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Minime. 545
- Subject: Minime. 545
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 12 Aug 2008 00:52:53 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 545 del 12 agosto 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Contro la guerra, e senza ipocrisie 2. Donatella Cherubini ricorda Gaetano Arfe' (parte seconda e conclusiva) 3. La "Carta" del Movimento Nonviolento 4. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. CONTRO LA GUERRA, E SENZA IPOCRISIE Occorre opporsi alla guerra nel Caucaso. Occorre opporsi a tutte le guerre. E chi si impegna anche per salvare una sola vita, e chi si impegna anche contro una sola violazione dei diritti umani, gia' per questo merita di essere elogiato. Per questo. Ma non basta. * Dall'Italia levare la voce contro la guerra del Caucaso (o contro il regime birmano, o contro l'occupazione del Tibet o dei Territori palestinesi, o contro i fascismi in Colombia o in Iran, o contro l'imperialismo di Bush o di Putin, o contro i terrorismi fondamentalisti e le mafie transnazionali e gli stati-mafia) e' possibile farlo credibilmente solo a condizione di opporsi anche alla guerra in Afghanistan cui l'Italia sta partecipando, solo a condizione di opporsi anche al dispiegarsi della violenza razzista e assassina nel nostro paese, solo a condizione di opporsi ai poteri criminali e all'eversione dall'alto in Italia: altrimenti e' un predicar bene e razzolar male. * E forse varra' la pena aggiungere ancora due parole. La prima: ogni giorno dall'Afghanistan giungono notizie di efferati massacri di persone inermi. Ogni giorno. Ma evidentemente la nostra sensibilita' non ne e' toccata. Forse non ne e' toccata perche' tra i responsabili di quei massacri ci siamo anche noi italiani. La guerra terrorista e stragista in Afghanistan: che viola la legalita' costituzionale e il diritto internazionale. La guerra in Afghanistan, che e' l'epicentro del maggior conflitto geopolitico del XXI secolo. * Come e' possibile che il sempiternamente petulantissimo sedicente pacifismo italiano su tutto sproloqui e su questo taccia? Diciamolo, dunque. E' accaduto che coloro che furono eletti in parlamento nel 2006 con i voti del movimento democratico e pacifista (che era ancora all'epoca un sentimento maggioritario nell'opinione pubblica di questo paese, e fu decisivo per la vittoria della coalizione che si opponeva a Berlusconi) poi legiferarono ripetutamente la prosecuzione della partecipazione militare italiana alla guerra afgana, l'intensificazione del riarmo, gli interventi armati come elemento-chiave della politica estera del nostro paese. Questi fedifraghi, che oggi in grandissima parte non sono piu' in parlamento, ma ancora pretendono di essere dirigenti di coloro che hanno tradito quando scelsero di diventare assassini, e ancora riescono a spacciarsi per rappresentanti di una sinistra che hanno prima devastato e giugulato e poi di fatto abbandonato per sempre, non possono oggi dir chiaro questa semplice verita': che gli assassini sono loro. Avessero l'onesta' di dirlo, dovrebbero trarne la conseguenza morale ineludibile: l'abbandono per sempre di ogni pubblico ufficio e di ogni rappresentanza; la rinuncia per sempre a prender la parola quando dei pubblici affari si discute. E coloro che dall'arcipelago pretesamente pacifista e sedicente nonviolento provenendo nel biennio del governo Prodi sostennero quella politica di guerra e di stragi, facendo una dissennata propaganda a favore di essa nelle forme piu' subdole e piu' infami, prostituendo la propria storia e il proprio nome, non possono oggi dir chiaro questa semplice verita': che per due anni si sono prestati a fiancheggiare gli assassini. E coloro che mentre l'Italia era in guerra, in una guerra terrorista e stragista alla quale occorreva opporsi con ogni energia, andavano col cappello in mano dalla sottosegretaria di turno a combinare affari, non possono oggi dir chiaro questa semplice verita': che invece di opporsi alla guerra andavano dai signori della guerra a pietire trenta denari. E coloro che mentre la guerra infuriava promuovevano campagne dereistiche a fini di mera confusione, e cosi' contribuivano a distrarre l'attenzione da cio' che veramente contava, e lo facevano per rendere un buon servigio ai partiti che in parlamento votavano la guerra e le stragi ed avevano bisogno di poter distogliere l'attenzione da questo crimine facendo proporre da chi si prestava le piu' inverosimili mirabilia e i piu' grotteschi diversivi, anche costoro non possono oggi dir chiaro questa semplice verita': che degli assassini sono stati malvagi o stupidi complici. Non possono dirlo. Ma lo sanno. E' questa la forza del male compiuto: che ti corrompe per sempre. Per sempre. * Non vi e' dunque nulla da fare? Al contrario, c'e' da fare tutto. E in primo luogo promuovere la rinascita nel nostro paese di un movimento contro la guerra e contro il razzismo, antimilitarista e disarmista, contro l'eversione e contro le mafie, per la legalita' e i diritti umani di tutti gli esseri umani. Ma in questo movimento alcune cose devono essere chiare. Che esso o sara' nonviolento