[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Minime. 520
- Subject: Minime. 520
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 18 Jul 2008 01:03:58 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 520 del 18 luglio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. "Peacereporter": Le piu' recenti stragi della nostra guerra 2. Enrico Piovesana: La guerra si estende al Pakistan 3. La guerra terrorista e stragista cui l'Italia partecipa in violazione della legalita' costituzionale e del diritto internazionale 4. Giobbe Santabarbara: Un caso di disonesta' 5. Edizioni Qualevita: Disponibile il diario scolastico 2008-2009 "A scuola di pace" 6. Enzo Bianchi presenta "Grazia cosmica, umile preghiera" a cura di John Chryssavgis 7. Elena Loewenthal presenta "Blues della fine del mondo" di Ian McEwan 8. Paolo Rumiz presenta "Necropoli" di Boris Pahor 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. AFGHANISTAN. "PEACEREPORTER": LE PIU' RECENTI STRAGI DELLA NOSTRA GUERRA [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 17 luglio 2008 col titolo "Nuova strage di civili in Afghanistan: i militari Usa uccidono quattro donne e cinque bambini"] Nove civili, quattro donne e cinque bambini, sono stati uccisi martedi' in un bombardamento della Coalizione a guida americana nell'Afghanistan occidentale. Lo ha reso noto il vicegovernatore della provincia di Farah, Mohammad Yunus Rasculi. "Il bombardamento ha avuto luogo martedi' mattina nel distretto di Bakwa - ha dichiarato Rasculi -, una bomba si e' abbattuta su una casa, uccidendo quattro donne e cinque bambini". La notizia e' stata confermata dal capo della polizia di Farah, Khalilullah Rahmani. Un portavoce della Coalizione, il tenente Nathan Perry, ha confermato che alcune ricognizioni aeree avevano avvistato degli insorti in quella regione. Perry ha poi aggiunto che la coalizione investighera' "sull'eventuale morte di civili". Venerdi' scorso 47 civili erano morti in un raid statunitense mentre partecipavano ad un matrimonio. E altre 17 persone avevano perso la vita un altro attacco. Il governo afgano ha aperto un'inchiesta. "Erano tutti civili e non avevano legami con i Talebani o con al-Qaeda", ha denunciato il governo di Kabul. 2. AFGHANISTAN. ENRICO PIOVESANA: LA GUERRA SI ESTENDE AL PAKISTAN [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 16 luglio 2008 col titolo "Ora tocca al Pakistan?" e il sommario "Gli Usa ammassano truppe a ridosso delle Aree Tribali". Enrico Piovesana, giornalista, lavora a "Peacereporter", per cui segue la zona dell'Asia centrale e del Caucaso; e' stato piu' volte in Afghanistan in qualita' di inviato] Centinaia di civili pachistani stanno fuggendo dai villaggi del Nord Waziristan per paura di un imminente massiccio attacco della Nato, che da giorni sta ammassando truppe e mezzi a ridosso del confine. * Qualcosa bolle in pentola Da lunedi' notte, gli elicotteri da trasporto Chinook hanno iniziato a scaricare diverse centinaia di soldati, carri armati, blindati e pezzi d'artiglieria sulla frontiera tra la provincia afgana di Khost e la localita' pachistana di Lowara Mandi. Protetti dal cielo da elicotteri da guerra che sorvolano incessantemente la zona, i militari - tutti statunitensi - stanno fortificando postazioni e scavando trincee. Le forze armate pachistane sono state messe in stato di massima allerta, e i capi tribali pashtun - non i talebani - minacciano una resistenza popolare di massa in caso di attacco. "Se provano a mettere un piede nel nostro territorio, tre milioni di tribali insorgeranno contro di loro", ha dichiarato alla stampa Malik Mohammad Afzal Khan Darpakhel nel corso di una conferenza di capi tribali tenutasi ieri nella citta' di Miranshah. * Rappresaglie senza fine Che la pazienza di Washington verso l'inazione del Pakistan contro i talebani