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Voci e volti della nonviolenza. 213
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 213
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 12 Aug 2008 15:22:05 +0200
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 213 del 12 agosto 2008 In questo numero: 1. Giuseppe Montalbano intervista Umberto Santino 2. Et coetera 1. GIUSEPPE MONTALBANO INTERVISTA UMBERTO SANTINO [Dal sito del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" ( via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it) riprendiamo la seguente intervista dal titolo "Mafia e politica. Giuseppe Montalbano della Scuola Normale di Pisa intervista Umberto Santino"] - Giuseppe Montalbano: Un rapporto tra la politica e la mafia, o meglio "le mafie" declinato al plurale, puo' essere tracciato in maniera trasversale lungo l'intero arco della storia della Repubblica. Diversi sono invece i rapporti di forza che si sono delineati dalla Liberazione ai giorni nostri, come differenti sono le interpretazioni date dagli studiosi sulla natura del fenomeno. Riferendoci inizialmente alla mafia siciliana, definita a partire dalle confessioni del pentito Tommaso Buscetta "Cosa Nostra", che tipo di rapporto si instaura nel dopoguerra con l'egemonia democristiana in Sicilia? E' corretto parlare di un rapporto di sudditanza della politica a un sistema di potere che ha trovato dopo lo sbarco degli alleati un terreno fertile su cui riattecchire? Questa posizione mi sembra possa esprimersi nel quadro tracciato dall'avvocato Giuseppe Alessi, rifondatore della Dc in Sicilia e primo presidente della Regione, in un intervento sul dopoguerra in Sicilia tenuto a Caltanissetta il 26 aprile 1984: racconta infatti di un vero e proprio scontro col "partito" del cosiddetto "Vallone" (un insieme di comuni del nisseno che e' stato patria dei capimafia piu' potenti di allora) e di un asservimento al capo dei capi Calogero Vizzini, in cui un ruolo centrale avrebbe giocato la Chiesa nella figura di monsignor Jacono, allora vescovo di Caltanissetta. Abbiamo quindi inizialmente un rapporto di sudditanza della politica alla mafia? Un'organizzazione onnipotente che detta le sue leggi alla politica? E' corretto interpretare con questo modello i complessi rapporti tra Dc e mafia che si sarebbero sviluppati a livello nazionale? Il noto concetto andreottiano di "quieto vivere" esprime l'ideale del compromesso, dell'equilibrio possibile tra criminalita' organizzata e politica da garantire e mantenere in Sicilia e a livello nazionale. Come si e' realizzata storicamente questa pax mafiosa? Puo' essere letta come una definitiva sconfitta da parte delle istituzioni o al contrario come il trionfo di una mediazione che e' servita ad "addomesticare" la mafia alla politica? - Umberto Santino: Penso che il rapporto mafia-politica sia stato e sia piu' complesso dello schema autonomia-dipendenza. Mi sembra piu' corretto parlare di interazione e di convergenza o identita' di interessi. Alla base di questa impostazione c'e' la mia analisi della mafia come soggetto politico in senso weberiano, cioe' di un gruppo che ha un suo complesso di regole, valide entro un dato territorio, un apparato e dei mezzi per farle attuare, comminando sanzioni per chi non le rispetta. Come tale la mafia ha un rapporto duale con le istituzioni: non riconosce il monopolio statale della forza ma intrattiene con esse una serie di rapporti. Questo vale per l'organizzazione criminale (Cosa nostra e altri gruppi) ma il quadro si complica se si considera che aspetto costitutivo del fenomeno mafioso e' il sistema di relazioni, che vanno dagli strati sociali piu' bassi a quelli piu' alti, e che danno vita a un blocco sociale, dominato da soggetti illegali e legali: capimafia, professionisti, imprenditori, amministratori, politici, rappresentanti delle istituzioni, definibili come borghesia mafiosa. Questo rapporto interattivo comincia con la formazione dello Stato unitario ed e' preceduto da una lunga fase di incubazione (quelli che chiamo "fenomeni premafiosi" sono documentabili fin da XVI secolo). La mafia nell'immediato dopoguerra