Minime. 528



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 528 del 26 luglio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Lo stato d'emergenza
2. Quello che occorre
3. Ida Dominijanni intervista Stefano Rodota'
4. Virginia Woolf: E stasera
5. Una lettera al Ministro per i Beni e le Attivita' Culturali
6. Un estratto da "Un mondo senza poverta'" di Muhammad Yunus
7. Edizioni Qualevita: Disponibile il diario scolastico 2008-2009 "A scuola
di pace"
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. LO STATO D'EMERGENZA

Un governo razzista, un governo che rivendica l'impunita' per i crimini
commessi dal suo capo, un governo che viola la Costituzione, i diritti
umani, i fondamenti stessi dello stato di diritto, della civile convivenza,
della democrazia fondata sull'eguaglianza di diritti e sulla legge uguale
per tutti.
Siamo davvero in uno stato d'emergenza.

2. EDITORIALE. QUELLO CHE OCCORRE

Occorre una campagna nonviolenta di resistenza al razzismo e alla guerra, di
resistenza ai poteri criminali e al colpo di stato, di resistenza al
femminicidio e all'ecocidio.
Occorre una campagna nonviolenta per la legalita', la democrazia, i diritti
umani di tutti gli esseri umani.

3. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI INTERVISTA STEFANO RODOTA'
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 luglio 2008 col titolo "Quei principi
bruciati" e il sommario "Stefano Rodota': ´Non c'e' solo il lodo Alfano a
minacciare l'uguaglianza. E' in corso una revisione costituzionale
quotidiana".
Ida Dominijanni, giornalista e saggista, docente a contratto di filosofia
sociale all'Universita' di Roma Tre, e' una prestigiosa intellettuale
femminista. Tra le opere di Ida Dominijanni: (a cura di), Motivi di
liberta', Angeli, Milano 2001; (a cura di, con Simona Bonsignori, Stefania
Giorgi), Si puo', Manifestolibri, Roma 2005.
Stefano Rodota' e' nato a Cosenza nel 1933, giurista, docente
all'Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza" (ha inoltre tenuto corsi e
seminari nelle Universita' di Parigi, Francoforte, Strasburgo, Edimburgo,
Barcellona, Lima, Caracas, Rio de Janeiro, Citta' del Messico, ed e'
Visiting fellow, presso l'All Souls College dell'Universita' di Oxford e
Professor alla Stanford School of Law, California), direttore dele riviste
"Politica del diritto" e "Rivista critica del diritto privato", deputato al
Parlamento dal 1979 al 1994, autorevole membro di prestigiosi comitati
internazionali sulla bioetica e la societa' dell'informazione, dal 1997 al
2005 e' stato presidente dell'Autorita' garante per la protezione dei dati
personali. Tra le opere di Stefano Rodota': Il problema della
responsabilita' civile, Giuffre', Milano 1964; Il diritto privato nella
societa' moderna, Il Mulino, Bologna 1971; Elaboratori elettronici e
controllo sociale, Il Mulino, Bologna 1973; (a cura di), Il controllo
sociale delle attivita' private, Il Mulino, Bologna 1977; Il terribile
diritto. Studi sulla proprieta' privata, Il Mulino, Bologna 1981; Repertorio
di fine secolo, Laterza, Roma-Bari, 1992; (a cura di), Questioni di
Bioetica, Laterza, Roma-Bari, 1993, 1997; Quale Stato, Sisifo, Roma 1994;
Tecnologie e diritti, Il Mulino, Bologna 1995; Tecnopolitica. La democrazia
e le nuove tecnologie della comunicazione, Laterza, Roma-Bari, 1997;
Liberta' e diritti in Italia, Donzelli, Roma 1997. Alle origini della
Costituzione, Il Mulino, Bologna, Il Mulino, 1998; Intervista su privacy e
liberta', Laterza, Roma-Bari 2005; La vita e le regole, Feltrinelli, Milano
2006]

"In un breve lasso di tempo si e' consumato in Italia un cambiamento
istituzionale e costituzionale di enorme portata. Anche se sia da parte di
chi l'ha promosso, sia da parte di chi non e' in grado di contrastarlo
efficacemente, si tenta di ridurne la rilevanza. Prima continuavano a dire
che non bisognava demonizzare Berlusconi, adesso si preoccupano di non
rompere le condizioni del dialogo...". Stefano Rodota' esordisce cosi' e
lungo un'ora di conversazione non abbassera' la gravita' della sua diagnosi.
*
- Ida Dominijanni: Si puo' parlare di un cambio di regime, senza sentirsi
rispondere che non c'e' il fascismo alle porte?
