Minime. 546



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 546 del 13 agosto 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Dell'unica politica possibile nell'eta' aperta da Auschwitz e da
Hiroshima
2. Mao Valpiana: Contro la guerra, la nonviolenza
3. Giulio Vittorangeli: Un agosto di guerra
4. Per una definizione del concetto di nonviolenza
5. Luce Fabbri: Apocalissi
6. Emily Dickinson: Nei boschi
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. DELL'UNICA POLITICA POSSIBILE NELL'ETA' APERTA DA AUSCHWITZ E
DA HIROSHIMA

La nonviolenza e' oggi l'unica politica possibile.
Essa non solo e' lotta politica e teoria politica, ma e' anche gia'
programma politico, programma di governo dei conflitti e dei piu' drammatici
problemi di un pianeta ormai unificato.
Ma e' anche programma amministrativo, capace di governare adeguatamente al
livello locale oltre che a quello globale.
E perche' valga il vero, basteranno due soli esempi: nel campo della
gestione delle risorse e della tutela della biosfera ad esempio nelle opere
di Vandana Shiva o di Marinella Correggia tu trovi indicazioni dalle piu'
ampie alle piu' minute; nel campo specifico apparentemente piu' ostico
dell'amministrazione della giustizia e della legislazione penale tu trovi
nell'esperienza della Commissione per la verita' e la riconciliazione
sudafricana un riferimento storico fondamentale. Ed analoghi esempi e'
possibile fare per tutti i campi dell'agire pubblico e della pubblica
amministrazione.
La nonviolenza e' matura per inverare con politiche adeguate i valori e gli
impegni scritti nei monumenti del costituzionalismo moderno. La nonviolenza
e' matura per inverare con politiche adeguate quei diritti e quei doveri
sociali che la tradizione liberale e quella socialista hanno indicato come
obiettivi dell'azione collettiva di liberazione e di solidarieta' e come
fondamenti della civile convivenza.
La nonviolenza e' matura per porsi come criterio e programma del movimento
dell'umanita' per affermare tutti i diritti umani per tutti gli esseri
umani, per affermare il rispetto e la difesa della biosfera, per costruire
quell'etica della cura e della responsabilita' per il vivente che nell'epoca
della tecnica e' impegno indispensabile per evitare la catastrofe.
La nonviolenza e' matura perche' e' ricca della tradizione di esperienze e
riflessioni del movimento socialista e libertario, del movimento femminista,
dell'ecologia, delle lotte di liberazione delle oppresse e degli oppressi,
contro le mafie e i razzismi, contro le menzogne e le uccisioni, contro ogni
schiavitu' comunque mascherata.
La nonviolenza e' gia' oggi l'unico movimento reale di solidarieta' e di
liberazione, di responsabilita' e di condivisione, adeguato a fronteggiare
la crisi presente.
La nonviolenza e' gia' oggi la sinistra reale.
Essa vive nelle lotte in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani
senza eccezione, nella costruzione della pace con mezzi di pace, nella
difesa dell'unica casa comune che abbiamo; essa vive nel riconoscimento di
umanita' che tutte e tutti raggiunge e convoca; essa vive nelle mille e
mille esperienze che difendono il bene di tutti e contrastano la violenza
lungo un fronte di lotta che comprende il mondo intero.
Non solo: essa vive in un patrimonio di idee e programmi cosi' ampio e cosi'
articolato che a volerlo enunciare tutto ci sarebbe da scrivere una
enciclopedia.
Essa e' rivoluzione aperta, legalita' degnificante, lotta intransigente
contro tutte le menzogne e le oppressioni. Invito alla coerenza e
all'onesta'. Conflitto e gestione del conflitto capace di comprensione,
ricomposizione e riconciliazione tra gli esseri umani e il mondo. Coscienza
e scienza della complessita', consapevole pratica fallibilista.
Essa e' politica, l'unica politica oggi possibile, oggi necessaria.
E su questo Gandhi non ebbe mai dubbi: sempre si seppe organizzatore
politico, dirigente politico, combattente politico.
