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Minime. 544
- Subject: Minime. 544
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 11 Aug 2008 01:19:02 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 544 dell'11 agosto 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Donatella Cherubini ricorda Gaetano Arfe' (parte prima) 2. Vittorio Strada ricorda Czeslaw Milosz (2004) 3. Andrea Rocco ricorda Tony Russo 4. La "Carta" del Movimento Nonviolento 5. Per saperne di piu' 1. MEMORIA. DONATELLA CHERUBINI RICORDA GAETANO ARFE' (PARTE PRIMA) [Ringraziamo Maria Teresa Proto Pisani (per contatti: mtpropi at iol.it) per averci inviato la seguente relazione di Donatella Cherubini svolta all'Universita' Federco II di Napoli il 17 gennaio 2008 in memoria di Gaetano Arfe' dal titolo "Gaetano Arfe' e le sue tante citta'. Uno storico militante tra cultura e politica". Donatella Cherubini, storica, docente all'Universita' di Siena. Tra le opere di Donatella Cherubini: La formazione ideale di Giuseppe Emanuele Modigliani e il positivismo italiano, Le Monnier, Firenze 1986; Giuseppe Emanuele Modigliani: un riformista nell'Italia liberale, Franco Angeli, Milano 1990; (a cura di), Giuseppe Emanuele: l'altro Modigliani. Pace, Europa e liberta'. Mostra storico-documentaria, Palombi, Roma 1997; (a cura di, con Marta Petricioli, Alessandra Anteghini), Les Etats-Unis d'Europe: un projet pacifiste. The United States of Europe: a pacifist project, Peter Lang, Berne 2004; (a cura di, con Marta Petricioli), Pour La paix en Europe: institutions et societe' civile dans l'entre-deux-guerres. For Peace in Europe: Institutions and Civil Society between the World Wars, Peter Lang, Berne 2007. Gaetano Arfe', figura illustre della sinistra italiana, e' deceduto nel 2007. Dal sito della Fondazione Turati (www.pertini.it/turati) riprendiamo alcune stralci della scheda a lui dedicata: "Gaetano Arfe' e' nato a Somma Vesuviana (Napoli) il 12 novembre 1925. Si e' laureato in lettere e filosofia all'Universita' di Napoli nel 1948. Si specializzo' in storia presso l'Istituto italiano di studi storici presieduto da Benedetto Croce, con cui entro' in contatto fin dal 1942. Nel 1944 si arruolo' in una formazione partigiana di "Giustizia e Liberta'" in Valtellina. Nel 1945 si iscrisse al Partito socialista e divenne funzionario degli Archivi di Stato intorno al 1960. A Firenze era gia' entrato in contatto con Calamandrei, Codignola e il gruppo de "Il Ponte" e aveva collaborato con Gaetano Salvemini alla raccolta dei suoi scritti sulla questione meridionale. Nel 1965 ottenne la libera docenza in storia contemporanea e insegno' a Bari e a Salerno. Nel 1973 divenne titolare della cattedra di storia dei partiti e dei movimenti politici presso la facolta' di Scienze Politiche dell'Universita' di Firenze. Nel 1959 venne nominato condirettore della rivista "Mondo Operaio", carica che conservera' fino al 1971. Dal 1966 al 1976 fu direttore dell' "Avanti!". Dal 1957 al 1982 fu membro del comitato centrale e della direzione del Psi. Nel 1972 venne eletto senatore... Nel 1976 venne eletto deputato... Nel 1979 venne eletto deputato al Parlamento europeo... Nel 1985 lascio' il Psi, motivando la sua scelta nel volumetto La questione socialista (1986). Nel 1987 venne eletto senatore per la sinistra indipendente. Ha scritto numerosi libri e saggi, tra cui la Storia dell'"Avanti!" (1958) e la Storia del socialismo italiano 1892-1926 (1965)". Dalla Wikipedia, edizione italiana (http://it.wikipedia.org), riprendiamo per stralci la seguente scheda: "Gaetano Arfe' (Somma Vesuviana, 12 novembre 1925 - Napoli, 13 settembre 2007) e' stato un politico, giornalista e storico italiano. Nel 1942, subito dopo la licenza liceale, entra a far parte di "Italia Libera", un gruppo clandestino di ispirazione azionista e viene presentato a Benedetto Croce da Ettore Ceccoli, editore e libraio ex comunista e amico del padre. All'universita' conosce Giorgio Napolitano e prende a frequentare giovani antifascisti. La polizia pero' lo tiene d'occhio e i genitori lo mandano da uno zio a Sondrio. Giunto nella citta' lombarda ai primi del 1943, collabora con alcuni azionisti che aiutano prigionieri di guerra, perseguitati politici ed ebrei a varcare il confine svizzero. Arrestato e tornato libero dopo alcune settimane, svolge attivita' di collegamento tra il Cln di Sondrio e Milano e i partigiani della Valtellina ai quali si unisce nel 1944 militando in una formazione di Giustizia e LIberta' fino alla Liberazione. Dopo la guerra, nel 1945 si iscrive al partito socialista, nel quale rimarra' fino al 1985, e ricomincia a studiare. Laureatosi in lettere e filosofia a Napoli nel 1948, si specializza in storia presso l'Istituto Italiano per gli Studi Storici presieduto da Benedetto Croce. Negli anni Cinquanta, mentre e' funzionario presso l'Archivio di Stato di Napoli, partecipa ad una manifestazione per la pace organizzata dalla "Gioventu' meridionale" con l'appoggio del Pci, e per questo viene trasferito d'autorita' a Firenze, dove entra in contatto con la rivista "Il Ponte" e con personalita' dell'antifascismo