229
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 15 Sep 2008 12:23:23 +0200
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 229 del 15 settembre 2008 In questo numero: 1. Con la guida di Gianfranco Ravasi tra recenti pubblicazioni religiose (parte ottava) 2. Gianfranco Ravasi: I libri della fede. Segnalazioni del giugno-luglio 2005 3. Gianfranco Ravasi: I libri della fede. Segnalazioni dell'agosto-settembre 2005 4. Gianfranco Ravasi: I libri della fede. Segnalazioni dell'ottobre 2005 5. Gianfranco Ravasi: I libri della fede. Segnalazioni del novembre 2005 1. EDITORIALE. CON LA GUIDA DI GIANFRANCO RAVASI TRA RECENTI PUBBLICAZIONI RELIGIOSE (PARTE OTTAVA) Proponiamo di seguito alcune segnalazioni bibliografiche estratte dalla rubrica "I libri della fede" tenuta negli scorsi anni dal prestigioso teologo cattolico Gianfranco Ravasi sul mensile "Letture". 2. LIBRI. GIANFRANCO RAVASI: I LIBRI DELLA FEDE. SEGNALAZIONI DEL GIUGNO-LUGLIO 2005 [Dal mensile "Letture", n. 618, giugno-luglio 2005, col titolo "La fede in cammino tra liturgia e 'secolo'". Gianfranco Ravasi (Merate, 1942) arcivescovo cattolico, teologo, biblista, ebraista e archeologo; presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. E' autore di numerose opere di grande valore] Il rito non e' solo uno dei cardini del fenomeno religioso, ne e' anche la sorgente del fascino e dell'efficacia. Verso la liturgia converge l'intera "secolarita'" col tempo (il calendario liturgico), con lo spazio (il tempio), con la societa' (tradizioni religiose), col folclore (devozione). Il rischio e' quello che la "laicita'" si dissolva in un sacralismo onnicomprensivo: "Questo tempio e' il mio paese e io non ne conosco altri", esclamava il sommo sacerdote nell'Atalia di Racine. Oppure che, per reazione, si crei un'antitesi radicale tra sacro e profano, con la costituzione di un secolarismo altrettanto radicale. L'equilibrio da raggiungere e' delicato ed e' solo in una "santita'" autentica, morale ed esistenziale che il sacro non si irrigidisce e non si isola ma penetra e feconda il mondo profano senza annientarlo nella sua specifica identita'. * Temporalita' del sacro Questa lunga premessa e' destinata a illustrare la selezione bibliografica che ora proporremo. Iniziamo con due volumi di taglio generale. Il primo s'intitola Antropologia e religioni ed e' una serie di sondaggi condotti da Adriana Destro (Morcelliana, 2005, pp. 232, euro 21) sui sistemi e sulle strategie che la religione elabora nell'orizzonte dell'individuo e dei gruppi sociali. Ed e' appunto in questa raggiera di interazioni, che comprende anche il corpo, la scrittura, le identita' e i conflitti, che un ampio spazio di analisi e' riservato sia ai "dispositivi rituali" (tra l'altro, offrendo anche una panoramica degli approcci alla "teoria del rituale") sia ai "fattori sistemici del procedimento rituale", riflessione quest'ultima fondamentale per comprendere anche la stessa identita' della religione, come ha insegnato Rene' Girard. E' invece a piu' voci, coordinate da Natale Spineto, l'analisi che viene condotta sul tempo sacro nell'opera collettiva Interrompere il quotidiano (Jaca Book, 2005, pp. 214, euro 18). Siamo di fronte a una categoria decisiva nei vari modelli religiosi: e' ad essa che si possono ricondurre spesso le loro caratteristiche diversificanti e imputare alcune peculiarita' (si pensi solo al mito e alla festa e alla "destorificazione del tempo"). Si tratta, quindi, di argomenti saporosi che qui, tra l'altro, vengono idealmente posti all'insegna della dottrina del grande storico delle religioni Mircea Eliade, a cui e' dedicata l'ultima parte della silloge con una serie di puntuali saggi su alcuni nodi del suo pensiero, tra i quali appunto quello sul "tempo storico e tempo mitico". Possiamo, a questo punto, restringere il nostro orizzonte e, vista la connessione col tema del tempo, segnalare un altro volume collettivo piu' semplice e forse non proprio omogeneo. Dieci voci interpellate in forma di intervista, ad opera del Servizio nazionale per il progetto culturale della Chiesa italiana, rispondono sul tema Il tempo della festa (San Paolo, 2005, pp. 146, euro 14). I colloqui, che toccano temi anche marginali, non vogliono offrire un disegno coerente su un tema pur centrale quanto piuttosto proporre spunti, stimoli e divagazioni ai fini del soggetto posto a emblema del Congresso eucaristico nazionale, appena celebrato a Bari, ossia la domenica, "senza la quale non possiamo vivere", come confessavano gli antichi martiri di Abitene in Tunisia. Ben piu' specifico e rigoroso e', invece, il commento al Levitico di Giovanni Deiana (Paoline, 2005, pp. 364, euro 27), un libro biblico tra i meno letti proprio per la minuziosa normativa rituale e sacrale che ne sostanzia le pagine. Di fronte a descrizioni sacrificali accuratissime, a liturgie complesse, a codici sacrali che spaziano in tutti i settori