- Stefano Rodota': Quella sul regime mi sembra una disputa nominalistica.
Chiamiamolo come ti pare, io registro i fatti. Prima c'e' stato un
cambiamento del sistema politico indotto dalla legge elettorale. Adesso c'e'
un'accelerazione evidente della pressione sul sistema costituzionale. Che
non incide soltanto, come s'e' sempre predicato che si doveva fare, sulla
seconda parte della Costituzione: tocca pesantemente la prima. Il principio
di uguaglianza e' stato violato eclatantemente, e tutto il quadro dei
diritti e' in discussione.
*
- Ida Dominijanni: Ti riferisci al lodo Alfano?
- Stefano Rodota': Ovviamente, ma non solo. Mi riferisco al razzismo delle
impronte ai bambini rom, alla xenofobia discriminatoria dell'aggravante per
i clandestini, alla logica dei tagli in finanziaria che produrra' ulteriori
diseguaglianze sociali, all'idea della stratificazione di classe ratificata
con la tessera dei poveri. Per usare l'espressione di Antonio Labriola, i
principi costituzionali non sono dei caciocavalli appesi: per essere
effettivi richiedono una strumentazione adeguata. Una finanziaria come
quella che stanno votando non e' una strumentazione adeguata. E un'altra
strumentazione decisiva gliela togliera' la riforma del sistema giudiziario
annunciata per l'autunno.
*
- Ida Dominijanni: Ma nel discorso corrente il sistema giudiziario non ha
niente a che vedere con i diritti, e' solo la macchina persecutoria di
Silvio Berlusconi...
- Stefano Rodota': E invece l'autonomia della magistratura fu voluta dai
costituenti - l'hanno ricordato Scalfaro e Andreotti - proprio come garanzia
che i diritti delle minoranze non venissero cancellati dalla maggioranza di
turno. L'autonomia non garantisce i magistrati, garantisce i cittadini. E
mette un limite alla legittimazione politica: dice che la legittimazione
popolare non autorizza chi vince le elezioni a mettere le mani sui diritti.
L'esatto contrario del discorso di Berlusconi per cui chi vince puo' fare
quello che vuole, e per fare quello che vuole dev'essere immunizzato
dall'azione della magistratura. E' un punto cardinale dell'impianto
costituzionale, se cade questo scricchiola tutto. La ministra francese della
giustizia, aveva provato a fare un discorso simile a quello della destra
italiana, ma e' stata subito bloccata. In Italia invece gli anticorpi non ci
sono, o quelli che ci sono non bastano. Ha ragione Zagrebelsky: o la
Costituzione la si rilegittima non a parole ma a partire dai comportamenti
dell'opposizione, o decade di fatto. Senonche' come ben sappiamo e' stata
proprio la parte maggioritaria della sinistra ad aprire una breccia alla sua
delegittimazione, insistendo per anni su una revisione della seconda parte
della Carta che fosse funzionale all'efficienza del sistema politico, invece
di verificare che fosse adeguata a rendere effettivi i principi della prima.
*
- Ida Dominijanni: A proposito, di recente D'Alema, e con lui 15 fondazioni
politico-culturali, ha rilanciato la forma di governo parlamentare e il
sistema elettorale tedesco, con relativa autocritica sugli esiti di
presidenzialismo strisciante del bipolarismo forzoso. Tu sarai contento, o
no?
- Stefano Rodota': Certo che si', proposi il sistema tedesco, con Aldo
Tortorella, gia' quando si discuteva del Mattarellum. Ben venga questo
rilancio oggi. Pero', che il bipolarismo portasse agli esiti cui ha portato
era prevedibile ed era stato previsto. E che Berlusconi volesse la
bicamerale per riformare la giustizia lo si sapeva.
*
- Ida Dominijanni: Anche se va ricordato che in alternativa alla bicamerale
Berlusconi agitava l'assemblea costituente... Torniamo a oggi: che margini
di intervento ha la Corte costituzionale sul lodo Alfano?
- Stefano Rodota': E' un'incognita decisiva. Ovunque il ruolo delle corti
diventa sempre piu' decisivo, a cominciare dagli Stati Uniti. Prima o poi il
lodo Alfano arrivera' davanti alla Consulta, come pure l'aggravante per i
clandestini. E voglio sperare che non si accusera' di faziosita' il primo
giudice che sollevera' una questione di costituzionalita': nell'un caso e
nell'altro e' ben difficile sostenere che sarebbe "manifestamente
infondata". L'appello dei cento costituzionalisti sul lodo Alfano poteva
essere letto come un invito al presidente della Repubblica a non firmarlo,
ma e' comunque un avallo per i giudici a sollevare la questione di
costituzionalita'.