quali Romano Bilenchi, direttore del "Nuovo Corriere", Delio Cantimori, Cesare Luporini, Piero Calamandrei e Tristano Codignola. Collabora inoltre con Gaetano Salvemini alla raccolta degli scritti sulla questione meridionale. Dal 1965 e' libero docente di Storia contemporanea nelle Universita' di Bari e Salerno. Nel 1973 diviene titolare della cattedra di Storia dei partiti e movimenti politici presso la facolta' di Scienze politiche dell'Universita' degli Studi di Firenze. Dal 1959 al 1971 e' condirettore della rivista socialista "Mondo Operaio", e dal 1966 diviene direttore del quotidiano socialista "Avanti!", alla cui guida restera' per dieci anni. Proprio a causa delle inchieste sulle "trame nere" pubblicate sul giornale da lui diretto, Arfe' e' vittima di un attentato terroristico che il 2 aprile del 1975 devasta la sua abitazione con un ordigno esplosivo, provocando il ferimento di tre persone. Nel Psi fa parte del comitato centrale e della direzione del partito dal 1957 al 1982; nel 1972 e' eletto senatore nel collegio di Parma, e ricopre il ruolo di vicepresidente della Commissione istruzione e poi della Commissione esteri, ed e' relatore della legge sui Provvedimenti urgenti per l'Universita'. Nel 1976 e' eletto deputato nel collegio di Parma-Modena-Reggio-Piacenza; entra nella Commissione affari costituzionali e rappresenta il gruppo socialista nelle trattative sul Concordato. Nel 1979 viene eletto deputato al Parlamento europeo per il collegio Nord-est per le liste del Psi: e' relatore sul tema della politica televisiva europea e promuove la Carta dei diritti delle minoranze etniche e linguistiche. E' stato membro della Commissione per la gioventu', la cultura, l'educazione, l'informazione e lo sport e della Delegazione al comitato misto Parlamento europeo/Assemblea della Repubblica del Portogallo. Ha aderito al gruppo parlamentare del Partito del Socialismo Europeo. La Risoluzione del Parlamento europeo dedicata alla tutela delle minoranze etniche e linguistiche, approvata il 16 ottobre 1981, e' anche nota come "Risoluzione Arfe'". Nel 1986, in totale disaccordo col segretario Bettino Craxi, lascia il partito socialista, e da' alle stampe lo scritto La questione socialista, con cui motiva la fuoruscita dal Psi. Nel 1987, e' eletto senatore nel collegio di Rimini come indipendente nelle liste del Pci. Muore a Napoli il 13 settembre 2007 in seguito ad una crisi respiratoria. Fra i suoi scritti piu' importanti: Storia dell'Avanti!, edizioni Avanti!, Milano 1956-1958, ristampato a cura di Franca Assante, Giannini, Napoli, 2002; Storia del socialismo italiano 1892-1926, Einaudi, Torino 1965; Storia delle idee politiche economiche e sociali, (cura del V volume, sull'eta' della rivoluzione industriale), Utet, Torino 1972; La questione socialista: per una possibile reinvenzione della sinistra. Einaudi, Torino 1986; I socialisti del mio secolo, a cura di Donatella Cherubini, Lacaita, Manduria-Bari-Roma, 2002; Scritti di storia e politica, a cura di Giuseppe Aragno, La Citta' del Sole, Napoli 2005. Numerosi i suoi scritti ed interventi su personaggi e tematiche di storia dei movimenti politici, con attenzione anche alle vicende di Giustizia e Liberta', dell'anarchismo, su momenti e personaggi minori della storia del movimento operaio. Negli ultimi anni della sua vita ha collaborato con la rivista online "Fuoriregistro". Opere su Gaetano Arfe': Ciro Raia, Gaetano Arfe'. Un socialista del mio paese, Piero Lacaita editore, Manduria-Bari 2003". Molti utili materiali sono nel sito www.amicidigaetano.ilcannocchiale.it] Questo mio ritorno a Napoli risponde ad un impegno che avevo preso quattro mesi fa davanti al feretro di Gaetano Arfe', nel discorso funebre in cui esprimevo il mio rammarico per essere venuta troppo tardi a trovare il professore, il mio maestro. Un discorso che tenni con grande commozione, impegnandomi appunto a tornare, per dedicargli un ricordo in toni piu' pacati, meditati, inseriti in un piu' rigoroso quadro della sua lunga attivita' culturale e politica. L'occasione mi e' stata offerta dall'iniziativa del professor Andrea Graziosi. Insieme al caro amico Geppino Aragno, lo ringrazio quindi per l'invito a questa manifestazione nell'Universita' "Federico II", cosi' come ringrazio i presenti. * Di fronte alla scomparsa di una personalita' assai significativa nella storia italiana del secondo dopoguerra, mi auguro saranno numerosi i ricordi e le celebrazioni. Per me e' pero' particolarmente importante che la sua figura venga commemorata in un'aula universitaria. Gaetano Arfe' ha infatti accompagnato il mio percorso di studio fin dai banchi della Facolta' di Scienze politiche "Cesare Alfieri" di Firenze, tra gli anni '70 e '80. Allora frequentai il suo corso universitario di Storia dei partiti e dei movimenti politici, dedicato principalmente al fuoruscitismo antifascista e alla genesi del movimento di "Giustizia e Liberta'". Le lezioni muovevano dalla formazione dei fratelli Carlo e Nello Rosselli nella Firenze dei primi anni '20, tenendo presenti i tanti intrecci culturali e politici che ad essa si collegavano (1). Arfe' sottolineava soprattutto il rapporto di Nello con lo storico Gaetano Salvemini, e quello di Carlo - studente dell'allora Istituto di Scienze sociali "Cesare Alfieri" - con il politico Salvemini, e con tutto il gruppo antifascista del "Non mollare". E lo faceva con particolare incisivita', lui che si era formato nella tradizione dello storicismo meridionale, e aveva poi curato gli scritti salveminiani. Per tutti gli studenti, quelle lezioni furono una preziosa occasione di arricchimento, non solo culturale ma anche umano, senza mai appesantirsi di erudizione. La narrazione della storia si intrecciava con i puntuali richiami alla storiografia di ascendenza crociana, ai fondamenti della cultura laica, ad un impegno educativo ispirato dal rigore morale e politico. Su tali basi, il fenomeno dell'antifascismo veniva quindi collocato in modo chiaro e preciso nella dimensione cittadina, nazionale e internazionale. Gaetano Arfe' ha poi seguito la mia tesi di laurea e accompagnato anche la mia carriera accademica, insieme alla professoressa Ariane Landuyt, come ricercatore e poi docente di Storia contemporanea nell'Universita' di Siena. A lui si legano percio' le matrici culturali e ideali della mia formazione, ed e' naturale che io voglia dargli continuita' nel mio impegno professionale. * Ma al di la' della mia vicenda personale, ricordare Gaetano Arfe' in una sede universitaria, significa poter sottolineare adeguatamente l'impronta che ha lasciato sul piano storiografico, con il suo contributo alla storia del socialismo italiano. Una tale impronta risulta oggi ancor piu' netta, superando la polemica politica che ha segnato la cultura italiana del secondo dopoguerra, e superando anche le critiche che quella stessa cultura ha in seguito subito nel suo complesso. In tutti questi passaggi, Gaetano Arfe' ha sempre continuato a rivendicare con orgoglio la propria spiccata motivazione di storico "militante". Si trattava di una motivazione in lui particolarmente forte, sentita, e soprattutto mai rinnegata, anche quando, negli ultimi decenni, la componente etico-politica degli studi storici e' stata attaccata, superata, accusata di non fondarsi su quella scientificita' che dovrebbe essere invece propria delle cosiddette scienze sociali. Che non si trattasse di storia meramente e strumentalmente ideologica, secondo Arfe' lo dimostrava il fatto che le passioni e le ideologie erano sinceramente sentite e professate, e che a farsene interpreti erano storici di rigorosa formazione culturale, capaci di rispettare le regole del mestiere. Soprattutto, secondo lui tale storiografia "contribui' a creare sulle rovine morali della guerra un ethos politico che uni' nella fedelta' alla costituzione la stragrande maggioranza del popolo italiano, che formo' una coscienza democratica di massa" (2). Gaetano Arfe' ha continuato a credere e testimoniare quanto aveva assimilato fin dal periodo della formazione giovanile, a Somma Vesuviana. La cultura laica e democratica del padre Raffaele - che sotto il fascismo "praticava clandestinamente la fede socialista" - gli aveva aperto orizzonti come i valori della rivoluzione francese, il mito garibaldino, il pacifismo, il libertarismo, l'umanitarismo, associati a "una devozione intellettuale profonda" nei confronti di un uomo "che si collocava su tutt'altre sponde, Benedetto Croce". E cio' lo aveva proiettato verso un impegno politico che si innestava su un profondo interesse per la storia, costruendo un bagaglio culturale su cui avrebbe basato la propria adesione allo storicismo crociano (3). Nel corso degli anni '40, tante furono le tappe che contribuirono ad un tale bagaglio. Durante la guerra partigiana in Valtellina senti' parlare per la prima volta di Antonio Gramsci e comincio' a riflettere precocemente sulla Resistenza come secondo Risorgimento italiano. Seguirono poi gli studi universitari a Napoli: prima la laurea in Lettere con una tesi su Silvio Spaventa, poi quella in Filosofia con una tesi su Bertrando Spaventa. Confermava cosi' sia la propria passione per gli studi risorgimentali, sia l'interesse per quell'hegelismo napoletano, di cui la scuola crociana era di fatto erede. Nel nuovo clima del dopoguerra, dopo il pronunciamento di Croce per la monarchia, emergevano le carenze del suo giudizio sul fascismo, e quindi anche i dubbi sulla sua visione della storia d'Italia. Per Arfe' la metodologia crociana restava e resto' sempre esemplare, ma insieme ai suoi compagni di studi e letture (come Vittorio De Caprariis e Renato Giordano), ando' superando la formula dell'epopea "sabaudo-garibadina", nell'interpretazione crociana del Risorgimento. L'approdo fu quindi la problematica gramsciana - "sul ruolo delle masse popolari nel processo risorgimentale, sull'egemonia esercitata dai moderati, sui limiti del mazziniano partito d'azione nel promuovere un programma agrario". E tutto cio' si intrecciava con le tematiche meridionaliste, influenzate dagli scritti di Gaetano Salvemini e Guido Dorso. Il fermento diffuso in quella generazione di studiosi cresciuti sotto il fascismo, e ansiosi di letture, confronti, scambi - ma anche di partecipazione diretta alla vita sociale e civile -, lo portava intanto ad un attivo impegno nella politica napoletana. Fin da allora la sua scelta fu quella del Partito socialista, dopo una iniziale esperienza nel Partito d'Azione. Un'esperienza breve, ma che gli lascio' un profondo afflato di tipo etico, cosi' come una grande sensibilita' nello studio di Salvemini, di Rosselli e di tutti gli ispiratori e gli eredi di quella tradizione, pur restando egli distante da ogni impostazione volontaristica. Per quasi 40 anni Arfe' avrebbe dunque militato nel Psi, fino alle divergenze emerse durante la segreteria di Bettino Craxi, alla fine degli anni '70, preludio alla sua sofferta uscita, nel 1985 (4). Per Gaetano Arfe', il Partito socialista ha rappresentato la vera casa (heimat), e doverne uscire, e poi vederlo finire, sono stati per lui strappi assai dolorosi. Militante, parlamentare, animatore culturale del partito, era diventato anche lo storico del socialismo italiano, del Partito socialista di Filippo Turati, Giacomo Matteotti e Pietro Nenni, con un contributo che tra gli anni '50 e '60 segno' la riscossa culturale della politica riformista, dell'autonomia socialista. Una riscossa che si contrapponeva al disegno politico e culturale del Pci, promosso da Palmiro Togliatti e dagli intellettuali comunisti come Ernesto Ragionieri. Le loro analisi politiche, storiche e storiografiche muovevano dalla mancata capacita' del Psi di saper affrontare la crisi italiana, all'epoca della prima guerra mondiale. Si prospettava percio' una lettura di tutta la storia d'Italia, in funzione del ruolo che il movimento operaio e contadino, e poi appunto il Pci, vi avevano invece positivamente rivestito. La risposta a questa politica e a questa cultura fu proprio la Storia del socialismo italiano di Gaetano Arfe'. Nelle intenzioni dell'autore, doveva essere: "agile e di facile lettura, composto con spirito critico e con scrupoloso rispetto delle regole del mestiere, ma animato anche da una sua carica di 'patriottismo di partito', pur nel quadro di una visione unitaria della storia del movimento di classe e delle sue rappresentanze politiche" (5). Di Gaetano Arfe' "storico militante" si sono spesso sottolineati proprio il "patriottismo di partito" (ovvero l'approccio etico-politico alla storia del socialismo italiano), cosi' come la volonta' di sostenere la politica di Pietro Nenni e la scelta del centro-sinistra, attraverso la tradizione storica del riformismo. Cio' rimane oggettivamente vero, ma e' altrettanto oggettivamente vero che quel contributo si fondava su una profonda conoscenza storica e filosofica della cultura italiana tra '800 e '900, del socialismo italiano, del contesto internazionale in cui esso si collocava. Ed e' questo appunto quanto intendevo all'inizio, sottolineando che oggi, superate le polemiche e le critiche storiografiche, si puo' e si deve guardare con maggiore neutralita' alla sua opera di storico. Basti pensare alla incisivita' con cui Arfe' ha analizzato il riformismo turatiano; alla chiarezza con cui - proprio lui, considerato lo storico del turatismo -, ha descritto il contributo antituratiano di Salvemini al dibattito socialista; alla sua capacita' di indicare nell'interventismo democratico un passaggio nevralgico nella storia del socialismo italiano; ai suoi puntuali richiami alla contrapposizione tra idealismo e volontarismo nella cultura politica del primo '900, innestata sulla polemica dello stesso Salvemini contro Benedetto Croce. Basti pensare alla sua illustrazione del dottrinarismo presente in personaggi pur schierati su posizioni opposte, come Arturo Labriola e Ivanoe Bonomi; alla sua analisi delle tante tendenze e correnti del socialismo europeo, dall'ortodossia marxista di Karl Kautsky, al revisionismo di Eduard Bernstein. * Molti altri ancora sarebbero gli esempi, ma non voglio soffermarmi tanto sullo storico Arfe', quanto su un altro aspetto che merita di essere conosciuto e valutato, e che fa di lui davvero un personaggio originale per tutta la cultura politica italiana. Ho voluto intitolare la mia relazione Gaetano Arfe' e le sue tante citta', perche' nel suo lungo percorso, Gaetano Arfe' ha saputo, in tempi e modi diversi, diventare cittadino di tante e diverse realta' urbane, non solo italiane, da Napoli, a Firenze, a Milano, a Roma, a Parma, a Strasburgo. E ha saputo farlo - seguendo in parte il caso della vita, ma soprattutto il proprio fiuto di politico e intellettuale -, per lo piu' nel momento in cui quelle realta' vivevano vicende e situazioni particolarmente interessanti e importanti per la loro storia, ma anche per tutta la cultura politica italiana ed europea nel secondo dopoguerra. Spero di poterlo illustrare senza appesantire il mio discorso, e cercando di riportare quanto lui stesso mi ha raccontato. Nei suoi sempre vivi ricordi affioravano gli impegni culturali e politici, ma anche i legami di affetti, amicizie, frequentazioni, che lo avrebbero poi accompagnato nel tempo, anche quando da quelle citta' era ormai lontano, o quando quelle stesse citta' - penso