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Nonviolenza. Femminile plurale. 194
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 194
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 17 Jul 2008 12:15:26 +0200
- Importance: Normal
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 194 del 17 luglio 2008 In questo numero: 1. Shirin Ebadi: Islam, il dilemma della democrazia 2. Donatella Trotta: Mahasweta Devi 3. Alessandra Farkas: The hidden gendercide (2005) 4. Dacia Maraini: In silenzio, la strage (2005) 5. Curzia Ferrari presenta "La cella di Juliana" di Ralph Milton (2003) 6. Liliana Rampello presenta "Vi presento Sally" di Elizabeth von Arnim 1. RIFLESSIONE. SHIRIN EBADI: ISLAM, IL DILEMMA DELLA DEMOCRAZIA [Dal quotidiano "La stampa" del 18 settembre 2007 col titolo "Islam: il dilemma della democrazia" e il sommario "L'iraniana Shirin Ebadi, Nobel per la pace 2003, sara' domani alla prima giornata di Torino Spiritualita'. Introdotta da Farian Sabahi, inaugurera' la sezione 'Il corpo politico' con una lectio su Islam: il dilemma della democrazia. Anticipiamo uno stralcio del suo intervento". Segnaliamo che la traduzione e' purtroppo inadeguata. Shirin Ebadi, giurista iraniana, gia' magistrata, impegnata nella difesa dei diritti umani, premio Nobel per la pace nel 2003. Riportiamo di seguito alcun stralci da un articolo di Sara Sesti gia' riprodotto su questo foglio: "Il 9 ottobre 2003 e' stato assegnato ad Oslo il Nobel per la pace all'iraniana Shirin Ebadi, 56 anni, avvocata, madre di due figlie. Il premio le e' stato conferito "per il suo impegno nella difesa dei diritti umani e a favore della democrazia. Si e' concentrata specialmente sulla battaglia per i diritti delle donne e dei bambini". Ebadi e' l'undicesima donna a vincere il Nobel per la pace, da quando il riconoscimento e' stato istituito nel 1903, ed e' la prima musulmana. Shirin Ebadi, nata nel 1947, e' stata la prima donna nominata giudice prima della rivoluzione. Laureata in legge nel 1969 all'Universita' di Teheran, e' stata nominata presidente del tribunale dal 1975, ma dopo la rivoluzione del 1979 e' stata costretta a dimettersi per le leggi che limitarono autonomia e diritti civili delle donne iraniane. Con l'avvento di Khomeini al potere infatti venne decretato che le donne sono troppo emotive per poter amministrare la giustizia. Avvocato, ha difeso le famiglie di alcuni scrittori e intellettuali uccisi tra il 1998 e il 1999. E' stata tra i fondatori dell'Associazione per la protezione dei diritti dei bambini in Iran, di cui e' ancora una dirigente. Nel 1997 ha avuto un ruolo chiave nell'elezione del presidente riformista Khatami. E' stata avvocato di parte civile nel processo ad alcuni agenti dei servizi segreti, poi condannati per aver ucciso, nel 1998, il dissidente Dariush Forouhar e sua moglie. Nel 2000 ha partecipato ad una conferenza a Berlino sul processo di democratizzazione in Iran, organizzata da una fondazione vicina ai Verdi tedeschi, che provoco' grande clamore e la pronta reazione dei poteri conservatori a Teheran, che arrestarono diversi dei partecipanti al loro ritorno in Iran. Perseguitata a causa delle indagini che stava svolgendo, nel 2000 e' stata sottoposta a un processo segreto per aver prodotto e diffuso una videocassetta sulla repressione anti-studentesca del luglio 1999, materiale che secondo l'accusa 'disturbava l'opinione pubblica'. Arrestata, ha subito 22 giorni di carcere. Il Comitato del Nobel e' lieto di premiare 'una donna che fa parte del mondo musulmano', si legge nella motivazione del premio che sottolinea come Ebadi 'non veda conflitto fra Islam e i diritti umani fondamentali'. 'Per lei e' importante che il dialogo fra culture e religioni differenti del mondo possa partire da valori condivisi', prosegue il comitato, la cui scelta appare particolarmente mirata in un contesto storico di tensioni fra Islam e Occidente. 'La sua arena principale e' la battaglia per i diritti umani fondamentali, e nessuna societa' merita di essere definita civilizzata, se i diritti delle donne e dei bambini non vengono rispettati' prosegue la nota. 