E che la politica sia il banco di prova, l'impegno decisivo, nessuno puo'
nasconderselo. Per questo Hannah Arendt e' una delle nostre maestre piu'
grandi.
E che oggi in Italia o si costruisce il movimento politico della nonviolenza
politica o nulla fermera' la barbarie, ebbene, questa e' ormai convinzione
comune di un numero sempre crescente di persone di volonta' buona. Ed e'
vero a tal punto che anche coloro che pur senza conoscere la nonviolenza
cercano una via di resistenza alla barbarie, inconsapevolmente verso la
nonviolenza muovono (tra errori e fraintendimenti profondi, va da se':
purtroppo l'ignoranza affetta cosi' tante persone che anche illustri
intellettuali in questo ambito balbettano e proferiscono sesquipedali
sciocchezze).
Ma per la chiarezza: per nonviolenza intendendo la nonviolenza nitida e
intransigente, non le nicchie di tanti che ne fanno altisonante professura
finche' si ciancia a vuoto, salvo poi esser pronti a prostituirsi quando il
politicante di turno ne vellica la vanita' con la piu' misera delle
prebende.
*
Nel programma della politica della nonviolenza, della nonviolenza politica,
nel programma politico della nonviolenza in cammino, c'e' hic et nunc ad
esempio l'inveramento dei principi fondamentali della Costituzione della
Repubblica Italiana: come l'accoglienza e il riconoscimento dei diritti
umani di tutti i migranti che qui giungono in fuga da dittature, guerre,
fame, poiche' una sola e' l'umanita' e una sola e' la nostra casa comune;
come il ripudio della guerra che nella situazione presente per essere
autentico implica ormai e per sempre il ripudio degli eserciti e delle armi,
e la costruzione della Difesa popolare nonviolenta e dei Corpi civili di
pace.

2. RIFLESSIONE. MAO VALPIANA: CONTRO LA GUERRA, LA NONVIOLENZA
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at nonviolenti.org) per questo
intervento.
Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della
nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come
assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel
Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come
metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di
coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa
della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione
Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al
servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla
campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione
della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario
nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione
diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per
"blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio
direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio
della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione
di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato
di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per
la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il
digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana
rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo
ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e
uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita
l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di
donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Un suo
profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su
nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in
cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre
2007]

Contro la guerra in Georgia non possiamo fare nulla. Ma quel nulla va fatto.
Forse possiamo solo dire una parola, e dunque quella parola va detta.
Sono molteplici e complesse le vicende che hanno creato le condizioni per
questa nuova esplosione di violenza bellica (petrolio, oleodotto, sovranita'
nazionale, indipendenza etnica, imperialismo russo, eccetera) ma vi e' una
concausa che ritengo essere la piu' devastante e la principale responsabile
del massacro in atto: gli eserciti e le armi presenti in quel teatro di
guerra.
Vi e' poi da aggiungere che chi sta violando il diritto internazionale lo
puo' fare impunemente perche' sa che non verra' sanzionato. L'Onu non ha
strumenti propri per agire efficacemente e "salvare le generazioni future
dal flagello della guerra" e non puo' ne' prevenire ne' sanzionare chi la
guerra attua calpestando la Carta della Nazioni Unite. Le potenze militari
possono agire indisturbate: la Nato ha potuto bombardare il Kossovo, gli
Stati Uniti hanno potuto attaccare l'Iraq, le truppe della Coalizione
possono combattere in Afghanistan, la Cina ha potuto massacrare il Tibet, ed
ora la Russia puo' bombardare Gori. Le superpotenze tacciono reciprocamente
le violazioni altrui, per garantire l'impunita' alle proprie.
Il mondo osserva attonito, l'Onu balbetta, l'Unione Europea e' inerme. Lo
strumento di prevenzione e pacificazione che servirebbe mettere in campo non
esiste ancora. La polizia internazionale e i corpi civili di pace rimangono
sogni nel cassetto. Non trovano finanziamenti perche' gli stati, tutti gli
stati, preferiscono convogliare ogni risorsa disponibile per armare gli
eserciti nazionali. Poi, davanti all'ultimo genocidio, piangono lacrime di
coccodrillo perche' manca la forza per fermare il massacro in atto. Accade
in Afghanistan, accade in Iraq, accade in Uganda, nel Ciad, in Somalia,
nello Sri Lanka, in Israele-Palestina...
