Minime. 549



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 549 del 16 agosto 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: Piccole monarchie naziste
2. "Peacereporter": La guerra si intensifica
3. Opporsi alla guerra, opporsi al razzismo, difendere i beni comuni
4. Massimo Romano ricorda Elsa Morante
5. Riedizioni: Immanuel Kant, Critica della ragion pura, Critica della
ragion pratica, Critica del giudizio
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: PICCOLE MONARCHIE NAZISTE

"Sindaci sceriffi": espressione che dice piu' di quel che sembri. Evoca il
far west, e il far west fasullo e sanguinolento degli spaghetti western pare
essere sovente l'unica cultura di "primi cittadini" la cui principale
caratteristiche e' una proterva ignoranza, una barbara crudelta', una ottusa
irresponsabilita'.
Un governo e un parlamento di banditi e di insensati, di maneggioni e di
golpisti, danno ora in mano a sindaci sovente espressione di gruppi
dichiaratamente, sfacciatamente razzisti, antidemocratici e criminali,
poteri enormi ed abnormi, equivalenti a quelli dell'organo legislativo ed
esecutivo messi insieme, e consentono a personaggi il cui squallore e'
inenarrabile di creare di fatto piccole monarchie naziste.
*
In attesa che i primi magistrati che nell'esercizio delle loro funzioni
dovranno confrontarsi con la mostruosa normativa partorita in fretta e furia
nei primi cento giorni del Berlusconi III chiedano l'intervento della Corte
costituzionale per smantellare punto per punto le idiozie e le illegalita'
piu' flagranti e venefiche, sara' pur necessario chiamare fin d'ora e senza
esitazioni i cittadini tutti a difendere i diritti umani di tutti gli esseri
umani, a dinfendere la legalita' costituzionale, a difendere la civilta'
giuridica, a respingere la barbarie oggi al potere, a far valere il diritto
contro la violenza, la giuridicita' contro l'autocrazia, l'etica pubblica
repubblicana contro il nazismo fatto in casa.
Con la forza della verita', con la forza della nonviolenza.
Con la vigenza della Costituzione della Repubblica Italiana.
Contro i nazisti stracittadini e strapaesani.
*
In ogni ente locale si ricorra al Tar avverso tutti - tutti - i
provvedimenti che violano le guarentigie dei diritti personali sancite
dall'ordinamento giuridico statuale.
In ogni Comune si costituiscano comitati ed osservatorii in difesa della
legalita' e dei diritti umani.
In ogni citta' ed in ogni paese si promuova l'aggregazione della societa'
civile, l'azione politica collettiva, l'iniziativa dal basso per la
democrazia e contro i poteri criminali.
*
Vi e' una sola umanita'.

2. AFGHANISTAN. "PEACEREPORTER": LA GUERRA SI INTENSIFICA
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente
articolo del 14 agosto 2008 col titolo "Afghanistan, morti tre soldati Usa,
a Lashkargah si intensifica l'offensiva talebana"]

Negli ultimi due giorni si sono intensificati gli scontri fra soldati
dell'esercito afgano e combattenti talebani nella provincia meridionale di
Helmand. Il conflitto e' particolarmente intenso nell'area di Marja, a pochi
chilometri dalla capitale provinciale Lashkargah. Mercoledi' sono stati
ricoverati nel centro chirurgico di Emergency a Lashkargah sedici feriti da
colpi di arma da fuoco. Le vittime sono combattenti di entrambi gli
schieramenti e civili. Nei pressi della citta' di Lashkargah e' ubicata la
piu' grande base britannica di tutto il Paese, e incursioni dei militanti
talebani nelle vicinanze della struttura si stanno facendo sempre piu'
frequenti. Questa mattina altri sei soldati dell'esercito afgano feriti da
arma da fuoco sono stati ricoverati nell'ospedale della Ong italiana.
Due giorni fa un soldato britannico e' stato ucciso mentre era di pattuglia
a Kabul (sono 115 le vittime militari britanniche dall'inizio del
conflitto), mentre e' di pochi minuti fa la notizia che tre soldati della
coalizione internazionale a guida Usa sono morti nel sud del Paese. Il
totale dei militari Isaf ed Enduring Freedom uccisi in Afghanistan
dall'inizio della guerra e' di 849.

3. LE ULTIME COSE. OPPORSI ALLA GUERRA, OPPORSI AL RAZZISMO, DIFENDERE I
BENI COMUNI

Opporsi alla guerra, opporsi al razzismo, difendere i beni comuni.
Difendere quel fondamentalissimo bene comune che e' la vita e la dignita'
umana.
