Coi piedi per terra. 121



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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 121 del 13 agosto 2008

In questo numero:
1. Ivan Illich: Lo sviluppo della produttivita'
2. Vandana Shiva: Globalizzazione
3. Guido Viale: Il piano della lobby degli inceneritori
4. Marinella Correggia: Agricoltura ecologica
5. Marina Forti: Birmania, dopo il diluvio
6. Marina Forti: I rifugiati dei fiumi
7. Marina Forti: Miniere
8. La mozione approvata all'unanimita' dal congresso nazionale del Movimento
Nonviolento per la riduzione del trasporto aereo
9. Per contattare il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo

1. MAESTRI. IVAN ILLICH: LO SVILUPPO DELLA PRODUTTIVITA'
[Da Ivan Illich, La convivialita', Mondadori, Milano 1974, Red, Como 1993,
p. 65.
Ivan Illich e' nato a Spalato nel 1925; laurea in mineralogia a Firenze,
studi ulteriori di psicologia, arte, storia (dottorato a Salisburgo);
ordinato sacerdote nel 1951, per cinque anni opera in una parrocchia
portoricana a New York, poi e' prorettore dell'Universita' Cattolica di
Portorico; a Cuernavaca (Messico) fonda il Cidoc (Centro interculturale di
documentazione); docente in varie universita', conferenziere, studioso
costantemente impegnato nella critica delle istituzioni e nella indicazione
di alternative che sviluppino la creativita' e dignita' umana; pensatore
originale, ha promosso importanti ed ampie discussioni su temi come la
scuola, l'energia, la medicina, il lavoro. E' scomparso nel 2002. Tra le
opere di Ivan Illich: Descolarizzare la societa', Mondadori; La
convivialita', Mondadori, poi Red; Rovesciare le istituzioni, Armando;
Energia ed equita', Feltrinelli; Nemesi medica: l'espropriazione della
salute, Mondadori, poi Red; Il genere e il sesso, Mondadori; Per una storia
dei bisogni, Mondadori; Lavoro-ombra, Mondadori; H2O e le acque dell'oblio,
Macro; Nello specchio del passato, Red; Disoccupazione creativa, Red; Nella
vigna del testo, Cortina. Raccoglie i materiali di un seminario con Illich
il volume Illich risponde dopo "Nemesi medica", Cittadella, Assisi 1978.
Cfr. anche il libro-intervista di David Cayley, Conversazioni con Ivan
Illich, Eleuthera, Milano 1994. Utile anche il volume di AA. VV., Le
professioni mutilanti, Cittadella, Assisi 1978 (che si apre con un
intervento di Illich). Da "A. rivista anarchica", anno 33, n. 294, novembre
2003 riprendiamo la seguente scheda su Ivan Illich: "Ivan Illich
(1926-2002). Nato nel 1926 a Vienna da un padre di nobili origini dalmate e
da una madre ebrea sefardita, fin da piccolo compi' frequenti viaggi in
Europa e rimase fino all'ultimo un instancabile viaggiatore. La sua
formazione avvenne tra Salisburgo, Firenze, Roma, ma Illich non ebbe mai un
buon rapporto con le scuole, ne' con le discipline. Era sociologo, filosofo,
linguista (conosceva una decina di lingue), teologo, ma forse piu' di ogni
altra cosa uno storico delle istituzioni. Dopo la formazione teologica
all'Universita' Gregoriana in Vaticano, fu ordinato prete ed ebbe come primo
incarico la cura di una parrocchia a prevalenza portoricana vicino a
Manhattan. E' li' forse che nel cuore del primo mondo a contatto con i
reietti, gli ultimi, comincio' a capire i meccanismi dell'esclusione e
dell'alienazione degli individui attraverso l'istituzionalizzazione della
vita. Nel 1956 divenne vicerettore dell'Universita' di Puerto Rico, e nel
1961 fondo' il Centro interculturale di documentazione (Cidoc) a Cuernavaca
in Messico, un centro in cui passo' gran parte dell'intellettualita'
radicale degli anni Sessanta e Settanta, centro che avrebbe dovuto formare i
volontari e missionari per i paesi del terzo mondo. Qui nasce la critica di
Illich allo sviluppo, all'idea stessa di paesi in via di sviluppo,
condannati a un'eterna poverta' dall'impari confronto con i paesi gia'
sviluppati. Contemporaneamente Illich si impegnava contro la guerra, le
banche, le grandi corporation, e percio' riusci' facilmente a divenire
sospetto alla Cia, al governo americano e al Vaticano. Il Santo Uffizio
comincia un procedimento contro di lui e Illich abbandona il proprio abito,
la funzione sacerdotale e la Chiesa. Gli anni Settanta furono quelli della
notorieta' per la pubblicazione dei suoi scritti piu' noti e polemici sulla
critica alle istituzioni, della scuola, della salute, per una rivoluzione
nonviolenta verso un modello sociale di convivialita'. Nei decenni
successivi continuo' a lavorare secondo uno stile diverso: conferenze in
ogni parte del mondo, brevi saggi che esploravano nuovi campi dei suoi
multiformi interessi, seminari interdisciplinari con gruppi di collaboratori
scelti al di fuori dell'istituzione accademica, provenienti da ogni parte
del mondo, soprattutto alle universita' di Brema e della Pennsylvania. Ecco
alcuni dei temi affascinanti dei suoi ultimi scritti: la velocita',
l'esperienza del dolore nella contemporaneita', i mutamenti nello sguardo
nell'epoca delle immagini, la mente alfabetizzata e l'impatto con il
computer. Tra i suoi libri tradotti in italiano, ma in parte non piu'
disponibili, si possono ricordare: Descolarizzare la societa' (Mondadori,
1972), La convivialita' (Mondadori, 1974), Nemesi medica (Mondadori, 1977),
Il genere e il sesso (Mondadori, 1984), Lavoro ombra (Mondadori, 1985),
Nello specchio del passato (Red, 1992), Nella vigna del testo (Cortina,
1994). Particolarmente interessante per avere un'immagine del percorso di
Illich e' il libro Conversazioni con Ivan Illich (a cura di David Cayley),
Eleuthera 1994". Una piu' ampia notizia biografica di Ivan Illich e' nel n.
1262 de "La nonviolenza e' in cammino", e nel n. 1263 una piu' ampia
bibliografia; altri utili materiali sono in "Voci e volti della nonviolenza"
n. 17 e ne "La domenica della nonviolenza" n. 68]