anche a Napoli - non erano piu' le stesse. * Il lungo viaggio tra le tante citta' di Gaetano Arfe' inizia appunto dalla Napoli del dopoguerra, ricca di quei fermenti culturali e politici che ho appena ricordato. Una Napoli in cui egli manteneva uno stretto legame personale e politico con il concittadino Francesco De Martino; che lo vedeva assumere incarichi di primo piano nel Partito socialista; che lo portava a contatto diretto con un comunista per lui carissimo come Giorgio Amendola. Una Napoli dove Gaetano Arfe' era sempre piu' radicato e attivo - insieme alla moglie Anna Pagliuca - in un variegato ambiente di intellettuali progressisti, impegnati per la ricostruzione della citta' e della politica italiana. In un momento di grande vitalita' cittadina, un ruolo centrale lo rivestiva l'Istituto di Studi storici, fondato e diretto da Benedetto Croce. Si trattava all'epoca di un importante centro per la rinascita della cultura storica e filosofica, dove si tornava a leggere, studiare, confrontarsi ad un altissimo livello, dopo la chiusura e il conformismo del regime fascista. Qui vennero a specializzarsi giovani studiosi di ogni parte d'Italia, per lo piu' destinati a comporre la prima generazione di storici e intellettuali del dopoguerra: dal torinese Franco Venturi, al fiorentino Giuliano Procacci, al siciliano Rosario Romeo, al milanese Giovanni Pirelli, poi prematuramente scomparso. Per Gaetano Arfe', l'ammissione all'Istituto di Studi storici fu un passaggio determinante: insieme ai suoi compagni di studio, da qui mosse per dare al proprio impegno culturale quella inconfondibile impronta etico-politica - appunto di ascendenza crociana -, che fu un tratto distintivo della cultura politica italiana nei decenni successivi. In tante occasioni ha ricordato quel periodo cosi' ricco di stimoli e insegnamenti: le "conversazioni" tenute con spirito tollerante dallo stesso Croce, di fronte a docenti e allievi in gran parte ormai lontani dal liberalismo crociano; il dibattito sulle interpretazioni del Risorgimento, alla luce delle impostazioni meridionaliste e della lettura gramsciana, su cui lo stesso Arfe' discusse soprattutto con Rosario Romeo, ben presto uno dei maggiori studiosi del Risorgimento nel dopoguerra; le appassionanti e rigorose lezioni di un maestro come Federico Chabod. Proprio gli insegnamenti di Chabod sarebbero stati per lui fondamentali nel suo impegno professionale, prima di archivista e poi di docente universitario. All'indomani della sua esperienza all'Istituto di Studi storici, come funzionario degli Archivi di Stato, Gaetano Arfe' era intanto sotto lo stretto controllo del Ministero dell'Interno. Nel clima di forte contrapposizione tra centrismo e sinistre, veniva sorvegliato per il suo impegno nel Partito socialista a Napoli. Percio' venne trasferito a Firenze, "per punizione", come tante volte egli ha ricordato, intendendo ironicamente come quel trasferimento si rivelasse poi tutt'altro che punitivo. * La Firenze dei primi anni '50 viveva una delle sue ultime vere stagioni, di un antico e non sempre rinnovato splendore. Dopo la Liberazione, la vita politica e culturale era ripresa con il riemergere dei tanti rivoli soffocati dal fascismo, con il proporsi di nuovi stimoli, sedi e occasioni di incontro e di confronto. L'esempio piu' significativo era il riaffiorare di riviste fiorentine, che si affermavano nel panorama nazionale come riferimento centrale per intellettuali e politici: "Il Ponte", "Societa'", "Belfagor", quest'ultima inizialmente condiretta da Adolfo Omodeo, accanto a Luigi Russo (6). Si trattava di riviste tra loro diverse e complementari, singolarmente ispirate da "Giustizia e Liberta'" e dall'azionismo; da una sinistra ormai decisamente marxista; da uno storicismo intrecciato con un liberalismo democratico ed "eretico". Ad esse si affiancava il quotidiano "Nuovo Corriere", espressione di una aperta e originale cultura di estrazione comunista. Questa stampa era lo specchio di una classe politica e intellettuale, che dalla Liberazione alla meta' degli anni '60 fece di Firenze un centro propulsivo per la cultura e la politica di tutto il paese (fu l'alluvione del '66, come ha scritto Eugenio Garin, a segnare un lungo declino della politica tradizionale). Tra gli intellettuali comunisti spiccavano il filosofo Cesare Luporini e lo storico Delio Cantimori, ma anche Ernesto Ragionieri e Giuliano Procacci; particolarmente vivace rimaneva il nucleo di origine azionista: Piero Calamandrei, Carlo Ludovico Ragghianti, Tristano Codignola, Enzo Enriquez Agnoletti, Giorgio Spini. Sul versante cattolico, numerose e originali furono le iniziative culturali, educative e politiche, attuate dal "sindaco-santo" Giorgio La Pira, l'influenza di don Milani, fino all'emergere di giovani della sinistra democristiana come Nicola Pistelli. Firenze fu cosi' all'avanguardia sul piano culturale e politico, ma anche associazionistico e sindacale. Inoltre precorreva i tempi in quello amministrativo: nel marzo 1961 venne varata la prima giunta di centrosinistra italiana (7). Del resto, l'apertura, la vivacita' e anche gli elementi "eretici" del mondo cattolico nei primi anni '60, in parte anticipavano alcuni fattori che si consolidarono nel periodo successivo. L'emergere di nuovi e differenti stimoli e fermenti sul piano sociale fu evidente gia' nel 1966, con la grande mobilitazione giovanile per l'alluvione; dal '68 fiorentino scaturi' poi definitivamente il ruolo del capoluogo toscano come vero e proprio "laboratorio" del dissenso cattolico italiano negli anni '70. Con tutte le esperienze che ho prima ricordato, con tutti i maggiori protagonisti degli ambienti politici e culturali fiorentini, Gaetano Arfe' doveva trovarsi a diretto contatto per quasi un decennio. Francesco De Martino e Giorgio Amendola lo introdussero negli ambienti politici. Franco Venturi fu invece il tramite per l'incontro con Gaetano Salvemini, che dopo l'esilio era tornato a insegnare alla Facolta' di Lettere di Firenze. Questo primo periodo a Firenze fu quindi ricco di nuove conoscenze e nuove esperienze politiche. Nel complesso, ne venne arricchita la sua formazione di archivista e di storico, come dimostrano l'impegno nella Societa' toscana del Risorgimento, la partecipazione alle tante iniziative di studio e dibattito promosse in citta', lo stretto rapporto con Gaetano Salvemini, di cui curo' gli scritti meridionalisti. Ma meglio delle mie parole, sono le sue a darci il quadro di questo radicamento a Firenze: "Fui accolto quale membro della famiglia nella cerchia del 'Ponte' di Calamandrei, seguii passo passo il concepimento e la nascita del movimento di 'Unita' popolare' promosso da Calamandrei e Codignola contro la riforma elettorale proposta dal governo, passata alla storia con la definizione di 'legge truffa'. A Firenze incontrai un cattolicesimo assai diverso da quello che avevo conosciuto nel Mezzogiorno, quello di Giorgio La Pira, del giovane Nicola Pistelli, quello originalissimo di don Milani, nella cui scuola, a San Donato, allora ai suoi primi passi, tenni alcune, per me indimenticabili, lezioni di storia" (8). (E di quest'ultima esperienza resta anche un bellissimo filmato). Se tutto cio' fu per lui importante, naturalmente fu particolare il legame con i personaggi di vertice del socialismo fiorentino, uomini di grande umanita' e prestigio, come Foscolo Lombardi e i futuri ministri dei governi di centro-sinistra Giovanni Pieraccini e Luigi Mariotti. In seguito, Gaetano Arfe' avrebbe ricordato con particolare rimpianto anche l'atmosfera che incontro' nelle sezioni di partito, nelle societa' di mutuo soccorso, nelle Case del popolo, nelle sedi sindacali. Li' era infatti vivo - e forte di una antica tradizione - un associazionismo popolare strettamente legato al tessuto sociale cittadino, alle rivendicazioni dei lavoratori delle fabbriche, alle lotte non solo politiche ma anche sociali e civili: una realta' ricca e articolata, dove era intensa la partecipazione delle classi artigiane e operaie, anche questa per lui nuova e diversa da quella del Mezzogiorno. A tale proposito lo ricordo davvero con commozione, nel divertirsi a suscitare il mio disappunto di studentessa - ben convinta del prestigio accademico -, perche' lui non ricordava mai i nomi di quelli che io ritenevo i piu' importanti docenti universitari. In compenso, a distanza di piu' decenni aveva bene impressi in mente i nomi, i volti, finanche le battute nel piu' puro vernacolo fiorentino, degli iscritti alla Sezione socialista del quartiere Cure negli anni '50! * Note Questo contributo riproduce la relazione tenuta il 17 gennaio 2008 nella commemorazione di Gaetano Arfe', presso il Dipartimento di Scienze dello Stato della Universita' degli Studi Federico II di Napoli, con l'introduzione del professor Andrea Graziosi, la partecipazione della professoressa Daniela Luigia Caglioti, l'intervento del professor Giuseppe Aragno. Le parti dedicate alle stagioni napoletana e fiorentina di Gaetano Arfe' sono riprese pressoche' integralmente da: D. Cherubini, Introduzione, in G. Arfe', I socialisti del mio secolo, Manduria-Bari-Roma, Piero Lacaita Editore, 2002. Cfr. inoltre G. Arfe', Scritti di storia e politica, a cura di G. Aragno, Napoli, La Citta' del Sole, 2005. La parte dedicata alla stagione milanese e' principalmente basata su: M. Cini, Il cappotto di Hemingway, Intervista a Ivan Della Mea, in "Il Grandevetro", a. XXVI, n. 167, luglio-settembre 2003; P. Mencarelli, Luciano Della Mea giornalista militante, Scritti 1949-1962, Manduria-Bari-Roma, Piero Lacaita Editore, 2007. Nelle note vengono percio' citati solo questi testi, oltre agli scritti di Gaetano Arfe' di cui si sono riportati alcuni passi, con particolare riferimento a quelli conservati presso la Fondazione di Studi Storici Filippo Turati di Firenze. Si e' scelto di non apportare ulteriori cambiamenti nella forma, nella struttura e nel contenuto, per conservare il tono diretto e commemorativo del testo originario. 1. D. Cherubini, Introduzione, in G. Arfe', I socialisti del mio secolo, cit. 2. G. Arfe', Conclusioni, in Il governo Parri, atti del Convegno, Roma, 13 e 14 dicembre 1994, Archivio Centrale dello Stato, organizzato dalla Federazione Nazionale Associazioni Partigiane, Roma, Fiap, 1995. 