'E' un piacere per il comitato norvegese per il Nobel assegnare il premio per la pace a una donna che e' parte del mondo musulmano, e di cui questo mondo puo' essere fiero, insieme con tutti coloro che combattono per i diritti umani, dovunque vivano'". Su Shirin Ebadi cfr. anche i profili scritti da Giuliana Sgrena e Marina Forti apparsi nei nn. 701 e 756 di questo foglio. Dal "Corriere della sera" riprendiamo anche la seguente scheda: "Shirin Ebadi, 59 anni, sposata con due figlie, e' diventata giudice nel 1970. Dopo la rivoluzione islamica del '79 ha perso il posto. Nel '93 ha avuto l'autorizzazione per svolgere l'attivita' di avvocato. Prima personalita' iraniana a ricevere il Nobel per la pace (nel 2003). Ebadi difende gratis dissidenti e donne vessate dalla legislazione iraniana. Ora le autorita' le hanno intimato di sospendere le attivita': 'Possono arrestarmi in ogni momento'". Opere di Shirin Ebadi: Il mio Iran, Sperling & Kupfer, Milano 2006] Di fronte a governi islamici non democratici che giustificano l'oppressione abusando del nome dell'Islam, sono sorti moderni pensatori e studiosi islamici, formando un fronte unico di musulmani di diverse nazionalita' che, mantenendo la sacralita' dell'Islam, ha intrapreso una lotta contro i governi totalitari. Questo fronte unico non ha un nome, non ha un leader, non ha sede o filiali, ma ha luogo nella mente di ogni pensatore musulmano che, mantenendo la religione dei propri padri e dei propri antenati, rispetta la democrazia e non vuole ubbidire a nessun pretesto errato e non tollera l'ingiustizia. Crede fermamente che i governi che rifiutano la democrazia e i diritti umani siano obsoleti tiranni che, mascherando la loro natura oppressiva con una cosiddetta cultura nazionale o religiosa, intendono violare i diritti dei propri popoli. L'Islam, invece, e' una religione di eguaglianza. Il Profeta Maometto disse sempre: non c'e' differenza tra il nero e il bianco, tra un arabo e un non arabo. Il Profeta, dopo aver conquistato la Mecca, decise di fondare un governo islamico. Prese in mano la guida della societa' in veste di governatore e di leader politico, chiedendo la "lealta'" del popolo, musulmano e non. Esprimere la "lealta'" (Bei'at) significava votare. Secondo quanto racconta la storia, ci furono persone che non espressero la lealta' ma vissero liberamente nel paese islamico. Il Profeta baciava la mano di sua figlia Fatima e la rispettava molto. Allora come si puo', in una religione come questa, umiliare le donne e privarle dei loro diritti, e come si puo' proclamare errato il pluralismo culturale e dire apertamente che la democrazia non e' compatibile con l'Islam? Il vero problema non e' nella natura dell'Islam. La questione importante e' che, per varie ragioni, alcuni governi islamici non vogliono che sia presentata un'interpretazione dell'Islam compatibile con la democrazia e con i diritti umani. Per questo la cultura che governa i paesi islamici, compresa la loro cultura politica, ha bisogno di democrazia per poter comprendere le verita' sociali con gli occhi aperti e per varare le leggi secondo le esigenze di oggi. Il passo piu' importante da intraprendere per l'adeguamento culturale e' di insegnare le fondamenta dell'Islam nella maniera corretta. Bisogna insegnare ai musulmani l'Islam all'avanguardia, bisogna insegnar loro che si puo' essere musulmani e vivere meglio, che si puo' essere musulmani e rispettare i principi dei diritti umani e della democrazia e realizzarli. Bisogna far sapere ai musulmani che la chiave del paradiso non e' nelle mani dei governi islamici e che non tutto quello che si fa a nome dell'Islam e' islamico. Contro questi pensieri, oltre agli obsoleti fondamentalisti e ai governi non democratici, hanno protestato anche altri gruppi: quelli che cercano di far passare i comportamenti errati di alcuni musulmani o gruppi di musulmani come il vero Islam, presentando l'Islam agli occhi del mondo sotto il nome di "terrorismo", per promuovere meglio la loro teoria sullo scontro tra le civilta' e per poter giustificare le guerre nel Medio Oriente. L'Islam progressista, che approva la democrazia, rispetta il pluralismo culturale, crede nei diritti umani, e' attaccato da due fronti: dai fondamentalisti che giustificano i propri misfatti in nome dell'Islam e dai nemici dell'Islam che, distorcendone l'immagine, cercano di giustificare le proprie azioni belliche; questo e' il punto comune tra gli amici ignoranti e i nemici consapevoli dell'Islam. Il dovere critico dei musulmani consapevoli in questo momento storico cruciale e' di presentare il vero volto dell'Islam, che e' colmo di affetto, di generosita' e misericordia ed e' contro la violenza e il terrorismo. L'Islam non e' una religione di terrore e di violenza. Se viene assassinata una persona in nome dell'Islam, siate certi che e' stato compiuto un abuso del suo nome. L'Islam e' contro la dittatura. I governi islamici abusano in nome dell'Islam. Abusare in nome della religione e dell'ideologia non appartiene solo ai musulmani: non si dimentichino i campi di lavori forzati staliniani della Siberia o il massacro degli studenti in Cina. Quei