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Voci e volti della nonviolenza. 212
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 212
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 11 Aug 2008 14:41:26 +0200
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 212 dell'11 agosto 2008 In questo numero: 1. Mahmoud Darwish 2. Cecilia Zecchinelli ricorda Mahmoud Darwish 3. Paola Caridi ricorda Mahmoud Darwish 4. "Il messaggero" ricorda Mahmoud Darwish 5. Zouhair Louassini intervista Mahmoud Darwish (2005) 6. Cecilia Zecchinelli intervista Mahmoud Darwish (2006) 7. Mahmoud Darwish: Passaporto 8. Per approfondire 1. MAHMOUD DARWISH In Mahmoud Darwish tu trovi la poesia come resistenza all'inumano, come prassi di liberazione, come lingua che salva, e salva riconoscendo umanita', riconoscendo dignita' e diritti ad ogni essere umano, con ogni essere umano instaurando un dialogo fondato sulla comprensione e sulla giustizia, sulla verita' e sulla misericordia. Cosi' la poesia si fa modalita' di azione nonviolenta: come lotta per l'umanita' di tutti. Come fermezza in cio' che e' giusto. Come contrario della vilta' e della menzogna. Mahmoud Darwish non e' stato solo il poeta della resistenza palestinese: e' stato, e resta, il poeta dell'umanita' resistente tutta. 2. CECILIA ZECCHINELLI RICORDA MAHMOUD DARWISH [Dal sito del "Corriere della sera" riprendiamo il seguente articolo del 10 agosto 2008 col titolo "La Palestina dice addio a Darwish" e il sommario "Morto sabato in un ospedale texano, verra' sepolto vicino al Palazzo della Cultura. Al poeta gli stessi onori tributati ad Arafat. Tre giorni di lutto, bandiere a mezz'asta e martedi' a Ramallah l'íequivalente di un funerale di Stato"] Tre giorni di lutto, bandiere a mezz'asta in tutta la Palestina, e martedi' a Ramallah l'equivalente di un funerale di Stato. Lo stesso onore tributato finora solo a Yasser Arafat. Per salutare e piangere Mahmoud Darwish, morto sabato in un ospedale texano a 67 anni, dopo una difficile operazione al cuore. * Era celebre nel mondo come "il poeta nazionale della resistenza palestinese", "la voce della Palestina occupata". Definizioni che in realta' a lui stavano sempre piu' strette: "Cliche' legati al passato", ci aveva detto recentemente, dichiarandosi invece "cantore universale dell'amore e della liberta'". Ma e' soprattutto cosi' che sara' ricordato (e pianto). A Ramallah, dove viveva dal 1995, dove anche Arafat passo' gli ultimi anni, Darwish verra' sepolto in un sacrario vicino al Palazzo della cultura. Lontano dal suo villaggio d'origine che oggi e' in Israele "perche' Mahmoud non appartiene solo alla famiglia ma a tutti i palestinesi", ha detto il fratello Ahmad. E perche' sara' piu' facile visitarne il sepolcro per gli arabi (e saranno tanti) che vorranno rendergli omaggio. Ancora sotto choc per la sua scomparsa. Prima dell'intervento a cuore aperto nella clinica di Houston, effettuato il 6 agosto dal chirurgo iracheno Hazim Safi, Darwish aveva chiesto di "lasciarlo andare" se le cose fossero andate male. Eppure la morte l'aveva intravista altre volte, per il suo cuore malandato che aveva gia' subito due importanti interventi. Proprio della morte sfiorata aveva parlato in bellissimi versi ("l'esiliata, l'infelice, la potente") nel suo ventesimo libro, pubblicato in Italia nel 2006 da Epoche': "Judariya", ovvero "Murale". Lo aveva recitato piu' volte in arabo classico - come sua abitudine - davanti a folle adoranti. Anche in Italia. E se contestazioni c'erano state (l'anno scorso alcuni intellettuali palestinesi non gli perdonarono il ritorno per un reading a Haifa, Israele), Darwish