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Minime. 568
- Subject: Minime. 568
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 4 Sep 2008 00:52:37 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 568 del 4 settembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Benito D'Ippolito: Non ti chiede il potere assassino 2. Abbaiando alla luna 3. "Peacereporter": La nostra coalizione fa stragi in Afghanistan 4. "Peacereporter": La nostra coalizione fa stragi in Pakistan 5. Giuliana Sgrena: Con Ingrid libera liberiamo tutti gli ostaggi 6. Gli irresponsabili 7. Alcuni estratti da "Punto e a capo" di Luigi Pintor 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. LE ULTIME COSE. BENITO D'IPPOLITO: NON TI CHIEDE IL POTERE ASSASSINO Non ti chiede il potere assassino di afferrare libro e moschetto. Il potere assassino ti chiede di adagiarti davanti allo schermo di lasciargli eseguire il lavoro di non disturbare il manovratore. Il potere assassino riduce a suoi servi a suoi complici a succubi tanti un tempo - un tempo - avversari non chiedendo che indossino nera la camicia marciando sudati ma imponendo la ciarla infinita ed a tutti i massacri la resa. Il potere assassino e' ben lieto che invochiate la pace e l'amore e si associa alle vostre preghiere basta solo che non disturbiate le manovre del manovratore il lavoro che esegue sapiente. Il potere assassino non vuole il tuo plauso, soltanto la tua comprensione, la tua rilassata indulgenza alle stragi che compie. La sa lunga il potere assassino lo sa fare il lavoro che estingue. 2. EDITORIALE. ABBAIANDO ALLA LUNA La guerra terrorista e stragista in Afghanistan. La criminale partecipazione italiana alla guerra, in violazione del diritto internazionale e della legalita' costituzionale. L'indifferenza di un'opinione pubblica (la tanto citata quanto indefinita "societa' civile") corrotta e prostituita da un ceto politico-burocratico in cui dai neonazisti fino alla cosiddetta "sinistra arcobaleno" tutti, quando sono stati al governo, hanno votato per la guerra e le stragi, per il riarmo e le stragi, per il terrorismo di stato e le stragi, per la politica imperialista e le stragi, per il militarismo e le stragi, per il razzismo e le stragi, le stragi, le stragi di esseri umani. Sembra che non esista oggi in Italia un solo mezzo d'informazione quotidiano oltre questo foglio telematico e il sito giornalistico "Peacereporter" che si opponga alla guerra afgana, che si opponga alla partecipazione italiana alla guerra. Triste, tristo segno dei tempi. * Le stragi proseguono. La guerra prosegue. L'indifferenza continua. Cosi' vince il fascismo. Cosi' tante persone distratte vengono rese complici del piu' grave dei crimini. Cosi' tante persone innocenti vengono assassinate. 3. GUERRA. "PEACEREPORTER": LA NOSTRA COALIZIONE FA STRAGI IN AFGHANISTAN [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 2 settembre 2008 col titolo "Afghanistan, un politico denuncia 500 civili feriti o uccisi a Sangin"] Sarebbero almeno cinquecento i civili feriti e uccisi durante le operazioni anti-talebane della Nato nel distretto di Sangin, nella provincia meridionale di Helmand. Lo ha dichiarato all'agenzia Afghan Islamic Press (Aip) Dad Mohammad Khan, parlamentare afgano ed ex capo dei servizi segreti nella provincia di Helmand. "Per i passati cinque giorni - ha detto ieri sera Khan - le forze straniere hanno condotto operazioni nella zona di Sarwan Qala, distretto di Sangin, usando artiglieria e aviazione. I morti e i feriti sono disseminati ovunque e non c'e' nessuno rimasto ad occuparsene. Ho sollevato la questione in parlamento, ma finora il governo non ha fatto nulla". Nei giorni scorsi, all'ospedale di Emergency a Lashkargah sono arrivate decine di civili feriti provenienti proprio dalla zona di Sarwan Qala. 4. GUERRA. "PEACEREPORTER": LA NOSTRA COALIZIONE FA STRAGI IN PAKISTAN [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 3 settembre 2008 col titolo "Governo pakistano condanna attacco delle forze militari Usa"] Il governo pakistano condanna l'attacco delle forze di coalizione Usa, stanziate in Afghanistan, sul villaggio di Angor Adda. Il governatore della provincia della Frontiera Nord Occidentale del Pakistan, Owais Ahmed Ghani, ha definito il raid come "un'aggressione diretta alla sovranita' del suo Paese e le forze armate nazionali potranno prendere misure appropriate per rispondere agli attacchi". Secondo le fonti locali il raid ad Angor Adda ha causato 20 morti, tra cui donne e bambini. 