stesse per esaurirsi era ormai chiaro. Sabato il capo di stato maggiore delle forze armate Usa, l'ammiraglio Michael Mullen, era arrivato a sorpresa a Islamabad minacciando "azioni unilaterali" se il governo pachistano non si fosse impegnato contro le roccaforti talebani nelle Aree Tribali. Ma la situazione e' precipitata dopo che, domenica mattina, nove soldati statunitensi erano rimasti uccisi sul confine, nella provincia afgana di Kunar, quando oltre duecento guerriglieri avevano assaltato l'avamposto Usa di Wanat, costringendo i soldati alla fuga e conquistando le loro postazioni. Un attacco con cui i talebani hanno voluto vendicare il massacro del 4 luglio, quando nel vicino villaggio di Katgal le bombe Usa hanno bombardato una festa di matrimonio uccidendo 47 civili, tra cui anche la sposa. 3. EDITORIALE. LA GUERRA TERRORISTA E STRAGISTA CUI L'ITALIA PARTECIPA IN VIOLAZIONE DELLA LEGALITA' COSTITUZIONALE E DEL DIRITTO INTERNAZIONALE Quella in corso in Afghanistan e' una guerra terrorista e stragista, razzista e imperialista, colonialista e mafiosa, cui l'Italia sta partecipando in violazione della legalita' costituzionale e del diritto internazionale. Quella in corso in Afghanistan ormai da decenni e' una guerra a vantaggio dei femminicidi e dei narcotrafficanti, e' una guerra a vantaggio dei totalitari e dei terroristi, e' una guerra che giova solo ai signori della guerra, e' una guerra contro l'umanita' intera. Quella in corso in Afghanistan e' la guerra quintessenziale. E' dovere e interesse dell'umanita' intera agire affinche' essa cessi. * E c'e' un solo modo per contrastare la guerra: smilitarizzare e disarmare i conflitti, recare aiuto a tutte le vittime, costruire la pace con mezzi di pace, agire la politica necessaria e urgente: la politica della nonviolenza. C'e' in Italia qualcuno che voglia battersi affinche' l'Italia cessi di partecipare alla guerra e alle stragi? C'e' in Italia qualcuno che voglia affermare il dovere dello stato di rispettare la legalita' costituzionale e il diritto internazionale? C'e' in Italia qualcuno che si sia reso conto della gravita' dell'ora? Opporsi alla guerra bisogna. Opporsi alla guerra. Opporsi. Chi non si oppone alla guerra ne e' complice. 4. MARGINALIA. GIOBBE SANTABARBARA: UN CASO DI DISONESTA' Chi ha ripetutamente deliberato la prosecuzione della guerra terrorista e stragista in Afghanistan nel biennio del governo Prodi, e chi fino alla nausea ne ha propagandato la liceita' anzi l'opportunita', pretenderebbe oggi di derubricare quel crimine e quella complicita' a un mero dibattito accademico, astratto e ininfluente. No. Chi ha appoggiato la guerra ha appoggiato le stragi, ha appoggiato la violazione della legalita' costituzionale, ha appoggiato crimini irredimibili, sofferenze immedicabili, ha appoggiato la commissione di plurimi omicidi: veri esseri umani sono stati veramente uccisi. * Non c'e' affatto stata in quei due anni una banale e salottiera "discussione su assolutismo o gradualita' della nonviolenza". C'e' stata la guerra criminale e illegale, la guerra terrorista e stragista che ancora prosegue; e chi ad essa e' stato favorevole e chi contrario. C'e' stato chi si e' prostituito alla guerra e chi ha resistito. Chi ha votato per le stragi e chi si e' opposto. Chi ha fatto propaganda a favore dei massacri e chi i massacri ha denunciato e per quanto era nelle sue forze contrastato. Ed il fatto che ancor oggi, dopo che proprio quella politica assassina e incostituzionale del governo Prodi ha nuovamente portato al potere la destra eversiva e razzista e mafiosa, ancor oggi non vi sia nel nostro paese un movimento di massa di opposizione alla guerra, e' uno dei frutti avvelenati di quel cedimento, di quella complicita', di quella prostituzione alla guerra e alle stragi, di quell'asservimento al male. * Questi