e' stato - e certo rimarra' a lungo - il poeta piu' letto nel mondo arabo. Piu' conosciuto e venduto di molti autori in prosa (un genere relativamente nuovo per la cultura araba ma frequentato peraltro dallo stesso Darwish, con otto opere). Il poeta perfino piu' cantato, sulle musiche di Marcel Khalife, Bob Dylan del Medio Oriente. * Era nato nel 1941 nella zona di Haifa, a Birwa, sotto mandato inglese. E in una notte di guerra del 1948, quando il villaggio fu distrutto, era fuggito in Libano. Ma poi era tornato con la famiglia nella sua "terra occupata", aveva iniziato a scrivere poesie (nel 1960, diciannovenne, il primo libro: Uccelli senza ali), ad avere successo (la poesia "Carta d'identita'", del 1964, e' ancora conosciuta a memoria da milioni di persone), a fare politica (nel Partito comunista d'Israele) finendo spesso in carcere, poi privato del passaporto israeliano. E nel 1971 aveva preso la via dell'esilio: prima in Unione Sovietica, poi al Cairo, a Beirut, Parigi e Tunisi. E' in quegli anni che aderisce all'Olp, ne dirige pubblicazioni e centri di ricerca, e' in stretto contatto con la leadership, Arafat e non solo. Fino all'ingresso nel comitato esecutivo dell'Organizzazione, nel 1987: "Ma non sono un politico - ci aveva detto - quando ho saputo della mia elezione ai vertici Olp ho pianto". Fino alle dimissioni nel 1993: "Gli accordi di Oslo - aveva spiegato - mi hanno solo dato l'occasione per andarmene". Poi nel 1995, dopo tanti anni, il ritorno nella sua Palestina, a Ramallah, dove continuava a vivere alternando soggiorni ad Amman e viaggi, molti in Europa. Perche' ormai - sempre piu' amaro e deluso dal Medio Oriente, sempre piu' stanco e sarcastico per la politica - Darwish era diventato "poeta universale della liberta' e dell'amore". Amore per la sua Palestina, certo ("che finche' non sara' libera non concedera' nemmeno a me la possibilita' di esserlo"). Ma soprattutto amore per la vita. 3. PAOLA CARIDI RICORDA MAHMOUD DARWISH [Dal sito di "Lettera 22" riprendiamo il seguente articolo dell'11 agosto 2008 col titolo "E' mprto Mahmoud Darwish" e il sommario "Scomparso a 67 anni per le complicazioni insorte dopo un'operazione al cuore, a Houston, in Texas"; e di seguito l'approfondimento della stessa autrice nel blog "invisiblearabs" col titolo "Troppo presto"] E' morto Mahmoud Darwish, il poeta nazionale palestinese, il rappresentante dell'identita' palestinese. Aveva 67 anni, ed e' morto per le complicazioni insorte dopo un'operazione al cuore, condotta a Houston, in Texas. Un'operazione che aveva a lungo ponderato, sino poi a convincersi che avrebbe dovuto affrontarla, dicono le agenzie di stampa. Sara' sepolto domani a Ramallah. I suoi funerali, come quelli di Yasser Arafat, saranno organizzati dall'Autorita' Nazionale Palestinese, con tutti gli onori che si riservano in genere a un leader. In questo caso al poeta. Da anni, Darwish e' considerato uno dei nomi possibili per un Nobel per la letteratura. I suoi poemi sono stati tradotti in tutto il mondo, anche in ebraico. * Gia' da tanto tempo Mahmoud Darwish aveva assunto il ruolo del Poeta. Il poeta nazionale palestinese, il poeta di un popolo ma non di uno Stato, che ancora non c'e'. Il suo era gia' un ruolo consolidato, ma non per questo Darwish era considerato vecchio. Non si e' vecchi, nel Terzo Millennio, a 67 anni, l'eta' in cui Darwish ha lasciato questo mondo, per le complicazioni seguite a un'operazione al cuore in Texas. Piu' di Edward Said, perche' poeta, Darwish aveva rappresentato (e rappresenta) l'identita' palestinese, per i palestinesi dei Territori occupati, per i profughi, per