e' un soggetto decisivo nella repressione del movimento contadino e l'assunzione diretta del potere da parte di capimafia, nominati sindaci e amministratori, configura una criminocrazia formale. Successivamente si pone il problema di arrestare con tutti i mezzi le lotte contadine e battere le sinistre che, sull'onda delle mobilitazioni contadine, avevano vinto le elezioni regionali del 20 aprile 1947. La risposta fu Portella della Ginestra e la fine della coalizione antifascista al governo dal 1944, con l'esclusione delle sinistre dal potere. Quindi il problema non e' solo Caltanissetta, come nell'analisi di Alessi, e' l'assetto di potere nazionale e regionale, con l'affermazione del centrismo, cioe' della supremazia democristiana con il contorno dei partiti conservatori, che furono indicati come mandanti della strage del primo maggio. Non vedo pertanto una mafia onnipotente che detta le leggi alla politica e la politica che obbedisce ed esegue. Direi piuttosto che c'e' un matrimonio consensuale che consente all'assetto politico di riprodursi e perpetuarsi e alla mafia di prosperare e di inserirsi in posizione privilegiata dentro un quadro sociale in mutamento, con la spesa pubblica che diventa la risorsa fondamentale, una volta ridimensionata l'agricoltura e sviluppatosi il settore terziario-parassitario. Il "quieto vivere" di Andreotti e' un modo molto soft di riconoscere questa convivenza che serviva tanto alla mafia quanto alla politica e alle istituzioni. Puo' essere utile il concetto di mediazione? Direi che l'aspetto prevalente e' la comunanza di interesse a tenere fuori dal potere le sinistre e a controllare il conflitto sociale. La mafia e' stata un baluardo nella lotta anticomunista (anche la Chiesa cattolica metteva al centro della sua azione l'anticomunismo), finche' c'e' stato un forte Partito comunista, ma in Sicilia la partita con il Pci e le sinistre era stata vinta gia' nel corso degli anni '40 e '50, con un'autonomia regionale gestita dalle forze conservatrici e una riforma agraria che spinse all'emigrazione circa un milione e mezzo di persone e dissanguo' la Sicilia delle sue forze piu' combattive e ridusse a minoranze i partiti di opposizione. * - Giuseppe Montalbano: Con la fine dell'egemonia delle famiglie mafiose palermitane, sancita con l'eliminazione dei Bontade, e l'instaurazione della dittatura sanguinaria dei corleonesi il sottile equilibrio si rompe dando vita all'epoca stragista. Come interpreta una simile rottura nei rapporti mafia-politica? - Umberto Santino: La convivenza pacifica tra mafia e politica governativa dura fino alla fine degli anni '70 e ai primi anni '80, quando l'accumulazione illegale straripa e la mafia chiede molto di piu', abbattendo gli ostacoli che incontra al suo processo di espansione, anche all'interno dello schieramento al potere. Leggo in quest'ottica il delitto Mattarella del gennaio 1980. Hanno volutamente colpito un uomo-simbolo: figlio ed erede di Bernardo, da piu' fonti indicato come politico "chiacchierato", anche se non ci sono riscontri sul piano giudiziario (Danilo Dolci, che pure aveva fatto denunce puntuali, fu condannato per diffamazione), ma impegnato in una politica di moralizzazione e di apertura al Pci, sulla linea di Aldo Moro. Piu' che di rottura con la politica parlerei di un alt a tentativi di rinnovamento che potevano ostacolare o contenere la strategia espansiva della mafia. Questa strategia nasce dalla lievitazione dell'accumulazione illegale, che porta a una lievitazione della richiesta di spazi di potere, e si mischia con la volonta' di dominio dei corleonesi, fino ad allora parenti poveri della mafia cittadina. I corleonesi impongono una dittatura monarchica a un'organizzazione tradizionalmente repubblicana e colpiscono a morte anche chi all'esterno si oppone o non e' "affidabile". Vincono la guerra interna ma con il delitto Dalla Chiesa e con le stragi del '92 e del '93 suscitano effetti boomerang: la legge antimafia, approvata dieci giorni dopo il delitto Dalla Chiesa, il maxiprocesso, gli arresti e le condanne. * - Giuseppe Montalbano: Diversi studiosi hanno datato a questi anni il