governi giustificavano e giustificano le loro crudelta' con il socialismo. Le pagine della storia sono testimoni delle crudelta' commesse dalla Chiesa nel Medioevo, da chi si considerava cristiano e abusava in nome del cristianesimo. Il modo migliore di affrontare i governi non democratici che operano in nome di un'ideologia o di una religione e' di disarmarli di quest'arma - di non permettere che la religione e l'ideologia diventino i pilastri del governo. La religione e' un fatto personale e intimo di ogni persona. I governi non devono approfittare della religione per promuovere i propri interessi e scopi politici. Essendo questo un discorso sull'Islam e sul suo rapporto con la democrazia e i diritti umani, devo aggiungere anche questo: in seguito alla "Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo" i governi islamici, come anche il governo dell'Iran, hanno sottoscritto la "Dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo". Io piu' volte ho dichiarato di essere contraria alla "Dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo", perche' se i musulmani vogliono avere una dichiarazione dei diritti umani separata, motivando questo con la loro religione, dovra' essere concessa la stessa cosa ai credenti delle altre religioni; e quindi saremo testimoni della dichiarazione ebraica dei diritti dell'uomo, la dichiarazione buddista dei diritti dell'uomo e migliaia di altre dichiarazioni dei diritti dell'uomo. Governare il mondo in base a tutte le religioni esistenti sulla terra e' una cosa impossibile. Quello dei diritti umani e' un concetto universale e si adatta a tutte le culture e le religioni, non c'entra con l'Oriente o l'Occidente, e' uguale per tutti. Anche i musulmani lo devono rispettare. Dobbiamo cominciare dai principi che sono condivisi da tutti e non da quelli nei quali crediamo solo noi. Invece di scontro tra le civilta', possiamo parlare di dialogo tra le civilta'. Lo scontro tra le civilta' non porta che alla rovina. E' molto piu' probabile che il dialogo tra le civilta' possa trovare la soluzione piu' logica per i problemi del mondo. 2. PROFILI. DONATELLA TROTTA: MAHASWETA DEVI [Dal quotidiano "Il Mattino" del 26 novembre 2005 col titolo "L'incontro" e il sommario "Devi, dall'India storie di violenze al femminile". Donatella Trotta e' nata a Roma e si e' formata tra Italia, Giamaica, Svizzera e Giappone. Laureata in Lettere, vive a Napoli, dove lavora dal 1983 alle pagine culturali del "Mattino". Giornalista, e' autrice e curatrice di numerosi libri. Per Liguori ha pubblicato testi su Di Giacomo (in Salvatore Di Giacomo settant'anni dopo, 2007) e Serao (in Matilde Serao. Le opere e i giorni, 2006), alla quale ha anche dedicato l'Album Serao (Fausto Fiorentino, 1992). Tra i riconoscimenti piu' recenti: l'Andersen, il Premio internazionale di giornalismo civile dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, il Premio internazionale Eip-Italia dell'Unesco, il Capri San Michele e il Premio di giornalismo Matilde Serao. Tra le opere di Donatella Trotta: La via della penna e dell'ago. Matilde Serao tra giornalismo e letteratura, Liguori, 2008. Mahasweta Devi e' scrittrice di forte impegno sociale. Su Mahasweta Devi (ma il nome e' sovente traslitterato anche in Mahasveta Devi) dal quotidiano "Il manifesto" del 26 novembre 2005 riportiamo la seguente scheda: "Nata a Dacca, nel Bengala Orientale (l'attuale Bangladesh), nel 1926 in una famiglia di intellettuali, Mahasveta Devi e' insegnante, scrittrice, giornalista, autrice di venti raccolte di racconti e circa cento romanzi, quasi tutto scritto nella sua lingua madre, il bengali. E' da sempre impegnata a favore dei diritti civili e sociali delle popolazioni tribali dell'India; ai suoi sforzi si deve la pubblicazione di Bortika, un giornale dedicato alle comunita' oppresse, e la fondazione dell'Aborigenal United Association. In gioventu' partecipo' al Gananatya, un gruppo che cercava di portare il teatro politico e sociale nei villaggi rurali del Bengala negli anni '30 e '40. Si e' formata alla scuola di Shantiniketan, fondata da Rabindranath Tagore; e' militante comunista fin dagli anni dell'universita', dove ha conseguito la laurea in letteratura inglese. Pubblica il primo romanzo nel 1956, Jhansir Rani (La Regina dello Jhansi) seguito, tra gli altri da: Amrita Sanchay (1964) e Andhanmalik (1967), entrambi ambientati nel periodo coloniale e Hajar Churashir Ma (Mother of 1084, del 1974), l'opera che mette al centro il movimento naxalita portata sullo schermo dal regista Govind Nihalani. Fino al 1984 insegna all'Universita' di Calcutta, citta' dove risiede. Ha ricevuto il premio