la diaspora, per gli arabo-israeliani: lo aveva dimostrato pochi mesi fa, quando aveva ottenuto il permesso dalle autorita' israeliane di fare un recital di poesia a Haifa, un evento per gli arabo-israeliani, per i quali quella serata - in cui vi fu un religioso e appassionato silenzio, concordano tutti i testimoni - e' stata la festa dell'orgoglio palestinese. Come Edward Said, aveva avversato gli accordi di Oslo. La storia gli ha dato ragione, anche se concordo con un mio caro e fraterno amico, che non si puo' interpretare il reale valore di un evento della storia (e dunque anche Oslo) ex post. Darwish era stato durissimo con Fatah e Hamas (soprattutto con Hamas) quando la politica palestinese aveva spaccato Cisgiordania e Gaza, nel giugno del 2007. Era dunque intervenuto come sempre nella politica, continuando il suo ruolo di poeta, quindi impegnato. Ma Darwish va ricordato, per noi che non siamo palestinesi, anche per la forza dei suoi versi, quelli che parlano dell'esilio, quelli che parlano della terra, delle lacrime, della nostalgia. Con le parole che ha detto alla Reuters Ahmed Fouad Negm, il piu' grande poeta popolare egiziano, ormai anziano e malato, Darwish "translated the pain of the Palestinians in a magical way. He made us cry and made us happy and shook our emotions," ma "apart from being the poet of the Palestinian wound, which is hurting all Arabs and all honest people in the world, he is a master poet". Master poet, cantato, per esempio, dal grande Marcel Khalife (grazie Sahera, per la segnalazione di questo video su YouTube). Papabile per un Nobel, da anni. Tradotto in tutto il mondo, anche in ebraico, per i tipi della Andalus di Yael Lerer, che quest'anno e' stata invitata al Festival della Letteratura di Mantova. Non sara' sepolto vicino al Birwa, suo paese natale vicino Acco. Sara' sepolto domani a Ramallah, con tutti gli onori che si riservano alle grandi figure di un popolo. Onori simili a quelli riservati a Yasser Arafat. 4. "IL MESSAGGERO" RICORDA MAHMOUD DARWISH [Dal sito del quotidiano "Il Messaggero" riprendiamo il seguente articolo del 9 agosto 2008 col titolo "E' morto Mahmoud Darwish, poeta della Palestina"] E' morto oggi negli Stati Uniti, all'eta' di 67 anni, il poeta palestinese Mahmoud Darwish. Era uno dei piu' grandi poeti contemporanei in lingua araba, con una produzione segnata dai drammi dell'esilio e dell'occupazione vissuta dal popolo palestinese. Darwish aveva acquisito notorieta' internazionale con circa trenta opere tradotte in quaranta lingue. * La vita. Darwish era nato il 13 marzo 1941 ad Al Birweh, in Galilea, allora sotto mandato britannico e oggi nel nord di Israele. Durante la guerra arabo-israeliana del 1948, questo villaggio fu raso al suolo e i suoi abitanti furono costretti all'esilio. La famiglia Darwish fuggi' in Libano dove rimase per un anno, prima di tornare clandestinamente in Israele, nella localita' di Deir al Assada. Mahmoud studio' nelle scuole arabo-israeliane (in arabo e ebraico) e ando' a vivere ad Haifa. Nel 1960, a 19 anni, pubblica la sua prima raccolta di poesie, Uccelli senza ali. Un anno piu' tardi aderisce al Partito comunista d'Israele. Dopo un lungo periodo di restrizioni, all'inizio degli anni Settanta sceglie l'esilio, prima a Mosca, poi al Cairo. Nel 1973, a Beirut, dirige il mensile "Questioni palestinesi" e lavora come caporedattore nel Centro di ricerca palestinese dell'Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina), cui aderisce mentre l'organizzazione e' in guerra con Israele. Se ne va dall'Olp nel 1993 per protestare contro gli accordi di Oslo che, secondo lui, non daranno