i fatti. E che oggi da parte di certi messeri si voglia approfittare dell'altrui smemoraggine o ingenuita' per continuare a ingannare e corrompere i giovani e gli sprovveduti, mi sembra cosi' immorale che resto sbigottito che a tanto abbiano potuto giungere persone che pure un tempo - un tempo, si' - conoscevano la distinzione tra il bene e il male, tra il vero e il falso. O forse dovrei dire che per essermi accaduto tante volte di vedere che vecchi compagni a un qualche tornante della vita smarrissero la via della pieta' e prendessero quella innominabile, ebbene, non dovrei piu' stupirmene. Ma mi ferisce ancora. 5. STRUMENTI. EDIZIONI QUALEVITA: DISPONIBILE IL DIARIO SCOLASTICO 2008-2009 "A SCUOLA DI PACE" [Dalle Edizioni Qualevita (per contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 0864460006 oppure 3495843946, e-mail: info at qualevita.it oppure qualevita3 at tele2.it, sito: www.qualevita.it) riceviamo e diffondiamo] E' pronto il diario scolastico 2008-2009 "A scuola di pace". Se ogni mattina, quando i nostri ragazzi entrano in classe con i loro insegnanti e compagni, potessero avere la percezione che, oltre che andare a scuola di matematica, di italiano, di musica, di lingua straniera, vanno "a scuola di pace", certamente la loro giornata diventerebbe piu' colorata, piu' ricca, piu' appassionante, piu' felice. Queste pagine di diario sono state pensate per fornire una pista leggera ma precisa sulle vie della pace. Abbiamo sparso dei semi. Spetta a chi usa queste pagine curarli, annaffiarli, aiutarli a nascere, crescere e poi fruttificare. Tutti i giorni. Non bisogna stancarsi ne' spaventarsi di fronte all'impegno di costruire una societa' piu' umana, in cui anche noi vivremo sicuramente meglio. Lo impariamo - giorno dopo giorno - a scuola di pace. Preghiamo chi fosse intenzionato a mettere nelle mani dei propri figli, nipoti, amici, questo strumento di pace che li accompagnera' lungo tutto l'anno scolastico, di farne richiesta al piu' presto. Provvederemo entro brevissimo tempo a spedire al vostro indirizzo le copie del diario. Grazie. I prezzi sono uguali a quelli dell'agenda "Giorni nonviolenti" perche', a fronte di un numero inferiore di pagine, trattandosi di ragazzi, la stampa dovra' essere piu' rispondente alla loro sensibilita' (verranno usati i colori) e pertanto piu' costosa. Per ordini del diario scolastico 2008-2009: - 1 copia: euro 10 (comprese spese di spedizione) - 3 copie: euro 9,30 cad. (comprese spese di spedizione) - 5 copie: euro 8,60 cad. (comprese spese di spedizione) - 10 copie: euro 8,10 cad. (comprese spese di spedizione) - Per ordini oltre le 10 copie il prezzo e' di euro 8: costo dovuto al fatto che quest'anno ci limitiamo ad effettuarne una tiratura limitata. Per informazioni e ordinazioni: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 0864460006 oppure 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it 6. LIBRI. ENZO BIANCHI PRESENTA "GRAZIA COSMICA, UMILE PREGHIERA" A CURA DI JOHN CHRYSSAVGIS [Dal supplemento librario settimanale "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa" del 5 luglio 2008 col titolo "Il patriarca verde nella terra dei poveri" e il sommario "La 'visione ecologica' della Chiesa ortodossa attraverso gli scritti di Bartolomeo I: tra le sue iniziative, la giornata di protezione dell'ambiente". Enzo Bianchi e' animatore della comunita' di Bose. Dal sito www.festivaletteratura.it riprendiamo questa scheda: "Enzo Bianchi e' nato a Castel Foglione nel Monferrato nel 1943 ed e' fondatore e priore della comunita' monastica di Bose. Nel 1966 ha infatti raggiunto il villaggio di Bose a Magnano (Vercelli) e ha dato inizio a una comunita' monastica ecumenica cui tuttora presiede. Enzo Bianchi e' direttore della rivista biblica "Parola, Spirito e Vita", membro della redazione della rivista