C'e' una sola cosa da fare. Intanto non illudersi che con le nostre forze
potremo fermare questa o quella guerra. Il compito nostro e' quello di
perseguire e proclamare la forza della verita': queste guerre e quelle
future sono e saranno rese possibili dallo strumento militare. Per fermare
il "flagello della guerra", che produce sangue e distruzione e disumanizza
l'intera umanita', e' necessario abolire l'apparato bellico: le fabbriche
d'armi, i bilanci militari, gli eserciti. La nonviolenza e' il fine e il
mezzo che questo rendera' possibile.
Contro la guerra in Georgia e contro ogni altra guerra in atto non possiamo
far nulla. Ma quel nulla dobbiamo fare, fosse solo accendere una candela,
scendere in piazza, scrivere questo articolo. Forse possiamo solo dire una
parola, e quella parola, contro la guerra e la sua preparazione, deve
essere: nonviolenza. Il di piu' viene dal maligno.

3. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: UN AGOSTO DI GUERRA
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento.
Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo
notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre
nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di
solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di
condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione
Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di
studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'
concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione
di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra
soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha
svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e
riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti
interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui
promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra
altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre
1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,
la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;
Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La
solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I
movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto
politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,
una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra
neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della
solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,
luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio
2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per
anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della
solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha
cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che
solidarieta'"]

Agosto e' un mese doloroso dal punto di vista degli anniversari.
Basta ricordare, per restare in Italia, la strage alla stazione di Bologna
del 2 agosto 1980, con la bomba collocata nella sala d'aspetto della seconda
classe.
Su scala mondiale, il bombardamento atomico del 1945 di Hiroshima (6 agosto)
e Nagasaki (9 agosto).
L'atomica sganciata dagli Usa, fu vissuta in Europa come una liberazione, e
addirittura il segno della pace. Fu lentamente, come peraltro accadde per la
Shoah, che ci si rese conto del significato di Hiroshima, e il suo nome
divento', con quello di Auschwitz, il punto finale di una terribile storia e
il punto iniziale di una nuova epoca: la scienza e la tecnica al servizio
dello sterminio. Determinante fu, in entrambi i drammatici avvenimenti,
Hiroshima e Auschwitz), il ruolo svolto dai sopravvissuti per "comprendere"
quanto era accaduto e nel "fare memoria" per non dimenticare. Come non
ricordare il monito di Primo Levi: "e' avvenuto, contro ogni previsione, e'
avvenuto in Europa, incredibilmente, quindi puo' avvenire di nuovo"; o le
sofferenze degli hibakusha, i sopravvissuti ai bombardamenti atomici,
condannati dalle radiazioni con la loro eredita' di malattia e
malformazioni.
Dal profondo orrore e dalla carneficina della seconda guerra mondiale nacque
il ripudio della guerra a livello internazionale con le Nazioni Unite,
recepito anche nella nostra Costituzione (il tante volte citato articolo
11).
Anche se la guerra non e' mai scomparsa dal panorama mondiale, bisogna
aspettare il 1991 con la prima guerra del Golfo, per vedere la sua nuova
legittimazione come strumento di risoluzione delle controversie
internazionali. Da quel momento in poi, ha assunto diverse denominazioni: da
"azione di polizia internazionale" ad "umanitaria", a "missione di pace".