dell'esistenza e della societa', compreso il regime alimentare, si puo' crollare stremati e stupirsi che ci possano essere commenti come quello americano di Jacob Milgrom, che a questo terzo libro della Bibbia ha riservato tre grossi tomi per un totale di ben 2.714 pagine! Quello di Deiana, esegeta sardo docente a Roma, e' invece ben piu' sobrio, eppure si rivela di una profondita' e di una preziosita' indubbia. Pur nel rigore di un'analisi specifica, il suo e' lo sforzo continuo di mostrare come la sacralita' e la ritualita' siano epifania esteriore di un'autentica risposta interiore al Dio presente in mezzo al suo popolo. L'equilibrio da raggiungere e' quello tra il limite umano e il peccato, da un lato, e la santita' e la purita', dall'altro, irradiate da Dio. Una santita' che il Signore esige dal fedele che con lui convive nel tempo e nello spazio. La spiritualita' cristiana premera' ulteriormente il pedale in questa direzione, collocandosi nella linea profetica, per una piena "esistenzialita'" del culto e lo fara' delineando progressivamente una sua liturgia. Essa e' studiata nelle sue strutture fondanti dal manuale di Giorgio Bonaccorso La liturgia e la fede (Messaggero, 2005, pp. 270, euro 16). L'opera e' a dittico: nella prima parte si tracciano i percorsi interpretativi proposti nel secolo scorso da autorevoli studiosi come Casel, Dalmais, Vagaggini, Festugiere, Guardini e cosi' via e culminati nella riforma del Concilio Vaticano II; nella seconda tavola si disegna un profilo della scienza liturgica nella sua anima teologica, puntando su quei nodi che costituiscono l'anima del culto, ossia l'esperienza religiosa, il linguaggio simbolico e l'azione rituale, naturalmente secondo la prospettiva cristiana. Una prospettiva che si restringe ulteriormente col saggio Il culto cristiano di Ermanno Genre (Claudiana, 2004, pp. 259, euro 19,50) perche' in esso ci si interessa del protestantesimo che spesso e' stato critico nei confronti di una ritualita' cosi' sontuosa com'e' quella adottata dalle altre Chiese cristiane. Le pagine, non di rado vivaci, di questo volume si premurano di ricostruire per sommi capi la storia del culto nelle sue varie iridescenze; ma la vera originalita' comincia a p. 91 allorche' vengono presi in considerazione gli elementi costitutivi del culto riformato (riti di apertura, Parola, Cena, polifonia) e quando si allarga l'orizzonte verso l'interdisciplinarieta' della scienza liturgica con gli altri saperi umani e verso nuove istanze come le connessioni tra liturgia e terapia, globalizzazione, informatica, ma anche tra liturgia e diaconia, giustizia ed etica. * Spinti verso la Bibbia E ora, nello spazio conclusivo che ci rimane, alcune segnalazioni che affrontano generi diversi. Quello biblico innanzitutto, col rimando a un suggestivo sussidio metodologico, Motivare alla Bibbia, di uno studioso tedesco noto anche in Italia, Gerd Theissen (traduzione di Franco Bassani, Paideia, 2005, pp. 315, euro 26,20). Le domande sottese a questo saggio riguardano la didattica: perche' insegnare la Bibbia? Come farlo? Quale progetto e quale selezione proporre? Come isolare i motivi fondamentali della fede biblica? E' significativo che quest'opera, nata sul campo di un'esperienza di insegnamento, non si preoccupi solo di una lettura "kerygmatica" della Scrittura o del suo uso in sede ecumenica e interreligiosa ma anche della sua funzione piu' generale di "via all'autocomprensione dell'uomo". Piu' tradizionalmente esegetico e', invece, il commento del gesuita Daniel J. Harrington a Il Vangelo di Matteo (traduzione di Giovanni Vischioni, Elledici, 2005, pp. 384, euro 30), anche se l'ottica interpretativa e' di taglio "ebraico": e' noto, infatti, che Matteo si situa proprio da questo angolo di visuale, dovuto anche alla sua matrice e ai destinatari della sua opera, per presentare e comprendere la figura di Gesu'. Ci pare, allora, interessante allegare a questo volume due altri testi che ci accontentiamo solo di citare. Da un lato, c'e' il libretto preparato da un famoso studioso ebreo del cristianesimo, David Flusser (1917-2000), dedicato alla ricerca de Le fonti ebraiche del cristianesimo delle origini (traduzione di Roberto Tonetti, Gribaudi, 2005, pp. 80, euro 7,50). Lo scritto e' divulgativo ed essenziale ma offre un ritratto pertinente non solo del Gesu' "nato sotto la legge" (Galati 4, 4) ma anche delle radici ebraiche del cristianesimo. D'altro lato, in modo piu' articolato Michel Remaud delinea i contatti tra Vangelo e Tradizione rabbinica (traduzione di Romeo Fabbri, Dehoniane, 2005, pp. 205, euro 16,10). Il suo procedimento si affida a una sequenza di passi, figure, simboli, prospettive evangeliche, comprensibili solo se illuminate dal fondale giudaico in cui sono immersi. Ma, giunti al termine del nostro itinerario, vorremmo approdare a due sbocchi testuali del tutto differenti, anche se legati al filo universale