delinearsi da parte dello Stato di una risposta forte alle mafie e la nascita di una "lotta antimafia" che partendo dalla societa' civile avrebbe presto coinvolto le istituzioni e la politica nella costituzione di un fronte comune. Si puo' davvero parlare di una "nascita dell'antimafia" nell'epoca post-stragista? Quale e' stata la reazione dello Stato e della politica? Come si ridefinisce in quegli anni il rapporto mafia e politica? Si assiste davvero a una completa inversione di rotta o ad un'inversa strategia di rapporti? Quanto le leggi antimafia adottate a partire dall'omicidio del generale Dalla Chiesa e la lotta condotta dalle istituzioni hanno intaccato il "sistema di rapporti" del potere mafioso che fa da filo conduttore dei suoi libri? Quanto sono state incisive a suo avviso le risposte della politica da quel momento, in particolare in Sicilia? - Umberto Santino: L'antimafia nasce gia' alla fine dell'Ottocento, con i Fasci siciliani, e prosegue con le lotte contadine degli anni precedenti e successivi al Fascismo. Dal 1944 al 1947 la mobilitazione contadina e' sollecitata e sostenuta dai governi di unita' antifascista, dopo viene condotta solo dalle forze dell'opposizione. Negli anni '80 e '90 piu' realisticamente abbiamo l'impegno di alcuni settori delle istituzioni, soprattutto di parte della magistratura che gode di una sorte di delega a tempo, in una logica di risposta emergenziale all'escalation della violenza mafiosa. La legge antimafia e' stata un fatto storico, intervenuto con piu' di un secolo di ritardo rispetto alla realta', ma essa e le altre leggi antimafia piu' che costituire una risposta organica sono una risposta emergenziale a un fenomeno considerato soprattutto come emergenza delittuosa, cioe' come fabbrica di omicidi. Non si pongono adeguatamente il problema dei rapporti, tanto che per affrontarlo si e' dovuto ricorrere al concorso esterno, che e' una elaborazione giurisprudenziale. Il "fronte comune" costituitosi negli anni '80 e '90 raccoglie minoranze, sia all'interno delle istituzioni sia all'esterno. Le grandi manifestazioni successive alle stragi coinvolgono centinaia di migliaia di persone, sull'onda dell'emozione e dello sdegno suscitato dai grandi delitti, ma a svolgere un lavoro continuativo, nelle scuole, nell'antiracket, per l'uso sociale dei beni confiscati, si era e si e' rimasti in pochi, anche se c'e' stato un relativo incremento. Il pool antimafia invece di essere rafforzato viene smantellato dopo il maxiprocesso, buona parte della legislazione antimafia viene attenuata (penso in particolare alle restrizioni per i collaboratori di giustizia), Falcone e' costretto a lasciare Palermo dopo una serie di traversie che preparano il terreno all'assassinio. Lo stesso puo' dirsi per Borsellino, isolato e osteggiato in vita e osannato da morto. Chinnici, che ha il merito storico di aver avviato l'azione del pool antimafia, ha avuto grossi problemi ed e' per giunta dimenticato. Sul piano politico l'autoelisione della Democrazia cristiana, partito di mediazione con tutti i poteri reali, a cominciare dalla mafia, porta alla nascita di Forza Italia, che ignora la mediazione e privilegia una strategia di legalizzazione dell'illegalita', che va oltre le vicende personali del leader-padrone. La relazione su mafia e politica della Commissione antimafia del 1993, che teorizza una responsabilita' politica e l'affida all'autoregolamentazione dei partiti, rimane interamente sulla carta. I partiti hanno continuato a candidare e a fare eleggere personaggi sotto processo e condannati. Piu' che un'inversione di rotta c'e' stata una ridefinizione delle strategie di rapporti. La mafia ha capito che la strategia della violenza era perdente e ha preferito rilanciare la mediazione attraverso la sommersione, cioe' il controllo della violenza, soprattutto di quella rivolta verso l'alto; i nuovi aspiranti al potere si sono aggrappati a Berlusconi come l'unico personaggio che li potesse portare al comando, allineandosi alla sua politica di privatizzazione del potere, che ha molto da spartire con il modello mafioso: l'illegalita' come risorsa e l'impunita' come