3. D. Cherubini, Introduzione, in G. Arfe', I socialisti del mio secolo, cit. 4. Ibidem. 5. Dattiloscritto inedito G. Arfe', Autobiografia di uno storico, luglio 2001, in Fondazione di Studi Storici Filippo Turati, Fondo Gaetano Arfe' (d'ora in avanti Fssft, Fa). 6. D. Cherubini, Introduzione, in G. Arfe', I socialisti del mio secolo, cit. 7. Ibidem. 8. G. Arfe', Autobiografia di uno storico, cit. (Parte prima - segue) 2. MEMORIA. VITTORIO STRADA RICORDA CZESLAW MILOSZ (2004) [Dal "Corriere della sera" del 15 agosto 2004 col titolo "Milosz, la poesia dell'esilio che uni' l'Europa" e il sommario "E' morto ieri a 93 anni il premio Nobel polacco. Condanno' la follia del Novecento, stretto tra le ideologie di nazismo e comunismo. Autore di versi e saggi, fuggi' in Usa. Reinterpreto' la cultura russa come anima del vecchio continente"] E' morto ieri a Cracovia il poeta Czeslaw Milosz, premio Nobel nel 1980. Aveva 93 anni. Quando l'Europa era divisa in due, prima ancora che il muro di Berlino ne materializzasse la spartizione e a spaccarla era la contrapposizione postbellica fra le democrazie liberali e il totalitarismo comunista, un poeta e letterato come il polacco Czeslaw Milosz (1911-2004) era ascritto a quella sorta di Europa di secondo grado che si era soliti chiamare "orientale". Era l'Europa sovietica ovvero sovietizzata, le cui antiche tradizione nazionali di libera cultura erano inadeguatamente conosciute, soffocate nella nuova comunita' coatta dominata dal centro moscovita. Che cosa fosse questo dominio, al di la' della sua tracotanza fondata sulla violenza repressiva, furono proprio gli europei "orientali" a illustrarlo con coraggiosa chiarezza, sulla base della loro esperienza individuale e collettiva, e tra i primi, con una forza analitica insuperabile, Milosz in un libro ancora oggi fondamentale dal titolo emblematico La mente prigioniera. In esso si spiegava il processo che puo' portare uno spirito libero a piegarsi non tanto alla violenza fisica di un potere assoluto, quanto alla pressione mentale di una ideologia che si pretende assoluta quanto il potere di cui e' l'espressione e lo strumento: l'ideologia rivoluzionaria "marxista leninista" come essa si chiamava. Il paradosso, in cui si compendia la storia del dopoguerra, e' che Milosz, con quel libro, europeo "orientale", secondo la classificazione sopraddetta, si dimostrava piu' europeo, nel senso della consapevolezza e probita' intellettuale, di tanta parte della intellighenzia occidentale, parigina e romana, allora sorda a una voce libera, come ad altre di minore intensita' ma non di minore autenticita', che si levavano dalla parte orientale e centrale del Vecchio Continente. Milosz, come saggista e come poeta, non solo risultava cosi' primo cittadino di un'Europa allora, e in parte ancora oggi, di la' da venire, ma dimostrava anche di possedere due qualita' culturali che ancora oggi spesso sono carenti nella cultura europea occidentale. Imbevuto di spirito europeo, Milosz per immediata esperienza e conoscenza padroneggiava anche la cultura dell'estremo lembo d'Europa, quella russa. Nei suoi saggi, e di riflesso nella sua stessa poesia, i grandi della letteratura e del pensiero russo, da Dostoevskij e Shestov a Pasternak, sono presenti come essenziali punti di riferimento, visti in una luce critica che ne rinnova e ne approfondisce il significato. La Russia per lui, al di la' delle vecchie diatribe su una sua o meno compiuta "europeita'", e' parte essenziale della storia spirituale europea, delle sue ricerche creative talora catastrofiche, e non un'appendice estrinseca rispetto a una comunita' di destini della quale il cristianesimo nelle sue tre confessioni principali (cattolica, protestante, ortodossa) e' stato, e tuttora rimane, anche se in modo affievolito, una fonte essenziale di vita e di ispirazione. Accanto alla Russia, l'America che Milosz apprezzava come seconda patria, come terra che diede asilo a lui e a tanti altri esuli dei due totalitarismi europei, nazista e comunista. Un europeo integrale come Milosz non poteva non allargare il suo orizzonte spirituale a quel prolungamento originale e peculiare che l'Europa ha trovato oltreoceano: restando europeo, come altrimenti non poteva essere, Milosz seppe aprirsi a una realta' che per lui non era soltanto una terra di accoglienza ma un mondo di nuova esperienza e di arricchimento interiore. La poesia di Milosz, frutto squisito in cui emozione e ragione collaborano a dar vita alla limpida visione di una moderna esperienza vissuta personale e storica, e', assieme ai suoi saggi aperti alla realta' culturale e a una sorta di sovrarealta' visionaria, una delle piu' autentiche e sofferte del Novecento, un secolo lungo e arduo che questo letterato "orientale" percorse con ardita indipendenza, meritando come pochi il titolo di poeta europeo senza altre specificazioni e di saggista occidentale, intendendo questa parola non nel senso di uno spazio ma in quello di una civilta'. Milosz appartiene a una categoria eterna, se si vuole, ma tremendamente attuale per il