della spiritualita'. * Esempi d'amore Il primo e' un classico della mistica musulmana: e' quell'indimenticabile Diwan di al-Hallaj, il celebre martire crocifisso dell'Islam, morto a Baghdad nel 909 (a cura di Alberto Ventura, Marietti 1820, 2005, pp. 134, euro 12). E' l'immersione in un gioiello poetico che diventa incandescente per la fede e l'amore che in esso sono racchiusi: "Il Tuo Spirito s'e' impastato col mio, come l'ambra col muschio odoroso. Se qualcosa Ti tocca, mi tocca: non c'e' piu' differenza, perche' Tu sei me". L'altro testo classico e', invece, squisitamente cristiano: si tratta del celebre Commento al Magnificat di Lutero (a cura di Dino Manzelli, Servitium, 2005, pp. 132, euro 11). Al centro dell'esegesi luterana c'e' il tema della grazia che in Maria trova il terreno libero per sbocciare in modo supremo. E' l'occasione per ritrovare non solo lo spirito dell'inno di Maria ma anche per riprendere su una base solida il dialogo ecumenico. E come conclude Lutero, "Cristo ce lo conceda per l'intercessione e la volonta' della sua diletta madre Maria". 3. LIBRI. GIANFRANCO RAVASI: I LIBRI DELLA FEDE. SEGNALAZIONI DELL'AGOSTO-SETTEMBRE 2005 [Dal mensile "Letture", n. 619, agosto-settembre 2005, col titolo "Un dizionario italiano per leggere la Bibbia"] Lo scrittore ottocentesco francese Theophile Gautier suggeriva ai poeti di leggere solo il vocabolario, "l'unico libro degno d'esser letto da un poeta". Il consiglio, al di la' del suo aspetto paradossale, vale per ogni disciplina o arte: la proprieta' del linguaggio e la conoscenza dei contenuti delle parole e dei temi rende ogni ricerca e ogni elaborato corretto e pertinente. E' il caso anche dello studio biblico: l'Italia ha gia' un'ampia lista di dizionari biblici, nella maggior parte dei casi tradotti da lingue straniere. Ora ne segnaliamo uno di confezione nazionale e ancora "in fieri". Si tratta del Dizionario del Nuovo Testamento di Giuliano Vigini che giunge al suo secondo volume (il primo e' apparso lo scorso anno) comprendente le lettere "b" e "c" (Paoline, 2005, pp. 179, euro 13,50). I concetti fondamentali, le parole chiave, le espressioni caratteristiche ma anche i nomi propri e comuni neotestamentari sono presentati in modo nitido e sostanzioso. Cosi', accanto a categorie capitali come "canone", "Cristo" (che si articola in ben 35 lemmi specifici), "battesimo", "beatitudini", si hanno anche rimandi piu' particolari a voci come "cronologia", "bacio", "banca", "Bodmer" o "chenice" (unita' di misura di aridi, presente solo in Apocalisse 6, 6). * Testimonianze preziose Passiamo, seguendo il filo diacronico, dalla Bibbia alla letteratura cristiana antica. Testimone indiretto dell'era apostolica e' Papia, vescovo di Hierapolis di Frigia, la cui Esposizione degli oracoli del Signore, a noi giunta in 26 frammenti, e' ora riproposta in modo esemplare da Enrico Norelli (Paoline, 2005, pp. 596, euro 34). Si tratta di informazioni su Gesu' e sui suoi discepoli e sugli evangelisti provenienti dalla prima generazione cristiana, naturalmente da vagliare anche per determinare l'evoluzione di queste stesse memorie e del messaggio cristico primordiale. Famoso e' il ritratto di Marco, "interprete di Pietro, che mise per iscritto con esattezza, non pero' con ordine, tutto cio' che era stato detto o fatto dal Signore". Queste e altre informazioni sono attribuite a un non meglio precisato "presbitero" che alcuni hanno ritenuto fosse l'evangelista Giovanni. Secoli dopo, secondo modalita' analoghe, alcuni discepoli decisero di raccogliere l'insegnamento di un loro maestro: siamo nel IV sec. in Egitto e Didimo il Cieco tiene le sue Lezioni sui Salmi (Paoline, 2005, pp. 898, euro 58), mentre i suoi allievi prendono nota. Quelle esegesi orali trascritte e diffuse nel VI-VII sec. sono state ritrovate nelle cave di Tura, a una dozzina di chilometri a sud-est del Cairo, nel 1941 e sono ora riproposte tradotte dal greco e commentate da Emanuela Prinzivalli. L'esegesi didimea va dal Salmo 20 (21) al 44 (45) ed e' condotta secondo i canoni dell'interpretazione allegorica alessandrina che ebbe il suo capofila in Origene. Interessante e' l'interconnessione con le domande degli alunni che rende vivace il testo, anche a costo di deviare il piano del discorso, per altro fitto di ammiccamenti storico-esistenziali. * Un folle amore per Dio Negli stessi anni in cui si scrivevano i papiri di Tura, cioe' nel VII sec., nel monumentale monastero giustinianeo di Santa Caterina al Sinai viveva Giovanni Climaco. Il suo soprannome deriva dal titolo della sua opera piu' celebre, in greco Klimax, ossia La Scala, che ora Luigi D'Ayala Valva ci propone in versione italiana (Qiqajon, 2005, pp. 552, euro 30). Sulla base dell'immagine biblica del sogno di Giacobbe (Genesi 28, 12) si delinea una ascesa-ascesi attraverso 30 gradini per giungere all'abbraccio dell'intimita' divina. La salita e' ardua, fatta di