Cosa si aspetta ancora a denunciare coralmente il crimine della guerra? Cosa
si aspetta a mobilitarsi perche' l'Italia cessi di partecipare alla
carneficina afgana e s'impegni invece per la pace, il disarmo, la
smilitarizzazione dei conflitti, per salvare le vite? Cosa si aspetta a
lottare perche' lo stato italiano rispetti qanto e' scritto nell'articolo 11
della sua legge fondamentale?
E cosa si aspetta a difendere le vittime delle vessazioni, delle
persecuzioni, dei pogrom, della riduzione in schiavitu'? Cosa si aspetta a
contrastare i feroci ed anomici provvedimenti razzisti e classisti del
governo e del parlamento e delle amministrazioni locali, complici dei poteri
criminali, che violano i fondamentali diritti umani, che violano quel
riconoscimento di umanita' e quel dovere di solidarieta' sanciti dagli
articoli 2, 3, 4 e 10 della Costituzione della Repubblica Italiana?
E cosa si aspetta a contrastare il saccheggio e la devastazione dell'unica
casa comune che abbiamo?
Cosa si aspetta a lottare per la legalita' e la democrazia?
*
La nonviolenza chiama alla lotta per l'umanita' contro il crimine, per la
civile convivenza contro la barbarie assassina, per la cura e la
responsabilita' contro la rapina e la distruzione.
Vi e' una sola umanita', vi e' un solo mondo.
La nonviolenza e' lotta contro ogni violenza.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

4. MEMORIA. MASSIMO ROMANO RICORDA ELSA MORANTE
[Dal mensile "Letture", n. 631, novembre 2006 col titolo "Elsa Morante" e il
sommario "A causa di incomprensioni da parte della critica italiana nei
confronti della sua narrativa, sfuggente ai canoni novecenteschi e quindi
difficilmente classificabile, la scrittrice non ha avuto per lungo tempo i
riconoscimenti meritati"]

Capricciosa, infantile, selvatica, passionale, possessiva, gelosa, umorale,
manichea e intollerante verso la mediocrita' e la volgarita', un po' angelo
un po' strega, di una bellezza arcana negli occhi viola che sfumavano
nell'azzurro, Elsa Morante e' stata la piu' grande scrittrice italiana del
Novecento. Capace di grandi dolcezze e inaspettate generosita', amava i
gatti, i reietti e i diseredati, i ragazzini e i poeti, Rimbaud, il suo nume
tutelare, Saba, Penna e Pasolini, con i quali ha intessuto rapporti di
amicizia.
Credeva che la letteratura potesse cambiare il mondo, ma non sopportava i
letterati. Rimane memorabile la sua definizione di scrittore, tratta dalla
conferenza "Pro o contro la bomba atomica", tenuta nel 1965 per
l'Associazione culturale italiana: "Un uomo cui sta a cuore tutto quanto
accade, fuorche' la letteratura".
Estranea ai modelli letterari del Novecento, dalla prosa d'arte al realismo
magico di Bontempelli, dal neorealismo alla neoavanguardia, ha mostrato una
vocazione letteraria precocissima, iniziando sin da bambina a scrivere fiabe
e raccontini, e nei primi anni Trenta ha pubblicato novelle sul "Corriere
dei piccoli", "Oggi" e "Il selvaggio". Grande narratrice di storie e
straordinaria fabulatrice, Elsa Morante rappresenta un'eccezione in Italia,
un Paese ricco di letterati ma povero di narratori. Carlo Sgorlon, il cui
romanzo piu' felice, Il trono di legno (1973), riecheggia L'isola di Arturo,
l'ha definita "una Sheherazade dei nostri tempi, che scrive storie per
consolare la triste notte di una civilta' alienata, meccanica e disperata, e
per esorcizzare i mostri che la minacciano".
Consapevole del proprio valore intellettuale e artistico, era insicura sul
piano affettivo. Il 17 febbraio 1938 scrive nel suo diario: "Nessuno pensa
veramente a me, con nessuno posso confidarmi. A. [Alberto Moravia] mi ama
solo quando fuggo ma io non posso farlo, non ho denari". La ferita profonda
della Morante, oltre alla doppia paternita', come nel Manzoni, sta nella
mancata maternita'. Ha sofferto molto di non aver avuto figli e questo si
rispecchia in tutti i suoi romanzi: la Rosaria di Menzogna e sortilegio e'
una madre adottiva prostituta, la Nunziata de L'isola di Arturo e' una
matrigna, seconda moglie di uno sposo omosessuale, Ida de La Storia e' una
madre vedova stuprata, Aracoeli e' una madre ninfomane. La sua intolleranza
nei giudizi nasce dalla sua vulnerabilita', dalla colpa di "non saper
comunicare con gli altri, non capirli" e di "non essere mai amata". Dopo i
fatti di Ungheria defini' Stalin "un porco" davanti a un intellettuale
comunista come Alicata e si inimico' buona parte della sinistra. E' rimasto
celebre il suo paradosso sulla sacra triade della poesia italiana: "Carducci
e' stupido, Pascoli imbecille, D'Annunzio cretino". Non sopportava la
letteratura sperimentale d'avanguardia e in un'intervista del 1961 defini'
il nouveau roman "una fabbrica di volumi illeggibili".