internazionale "Concilium" ed autore di numerosi testi, tradotti in molte lingue, sulla spiritualita' cristiana e sulla grande tradizione della Chiesa, scritti tenendo sempre conto del vasto e multiforme mondo di oggi. Collabora a "La stampa", "Avvenire" e "Luoghi dell'infinito"". Tra le opere di Enzo Bianchi: Il radicalismo cristiano, Gribaudi, 1980; Lontano da chi, Gribaudi, 1984; Un rabbi che amava i banchetti, Marietti, 1985; Il corvo di Elia, Gribaudi, 1986; Amici del Signore, Gribaudi, 1990; Pregare la parola, Gribaudi, 1990; Il profeta che raccontava Dio agli uomini, Marietti, 1990; Apocalisse di Giovanni, Qiqajon, 1990; Magnificat, benedictus, nunc dimittis, Qiqajon, 1990; Ricominciare, Marietti, 1991; Vivere la morte, Gribaudi, 1992; Preghiere della tavola, Qiqajon, 1994; Adamo, dove sei, Qiqajon, 1994; Il giorno del signore, giorno dell'uomo, Piemme, 1994; Da forestiero, Piemme, 1995; Aids. Vivere e morire in comunione, Qiqajon, 1997; Pregare i salmi, Gribaudi, 1997; Come evangelizzare oggi, Qiqajon, 1997; Libro delle preghiere, Einaudi, 1997; Altrimenti. Credere e narrare il Dio, Piemme, 1998; Poesie di Dio, Einaudi, 1999; Altrimenti. Credere e narrare il Dio dei cristiani, Piemme, 1999; Da forestiero. Nella compagnia degli uomini, Piemme, 1999; Giorno del Signore, giorno dell'uomo. Per un rinnovamento della domenica, Piemme, 1999; I paradossi della croce, Morcelliana, 1999; Le parole della spiritualita'. Per un lessico della vita interiore, Rizzoli, 1999; Ricominciare. Nell'anima, nella Chiesa, nel mondo, Marietti, 1999; Accanto al malato. Riflessioni sul senso della malattia e sull'accompagnamento dei malati, Qiqajon, 2000; L'Apocalisse di Giovanni. Commento esegetico-spirituale, Qiqajon, 2000; Come vivere il Giubileo del 2000, Qiqajon, 2000; La lettura spirituale della Bibbia, Piemme, 2000; Non siamo migliori. La vita religiosa nella Chiesa, tra gli uomini, Qiqajon, 2002; Quale fede?, Morcelliana, 2002; I Cristiani nella societa', Rizzoli, 2003; La differenza cristiana, Einaudi, 2006. John Chryssavgis e' docente di teologia ed autore di molti libri ed articoli. Tra le opere di John Chryssavgis: Persons and Events: Historical Moments in the Development of Orthodox Christianity, Archdiocese of Australia, Sydney 1985; Fire and Light: Aspects of the Eastern Orthodox Tradition, Light and Life Publications, Minneapolis 1987; Ascent to Heaven: The Theology of the Human Person, Holy Cross Press, Boston 1989; (con Sophie Chryssavgis), The World My Church, David Lovell Publishing, Melbourne 1990, Holy Cross Press, Boston 1998; The Desert is Alive: Dimensions of Australian Spirituality, Joint Board of Christian Education, Melbourne 1990, 1993; Repentance and Confession, Holy Cross Press, Boston 1990, 1996, 1998; Love, Sexuality, and Marriage, Holy Cross Press, Boston 1996, 1998; The Way of the Fathers: Exploring the Mind of the Church Fathers, Analecta Vlatadon, Thessalonika 1998; Beyond the Shattered Image: Insights into an Orthodox Ecological World View, Light and Life, Minneapolis 1999; Soul Mending: The Art of Spiritual Direction, Holy Cross Press, Boston 2000; In the Footsteps of Christ: the ascetic teaching of Abba Isaiah of Scetis, SLG Press, Oxford 2001; The Ascetic Treatises of Abba Isaiah of Scetis, Cistercian Publications, Kalamazoo 2002; The Body of Christ: A Place of Welcome for People with Disabilities, Light and Life, Minneapolis 2002; In The Heart of the Desert: The Spirituality of the Desert Fathers and Mothers, World Wisdom Books, Bloomington 2003, 2008; Cosmic Grace, Humble Prayer: Ecological Vision of Ecumenical Patriarch Bartholomew, Eerdmans Books, Grand Rapids 2003; Letters from the Desert: A Selection of the Spiritual Correspondence of Barsanuphius and John, St. Vladimir's Seminary Press, New York 2003; The Way of Tears: A Spirituality of