5. RIFLESSIONE. GIULIANA SGRENA: CON INGRID LIBERA LIBERIAMO TUTTI GLI OSTAGGI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 settembre 2008 col titolo "Con Ingrid libera liberiamo tutti gli ostaggi". Giuliana Sgrena, giornalista, intellettuale e militante femminista e pacifista tra le piu' prestigiose, e' tra le maggiori conoscitrici italiane dei paesi e delle culture arabe e islamiche; autrice di vari testi di grande importanza, e' stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le bombe, durante la fase piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in corso. A Baghdad e' stata rapita il 4 febbraio 2005; e' stata liberata il 4 marzo, sopravvivendo anche alla sparatoria contro l'auto dei servizi italiana in cui viaggiava ormai liberata, sparatoria in cui e' stato ucciso il suo liberatore Nicola Calipari. Dal sito del quotidiano "Il manifesto" riprendiamo, con minime modifiche, la seguente scheda: "Nata a Masera, in provincia di Verbania, il 20 dicembre del 1948, Giuliana ha studiato a Milano. Nei primi anni '80 lavora a 'Pace e guerra', la rivista diretta da Michelangelo Notarianni. Al 'Manifesto' dal 1988, ha sempre lavorato nella redazione esteri: appassionata del mondo arabo, conosce bene il Corno d'Africa, il Medioriente e il Maghreb. Ha raccontato la guerra in Afghanistan, e poi le tappe del conflitto in Iraq: era a Baghdad durante i bombardamenti (per questo e' tra le giornaliste nominate 'cavaliere del lavoro'), e ci e' tornata piu' volte dopo, cercando prima di tutto di raccontare la vita quotidiana degli iracheni e documentando con professionalita' le violenze causate dall'occupazione di quel paese. Continua ad affiancare al giornalismo un impegno anche politico: e' tra le fondatrici del movimento per la pace negli anni '80: c'era anche lei a parlare dal palco della prima manifestazione del movimento pacifista". Opere di Giuliana Sgrena: (a cura di), La schiavitu' del velo, Manifestolibri, Roma 1995, 1999; Kahina contro i califfi, Datanews, Roma 1997; Alla scuola dei taleban, Manifestolibri, Roma 2002; Il fronte Iraq, Manifestolibri, Roma 2004; Fuoco amico, Feltrinelli, Milano 2005; Il prezzo del velo, Feltrinelli, Milano 2008. Ingrid Betancourt (Bogota', 25 dicembre 1961), figlia di un diplomatico gia' ministro dell'educazione e di una senatrice, ha vissuto all'estero la maggior parte della propria vita, soprattutto in Francia di cui ha anche la cittadinanza oltre a quella colombiana; militante nella difesa dei diritti umani, fondatrice del partito ecologista '"Partido verde oxigeno", candidata alle elezioni presidenziali colombiane, fu rapita il 23 febbraio 2002 dalle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc) ed e' stata liberata il 2 luglio 2008 dopo sei anni di prigionia. Tra le opere di Ingrid Betancourt: Forse mi uccideranno domani, Sonzogno, 2002, Bur, 2008; Lettera dall'inferno a mia madre e ai miei figli, Garzanti, 2008] Un abbraccio lungo, sofferto. Un contatto che trasmette sofferenze, destini condivisi, traumi difficili da superare, paure, incertezze, ma anche un impegno per il futuro. L'incontro con Ingrid Betancourt, dopo una conferenza stampa che mi aveva riportato indietro di tre anni e mezzo con tutta l'angoscia di allora, e' stato pieno di emozione, improvvisamente tutta la tensione e' come se si fosse sciolta. Il suo viso tirato e pallido, molto diverso da quello che abbiamo visto sulle copertine delle riviste, un corpo esile, uno sguardo timido, la voce a momenti incerti, soprattutto quando racconta dei momenti piu' intimi. Tutto intorno la fronda dei giornalisti che, forse persino loro malgrado, sembrano volerla coglierla in fallo. E' la storia che si ripete, soprattutto quando sotto i riflettori vi e' una donna. Lo abbiamo gia' vissuto. Ma Ingrid riporta tutto al percorso di fede - e' appena tornata dall'incontro con il papa - fatto durante la sua prigionia. Una esperienza che io non ho condiviso, ma ognuno di noi quando si trova in situazioni simili cerca la propria strada per resistere. Sette anni nella selva, fuori dal mondo, lontano dalla politica ma soprattutto dagli affetti. E' una esperienza che ti cambia profondamente: "le cose che erano importanti non lo sono piu' e viceversa". E comunque quello che ne risulta e' una Ingrid Betancourt non tanto interessata dall'arena politica ma a dare voce a chi non ha voce e innanzitutto ai sequestrati, ai suoi compagni di prigionia ancora nelle mani delle Farc e a quelli sparsi nel mondo. Una campagna per la liberazione di tutti gli ostaggi e' senza dubbio un impegno da condividere. L'uso del sequestro di civili, arma diffusa nei nostri tempi, e' un crimine da condannare. Chi e' impegnato per il dialogo, contro le guerre, per la giustizia sociale non