o non sara'. Poiche' la nonviolenza e' l'unica proposta politica adeguata ai compiti dell'ora. E quando diciamo nonviolenza diciamo la proposta politica gandhiana, diciamo la teoria critica di Leopardi e di Marx, diciamo la tradizione storica e teorica del femminismo, diciamo il patrimonio di lotte e di pensieri delle oppresse e degli oppressi, diciamo la prospettiva socialista e libertaria, diciamo il principio responsabilita', diciamo il movimento antimafia e la coscienza ecologista, diciamo l'internazionale futura umanita', diciamo Hannah Arendt e Vandana Shiva, Virginia Woolf e Franca Ongaro Basaglia, diciamo - in un solo nome - Luce Fabbri. E ancora questo chiaro deve essere: che nessuna ambiguita' e' piu' ammissibile. I diritti umani: o li si difende per tutti gli esseri umani, o sono nulla. La nonviolenza: o tutta o niente. La pace: che si sostanzia nel disarmo e nella smilitarizzazione, nella costruzione di relazioni di giustizia e di solidarieta', nella lotta contro ogni oppressione; oppure non e' pace, ma guerra mascherata. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. * Questo nostro foglio quotidiano e' in Italia - nell'Italia in guerra - il solo, a nostra conoscenza, che anche in questi ultimi anni abbia saputo costantemente mantenere e proporre una posizione e un'azione rigorosamente contro la guerra e rigorosamente nonviolenta - e le due cose per noi sono una sola. Giorno dopo giorno, mentre tanti cedevano, noi abbiamo tenuto fermo questo principio, questa posizione, che e' la posizione, il principio, che Aldo Capitini voleva caratterizzasse il movimento nonviolento e ne fosse fondamentale direttrice d'azione: "l'opposizione integrale alla guerra; la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione". * Detto questo, si promuovano ovunque possibile iniziative per la pace e di pace, favorendo la piu' ampia partecipazione; ma senza ipocrisie, senza menzogne, senza confusioni, senza cedimenti. 2. MEMORIA. DONATELLA CHERUBINI RICORDA GAETANO ARFE' (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA) [Ringraziamo Maria Teresa Proto Pisani (per contatti: mtpropi at iol.it) per averci nviato la seguente relazione di Donatella Cherubini svolta all'Universita' Federco II di Napoli il 17 gennaio 2008 in memoria di Gaetano Arfe' dal titolo "Gaetano Arfe' e le sue tante citta'. Uno storico militante tra cultura e politica". Donatella Cherubini, storica, docente all'Universita' di Siena. Tra le opere di Donatella Cherubini: La formazione ideale di Giuseppe Emanuele Modigliani e il positivismo italiano, Le Monnier, Firenze 1986; Giuseppe Emanuele Modigliani: un riformista nell'Italia liberale, Franco Angeli, Milano 1990; (a cura di), Giuseppe Emanuele: l'altro Modigliani. Pace, Europa e liberta'. Mostra storico-documentaria, Palombi, Roma 1997; (a cura di, con Marta Petricioli, Alessandra Anteghini), Les Etats-Unis d'Europe: un projet pacifiste. The United States of Europe: a pacifist project, Peter Lang, Berne 2004; (a cura di, con Marta Petricioli), Pour La paix en Europe: institutions et societe' civile dans l'entre-deux-guerres. For Peace in Europe: Institutions and Civil Society between the World Wars, Peter Lang, Berne 2007. Gaetano Arfe', figura illustre della sinistra italiana, e' deceduto nel 2007. Dal sito della Fondazione Turati (www.pertini.it/turati) riprendiamo alcune stralci della scheda a lui dedicata: "Gaetano Arfe' e' nato a Somma Vesuviana (Napoli) il 12 novembre 1925. Si e' laureato in lettere e filosofia all'Universita' di Napoli nel 1948. Si specializzo' in storia presso l'Istituto italiano di studi storici presieduto da Benedetto Croce, con cui entro' in contatto fin dal 1942. Nel 1944 si arruolo' in una formazione partigiana di "Giustizia e Liberta'" in Valtellina. Nel 1945 si iscrisse al Partito socialista e divenne funzionario degli Archivi di Stato intorno al 1960. A Firenze era gia' entrato in contatto con Calamandrei, Codignola e il gruppo de "Il Ponte" e aveva collaborato con Gaetano Salvemini alla raccolta dei suoi scritti sulla questione meridionale. Nel 1965 ottenne la libera docenza in storia contemporanea e insegno' a Bari e a Salerno. Nel 1973 divenne titolare della cattedra di storia dei partiti e dei movimenti politici presso la facolta' di Scienze Politiche dell'Universita' di Firenze. Nel 1959 venne nominato condirettore della rivista "Mondo Operaio", carica che conservera' fino al 1971. Dal 1966 al 1976 fu direttore dell' "Avanti!". Dal 1957 al 1982 fu membro del comitato centrale e della direzione del Psi. Nel 1972 venne eletto senatore... Nel 1976 venne eletto deputato... Nel 1979 venne eletto deputato al Parlamento europeo... Nel 1985 lascio' il Psi, motivando la sua scelta nel volumetto La questione socialista (1986). Nel 1987 venne eletto senatore per la sinistra indipendente. Ha scritto numerosi libri e saggi, tra cui la Storia dell'"Avanti!" (1958) e la Storia del socialismo italiano 1892-1926 (1965)". Dalla Wikipedia, edizione italiana (http://it.wikipedia.org), riprendiamo per stralci la seguente scheda: "Gaetano Arfe' (Somma Vesuviana, 12 novembre 1925 - Napoli, 13 settembre 2007) e' stato un politico, giornalista