una "pace giusta" ai palestinesi. Ma nel 1995 torna a Ramallah, in Cisgiordania, dopo l'avvento dell'Autorita' palestinese. Nel maggio 1996 viene autorizzato a entrare in Israele, per la prima volta dopo l'esilio, per partecipare ai funerali dello scrittore arabo-israeliano Emile Habibi. In questi ultimi anni ha vissuto tra Ramallah e Amman. Molti e prestigiosi sono i riconoscimenti ottenuti. Dall'ex Urss fu insignito del Premio Lenin, la Francia lo ha nominato Cavaliere delle Arti e delle Lettere, e all'Aja ha avuto il prestigioso premio Prince Claus per la "sua opera impressionante". * Alcuni volumi delle liriche di Darwish: Uccelli senza ali; Foglie di ulivi; Un innamorato dalla Palestina; La fine della notte; Muoiono gli uccelli in Galilea; L'amata risorge dal sonno; Una pioggia tenera in un lontano autunno; Ti amo o non ti amo; Il tentativo numero 7; Quella e' la sua immagine e questo e' il suicidio dell'amato; Feste nuziali; Passanti tra parole fugaci; L'elogio dell'ombra sublime; Il divano di Darwish; Perche' lasciasti il cavallo solo. Alcuni volumi della prosa di Darwish: Una cosa sulla patria; Addio o guerra, Addio o pace; Le normali afflizioni quotidiane; La memoria dell'oblio; La descrizione del nostro stato; Le epistole (corrispondenza fra Darwish e Samih el-Qasim). 5. ZOUHAIR LOUASSINI INTERVISTA MAHMOUD DARWISH (2005) [Dal sito www.rainews24.it riprendiamo la seguente intervista registrata a Mantova l'8 settembre 2005 col titolo "Mahmoud Darwish: l'equita' alla base del dialogo"] Mahmoud Darwish e' indubbiamente uno dei piu' rappresentativi poeti palestinesi del nostro tempo, la voce piu' importante nella lotta per l'indipendenza palestinese. Da oltre quarant'anni i suoi versi ritraggono profondamente la tragica esperienza della Palestina. Mahmud Darwish nasce a Birwa, un villaggio della Galilea (Palestina), dove trascorre l'infanzia fino al 1948, data in cui la famiglia e' costretta all'esilio in Libano. Quando un anno dopo i genitori tentano di tornare in patria, constatano che il loro villaggio e' stato raso al suolo e rimpiazzato da una colonia ebraica. Allora raggiungono Dayral-Assad, dove vivranno in semiclandestinita'. A causa delle sue poesie, Darwish sara' imprigionato cinque volte tra il 1961 e il 1967. Lavora come giornalista a Haifa, poi si esilia in Libano dal 1971 al 1982 e infine raggiunge Tunisi. E' stato detenuto nelle carceri israeliane, e molte volte costretto agli arresti domiciliari, a causa dei suoi scritti e della sua attivita' patriottica. Per questi motivi non ha potuto frequentare l'universita'. Nel 1970 inizia cosi' a studiare a Mosca, e da qui, nel 1971, si trasferisce al Cairo. Mahmud Darwish e' stato a capo del Centro di ricerca palestinese, direttore del giornale "Palestinian Affair Magazine", direttore dell'Associazione degli scrittori e giornalisti palestinesi, fondatore del giornale dell'associazione, "Al Karmil Magazine", e, piu' tardi, membro della Commissione esecutiva dell'Olp, da cui si e' dimesso nel 1993. Nel 1996, dopo 26 anni di esilio, e' tornato in Palestina e si e' stabilito a Ramallah. * - Zouhir Louassini: Lei e' molto conosciuto, e' uno dei poeti piu' noti. E nel mondo arabo sono tanti a seguirlo. Mentre In Italia la gente non la conosce abbastanza. - Mahmoud Darwish: So che non sono molto conosciuto in Italia. Non sono conosciuto nel senso che pochi leggono quello che scrivo, anche perche' mi hanno pubblicato pochi libri rispetto ad altri paesi europei come la Francia o la Spagna. In Italia probabilmente sono piu' conosciuto come poeta palestinese che come poeta tout court. Comunque non sono io a risolvere