puo' diventare un'arma. Chi sostiene di difendere una causa giusta non puo' usare un'arma simile. Si aliena comunque il sostegno popolare. Il mondo che si e' levato per chiedere la liberazione di ostaggi noti non puo' dimenticare quelli meno noti siano essi colombiani, somali o iracheni. Ma tocca innanzitutto a noi mobilitarci, a chi ha vissuto la terribile esperienza: la vicinanza della morte, l'incertezza del futuro, "un saluto, un sorriso negato", come ha ricordato Ingrid. "Quando ho sentito della tua liberazione e' come se avessero liberato una parte di me", mi ha detto Ingrid. E' esattamente la sensazione che ho provato quando qualcuno e' stato liberato. Ma tra di noi piu' delle parole sono stati i contatti, gli sguardi, gli impegni, quasi come se la sorte di sequestrata fosse diventato un percorso condiviso che ci ha unito. Come del resto mi aveva unito a altre/i sequestrati. Dobbiamo dimenticare ma tutto ci impone di ricordare. Soprattutto ricordare per non dimenticare chi vive ancora in cattivita'. Coinvolgendo gli altri non solo per la liberazione ma per una politica diversa di dialogo che si sostituisca ai conflitti, alle guerre. Lavorare perche' non ci siano piu' guerre che impieghino come arma gli ostaggi. Una strada da percorrere e' il dialogo, ha ricordato Ingrid. 6. DIRITTI. GLI IRRESPONSABILI [Riportiamo il seguente comunicato del 2 settembre 2008 del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti] Certi pubblici amministratori sono degli irresponsabili che non sanno quel che dicono. Continuano a proclamare che occorre realizzare il devastante mega-aeroporto a Viterbo, ma ignorano (ovvero fingono di ignorare) la realta'. * E la realta' e' che la realizzazione del devastante mega-aeroporto a Viterbo nel cuore dell'area termale del Bulicame e a poca distanza dal centro storico della citta' implica: 1. un gravissimo danno alla salute e alla sicurezza dei cittadini viterbesi e dell'Alto Lazio, un'area che gia' subisce gli effetti disastrosi di ingenti servitu' e scandalose speculazioni; 2. una gravissima devastazione di rilevantissimi beni ambientali; 3. una gravissima devastazione di rilevantissimi beni storico-culturali; 4. una gravissima devastazione di rilevantissimi beni terapeutici e sociali; 5. un gravissimo danno a rilevanti attivita' agricole, agricolo-biologiche e produttive; 6. una gravissimo danno a rilevanti attivita' ricettive, alberghiere e sanitarie ed a potenzialita' di sviluppo coerente, sostenibile e appropriato alle caratteristiche del territorio; 7. una gravissimo danno a rilevanti interessi soggettivi e legittimi interessi della popolazione locale; 8. una gravissima aggressione a rilevanti beni botanici e scientifici; 9. una gravissima aggressione a rilevanti beni archeologici; 10. un gravissimo sperpero di fondi pubblici per un'opera illegale, irrealizzabile e dannosa. * A questo si aggiunga che: 11. l'opera e' priva degli indispensabili requisiti e delle ineludibili verifiche previste dalla vigente legislazione italiana ed europea in materia di Valutazione d'impatto ambientale (in sigla: Via), Valutazione ambientale strategica (in sigla: Vas), Valutazione d'impatto sulla salute (in sigla: Vis); 12. le procedure tecniche ed amministrative seguite nell'iter decisionale tuttora in corso sono gia' state viziate da colossali errori di fatto e di diritto, da scandalose irregolarita' e squallide mistificazioni, da lacune ed omissioni spaventose, da un osceno pressappochismo e una flagrante malafede, da interessi privati in contrasto col pubblico bene, da atti deliberativi peggio che ignobili; 13. frattanto sono gia' state effettuate le prime specifiche segnalazioni a competenti strutture di controllo per avviare interventi istituzionali che blocchino ogni operazione palesemente speculativa, di danno al pubblico interesse, di violazione della legalita', di vulnus ai diritti soggettivi ed ai legittimi interessi dei cittadini e delle comunita' locali; 14. lo stesso consiglio comunale di Viterbo ha dovuto ammettere che l'opera e' anche incompatibile col Piano territoriale paesaggistico regionale e le relative norme di salvaguardia del territorio. * Stando cosi' le cose, sara' sufficiente aggiungere ancora soltanto che: 15. e' necessario ed urgente liberare Ciampino dal surplus di voli che opprime quella popolazione aggredendone salute, benessere e diritti con una gravita' inaudita; e' necessario liberare Ciampino nell'unico modo ragionevole ed efficace: riducendo immediatamente e drasticamente i voli, annullandoli e non trasferendoli altrove; occorre liberare Ciampino, non "ciampinizzare" altre citta'. 