e storico italiano. Nel 1942, subito dopo la licenza liceale, entra a far parte di "Italia Libera", un gruppo clandestino di ispirazione azionista e viene presentato a Benedetto Croce da Ettore Ceccoli, editore e libraio ex comunista e amico del padre. All'universita' conosce Giorgio Napolitano e prende a frequentare giovani antifascisti. La polizia pero' lo tiene d'occhio e i genitori lo mandano da uno zio a Sondrio. Giunto nella citta' lombarda ai primi del 1943, collabora con alcuni azionisti che aiutano prigionieri di guerra, perseguitati politici ed ebrei a varcare il confine svizzero. Arrestato e tornato libero dopo alcune settimane, svolge attivita' di collegamento tra il Cln di Sondrio e Milano e i partigiani della Valtellina ai quali si unisce nel 1944 militando in una formazione di Giustizia e LIberta' fino alla Liberazione. Dopo la guerra, nel 1945 si iscrive al partito socialista, nel quale rimarra' fino al 1985, e ricomincia a studiare. Laureatosi in lettere e filosofia a Napoli nel 1948, si specializza in storia presso l'Istituto Italiano per gli Studi Storici presieduto da Benedetto Croce. Negli anni Cinquanta, mentre e' funzionario presso l'Archivio di Stato di Napoli, partecipa ad una manifestazione per la pace organizzata dalla "Gioventu' meridionale" con l'appoggio del Pci, e per questo viene trasferito d'autorita' a Firenze, dove entra in contatto con la rivista "Il Ponte" e con personalita' dell'antifascismo quali Romano Bilenchi, direttore del "Nuovo Corriere", Delio Cantimori, Cesare Luporini, Piero Calamandrei e Tristano Codignola. Collabora inoltre con Gaetano Salvemini alla raccolta degli scritti sulla questione meridionale. Dal 1965 e' libero docente di Storia contemporanea nelle Universita' di Bari e Salerno. Nel 1973 diviene titolare della cattedra di Storia dei partiti e movimenti politici presso la facolta' di Scienze politiche dell'Universita' degli Studi di Firenze. Dal 1959 al 1971 e' condirettore della rivista socialista "Mondo Operaio", e dal 1966 diviene direttore del quotidiano socialista "Avanti!", alla cui guida restera' per dieci anni. Proprio a causa delle inchieste sulle "trame nere" pubblicate sul giornale da lui diretto, Arfe' e' vittima di un attentato terroristico che il 2 aprile del 1975 devasta la sua abitazione con un ordigno esplosivo, provocando il ferimento di tre persone. Nel Psi fa parte del comitato centrale e della direzione del partito dal 1957 al 1982; nel 1972 e' eletto senatore nel collegio di Parma, e ricopre il ruolo di vicepresidente della Commissione istruzione e poi della Commissione esteri, ed e' relatore della legge sui Provvedimenti urgenti per l'Universita'. Nel 1976 e' eletto deputato nel collegio di Parma-Modena-Reggio-Piacenza; entra nella Commissione affari costituzionali e rappresenta il gruppo socialista nelle trattative sul Concordato. Nel 1979 viene eletto deputato al Parlamento europeo per il collegio Nord-est per le liste del Psi: e' relatore sul tema della politica televisiva europea e promuove la Carta dei diritti delle minoranze etniche e linguistiche. E' stato membro della Commissione per la gioventu', la cultura, l'educazione, l'informazione e lo sport e della Delegazione al comitato misto Parlamento europeo/Assemblea della Repubblica del Portogallo. Ha aderito al gruppo parlamentare del Partito del Socialismo Europeo. La Risoluzione del Parlamento europeo dedicata alla tutela delle minoranze etniche e linguistiche, approvata il 16 ottobre 1981, e' anche nota come "Risoluzione Arfe'". Nel 1986, in totale disaccordo col segretario Bettino Craxi, lascia il partito socialista, e da' alle stampe lo scritto La questione socialista, con cui motiva la fuoruscita dal Psi. Nel 1987, e' eletto senatore nel collegio di Rimini come indipendente nelle liste del Pci. Muore a Napoli il 13 settembre 2007 in seguito ad una crisi respiratoria. Fra i suoi scritti piu' importanti: Storia dell'Avanti!, edizioni Avanti!, Milano 1956-1958, ristampato a cura di Franca Assante, Giannini, Napoli, 2002; Storia del socialismo italiano 1892-1926, Einaudi, Torino 1965; Storia delle idee politiche economiche e sociali, (cura del V volume, sull'eta' della rivoluzione industriale), Utet, Torino 1972; La questione socialista: per una possibile reinvenzione della sinistra. Einaudi, Torino 1986; I socialisti del mio secolo, a cura di Donatella Cherubini, Lacaita, Manduria-Bari-Roma, 2002; Scritti di storia e politica, a cura di Giuseppe Aragno, La Citta' del Sole, Napoli 2005. Numerosi i suoi scritti ed interventi su personaggi e tematiche di storia dei movimenti politici, con attenzione anche alle vicende di Giustizia e Liberta', dell'anarchismo, su momenti e personaggi minori della storia del movimento operaio. Negli ultimi anni della sua vita ha collaborato con la rivista online "Fuoriregistro". Opere su Gaetano Arfe': Ciro Raia, Gaetano Arfe'. Un socialista del mio paese, Piero Lacaita editore, Manduria-Bari 2003". Molti utili materiali sono nel sito www.amicidigaetano.ilcannocchiale.it] Ma ormai l'impegno culturale e politico di Gaetano Arfe' si apriva verso nuovi orizzonti: a meta' degli anni '50 si delineava infatti