Rendendo obbligatorio e sistematico lo sviluppo della produttivita', la
nostra generazione mette in pericolo la sopravvivenza dell'umanita'.

2. MAESTRE. VANDANA SHIVA: GLOBALIZZAZIONE
[Da Vandana Shiva, Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, pp. 129-130.
Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti
istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni
Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa
dell'ambiente e delle culture native, e' oggi tra i principali punti di
riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, di liberazione dei popoli,
di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia
di operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti
pericolosissimi. Tra le opere di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo,
Isedi, Torino 1990; Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino
1995; Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze,
DeriveApprodi, Roma 2001; Terra madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta
di Sopravvivere allo sviluppo); Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano
2002. Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003; Le nuove guerre della
globalizzazione, Utet, Torino 2005; Il bene comune della Terra, Feltrinelli,
Milano 2006; India spezzata, Il Saggiatore, Milano 2008]

La globalizzazione non e' solo l'interazione culturale tra le diverse
societa', ma l'imposizione di una specifica cultura su tutte le altre. La
globalizzazione non ricerca affatto l'equiliberio ecologico su scala
planetaria. E' la rapina messa in opera da una classe, da una razza, e
spesso da un solo genere, nonche' da una singola specie su tutte le altre.

3. RIFIUTI. GUIDO VIALE: IL PIANO DELLA LOBBY DEGLI INCENERITORI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 12 agosto 2008 col titolo "Il piano della
lobby degli inceneritori".
Guido Viale e' nato nel 1943, e' stato uno dei leader della protesta
studentesca nel '68, lavora a Milano, si occupa di politiche attive del
lavoro in campo ambientale, fa parte del Comitato tecnico-scientifico
dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (Anpa). Opere di
Guido Viale: segnaliamo particolarmente Il Sessantotto, Mazzotta, Milano
1978; Un mondo usa e getta, Feltrinelli, Milano 1994, 2000; Tutti in taxi,
Feltrinelli, Milano 1996; Governare i rifiuti, Bollati Boringhieri, Torino
1999; A casa, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2001; Vita e morte
dell'automobile, Bollati Boringhieri, Torino 2007]