*
- Ida Dominijanni: Ancora sull'uguaglianza. Il Pd ha approvato con argomenti
egualitari l'estensione delle impronte digitali a tutti: cosi' si sarebbe
evitata la discriminazione contro i Rom. Sei d'accordo?
- Stefano Rodota': No: sono stupefatto. Era gia' successo negli Stati Uniti,
che parte della cultura democratica usasse l'argomento della
generalizzazione dei controlli come garanzia di uguale trattamento: non
pensavo che l'onda sarebbe arrivata anche da noi. Sarebbe questa
l'uguaglianza, essere tutti controllati e sorvegliati? Qui c'e' solo un
segno spaventoso di subalternita' culturale.
*
- Ida Dominijanni: Da presidente del Garante per la privacy hai suonato piu'
volte l'allarme contro la societa' della sorveglianza. Ma l'hai suonato
anche contro l'abuso delle intercettazioni. Ci vuole o no, un freno alle
intercettazioni?
- Stefano Rodota': E' un problema aperto dal '96, fu Flick a presentare il
primo disegno di legge. Nell'ultima legislatura, fra maggioranza e
opposizione, di proposte ce ne sono state otto: se si fosse davvero voluto
fare una legge equilibrata, la si sarebbe fatta. Ma in realta' quello che
oggi vuole il governo non e' disciplinare le intercettazioni, ma
restringerle, ammettendole solo per pochi reati (fra i quali non quelli
finanziari), ridefinendo i criteri di rilevanza e impedendone la
pubblicazione fino al dibattimento. Con questi criteri, per dire, non
avremmo mai saputo nulla del caso Fazio. Sarebbe una forma di censura
sull'opinione pubblica, nonche' un gigantesco dispositivo di privatizzazione
delle informazioni, consegnate a poche persone che potrebbero farne un uso
ricattatorio e segreto. Ci sono altri metodi per disciplinare l'uso delle
intercettazioni e per proteggerle: siamo pieni di studi tecnici e giuridici
in materia.
*
- Ida Dominijanni: Tu sei un europeista convinto, hai contribuito a scrivere
la Carta europea dei diritti. L'Europa puo' giocare un ruolo positivo contro
questo processo di decostituzionalizzazione italiano?
- Stefano Rodota': Il ruolo dell'Europa e' ambivalente. La direttiva sui
rimpatri dei clandestini e' una direttiva europea. Ma e' europeo anche il
voto del parlamento di Strasburgo sui Rom: come dire che laddove c'e' un
residuo di democrazia parlamentare c'e' ancora qualche garanzia. La
commissione europea va giu' dura sui diritti, ma il parlamento quando puo'
la blocca. E se la carta dei diritti diventasse finalmente vincolante,
entrerebbe in campo anche la corte europea: a quel punto le direttive sui
rimpatri potrebbero essere impugnate.
*
- Ida Dominijanni: Insomma, una pluralita' di poteri giocherebbe a favore
dei diritti?
- Stefano Rodota': Si'. E penso che dobbiamo augurarci che il trattato di
Lisbona entri in vigore, per la carta dei diritti e per la corte di
giustizia. Sono tutte scommesse, intendiamoci, ma di fronte alla stretta che
si avverte in ciascun paese europeo - due esempi: in Gran Bretagna hanno
portato a 42 i giorni di custodia cautelare senza garanzie; in Svezia
vogliono mettere sotto sorveglianza ogni forma di comunicazione
elettronica - dobbiamo puntare sull'Unione.
*
- Ida Dominijanni: Lavoro: anche li' allarme rosso?
- Stefano Rodota': Si', per il ridimensionamento del ruolo del sindacato e
per la messa in discussione del contratto collettivo. Che altro non
significa che la dimensione sociale e politica, non individuale, del lavoro.
E poi, per le letture tutte in chiave esistenziale che sento dare del
precariato, come se non fosse una condizione sociale di massa che richiede
politiche sociali all'altezza.
*
- Ida Dominijanni: Caso Eluana: come lo leggi?
- Stefano Rodota': E' un caso emblematico di come l'ampliamento delle
liberta' personali comporti un di piu' di politiche sociali. Il cosiddetto
"diritto di morire", altro che essere complice dell'individualismo, della
solitudine e del narcisismo come si sostiene, implica forti strategie di
solidarieta' e di responsabilita': dalle cure palliative alle strutture di
sostegno. Dobbiamo rilanciare la dimensione sociale dell'esistenza umana,
contro l'individualismo imperante che non de' ne' uguaglianza ne' liberta'.