legittimazione. Il guaio e' che la maggioranza degli elettori italiani ha votato per Berlusconi per ben tre volte, e cio' vuol dire che questo modello, strutturalmente illegale, gode di un ampio consenso. * - Giuseppe Montalbano: Il caso del governatore della Regione siciliana Salvatore Cuffaro si inscrive all'interno della "questione etica" e nelle contraddizioni di una classe politica che spende migliaia di euro per affigere in tutte le citta' della Sicilia manifesti recanti la fulgida intuizione "La mafia fa schifo" e festeggia con cannoli e spumante la condanna per favoreggiamento del Presidente della Regione. Aspetto a mio avviso piu' inquietante della vicenda e' il fatto che Cuffaro sia stato candidato dal suo partito al Senato e che grazie ai voti della Sicilia sia salito. Che senso puo' avere a suo avviso una "questione etica" se il popolo "premia" chi e' stato condannato per mafia? Quali sono le insufficienze e le debolezze di un'antimafia che fa molta pubblicita', ma sembra non avere ancora presa all'interno della societa'? - Umberto Santino: La "questione etica" per moltisimi cittadini non esiste, se non come riprovazione per le attivita' delittuose piu' eclatanti e per i boss piu' sanguinari, poiche' agisce una dinamica di creazione del consenso che poggia le sue radici nella consistenza dell'accumulazione illegale e nella pratica dell'illegalita'. Cuffaro e' stato eletto con gran numero di voti anche dopo la condanna e l'Udc non poteva non candidarlo perche' senza Cuffaro sarebbe sparita. La presenza al Senato si deve a Cuffaro. I proclami antimafia vanno benissimo pure per la mafia se il sistema di potere rimane integro e da questo punto di vista Berlusconi e' molto piu' pericoloso di Cuffaro, rappresentando una summa di poteri, economico, politico, mediatico, che non ha eguali in Italia e anche altrove. Si ripropone il problema del consenso che invano si tenta di aggredire con le denunce dei rapporti di alcuni personaggi con dei mafiosi. Si pensa che dovrebbero agire da deterrenti e invece agiscono da collanti e da spot pubblicitari. Non e' affatto vero che "se li conosci li eviti". Anzi e' vero il contrario: se li conosci li voti. Il voto della maggioranza degli elettori e' pienamente consapevole. * - Giuseppe Montalbano: In un libro-intervista uscito recentemente, Pizzini, veleni e cicoria, realizzato dal giornalista della "Stampa" Francesco La Licata, il procuratore Grasso polemizza apertamente con quanti, in primis Travaglio e Lodato, hanno definito l'arresto dell'ultimo boss corleonese Bernardo Provenzano come una sorta di "arma di distrazione di massa" sul cui sfondo si nasconderebbe ancora il rapporto mafia-politica. Perche' questa accusa? Che peso ha avuto per Cosa Nostra l'arresto di Provenzano? - Umberto Santino: In quel libro si parla ampiamente di borghesia mafiosa ma si tralascia di indicare il mio lavoro. Non e' la prima volta che succede e non sara' l'ultima. Anche nell'antimafia ci sono vetrine e protagonismi, veicolati dai media. In televisione circolano servizi in cui si ignora il ruolo decisivo del Centro pure per le vicende di Peppino Impastato (si veda un filmato per "La storia siamo noi"). Le polemiche sono da ricondurre al clima del palazzo di giustizia di Palermo, dominato dalle divisioni tra i magistrati. Al centro delle divisioni il rapporto mafia-politica e la valutazione sul processo ad Andreotti, che a mio avviso si e' chiuso con un verdetto "all'italiana": associato a delinquere fino al 1980, ma il reato e' prescritto, assolto per il resto. In realta' i rapporti di Andreotti con un personaggio come Salvo Lima sono durati fino alla sua morte, nel 1992. Il 1980 e' una data inventata e la scelta di incriminare senza condannare e di assolvere e' un compromesso che salva il lavoro della Procura e contribuisce alla santificazione di Andreotti. Grasso e' stato accusato da altri magistrati di aver tralasciato le indagini sui rapporti con la politica. Ritengo che su questo terreno la magistratura abbia mezzi inadeguati (il concorso esterno) e che dovrebbe essere la societa' nel suo complesso ad affrontare questi temi, ma si guarda bene dal