Magsaypay, equivalente asiatico del Nobel per la pace. Dei suoi molti scritti sono stati tradotti in italiano: La cattura (Theoria, 1996), India segreta (La Tartaruga, 2003), La preda e altri racconti, (Einaudi, 2004, a cura di Anna Nadotti), e infine La trilogia del seno, tre racconti commentati da Gayatri Chakraborti Spivak, presentato in questi giorni dall'editore Filema (a cura di Ambra Pirri)"] Ha conosciuto il grande poeta indiano Tagore e ne ha assimilato il "messaggio di pace e amore per l'universo, non solo per l'India" frequentando da bambina la sua scuola, Shantiniketan, assieme al futuro premio Nobel per l'economia Amartya Sen, di qualche anno piu' giovane di lei. Ha incontrato e ammirato il Mahatma Gandhi, del quale ancora rimpiange il coraggio, la statura e il "sorriso luminoso", aperto agli ultimi della terra. Ed e' cresciuta, durante e dopo la colonizzazione inglese, in un humus fertile di stimoli: "figlia d'arte" di una madre anticonvenzionale, scrittrice e assistente sociale, e di un padre poeta, che l'hanno assecondata nella sua passione per i libri "come finestre aperte sul mondo", lasciandola libera di seguire le sue inclinazioni verso la conoscenza, non soltanto letteraria. Alla vigilia dei suoi 80 anni (che compira' il prossimo 14 gennaio) non e' un caso che l'indiana del Bengala orientale Mahasweta Devi sia in odore di premio Nobel per la letteratura, o per la pace: autrice di oltre venti raccolte di racconti, numerose pieces teatrali, libri per bambini e circa cento romanzi, Devi e' anche stata docente e soprattutto continua ad essere giornalista e infaticabile viaggiatrice impegnata nell'attivismo politico e sociale in difesa di etnie, tribu' nomadi declassificate, donne e bambini oppressi, emarginati, analfabeti, umiliati, ridotti alla subalternita' dalla miseria e dall'ignoranza, nel suo Paese e non solo. "Penso che uno scrittore creativo debba avere una coscienza sociale, e' un dovere morale verso la societa'. Che senso ha avere una casa grande, un'auto, una vita agiata se resta separata dagli altri? Ci sono troppo ingiustizie nel mondo della globalizzazione, soprattutto contro le donne, per non fare il possibile per eliminarle, documentandole con coraggio", ti dice pacata ma ferma Mahasweta Devi in un inglese veloce e ibridato come la sua scrittura, che in Italia le e' valsa il premio Nonino per le poche opere finora tradotte su interessamento di Anna Nadotti e Italo Spinelli: i racconti de La cattura (Theoria, 1996, introvabile; ma La cattura e' anche in India segreta, 18 racconti di donne pubblicati da La Tartaruga nel 1999) e La preda e altri racconti (Einaudi, 2004). Da oggi, la piu' celebre scrittrice indiana in lingua bengali e' per la prima volta a Napoli, dove domani (alle ore 11) partecipera' a un incontro (con interventi di Angela Cortese, Ambra Pirri, Italo Spinelli, Paola Splendore e letture di Giorgia Stendardo) promosso nel Grand Hotel Oriente dall'assessorato alle Pari opportunita' della Provincia di Napoli in occasione della pubblicazione del volume di Mahasweta Devi La trilogia del seno (Filema, pp. 176, euro 12), che inaugura una nuova collana di storia, storie e studi di genere post-coloniali, "Altrimondi", curata da Ambra Pirri, autrice anche dell'ottima presentazione della raccolta nonche' della traduzione dall'inglese dei tre racconti della Devi, alternati nel libro - quasi in un gioco di specchi tra letteratura e critica - ad altrettanti densi saggi della sua esegeta dal bengali, Gayatri Chakravorty Spivak, comparatista ed esponente di spicco della critica femminista post-coloniale. Le tre brevi ma incisive breast stories di Devi raccolte nel libro risultano spiazzanti, nei temi e nella forma, per il lettore occidentale, provocato dall'originalita' di uno sguardo affilato, sarcastico e impietoso, capace di conferire una fisicita' plurisensoriale a storie di altrettante donne (e del loro seno, simbolo potente) accomunate nella tragedia da una catena di violenze maschili (e di retaggio coloniale): l'indomita guerrigliera Draupadi, la grande madre "professionista" Jashoda e la lavoratrice nomade Gangor. Sono racconti scritti - si sente - di getto, perche' dettati da un'urgenza interiore piu' che narrativa, antropologica e sociale: "I miei racconti nascono dalla cronaca vera, dagli orrori ai quali assisto, e che cerco di comunicare anche all'altra parte del mondo", conferma Devi. Che non si rassegna al trionfo della brutalita'. 