"Durante la campagna elettorale dell'aprile scorso, diversi partiti politici
hanno sostenuto la necessita' e l'utilita' della termovalorizzazione dei
rifiuti urbani quale strumento decisivo, assieme alla raccolta
differenziata, per superare le emergenze ambientali attuali e quelle
future". Cosi' comincia un documento dal titolo eloquente di Proposta per un
Piano nazionale dei termovalorizzatori dei rifiuti urbani (Pnt) diffuso
dall'Anida (ufficialmente Associazione nazionale imprese difesa ambiente, in
realta' il club degli inceneritoristi italiani), che propone di ricoprire il
suolo patrio di nuovi inceneritori di rifiuti urbani e assimilati: per
l'esattezza, 100 impianti da 170.000 tonnellate all'anno ciascuno, per
soddisfare il fabbisogno del paese. In subordine, solo 80, oppure, tanto per
cominciare, 35 da 250.000 tonnellate all'anno nel periodo 2008-2015 e 15
(totale 50) entro il 2020. Ovviamente, per bruciare rifiuto senza quel
trattamento preliminare - prescritto dall'Ue - che estrae dalla frazione
indifferenziata solo la parte combustibile non altrimenti recuperabile, il
cosiddetto Cdr (combustibile derivato dai rifiuti); trattamento che l'Anida
considera un costo superfluo, dato che gli inceneritori possono bruciare
tutto. Con il prezzo attuale del petrolio, il Cdr e' diventato conveniente
per impianti di altro tipo (cementifici, altoforni, fornaci, centrali
termoelettriche e persino navi), che se lo disputano come additivo al
combustibile di base, rischiando di lasciare a secco gli inceneritori.
E' la linea di condotta adottata 7 anni fa in Campania dal gruppo
Fibe-Impregilo, che, per non cedere a altri il Cdr che avrebbe dovuto
estrarre dai rifiuti campani, sui quali contava di lucrare i ricchi
incentivi cosiddetti Cip6 destinati al futuro inceneritore di Acerra, ha
riempito le campagne della regione con 8 milioni di tonnellate di
"ecoballe"; che non sono Cdr, ma rifiuto indifferenziato malamente imballato
e accatastato in discariche non a norma e che, dato il loro dubbio
contenuto, la normativa europea proibisce anche di bruciare in un
inceneritore.
Per questo, quando l'inceneritore di Acerra - e gli altri tre previsti in
Campania - cominceranno a bruciare le prime ecoballe, e' quasi certo che
l'Ue avviera' contro l'Italia una nuova procedura di infrazione, che finira'
per costare al contribuente italiano multe salatissime che andranno a
aggiungersi al contributo riscosso per finanziare gli incentivi Cip6. Si
tratta di incentivi grazie ai quali l'energia elettrica prodotta dagli
inceneritori viene pagata quattro volte il suo costo di produzione in un
impianto di termogenerazione normale; erano stati aboliti in tutto il resto
del paese dal governo Prodi - non tanto per volonta' dei Verdi, ma per
uniformarsi alla normativa europea - ma sono stati poi reintrodotti, prima
dallo stesso Prodi, per il solo inceneritore di Acerra; poi, con un
emendamento al dl 90 (ora legge 123/08) proposto dal Pd, per i quattro
futuri inceneritori della Campania, e ora se ne parla anche per tutti gli
inceneritori che verranno realizzati in Calabria, Puglia e Sicilia.
In quest'ultima regione, che ha presentato da tempo un piano per costruire
prima 13 inceneritori, poi ridotti a 4, e' gia' stato siglato un accordo di
massima che introduce la regola deliver or pay: in base ad essa la quantita'
di rifiuti da conferire all'inceneritore viene fissata in maniera
autoritativa fin dall'inizio insieme alla tariffa di conferimento; se un
Comune fa troppa raccolta differenziata e non conferisce all'inceneritore
abbastanza rifiuto indifferenziato, paga lo stesso: cosi' impara a
esagerare!
E' la regola che anche il gruppo Fibe-Impregilo, supportato dall'Abi, voleva
introdurre nel contratto di servizio con la Regione e il Commissario
straordinario con cui gli era stata a suo tempo affidata la gestione di
tutti i rifiuti campani. Una regola che, pur non essendo stata formalizzata,
e' stata messa in pratica, trasformando i 7 impianti Cdr della Campania in
meri impacchettatori di rifiuto indifferenziato, oltre che imponendo lo
smantellamento di alcuni impianti di compostaggio che rischiavano di far
percepire al pubblico i grandi vantaggi di una vera raccolta differenziata.
Insomma queste deroghe sono verosimilmente il preludio alla reintroduzione
degli incentivi Cip6 su tutto il territorio nazionale. A pretenderli non ci
sono solo le Regioni citate, ma gli inceneritori in progetto o in corso di
costruzione di Torino, Rimini, Reggio Emilia, Trento, Milano, Roma e via
incenerendo; i relativi gestori da cui le amministrazioni che ne mantengono
il controllo si aspettano profitti analoghi a quelli di cui ha beneficiato
per anni - e ancora beneficia - l'Asm di Brescia: modello per tutti i
fautori dell'incenerimento, ma buco nero delle bollette elettriche italiane
che, oltre ai costi della dismissione, mai realizzata, delle centrali
nucleari, devono finanziare anche gli incentivi Cip6 finiti nelle tasche dei
gestori degli inceneritori e delle raffinerie, ivi compreso il presidente
dell'Inter, il petroliere Moratti, tutti magicamente trasformati da un
decreto interministeriale in "fonti di energia rinnovabili".
Ma la reintroduzione a tappeto del Cip6 e' soprattutto l'obiettivo non
dichiarato dell'Anida e delle imprese che essa rappresenta, che sanno bene
che senza sostanziosi incentivi un inceneritore non e' in grado di andare
avanti. Perche' oltre che nocivo per la salute - la cancerosita' delle sue
emissioni e' comprovata - e deleterio per l'ambiente - spreca, con
rendimenti energetici risibili, oltre all'energia contenuta nei materiali
che brucia anche quella consumata per produrli - l'inceneritore e' un
disastro anche in termini economici e puo' funzionare solo se lautamente
sovvenzionato. Con tanti saluti per il mercato e le sue regole: quelle a cui
nessun fautore dell'incenerimento sosterra' mai di volersi sottrarre.
Infine, il documento dell'Anida non dice chi siano i "diversi partiti
politici che hanno sostenuto la necessita' e l'utilita' della
termovalorizzazione dei rifiuti urbani durante la campagna elettorale
dell'aprile scorso". Ma basta andare a vedere da chi sono partite le
proposte e le iniziative per estendere gli incentivi Cip6 per rendersi conto
che su questo punto c'e' stata, gia' in campagna elettorale, un'intesa
cosiddetta bipartisan tra i partiti dell'attuale maggioranza e quelli
dell'attuale opposizione. Un'intesa per di piu' segreta, o mai dichiarata,
che puzza di tangenti, o comunque di spartizione dei benefici a spese del
contribuente e dell'utente elettrico.
E, cosa che desta maggiore orrore, un'intesa che si e' consolidata prendendo
a pretesto le sofferenze inflitte per oltre dieci anni alla popolazione
campana, accusata di essere precipitata nel marasma attuale per
neghittosita' nei confronti della raccolta differenziata, o addirittura per
complicita' con la camorra, che agli impianti "moderni" preferirebbe le
vecchie discariche. Invece di riconoscere che all'origine della crisi
campana c'e' solo la decisione del gruppo Fibe--Impregilo, e di chi lo ha
assecondato, di accumulare quanta piu' monnezza indifferenziata possibile da
destinare ai futuri inceneritori; in violazione del decreto Napolitano che
li obbligava a produrre vero Cdr da destinare a impianti di altre regioni:
per lo meno fino a quando l'inceneritore di Acerra non fosse entrato in
funzione. Una storia che oggi ci viene riproposta - alla grande; e per tutto
il paese - dal Pnt dell'Anida.