quel confronto politico, culturale e infine storico e storiografico, tra Pci e Psi, che ho prima descritto. Tra le prime tappe di questo processo, si colloca l'allontanamento del socialista Gianni Bosio dalla rivista "Movimento operaio", ad opera della componente comunista della sua redazione. Fu proprio Arfe' a tentare di dialogare, trattare e cercare una soluzione di accordo, fino ad uno strappo che ne preannunciava altri, in sede piu' strettamente politica. Per Gaetano Arfe' questa vicenda implico' uno stretto legame con una nuova citta', Milano, dove la rivista si stampava e dove operava appunto Gianni Bosio, insieme ad un gruppo di altri giovani e vivacissimi intellettuali. Tra questi figurava quel Giovanni Pirelli che Gaetano Arfe' aveva conosciuto nell'Istituto di Croce, e che lo introdusse quindi in un nucleo di grande originalita'. Accanto ad un Pirelli che pubblicava le Lettere dei condannati a morte della Resistenza, ma anche un innovativo e poetico libro di favole "per bambini e adulti"; accanto ad un Bosio impegnato nel recuperare e diffondere la cultura socialista, promuovendo iniziative culturali e editoriali, si collocava Raniero Panzieri, un altro intellettuale "di finissima intelligenza e raffinata cultura, ottimo conoscitore di Marx" e attivo in tanti settori culturali e politici (9). A loro volta, Panzieri, Bosio e Pirelli si inserivano in un variegato ambiente culturale e politico, che comprendeva scrittori come Franco Fortini e Elio Vittorini, che si estendeva a Ernest Hemingway nelle sue visite in Italia, che promuoveva incontri pubblici e privati, dove si parlava di politica ma anche di tanti altri temi culturali e sociali, spesso all'avanguardia per l'ancora provinciale societa' italiana. Un attivo protagonista di quegli incontri - come Ivan Della Mea - ne ha tracciato un quadro assai efficace (10). Con spontaneita' e naturalezza, i rapporti si estendevano agli iscritti e militanti di estrazione non borghese, cosi' come coinvolgevano centri di cultura e di politica, tra loro diversi ma tutti vivaci: dalla Biblioteca Feltrinelli, alla locale redazione di un "Avanti!" davvero ricco culturalmente e radicato sul piano cittadino (11). Un tale composito fermento era possibile proprio perche' si sviluppava a Milano, che tra gli anni '50 e '60 rappresentava una realta' urbana peculiare e unica nel panorama italiano. La citta' viveva quella trasformazione dovuta all'inizio della grande immigrazione meridionale: se cio' da un lato portava ad una crescita che aumentava gli squilibri sociali, dall'altro si univa ad una dimensione ancora umana dei rapporti, ad una apertura verso gli incontri, i confronti, le discussioni, le chiacchierate. Era una Milano che rinnovava le sue tradizioni di capitale morale del paese, che seppe dare in quella stagione frutti davvero particolari sul piano della partecipazione politica. Solo a Milano poteva coniugarsi la radicata tradizione del socialismo umanitario, con i fermenti culturali e politici che animarono giornali e riviste della sinistra socialista cittadina, come "Quaderni rossi", "Classe", "Il Labriola". Questa Milano doveva poi cambiare con l'impatto del '68, e poi con la bomba di Piazza Fontana. Negli anni '70 sarebbe stata diversa, con l'estendersi della motorizzazione, con un processo di modernizzazione a cui ben presto si unirono le speculazioni edilizie, fino al progressivo percorso verso la futura "Milano da bere" degli anni '80. Tra tutti, e' stato fatto in modo esemplare l'esempio dei vigili urbani, all'epoca profondamente identificati con la citta' (12): dai ghisa tradizionali (e come non ricordare il vigile di Toto' e Peppino in Piazza del Duomo!), in seguito si trasformarono in un corpo ormai inglobato nei tentacoli di una metropoli piu' moderna, ma complessivamente piu' anonima. Quella degli anni '50 era stata invece una citta' che ancora richiamava il Miracolo a Milano di Vittorio De Sica. Sul piano politico, tra gli anni '50 e '60 la struttura sociale cittadina, con la presenza di un robusto insediamento operaio, offriva un fondamentale e concreto riferimento per gli intellettuali (borghesi e di piu' umili origini) come Bosio, Panzieri, Pirelli e i loro compagni. Legati alla sinistra di Lelio Basso, erano convinti della necessita' di anteporre la classe al partito, di sperimentare l'organizzazione operaia di base, di seguire costantemente l'evoluzione delle lotte di fabbrica (13). Queste loro posizioni li avrebbero poi portati ad allontanarsi politicamente da Gaetano Arfe': nel 1957 condivisero con lui la scelta autonomista di Pietro Nenni, ma quando poi si varo' la linea del centro-sinistra, rimasero su posizioni fermamente di sinistra, e le loro strade presero altri percorsi. Il legame personale con Arfe' rimase pero' profondo (14). Dopo la prematura scomparsa di tutti e tre, Arfe' ha lasciato tante testimonianze di un affetto fraterno, che continuo' a legarlo anche ad altri protagonisti negli ambienti milanesi dell'epoca, primi tra tutti i fratelli Ivan e Luciano Della Mea. Per Gaetano Arfe' iniziava allora quella stagione di rapporto strettissimo e "organico" con i vertici del Partito socialista e con