3. HERI DICEBAMUS. ALESSANDRA FARKAS: THE HIDDEN GENDERCIDE (2005) [Dal "Corriere della Sera" del 29 novembre 2005 col titolo "Duecento milioni di donne 'sparite'. Un rapporto denuncia gli orrori del genocidio nascosto". Alessandra Farkas, giornalista, nata a Roma, vive a New York, dove ha lavorato prima come collaboratrice dell'"Europeo", poi, a partire dal 1985, come corrispondente dagli Stati Uniti del "Corriere della Sera". Opere di Alessandra Farkas: Pranzo di famiglia, Sperling & Kupfer, Milano 2006] E' stato ribattezzato "The Hidden Gendercide", il genocidio nascosto delle donne, ed e' lo sterminio di massa piu' spaventoso e drammatico della storia: piu' micidiale, per numero di vittime, sia dell'Olocausto ebraico, sia di tutte le guerre e i conflitti armati del XX secolo - secondo gli storici il periodo piu' cruento della storia umana - messi insieme. Ad occuparsi, per la prima volta, del problema e' il Centro per il controllo democratico delle Forze armate (Dcaf) di Ginevra, una fondazione internazionale che si batte da anni per un mondo piu' sicuro. "La comunita' internazionale sta assistendo inerte al massacro di Eva", punta il dito il Dcaf in un rapporto di 335 pagine intitolato "Donne in un mondo insicuro". Mentre tra il 1992 e il 2003 il numero di conflitti armati "gravi" (con piu' di mille morti in battaglia) sono scesi dell'80%, la guerra quotidiana delle donne si e' fatta ovunque piu' cruenta e mortale. * Desaparecidas Le statistiche parlano chiaro: circa 200 milioni di donne, ragazze e bambine sono "demograficamente scomparse". Un eufemismo che nasconde uno dei piu' scioccanti crimini contro l'umanita': la sistematica eliminazione delle femmine, solo in quanto tali, vittime di omicidi, fame, poverta' e discriminazioni di ogni tipo. L'inoppugnabile "soluzione finale", per molte, inizia gia' prima di nascere. "Almeno 60 milioni di bambine sono state 'cancellate' in seguito ad infanticidi o aborti selettivi di feti femmine, resi possibili dai progressi tecnologici", spiega Amartya Sen, premio Nobel per l'Economia 1998 e uno degli studiosi interpellati dal rapporto, che si avvale delle statistiche delle maggiori organizzazioni internazionali, dall'Onu all'Oms. In Paesi quali Cina, Corea del Sud, India e Nord Africa le pratiche anti-bambine sono all'ordine del giorno. Tanto che nell'ultimo censimento cinese il rapporto maschio-femmina era di 119 a 100, mentre le normali percentuali biologiche sono di 103 bambini ogni 100 bimbe. Lo stesso avviene in India, dove il commissario del censimento stima che "parecchi milioni di feti" sono stati abortiti negli ultimi due decenni "in quanto di sesso sbagliato". * Violenza Ma la "condanna in base al sesso" prosegue anche dopo la puberta'. Ogni anno 3 milioni di donne e ragazze sono uccise perche' femmine. Ovvero piu' dei 2,8 milioni di individui stroncati dall'Aids e degli 1,2 milioni falciati dalla malaria. Per non parlare delle 5.000 donne che ogni anno muoiono bruciate in "incidenti di cucina" provocati dalla famiglia dello sposo, quando la dote e' giudicata "insufficiente". Dalla Cambogia agli Usa e dalla Thailandia alla Svizzera, la violenza domestica resta, in assoluto, la piu' diffusa. Tanto che dal 40% al 70% delle donne assassinate nel mondo sono vittime di mariti e fidanzati. La maglia nera appartiene ai paesi islamici. Il 47% delle donne uccise in Egitto sono eliminate da un parente dopo uno stupro che "infanga la reputazione della famiglia". E in Pakistan almeno tre donne vengono freddate ogni giorno in "omicidi d'onore" che restano impuniti al 100% perche', come denuncia l'attivista Nahida Mahbooba Elahi, "la polizia li giudica affari privati e si rifiuta regolarmente di perseguirli". * Stupri e salute Nel 2005 la violenza sessuale contro le donne continua ad affliggere una donna su cinque, e non solo nei Paesi in via di sviluppo, portando il totale delle donne violentate ad oltre 700 milioni; 25 milioni delle quali solo negli Stati Uniti. Un netto peggioramento si e' registrato anche nel commercio illegale di "schiave del sesso" che oggi affligge tra 700.000 e 2 milioni di donne e ragazze, vendute ogni anno attraverso i confini internazionali. Un incremento del 50% rispetto a cinque anni fa. Nonostante le tante crociate internazionali, in aumento un po' ovunque sono anche i casi di mutilazione genitale: 6.000 al giorno (oltre 2 milioni l'anno per un totale di 130 milioni nel mondo). E nei Paesi dove solo i maschi hanno un adeguato accesso alla sanita', sono 600.000 le donne che muoiono durante il parto: una cifra uguale al genocidio del Rwanda nel '94, ma ripetuta anno dopo anno. Secondo il Dcaf questo quadro sconcertante e' strettamente legato alla mancanza di potere politico-economico "rosa" in un mondo dove le donne costituiscono oltre i due terzi dei 2,5 miliardi di persone costrette a vivere con meno di 2 dollari al giorno, nonche' il 66% degli analfabeti. Dove nonostante le battaglie decennali del femminismo hanno in mano soltanto l'1% delle terre del pianeta, il 14% dei seggi parlamentari e il 7% dei ministeri di governo. 