charmolype, cioe' di "gioiosa tristezza", irradiata di luce e intrisa di lacrime. Ma - come accadra' per la Salita al monte Carmelo di Giovanni della Croce - l'esito finale e' esaltante: "Beato chi prova per Dio un desiderio cosi' grande quanto quello di un folle innamorato per la propria amata". Giovanni Climaco ci ha trasferiti nell'orizzonte della mistica. Qui ci viene incontro nel Seicento una figura poco nota, Daniel Czepko, giurista, politico, scienziato e teologo, con la sua Sapienza mistica (a cura di Marco Vannini e Giovanna Fozzer, Morcelliana, 2005, pp. 227, euro 14). Nel volumetto sono tradotti i Sexcenta Monodisticha Sapientum, ossia i 600 distici tedeschi in versi martelliani che Czepko pubblico' nel 1655, proponendo una modalita' espressiva e tematica che raggiungera' il suo apice nell'amico e conterraneo (Slesia) Angelus Silesius, autore di quel capolavoro che e' Il pellegrino cherubico, disponibile in versione italiana con testo tedesco a fronte nelle edizioni San Paolo (1992). La lettura di questi 600 epigrammi e' tutt'altro che agevole, anche se emerge sempre la forte temperie spirituale: "Lucente e chiaro e' il sole. Mille volte mille/ l'anima di piu', poich'e' raggio, spirito di Dio". La scia mistica riesce a striare tutti i secoli fino ai tempi apparentemente cosi' banali in cui siamo immersi. Ecco, allora, una voce molto cara ai lettori d'Occidente, anche se spesso impregnata di tonalita' "orientali": e' il trappista statunitense Thomas Merton (1915-1968) la cui autobiografia spirituale - anch'essa modellata su una ascesa -, La montagna dalle sette balze, fu un best-seller di straordinario fascino e influsso. Il piu' importante degli interpreti di Merton, William H. Shannon, presenta ora l'ultimo libro del famoso mistico, L'esperienza interiore (traduzione di Paolo Pellizzari, San Paolo, 2005, pp. 259, euro 15,50). Esso ha al centro una domanda capitale che sempre ha inquietato i mistici: che cos'e' la contemplazione? L'opera, a prima vista eterogenea, sottoposta a varie stesure dal 1959 alle soglie della morte, rimane un tentativo di risposta a quel quesito, nella consapevolezza che si tratti di un'esperienza non solo cristiana ma universale, anima della fede ma anche dell'esistenza quotidiana. Certo e' che in Merton, come in altri scrittori spirituali e in tanti santi, ci si imbatte in una grammatica della mente che non corrisponde ai canoni della logica formale e della stessa vicenda storica. E' cosi' che il noto studioso della psiche Vittorino Andreoli ha voluto investigare il nesso tra Follia e santita' (Marietti 1820, 2005, pp. 359, euro 15). La "follia della croce" da metafora della fede puo' trasformarsi in sindrome della mente? La santita' non e' forse un optare per un'"anormalita'" rispetto ai luoghi comuni e al "buon senso" codificato? Non e' forse vero che nell'antichita' i confini tra follia e sacralita' non erano cosi' netti? Queste e altre domande intrigano il lettore di queste pagine mentre scorrono davanti ai suoi occhi figure come Gemma Galgani, Caterina da Siena, Bernardo, Francesco, Maria Goretti, Maria Bertilla Boscardin, Giuseppe Moscati, Giovanni Calabria. L'approccio e', certo, psicologico, ma, pur nelle distinzioni e nelle distanze, puo' interagire con quello teologico. Stando nell'orizzonte spirituale ma venendo ai nostri giorni, vorremmo riservare un cenno al libro di Renato Corti, vescovo di Novara, La Chiesa a servizio della nuova ed eterna alleanza (Libreria Editrice Vaticana, 2005, pp. 250, euro 13,50). In queste pagine sono raccolte le meditazioni degli esercizi spirituali predicati davanti alla Curia romana lo scorso febbraio, gli ultimi del pontificato di Giovanni Paolo II che in quei giorni iniziava l'estremo e sofferto tratto della sua esistenza terrena. Anche se proposte da un'angolatura particolare, queste riflessioni, che hanno al centro l'eucaristia e si allargano alla Chiesa, potrebbero diventare un testo di meditazione per tutti coloro che vogliono ritrovare una spiritualita' non sentimentale ed eterea ma ben fondata teologicamente. * Fede e scienza, distinte Siamo ora alla solita appendice di semplici citazioni. Vorremmo dare spazio al rapporto tra scienza e fede segnalando innanzitutto il prezioso studio di Mauro Pesce, L'ermeneutica biblica di Galileo e le due strade della teologia cristiana (Edizioni di Storia e Letteratura, 2005, pp. 240, euro 28). Al centro c'e' una serrata analisi delle due lettere che Galileo invio' all'abate Benedetto Castelli (1613) e a Cristina di Lorena (quest'ultima e' un vero e proprio trattato) a cui segue un profilo dell'influsso che questi scritti ebbero nel successivo dibattito sulla distinzione tra verita' scientifica e verita' teologica. Un testo, quindi, storico eppur attuale, considerando quanto sia ancor oggi vivo e irrisolto quel dibattito. Sempre nello stesso ambito del nesso tra scienza e teologia, ecco un altro contributo di grande utilita' offerto dal sacerdote e antropologo Fiorenzo Facchini sul tema a cui ha dedicato ampi studi scientifici e divulgativi, quello del rapporto tra creazione ed evoluzione: E l'uomo venne sulla terra (San Paolo, 2005, pp. 151, euro 11). Il profilo scientifico e' accompagnato da un'attenta interazione col discorso teologico per dimostrare in modo limpido e puntuale quanto sia insensato creare tensioni tra creazione ed evoluzione, purche' siano ben definiti gli specifici perimetri e prospettive di ricerca. 