questa situazione. Dipende tutto dall'interesse che hanno per la letteratura araba in generale le case editrici, gli intellettuali, e il pubblico italiano. * - Zouhir Louassini: Come percepisce il pubblico europeo la sua poesia, in paragone con il pubblico arabo? - Mahmoud Darwish: Non posso rispondere con esattezza a questa domanda. Ti posso solo dire che in Francia o in Spagna dove hanno pubblicato vari dei miei libri, e anche per quello che mi scrivono i lettori, che sono due le ragioni principali che portano le persone a leggere la mia poesia: la prima e' quella relazionata con la causa palestinese. Molti di quelli che vogliono conoscere meglio la situazione nel Medio Oriente cercano di trovare delle risposte nella mia poesia; la seconda ragione, spero, e' una ragione estetica, esiste un interesse per la musicalita', il ritmo e le metafore di questa poesia, in una ricerca tra quello che unisce la poesia araba con quella universale. Questo punto d'incontro che si trova nell'estetica della poesia e la sua capacita' di descrivere la dimensione spirituale dell'essere umano e' il vero nodo che fa della poesia uno degli strumenti piu' efficaci per avvicinare le persone e le culture tra di loro. Diciamo che il punto di partenza per la poesia e' l'identita' locale, nazionale. Diciamo che la condizione personale o individuale ha il suo peso nel testo poetico. Questo, pero', e' solo il punto di partenza poiche' il poeta ha l'obbligo di orientarsi verso tutto quello che e' universale: farsi domande sulla sua esistenza, la vita, l'infanzia, l'amore. Il poeta, in fin dei conti, cerca di umanizzare la storia e fa emergere la bellezza come risposta alla crudelta' dei nostri tempi. * - Zouhir Louassini: Alcune volte mi pongo una domanda: Mahmoud Darwish poteva essere il poeta che e' adesso senza la causa palestinese? E' possibile che la sofferenza del popolo possa portare un poeta a questo livello? - Mahmoud Darwish: Non nego che sono un prodotto della tragedia palestinese. Sono frutto della mia condizione storica che ha deciso per me le modalita' di espressione nel rapportarmi alla realta'. Se non fosse stato cosi' non avrei saputo che tipo di poesia scrivere. Non c'e' dubbio, la mia letteratura risponde a un preciso momento storico che mi ha anche obbligato a cercare un certo stile per esprimere la mia duplice condizione di poeta e palestinese. Io sono orgoglioso di essere palestinese ma auspico che l'occupazione non sia condizione necessaria per diventare poeti. Quindi spero nella fine dell'occupazione per scrivere un altro tipo di poesia o addirittura non scrivere nulla. Cio' che conta e' la liberta' d'un popolo. La richiesta di liberta' e' molto piu' importante del contenuto d'una poesia. * - Zouhir Louassini: Lei ultimamente ha criticato molto la poesia araba contemporanea, sarebbe interessante saperne il perche'. - Mahmoud Darwish: La crisi della poesia araba fa parte della crisi della poesia mondiale, e' una crisi che io chiamo frattura tra il testo e il lettore. Molti poeti hanno identificato il concetto di modernita' nella poesia con l'eliminazione di ritmo, musicalita', metafore e di tutto cio' che fa della poesia un genere letterario diverso. In tal modo si allontanano dalla realta' e dal lettore stesso creando dei circoli chiusi. * - Zouhir Louassini: In una sua poesia lei dice che dopo la guerra c'e' bisogno del dialogo. Crede che questo sia il momento del dialogo con gli israeliani? - Mahmoud Darwish: Il dialogo ha bisogno di determinati requisiti: un minimo di equita'. In questo momento e' difficile individuare un equilibrio tra societa', persone e intellettuali che