4. MAESTRE. VIRGINIA WOOLF: E STASERA
[Da Virginia Woolf, Diario di una scrittrice, Minimum fax, Roma 2005, p.
411. E' un minimo frammento da una pagina di diario del 18 dicembre 1940.
Virginia Woolf, scrittrice tra le piu' grandi del Novecento, nacque a Londra
nel 1882, promotrice di esperienze culturali ed editoriali di grande
rilievo, oltre alle sue splendide opere narrative scrisse molti acuti saggi,
di cui alcuni fondamentali anche per una cultura della pace. Mori' suicida
nel 1941. E' uno dei punti di riferimento della riflessione dei movimenti
delle donne, di liberazione, per la pace. Opere di Virginia Woolf: le sue
opere sono state tradotte da vari editori, un'edizione di Tutti i romanzi
(in due volumi, comprendenti La crociera, Notte e giorno, La camera di
Jacob, La signora Dalloway, Gita al faro, Orlando, Le onde, Gli anni, Tra un
atto e l'altro) e' stata qualche anno fa pubblicata in una collana
ultraeconomica dalla Newton Compton di Roma; una pregevolissima edizione sia
delle opere narrative che della saggistica e' stata curata da Nadia Fusini
nei volumi dei Meridiani Mondadori alle opere di Virginia Woolf dedicati (ai
quali rinviamo anche per la bibliografia). Tra i saggi due sono
particolarmente importanti per una cultura della pace: Una stanza tutta per
se', Newton Compton, Roma 1993; Le tre ghinee, Feltrinelli, Milano 1987 (ma
ambedue sono disponibili anche in varie altre edizioni). Numerosissime sono
le opere su Virginia Woolf: segnaliamo almeno Quentin Bell, Virginia Woolf,
Garzanti, Milano 1974; Mirella Mancioli Billi, Virginia Woolf, La Nuova
Italia, Firenze 1975; Paola Zaccaria, Virginia Woolf, Dedalo, Bari 1980;
Nadia Fusini, Possiedo la mia anima. Il segreto di Virginia Woolf,
Mondadori, Milano 2006; Liliana Rampello, Il canto del mondo reale. Virginia
Woolf, la vita nella scrittura, Il saggiatore, Milano 2005. Segnaliamo anche
almeno le pagine di Erich Auerbach, "Il calzerotto marrone", in Mimesis,
Einaudi, Torino 1977]

E stasera molta gente sara' morta, o in agonia.

5. DOCUMENTI. UNA LETTERA AL MINISTRO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI

Al Ministro per i Beni e le Attivita' Culturali
Oggetto: Richiesta di intervento a tutela di rilevantissimi, peculiari ed
insostituibili beni culturali, archeologici, storici, monumentali,
naturalistici e scientifici minacciati di irreversibile devastazione dalla
insensata ed illegale realizzazione di un mega-aeroporto per voli low cost
nel cuore dell'area termale del Bulicame a Viterbo
*
Signor Ministro,
con la presente segnaliamo a codesto Ministero che a Viterbo, nel cuore
dell'area termale del Bulicame - ricordato da Dante nella Divina Commedia -,
si vuole realizzare un nocivo e distruttivo mega-aeroporto per voli low
cost.
La realizzazione del mega-aeroporto impatterebbe catastroficamente su
rilevantissimi beni naturalistici, storico-culturali, terapeutici e sociali,
agricoli e produttivi, oltre ad essere di grave nocumento per la salute, la
sicurezza, la qualita' della vita, i diritti e i legittimi interessi dei
cittadini di Viterbo e dell'Alto Lazio.
In particolare il mega-aeroporto devasterebbe l'intera area termale del
Bulicame, monumento fondativo dell'identita' di Viterbo; impatterebbe
inoltre sull'emergenza archeologica dell'antico tracciato della via
consolare Cassia; il pesante inquinamento da esso prodotto danneggerebbe
l'Orto botanico dell'Universita' degli studi della Tuscia ed altre rilevanti
emergenze naturalistiche, storico-culturali e scientifiche di Viterbo e
dell'Alto Lazio - una provincia che gia' subisce la presenza di gravosissime
servitu' inquinanti e di criminali devastazioni del territorio ed attentati
alla salute e alla sicurezza dei cittadini.