la politica del centro-sinistra. Tra gli anni '50 e '60 scrisse la Storia dell'Avanti e la Storia del socialismo; nel 1959 venne nominato con Antonio Giolitti condirettore del mensile "Mondo Operaio", dove rimase insediato per dodici anni. E ormai entrava in Parlamento e nei vertici romani della politica nazionale. * Tra gli anni '60 e '70, fu percio' Roma a diventare la sua citta', dove si trasferi' con la moglie e la figlia Caterina dopo l'elezione nel Comitato centrale del Psi, seguita da quelle di senatore e deputato. Era la Roma delle istituzioni - dove emergevano il suo impegno e il suo alto rispetto per l'attivita' parlamentare, tali da procurargli tanti rapporti di stima e collaborazione (mi limito a ricordare quello con Giorgio Napolitano). Era la Roma della politica di partito - che lo vide amichevolmente ed incisivamente a fianco prima di Nenni e poi dell'antico amico De Martino. Era la Roma dove Gaetano Arfe' operava attivamente nei rapporti dei socialisti con le altre componenti della politica: negli incontri e nelle trattative con democristiani, comunisti, radicali, e tutti gli esponenti di partiti diversi, si distinse sempre per la moderazione, per la gentilezza dei toni, per le innate qualita' di mediatore. Qualita' che non lo portarono pero' ai vertici piu' alti della politica, a cui avrebbe potuto aspirare ("ti manca il lievito dell'ambizione", gli aveva spesso detto Pietro Nenni). In seguito, con il passare degli anni, con l'affiorare di tante delusioni politiche, con il cambiare dei modi, dei tempi, dei protagonisti della politica, il suo rapporto con la capitale era stato incrinato. Ma Roma era anche la citta' dove fin dagli anni '50 aveva concretizzato il suo impegno per consolidare e diffondere la cultura socialista. Era stato infatti a fianco di Vera Modigliani nel promuovere l'Ente per la storia del socialismo e del movimento operaio, nato appunto per favorire gli studi storici e ogni iniziativa culturale che mantenesse viva l'esperienza e la tradizione del socialismo italiano. Le opere pubblicate dall'Essmoi e poi dalla Fondazione Giuseppe Emanuele e Vera Modigliani hanno costituito importanti strumenti di lavoro per piu' di una generazione di studiosi italiani, dalla Bibliografia del socialismo, ai volumi sull'attivita' parlamentare dei socialisti italiani. Della Fondazione Modigliani, Gaetano Arfe' e' stato anche presidente; grazie al suo antico legame con l'Essmoi, io stessa sono diventata biografa di Giuseppe Emanuele Modigliani, e da quella figura, da quella tradizione, da quella storia, ho attinto tanto per i miei studi sul socialismo toscano, sul socialismo italiano, sul pacifismo europeo ed europeista tra '800 e '900, e sulla cultura politica che intorno a questi ambienti ruotava. * Oltre alla promozione della cultura politica socialista, anche il ruolo della stampa socialista fu sempre fondamentale nell'impegno di Gaetano Arfe' in seno al Psi. A questo ruolo dette un personale impulso quando rivesti' la carica di direttore dell'"Avanti!", tra il 1966 e il 1976, dividendosi tra Roma e ancora Milano. Sul piano politico, ma anche in quello della storia del giornalismo italiano, e' stato spesso sottolineato come l'"Avanti!" di Gaetano Arfe' abbia rappresentato un esempio di vivacita' culturale; radicamento sul piano cittadino, per quanto riguarda ancora l'edizione milanese; prestigio riconosciuto nel panorama della stampa nazionale. Tutte caratteristiche che in quegli anni lo collocarono ben al di la' del suo ruolo di organo di partito. Gaetano Arfe' seppe distinguersi per le doti di giornalista, e nel contempo per quelle di direttore - che non sempre coincidono. Seppe circondarsi di validi collaboratori, per i quali proprio questa esperienza costitui' spesso una palestra e un trampolino, per future e significative carriere. A molti di loro Gaetano Arfe' rimase legato per tutta la vita da un particolare rapporto fraterno e paterno, e ricordo tra tutti Ezio Unfer e Marco Sassano. Tra gli altri, mi limito qui a citare uno dei maggiori storici italiani del cinema, come Lino Micciche', ma anche un giornalista di cui Arfe' individuo' subito le grandi doti di umanita', spessore culturale e professionalita', come Corrado Augias. Gaetano Arfe' dimostro' fiuto, passione e capacita', come quando, dalla sede milanese del giornale, senti' prima il boato, poi le prime sirene ed intui' subito che qualcosa di grave era accaduto, qualcosa che avrebbe cambiato la storia d'Italia: era il 12 dicembre 1969, era scoppiata la bomba di Piazza Fontana, era iniziata la "strategia della tensione". Con il terrorismo nero doveva fare ben presto i conti personalmente, quando fu ritrovato un ordigno nella sua casa romana, in risposta alle inchieste che aveva promosso e agli articoli che aveva scritto sulle trame nere e il ruolo dei servizi di Stato. Del resto, piu' tardi seppe lucidamente analizzare anche il terrorismo rosso, cosi' come l'impegno del Partito comunista nella lotta alle Brigate rosse. Meno importante resto' invece per lui la valutazione della portata che il movimento del '68 aveva assunto nel cambiamento della societa' italiana, nel rapporto tra generazioni, nei