4. LIBRI. GIANFRANCO RAVASI: I LIBRI DELLA FEDE. SEGNALAZIONI DELL'OTTOBRE 2005 [Dal mensile "Letture", n. 620, ottobre 2005, col titolo "Apocalisse, una Fine senza catastrofe"] L'esegesi biblica italiana - fino a non molti anni fa considerata come una sorta di succedaneo della paludata accademia tedesca o francese - sta rivelando alcune sorprese di qualita'. Una testimonianza significativa e' rappresentata dalla collana "I libri biblici" delle Paoline, una serie di commentari all'intera sequenza dei 73 scritti del Primo e del Nuovo Testamento che ha finora coperto 15 libri sacri. L'ultimo e' il commento di Giancarlo Biguzzi all'Apocalisse (Paoline, 2005, pp. 476, euro 28), un testo che corona un'incessante ricerca che questo biblista di Cesena ha dedicato a un'opera da lui stesso comparata a una sfinge o a una cittadella da assediare. Il lettore non contento dello stereotipo catastrofistico, che ha imprigionato i 22 capitoli di questo scritto affascinante e abbacinante in un recinto esoterico, riuscira' non solo a risolvere i suoi interrogativi, anche i piu' curiosi (come quelli sulla celebre simbologia numerica che percorre l'opera), ma soprattutto potra' cogliere l'impianto letterario e teologico che regge e domina la scena. Al centro non c'e' tanto una clamorosa fine del mondo ma piuttosto la rivelazione di un fiducioso fine verso cui la storia umana e' condotta sotto la guida di Dio e del Cristo-Agnello. Questa guida non ignora e non elide la presenza ardente del male, incarnato in simboli grandiosi come quelli della Bestia e della Babilonia imperiale, ma la contrasta fino a svelare a una Chiesa in crisi interna e in depressione esteriore a causa delle persecuzioni la meta ultima, simbolicamente dipinta nella finale visione della Gerusalemme nuova. Introduzione, versione, commento sezione per sezione, excursus tematici, sintesi conclusiva e un lessico biblico-teologico convergono verso una teologia della storia che mantiene tutto il suo rilievo anche ai nostri giorni che oscillano tra la flaccidita' della fede delle comunita' e l'eccitazione fondamentalista di certi movimenti. La voce di Giovanni di Patmos, accuratamente interpretata e meditata, puo' rivelarsi un prezioso strumento di autocomprensione e di rinnovamento anche per l'oggi. * Patristica: due sorprese Fermiamoci qui per l'orizzonte biblico e trasferiamoci nella storia della tradizione cristiana. Nell'orizzonte patristico che riserva sempre sorprese, anche per la sua vastita' e molteplicita' (e per la relativa selva bibliografica), selezioneremo due "chicche" originali. La prima riguarda un personaggio che gode di cattiva fama perche' caduto sotto i colpi implacabili del sommo Agostino: si tratta del monaco britannico (ma vissuto a Roma nel IV sec.) Pelagio la cui dottrina, esasperata e deformata dai discepoli, fu appunto osteggiata con veemenza dal vescovo di Ippona e fu condannata da papa Zosimo nel 418. L'opera che noi ora presentiamo e', invece, meno coinvolta nel dibattito "pelagiano" tra grazia divina e opere umane, perche' tocca il tema della compatibilita' tra la sequela di Cristo e il possesso delle ricchezze: il titolo latino era De divitiis, che il curatore italiano dell'opera, il compianto Carlo Scaglioni, rende con un piu' esplicito e didascalico Puo' un cristiano essere ricco? (Servitium - Citta' Aperta, 2005, pp. 248, euro 15). Siamo, quindi, in presenza di un trattato di taglio morale che affronta, pero', un tema evangelico rilevante, approfondendolo con vigore e con un rigore un po' radicale, ma anche introducendo una distinzione significativa tra il ricco cupidamente attaccato alle sue molte risorse e colui che invece le investe per le necessita' sociali e le opere di carita', accontentandosi di vivere col sufficiente. Di impostazione morale e' anche l'altro trattato che vogliamo segnalare, opera di un altro autore originale, l'anacoreta Evagrio Pontico, contemporaneo di Pelagio (morira' nel 399 nel deserto egizio). Valerio Lazzeri cura di questo autore il suo Antirrhetikos, ossia la raccolta di "confutazioni, repliche" alle argomentazioni sataniche, attribuendogli un titolo anche in questo caso piu' "decifrabile", Contro i pensieri malvagi (Qiqajon, 2005, pp. 192, euro 12). Aperto da un'ottima introduzione di un importante esperto di Evagrio, Gabriel Bunge, il volume e' strutturato - dopo un ampio prologo - in un ottonario di logoi