A questo si aggiunga che il mega-aeroporto e' del tutto privo di
fondamentali requisiti richiesti dalla normativa italiana ed europea in
materia di Valutazione d'impatto ambientale, di Valutazione ambientale
strategica e di Valutazione d'impatto sulla salute; e' effettualmente
incompatibile con il Piano territoriale paesaggistico regionale (talche' gli
assertori della realizzazione del mega-aeroporto hanno gia' preannunciato
l'intenzione di chiedere alla Regione Lazio "di svincolare tutta la
macro-area circostante il futuro scalo viterbese" dai vincoli del Piano
territoriale paesaggistico regionale: ovvero di permettere l'aggressione e
la conseguente devastazione di rilevantissimi beni pubblici); confligge con
la normativa e la vincolistica gia' attualmente vigente a tutela del
territorio, della salute dei cittadini, dei diritti soggettivi e dei
legittimi interessi della comunita' locale e dei singoli suoi membri.
Per tutti questi motivi siamo quindi a richiedere un intervento di codesto
Ministero per quanto di competenza al fine di impedire che rilevantissimi,
peculiari ed insostituibili beni culturali, archeologici, storici,
monumentali, naturalistici e scientifici siano irreversibilmente devastati
dalla insensata ed illegale realizzazione di un mega-aeroporto per voli low
cost nel cuore dell'area termale del Bulicame a Viterbo.
Distinti saluti,
la portavoce del Comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna
per la riduzione del trasporto aereo, Antonella Litta
il responsabile del Centro di ricerca per la pace di Viterbo, Peppe Sini
Viterbo, 25 luglio 2008

6. LIBRI. UN ESTRATTO DA "UN MONDO SENZA POVERTA'" DI MUHAMMAD YUNUS
[Dal sito www.feltrinellieditore.it riprendiamo il seguente estratto del
libro di Muhammad Yunus, Un mondo senza poverta', Feltrinelli, Milano 2008,
libro li' presentato con la seguente breve scheda editoriale "E' tempo che
la nuova idea del business sociale guidi la prossima grande trasformazione
del mondo. E' tempo che la visione di un mondo in cui la poverta' sia solo
un ricordo del passato si trasformi in realta'. Un mondo finalmente senza
poveri: la nuova sfida del premio Nobel per la pace 2006. Con Il banchiere
dei poveri ha raccontato la storia straordinaria della fondazione della
Grameen Bank e ha mostrato come il sistema del microcredito sia capace di
sottrarre milioni di persone alla miseria e allo sfruttamento. Da allora ha
esteso il raggio d'azione di Grameen dal campo strettamente finanziario a
quelli dell'alimentazione, dell'educazione, dell'assistenza sanitaria, delle
telecomunicazioni. Oggi il premio Nobel per la pace Muhammad Yunus e' pronto
per una nuova sfida: proporre quell'esperienza come un modello e un punto di
riferimento per riuscire finalmente ad estirpare la piaga della poverta'
mondiale. La sfida si puo' vincere, secondo Yunus, con lo sviluppo e la
diffusione del 'business sociale': un nuovo tipo di attivita' economica che
ha di mira la realizzazione di obiettivi sociali anziche' la massimizzazione
del profitto. Non elemosina, dunque, ne' aiuti pubblici gestiti il piu'
delle volte con criteri oscuri e inutili complessita' burocratiche. Al
contrario, il business sociale e' una forma di iniziativa economica capace
di attivare le dinamiche migliori del libero mercato, conciliandole pero'
con l'aspirazione a un mondo piu' umano, piu' giusto, piu' pulito. Sembra un
sogno a occhi aperti. Ma e' un sogno che ha aiutato il Bangladesh quasi a
dimezzare il suo tasso di poverta' in poco piu' di trent'anni. E che
comincia a coinvolgere multinazionali, fondazioni, banche, singoli
imprenditori, organizzazioni no profit in ogni parte del mondo. Una
rivoluzione sociale ed economica ancora silenziosa, ma che puo'
rappresentare una speranza concreta di risolvere finalmente il problema piu'
grave che affligge il mondo d'oggi".
Muhammad Yunus e' l'ideatore e fondatore della Grameen Bank; nato e
cresciuto a Chittagong, principale porto mercantile del Bangladesh,
economista, docente universitario negli Usa poi in Bangladesh; fondatore nel
1977 della Grameen Bank, un istituto di credito indipendente che pratica il
microcredito senza garanzie, grazie a cui centinaia di migliaia di persone -
le piu' povere tra i poveri - si sono affrancate dalla miseria e dall'usura
e sono riuscite a prendere nelle proprie mani il proprio destino. Opere di
Muhammad Yunus: Il banchiere dei poveri, Feltrinelli, Milano 1998; Un mondo
senza poverta', Feltrinelli, Milano 2008. Opere su Muhammad Yunus e la
Grameen Bank: Federica Volpi, Il denaro della speranza, Emi, Bologna 1998.