rapporti di genere. Un cambiamento che non colpi' particolarmente la sua pur grande sensibilita' di storico: per Gaetano Arfe' restarono sempre prioritari il legalitarismo, il parlamentarismo, l'impegno nei partiti, come espressioni della rappresentanza e della partecipazione politica. A proposito del '68, rivendicava piuttosto di aver gia' assimilato il femminismo dagli insegnamenti paterni, cosi' come l'apertura e l'interesse verso i temi dell'ambiente e tanti altri elementi di cultura "radicaleggiante". Nella nuova cultura italiana degli anni '70, Gaetano Arfe' fu in prima linea nelle battaglie di democrazia laica, ancorandosi sempre, senza ripensamenti o dubbi, a quelli che erano stati i capisaldi della sua formazione e della sua pratica politica, in primo luogo il Partito socialista. * Proprio le "ragioni di partito" lo portavano allora a diretto contatto con la provincia centro-settentrionale: eletto in Parlamento nei collegi emiliani incentrati su Parma, fece subito di Parma una nuova casa. Nel cuore della provincia emiliana, trovo' una terra ricca di risorse economiche, ma anche di amori, passioni e tradizioni: il gusto per i convivi tra amici, la sensibilita' musicale, soprattutto l'impegno politico inserito in una tradizione "rossa" antica e radicata. In questa terra Gaetano Arfe' si integro' e si mosse con entusiasmo e piacere, come spesso ha ricordato in seguito. Nelle riunioni, nei comizi e in ogni altro incontro di partito ritrovava quei fattori che tanto l'avevano colpito da giovane, quando il padre gli parlava di Camillo Prampolini, della sua oratoria calda, dell'affetto e la stima che lo circondavano, della fama che gli era rimasta e che era arrivata fino a Somma Vesuviana. Nei discorsi pubblici per le occasioni celebrative come il 25 aprile o il Primo maggio, nelle conferenze per gli iscritti di tutta la provincia e di quelle vicine, ritrovava quel popolo socialista genuino e appassionato, che aveva costruito sezioni, cooperative, sindacati di citta' e di campagna. Tutto cio' gli ricordava i socialisti di un tempo, quelli che aveva riscoperto e descritto nella Storia dell'Avanti! e nella Storia del socialismo. Col passare degli anni comincio' a vedere anche quei lati negativi, quelle degenerazioni di un modello nato in condizioni economiche, sociali e politiche ormai mutate, che vennero sempre piu' aumentando, e che sul piano nazionale portarono poi al collasso del Partito socialista. Continuo' allora ad impegnarsi affinche' prevalessero la ragione, la tradizione, l'orgoglio di partito; continuo' soprattutto a predicare il verbo socialista, come aveva fatto Camillo Prampolini. Fu proprio in Emilia, che alla fine di un suo discorso pubblico gli si avvicino' un militante, dicendogli con ammirazione: "Tu, compagno, non sei solo uno storico, sei un cantastorie". E di questa etichetta di cantastorie Gaetano Arfe' fini' per farne un vezzo e un vanto per tutta la vita (15). Anche a Parma strinse quindi legami per lui fortissimi e duraturi, destinati a mantenersi quando ormai la realta' sociale e politica che aveva conosciuto era stata davvero spazzata via, dai tanti nuovi fattori intercorsi negli ultimi decenni. * Altrettanto stretti legami manteneva anche con Firenze. Dopo la libera docenza universitaria in Storia contemporanea - e dopo gli incarichi nelle Universita' di Bari (dove rinsaldo' i legami con la cultura salveminiana) e Salerno -, nel 1972 era infine approdato al "Cesare Alfieri", su "perentoria richiesta di Giovanni Spadolini". A Firenze ritrovo' gli amici di un tempo (tra tutti, rimase particolarmente legato a Giorgio Spini); nella sua Facolta' incontro' colleghi, studenti e giovani studiosi, che avvio' e segui' negli studi sui partiti politici, sul socialismo, sull'europeismo. Per circa venti anni tenne quei corsi cosi' ricchi di ricordi, valori e insegnamenti, dove lo incontrai anch'io. La seconda stagione fiorentina conferma inoltre la sua vocazione alla promozione della cultura socialista, con la sua partecipazione alla nascita dell'Istituto socialista di studi storici. Un Istituto che subito promosse importanti iniziative culturali e accademiche, e da cui poi e' emanata quella Fondazione di studi storici Filippo Turati, che ha raccolto un cospicuo patrimonio archivistico e librario sulla storia del socialismo italiano (16). In questo rinnovato impegno per la cultura socialista, si apriva per lui uno stretto e ricco confronto con due esponenti della cultura politica comunista - prima Giorgio Amendola e poi Giorgio Napolitano -, che superasse le polemiche storiografiche e politiche, per un recupero complessivo della tradizione della sinistra italiana, in nome dei basilari valori comuni. Gaetano Arfe' percio' invitava ad un distacco del Pci dal comunismo internazionale, e si impegnava anche per una attiva collaborazione tra le due culture. Delle tante testimonianze sulle iniziative e attivita' di Gaetano Arfe', doveva poi restare custode proprio la Fondazione Turati, dove avrebbe lasciato gran parte delle sue carte (17): una consistente mole di carteggi, documentazione di partito e parlamentare, giornali, riviste, raccolte di volumi antichi e