4. MONDO. MARINELLA CORREGGIA: AGRICOLTURA ECOLOGICA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 5 agosto 2008 col titolo "Speranza dal
Tigray".
Marinella Correggia e' nata a Rocca d'Arazzo in provincia di Asti;
scrittrice e giornalista free lance particolarmente attenta ai temi
dell'ambiente, della pace, dei diritti umani, della solidarieta', della
nonviolenza; e' stata in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Serbia, Bosnia,
Bangladesh, Nepal, India, Vietnam, Sri Lanka e Burundi; si e' occupata di
campagne animaliste e vegetariane, di assistenza a prigionieri politici e
condannati a morte, di commercio equo e di azioni contro la guerra; si e'
dedicata allo studio delle disuguaglianze e del "sottosviluppo"; ha scritto
molto articoli e dossier sui modelli agroalimentari nel mondo e sull'uso
delle risorse; ha fatto parte del comitato progetti di Ctm (Commercio Equo e
Solidale); e' stata il focal point per l'Italia delle rete "Global Unger
Alliance"; collabora con diverse testate tra cui "il manifesto", e' autrice
di numerosi libri, e' attivista della campagna europea contro l'impatto
climatico e ambientale dell'aviazione. Tra le opere di Marinella Correggia:
Ago e scalpello: artigiani e materie del mondo, Ctm, 1997; Altroartigianato
in Centroamerica, Sonda, 1997; Altroartigianato in Asia, Sonda, 1998;
Manuale pratico di ecologia quotidiana, Mondadori, 2000; Addio alle carni,
Lav, 2001; Cucina vegetariana dal Sud del mondo, Sonda, 2002; Si ferma una
bomba in volo? L'utopia pacifista a Baghdad, Terre di mezzo, 2003; Diventare
come balsami. Per ridurre la sofferenza del mondo: azioni etiche ed
ecologiche nella vita quotidiana, Sonda, 2004; Vita sobria. Scritti
tolstoiani e consigli pratici, Qualevita, 2004; Il balcone
dell'indipendenza. Un infinito minimo, Nuovi Equilibri, 2006; (a cura di),
Cambieresti? La sfida di mille famiglie alla societa' dei consumi, Altra
Economia, 2006; Week Ender 2. Alla scoperta dell'Italia in un fine settimana
di turismo responsabile, Terre di Mezzo, 2007; La rivoluzione dei dettagli,
Feltrinelli, Milano 2007]