Una intervista a Muhammad Yunus e' nel n. 396 de "La nonviolenza e' in
cammino", un'altra nel n. 1473. Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 novembre
2006 riprendiamo la seguente scheda: "Muhammad Yunus, inventore della
Grameen Bank, ha ricevuto il Premio Nobel 2006 per la pace come
riconoscimento ai suoi 'sforzi per creare sviluppo economico e sociale a
partire dal basso'. Nato nel 1940 nell'attuale Bangladesh, si e' laureato in
economia nel 1969 alla Vanderbilt University di Nashville. Dopo una breve
esperienza di insegnamento in Tennessee e Colorado, torna in patria nel 1971
per dirigere il Dipartimento di economia rurale dell'universita' di
Chittagong. Del 1974 e' l'ideazione di una forma di governo rurale, il primo
passo verso il sistema dei microcrediti. Vista l'indisponibilita' delle
banche, inizio' con il prestare l'equivalente di 30 euro a testa a 42 donne
che non potevano acquistare la materia prima per creare i loro oggetti
d'artigianato. Il buon esito dell'esperimento incoraggio' Yunus ad allargare
il sistema. Nel 1983 nasce la Grameen Bank (banco rurale, o del villaggio).
Oggi le cifre raccontano il successo strepitoso dell'iniziativa: 1.084
filiali nel mondo dove lavorano 12.500 persone. Oltre 7 milioni i clienti,
sparsi in 37.000 villaggi. Il 94% sono donne. Negli ultimi 20 anni
l'istituto ha erogato prestiti per oltre 2.000 miliardi di euro. Tasso di
restituzione oltre il 90%"]

Subito dopo il collasso dell'Unione Sovietica nel 1991, il libero mercato e'
andato alla conquista del mondo. L'economia liberista e' riuscita a mettere
radici in Cina, in Asia sudorientale, in gran parte dell'America del Sud,
nell'Europa dell'Est e nella stessa ex Unione Sovietica. C'e' un mucchio di
cose che l'economia di mercato riesce a fare straordinariamente bene. Se
guardiamo i paesi di lunga tradizione capitalistica, sia europei sia
americani, siamo subito colpiti dalla loro grande ricchezza. Poi dalla
grande capacita' di innovazione tecnologica, dalle scoperte scientifiche e
dalla generale crescita dell'istruzione e dal progresso sociale. La nascita
del capitalismo moderno, tre secoli fa, ha indubbiamente reso possibile una
crescita materiale senza precedenti nella storia. Ma oggi, a quasi una
generazione dal collasso dell'Unione Sovietica, vediamo diffondersi ovunque
un senso di delusione.
Certo, il capitalismo continua a prosperare, gli affari crescono, c'e' un
vero boom del commercio globale, la corsa dello sviluppo tecnologico non
accenna a rallentare e le grandi multinazionali sono penetrate nei mercati
dei paesi in via di sviluppo e in quelli dell'ex blocco sovietico. Ma i
benefici di questo sviluppo non sono per tutti. Basta guardare alla
distribuzione globale del reddito: il 94% del reddito globale va al 40%
della popolazione mondiale, mentre il restante 60% ne riceve solo il 6%.
Meta' del mondo deve vivere con due dollari al giorno e quasi un miliardo di
persone addirittura con meno di un dollaro.
La poverta' non e' distribuita in modo uniforme, ma si concentra in alcune
regioni del Sud come l'Africa subsahariana, l'Asia meridionale e l'America
latina, dove milioni di poveri sono costretti a lottare per la mera
sopravvivenza. Periodicamente si scatenano calamita' naturali (come lo
tsunami che nel 2004 ha devastato la regione dell'Oceano Indiano) che
uccidono centinaia di migliaia di persone povere e vulnerabili. Il divario
fra il Nord e il Sud globali, fra la parte piu' ricca e il resto del mondo
non ha fatto che ampliarsi. Alcuni dei paesi che nell'ultimo trentennio sono
riusciti a sfondare sul piano economico hanno comunque dovuto pagare un
prezzo molto pesante. Da quando, alla fine degli anni Settanta, sono state
introdotte le riforme economiche, la Cina ha avuto una crescita economica
estremamente rapida e, stando ai dati della Banca mondiale, piu' di
quattrocento milioni di cinesi sono usciti dalla fascia della poverta'. Ora
e' l'India ad avere il maggior numero di poveri al mondo, nonostante venga
dopo la Cina quanto a popolazione complessiva.