appartengono a uno stato che occupa e quelli che subiscono questa occupazione. Il dialogo nel vero senso della parola richiede che l'occupante riconosca di violare la liberta' altrui. Il popolo occupato ha bisogno di ascoltare il mea culpa delle forze d'occupazione che devono accettare, a loro volta, l'indipendenza, la liberta' e i diritti del popolo occupato. Diciamo che c'e' bisogno di un minimo di giustizia nei rapporti tra i due popoli. Se riusciamo a garantire queste condizioni allora li' possiamo parlare di un dialogo piu' serio e piu' solido. In questo momento noi vediamo che ci sono contatti tra lo stato d'Israele e l'Autorita' palestinese ma questo non significa dialogo. Lo possiamo chiamare negoziazione o qualsiasi altra cosa ma non e' dialogo. Comunque io sono a favore del dialogo come principio ma alcune cose devono essere dette per onesta' intellettuale: nel nostro caso il dialogo e' utile almeno per conoscerci, per sentire la versione della storia che l'altro ha di noi e quella che abbiamo noi di lui. Dobbiamo sentire la versione israeliana della storia e gli israeliani devono sentire la nostra. Solamente cosi' arriveremo un giorno a elementi che ci uniscono. Noi non possiamo cambiare l'idea dell'altro su se stesso e sulla sua storia ma anche l'altro non puo' pensare che noi cambieremo idea o pretendere di scrivere la storia a modo suo. Nessuno puo' pensare di avere il monopolio della storia e della verita'. Solamente cosi' puo' nascere il dialogo. Se un giorno la societa' e gli intellettuali israeliani riconosceranno ai palestinesi il diritto di avere un loro stato indipendente, quel giorno segnera' la nascita della vera pace... * Postilla: Una bibliografia essenziale di Mahmoud Darwish Bird without wings (1961); Lover from Palestine (1964); Olive leaves (1964); Memoria per l'oblio, Jouvence, 1996; Perche' hai lasciato il cavallo alla sua solitudine, San Marco de' Giustiniani, 2001; Murale, Epoche', 2005. 6. CECILIA ZECCHINELLI INTERVISTA MAHMOUD DARWISH (2006) [Dal "Corriere della sera" del 23 maggio 2006 col titolo "Darwish: Intifada addio, canto l'amore", il sommario "Era considerato il poeta-simbolo della resistenza palestinese. Ora dice: Questa terra appartiene a due popoli. La religione non puo' unificare gli arabi, ripartiamo dalla lingua" e la notizia "Mahmoud Darwish e' nato a Birwa, un villaggio della Galilea (Palestina). Dal 1996 vive a Ramallah. E' autore di una ventina di libri, tra cui Memoria per l'oblio (Jouvence) e Murale (Epoche'). Grande appassionato di poesia, tra i suoi autori preferiti cita: Dante, Eschilo, Walcott, Ritsos"] E' sopravvissuto a una difficile operazione al cuore. Dall'incontro sfiorato con la morte ("l' esiliata, l'infelice, la potente") e' nata l'elegia "Judariya", Murale, il suo ventesimo libro pubblicato in Italia da Epoche' nella bella traduzione di Fawzi Al Delmi. E' sopravvissuto a lunghi anni di esilio e di assenza dall'"Eden perduto", la Palestina da cui e' fuggito bambino una notte del 1948. Poi all'assedio di Ramallah dove vive dal 1996. Soprattutto, e' sopravvissuto a quell'ingombrante cliche' di "poeta della resistenza palestinese" che dagli Anni Sessanta - Carta d'identita' circolava in milioni di cassette, i suoi versi erano cantati dal libanese Marcel Khalifeh, Bob Dylan del Medio Oriente - l'accompagna e gli sta sempre piu' stretto. Mahmoud Darwish, 64 anni, e' il poeta vivente piu' letto nel mondo arabo, il piu' ascoltato nei reading che ancora attirano migliaia di persone. Uno dei piu' conosciuti e premiati all'estero e perfino in Italia, che finora lo ha tradotto ben poco mantenendo cosi' in vita quel