16. E' ormai ben noto che vi sono troppi aeroporti in Italia, con un danno immenso per il pubblico erario, per l'ambiente e per i cittadini, come dimostrato anche dalle sempre piu' numerose ed approfondite inchieste giornalistiche sia televisive che della carta stampata di questi ultimi mesi che hanno messo in forte evidenza il caos, l'inefficienza, l'irresponsabilita' e il malaffare presenti in questo ambito. 17. Occorre privilegiare la sicurezza dei cittadini innanzitutto: in queste ultime settimane tragici eventi hanno dimostrato come compagnie aeree irresponsabili e una politica dissennata del "low cost" mettano in pericolo e fin distruggano tante, troppe vite umane. 18. Infine, e' necessario ed improcrastinabile ridurre il trasporto aereo per contrastare l'effetto serra, a cui l'attivita' aeronautica contribuisce in ingente misura: ridurre i voli per contrastare il surriscaldamento del clima del pianeta e' un dovere nei confronti dell'umanita' intera e delle generazioni future. * Last but not least: 19. il viterbese ha bisogno di potenziare le ferrovie. Attualmente sia la linea Viterbo-Orte, che la linea Viterbo-Capranica-Roma, che la linea regionale Viterbo-Civita Castellana hanno tempi di percorrenza biblici e un servizio inadeguato e sovente lasciato andare in malora da una politica scellerata; la linea Civitavecchia-Capranica-Orte, poi, e' addirittura chiusa da decenni. Questo occorre a Viterbo: potenziare subito le ferrovie, non sperperare somme da capogiro di soldi pubblici per un mega-aeroporto illegale, patologico, distruttivo e insensato. 20. l'Alto Lazio ha bisogno di difendere e valorizzare i suoi straordinari beni ambientali e culturali, le sue autentiche vocazioni produttive, la qualita' della vita nel suo territorio e nei suoi centri abitati: occorre difendere i diritti delle popolazioni locali dall'aggressione dei poteri politico-affaristici, degli interessi speculativi, delle operazioni illecite, cosi' come dei poteri occulti e criminali. * Queste cose sono note a tutti, o almeno a tutti coloro che sulla questione hanno voluto informarsi e documentarsi adeguatamente. Cosicche' delle due l'una: o certi amministratori della Regione Lazio, della Provincia e del Comune di Viterbo non sanno di cosa parlano, ed allora sarebbe bene che cessassero di amministrare la cosa pubblica perche' con una tale ignoranza si possono solo provocare danni colossali. Oppure certi amministratori della Regione Lazio, della Provincia e del Comune di Viterbo sanno fin troppo bene di cosa parlano, ed allora mentono sapendo di mentire, ed a maggior ragione sarebbe bene che cessassero di amministrare la cosa pubblica perche' con una tale protervia si possono solo provocare danni colossali. 7. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "PUNTO E A CAPO" DI LUIGI PINTOR [Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di Luigi Pintor, Punto e a capo. Scritti sul "Manifesto" 2001-2003, Manifestolibri, Roma 2004. Luigi Pintor, nato nel 1925 a Roma, fratello di Giaime, antifascista, giornalista a "L'Unita'" dal 1946 al 1965, parlamentare, nel 1969 ha dato vita al "Manifesto" (iniziativa per cui fu radiato dal Pci), dapprima rivista e poi quotidiano su cui ha scritto fino alla scomparsa nel 2003. Straordinario corsivista politico, univa una prosa giornalistica di splendida bellezza ad un rigore morale e di ragionamento di eccezionale nitore. Opere in volume di Luigi Pintor: I mostri, Alfani, Roma 1976; Parole al vento, Kaos, Milano 1990; Servabo, Bollati Boringhieri, Torino 1991; La signora Kirchgessner, Bollati Boringhieri, Torino 1998; Il nespolo, Bollati Boringhieri, Torino 2001; Politicamente scorretto, Bollati Boringhieri, Torino 2001; I luoghi del delitto, Bollati Boringhieri, Torino 2003; Punto e a capo, Manifestolibri, Roma 2004] Indice del volume Punto e a capo, 15 maggio 2001; La tabella, 22 maggio 2001; Lo statista, 25 maggio 2001; Senso del pudore, 30 giugno 2001; Il tornitore e il padrone, 6 luglio 2001; Aspettando Godot, 7 luglio 2001; Giotto, 17 luglio 2001; Perche'?, 25 luglio 2001; Crash, 29 luglio 2001; Eccessi, 9 agosto 2001; Un'idea, 24 agosto 2001; Slip, 9 settembre 2001; Chiediamoci perche', 12 settembre 2001; Il cuore in gola, 14 settembre 2001; Dies irae, 21 settembre 2001; Mai, 25 settembre 2001; Atto primo, 10 ottobre 2001; Quo vadis?, 20 ottobre 2001; Domande, 27 ottobre 2001; Silete, 7 novembre 2001; Sole che sorgi, 9 novembre 2001; Cos'e' il peggio?, 23 novembre 2001; La guerra e' vinta, 6 dicembre 2001; L'ebreo errante, 18 dicembre 2001; Frutti esotici, 8 gennaio 2002; Out of standard, 13 gennaio 2002; Alte velocita', 18 gennaio 2002; Dente per