4. HERI DICEBAMUS. DACIA MARAINI: IN SILENZIO, LA STRAGE (2005) [Dal "Corriere della Sera" del 29 novembre 2005 col titolo "Senza diritti" e il sommario "Noi discutiamo di quote rosa e la strage si compie in silenzio". Dacia Maraini, nata a Firenze nel 1936, scrittrice, intellettuale femminista, e' una delle figure piu' prestigiose della cultura democratica italiana. Un breve profilo biografico e' in "Nonviolenza. Femminile plurale" n. 47. Tra le opere di Dacia Maraini segnaliamo particolarmente: L'eta' del malessere (1963); Crudelta' all'aria aperta (1966); Memorie di una ladra (1973); Donne mie (1974); Fare teatro (1974); Donne in guerra (1975); (con Piera Degli Esposti), Storia di Piera (1980); Isolina (1985); La lunga vita di Marianna Ucria (1990); Bagheria (1993). Vari materiali di e su Dacia Maraini sono disponibili nel sito www.dacia-maraini.it] Centinaia di migliaia di donne non rispondono all'appello demografico, secondo le ultime ricerche dell'Onu. Si calcola che siano oltre 600.000 i feti femminili uccisi prima che vengano al mondo nei Paesi dove la nascita di una femmina comporta spese considerate inutili. Altre bambine muoiono per mancanza di cibo. In molte famiglie poverissime, che cercano di sopravvivere, quando si trova qualcosa da mangiare, si da' la precedenza ai figli maschi. Il risultato e' che sono molte di piu' le bambine dei bambini a morire di fame ogni anno. Perfino le cure mediche vengono dedicate prima ai figli maschi, considerati piu' utili per il futuro delle famiglie. Ragazze nell'eta' della puberta' vengono uccise per delitti d'onore, o di dote. Il paradosso e' che tutto questo non lo denuncia un portavoce del femminismo europeo, ma niente di meno che il Geneva Centre for the Democratic Control of the Armed Forces. Dopo avere constatato che le grandi guerre sono diminuite del 40% dal 1992 al 2003. La domanda e': possiamo dire che la diminuzione delle guerre abbia reso il mondo piu' sicuro per tutti? In parte si', e' la risposta del Dcaf. Ma non per le donne che vedono aumentare ogni anno il livello di schiavitu' e di violenza. Oggi sappiamo, attraverso gli strumenti di rilevazione di dati sempre piu' sofisticati ed estesi, che ogni anno fra un milione e mezzo e tre milioni di donne e ragazzine vengono torturate e uccise per "gender based violence", ovvero "violenza di genere". Non viene perdonato loro di essere nate femmine, diverse, dotate di una sessualita' propria, di un bisogno di indipendenza che evidentemente fa paura. "Donne fra i 15 e i 44 anni hanno molto piu' probabilita' di essere uccise o deturpate, che di morire di Aids, di incidente d'auto, di malaria o di guerra". Parole del Dcaf, riportate dall'"Economist" del 26 novembre. Noi discutiamo sulle quote rosa, chiusi come siamo in un giardino privilegiato che e' l'Europa. Senza pensare che il giardino sta per essere devastato dalle conseguenze della globalizzazione. E non si tratta solo di nuove e vecchie discriminazioni, ma di assassinio rituale delle donne da parte di culture ancora fortemente patriarcali che non vogliono nemmeno sentire parlare di diritti delle donne, di qualsiasi tipo. Il timore e' che, cacciata dalla porta, la guerra fra i sessi rientri dalla finestra, funestando la convivenza fra uomini e donne. Di fronte agli integralismi che premono da ogni parte, invece di rinforzarci nelle nostre conquiste di democrazia e parita', molti cedono alla tentazione di rispondere ad un fanatismo con un altro, ad una repressione con un'altra. Il mercato che si fa del corpo femminile per alcuni sarebbe una risposta di liberta', ma rischia di essere solo una provocazione inutile e controproducente. La liberta' non consiste nell'accettazione di quel linguaggio della seduzione di cui si fa bella la pubblicita', ma nel riconoscere la dignita' della persona femminile, dotata di un pensiero prima ancora che di un corpo disponibile e muto. 5. LIBRI. CURZIA FERRARI PRESENTA "LA CELLA DI JULIANA" DI RALPH MILTON (2003) [Dalla "Gazzetta di Brescia" del 31 luglio 2003 col titolo "Santa Giuliana di Norwich. Sui passi di una donna religiosa" (ci sia consentito notare en passant che e' un po' bizzarro che nell'incipit dell'articolo si sottovaluti sia l'importanza che la notorieta' di Giuliana di Norwich ). Curzia Ferrari, scrittrice e giornalista, critica d'arte, slavista, autrice di biografie, ha pubblicato numerosi testi