L'ultima crisi e' stata scatenata dalla siccita', dalle piogge saltate e
dall'aumento mondiale dei prezzi. In giugno il governo dichiarava che 4,5
milioni di persone nelle zone colpite dalla siccita' avevano bisogno di
aiuti alimentari; ma stime non ufficiali da parte dei donatori - ne
riferisce l'agenzia specializzata Irin News - parlano di 8-10 milioni di
persone alla fame. Intanto gli aiuti alimentari non bastano e anche le
riserve governative di cereali sono al lumicino. Le ultime notizie, in un
reportage dell'inglese "Guardian", arrivano dai verdi altipiani del
Badawacho occidentale. Si', verdi. Le campagne non hanno il volto
rinsecchito della carestia: e' piovuto. Ma troppo tardi. L'anno scorso i
raccolti sono stati scarsi e le mancate piogge di marzo-maggio hanno dato il
colpo di grazia. E adesso, anche dopo le tanto attese piogge, il 50% della
terra non e' stato seminato: molti agricoltori sono costretti a far tutto a
mano senza l'aiuto degli animali da tiro, morti di fame. Cosi' e' mancato il
tempo... Comunque anche chi e' riuscito a seminare tutto non raccogliera'
prima di settembre.
In tanta tragedia vale la pena accennare a un'esperienza luminosa.
Un recente rapporto della Swedish Society for Nature Conservation, dal
titolo "Ecological Agricolture in Ethiopia" (Agricoltura ecologica in
Etiopia), fin dal sottotitolo parla chiaro: "Coltivare insieme alla natura
aumenta le rese e riduce la vulnerabilita'". Descrive un esperimento
innovativo e tradizionale insieme in corso da anni nella regione
settentrionale del Tigray. Protagonisti sono i coltivatori tigrini e diverse
strutture nazionali, regionali, locali. Un progetto partecipato e autoctono.
I due "genitori" sono Tewolde Berhan Gebre Egziabher, direttore della
Ethiopian Environmental Protection Authority, stimato a livello
internazionale per aver guidato i paesi piu' impoveriti a negoziare il
Trattato per il riconoscimento dei diritti degli agricoltori sulle risorse
genetiche; e sua moglie Sue Edwards, inglese che vive in Etiopia dal 1968 e
dirige l'Institute for Sustainable Development.
Iniziato in pochi villaggi, questo progetto di agroecologia e' ora esteso al
25% dei coltivatori della regione. Ha detto Sue Edwards a un recente
incontro in Italia: "Tutti i contadini con cui lavoriamo da dodici anni sono
in una situazione di sicurezza alimentare". Per lei "la carestia non e' un
male inevitabile del paese" e quelle zone del Tigray sembrano dimostrarlo.
Cos'hanno fatto? Intanto hanno insistito sulla fertilizzazione organica del
suolo, con il compostaggio e sull'uso di pesticidi fatti con erbe locali.
Poi la lotta contro l'erosione, disciplinando il pascolo. E la gestione
dell'acqua: riserve di piovana, canali, dighette, pozzi. Importanti
l'incoraggiamento alla policoltura e alla rotazione colturale, la
piantumazione di alberi con piu' funzioni. Essenziali la conservazione e
ridiffusione di specie produttive locali, "in genere piu' rustiche, e anche
piu' nutrienti, si pensi al cereale teff".
Ecco la piccola grande storia di Woldu e Hawaryia, una fra le altre
riportate dal rapporto svedese: "Siamo emigrati in campagna dalla citta' con
i nostri figli, per poverta'. Il governo ci ha assegnato un ettaro" (le
terre sono tuttora pubbliche e sono date in usufrutto agli agricoltori).
"Abbiamo costruito muretti e protezioni, arricchito il suolo con compost da
noi prodotto, scavato pozzi a mano, predisposto sistemi di irrigazione,
ridotto il numero di animali pascolanti. Adesso produciamo frutta, ortaggi e
cereali. Viviamo piu' tranquilli". Un progetto che tutela la biodiversita' e
migliora la vita rurale. Un progetto antifame. Da imitare.

5. MONDO. MARINA FORTI: BIRMANIA, DOPO IL DILUVIO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 18 giugno 2008 col titolo "Birmania, dopo
il diluvio".
Marina Forti, giornalista e saggista particolarmente attenta ai temi
dell'ambiente, dei diritti umani, del sud del mondo, della globalizzazione,
scrive per il quotidiano "Il manifesto" acuti articoli e reportages sui temi
dell'ecologia globale e delle lotte delle persone e dei popoli del sud del
mondo per sopravvivere e far sopravvivere il mondo e l'umanita' intera.
Opere di Marina Forti: La signora di Narmada. Le lotte degli sfollati
ambientali nel Sud del mondo, Feltrinelli, Milano 2004]

Fare politica su una catastrofe naturale? Il caso della Birmania e' un
terribile esempio. Nei primi giorni di maggio il ciclone Nargis ha investito
il delta del fiume Irrawaddy e la citta' di Rangoon (o Yangoon). Ha fatto
almeno 90.000 morti e 56.000 dispersi - bilancio probabilmente da
aggiornare - e ha lasciato una scia di distruzione e miseria umana: nelle
zone costiere del delta interi gruppi di villaggi sono stati cancellati
dall'ondata che ha accompagnato il ciclone, citta' devastate, centinaia di
migliaia di persone rimaste senza nulla, popolazioni senza tetto, raccolti
distrutti.
Eppure la giunta militare che governa la Birmania ha rifiutato di lasciar
entrare i soccorritori dell'Onu, a cominciare dal personale del Programma
alimentare mondiale: non gradiva, la dittatura piu' ermetica del mondo,
stranieri a "ficcanasare" nel delta dell'Irrawaddi. Solo dopo oltre venti
giorni, quando il segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon e' volato in
Birmania a incontrare il generale Than Shwe, la giunta ha accettato
l'ingresso di operatori Onu. "Quello che il mondo non sa e' che quegli aiuti
sono fermi a Rangoon: le autorita' militari continuano a impedire che il
personale internazionali li porti nelle zone alluvionate", ha spiegato ieri
U Maung Maung. "Per questo diciamo che e' necessario il monitoraggio delle
Nazioni Unite".
Maung Maung e' il segretario generale del Consiglio dei sindacati della
Birmania (Ncub), e dall'esilio in Thailandia coordina il lavoro dei
sindacati (che all'interno sono costretti alla clandestinita', considerati
"terroristi") e della piu' ampia rete dell'opposizione democratica. Ieri era
a Roma, a una conferenza stampa promossa dall'associazione Articolo 21 con
il gruppo parlamentare "di amicizia con il popolo birmano", bipartisan
(presenti tra gli altri Margherita Boniver e Gianni Vernetti, sottosegretari
agli esteri del governo attuale e del precedente).
L'esiliato birmano veniva da Ginevra, dalla conferenza annuale
dell'Organizzazione internazionale del lavoro: anche la' ha sollevato il
problema degli aiuti. Le notizie che arrivano dalla Birmania gli danno
ragione: giornalisti, reti clandestine e altri osservatori hanno raccontato
di derrate finite nei magazzini dei generali e distribuiti nelle "loro"
zone, aiuti messi sul mercato, interi distretti dove l'unico aiuto e' quello
che i sopravvissuti riescono a darsi l'un l'altro, e poi sfollati cacciati
via dai campi di raccolta...
Non solo. L'Organizzazione internazionale del lavoro negli ultimi dieci anni
ha raccolto numerose prove di come la giunta militare ha usato il lavoro
forzato - ad esempio nella costruzione di un famoso gasdotto nel sud del
paese, il progetto Yadana (questa rubrica ne ha riferito piu' volte): e ora
Maung Maung avverte che ci sono avvisaglie dell'uso di lavoro forzato anche
nella ricostruzione, che sara' un'impresa lunga, forse decennale.
"A maggio, nonostante il disastro e la sofferenza umana causati dal ciclone,
il governo militare ha tenuto un referendum costituzionale", continua Maung
Maung: "E' una costituzione scritta dal regime a sua immagine e somiglianza,
fatta per escludere la nostra leader Aung San Suu Kyi e altri leader
democratici. E' importante che i governi europei non la riconoscano". Chiede
sostegno, il leader democratico birmano: ad esempio per un progetto di radio
dell'opposizione. Parla di un regime fondato sul narcotraffico (un terzo
dell'economia birmana).
"Abbiamo documentato il lavoro forzato, lo stupro, l'uso di bambini soldato,
le detenzioni illegali: unite tutto questo, insieme al rifiuto di accettare
aiuti per una popolazione disastrata, e' un crimine contro l'umanita'.
Porteremo questa documentazione all'Assemblea generale dell'Onu, chiediamo
che la giunta militare non sia ammessa a rappresentare il nostro paese".