Ecco perche' non sorprende piu' di tanto quanto sta avvenendo in Ossezia del
Sud e in Georgia. C'e' l'ipocrisia tutta occidentale (Europa e Stati Uniti
su tutti), di chi ieri ha lavorato, per esempio, per lo smembramento della
Jugoslavia in tanti paesi su base etnica, fino a convincere la Serbia a
rinunciare al Kossovo, ed oggi invece rivendica per la Georgia l'integrita'
territoriale, nessuna indipendenza quindi per l'Ossezia del Sud o
l'Abkhazia. Ma al di la' dell'ipocrisia, sappiamo che dietro ogni guerra ci
sono sempre delle cause, delle ragioni ben precise. E' evidente che in
questo caso dietro lo scontro tra Georgia (filoamericana) ed Ossezia
(filorussia) c'e' l'ennesimo braccio di ferro tra Stati Uniti e Russia per
il controllo e l'egemonia nel Caucaso.
Cosi' come sappiamo che a pagare il prezzo piu' alto sono i civili, perche'
oramai le guerre moderne sono fatte essenzialmente contro i civili. Fino
alla prima guerra mondiale, il campo di battaglia dove i soldati si
affrontavano corpo a corpo o, per lo meno, si fronteggiavano con le armi,
era il fulcro della scena bellica. Col progredire della tecnologia applicata
ai mezzi di distruzione, nel corso del Novecento, il quadro cambia
rapidamente. Aerei da bombardamento, missili e "bombe intelligenti", per non
parlare della bomba atomica, allargano il teatro di guerra e lo trasformano
fino a scacciare dalla scena la figura del soldato.
Tutte queste cose le sappiamo, ma siamo totalmente impreparati ed impotenti
davanti a quanto sta accadendo. Possiamo sentirci vicini a tutte le vittime,
e poco altro.
Questo perche' il pacifismo ha divorziato dalla politica. Perche' l'impegno
contro la guerra, come asse costante e rigoroso, e' diventato (nella
migliore delle ipotesi) un belletto dei programmi; mentre nella peggiore si
puo' sempre ritornare alla reintroduzione del Ministero della guerra.
Il pacifismo (uso questo termine per semplificare) ha sempre avuto un
rapporto non facile con la politica. Si fonda su valori assoluti (la
nonviolenza, la pace non come mera "assenza di guerra" ma come condizione
per la democrazia e lo sviluppo sociale), afferma che la sicurezza va
assicurata con strumenti politici e non militari, nega che il fine
giustifica i mezzi, ecc.
Difficile tradurre tutto questo in un programma elettorale e piu' ancora in
un'azione di governo. Ma non esiste altra possibilita'.
"Si vis pacem, para pacem": se vuoi la pace prepara la pace.

4. MATERIALI. PER UNA DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI NONVIOLENZA
[Riproduciamo ancora una volta il seguente testo gia' piu' volte pubblicato
in passato ne "La nonviolenza e' in cammino"]

Una premessa terminologica
Scriviamo la parola "nonviolenza" tutta attaccata, come ci ha insegnato
Capitini, per distinguerla dalla locuzione "non violenza"; la locuzione "non
violenza" significa semplicemente non fare la violenza; la parola
"nonviolenza" significa combattere contro la violenza, nel modo piu' limpido
e piu' intransigente.
Chiamiamo le persone che si accostano alla nonviolenza "amici della
nonviolenza" e non "nonviolenti", perche' nessuno puo' dire di essere
"nonviolento", siamo tutti impastati di bene e di male, di luci e di ombre,
e' amica della nonviolenza la persona che rigorosamente opponendosi alla
violenza cerca di muovere verso altre piu' alte contraddizioni, verso altri
piu' umani conflitti, con l'intento di umanizzare l'agire, di riconoscere
l'umanita' di tutti.
Con la parola "nonviolenza" traduciamo ed unifichiamo due distinti e
intrecciati concetti gandhiani: "ahimsa" e "satyagraha". Sono due parole
densissime che hanno un campo semantico vastissimo ed implicano una
concettualizzazione ricca e preziosa.