tradotti in tutte le principali lingue. Tra le opere di Curzia Ferrari: Rita. Vita e miracoli della santa di Cascia, Camunia, 1988; Il vagabondo e le stelle. Vita di Massimo Gorkij, De Agostini, 1990; Il convertito di Loyola. L'esperienza religiosa di Sant'Ignazio, Edb, 1990; L'amoroso nulla. Vita del beato Innocenzo da Berzo, Morcelliana, 1993; Magnificat, La Vita Felice, 1996; Angela Merici. Tra Dio e il secolo, Morcelliana, 1998; Santa Rita da Cascia. Vita e miracoli, Gribaudi, 1999; Donne e Madonne. Le sacre maternita' di Giovanni Bellini, Ancora, 2000; Il cavaliere nero. Il romanzo di Ignazio di Loyola, San Paolo Edizioni, 2001; Gorkij. Fra la critica e il dogma, Editori Riuniti, 2002; Il mondo femminile di Francesco d'Assisi, Ancora, 2003; A fuochi spenti nel buio, Aragno, 2004; Quadro velato. Il romanzo di Margherita da Cortona, Ancora, 2005; Fondotinta, Aragno, 2006; Isadora, Viennepierre, 2007; (con Giovanni Lodetti), Un cielo dipinto di rossonero, Ancora, 2007; Dio nel silenzio, apri la solitudine, Ancora, 2008. Ralph Milton, canadese, studioso di mistica medioevale, e' autore di molti saggi. Tra le opere di Ralph Milton: La cella di Juliana. Il romanzo di Juliana di Norwich, San Paolo Edizioni, 2003. Giuliana di Norwich (1342 - forse 1416), celebre mistica e teologa, autrice delle Rivelazioni dell'Amore Divino, un'opera di grande rilevanza in ambito religioso ma anche nella storia della letteratura inglese] La santa e' di scarsa nomea, le enciclopedie la liquidano con un paio di righe, nella storia delle donne ha inciso poco o nulla. Ma il libro che narra la sua vita (Ralph Milton, La cella di Juliana, San Paolo) e' davvero bello, molto intrigante, ispirato direi, sia nella forma con cui viene offerto, sia per la trama vivace, piena di colpi di scena e di situazioni (per fortuna) imperfette. Approcciando storie di santi si ha sempre il timore di venire fagocitati da un catalogo di virtu', di esperienze superiori, di prodigi e innaturali vicende che niente hanno a che fare con l'uomo: sembra che lo scopo degli estensori sia quello di attirare il lettore in un gorgo di stupida credulita'. Questo Milton, invece, sa giostrare bene, approfittando delle sfaccettature della protagonista. Giuliana di Norwich - Juliana, appunto -, nasce nella seconda meta' del XIV secolo, nell'Inghilterra sud-orientale, durante il regno di re Edoardo III, iniziatore della guerra dei Cento anni; al quale seguono, in rapida successione, Riccardo II ed Enrico IV. Ma a riempire la scena inglese sono le lotte religiose e le pestilenze; ed e' proprio l'orrendo male nero a portarsi via il marito e i due figli della giovane. Juliana ha subito da sempre il fascino del divino: ma e' nella solitudine, nel vuoto che si e' fatto intorno a lei, a delinearsi l'iter della chiamata. Chiamata per dove? Verso l'isolamento di una cella che, nella realta', risulta assai affollata. Riciclata nel nuovo nome, per via della chiesa di san Giuliano di Norwich dove per la prima volta vide da vicino un vescovo, colei che all'anagrafe si chiamava Katerine, studia, prega, riceve, trasforma la clausura in uno stretto incontro interiore - mentre le forze piu' periferiche dell'anima partecipano alla vita che si svolge intorno a lei. Per assistente ha un'ex-prostituta; allaccia rapporti con la mistica Margery Kempe, una laica madre di quattordici figli, pellegrina sulle strade d'Europa e ritenuta eretica dalla Chiesa ufficiale, e con la spirituale e veemente Maggie Baxter, della cui esistenza conosciamo pochi dettagli. Sono tutte illetterate (come esse si dichiaravano) e tutte autrici di libri di edificazione (di Juliana di Norwich si ricorda Il libro delle rivelazioni). Donne irregolari, da iscriversi tra coloro che rappresentano l'aspetto paradossale del cristianesimo, cristocentrico, tipico della santita' tardomedievale. Alla cella di Juliana si presentano spesso anche la madre, Maud (che aveva partecipato alla sua vita di sposa e l'aveva aiutata a partorire), nonche' personaggi che hanno storicamente a che fare con le vicende inglesi dell'epoca. La corruzione dei preti, il lollardismo e i processi che ne nacquero, il disamore verso la Chiesa di Roma, i dubbi sulla Trinita', la tragica storia di Thomas Becket (rivisitata in chiave ironica dalla Baxter), queste cose e molte altre ancora vengono discusse alla grata della cella di colei che, freudianamente, diremmo oggi, immagina Cristo come Madre - perche' l'idea di maternita' nel suo essere, dare e avere allaga l'intera vita di Juliana. Striscia dal principio alla fine del libro quello che era uno dei dilemmi laceranti del tempo: il conflitto fra anima e corpo, l'idea del peccato della carne perfino nel matrimonio, l'assurdo desiderio della madre (Margery Kempe) di tornare alla verginita'. Concetti che diedero vita a molti drammi religiosi, i mysteries, i quali andarono a formare fra il '200 e il '300 un prezioso catalogo della letteratura popolare dell'Inghilterra. 