6. MONDO. MARINA FORTI: I RIFUGIATI DEI FIUMI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 agosto 2008 col titolo "I rifugiati dei
fiumi"]

Qualcuno lo chiama "tsunami silenzioso", anche se la metafora ormai e'
abusata. Si tratta del Bangladesh e dei suoi fiumi, in piena in questa
stagione di piogge monsoniche: il numero dei "rifugiati dei fiumi" continua
a crescere, avvertiva ieri un dispaccio di "Irin News", il notiziario online
dell'ufficio Onu per gli affari umanitari. Gia', siamo abituati a sentir
parlare di inondazioni provocate dai cicloni tropicali - evento non raro,
nel golfo del Bengala: e il Bangladesh ne e' particolarmente esposto, per la
sua natura di terre basse attraversate dall'intrico di corsi d'acqua e
canali formato dall'immenso delta congiunto del Gange (qui chiamato Padma) e
del Brahmaputra, due tra i maggiori fiumi dell'Asia. Qui pero' non stiamo
parlando di un "disastro naturale", almeno non di un singolo evento
disastroso. Si tratta invece della lenta e inesorabile erosione delle coste
e delle sponde dei fiumi nel triangolo formato dal fiume Meghna, il Padma e
il Brahmaputra.
Gli esperti ambientalisti avvertono che tra 300 e 500 famiglie ogni anno
restano senza casa (e senza terre) perche' i loro villaggi sulle sponde dei
fiumi sono "mangiati" dall'erosione.
Le autorita' bangladeshi sono consapevoli del problema. Il Centre for
Environmental and Geographic Information, istituto che fa da consulente per
l'autorita' statale per la gestione delle acque, ha elaborato un metodo per
prevedere l'erosione e i cambiamenti morfologici dei fiumi: prevede che
altre 29.000 persone sono destinate a perdere le proprie case solo nel
prossimo anno. I dati di fatto sono impressionanti: tra il 1973 e il 2007,
quasi 89.000 ettari di terra sono stati erosi (cioe' portati via dal fiume)
sulle rive del Brahmaputra, 28.000 lungo il Padma-Gange e 38.000 lungo i
loro affluenti. Per l'anno 2025, altri 3.500 chilometri quadrati saranno
stati portati via. Gli esperti ambientali e ingegneri idrici citati da "Irin
News" sottolineano che l'erosione in se' non e' cosa nuova nel delta dei due
fiumi: quello che preoccupa pero' e' l'intensita' che ha raggiunto negli
anni piu' recenti.
I motivi sono ben noti, e non difficili da immaginare. Il cambiamento del
clima e' una causa di fondo (aumenta la frequenza e intensita' di cicloni e
altri eventi "estremi"). Altra causa immediata e' la deforestazione nei
bacini a monte dei fiumi (cioe' sulle pendici dell'Himalaya in India e in
Nepal), insieme all'accumulo di depositi sul letto dei fiumi (che favorisce
le inondazioni), alla mancanza di adeguati meccanismi di gestione dei
sistemi fluviali e alla crescita della popolazione che vi si affaccia.
Le polemiche non mancano. Secondo il rappresentante bangladeshi della Iucn
(l'Unione internazionale per la conservazione della natura), l'ente di stato
per la gestione delle acque ha sperperato denaro in attivita' di "river
training", termnine che indica opere per rafforzare gli argini dei fiumi con
canali pavimentati di cemento: strategia che ha arricchito chi si e'
aggiudicato gli appalti, ma non ha messi fine a erosione e inondazioni.
Mentre la gestione dei fiumi scatena polemiche politiche (e interessi
economici), un flusso continuo di persone e' costretto a lasciare terre e
villaggi che non ci sono piu': i "rifugiati dei fiumi" sono le vittime di
questo disastro silensioso e continuato. Che possono fare? I piu' vanno ad
ammassarsi nelle bidonvilles urbane, ad accrescere una poverta' senza
scampo.