Poiche' qui stiamo cercando di esprimerci sinteticamente diciamo che ahimsa
designa l'opposizione alla violenza, e' il contrario della violenza, ovvero
la lotta contro la violenza; ma e' anche la conquista dell'armonia, il fermo
ristare, consistere nel vero e nel giusto; e' il non nuocere agli altri (ne'
con atti ne' con omissioni), e quindi innocenza, l'in-nocenza nel senso
forte dell'etimo. Ahimsa infatti si compone del prefisso "a" privativo, che
nega quanto segue, e il tema "himsa" che potremmo tradurre con "violenza",
ma anche con "sforzo", "squilibrio", "frattura", "rottura dell'armonia",
"scissura dell'unita'"; in quanto opposizione alla lacerazione di cio' che
deve restare unito, l'ahimsa e' dunque anche ricomposizione della comunita',
riconciliazione.
Satyagraha e' termine ancora piu' denso e complesso: tradotto solitamente
con la locuzione "forza della verita'" puo' esser tradotto altrettanto
correttamente in molti altri modi: accostamento all'essere (o all'Essere, se
si preferisce), fedelta' al vero e quindi al buono e al giusto, contatto con
l'eterno (ovvero con cio' che non muta, che vale sempre), adesione al bene,
amore come forza coesiva, ed in altri modi ancora: e' bella la definizione
della nonviolenza che da' Martin Luther King, che e' anche un'eccellente
traduzione di satyagraha: "la forza dell'amore"; ed e' bella la definizione
di Albert Schweitzer: "rispetto per la vita", che e' anch'essa un'ottima
traduzione di satyagraha. Anche satyagraha e' una parola composta: da un
primo elemento, "satya", che e' a sua volta derivato dalla decisiva
parola-radice "sat", e da "agraha". "Agraha" potremmo tradurla contatto,
adesione, forza che unisce, armonia che da' saldezza, vicinanza; e' la forza
nel senso del detto "l'unione fa la forza", e' la "forza di attrazione"
(cioe' l'amore); e' cio' che unisce in contrapposizione a cio' che disgrega
ed annichilisce. "Satya" viene tradotto per solito con "verita'", ed e'
traduzione corretta, ma con uguale correttezza si potrebbe tradurre in modi
molto diversi, poiche' satya e' sostantivazione qualificativa desunta da
sat, che designa l'essere, il sommo bene, che e' quindi anche sommo vero,
che e' anche (per chi aderisce a fedi religiose) l'Essere, Dio. Come si vede
siamo in presenza di un concetto il cui campo di significati e' vastissimo.
Con la sola parola nonviolenza traduciamo insieme, e quindi unifichiamo,
ahimsa e satyagraha. Ognun vede come si tratti di un concetto di una
complessita' straordinaria, tutto l'opposto delle interpretazioni
banalizzanti e caricaturali correnti sulle bocche e nelle menti di chi
presume di tutto sapere solo perche' nulla desidera capire.
*
Ma cosa e' questa nonviolenza? lotta come umanizzazione
La nonviolenza e' lotta come amore, ovvero conflitto, suscitamento e
gestione del conflitto, inteso sempre come comunicazione, dialogo, processo
di riconoscimento di umanita'. La nonviolenza e' lotta o non e' nulla; essa
vive solo nel suo incessante contrapporsi alla violenza.
Ed insieme e' quella specifica, peculiare forma di lotta che vuole non solo
vincere, ma con-vincere, vincere insieme (Vinoba conio' il motto, stupendo,
"vittoria al mondo"; un motto dei militanti afroamericani dice all'incirca
lo stesso: "potere al popolo"); la nonviolenza e' quella specifica forma di
lotta il cui fine e' il riconoscimento di umanita' di tutti gli esseri
umani: e' lotta di liberazione che include tra i soggetti da liberare gli
stessi oppressori contro il cui agire si solleva a combattere.
Essa e' dunque eminentemente responsabilita': rispondere all'appello
dell'altro, del volto muto e sofferente dell'altro. E' la responsabilita' di
ognuno per l'umanita' intera e per il mondo.
Ed essendo responsabilita' e' anche sempre nonmenzogna: amore della verita'
come amore per l'altra persona la cui dignita' di essere senziente e
pensante, quindi capace di comprendere, non deve essere violata (e mentire
e' violare la dignita' altrui in cio' che tutti abbiamo di piu' caro: la
nostra capacita' di capire).