*
Un tenebroso castello di magie
I suoi modelli letterari vanno ricercati nei classici, Ariosto e Cervantes
su tutti, e soprattutto nella grande narrativa dell'Ottocento, Tolstoj,
Dostoevskij, Cechov, Stendhal, Emily Bronte, Melville, fino a Proust e
Kafka, senza disdegnare il filone popolare del feuilleton.
Ha un titolo bellissimo il suo romanzo d'esordio, Menzogna e sortilegio
(1948), che esprime, come scrivera' l'autrice nella quarta di copertina
dell'edizione del 1966 negli "Oscar" Mondadori, "il contrasto fra la cronaca
quotidiana e i mondi favolosi dell'immaginazione". Esce nei "Supercoralli"
di Einaudi e in copertina c'e' un quadro di Marc Chagall, A l'ombre des
reves, intonato alla dimensione onirica e trasognata della storia. Si tratta
infatti di un romanzo fantastico e visionario, uno dei piu' belli del
Novecento non solo italiano ma europeo, a nostro avviso il suo capolavoro,
anche se fu accolto con alcune riserve dalla critica del tempo essendo un
libro estraneo alle mode del neorealismo allora dilagante, fondato sul
realismo, sull'impegno sociale, sulla guerra partigiana, sul linguaggio
orale e cronachistico. La sua inattualita' emerse subito e Natalia Ginzburg,
la prima a leggere il romanzo in dattiloscritto come consulente einaudiana,
scrisse: "Mi parve un romanzo d'un'altra epoca". Il limitato successo
dell'opera non deve stupire, se teniamo conto che una fortuna ancora
peggiore e' toccata ad altri rari libri di notevole qualita' dello stesso
periodo, appartenenti al filone fantastico e visionario. Citiamo due casi
emblematici: All'insegna del Buon Corsiero (1942) di Silvio D'Arzo, uscito
in piena guerra da Vallecchi, e Il ragazzo morto e le comete (1951) di
Goffredo Parise, pubblicato da Neri Pozza. Alcuni critici di palato fine
colsero subito nel segno: Calvino, pur con qualche riserva, parlo' di "gioco
fiabesco raffinatissimo e artificioso", Debenedetti lo defini' "l'opera di
una sepolta viva dentro la propria idea fissa". Stupendo e articolato il
giudizio di Cecchi, costruito intorno alle metafore della "carrozza da
viaggio" e del "balocco": "Come certe antiche carrozze da viaggio, il
romanzo ha un aspetto pesante, casalingo e tuttavia avventuroso. Puo'
rapirci in lontani paesi e campagne, sul ruzzolio delle ruote dal grosso
cerchione, e sullioscillare delle grandi molle barocche. Ma in certi
imbottiti cantucci (con quei paesaggi che danzano nel sole o nella nebbia
fuori del finestrino) ha l'intimita' d'uno studiolo, d'una camerella dove,
cosi' pigramente andando alla deriva, si puo' appartarsi e fantasticare.
Costruita di materiale eccellente e lavorata in ogni minuzia con pazienza e
scaltrezza artigiana, la macchina del libro fa anche pensare a un enorme
balocco. Un balocco veramente coi fiocchi" (la recensione, scritta a caldo
nel 1948, fu poi raccolta nel volume Di giorno in giorno del 1962). Piu'
tardi arrivarono giudizi entusiasti, quello di Lukacs, che lo defini' "il
piu' grande romanzo italiano moderno" ("L'Espresso" del 1962) e quello di
Cases, che lo scelse come "uno dei dieci o venti romanzi del '900 che ci
porteremmo dietro nella famosa isola deserta" (1974).
La stesura del romanzo, di oltre settecento pagine, dura cinque anni, dal
'43 al '48, in cui la scrittrice sfugge alla realta' orrenda della guerra
rifugiandosi in un mondo larvale. La terribile esperienza bellica, vissuta
con Moravia in Ciociaria, nel rifugio di Fondi, in totale miseria e carenza
di cibo, forma la sua maturita'. In un appunto del 1959 la Morante considera
questo romanzo "il libro piu' notevole che io ho scritto fino a oggi: tale
che forse non potro' mai scriverne un altro dello stesso valore".
Elisa, proiezione autobiografica di Elsa, e' la voce narrante che rievoca le
memorie della propria famiglia e costruisce una saga siciliana attraverso
tre generazioni, tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento.