o discorsi. Ciascuno di essi ha lo scopo di allestire una batteria di citazioni bibliche commentate (in tutto sono 498), destinate appunto a controbattere a otto tentazioni sataniche, corrispondenti in pratica a quelli che successivamente diverranno con qualche ritocco i sette vizi capitali: ingordigia, fornicazione, avarizia, tristezza, ira, accidia, vanagloria e superbia. Si forgia, cosi', una sorta di scudo per arginare "i dardi brucianti" del nemico diabolico; ma al tempo stesso si ha l'erezione di una santa paratia che permetta all'anima pura e serena di dedicarsi alla contemplazione e alla preghiera. * Nient'altro che la verita' Lasciamo l'orizzonte glorioso dei primi secoli cristiani e avviamoci verso quel Medioevo che una stolida vulgata ha bollato come epoca oscura e chiusa. Per smentire questo luogo comune basterebbe solo accostarsi all'opera che ora proporremo. E' una proposta per volonterosi e ardimentosi: non so quanti riusciranno a seguirci, ma forse potra' bastare un sondaggio nello sterminato tomo di san Tommaso d'Aquino Sulla verita' (Bompiani, 2005, pp. 2.302, euro 39) per rimanerne abbacinati. A offrirci una grandiosa introduzione, una nitida traduzione con testo latino a fronte e un sostanzioso apparato di sommari analitici e' Fernando Fiorentino dell'Universita' di Lecce. Egli si muove con una straordinaria competenza in questo piccolo oceano testuale fatto di 29 "questioni" (il titolo originario era Quaestiones disputatae de veritate) suddivise in 253 articoli, accompagnati da 2.317 obiezioni e 861 argomenti a cui replicano 2.271 risposte e 193 contro-argomentazioni! Il tema, come e' facile intuire, e' capitale, e' quello che da sempre tormenta la filosofia e che ha in queste pagine una definizione divenuta giustamente celebre: Veritas est adaequatio rei et intellectus, la verita' e' l'adeguazione della realta' e dell'intelletto. Come si diceva, puo' anche bastare per i meno attrezzati e arditi un semplice sondaggio in queste pagine e se ne uscira' forse storditi ma certamente ammirati, tenuti costantemente sul filo di una logica tagliente e stringente: "Una cosa naturale, posta tra due intelletti, e' detta vera secondo l'adeguazione all'intelletto divino, nella misura in cui realizza cio' a cui e' ordinata dall'intelletto divino... Invece, una cosa e' detta vera secondo l'adeguazione all'intelletto umano, in quanto e' di natura tale da rendere vero il giudizio riguardo ad essa". Una nota un po' provocatoria: anche se non abbiamo mai consigliato libri "d'arredo", in questo caso faremmo volentieri un'eccezione perche' avere in libreria questo volume, anche se non servira' a voi, potrebbe essere prezioso per altri, anche perche' il costo - come accade per tutta questa importante collana del "pensiero occidentale" di Bompiani - e' incredibilmente basso. Di questa collana, anche col rischio di sconfinare rispetto al genere tipico di queste nostre segnalazioni, vorremmo suggerire un saggio critico divenuto ormai un "classico". E' quel La Stoa che Max Pohlenz pubblico' nel 1959 in tedesco e che ora e' tradotta da Ottone De Gregorio, presentata da Giovanni Reale e annotata da Beniamino Proto (Bompiani, 2005, pp. 1041, euro 32). Perche' proponiamo questo studio mirabile sul pensiero stoico greco? Proprio perche' la sua analisi ci svela non solo un sistema filosofico ma anche un movimento spirituale che ebbe un vigoroso confronto-dialogo col cristianesimo, in particolare con san Paolo (nascera' persino un apocrifo epistolario tra Seneca e l'Apostolo) e con la prima letteratura cristiana (Giustino, Ireneo, Clemente Alessandrino, Origene, Tertulliano, Lattanzio fino ad Agostino), ma anche col giudaismo ellenistico e lo gnosticismo. La Stoa, infatti, era pensiero e arte di vivere, morale e domanda di senso, era ricerca di pace interiore e del mistero dell'uomo e della trascendenza. * Tutto in una coppa Sulla scia di questo sconfinamento, concludiamo con uno scritto che tocca la fede solo per tangenza. Dopo le tante fanfaluche allegramente propinate a una folla di lettori di bocca buona dal Codice da Vinci di Dan Brown, ecco un'impeccabile e affascinante edizione de Il libro del Graal di Robert de Boron, curata da Francesco Zambon sul migliore dei due manoscritti che ce l'hanno conservato, l'E. 39 della Biblioteca Estense di Modena (Adelphi, 2005, pp. 343, euro 18). E' questo il testo fondatore della leggenda del calice dell'ultima cena, usato da Giuseppe d'Arimatea per raccogliere il sangue di Cristo crocifisso, trasferito poi in Gran Bretagna ove servira' da nodo simbolico per il ciclo dei cavalieri della Tavola Rotonda, con re Artu', Merlino e Perceval. La trilogia narrativa che qui viene offerta e che risale agli inizi del Duecento e' appunto dominata dal trittico di Giuseppe d'Arimatea, di Merlino e di Perceval, il terzo e ultimo custode del Graal. Ma il filo conduttore di questa epopea, che risale al borgognone Robert de Boron, e' di colore teologico perche' vuole proporre una rilettura della storia della salvezza, ibridata con spezie esoteriche e rivelazioni misteriche. 