dente, 20 gennaio 2002; Uno, cento, mille euri, 25 gennaio 2002; I due corni del problema, 10 febbraio 2002; C'e' poco da ridere, 2 marzo 2002; Una ragione in piu', 21 marzo 2002; Contiamoci, 23 marzo 2002; Un dio minuscolo, 31 marzo 2002; Il tallone di ferro, 9 aprile 2002; Non c'entra, 13 aprile 2002; La nuvola nera, 25 aprile 2002; P. S., 9 maggio 2002; Sacro e profano, 17 maggio 2002; Papa, 19 maggio 2002; Doppio taglio, 23 maggio 2002; Pollice verso, 31 maggio 2002; Parole e musica, 2 giugno 2002; Prime pagine, 20 giugno 2002; Il ballerino, 10 luglio 2002; La novita', 17 luglio 2002; Avanti cosi', 2 agosto 2002; Speriamo bene, 23 agosto 2002; La guerra preventiva, 11 settembre 2002; Il dado e' tratto, 13 settembre 2002; La dottrina globale, 20 settembre 2002; La vertigine, 25 settembre 2002; Pieta' per la Fiat, 12 ottobre 2002; Il copione, 27 ottobre 2002; I bambini ci guardano, 2 novembre 2002; Almanacchi, 8 novembre 2002; La sorpresa, 12 novembre 2002; Un fil di fumo, 16 novembre 2002; Lettere smarrite, 4 dicembre 2002; Mezzo milione, 11 gennaio 2003; La risorsa, 23 gennaio 2003; Fiat, 25 gennaio 2003; Choc e timore, 28 gennaio 2003; Lasciamolo solo, 7 febbraio 2003; In teoria, 19 febbraio 2003; I sovversivi, 25 febbraio 2003; Ei fu, 2 marzo 2003; Moab, 13 marzo 2003; No e poi no, 18 marzo 2003; Fuoco, 21 marzo 2003; Non e' che l'inizio, 23 marzo 2003; Non sanno, 3 aprile 2003; Kamikaze, 6 aprile 2003; Una nuova stella, 10 aprile 2003; Senza confini, 24 aprile 2003. * Da pagina 9 Punto e a capo 15 maggio 2001 La vittoria di Berlusconi e' netta, piena e robusta. Nasconderselo sarebbe stupido. Sminuire il significato e le conseguenze politiche di questa scandalosa domenica sarebbe l'ultimo dei molti errori che la sinistra ha commesso dal 1994 a oggi (anzi dal 1989, per dirla di sfuggita). Non e' tanto una vittoria plebiscitaria (sebbene abbia un piglio presidenzialista e personalissimo) e neppure una vittoria numerica (il centro-destra non ha moltiplicato i voti che aveva). E' una vittoria politica fondata su un blocco sociale esteso e consistente, molto piu' di un umore passeggero, su un'idea o progetto di societa' imprenditoriale, sull'egoismo individuale come modello di comportamento. Una vittoria politica e culturale maturata nel tempo, non contrastata ma favorita in questi anni da una sinistra di governo mediocre e smemorata, un processo che si e' ora tradotto in maggioranza istituzionale. Non illudiamoci che Berlusconi ne faccia un uso rozzo e maldestro e si dia la zappa sui piedi come ha fatto magistralmente D'Alema. E' in grado di spadroneggiare e lo fara', ma con piu' intelligenza e fiuto di quanto noi amiamo attribuirgli e per mettere radici nei gangli del potere statale e del corpo sociale. E non illudiamoci su uno scollamento precoce del suo sistema di alleanze politiche, che ha saputo costruire e ricostruire mentre la sinistra frantumava il proprio e su cui esercita adesso indiscussa egemonia. Forse va detto, per cercare di comprendere appieno la novita' della situazione e la difficolta' per noi di farvi fronte, che non tanto e' grande la vittoria di Berlusconi quanto e' grande la sconfitta che la sinistra di governo (ma la sinistra tutta e tutto il centro-sinistra e le minoranze sciolte) ha cercato di non vedere fino all'ultimo minuto. Il dato diessino e' impressionante, riduce il post-comunismo a una dimensione semiregionale e anche la sommatoria con la sinistra alternativa tocca un minimo storico. Le rondini di un sindaco o di un collegio pugliese non fanno primavera. Di tutto lo schieramento perdente solo Rutelli puo' vantare un parziale successo alla testa tuttavia di un raggruppamento senza fisionomia. Si puo' sperare che in parlamento la nuova opposizione sappia darsi un comportamento e ristabilire un rapporto con i molti milioni di persone che l'hanno votata senza diserzioni e non si rassegnano a una Repubblica decostituzionalizzata e padronale. Ma non si puo' sperare di risalire la china nel paese se la sinistra rimarra' qual e', se non voltera' pagina e aprira' un nuovo libro, se non rimettera' sul serio in discussione il suo stile politico e il suo sistema di idee, se gli artefici della sconfitta resteranno al loro posto senza umilta'. * Da pagina 15 Senso del pudore 30 giugno 2001 Forse non ho capito bene questa faccenda della tassa di successione che Silvio Berlusconi ha deciso di abolire nel primo dei primi cento giorni di vita del suo governo. Se ho capito bene, il capo del governo ha deciso all'istante di detassare il suo patrimonio, come ogni altro patrimonio miliardario, affinche' i suoi familiari e discendenti