piu' recenti, e tanti altri documenti, che testimoniano un percorso ben piu' ampio e articolato di quanto io sia riuscita a ricostruire in questo mio intervento. Un percorso, nel quale Gaetano Arfe' ha scritto e letteralmente disseminato centinaia di articoli, saggi, profili biografici di tanti esponenti della politica e della cultura italiana. E sarebbe oggi davvero necessario e utile predisporne uno spoglio completo, possibilmente secondo quella spartizione che egli stesso mi indicava: i temi di storia delle dottrine e della cultura dei socialisti italiani; quelli sulla Resistenza - che potrebbero includere anche le riflessioni sul revisionismo, nato in contrapposizione alla prima storiografia dell'antifascismo; quelli sulla storia del Partito comunista italiano - a cui Arfe' gia' nei primi anni '70 riconosceva la possibilita' di diventare una grande formazione socialdemocratica europea; quelli sull'europeismo, con scritti storici e politici ma anche con la documentazione relativa al suo duplice tentativo di promuovere in Italia una sinistra europea, nel corso degli anni '90 (18). * A fronte delle tante case che si era costruito nel tempo, sul finire degli anni '70 entro' in una crisi irreversibile proprio il rapporto con la sua vera e originaria casa, il Partito socialista italiano. Gaetano Arfe' doveva convivere dieci anni con il "nuovo corso" socialista di Bettino Craxi, ma gia' nel 1979 sembro' ricevere una sorta di declassamento. La sua candidatura per le prime elezioni a suffragio diretto del Parlamento europeo lo allontanava infatti dalle sedi centrali della politica italiana. In realta', come era accaduto con il trasferimento a Firenze negli anni '50, si tratto' dell'inizio di una nuova e significativa avventura. Quella dell'Europa unita e dell'europeismo era stata ben piu' che una suggestione nella formazione e poi nella vicenda successiva di Gaetano Arfe'. Tante volte ha ricordato come l'esperienza della guerra partigiana gli avesse dato il senso di una Resistenza europea in nome dei valori di pace, democrazia, civilta'. Tante volte ha sottolineato il significato del Manifesto federalista di Ventotene, con il contributo del socialista Eugenio Colorni; con il contributo di un liberale eretico e a lui tanto caro come Ernesto Rossi (un altro allievo di Salvemini!); con il contributo del vero padre dell'europeismo italiano, Altiero Spinelli. Insieme a Spinelli, e insieme ad un gruppo socialista fortemente motivato, Gaetano Arfe' visse a Strasburgo una esperienza irripetibile nella difficile storia dell'unita' europea. Con quella prima delegazione di parlamentari eletti dai popoli, la capitale europea si trasformava da sede di una casta burocratica e sostanzialmente anonima, in un centro vivace e ricco di iniziative pubbliche e private. I parlamentari piu' profondamente europeisti proseguivano nei caffe' e nei ristoranti i dibattiti tenuti in aula, fino a fondare il "club del coccodrillo", dal nome appunto di un locale in cui Spinelli lanciava le sue proposte per una incisiva trasformazione politica dell'Europa integrata. Per Gaetano Arfe' fu una esperienza che lo riportava a contatto con antichi amici e compagni, come Mauro Ferri, Mario Zagari, Giorgio Amendola, e che comprendeva tra gli altri Enrico Berlinguer, Giorgio Ruffolo, Simone Veil, Helmut Kolh, Jacques Chirac. I parlamentari eletti nel 1979 sapevano di costituire una pattuglia di pionieri, e intendevano innanzitutto legittimare il proprio ruolo rispetto alle altre istituzioni comunitarie (specialmente la Commissione europea). Percio' furono assai incisivi nella loro azione, affrontando tra l'altro la questione relativa alla realta' dei paesi comunisti, quella dei rapporti con il Terzo mondo, della xenofobia, fino a redigere un primo progetto di Costituzione. In tale ambito, il personale impegno di Gaetano Arfe' e' stato intenso, in primo luogo come promotore, autore e relatore della Carta dei diritti delle minoranze etniche e linguistiche. Ma anche con il suo contributo nel prospettare un progetto di televisione europea, davvero tempestivo e ancora irrealizzato. L'impegno di quei parlamentari testimonia le grandi questioni della storia dell'integrazione europea, quali si erano poste fin dall'immediato dopoguerra; quali sono affiorate con la trasformazione sociale, economica e politica della societa' contemporanea. Si tratta di questioni che ancora segnano il destino dell'attuale Unione europea, dopo le varie fasi di allargamento e la difficile gestazione di una Costituzione comune per tutti i paesi membri. Tante di quelle decisioni costituiscono ancora oggi un riferimento fondamentale. Nel contempo, tante di quelle proposte confermano la propria portata innovativa e lungimirante, proprio perche' rimangono tuttora disattese, a causa delle difficolta' per l'unita' europea, che si sono presentate o rinnovate nel tempo. Sono cioe' ferme proprio allo scadere di quella legislatura, nel 1984. * Con la meta' degli anni '80 - con l'uscita da un partito che era stato la sua casa e in cui non poteva piu' riconoscersi -, iniziava il lungo, ultimo, difficile periodo della vita di Gaetano Arfe'. In una politica ormai stravolta