Non e' dunque una ideologia ma un appello, non un dogma ma una prassi.
Ed essendo una prassi, ovvero un agire concreto e processuale, si da' sempre
in situazioni e dinamiche dialettiche e contestuali, e giammai in astratto.
Non esiste una nonviolenza meramente teorica, poiche' la teoria nonviolenta
e' sempre e solo la riflessione e l'autocoscienza della nonviolenza come
prassi. La nonviolenza o e' in cammino, vale da dire lotta nel suo farsi, o
semplicemente non e'.
Esistono tante visioni e interpretazioni della nonviolenza quanti sono i
movimenti storici e le singole persone che si accostano ad essa e che ad
essa accostandosi la fanno vivere, poiche' la nonviolenza vive solo nel
conflitto e quindi nelle concrete esperienze e riflessioni delle donne e
degli uomini in lotta per l'umanita'.
*
Tante visioni della nonviolenza quente sono le persone che ad essa si
accostano
Ogni persona che alla nonviolenza si accosta da' alla sua tradizione un
apporto originale, un contributo creativo, un inveramento nuovo e ulteriore,
e cosi' ogni amica e ogni amico della nonviolenza ne da' una interpretazione
propria e diversa dalle altre. Lo sapeva bene anche Mohandas Gandhi che
defini' le sue esperienze come semplici "esperimenti con la verita'", non
dogmi, non procedure definite e routinarie, non ricette preconfezionate, ma
esperimenti: ricerca ed apertura.
*
La nonviolenza come insieme di insiemi
Io che scrivo queste righe propendo per proporre questa definizione della
nonviolenza cosi' come a me pare di intenderla e praticarla: la nonviolenza
e' cosa complessa, un insieme di insiemi, aperto e inconcluso.
1. E' un insieme di concetti e scelte logico-assiologici, ovvero di criteri
per l'azione: da questo punto di vista ad esempio la nonviolenza e'
quell'insieme di scelte morali che potremmo condensare nella formula del
"principio responsabilita'" in cui ha un ruolo cruciale la scelta della
coerenza tra i mezzi e i fini (secondo la celebre metafora gandhiana: tra i
mezzi e i fini vi e' lo stesso rapporto che c'e' tra il seme e la pianta).
2. E' un insieme di tecniche interpretative (il riconoscimento dell'altro,
ergo il rifiuto del totalitarismo, della cancellazione o della sopraffazione
del diverso da se'), deliberative (per prendere le decisioni senza escludere
alcuno) ed operative (per l'azione di trasformazione delle relazioni:
interpersonali, sociali, politiche); come esempio di tecnica deliberativa
nonviolenta potremmo citare il metodo del consenso; come esempio di tecniche
operative potremmo citare dallo sciopero a centinaia di altre forme di lotta
cui ogni giorno qualcuna se ne aggiunge per la creativita' di chi contro la
violenza ovunque si batte.
3. E' un insieme di strategie: e ad esempio una di esse risorse strategiche
consiste nell'interpretazione del potere come sempre retto da due pilastri:
la forza e il consenso; dal che deriva che si puo' sempre negare il consenso
e cosi', attraverso la noncollaborazione, contrastare anche il potere piu'
forte.
4. E' un insieme di progettualita' (di convivenza, sociali, politiche):
significativo ad esempio e' il concetto capitiniano di "omnicrazia", ovvero:
il potere di tutti. La nonviolenza come potere di tutti, concetto di una
ricchezza e complessita' straordinarie, dalle decisive conseguenze sul
nostro agire.
*
Un'insistenza
Insistiamo su questo concetto della nonviolenza come insieme di insiemi,
poiche' spesso molti equivoci nascono proprio da una visione riduzionista e
stereotipata; ad esempio, e' certo sempre buona cosa fare uso di tecniche
nonviolente anziche' di tecniche violente, ma il mero uso di tecniche
nonviolente non basta a qualificare come nonviolenta un'azione o una
proposta: anche i nazisti prima della presa del potere fecero uso anche di
tecniche nonviolente.