L'ambientazione storica e' ambigua, favolosa e realistica insieme, anche se
ci sono dei riferimenti precisi: il telegrafo, i treni, l'ambulante postale,
il grammofono, la Russia degli zar. Il luogo in cui si svolge la vicenda e'
una citta' siglata P., forse Palermo, riconoscibile nella topografia, la
citta' vecchia, i quartieri nuovi, la piazza del mercato, la via
dell'universita', il corso, le osterie, i palazzi, i caffe', le carrozze, in
cui si mescolano le radici siciliane del padre e i ricordi autobiografici
dell'infanzia di Elsa, trascorsa a Roma nel quartiere popolare del
Testaccio.
I protagonisti del romanzo sono le donne, signore e regine dell'intreccio.
C'e' Elisa, che scrive e racconta; Anna, la madre, che ama il cugino Edoardo
e sposa Francesco, un falso barone; Cesira, la nonna, una maestrina che
sposa Teodoro, nobile decaduto; e infine Rosaria, prostituta gioiosa e
vitale, e Concetta, la madre di Edoardo.
Al centro si svolge la storia d'amore tra Anna e Edoardo, un amore vissuto
come passione travolgente e selvaggia, non semplice e lineare ma complicata
ed eccessiva, fatta di narcisismo (Edoardo) e masochismo (Anna). La menzogna
e' per Elisa una forma di vendetta, una strategia di difesa nei confronti
degli scacchi del reale, mentre il sortilegio e' legato alla finzione, alla
lettura dei romanzi cavallereschi, in cui scatta, come per don Chisciotte,
un meccanismo di identificazione e compensazione. Sia Elisa che Anna adorano
il padre e detestano la madre, gli uomini sono povere creature umiliate e
avvilite, le donne sono pazze o povere di spirito. Tutti i personaggi
nascono da filtri letterari talvolta dichiarati: nonna Cesira e' una "povera
borghesuccia di provincia", un'ingenua lettrice malata di bovarismo, "che si
credeva un'eroina simile alle protagoniste dei romanzi popolari che soleva
divorare in passato", Francesco e' "un Don Chisciotte piccoloborghese che
vagheggia di combattere duelli impossibili" e s'immerge in solitari
vagabondaggi tra le colline come il selvatico Heathcliff di Cime tempestose
di Emily Bronte.
Uno degli episodi-chiave del romanzo e' il falso carteggio - una ventina di
lettere inviate dai sanatori di citta' diverse a Concetta, scritte da Anna
che si spaccia per Edoardo, malato di tisi, in realta' gia' morto -, dove la
fantasticheria diventa una droga per entrambe le donne.
Menzogna e sortilegio appartiene al genere del Familienroman, della saga
familiare dove la famiglia e' vista come spazio claustrofobico, prigione
soffocante in cui si scatenano l'aggressivita', la crudelta', i sensi di
colpa, l'odio, i rimorsi, le vendette. Il modello del genere e' La saga di
Gosta Berling (1891) della scrittrice svedese Selma Lagerlof, premio Nobel,
che narra avventure e amori di antichi cavalieri persi nei sogni chimerici
di una stralunata follia. Ma Elsa Morante ha saputo creare una struttura
piu' complessa e raffinata in cui la saga familiare e' soltanto la cornice
esteriore: un romanzo-cattedrale, costruito sul gioco della finzione e
sull'incrocio di molteplici generi e filoni letterari, con lo scopo di
celebrare un inno alla letteratura, di stabilire un dialogo a distanza con
Cervantes, l'iniziatore del romanzo moderno, da parte di chi ha scritto
"l'ultimo romanzo possibile". Menzogna e sortilegio diventa cosi' una sorta
di enciclopedia narrativa della grande tradizione europea del romanzo: il
filone cavalleresco (Ariosto e Cervantes),  la narrativa settecentesca ed
epistolare (Richardson, Fielding, Marivaux, Laclos), il romanticismo nordico
(Cime tempestose di Emily Bronte), il filone popolare del feuilleton (Sue,
Dumas, Hugo), i tormenti interiori di personaggi esaltati e folli (Delitto e
castigo di Dostoevskij, Pierre o delle ambiguita' di Melville), il tema
naturalista e poi decadente della dissoluzione di una famiglia (I vicere' di
De Roberto, I Buddenbrook di Thomas Mann), il gioco magico e crudele della
memoria (Il grande Meaulnes di Alain-Fournier, la Recherche di Proust).