possano di generazione in generazione ereditarlo intonso. I ragazzi non potranno dire che e' un frutto del sudore della loro fronte, ma questo sara' un titolo di merito in piu'. Non c'e' nessun conflitto di interessi in una misura legislativa cosi' candida. C'e' una coincidenza di interessi perfetta e assoluta. Supponendo che il presidente del consiglio disponga di un patrimonio di diecimila miliardi (non riesco a immaginare una cifra piu' alta), e supponendo che la tassa di successione sia da noi al 28% come in America (ma l'ineffabile sinistra di governo l'ha gia' ridotta a un ticket del 4%), il capo del governo regala a se' e ai suoi cari 2.800 miliardi: una grande opera. In piu', alienando cosi' vantaggiosamente il suo patrimonio, diventa povero e risolve il conflitto di interessi. Se poi moltiplicate l'operazione per tutti i multimiliardari d'Italia, la somma sottratta all'erario basterebbe a sistemare l'intero sistema idrofognario (per restare in tema) del Mezzogiorno. Secondo le filosofie liberali (non bolsceviche o socialdemocratiche) e le annose teorie economiche la tassa di successione ha valore di principio. I miliardari americani implorano Bush di non abolirla o ridurla, perche' dove va a finire senno' la leggenda del self-made-man, delle pari opportunita' e vinca il migliore? Ipocrisie borghesi, mi insegnavano un tempo i miei cattivi maestri, ma Luigi Einaudi ci credeva e i discendenti dei feudatari inglesi oggi aprono i loro castelli ai turisti per non finire in miseria. E le biografie patinate del presidente del consiglio non lo hanno sponsorizzato come uomo di gavetta? Dalla gavetta alla cornucopia nepotista. Penso alla sofferenza interiore che deve provare un intellettuale liberale come Galli Della Loggia di fronte a questa decadenza del costume, alla difficolta' che incontrera' Lucio Colletti nel conciliare questi libertinaggi della casa della liberta' con la filosofia di Popper, alle Fenici che il sottosegretario Sgarbi potrebbe ricostruire con quel 4%. L'on. Violante vorrebbe devolverlo in borse di studio, ma dubito che capeggera' un ostruzionismo parlamentare dopo averlo deplorato dal suo alto seggio, oggi gratuitamente ereditato dall'on. Casini. Forse, contro una norma legislativa ad personam cosi' sfrontata bisognerebbe appellarsi alla Corte costituzionale dappoiche' la proprieta' privata e' altrimenti concepita nella Costituzione. Ma le Corti supreme, dalla Florida a Belgrado, contano meno di una pretura. Oppure bisognerebbe ricorrere all'Aja, se quel tribunale americano avesse una sezione civile contro i crimini di pace. Oppure appellarsi semplicemente al comune senso del pudore, come ha fatto saggiamente in extremis la signora Ferilli. * Da pagina 33 Chiediamoci perche' 12 settembre 2001 Per la prima volta nella sua storia l'America ha visto la guerra entrare nelle sue metropoli, nelle sue strade e nei suoi grattacieli, nei suoi centri istituzionali, e seminare strage nella sua popolazione civile. E' un evento epocale, tanto imprevisto nelle sue modalita' quanto imprevedibile e incommensurabile nelle sue conseguenze politiche e militari. Mentre scriviamo non conosciamo con precisione neppure il numero delle vittime, certamente pauroso. Non conosciamo da chi e' partito l'attacco, anche se viene genericamente ascritto al terrorismo arabo che mai pero' ha dato prova di una simile capacita' militare. Non sappiamo spiegare la vulnerabilita' mostrata dagli apparati di sicurezza e dai sistemi di emergenza della piu' grande potenza mondiale. Di sicuro le immagini che abbiamo visto, non al cinematografo ma in presa diretta, resteranno nella nostra memoria come un momento di storia che non tollera e non tollerera' interpretazioni superficiali. L'opinione pubblica americana, sconvolta e incredula, chiedera' conto di questa tragedia e non sara' la solidarieta' internazionale e la nostra a confortarla. Il presidente Bush che vola sul suo aereo speciale perche' la sua capitale e' insicura fatichera' a capire come sia possibile che il fantastico sia reale, che succeda a lui quel che succede ad altri, e cerchera' una risposta che puo' far tremare il mondo. Grande e' l'emozione di tutti per il presente, altrettanto grande e' l'ansia di tutti per il futuro. Ho sentito un telespettatore mormorare, mentre guardava Manhattan bruciare e crollare quelle torri e un grande viale carico di macerie: sembra Beirut. Ma poteva dire molti altri nomi, perche' non e' vero che abbiamo alle spalle cinquant'anni di pace e di convivenza e di civilta' universale, e' vero invece che le scene di sofferenza e morte sono entrate nella quotidianita'. E adesso scopriamo che