6. LIBRI. LILIANA RAMPELLO PRESENTA "VI PRESENTO SALLY" DI ELIZABETH VON ARNIM [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it). Liliana Rampello e' un'autorevolissima intellettuale femminista, saggista e docente, insegna Estetica all'Universita' di Bologna; ha collaborato a molte riviste, tra cui "Il Verri", "Rinascita", "Studi di estetica", "Critica marxista", "Via Dogana"; nel sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) cura la stanza "Paradiso", dedicata a libri e recensioni; per la casa editrice Pratiche ha diretto la collana "Strumenti per scrivere e comunicare", e' consulente del gruppo editoriale Il Saggiatore. Opere di Liliana Rampello: La grande ricerca, Pratiche, Milano 1994; (a cura di, con Annarosa Buttarelli e Luisa Muraro), Duemilaeuna. Donne che cambiano l'Italia, Pratiche, Milano 2000; (a cura di), Virginia Woolf tra i suoi contemporanei, Alinea, Firenze 2002; Il canto del mondo reale. Virginia Woolf. La vita nella scrittura, Il Saggiatore, Milano 2005. "Elizabeth von Arnim (Mary Annette Beauchamp) nasce a Sydney, in Australia, nel 1866, ma trascorre l'infanzia e la giovinezza in Inghilterra. Nel 1890 sposa il conte Henning August von Arnim-Schlagenthin, figlio adottivo di Cosima Wagner, e si trasferisce con lui a Berlino e dopo qualche anno nella loro proprieta' di Nassenheide in Pomerania. Quando, nel 1908, il conte von Arnim e' costretto a vendere la tenuta per debiti, la famiglia si trasferisce a Londra. Dopo la morte del marito Elizabeth e' in Svizzera, dove ha una relazione con Herbert George Wells. Tornata in Inghilterra allo scoppio della guerra, sposa Francis Russell, fratello di Bertrand Russell, ma il matrimonio fallisce dopo appena un anno. Conduce da allora vita errabonda, tra Stati Uniti, Svizzera, Inghilterra e Francia. Muore nel 1941 negli Stati Uniti, dove si era trasferita allo scoppio della seconda guerra mondiale. Cugina di Katherine Mansfield, amica di Edward Morgan Forster e di Hugh Walpole, e' descritta da Wells come 'la donna piu' intelligente della sua epoca'" (da una notzia biografica nel sito della casa editrice Bollati Boringhieri). Opere di Elizabeth von Arnim: Amore; Cristoforo e Colombo; Elizabeth a Ruegen; I cani della mia vita; Il giardino di Elizabeth; La memorabile vacanza del barone Otto; La moglie del pastore; Mr Skeffington; Un incantevole aprile; Un'estate da sola; Vera; Vi presento Sally; tutte presso Bollati Boringhieri, Torino] Elizabeth von Arnim, Vi presento Sally, Bollati Boringhieri, Torino 2008. Libro di straordinaria ironia, temevo che l'autrice non riuscisse a reggere fino alla fine il tono spassoso della sua stessa invenzione e invece vince con magnifica leggerezza la scommessa. Sally e' una giovinetta di inusuale bellezza, chiunque la vede resta a bocca aperta e definitivamente rapito da lei, ma ha il difetto di una mente semplice, cosi' semplice da sfiorare l'idiozia e i suoi pensieri non possono esprimere altro che questo limite. Che fare di una donna cosi'? Prima i genitori, poi il padre rimasto vedovo, poi il marito che la sposa appena la vede, in due settimane, hanno un unico sogno e incubo: tenerla nascosta, per gelosia e insieme vergogna. Attorno a lei, che appare sempre come una visione di ineffabile beatitudine, scoppiettano cosi' mille piccole avventure che la vedono inerme di fronte alla volonta' altrui, inesperta e disponibile, buona d'animo ma anche cocciuta, devota agli insegnamenti della Bibbia e stralunata di fronte al desiderio maschile che si accende in sua presenza, sostanzialmente scocciandola. Come si fa a convivere e insieme nascondere una pietra che brilla di una luce cosi' rara? La von Arnim la mette nel cuore di un racconto esilarante e nei nostri cuori, perche' alla fine la piu' semplice, la piu' "idiota" dei possibili protagonisti, la facile preda di tutti gli altri personaggi, disegnati con altrettanta abilita', avra' la meglio, avra' la vita cosi' come puo' e sa immaginarla, a scapito di un mondo, con le sue diverse classi sociali, che al solo guardarla va del tutto sottosopra e perde la bussola. Ma intanto, in sua compagnia noi passiamo ore divertentissime. ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 194 del 17 luglio 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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