farlo, escluse poche minoranze. L'arresto di Provenzano e' certo un fatto positivo, ma viene con troppo ritardo e significa che per molti anni non lo si e' cercato. Resta il problema del ruolo di Provenzano negli ultimi anni: un capo dei capi monarchico, o un primus inter pares di un organo collegiale composto da pochissimi boss? Propendo piu' per la seconda ipotesi. L'arresto di un capomafia e' senz'altro un colpo alla mafia ma la sua sostituzione non e' difficile. La mafia del dopo Provenzano si trova a dover fare una scelta: o continuare, anche con qualche sussulto, sulla linea della mediazione e del controllo della violenza o riprendere la linea della violenza eclatante. Finora pare che abbia capito che la linea piu' conveniente, con un quadro politico abbastanza ospitale, e' quella della "sommersione". * - Giuseppe Montalbano: Nei giorni successivi alle ultime elezioni e' andato in onda su "Exit", programma di attualita' della rete televisiva "La 7", un servizio sul sistema dei patronati gestiti dall'Mpa. Un servizio che ha messo in luce uno scandalo sotto gli occhi di tutti e che, come prevedibile, non ha destato alcuno scandalo nell'opinione pubblica. Riassumendo: delle strutture pubbliche finalizzate a garantire assistenza e aiuti ai cittadini dei quartieri piu' disagiati si sono improvvisamente trasformate in comitati elettorali dei partiti del Movimento per l'Autonomia e del Popolo delle Liberta', dando vita a un vero e proprio mercato di voti. La risposta del neo-eletto presidente della Regione, Raffaele Lombardo, e' degna di riflessione: la legge non vieta che queste strutture pubbliche diventino dei comitati elettorali. Perche' nessuno ha mai parlato di questa grave "lacuna" e non sono stati presi provvedimenti in tal senso? Come queste "lacune" nelle leggi favoriscono il diffondersi di un sistema clientelare? Quanto questo sistema debba considerarsi la "chiave" per intendere oggi i rapporti tra mafia e politica particolarmente nel meridione? - Umberto Santino: Non c'e' stato nessuno scandalo perche' tutto questo, all'insegna della privatizzazione del pubblico, viene considerato normale. Si tratta di "lacune" o di prassi che continuerebbero anche con regole piu' adeguate? Le regole certamente sono necessarie ma bisognerebbe preoccuparsi di farle rispettare. Lombardo e l'Mpa hanno ripreso i temi classici del sicilianismo, solo che avranno a vedersela con il settentrionalismo leghista e con i personalismi di Berlusconi. Non so quanto Lombardo potra' ottenere in un contesto in cui il suo peso non e' tale da bilanciare la preponderanza di Forza Italia e della Lega. Non so neppure se Lombardo abbia voglia e possibilita' di rilanciare il separatismo come movimento di massa per rafforzare il suo peso. Comunque la mafia da tempo non e' piu' un fenomeno solo locale e non so quanto sarebbe interessata a un'operazione del genere. Per intanto il nuovo presidente della Regione cerca di tenere in piedi il sistema clientelare, in continuita' con Cuffaro, e ricorre alla foglia di fico di qualche magistrato per dare parvenza di legalita' ed efficienza a settori come la sanita', che scatena grandi appetiti essendo diventato uno dei piu' danarosi e dei piu' funzionali all'esercizio della "signoria territoriale". Anche Cuffaro vi aveva fatto ricorso e ha trovato qualcuno che si e' prestato... * - Giuseppe Montalbano: Un modello di controllo territoriale con cui e' possibile interpretare anche il "sistema" camorra? Il rapporto camorra-politica tratteggiato da Saviano nelle pagine di "Gomorra" viene sintetizzato in un passo significativo in cui l'autore pone una netta distinzione dal modello della mafia siciliana: "I clan di camorra non hanno bisogno dei politici come i gruppi mafiosi siciliani, sono i politici che hanno necessita' estrema del Sistema (alias camorra, ndr)" [R. Saviano, Gomorra, Mondadori, Milano 2006, p. 57]. Puo' commentarci questa affermazione? - Umberto Santino: Il mio concetto di signoria territoriale si puo' applicare anche alla 'ndrangheta e alla camorra. Non mi convincono le affermazioni di Saviano che ha scritto un romanzo di successo che non indica le fonti di