rispetto ai moduli che egli aveva praticato per tanti anni, continuo' a mantenere i contatti, venne ancora eletto nel Parlamento italiano, continuo' a scrivere per tanti giornali e riviste di tutta l'Italia. Aspirava soprattutto a preservare la continuita' dei valori dell'antifascismo e della Resistenza, da cui era nata quella cultura politica che sembrava ora definitivamente spezzata dalla crisi - partitica, culturale, morale - degli anni '90. Per lui - del resto - l'autocritica poteva limitarsi ad ammettere la carica ideologica presente nella storiografia militante. Nei suoi scritti erano stati infatti sempre presenti la polemica antistalinista, il rifiuto di piegare lo storicismo crociano al determinismo comunista, il costante riferimento ai principi democratici e alla moralita' della politica (19). Pensava ancora di trovare soluzioni ad una impasse in cui vedeva precipitare la tradizione storica e culturale della sinistra italiana; si sforzava di suggerire progetti e iniziative culturali e politiche, in particolare le due che ho ricordato sulla nascita di una sinistra europea. Ma la politica, la cultura, e anche l'universita', si dimostravano per lui sorde e sempre piu' distanti. La situazione familiare, con la malattia della moglie, lo spinse a rientrare a Napoli (e dal "Cesare Alfieri" all'Universita' Federico II). Seppur tra le tante delusioni che si susseguivano, nella citta' della sua gioventu' pote' anche ritrovare familiari e amici, ricostituire un nucleo di collaboratori, studenti, allievi, che tanto gli hanno dato, e che ho salutato davanti a lui nel mio discorso di addio. Tra tutti, ricordo qui Maria Teresa Proto-Pisani Giordano, da sempre impegnata nella vita culturale napoletana, contribuendo a testimoniare quanto la cultura, la civilta', l'intellettualita' di questa citta' siano vivaci, ricche, impegnate a non cedere alle difficolta', pur nella crisi che Napoli sta oggi vivendo. Oggi, Gaetano Arfe' manca a tante persone, a Napoli e nelle sue tante altre citta'; la cultura politica del nostro paese avrebbe ancora bisogno di figure come la sua, capaci di diffondere e condividere valori, principi, cultura, umanita'. Come dissi iniziando il mio discorso funebre - a me manchera' anche, per sempre, la possibilita' di condividere con lui i dubbi sulla stesura di un saggio, l'entusiasmo per aver trovato un documento, la soddisfazione per un traguardo conseguito, i timori per i traguardi futuri. Con nessuno potro' piu' farlo, come ho fatto con Gaetano Arfe'. Quella possibilita' esclusiva, e' il grande privilegio di chi ha avuto un maestro. * Note * Questo contributo riproduce la relazione tenuta il 17 gennaio 2008 nella commemorazione di Gaetano Arfe', presso il Dipartimento di Scienze dello Stato della Universita' degli Studi Federico II di Napoli, con l'introduzione del professor Andrea Graziosi, la partecipazione della professoressa Daniela Luigia Caglioti, l'intervento del professor Giuseppe Aragno. Le parti dedicate alle stagioni napoletana e fiorentina di Gaetano Arfe' sono riprese pressoche' integralmente da: D. Cherubini, Introduzione, in G. Arfe', I socialisti del mio secolo, Manduria-Bari-Roma, Piero Lacaita Editore, 2002. Cfr. inoltre G. Arfe', Scritti di storia e politica, a cura di G. Aragno, Napoli, La Citta' del Sole, 2005. La parte dedicata alla stagione milanese e' principalmente basata su: M. Cini, Il cappotto di Hemingway, Intervista a Ivan Della Mea, in "Il Grandevetro", a. XXVI, n. 167, luglio-settembre 2003; P. Mencarelli, Luciano Della Mea giornalista militante, Scritti 1949-1962, Manduria-Bari-Roma, Piero Lacaita Editore, 2007. Nelle note vengono percio' citati solo questi testi, oltre agli scritti di Gaetano Arfe' di cui si sono riportati alcuni passi, con particolare riferimento a quelli conservati presso la Fondazione di Studi Storici Filippo Turati di Firenze. Si e' scelto di non apportare ulteriori cambiamenti nella forma, nella struttura e nel contenuto, per conservare il tono diretto e commemorativo del testo originario. 9. D. Cherubini, Introduzione, in G. Arfe', I socialisti del mio secolo, cit. 10. M. Cini, Il cappotto di Hemingway, Intervista a Ivan Della Mea, cit. 11. P. Mencarelli, Luciano Della Mea giornalista militante, cit. 12. M. Cini, Il cappotto di Hemingway, Intervista a Ivan Della Mea, cit. 13. P. Mencarelli, Luciano Della Mea giornalista militante, cit. 14. Cfr. G. Arfe', Indissubdibilmente legato ai suoi compagni di allora, in "Il Grandevetro", a. XXVI, n. 167, luglio-settembre 2003. 15. G. Arfe', Storie di Storici, in "Quaderni del Dipartimento di Scienze Storiche e Sociali dell'Universita' degli Studi di Salerno", n. 1, a cura di G. Imbucci, Salerno, 2004, ora in G. Arfe', Scritti di storia e politica, cit. 16. D. Cherubini, Introduzione, in G. Arfe', I socialisti del mio secolo, cit. 17. Fssft, Fa. 18. D. Cherubini, Introduzione, in G. Arfe', I socialisti del mio secolo, cit. 19. Ibidem. 3. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 4. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 545 del 12 agosto 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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