L'atipicita' del romanzo consiste nel fatto che ignora la modernita' e
utilizza un linguaggio ricco e sontuoso, elaborato e avvolgente, che
registra le fantasticherie dei personaggi o le loro esibizioni canore come
attori da melodramma. Il periodo in cui si svolge la vicenda e' quello della
belle epoque, ma vissuta da un inferno piccoloborghese. Come in Kafka, e'
nel grigiore piccoloborghese che esplode la follia. Mentre al Nord si
sviluppa un processo di modernizzazione industriale dell'Italia con il
conseguente tramonto della civilta' contadina, al Sud si assiste all'eclissi
del mondo aristocratico-feudale e al trionfo della piccola borghesia. I
personaggi della Morante sono piccoloborghesi che sognano di diventare re e
regine in un mondo di nobili e contadini, cafoni e signori.
In un'intervista rilasciata a Michel David su "Le Monde" del 13 aprile 1968,
Elsa Morante dichiara esplicitamente le sue ambizioni e scopre le carte
della sua poetica riguardo a Menzogna e sortilegio: "Io ho voluto fare
quello che per i poemi cavallereschi ha fatto Ariosto: scrivere l'ultimo e
uccidere il genere. Io volevo scrivere l'ultimo romanzo possibile, l'ultimo
romanzo della terra e, naturalmente, anche il mio ultimo romanzo! Volevo
mettere nel romanzo tutto quello che allora mi tormentava, tutta la mia
vita, che era una giovane vita, ma una vita intimamente drammatica. Volevo
anche che il romanzo contenesse tutto cio' che era stata la sostanza del
romanzo dell'Ottocento: i parenti poveri e quelli ricchi, le orfanelle, le
prostitute dal cuore generoso...".
*
Un veliero nella bottiglia
I romanzi della Morante hanno una gestazione lenta, che dura dai quattro ai
cinque anni. E' cosi' anche per L'isola di Arturo, iniziato nella primavera
del '52 e pubblicato nel febbraio 1957, piu' lineare e semplice nella
struttura. Come scrive l'autrice in una lettera a Giacomo Debenedetti del 18
febbraio '57, il romanzo e' nato dal "mio antico inguaribile desiderio di
essere un ragazzo" e "vuole rappresentare l'iniziazione di un fanciullo alla
vita attraverso tutti i suoi misteri" (dal risvolto di copertina della prima
edizione). Ambientato intorno agli anni Trenta nell'isola di Procida e
scritto in prima persona, secondo la tecnica del racconto memorialistico,
narra la vicenda di Arturo, un ragazzo quattordicenne, orfano di madre, che
trascorre un'infanzia e un'adolescenza libera e anarchica, immaginaria e
vagabonda, sognando storie di pirati e avventurieri, e vive nel mito del
padre, Wilhelm, di una bellezza nordica, biondo con gli occhi azzurri,
capriccioso e distante, che non lo degna neppure di uno sguardo nelle sue
brevi apparizioni, immaginato sempre lontano nei suoi favolosi vagabondaggi.
Arturo racconta la sua infanzia con la coscienza dell'adulto, e quindi
proietta in una dimensione mitica l'Eden della fanciullezza. Un giorno il
padre torna nell'isola con la giovane moglie Nunziatina, sedicenne, che
subito Arturo disprezza, ma di cui poi s'innamora. Quando nasce il
fratellastro, scatta la sua gelosia ed esplode una passione amorosa
travolgente, prima nascosta e soffocata, poi furiosa e aggressiva, che lo
porta a fingere il suicidio per attirare su di se' l'interesse della
matrigna. L'amore tra Nunziatina e Arturo e' uno dei nuclei poetici del
romanzo.
Il mito del padre s'infrange quando Arturo scopre che quei viaggi in terre
lontane non erano altro che banali scorribande a Napoli e dintorni e che le
sue passioni erano di natura omosessuale, rivolte a un detenuto del
penitenziario-castello posto sul culmine dell'isola. Il crollo dei sogni
infantili e l'approdo verso una difficile maturita' coincidono quando lascia
l'isola per arruolarsi, non appena l'Italia entra in guerra.
Geno Pampaloni usa un'originale metafora per definire il romanzo, "un
prezioso veliero dentro la bottiglia" ("L'Espresso", 9 giugno 1957), che
allude da un lato alla sua distanza dalle mode letterarie del tempo,
dall'altro all'idea dell'isola come spazio magico per le avventure di un
ragazzo.
*
Un romanzo nazional-popolare
Elsa Morante si considera una "scrittrice di storie in prosa", mentre "i
suoi radi versi sono, in parte, nient'altro che un'eco, o, se si voglia, un
coro, dei suoi romanzi; e, in parte, nient'altro che un divertimento, o
gioco, al quale essa ama talvolta abbandonarsi senza troppo impegno, per
semplice piacere della musica". Cosi' scrive nella premessa al suo primo
volume di poesie, Alibi (1958), e allo stesso modo si puo' considerare Il
mondo salvato dai ragazzini (1968), una raccolta di poesie e canzoni, in cui
mette a nudo la sua solitudine, le ferite inferte dalla vita e il dolore del
mondo. Affiora qui la sua disperata ideologia anarchica, come rifiuto
dell'alienazione e fiducia nei ribelli, negli anticonformisti, nei "Felici
Pochi", i rifiuti della societa' reclusi nei manicomi, nelle carceri, negli
ospizi per vecchi, nei bordelli. Una posizione questa che avvicina la
Morante all'evangelismo pasoliniano.