XX secolo che ha sradicato dal loro suolo non solo interi popoli ma anche singole personalita' e, in particolare, grandi poeti: la categoria dell'esiliato dalla propria terra e da un intero continente. Non e' un caso che laureati del premio Nobel siano stati Milosz e Brodskij, ne' si possono dimenticare Aleksandr Solzenicyn e quell'esiliato in patria che e' stato Boris Pasternak. Di questo amaro destino Milosz e' stato consapevole tanto che nel suo discorso per l'assegnazione del Nobel ha detto: "Un santo patrono di tutti i poeti in esilio, che visita le loro citta' e province solo nel ricordo, e' sempre Dante. Ma come e' aumentato il numero di Firenze!". Quanto a Iosif Brodskij queste sue parole su un suo compagno di sorte e sulla qualita' della sua poesia possono concludere questo ricordo di Milosz: "La poesia di Czeslaw Milosz non risponde alla domanda 'come vivere', ma a quella 'per cosa vivere'". 3. LUTTI. ANDREA ROCCO RICORDA TONY RUSSO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 agosto 2008 col titolo "Tony Russo, il fisico americano che denuncio' le malefatte Usa in Vietnam" e il sommario "Insieme a Daniel Ellsberg scopri' e fece pubblicare nel '71 i Pentagon Papers sull'incidente del Tonchino, pretesto per la guerra"] Ci sono persone che lasciano un segno piu' grande di se stesse, che con un gesto di quieto coraggio cambiano, o aiutano a cambiare, il corso della storia. Tony Russo, morto qualche giorno fa a Suffolk nel Vermont (dove era nato 71 anni fa), e' stato una di quelle persone. Laureato in fisica aeronautica a Virginia Tech e a Princeton, nel 1968 Russo va a lavorare alla famosa e (allora) famigerata Rand Corporation, a Santa Monica. La Rand, che ha ancora sede vicino al municipio di Santa Monica, con vista sull'oceano Pacifico (e che in anni recenti ha visto tra i suoi amministratori Condoleezza Rice), in quegli anni agisce come "cervello strategico" delle amministrazioni Usa impegnate in Vietnam. Tony Russo viene assegnato al "Progetto morale e motivazioni dei VietCong". Ne comprende le ragioni e ne diventa un grande sostenitore. E' il periodo in cui conosce Daniel Ellsberg, un altro analista militare della Rand. Russo pazientemente spiega a Ellsberg quello che sta succedendo in Vietnam, le bugie e l'illegalita' della guerra. Viene licenziato di li' a poco. Ma un anno piu' tardi Ellsberg gli accenna a un dossier che sta esaminando e che contiene le prove delle bugie dell'amministrazione Johnson sul cosiddetto "incidente del Tonchino" che scateno' il coinvolgimento Usa in Vietnam. Si tratta del nucleo dei famosi Pentagon Papers. Russo invita Ellsberg a rendere pubblico tutto. "Era un suggerimento per quel tempo assolutamente straordinario - ha ricordato Ellsberg in un articolo in memoria di Tony Russo, pubblicato dal sito www.antiwar.org - soprattutto per il fatto che giungeva da qualcuno che aveva avuto fino a poco tempo prima credenziali di accesso a documenti top secret e a qualcuno che le aveva ancora. Nessuno prima e nessuno dopo ha mai osato rompere cosi' il segreto". Ellsberg una settimana dopo chiama in gran fretta Russo e gli chiede se e' possibile usare una fotocopiatrice. Russo la trova, nell'ufficio dell'agenzia di pubblicita' di Los Angeles dove lavore la fidanzata. I due si chiudono per settimane a fotocopiare freneticamente migliaia di pagine di documenti. Sanno perfettamente che rischiano la prigione o peggio. Ma sono tempi felici in cui l'obbedienza non sembra essere piu' una virtu'. I documenti escono, pubblicati da Neil Sheehan sul "New York Times" nel 1971 e rappresentano la svolta finale nella opinione pubblica contro la guerra in Vietnam. Contro Ellsberg e Russo si scatena l'Fbi. I due sono incriminati per cospirazione, furto e spionaggio. Al processo la star e' Ellsberg, distinto, elegante e articolato. Russo e' grande, grosso, ha vestiti stazzonati e non nasconde la sua militanza di sinistra. Si scontra con l'amico, vorrebbe radicalizzare e politicizzare il processo, Ellsberg e' piu' diplomatico e vuole lavorare a rompere l'establishment. Dopo 45 giorni di galera e un anno e mezzo di processo i due vengono prosciolti con formula piena. Ma se Ellsberg diventera' una celebrita' della politica alternativa americana, invitato a parlare in tutto il mondo, Russo lavora fino alla pensione negli uffici della Contea di Los Angeles, nel dipartimento che si occupa dei detenuti in liberta' vigilata. Restera' sempre un sostenitore di battaglie pacifiste e progressiste. Negli ultimi anni si era anche riconciliato con Ellsberg, che lo ha ricordato cosi': "E' stato l'esempio della volonta' di rischiare tutto per il suo paese e per il Vietnam che amava, un esempio che molto pochi, sfortunatamente, hanno seguito". Se Brecht, giustamente, diceva che e' disgraziato quel paese che ha bisogno di eroi, un po' piu' di Tony Russo in giro per il mondo non farebbero male. 4. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 5. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 544 dell'11 agosto 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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