7. MONDO. MARINA FORTI: MINIERE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 agosto 2008 col titolo "La guerra delle
miniere"]

La Corte suprema dell'India ieri si e' pronunciata su due progetti di
sviluppo minerario e industriale che da un paio d'anni dividono l'India. E
si e' pronunciata a favore, chiudendo - almeno per ora - due casi
controversi, conflitti che hanno coinvolto popolazioni contadine, comunita'
indigene e gruppi di attivisti sociali.
Il primo caso riguarda Vedanta Resources, azienda mineraria britannica
(proprieta' di un capitano d'industria indiano) che intende aprire una
miniera a cielo aperto in una remota zona forestale dell'Orissa, nell'India
orientale - in piena mineral belt, regione ricca di minerali. Si tratta
delle alture di Niyamgiri, zona isolata e impervia, abitata pero' da una
popolazione nativa (adivasi, o "tribali") di migliaia di persone: i Dongria
Kondh, una tra le popolazioni aborigene meno integrate (piu' "primitive",
dicono le autorita' locali). La miniera porterebbe ruspe e macchinari
pesanti su quelle alture, aprendo una grande ferita nella foresta. Vedanta
conta di estrarne la bauxite per alimentare una raffineria di allumina gia'
costruita non lontano, presso la cittadina di Lanjigarh: anzi, sta
investendo 800 milioni di dollari per ampliarla; la raffineria dovrebbe
produrre inizialmente un milione di tonnellate di allumina all'anno. Per
tutto questo (raffineria e miniera) Vedanta ha ottenuto le concessioni dal
governo dell'Orissa gia' nel 2004 - ma ha suscitato le proteste delle
comunita' adivasi gia' evacuate per fare posto agli impianti industriali.
resistenze ancora piu' forti suscita la miniera: per i Dongria Kondh, sulle
colline di Niyamgiri c'e' la sopravvivenza, fisica e culturale. Per loro
sono Niyam Raja, "montagna regina", da onorare e non toccare: da lei sgorga
il bene piu' prezioso che ci sia, l'acqua. Negli ultimi due anni i Dongria
Kondh si sono mobilitati in frequenti proteste e con loro si sono mobilitati
gruppi ambientalisti indiani. Finche' hanno chiamato in causa la Corte
Suprema - che ieri si e' pronunciata, a favore della miniera.
L'altro caso riguarda Posco, azienda mineraria sudcoreana che ha un progetto
siderurgico sempre in Orissa - un progetto da 12 miliardi di dollari, uno
dei maggiori investimenti diretti stranieri in India. Due anni fa - per una
cifra irrisoria - Posco ha avuto la concessione dal governo locale di 6.000
acri di terreno: su quelle terre verranno costruiti impianti siderurgici per
la produzione di 12 milioni di tonnellate di acciaio, una gigantesca miniera
privata per l'estrazione di materiale ferroso, e un porto privato. Il
progetto, promettono l'azienda e le autorita', portera' posti di lavioro e
sviluppo: da due anni pero' si scontra con la testarda opposizione dei
contadini locali, per nulla contenti di perdere le loro terre anche se sono
stati promessi risarcimenti: alla fine circa 20.000 persone saranno
costrette all'esodo. Sembra che finora l'azienda sudcoreana sia riuscita a
comprare dai rispettivi proprietari circa un quarto dei 4.000 acri di
terreno necessari allo stabilimento. Ora la sentenza della corte suprema da'
il via libera alle operazioni minerarie (l'estrazione di minerale ferroso),
e autorizza l'uso di altri 3.000 acri di terre forestali.
Le ricchezze naturali della mineral belt indiana fanno gola a molti: da sola
racchiude il 70% dei giacimenti di carbone dell'India, il 56% di ferro e il
60% di bauxite. Nel caso di Vedanta, comunita' tribali e attivisti sociali
hanno gia' annunciato un appello al primo ministro. La battaglia continua.