non ci sono ne' confini ne' isole. Questo ci sbalordisce, ci lascia attoniti: che il mondo si rivela oggi piu' globale di ieri nella sua instabilita' e vulnerabilita'. Che cosa faremo, ci rallegreremo che la confusione non sia stata mai cosi' grande sotto il cielo? Invocheremo la Bibbia? Ci adatteremo a vivere in uno stato d'emergenza permanente? E' un po' ridicolo dirlo in quattro righe e in un momento come questo (o e' invece il momento giusto?) ma lo diciamo lo stesso: diciamo di no, conserviamo la buona speranza. * Da pagina 53 La guerra vinta 6 dicembre 2001 Gli Stati Uniti d'America e la coalizione mondiale alleata hanno vinto in tre mesi la guerra contro l'Afghanistan e il suo regime. Il futuro di questo paese coloniale e le vittime civili della guerra hanno una importanza secondaria. Il senso comune occidentale e anche quello locale dice che la guerra e' stata opportuna e vittoriosa. Manca la cattura di bin Laden, che pero' non e' piu' rappresentato come il male assoluto ma come un topo in una trappola che verra' presto derattizzata. La sua organizzazione non e' piu' uno spettro che incombe sul mondo ma una mafia schedata dalla polizia. Se morira' non sara' un martire per nessuno. La guerra potrebbe finire qui, come regalo di Natale. Invece continuera' imprevedibilmente per instaurare una liberta' duratura in un nuovo ordine mondiale. Agli Stati Uniti d'America, feriti nell'orgoglio ma neppure scalfiti nella potenza, e' stata offerta l'occasione storica di riaffermare il loro primato su scala planetaria. Non se la faranno sfuggire. La carta geografica, il mappamondo, deve oggi apparirgli come una grande scacchiera dove ogni casella deve essere controllata dalle torri, dagli alfieri, dai pedoni dell'unico campione vivente. A cominciare dalla casella medio-orientale, naturalmente. Tutto il mondo arabo e' sotto scacco, dopo la vittoria afghana, e la sua prossima mossa gia' annunciata (la guerra alla Somalia, all'Iraq) sara' una passeggiata. E' quello che sta accadendo in Palestina. Non credo che gli Stati Uniti vogliano trattenere Israele dal fare terra bruciata e non credo che Israele si proponga di negoziare a nessuna condizione. Non rinuncera' a nessun insediamento e semmai li estendera', come sempre fanno i vincitori. Fa la guerra al terrorismo, non al popolo palestinese, dunque ha ragione. E non temono che l'incendio divampi, perche' hanno di fronte plebi disarmate e satrapie corrotte e perche' gia' la guerra generalizzata in quell'area le ha garantito nuovi confini e supremazia indiscussa. Ci abitueremo, siamo gia' abituati, a convivere con questo scenario. Un senso di forza prevale sul senso di paura. Paghiamo un prezzo modesto. L'indice Nasdaq e' molto piu' forte di al Qaeda, un dollaro vale trentaseimila afghani intesi come moneta, spenderemo per le feste mille miliardi (cinquecento milioni di euro) piu' del solito, le due torri sono un incubo lontano e la vittoria e' sotto i nostri occhi. La nostra civilta' non crollera' sotto l'assalto di orde barbariche, la sproporzione delle forze non ha precedenti nella storia. A parte una catastrofe naturale, cedera' solo e forse dal suo interno perche' e' mal costruita, se e quando non piacera' piu' a noi stessi. * Da pagina 65 Uno, cento, mille euri 25 gennaio 2002 Se l'euro possa essere declinato al plurale (come i dollari o gli aerei) oppure no (come le auto e dio) non e' una questione di lana caprina, che peraltro era un tessuto elegante ed economico sebbene rude e autarchico. E non e' una questione apparentemente oziosa come il sesso degli angeli, che ebbe peraltro rilevanza teologica e impegno' a lungo la filosofia scolastica, neoaristotelici e tomisti. Noi trascuriamo a torto le lettere dei lettori che i grandi giornali (a suo tempo anche la "Pravda") curano invece come la pupilla degli occhi. Percio' non ci siamo accorti che la nostra rubrica di fondopagina (quando non c'e' la pubblicita') ha avviato sulla nuova moneta un dibattito filologico che non puo' lasciarci indifferenti e neutrali. A titolo personale, e naturalmente in minoranza, non esito a schierarmi a fianco della nostra lettrice senese contro l'euro singolare e assoluto (monoteista) e a favore degli euri relativi e plurali (pagani). Scientificamente non so, non oso avventurarmi su questo terreno. Uso un lessico familiare e se dico gatto voglio poter dire gatti. Preferisco il maschile e il femminile al neutro, odio le maiuscole e umanizzerei al plurale perfino i nomi propri (ci sono al mondo molti ernesti, molti tommasi, molti luigi che gia' finiscono con la lettera i). La moneta e' gia' di per se' un'astrazione massima e