Il rifiuto della societa' e della storia, la presa di coscienza del dolore
diffuso nel mondo sono il filo ideologico che percorre la stesura del suo
terzo romanzo, La storia, iniziato nel gennaio '71 e pubblicato da Einaudi
nel 1974, nella collana "Gli struzzi". La Morante impone alla casa editrice
un prezzo popolare (2.000 lire per un volume di 650 pagine) perche' desidera
che il romanzo venga letto da tutti.
Ambientato a Roma tra il 1941 e il 1947, vuole essere un grande romanzo
popolare sull'Italia della guerra e dell'immediato dopoguerra e racconta
l'epopea dei miserabili, dei diseredati. In esergo la Morante utilizza un
verso di Cesar Vallejo, "Por el analfabeto a quien escribo (per l'analfabeta
a cui scrivo)". Protagonista della vicenda e' la maestrina calabrese Ida
Ramundo, ebrea per parte di madre, che viene stuprata da un soldato tedesco
ubriaco sulle scale di casa e rappresenta l'umanita' offesa. Da questo
amplesso nascera' Useppe, un bambino che simboleggia l'innocenza, il dialogo
puro e gioioso con le piante e gli animali, il cane Blitz, scomparso sotto
il bombardamento di San Lorenzo, la gattina Rossella e soprattutto la cagna
Bella, una pastora maremmana che lo accompagna in felici scorribande e
avventure sulle rive del Tevere. Bellissime le pagine sull'epilessia di
Useppe, che muore a sei anni e, come ha scritto Mario Soldati, "vive
nell'amore e nel dolore, nella felicita' e nello strazio, perfettamente
consapevole di tutte le bellezze e di tutto l'orrore della vita". Una folla
di personaggi anima il romanzo, che ricorda per certi aspetti I miserabili
di Victor Hugo: Nino, il fratello primogenito di Useppe, tipico eroe di
borgata, che passa dall'infatuazione per il fascismo all'adesione alla
Resistenza e morira' in un incidente d'auto, Davide Segre, un ebreo
anarchico velleitario che finira' vittima della droga, e poi certe figure di
vecchi sfollati, di prostitute, di popolani romani e meridionali.
Il romanzo e' imperniato sul conflitto tra Natura e Storia, tra la speranza
utopica di salvezza e la corruzione del potere, definito dall'autrice "la
lebbra del mondo", sul rapporto tra gli umili e i potenti, che rinvia al
modello dei Promessi sposi.
La storia ottiene subito un enorme successo e vende in un anno 800.000
copie, entusiasma i lettori ma divide la critica in aspre e prolungate
polemiche di natura piu' politica che letteraria. Romanzo disuguale, pieno
di luci e di ombre, evidenzia alcuni difetti: il tono talvolta populistico e
didascalico (i monologhi di Davide Segre), il manierismo, la mescolanza non
sempre riuscita tra lingua colta e dialetto, lo spreco di vezzeggiativi e
diminutivi. Ma anche pagine stupende: tutta la prima parte, il finale
sull'epilessia e la morte di Useppe, l'episodio dei tre tedeschi che hanno
rubato un maiale e cantano ubriachi per un viottolo di campagna. La voce che
racconta, come ha rilevato Mario Soldati, e' "la voce di chi ha attraversato
i deserti della disperazione. E' la voce di chi sa che le guerre non hanno
mai fine, e che saranno sempre deportati gli ebrei, o altri per loro".
*
L'orrore della vecchiaia
Gli ultimi anni di Elsa Morante sono stati tormentati dalla malattia, dal
dolore e da un generale disgusto del mondo e di se stessa. "Io sono vecchia,
sono aumentata di peso, ho i capelli bianchi, sono malata; io non voglio
essere considerata una persona viva, io vorrei essere un fantasma, uno
spettro", dice di se' nel 1980. Le fotografie che possediamo di lei
testimoniano il passaggio da un aspetto giovanile, che conserva anche nella
maturita' un'intatta bellezza stregonesca, a una precoce vecchiaia, in cui
appare ingrassata e infagottata in lane e scialli da contadina.
Il suo quarto e ultimo romanzo, Aracoeli (1982), iniziato nel '76, e' un
romanzo disperato che riflette un totale distacco dal mondo e un desiderio
insoddisfatto d'amore. E' la storia di un viaggio a ritroso nel tempo e
nello spazio che compie nel '75 Emanuele, un omosessuale nevrotico di 43
anni, dedito alla droga e all'alcol. Da Milano si reca in Spagna, a El
Almendral, in Andalusia, dove e' nata la madre, morta da oltre trent'anni.