8. DOCUMENTI. LA MOZIONE APPROVATA ALL'UNANIMITA' DAL CONGRESSO NAZIONALE
DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO
[Riproponiamo ancora una volta la mozione presentata dal professor
Alessandro Pizzi per la riduzione del trasporto aereo approvata
all'unanimita' dal congresso nazionale del Movimento Nonviolento tenutosi a
Verona dal primo al 3 novembre 2007.
Alessandro Pizzi, gia' apprezzatissimo sindaco di Soriano nel Cimino (Vt),
citta' in cui il suo rigore morale e la sua competenza amministrativa sono
diventati proverbiali, e' fortemente impegnato in campo educativo e nel
volontariato, ha preso parte a molte iniziative di pace, di solidarieta',
ambientaliste, per i diritti umani e la nonviolenza, tra cui l'azione
diretta nonviolenta in Congo con i "Beati i costruttori di pace"; ha
promosso il corso di educazione alla pace presso il liceo scientifico di
Orte (istituto scolastico in cui ha lungamente insegnato); e' uno dei
principali animatori del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e
s'impegna per la riduzione del trasporto aereo. Sul tema del trasporto
aereo, del suo impatto sugli ecosistemi locali e sull'ecosistema globale, e
sui modelli di mobilita' in relazione ai modelli di sviluppo e ai diritti
umani, ha tenuto rilevanti relazioni a vari convegni di studio]

Nella sessione conclusiva del congresso del Movimento Nonviolento, tenutosi
a Verona dal primo al 3 novembre 2007, e' stata approvata all'unanimita'
(con tre soli astenuti e nessun voto contrario) la mozione per la riduzione
del trasporto aereo presentata dal professor Alessandro Pizzi del comitato
che si oppone all'aeroporto di Viterbo.
Il Movimento Nonviolento, fondato da Aldo Capitini (1899-1968, l'illustre
filosofo ideatore della marcia Perugia-Assisi), e' la principale esperienza
organizzata della nonviolenza in Italia, e una struttura di grande rilevanza
culturale e civile e di immenso prestigio morale.
*
Il testo della mozione approvata recita:
"Il Congresso del Movimento Nonviolento
- impegnato nella difesa della biosfera fortemente minacciata dal
surriscaldamento del clima;
- consapevole del pesante contributo che al surriscaldamento del clima da'
il trasporto aereo;
- cosciente altresi' che il trasporto aereo costituisce una forma di
mobilita' altamente inquinante e devastante per l'ambiente e dannosa per la
salute e il benessere delle persone, fortemente energivora, interna ad un
modello di sviluppo ecologicamente insostenibile, assai costosa per l'intera
collettivita' locale e l'intera umanita' vivente che in larghissima parte
neppure ne fruisce;
esprime sostegno ai movimenti che si impegnano per la drastica riduzione del
trasporto aereo;
ed in tal ambito sostiene i movimenti e le iniziative che con la scelta
della nonviolenza e la forza della democrazia, in difesa della legalita' e
dei diritti umani di tutti gli esseri umani:
a) si oppongono alla realizzazione di nuovi aeroporti (e all'ampliamento
degli aeroporti esistenti) laddove non ve ne sia una vera necessita' ma essi
siano realizzati per promuovere forme di turismo "mordi e fuggi" legate a
una fruizione consumista, alienata, usurante e mercificata dei beni
ambientali e culturali, e ad un'esperienza del viaggiare che non sia
arricchimento di conoscenza ma asservimento agli imperativi delle agenzie
della narcosi pubblicitaria;
b) si impegnano per la riduzione drastica ed immediata del carico di voli
dei sedimi aeroportuali collocati a ridosso di centri abitati gia'
pesantemente gravati e fin soffocati dall'attivita' aeroportuale;
c) chiedono la cessazione dello sperpero di pubblico denaro per finanziare
le compagnie aeree;
d) chiedono che cessino le agevolazioni e le esenzioni fiscali alle
compagnie aeree;
e) si oppongono alle condotte gravemente antisindacali e violatrici dei
diritti dei lavoratori messe in atto da eminenti compagnie aeree;
f) difendono il diritto alla salute, i beni culturali e ambientali, gli
ecosistemi locali e l'ecosistema planetario, i diritti dell'umanita'
presente e delle generazioni future, minacciati dal dissennato incremento
del trasporto aereo;
g) si impegnano per il rigoroso rispetto della legislazione in materia di
difesa dell'ambiente, della salute, dei beni comuni;
h) chiedono che tutte le strutture aeroportuali realizzate e realizzande
siano sottoposte senza eccezioni alla dirimente verifica della
compatibilita' con quanto disposto dalla vigente legislazione italiana ed
europea in materia di Valutazione d'impatto ambientale (Via) e di
Valutazione ambientale strategica (Vas);
i) si oppongono alle attivita' militari che violano l'art. 11 della
Costituzione e ad ogni ampliamento delle basi aeronautiche militari, e
particolarmente alla presenza e all'ampliamento di basi aeronautiche
militari di stati stranieri e di coalizioni intese a, o impegnate in,
attivita' belliche che la Costituzione ripudia;
l) promuovono forme di mobilita' sostenibile, modelli di sviluppo
autocentrati con tecnologie appropriate, scelte economiche ecocompatibili,
eque e solidali;
m) promuovono una cultura della mobilita' e del viaggio sostenibile,
conviviale, solidale, aperta all'incontro e all'ascolto reciproco,
rispettosa delle persone e dell'ambiente;
n) si impegnano per la riduzione del surriscaldamento climatico e per la
difesa della biosfera".

9. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE ALL'AEROPORTO DI
VITERBO

Per informazioni e contatti: Comitato contro l'aeroporto di Viterbo e per la
riduzione del trasporto aereo: e-mail: info at coipiediperterra.org , sito:
www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa
Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it
Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it

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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 121 del 13 agosto 2008

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