Imperfection, Akritas Publications, Athens 2003; The Way of the Fathers: Exploring the Mind of the Church Fathers, Light and Life Books, Minneapolis 2003; Light through Darkness: Insights into Orthodox Spirituality, Orbis Press, London 2004; John Climacus: from the Egyptian desert to the Sinaite mountain, Ashgate, London 2004; The Reflections of Abba Zosimas: Monk of the Palestinian Desert, SLG Press, Oxford 2004, 2006; The Ecumenical Patriarchate: a historical guide, Ecumenical Patriarchate Publications, Constantinople 2005; The Correspondence of Barsanuphius and John, 2 voll., Catholic University Press, Washington 2006-2007; in italiano: Al cuore del deserto, 2004, Qiqajon, 2004; (a cura di), Grazia cosmica, umile preghiera, Libreria Editrice Fiorentina, 2008] Quando ci si interroga sul contributo che i cristiani possono offrire alla nostra societa' multiculturale e globalizzata in termini di riflessione etica, di proposta di principi fondamentali e di modi di comportamento quotidiani, si e' tentati di pensare che il cristianesimo abbia "gia' dato", che il suo patrimonio pur prezioso appartenga al passato, alle "radici" di una determinata civilta' e cultura e nulla abbia da aggiungere a un mondo ormai adulto, autosufficiente nell'elaborare i propri parametri etici. Eppure vi sono tematiche di importanza vitale che richiederebbero il contributo di tutti per una rinnovata comprensione antropologica: sfide che la politica, la scienza, i comportamenti, insomma "la vita" non cessa di porre. E questo non solo negli ambiti per cosi' dire "tradizionali" - la giustizia, la pace, la solidarieta' - ma anche in quelli che piu' conoscono oggi un'accresciuta richiesta di "senso", come per esempio la bioetica e le frontiere della vita e della morte. In questa ottica, mi pare assai interessante conoscere la solida e articolata riflessione sull'ecologia che da decenni la Chiesa ortodossa propone all'attenzione non solo dei cristiani, ma di tutti gli uomini e le donne di buona volonta'. La Libreria Editrice Fiorentina ha lodevolmente permesso anche al pubblico italiano di accedere alla "visione ecologica del patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I" traducendo il volume Grazia cosmica, umile preghiera (pp. 386, euro 22) in cui il curatore John Chryssavgis raccoglie, introduce e presenta tutti i documenti ufficiali, le dichiarazioni, le interviste e i commenti emanati dal Patriarcato di Costantinopoli dal 1989 a oggi sull'ecologia. Colui che, con una definizione a effetto, e' chiamato "il patriarca verde" non rincorre certo la moda in questa sua sollecitudine. Il fondamento cristiano della sua riflessione e' esplicito fin dagli esordi: "Oggi parlano tutti dei mille pericoli che minacciano l'ecosistema, pochi pero' fanno un benche' minimo accenno al Dio che ha 'stabilito' tutte le cose" diceva gia' nel 1992. Cio' nondimeno e' capace di coinvolgere nelle sue molteplici iniziative (dalla proclamazione del primo settembre di ogni anno come giornata di protezione dell'ambiente alle crociere ecologiche lungo i fiumi e i mari piu' inquinati o in terre come la Groenlandia) uomini e donne di ogni credo e pensiero. Proprio questa capacita' di cogliere i bisogni profondi di ogni essere umano gli consente di coniugare ecologia e attenzione agli ultimi, di liberare la riflessione dal chiuso delle accademie per riportarla nel vissuto di una societa' solidale: "Esiste una reciproca dipendenza fra l'avere a cuore i poveri e avere a cuore la Terra: sono le due facce di un'unica medaglia. Il modo come trattiamo chi soffre si riflette nel modo in cui affrontiamo la crisi ecologica". Si', perche' desiderare una terra piu' abitabile significa prendersi cura anche dei suoi abitanti, in particolare dei "piu' piccoli" e di quelli che verranno. 