Il romanzo rievoca gli interni borghesi di Roma negli anni Trenta, con la
figura del padre, un ufficiale di Marina piemontese che diventera' un
barbone alcolizzato, e quella della madre, una donna bellissima e allegra
rivissuta nella memoria del figlio in un rapporto gioioso, carnale e magico,
che si trasformera', per disamore della vita, in una ninfomane e prostituta.
Venato da un autobiografismo troppo acceso, Aracoeli contiene un'intuizione
folgorante della malattia, dell'orrore della vecchiaia e del rifiuto del
corpo: "In verita', di tutte le voragini fra cui ci muoviamo alla cieca,
nessuna e' tanto cupa, e per noi stessi inconoscibile, quanto il nostro
proprio corpo. Lo si defini' un sepolcro, che noi ci portiamo appresso; ma
la tenebra del nostro corpo e' piu' astrusa per noi delle tombe".
Il 26 novembre 1985, il giorno dopo la sua morte, apparvero sul "Giornale"
due articoli firmati da Geno Pampaloni e Giovanni Arpino, che cosi' la
ricordano nel "passo d'addio". Pampaloni: "E' stata una scrittrice grande,
quando, e in quanto, era impopolare, solitaria e aristocratica. La vita, che
aveva pensato e rappresentato come una fiaba, sia pure una fiaba drammatica
e sorprendente ma sempre alta, le si rivelava mediocre e meschina. Il 'tempo
di sogno', che le veniva attribuito, le si era rivelato un'illusione".
Arpino: "Le dico addio con un affetto antico quanto il mondo. Vi sono
sentimenti che passano da persona a persona ma quando si trasmettono da una
pagina a un'altra pagina risultano ancora piu' forti e misteriosi, proprio
perche' sommersi. Spero che Elsa sia accolta in un'isola segreta, che sara'
tutta sua, e mai piu' aggravata dalle troppe storie umane che fanno di noi
solo uno strumento di lunga pena e di poetico riscatto".
*
Per Lukacs la piu' grande dopo Mann
L'edizione completa delle opere di Elsa Morante e' quella dei "Meridiani"
Mondadori, apparsa in due volumi nel 1988 e 1990, a cura di Carlo Cecchi e
Cesare Garboli, che raccoglie tutti i testi pubblicati in vita dall'autrice,
con l'eccezione della raccolta di articoli Pro o contro la bomba atomica,
apparsa postuma da Adelphi nel 1987, e del Diario 1938 dal titolo Lettere ad
Antonio, pubblicato in volume da Einaudi nel 1989. Da segnalare in
particolare, per originalita' ed efficacia, la cronologia, che utilizza
ampiamente stralci di diario, appunti, brani di interviste e lettere
dell'autrice. Sempre da Einaudi sono pubblicati singolarmente quasi tutti i
romanzi.
Definita dal critico ungherese marxista Lukacs "il piu' grande romanziere
europeo dopo Thomas Mann", non ha ottenuto riconoscimenti altrettanto
positivi in Italia, dove, a parte l'apprezzamento di pochi, anche se molto
qualificati critici, Debenedetti, Savinio, Pampaloni, Garboli, Cases, c'e'
stata una presa di distanza, una cautela, talvolta un'incomprensione nei
confronti della sua narrativa, che sfugge ai canoni novecenteschi e alle
sirene della moda, e risulta quindi difficilmente classificabile.
L'interesse critico per la Morante esplode soltanto dopo La storia. Prima, a
parte le recensioni giornalistiche, si registrano soltanto due studi
complessivi sulla sua opera: Angelo Raffaele Pupino, Struttura e stile di
Elsa Morante, Longo, 1968, e Carlo Sgorlon, Invito alla lettura di Elsa
Morante, Mursia, 1972.
Fu Giacomo Debenedetti il primo ad apprezzare Elsa Morante fin dai racconti
giovanili degli anni Trenta, alcuni dei quali riuniti sotto il titolo Il
gioco segreto (1941), e a contribuire alla sua affermazione come narratrice
sostenendo Menzogna e sortilegio per la vittoria del Premio Viareggio nel
1948.
Piu' di recente, nel 1995, Elsa Morante ha avuto due critici che hanno
rilanciato la modernita' della scrittrice: Giovanna Rosa, che con Cattedrali
di carta (Il Saggiatore) ha scritto una monografia, esauriente e aggiornata
nel metodo, che colloca i romanzi in rapporto al genere e scandaglia i
rapporti sotterranei tra i personaggi; e Cesare Garboli, che in Il gioco
segreto (Adelphi) considera il primo libro come incunabolo decisivo per lo
sviluppo dell'opera successiva e individua nel tema della metamorfosi il
filo conduttore della sua narrativa.