documentazione. Il successo poi lo ha portato a un protagonismo eccessivo, come al solito ingigantito dai media, come se fosse il primo e l'unico a parlare di camorra e a correre rischi. Non si dimentichi che Siani e' stato ucciso e non ha mai avuto vetrine. Anche in Campania i rapporti camorra e politica sono complessi e non riducibili a semplificazioni buone per i bestsellers. * - Giuseppe Montalbano: Lo scorso giugno l'omicidio dell'imprenditore Michele Orsi a Casal di Principe, definito da Saviano come il "Salvo Lima nei rapporti tra clan e politica" ha riaperto la questione della "protezione" offerta dallo Stato a chi collabora con la giustizia. In vista del maxi-processo "Spartacus" che minaccia di colpire pesantemente il clan dei casalesi, le dichiarazioni dell'Orsi avrebbero fornito elementi di fondamentale importanza. Nonostante le numerose intimidazioni, il prefetto non gli ha concesso la scorta. Perche' un collaboratore cosi' prezioso e' stato lasciato solo? Come lo Stato difende chi e' disposto a denunciare o collaborare? - Umberto Santino: Non capisco il raffronto Orsi-Lima: sono storie diverse. Sul problema della protezione ai collaboratori bisogna conoscere i casi concreti e su Orsi io so solo quello che ho letto sui giornali. Comunque a mio avviso bisognerebbe rivedere tutta la politica anticrimine, in particolare quella per i testimoni di giustizia, per anni condannati a una condizione di isolamento e di misconoscimento del loro ruolo. * - Giuseppe Montalbano: Quali sono le nuove norme sulla confisca dei beni mafiosi contenute nel "pacchetto sicurezza" del governo? Forniscono a suo avviso una risposta sufficiente a quello che e' stato definito piu' volte dall'on. Forgione, presidente della Commissione parlamentare antimafia nella scorsa legislatura, una delle piu' gravi lacune presenti nella nostra legislazione? Quali sono oggi le risposte della politica nella lotta alla criminalita' organizzata? Quanto la "questione sicurezza" ha posto in secondo piano la minaccia prioritaria della criminalita' organizzata? - Umberto Santino: Il "pacchetto sicurezza" e' nato soprattutto per proteggere Berlusconi dagli interventi della giustizia e per dare fiato alle politiche xenofobe della Lega, alla ricerca di capri espiatori, con il progetto semplicemente vergognoso di prendere le impronte ai bambini rom. Poi per fare inghiottire la pillola il pacchetto e' diventato un sacco in cui c'e' di tutto, comprese le misure antimafia. Ma il massimo che si potra' fare e' continuare a perseguire boss e gregari, facendo la faccia feroce con loro. Mentre il sistema di rapporti e' in pieno vigore e informa il sistema di potere complessivo. Quando Dell'Utri definisce un "eroe" Vittorio Mangano, non lo fa solo per calamitare voti ma per proclamare un'identita' politico-culturale. E l'immunita' per Berlusconi, fatta passare con l'immunita' per le piu' alte cariche dello Stato, l'immunita' dei parlamentari che si vuole ripristinare, parlano chiaro: la legalita' si riscrive come illegalita' garantita. Ma non mi stanco di sottolineare che tutto cio' gode di largo consenso e questo e' il pozzo in cui guardare, con un'analisi adeguata che dal sistema di potere si allarghi al contesto sociale. * - Giuseppe Montalbano: Quali sono le prospettive e le lacune dell'antimafia sociale e quanto sono presenti nel fronte antimafia contrasti interni che impediscono la costituzione di un vero e proprio "fronte unico". La politica come puo' essere in prima linea in questa che Borsellino defini' innanzitutto nei termini di una "battaglia culturale"? - Umberto Santino: Si parla di antimafia sociale ma in realta' le esperienze significative sono pochissime: l'uso dei beni confiscati riguarda poche cooperative con decine di soci, la lotta per la casa a Palermo che ha portato anche all'uso delle case confiscate riguarda solo alcune centinaia di persone. Anche l'antiracket coinvolge minoranze: un centinaio di associazioni, quasi tutte al Sud (al Centro-Nord e' diffusa la cultura leghista del fai da te, cioe': difenditi con le tue armi), con alcune migliaia di associati. Per il resto l'antimafia ignora i problemi