ricordo-cliche' di eterno militante. "Molto e' cambiato, io sono cambiato. La poesia direttamente politica come quella dei miei vent'anni e' legata agli eventi, destinata a passare con loro. Ora i miei versi sono piu' umani, piu' universali", dice Darwish nella meravigliosa Santa Maria della Scala di Siena, l'ex ospedale medievale dove Calvino mori' nel 1985, oggi riservato a rari eventi culturali. Come la lettura serale di Judariya-Murale, in arabo con la voce calda e tranquilla di Darwish, in italiano con quella appassionata di Sandro Lombardi. "Sono versi piu' difficili ma sono fortunato: oggi moltissimi miei lettori sono giovani. Io sviluppo il loro gusto, loro la mia lingua. Con loro appartengo al futuro. Mi danno speranza che la mia voce non vada perduta". Una voce rigorosamente in lingua classica, che resiste in un mondo dove Al Jazeera, le canzoncine pop di Nancy Ajram o nel migliore dei casi i romanzi (genere "nuovo") hanno preso il posto di Imr Al Qais e Al Mutanabbi. "Ormai non siamo piu' il popolo della parola in rima, la poesia e' in crisi anche da noi, relegata in stanze molto private tranne poche eccezioni", ammette Darwish. Lui stesso ha scelto spesso la prosa (tradotta in italiano solo con Memoria per l' oblio, Jouvence, 1996). "Anche il mio ultimo libro, ancora senza titolo - anticipa - e' in prosa. E' un addio a me stesso, il discorso che nessun altro dovra' fare sulla mia tomba, una sorta di autobiografia". Ma anche se "chi scrive solo poesia non appartiene piu' al nostro tempo", Darwish e' nei versi - liberi, musicali, densi di metafore e simboli - che piu' si ritrova. "Il mio progetto poetico non e' finito, penso di poter ancora sviluppare la poesia araba moderna". E la lingua. "Io voglio, voglio vivere - urla alla morte e ai medici in Murale - Lasciate tutto com'e' e riportate in vita la mia lingua. Non voglio tornare a nessuno, non voglio tornare a nessun Paese dopo questa lunga assenza. Voglio soltanto tornare alla mia lingua". * Lingua come identita', poesia come essenza. E non solo per lui, palestinese nato in un villaggio che non esiste piu', nomade suo malgrado. "Da quando ho iniziato a vedere il mondo sento dire che stiamo vivendo il peggior momento della storia degli arabi, ma ogni giorno e' piu' nero. Noi arabi abbiamo il diritto di sentirci fuori dalla storia, a cui cerchiamo di tornare senza successo anche perche' divisi", dice amaro Darwish. Morto il panarabismo di Nasser, rifiutato da molti perche' laici o cristiani il fattore unificante dell'Islam, "la lingua resta l'unico elemento comune, tutto il resto e' andato distrutto. Da qui dobbiamo partire per ricostruire il futuro, se riusciremo a trovare un progetto culturale avremo fatto il primo passo". Basta politica, allora? Gli anni di Darwish poeta-resistente e membro del comitato esecutivo dell'Olp sono davvero svaniti? "Non sono mai stato un politico, nel 1987 quando ho saputo della mia elezione ai vertici dell'Olp ho pianto. Gli accordi di Oslo del 1993 mi hanno dato l'occasione di dimettermi". Ma questo, precisa, non per richiudersi in un mondo a parte. Una scelta impossibile "perche' la nostra terra resta occupata, il mio popolo sotto assedio"ª. E allora, invece della militanza impostagli in passato dalla sua gente, la scelta di Darwish e' la poesia di resistenza a cui lo obbliga ancora la Storia. "Ogni buona poesia che parla di liberta' e amore, giustizia e bellezza e' una forma di resistenza, contro la bruttezza e la violenza, contro l'annientamento. E costruisce nuovi ponti con gli altri". Piu' universale rispetto al passato ma ricca degli stessi "semi": l'assenza, l'oppressione, la