5. LIBRI. GIANFRANCO RAVASI: I LIBRI DELLA FEDE. SEGNALAZIONI DEL NOVEMBRE 2005 [Dal mensile "Letture", n. 621, novembre 2005, col titolo "Una splendida serie di profili d'autore"] Nell'incessante e vasta produzione bibliografica di taglio religioso vorremmo questa volta introdurci per reperire materiale adatto ad allestire una sorta di galleria di ritratti. I profili abbozzati in varie pubblicazioni recenti sono molteplici: noi cercheremo di selezionarne alcuni distribuendoli lungo l'arco cronologico. Iniziamo con l'Introduzione a Basilio il Grande di Claudio Moreschini (Morcelliana, 2005, pp. 116, euro 12). La definizione di "Grande" attribuitagli dalla tradizione bizantina e' piu' che motivata dalla statura teologica e pastorale di questo vescovo di Cesarea, fratello di un altro importante Padre cappadoce, Gregorio di Nissa, nato nel 330 e morto nel 379. Il profilo intreccia biografia, testimonianza e teologia, anche perche' Basilio e' stato un personaggio capace di fondere l'impegno di vescovo (significativo il suo patrimonio di omelie e di scritti ascetici) con quello di pensatore che doveva confrontarsi con l'arianesimo e con le questioni trinitarie. Interessanti in questo saggio sono il capitolo dedicato alle opere di spiritualita', che hanno di mira non solo il "monaco" ma anche il cristiano autentico (famose sono le sue Regole che codificano la vita comunitaria, modellata sul codice evangelico, ampiamente delineato nei Moralia che sono un'antologia di testi biblici), e quello sul rapporto tra cristianesimo e cultura classica: qui bisognerebbe consigliare la lettura del Discorso ai giovani, in cui Basilio tenta di integrare il messaggio morale classico piu' nobile nello stesso percorso della formazione cristiana. Un autoritratto e', invece, quello che delinea un altro Padre cappadoce, Gregorio di Nazianzo nella sua Autobiografia (ossia il Carmen de vita sua), tradotto e commentato da Francesco Trisoglio col testo greco a fronte (Morcelliana, 2005, pp. 247, euro 18). Personalita' complessa e fin tormentata, certamente il piu' geniale e originale dei Padri di quel secolo, il IV, e dell'Oriente cristiano, nei 1.949 versi di questo carme Gregorio svela non solo le vicende che lo condurranno all'episcopato ma anche il suo dramma interiore che lo spingera' spesso a fuggire fino al ritiro definitivo nella solitudine. La bella traduzione, l'inquadratura generale e le ampie note riescono a rendere non solo trasparente ma anche fragrante questo primo esperimento di "Confessioni", affidato alla sincerita' e alla finezza della poesia. * Un maestro per tutti Cambiamo epoca e persino religione per presentare il ritratto che Simon Schwarzfuchs delinea di Rashi, il maestro del Talmud (traduzione di Antonio Tombolini, Jaca Book, 2005, pp. 123, euro 14). Il nome e' in realta' l'acronimo di Rabbi Shlomo ben Yitzhaq, nato a Troyes in Francia nel 1040 e morto nel 1105, dopo un'esistenza spesa nello studio della Torah e delle tradizioni giudaiche. Il suo commento al Talmud divenne una stella polare per l'ebraismo non solo medievale, mentre i suoi scritti biblici furono un testo di riferimento anche per la teologia cristiana, soprattutto per i cosiddetti "maestri di San Vittore" (Ugo, Andrea, Riccardo), giu' giu' fino a Lutero e ai traduttori inglesi della Bibbia di re Giacomo. Un maestro di esegesi, quindi, ma anche un originale poeta liturgico per il culto sinagogale (si leggano gli esempi suggestivi proposti nelle pp. 81-82). * Il "terzo" Bellarmino Ritorniamo nell'alveo cristiano, ma questa volta della Chiesa d'Occidente, trasferendoci nella tormentata eppur feconda epoca della Riforma protestante e della Controriforma cattolica. La personalita' che si erge sopra ogni altra in quell'epoca e' indubbiamente il cardinale gesuita Roberto Bellarmino (1542-1621). Al suo pensiero, intimamente intrecciato con la sua biografia pastorale ed ecclesiale, dedica un poderoso saggio Franco Motta, Bellarmino. Una teologia politica della Controriforma (Morcelliana, 2005, pp. 682, euro 42). L'opera, che esige un laborioso impegno di lettura, va oltre gli stereotipi del gelido teologo, gestore di una verita' necessaria e immutabile (chi non ricorda il Galileo di Brecht?), oppure del santo devoto. La solenne architettura di questo studio vuole scoprire il "terzo volto" di questo personaggio che incarno' la Controriforma ma che fu anche l'imprescindibile interlocutore di tutta la cultura del suo tempo. Il metodo bellarminiano, che Motta cerca di isolare e di dimostrare all'interno di uno spettro bibliografico sterminato, si articola nel trinomio verita'-legge-coscienza e si configura come una teologia politica, ossia una "teorizzazione del nesso gerarchico tra ordine della trascendenza e ordine