idealizzarla come indeclinabile oltreche' onnipresente e onnipotente mi sembra un eccesso di zelo e masochismo inconscio. L'argomento secondo cui il neologismo euro (a prescindere dal vento omonimo) e' una contrazione di Europa e pertanto non puo' essere articolato e' un argomento specioso e tendenzioso. Questo neologismo non designa infatti un vecchio continente ma un nuovo oggetto, e' un nuovo nome per una nuova cosa che prima non c'era, e' un sostantivo a cui vanno riconosciuti tutti gli attributi dovuti a ogni sostantivo che si rispetti (autonomia e dignita' grammaticale e sintattica). Non bisogna permettere che il gergo prevalga sulla lingua. Scorgo un'insidia ideologica (non filologica), in questo euro singolare imperativo, una suggestione feticista, la moneta totemica come specificazione o variante del pensiero unico in vista del danaro globale. Semplificando, al dollaro che brilla nella pupilla di paperone preferisco gli spiccioli che diventano quasi umani nelle nostre tasche, perche' mi sembra di usarli io invece di essere da loro usato (governato, determinato). Infine le monete sono fatte per essere moltiplicate, esigono il plurale (potreste mai immaginare la moltiplicazione del pane e del pesce se non si potessero declinare?). Eppoi e' una questione di suono, di orecchio. Euro e' tenebroso, suona come orco. Euri e' gioviale, suona come puffi o finferli. Se immaginate dei bambini che giocano in un prato e arriva l'euro tutti scappano, bambini e gnomi. E' come sempre una battaglia persa, come contro lo smog, ma con una differenza: se non posso impedire la circolazione degli auti nessuno puo' impedirmi di dire euri in luogo pubblico, al taxista, al bar e dove mi pare e piace anche se e' vietato fumare. * Da pagina 93 Parole e musica 2 giugno 2002 Se invece di patria si dicesse matria sarebbe piu' rassicurante. Ma non suona bene e poi, a parte che la maternita' e' un concetto logoro, e' tutto l'opposto della virilita' che la parola patria evoca di per se'. Come la parola padrone, che ha la stessa etimologia. Una virilita' non necessariamente guerriera, la patria potesta' era in origine sinonimo di potere assoluto sui figli e sui servi a pari titolo, come anche sulla vittoria che era schiava di Roma. Patria infatti si scrive con la maiuscola, a differenza di paese che si puo' scrivere anche minuscolo senza mancare di rispetto. A parte i nomi propri, le maiuscole dovrebbero essere abolite come i punti esclamativi (specialmente doppi) e tutto quanto riveste di enfasi le parole e i concetti. Le maiuscole sono una intimidazione, un lettore mi ha rimproverato perche' scrivo minuscolo anche dio che pero' non credo se ne risenta. La parola patria soffre purtroppo di un male di cui non ha nessuna colpa, quello di essere stata abusata con dubbie intenzioni. Raramente e' festosa e amichevole, come possono esserlo in liete circostanze anche le bandiere e gli inni, quasi sempre e' associata alla guerra e alla morte e altre cose cosi'. Chi per la patria muor vissuto e' assai, stringiamoci a coorte siamo pronti alla morte, i martiri nostri son tutti risorti: ecco una cosa che proprio non succede e che i sopravvissuti non dovrebbero accreditare. Goffredo Mameli era un buon patriota, mazziniano e garibaldino, che mori' a ventidue anni sul Gianicolo per una ferita alla gamba. Ora e' un eroe risorgimentale ma allora era un giovane baccelliere che fu curato male come capita. Non fece a tempo a diventare un poeta ma ha scritto un inno (anzi due, uno musicato da Giuseppe Verdi che forse e' meglio) che dura da centocinquant'anni e non e' poco. Aveva un viso triste e una grande barba, per sua fortuna non ha avuto biografi. La mia generazione ha dei pregiudizi. Non mi piacciono le parole, i riti, gli usi e costumi che sono tornati di moda. Non mi piace che la festa della repubblica sia militaresca tanto piu' che anche la guerra e' tornata di moda (invero lo e' sempre stata e nell'ultima versione della bibbia c'e' ancora il dio degli eserciti). Ammetto a mala pena il casco dei motorini figuriamoci l'elmo di scipio. Ma non si vive di pregiudizi. Bandiera rossa non e' musicalmente meglio dell'inno nazionale, dipende da chi canta. Se cantasse Storace sarebbero l'una e l'altro bandiere nere. E anche patria puo' essere una buona parola, i partigiani si chiamavano in origine patrioti (o Banditen) e quelli di citta' si chiamavano gruppi d'azione patriottica (gap). Terroristi, per la storiografia piu' recente. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 568 del 4 settembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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