sociali e si fonda soprattutto sulla predicazione di una legalita' astratta e formale. I contrasti interni (penso per esempio a quelli che hanno portato a rotture con "Libera") sono dovuti alla mancanza di una cultura della convivenza democratica, a protagonismi che ignorano il lavoro collettivo e il rispetto delle storie e delle esperienze di ciascuno. La lotta alla mafia dovrebbe essere uno dei punti qualificanti di una lotta per la democrazia e per l'uso sociale delle risorse, condotta su vari terreni, non solo su quello culturale. Su questo progetto dovrebbe ridefinirsi un'identita' dei soggetti alternativi. Le sinistre sono sparite prima che dal Parlamento dal contesto sociale, nonostante i tentativi di legarsi ai movimenti, in particolare ai noglobal. Non sono presenti sul territorio, non hanno nessun ruolo dentro i conflitti sociali. Il Pd marcia speditamente verso il centro, pur non avendo avuto nessun voto da quelle parti. E se non si costruisce una politica che metta al centro i problemi della disoccupazione, del lavoro nero e precario, del rafforzamento dell'economia legale, con una diffusa presenza sul territorio, mafie e destre sono destinate a riprodursi e a perpetuarsi chissa' per quanto tempo. Le borghesie piu' o meno mafiose fanno ottimi affari con le grandi opere e gli strati popolari tutto sommato riescono a intercettare quote di reddito attraverso l'economia illegale e i reticoli clientelari. Queste, nel vuoto di politiche concretamente alternative, sono le basi strutturali del potere delle destre. Sono convinto che non ci sia una valutazione adeguata della gravita' della situazione che stiamo vivendo. E' in corso uno svuotamento dei principi fondamentali della Costituzione, operato con leggi ordinarie e con procedure accelerate. L'immunita' per Berlusconi e le cariche piu' alte dello Stato viola il principio di eguaglianza, la riforma della giustizia cancellera' l'indipendenza della magistratura. Tutto questo sta accadendo in un contesto di barbarie culturale e politica, che si declina con gesti e linguaggi da bordello e da trivio. Le corna e il dito medio sono il degno emblema del personale politico piu' squallido della storia del nostro Paese, ma godono dell'apprezzamento del pubblico; il Csm viene definito una "cloaca" e subito dopo si dice che e' stato solo un lapsus. Non sono un difensore d'ufficio della magistratura e dico chiaramente che alcuni magistrati farebbero bene ad evitare apparizioni in televisione e ritengo sconveniente la decisione del Csm di nominare Di Pisa, ache se assolto nei processi per calunnie a Falcone, procuratore capo a Marsala. L'unica manifestazione che in qualche modo ha focalizzato questo quadro estremamente preoccupante, quella di piazza Navona, viene esorcizzata per le battute di due comici che hanno attaccato il presidente della Repubblica e il papa. Si avvia una raccolta di firme e si continua a sperare nella possibilita' di un dialogo che Berlusconi non vuole poiche' il voto gli consente di aver mani libere per poter rafforzare la sua autocrazia. Senza un'analisi e una mobilitazione adeguate, temo che per l'Italia si preparino tempi tristissimi. E non potremo evitarli cercando unanimismi impossibili. Termino con una domanda: sapremo ricostruire una polis piu' civile e una dignita' individuale e collettiva? 2. ET COETERA Umberto Santino ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo. Da decenni e' uno dei militanti democratici piu' impegnati contro la mafia ed i suoi complici. E' uno dei massimi studiosi a livello internazionale di questioni concernenti i poteri criminali, i mercati illegali, i rapporti tra economia, politica e criminalita'. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000; Dalla mafia alle mafie, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006; Mafie e globalizzazione, Di Girolamo Editore, Trapani 2007. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su "La nonviolenza e' in cammino" nei nn. 931-934. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 213 del 12 agosto 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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