Un insieme di insiemi, complesso ed aperto.
Un agire concreto e sperimentale e non un'ideologia sistematica e astratta.
Un portare ed agire il conflitto come prassi di umanizzazione, di
riconoscimento e liberazione dell'umanita' di tutti gli esseri umani; come
responsabilita' verso tutte le creature.
La nonviolenza e' in cammino. La nonviolenza e' questo cammino. Il cammino
vieppiu' autocosciente dell'umanita' sofferente in lotta per il
riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani.
*
Una grande esperienza e speranza storica
Non patrimonio di pochi, la nonviolenza si e' incarnata in grandi esperienze
e speranze storiche, due sopra tutte: la Resistenza, e il movimento delle
donne; ed e' il movimento delle donne, la prassi nonviolenta del movimento
delle donne, la decisiva soggettivita'  autocosciente portatrice di speranza
e futuro qui e adesso, in un mondo sempre piu' minacciato dalla catastrofe e
dall'annichilimento della civilta' umana.

5. MAESTRE. LUCE FABBRI: APOCALISSI
[Da Luce Fabbri, Propinqua libertas, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 2006.
E' uno dei testi che abbiamo gia' riprodotto - con altri versi italiani
della stessa autrice - in "Voci e volti della nonviolenza" n. 2 del 17
dicembre 2005.
Luce Fabbri, pensatrice e militante anarchica, educatrice profonda e
generosa, un punto di riferimento per tutti gli amici della dignita' umana e
della nonviolenza. Nata il 25 luglio 1908, figlia di Luigi Fabbri (il grande
militante e teorico libertario collaboratore di Errico Malatesta), dal 1929
in esilio dapprima a Parigi, poi a Bruxelles e via Anversa in America
Latina, a Montevideo in Uruguay, ove da allora risiedera' (ma ancora sovente
molto viaggiando); la morte la coglie il 19 agosto 2000, operosa fino alla
fine, sempre attiva, generosa, mite, accogliente; sempre lucida, sempre
limpida, per sempre Luce. Opere di Luce Fabbri: per un primo avvio
segnaliamo l'ampia e preziosa intervista a cura di Cristina Valenti in
questo foglio riproposta. Tra le sue opere in volume ed in opuscolo
segnaliamo: a) scritti politici: Camisas negras, Ediciones Nervio, Buenos
Aires 1935; (con lo pseudonimo Luz D. Alba), 19 de julio. Antologia de la
revolucion espanola, Coleccion Esfuerzo, Montevideo 1937; (con Diego Abad de
Santillan), Gli anarchici e la rivoluzione spagnola, Carlo Frigerio Editore,
Lugano 1938; La liberta' nelle crisi rivoluzionarie, Edizioni Studi Sociali,
Montevideo 1947; El totalitarismo entre las dos guerras, Ediciones Union
Socialista Libertaria, Buenos Aires 1948; L'anticomunismo, l'antimperialismo
e la pace, Edizioni di Studi Sociali, Montevideo 1949; La strada, Edizioni
Studi Sociali, Montevideo 1952; Sotto la minaccia totalitaria, Edizioni RL,
Napoli 1955; Problemi d'oggi, Edizioni RL, Napoli 1958; La libertad entre la
historia y la utopia, Ediciones Union Socialista Libertaria, Rosario 1962;
El anarquismo: mas alla' de la democracia, Editorial Reconstruir, Buenos
Aires 1983; Luigi Fabbri. Storia d'un uomo libero, BFS, Pisa 1996; Una
strada concreta verso l'utopia, Samizdat, Pescara 1998; La libertad entre la
historia y la utopia. Tres ensayos y otros textos del siglo XX, Barcelona
1998; b) volumi di poesia: I canti dell'attesa, M. O. Bertani, Montevideo
1932; Propinqua Libertas, Bfs, Pisa 2005; c) scritti di storia e di critica
letteraria: Influenza della letteratura italiana sulla cultura rioplatense