Ma questo notevole progresso ha anche aggravato le tensioni sociali. Nel
perseguire una crescita economica impetuosa, le autorita' cinesi hanno
chiuso tutti e due gli occhi sull'inquinamento di aria e acqua prodotto
dall'industria e, nonostante il miglioramento delle condizioni di tanti
poveri, il divario fra chi ha e chi non ha niente e' aumentato
costantemente. Se misurata con un indicatore economico specifico come
l'indice di Gini, la disuguaglianza nel reddito e' oggi maggiore in Cina che
in India.
Anche negli Stati Uniti, che pure sono classificati come la nazione piu'
ricca della Terra, il progresso economico ha dato risultati deludenti. Dopo
due decenni di lenta crescita economica, negli ultimi anni il numero dei
poveri ha ripreso ad aumentare. Quasi un sesto della popolazione americana,
qualcosa come quarantasei milioni di persone, e' privo di assicurazione
sanitaria e ha difficolta' anche ad accedere all'assistenza medica di base.
Con la fine della Guerra fredda, molti speravano nell'opportunita' di godere
di una specie di "dividendo di pace": le spese militari ora potevano essere
ridotte a favore dei programmi sociali di istruzione e assistenza sanitaria.
Invece, soprattutto dopo l'11 settembre 2001, il governo degli Stati Uniti
ha posto di nuovo al centro della propria strategia i temi delle azioni
belliche e delle misure di sicurezza, e il problema della poverta' e' stato
ignorato.
La sfida globale che la poverta' rappresenta, tuttavia, e' sotto gli occhi
di tutti, e all'inizio del nuovo millennio tutte le nazioni hanno cercato di
affrontarla. Nel 2000 i governanti di tutto il mondo si sono riuniti all'Onu
per impegnarsi, tra l'altro, a ridurre della meta' il numero dei poveri
entro il 2015. Ma sono passati gia' sette anni e i risultati sono deludenti,
al punto che quasi tutti gli osservatori concordano nel ritenere che gli
"Obiettivi di sviluppo del millennio" non saranno raggiunti. Mi fa piacere
sottolineare che in questo panorama, il mio paese, il Bangladesh,
rappresenta una felice eccezione: sta operando con continuita' nella
direzione stabilita e si sta dimostrando in grado di dimezzare il numero di
poveri entro il 2015.
Cos'e' che non va? Come mai in un mondo in cui l'ideologia liberista non
incontra piu' nessuna reale opposizione non basta il libero mercato a far
uscire dalla poverta' una parte cosi' grande della popolazione mondiale? E
se tante nazioni proseguono senza scosse nel loro cammino verso la
prosperita', perche' altrettante restano invece sempre piu' indietro?
La spiegazione e' molto semplice. Il libero mercato, senza vincoli di sorta,
cosi' come e' oggi concepito, non e' pensato per affrontare i problemi
sociali, anzi, puo' portare ad aggravare poverta', inquinamento e
disuguaglianze e a diffondere malattie, corruzione e criminalita'.
Sono un sostenitore convinto della globalizzazione, perche' promuove
l'espansione del libero mercato, supera le barriere nazionali con lo
sviluppo del commercio internazionale e della libera circolazione dei
capitali, e stimola i governi ad attirare nel proprio paese le
multinazionali offrendo loro infrastrutture per lo sviluppo delle imprese,
incentivi all'attivita' e vantaggi fiscali e normativi. Come impostazione
economica generale, la globalizzazione e' in grado, sulla carta, di
garantire ai poveri una quantita' di benefici superiore a qualsiasi altra
strategia. Pero', abbandonata a se stessa, in assenza di principi guida e di
controlli, puo' anche essere devastante.
Mi piace paragonare il commercio mondiale a un'autostrada con cento corsie
che solca la superficie del globo. Ma se questa autostrada rimane senza
pedaggio, senza semafori, limiti di velocita', limiti di ingombro e perfino
senza le linee di separazione fra le corsie, essa verra' rapidamente
occupata dai tir provenienti dai paesi con le economie piu' potenti. I
veicoli piu' piccoli, come i camioncini dei contadini o i carretti a buoi e
i riscio' a piedi del Bangladesh saranno inesorabilmente espulsi.
Perche' tutti possano trarre vantaggio dalla globalizzazione e' necessario
un buon "codice della strada", servono segnali e semafori e ci vuole una
politica del traffico ben definita. La regola "il piu' forte piglia tutto"
va sostituita da altri assunti capaci di garantire anche ai piu' poveri un
posto sull'autostrada, altrimenti a controllare il commercio mondiale sara'
l'imperialismo finanziario.