sofferenza, l'esilio, la prigione, l'identita'. Il dialogo tra esilio e patria. La disperata voglia di amore e di pace. * "Da quando abbiamo realizzato che questo Paese va diviso in due, la pace e' diventata possibile. Ogni palestinese sente che la Palestina storica e' la sua patria ma tutti sappiamo che ormai appartiene a due popoli - dice Darwish, che nel 1988 scrisse la dichiarazione di Algeri con cui l'Olp accettava i due Stati -. Ma oggi la pace sta diventando impossibile perche' Israele rifiuta di negoziare i confini, il futuro di Gerusalemme, il diritto al ritorno degli esuli, costruisce muri e cantoni. Israele aveva l'opportunita' d'oro d'essere accettata, l'ha persa. Magari non tornera' piu', presto governeranno in molti Paesi i movimenti islamici". Come Hamas? "Si', come Hamas, eletta peraltro democraticamente con un voto di disperazione, che sta gia' punendo gli stessi palestinesi. E con risultati negativi che non si sono ancora visti ma che io, laico e marxista in un mondo di religioni, temo molto per la nostra cultura". * Parla ancora di molte cose Darwish. Della crisi degli intellettuali arabi e della mancanza di democrazia nei loro Paesi. Degli elementi comuni tra le tre grandi religioni la cui ricerca "lo ossessiona". Dei poeti che piu' ama (da Dante a Eschilo, da Walcott a Ritsos). Della Palestina, ovviamente. "Adesso tornero' a Ramallah, non posso preferire l'esilio potendo tornare nella mia terra - conclude -. Solo quando sara' liberata anch'io saro' libero di andare dove voglio". Succedera'? La speranza che emerge dalle sue poesie con quella "terra verde" cosi' ricorrente e' vera? "La speranza e' lontanissima, nel presente non c'e'. Ma dobbiamo inventarla altrimenti siamo morti", risponde. E nel frattempo continuera' a scrivere, soprattutto poesia. "Quando ero sotto assedio a Ramallah, quando ho visto i tank israeliani sotto le mie finestre, ho scritto. A ogni verso mi sembrava che i soldati si ritirassero di dieci metri - ricorda -. E' il solo modo che conosco per proteggere il mio spirito. Per sopravvivere". 7. MAHMOUD DARWISH: PASSAPORTO [Dal sito del "Corriere della sera" riprendiamo la seguente traduzione di una celebre poesia di Mahmoud Darwish] Non mi hanno riconosciuto nelle ombre che succhiano via il colore dal mio passaporto e secondo loro la mia la mia ferita era esposta come per un turista che ama collezionare fotografie. Non mi hanno riconosciuto, oh... non lasciate la mia mano senza sole, perche' gli alberi mi riconoscano... tutti i canti della pioggia mi riconoscano... Non lasciatemi pallido come la luna. Tutti gli uccelli che hanno seguito la mia mano fino alla porta dell'aeroporto lontano, tutti i campi di grano, tutte le prigioni, tutte le tombe bianche, tutte le frontiere di filo spinato... tutti i fazzoletti che si agitano tutti gli occhi neri... tutti gli occhi erano con me, ma loro li hanno cancellati dal mio passaporto. Spogliato del mio nome e identita'? in una terra che ho nutrito con le mie mani? Oggi Giobbe ha gridato riempiendo il cielo: Non fate ancora una volta di me un esempio! Signori! Profeti! Non chiedete agli alberi i loro nomi... Non chiedete alle vallate della loro madre... Sulla mia fronte risplende la spada di luce Dalle mie mani sorge l'acqua di fiume. Tutti i cuori del popolo sono la mia identita', toglietemi allora il passaporto! 8. PER APPROFONDIRE www.mahmouddarwish.com/arabic (in arabo) www.mahmouddarwish.com/english (in inglese) ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 212 dell'11 agosto 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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