dell'immanenza che governa le forme della vita collettiva". Altrettanto impegnativo e' l'altro ritratto che proponiamo, anche se il personaggio e' decisamente diverso e molto meno noto: Francesco Tomasoni studia Christian Thomasius (Morcelliana, 2005, pp. 302, euro 24), nato a Lipsia nel 1655 e morto nel 1728. Filosofo, teologo e giurista protestante, aveva iniziato la sua attivita' battendosi contro le deviazioni del diritto con la tortura e i processi per eresia o contro le streghe, anticipando alcuni temi che sarebbero poi esplosi con l'Illuminismo. La sua opera, di netta impronta eclettica, procede incrociando saggistica e pubblicistica, filosofia e storiografia, teologia e diritto, oscillando sia verso l'estremo di una particolare razionalita' affidata all'esaltazione dello spirito, e la polemica nei confronti di un certo cristianesimo ma anche del cartesianesimo, sia verso il polo opposto di una mistica colorata di pietismo, incline a sfiduciare le stesse certezze razionali. Una figura, quindi, significativa per comprendere il percorso non univoco che segnera' la riflessione filosofico-teologica del Settecento. * Fratelli, gesuiti, teologi L'ultima sala della nostra ideale galleria di ritratti e' dedicata, invece, a personaggi del Novecento. Qui facciamo avanzare due fratelli, entrambi gesuiti e teologi, che hanno lasciato - sia pure a livelli diversi - un'impronta decisiva nel pensiero cristiano del secolo scorso. Si tratta di Hugo e Karl Rahner ai quali Karl H. Neufeld aveva dedicato gia' un decennio fa un dittico di grande efficacia e accuratezza (traduzione di Giuseppe Reguzzoni, San Paolo, 1995, pp. 629). Ora noi puntiamo la nostra attenzione sul fratello piu' celebre Karl perche' nel centenario della nascita, celebrato lo scorso anno, ha visto rinnovare l'interesse nei confronti del suo sistema teologico. Cosi', sotto il coordinamento di Ignazio Sanna, appare ora un bilancio dell'Eredita' teologica di Karl Rahner (Lateran University Press, 2005, pp. 340, euro 26), sia per quanto concerne le prospettive da lui aperte (una per tutte, la famosa "svolta antropologica") sia per le problematiche sollevate e perlustrate dal teologo tedesco. A questa operazione si impegnano sedici studiosi di diversa estrazione che puntano verso alcune dimensioni particolari, come quella spirituale e pastorale, della riflessione rahneriana, oppure quella della sua ricezione nella teologia italiana. In questa linea merita una lettura il "ritratto inedito" approntato da Milena Mariani, Credo perche' prego (Ancora, 2005, pp. 168, euro 13), destinato a illustrare l'intensa temperie spirituale (fin mistica) che pervadeva questo "alemanno taciturno", com'era stato definito per il suo carattere burbero. Sotto questa scorza, che si rifletteva anche nell'arduo dettato dei suoi scritti, pulsava invece una esistenza orientata a Dio e sostenuta dal filo d'oro costante della preghiera. Rimaniamo, allora, nello stesso terreno sia geografico sia spirituale e facciamo emergere ancora una volta (lo abbiamo fatto gia' in passato) il volto di Dietrich Bonhoeffer, il famoso teologo protestante martire per ordine di Hitler nel 1945. Di lui, in un elegante album, vengono offerte ora alcune "meditazioni dal carcere" sotto il titolo Chi sono io? (traduzione di Manuel Kromer, Claudiana, 2005, pp. 43, euro 10). Questo titolo era stato scelto da Bonhoeffer per una sua poesia - Wer bin ich? - che qui apre un'antologia di testi brevi, intensi e spesso commoventi che ricamano una risposta di fede di fronte a quella domanda capitale. Infatti, "chiunque sia, Tu mi conosci, Tuo sono io, o Dio". E sulla scia di questa risposta chiudiamo la nostra ideale galleria con la figura di una donna "filosofo", una "eremita errante", come l'ha definita Cacciari: la spagnola Maria Zambrano. Alla ricerca della sua interiorita', segnata dalle stimmate ideali di Teresa di Gesu' e di Giovanni della Croce, ci guida in un libro dal genere di difficile classificazione una carmelitana, Cristiana Dobner, Dalla penombra toccata dall'allegria (Ocd, 2005, pp. 221, euro 16). Si penetra, cosi', fino al cuore della ricerca della Zambrano, in quella razon poetica che non era un sapere esclusivo del pensiero ma un appannaggio dell'anima, capace di coniugare ragione e passione, lucidita' intellettuale e trasporto emotivo, mente e viscere, acqua e fuoco, penombra e luce. Si chiude qui il nostro itinerario in mezzo a figure note e marginali che, pero', hanno "inciso una ferita nei campi della consuetudine", per usare una bella espressione della poetessa ebrea tedesca Nelly Sachs. Una ferita necessaria e salutare, simile a quella cantata dalla Bibbia per il Messia sofferente: "per le sue piaghe noi siamo stati guariti" (Isaia 53, 5). ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 229 del 15 settembre 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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