Anche a livello regionale, nazionale e locale i mercati hanno bisogno, in
modo del tutto analogo, di regole e controlli che salvaguardino gli
interessi dei piu' deboli, altrimenti i ricchi riusciranno facilmente a
piegare le condizioni economiche a proprio esclusivo vantaggio. Gli effetti
negativi di un capitalismo monolitico e senza regole sono ben rintracciabili
anche nella cronaca quotidiana, che ci fa vedere le multinazionali spostare
i propri stabilimenti nei paesi piu' poveri del mondo dove possono sfruttare
liberamente forza lavoro a basso prezzo (compresi i bambini) e dove
trionfano promozioni commerciali e campagne pubblicitarie ingannevoli di
prodotti potenzialmente pericolosi o semplicemente di cui non abbiamo un
reale bisogno.
Ma soprattutto sono evidenti nell'esistenza stessa di interi settori
economici che semplicemente prescindono dalla presenza dei poveri, come se
meta' della popolazione mondiale non esistesse nemmeno. Sono i settori che
si occupano della vendita di merci di lusso a gente che non ne ha un reale
bisogno, solo perche' cosi' sono possibili profitti maggiori.
Io credo nel libero mercato come fonte di liberta' e di nuove idee per
tutti, non come strumento della decadente architettura economica progettata
per una ristretta elite. In America del Nord, Europa e parte dell'Asia, i
paesi piu' ricchi hanno potuto trarre enormi benefici dall'energia creativa,
dall'efficienza e dal dinamismo generati dal libero mercato. Io ho speso
tutta la mia vita nel cercare di garantire quegli stessi benefici anche agli
esseri dimenticati dal mondo, a quegli strati estremamente poveri dei quali
gli uomini d'affari e gli economisti non tengono mai conto quando parlano di
mercati. L'esperienza mi ha insegnato che il libero mercato e' uno strumento
potente e utile anche per affrontare problemi come la poverta' globale o il
degrado ambientale, ma solo a patto che non sia posto esclusivamente al
servizio degli obiettivi finanziari dei soggetti economici piu' ricchi.

7. STRUMENTI. EDIZIONI QUALEVITA: DISPONIBILE IL DIARIO SCOLASTICO 2008-2009
"A SCUOLA DI PACE"
[Dalle Edizioni Qualevita (per contatti: Edizioni Qualevita, via
Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 0864460006 oppure
3495843946, e-mail: info at qualevita.it oppure qualevita3 at tele2.it, sito:
www.qualevita.it) riceviamo e diffondiamo]

E' pronto il diario scolastico 2008-2009 "A scuola di pace".
Se ogni mattina, quando i nostri ragazzi entrano in classe con i loro
insegnanti e compagni, potessero avere la percezione che, oltre che andare a
scuola di matematica, di italiano, di musica, di lingua straniera, vanno "a
scuola di pace", certamente la loro giornata diventerebbe piu' colorata,
piu' ricca, piu' appassionante, piu' felice.
Queste pagine di diario sono state pensate per fornire una pista leggera ma
precisa sulle vie della pace. Abbiamo sparso dei semi. Spetta a chi usa
queste pagine curarli, annaffiarli, aiutarli a nascere, crescere e poi
fruttificare. Tutti i giorni. Non bisogna stancarsi ne' spaventarsi di
fronte all'impegno di costruire una societa' piu' umana, in cui anche noi
vivremo sicuramente meglio.
Lo impariamo - giorno dopo giorno - a scuola di pace.
Preghiamo chi fosse intenzionato a mettere nelle mani dei propri figli,
nipoti, amici, questo strumento di pace che li accompagnera' lungo tutto
l'anno scolastico, di farne richiesta al piu' presto. Provvederemo entro
brevissimo tempo a spedire al vostro indirizzo le copie del diario. Grazie.
I prezzi sono uguali a quelli dell'agenda "Giorni nonviolenti" perche', a
fronte di un numero inferiore di pagine, trattandosi di ragazzi, la stampa
dovra' essere piu' rispondente alla loro sensibilita' (verranno usati i
colori) e pertanto piu' costosa.
Per ordini del diario scolastico 2008-2009:
- 1 copia: euro 10 (comprese spese di spedizione)
- 3 copie: euro 9,30 cad. (comprese spese di spedizione)
- 5 copie: euro 8,60 cad. (comprese spese di spedizione)
- 10 copie: euro 8,10 cad. (comprese spese di spedizione)
- Per ordini oltre le 10 copie il prezzo e' di euro 8: costo dovuto al fatto
che quest'anno ci limitiamo ad effettuarne una tiratura limitata.
Per informazioni e ordinazioni: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2,
67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 0864460006 oppure 3495843946, e-mail:
info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 528 del 26 luglio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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