*
Un amore chiamato Alberto Moravia
1912 Nasce a Roma, nel quartiere del Testaccio, il 18 agosto da padre
siciliano, Francesco Lo Monaco, istitutore in un riformatorio, e da madre
emiliana, Irma Poggibonsi, maestra elementare. Il padre anagrafico e' il
marito di Irma, Augusto Morante.
1918-1922 Autodidatta, non frequenta le elementari.
1922 Frequenta il ginnasio e comincia a scrivere fiabe, poesie e racconti.
1930 Finisce il liceo, interrompe gli studi e lascia la famiglia.
1930-1935 Vive in camere ammobiliate, collabora al "Corriere dei piccoli" e
a "I diritti della scuola" dove, tra il 25 settembre 1935 e il 15 agosto
1936 esce a puntate il romanzo Qualcuno ha bussato alla porta.
1936 Tramite il pittore Capogrossi conosce Alberto Moravia, con cui l'anno
dopo inizia una relazione.
1938 Dal 19 gennaio al 30 luglio tiene un diario, Lettere a Antonio, che
uscira' postumo col titolo Diario 1938 (Einaudi, 1989).
1941 Pubblica da Garzanti Il gioco segreto, una raccolta di racconti. Si
sposa con Alberto Moravia.
1942 Esce da Einaudi Le bellissime avventure di Cateri' dalla Trecciolina,
una fiaba illustrata con disegni dell'autore.
1943 Dopo l'8 settembre si rifugia con il marito a Sant'Agata, un paese
sopra Fondi, che nella Ciociara diventa Sant'Eufemia, e ci resta fino al
maggio 1944, quando gli alleati arrivano a Roma.
1945 Traduce per Rizzoli Il libro degli appunti di Katherine Mansfield.
1948 Vive a Roma, lontana dai salotti intellettuali e pubblica il suo primo
romanzo, Menzogna e sortilegio, che vince il Premio Viareggio.
1949 Insieme a Moravia si stabilisce in un attico in via dell'Oca.
1957 Pubblica il romanzo L'isola di Arturo, che vince il Premio Strega.
Traduce Il meglio di Katherine Mansfield per Longanesi.
1958 Pubblica presso Longanesi Alibi, un volume di poesie giovanili e inizia
un romanzo, Senza i conforti della religione, che non portera' a termine.
1959 Compie un viaggio negli Stati Uniti e a New York incontra un giovane
pittore, Bill Morrow, con cui si lega di profonda amicizia.
1961 Compie un viaggio in India con Moravia e Pasolini.
1962 Il 30 aprile Bill Morrow muore tragicamente precipitando da un
grattacielo e dopo qualche mese la scrittrice si separa da Moravia: due
eventi che influiranno negativamente sulla sua vita.
1963 Esce Lo scialle andaluso, una raccolta di racconti.
1968 Pubblica Il mondo salvato dai ragazzini, una raccolta di poesie e
canzoni.
1974 Pubblica La storia, che esce per sua volonta' nella collana popolare
"Gli struzzi" di Einaudi e ottiene un clamoroso successo di pubblico.
1982 Pubblica Aracoeli. In seguito alla rottura del femore per una caduta,
non riesce piu' a camminare.
1983 Il 6 aprile, in preda a una crisi depressiva, tenta il suicidio.
1985 Trascorre gli ultimi due anni in una clinica romana, dove muore
d'infarto il 25 novembre.
1987 Esce postuma da Adelphi Pro o contro la bomba atomica, una raccolta di
articoli apparsi sui giornali tra il 1950 e il 1965.
2002 Escono postumi i Racconti dimenticati.

5. RIEDIZIONI. IMMANUEL KANT: CRITICA DELLA RAGION PURA, CRITICA DELLA
RAGION PRATICA, CRITICA DEL GIUDIZIO
Immanuel Kant, Critica della ragion pura, Critica della ragion pratica,
Critica del giudizio, Laterza, Roma-Bari 1997-2005, Mondadori, Milano 2008,
pp. VI + 1256, euro 12,90 (in supplemento a vari periodici Mondadori). Le
tre critiche kantiane nelle classiche traduzioni laterziane attraverso cui
tutti noi poveri vecchierelli crescemmo a pane e Aufklaerung. Ogni volta che
torni a queste vecchie pagine di bel nuovo ti colma un sentimento di
gratitudine, e di orgoglio, e di ribellione ad ogni ingiustizia, ad ogni
menzogna, ad ogni vilta'. Il professore di Koenigsberg e' ancora un nostro
compagno di lotta.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 549 del 16 agosto 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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