(1810-1853), Ediciones Nuestro Tiempo, Montevideo 1966; L'influenza della
letteratura italiana sulla cultura rioplatense (1853-1915), Editorial Lena &
Cia. S. A., Montevideo 1967; La poesia de Leopardi, Instituto Italiano de
Cultura, Montevideo 1971; Machiavelli escritor, Instituto Italiano de
Cultura, Montevideo 1972; La Divina Comedia de Dante Alighieri, Universidad
de la Republica, Montevideo 1994. Ad essi si aggiungono i saggi pubblicati
nella "Revista de la Facultad de Humanidad y Ciencias" di Montevideo, e gli
interventi e le interviste su molte pubblicazioni, e le notevoli
traduzioni - con impegnati testi propri di introduzione e commento - (tra
cui, in volume: di opere di Nettlau, di Malatesta, del padre Luigi Fabbri, e
l'edizione bilingue commentata del Principe di Machiavelli). Cfr. anche
"Voci e volti della nonviolenza" n. 2. Opere su Luce Fabbri: un punto di
partenza e' l'utilissimo dossier, Ricordando Luce Fabbri, in "A. rivista
anarchica", n. 266 dell'ottobre 2000, pp. 28-41 (disponibile anche nel sito:
www.arivista.org). Nel nostro notiziario cfr. vari interventi su Luce
Fabbri: tra cui un testo di Gianpiero Landi ne "La nonviolenza e' in
cammino" n. 1155; un'ampia intervista di Gianpiero Landi a Luce Fabbri ne
"La nonviolenza e' in cammino" nn. 1157-1159; un'ampia intervista di
Cristina Valenti a Luce Fabbri in "Nonviolenza. Femminile plurale" nn.
44-46; un articolo di Margareth Rago ne "La nonviolenza e' in cammino" n.
1174; un articolo biografico di Gianpiero Landi ne "La nonviolenza e' in
cammino" n. 1175; un articolo di Paolo Finzi in "Nonviolenza. Femminile
plurale" n. 55]

Viene il giorno dell'ira.
Viene l'inferno, ingoia gl'innocenti.
L'apprendista stregone,
dopo aver scatenati tutti i venti,
preme ridendo l'ultimo bottone.
Le montagne di scoria
si sciolgono in fusione.
E' finita la storia.
Gli oceani puzzolenti
affogano il bisonte d'Altamira.

6. MAESTRE. EMILY DICKINSON: NEI BOSCHI
[Da Emily Dickinson, Lettere, Sansoni, Firenze 1961, Bompiani, Milano 2000,
pp. 166-7. E' un frammento da una lettera dell'agosto 1862.
Emily Dickinson visse ad Amherst, Massachusetts, tra il 1830 e il 1886;
molte le edizioni delle sue poesie disponibili in italiano con testo
originale a fronte (tra cui quella integrale, a cura di Marisa Bulgheroni:
Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005; ma vorremmo
segnalare anche almeno la fondamentale antologia curata da Guido Errante:
Emily Dickinson, Poesie, Mondadori, Milano 1956, poi Guanda, Parma 1975, e
Bompiani, Milano 1978; e la vasta silloge dei versi e dell'epistolario
curata da Margherita Guidacci: Emily Dickinson, Poesie e lettere, Sansoni,
Firenze 1961, Bompiani, Milano 1993, 2000); per un accostamento alla sua
figura e alla sua opera: Barbara Lanati, Vita di Emily Dickinson. L'alfabeto
dell'estasi, Feltrinelli, Milano 1998, 2000; Marisa Bulgheroni, Nei
sobborghi di un segreto. Vita di Emily Dickinson, Mondadori, Milano 2002]

Quando da bambina stavo molto nei boschi, mi fu detto che la serpe mi
avrebbe punta, che avrei potuto cogliere un fiore velenoso, o che gli
spiriti mi avrebbero potuta rapire, ma io seguitai per la mia strada e
incontrai soltanto angeli, che erano molto piu' timidi verso di me di quanto
potessi essere io verso di loro, cosi' non ho quella fiducia nel male che
hanno tanti.

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 546 del 13 agosto 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it