7. LIBRI. ELENA LOEWENTHAL PRESENTA "BLUES DELLA FINE DEL MONDO" DI IAN McEWAN [Dal supplemento librario settimanale "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa" del 12 luglio 2008 col titolo " Il blues dell'apocalisse". Elena Loewenthal, limpida saggista e fine narratrice, acuta studiosa; nata a Torino nel 1960, lavora da anni sui testi della tradizione ebraica e traduce letteratura d'Israele, attivita' che le sono valse nel 1999 un premio speciale da parte del Ministero dei beni culturali; collabora a "La stampa" e a "Tuttolibri"; sovente i suoi scritti ti commuovono per il nitore e il rigore, ma anche la tenerezza e l'amista' di cui sono impastati, e fragranti e nutrienti ti vengono incontro. Nel 1997 e' stata insignita altresi' del premio Andersen per un suo libro per ragazzi. Tra le opere di Elena Loewenthal: segnaliamo particolarmente Gli ebrei questi sconosciuti, Baldini & Castoldi, Milano 1996, 2002; L'Ebraismo spiegato ai miei figli, Bompiani, Milano 2002; Lettera agli amici non ebrei, Bompiani, Milano 2003; Eva e le altre. Letture bibliche al femminile, Bompiani, Milano 2005; Scrivere di se'. Identita' ebraiche allo specchio, Einaudi, Torino 2007; con Giulio Busi ha curato Mistica ebraica. Testi della tradizione segreta del giudaismo dal III al XVIII secolo, Einaudi, Torino 1995, 1999; per Adelphi sta curando l'edizione italiana dei sette volumi de Le leggende degli ebrei, di Louis Ginzberg. Ian McEwan (Aldershot, 1948), scrittore inglese. Tra le opere di Ian McEwan: a) romanzi: Il giardino di cemento (The Cement Garden 1978); Cortesie per gli ospiti (The Comfort of Strangers 1981); Bambini nel tempo (The Child in Time 1987); Lettera a Berlino (The Innocent 1989); Cani neri (Black Dogs 1992); L'amore fatale (Enduring Love 1997); Amsterdam (1998); Espiazione (Atonement 2001); Sabato (Saturday 2005); Chesil Beach (On Chesil Beach 2007); b) racconti: Primo amore, ultimi riti (First Love, Last Rites 1975); Fra le lenzuola e altri racconti (In Between the Sheets 1978); c) narrativa per bambini: Rose Blanche (non pubblicato in Italia 1985); L'inventore di sogni (The Daydreamer 1994). In Italia le opere di Ian Mc Ewan sono pubblicate da Einaudi, l'ultima e' Blues della fine del mondo, Einaudi, 2008] Ha detto Susan Sontag: "La fotografia e' l'archivio della nostra mortalita'". Basta premere un tasto per conferire all'istante un'ironia postuma... Le fotografie hanno il potere di radunare persone e cose che un attimo dopo si saranno gia' disperse...". Immortalando il presente, l'obiettivo focalizza cio' che non esiste piu', ponendocelo davanti agli occhi con un'evidenza quasi straziante. Questo spiega la fitta che prende davanti al ritratto di qualcuno che non c'e' piu', vicino o lontano che sia: lo sgomento perche' prima o poi anche le nostre, di foto, racconteranno una storia cosi'. Passata e finita. Allora, forse il comandamento biblico che ingiunge di non far immagini - siano esse di Dio o del suo creato - non e' un dettato inspiegabile. Non serve soltanto a fugare lo spettro dell'idolatria - adorare cioe' l'oggetto invece del soggetto, l'ombra invece della sostanza. Esso e' fors'anche un comando pietoso che Dio impartisce all'uomo per fargli scordare, almeno un po', d'essere mortale. Senza immagini da contemplare, la morte sembra piu' lontana. Ian McEwan, d'altro canto, la prende di petto. Il suo Blues della fine del mondo (tradotto da Susanna Basso per Einaudi, pp. 47, euro 9) e' la mirabile riflessione di un narratore su apocalisse e dintorni. Ogni storia ha bisogno di una fine e di un inizio. Anche quella dell'umanita'. E non e' solo una questione religiosa, dice McEwan: "Lungi dal rappresentare una sfida, la scienza ha anzi palesemente irrobustito il pensiero apocalittico". La sua scrittura spazia dal terrorismo di oggi alla Rivelazione di Giovanni, che egli rilegge con laica pacatezza e con una virtu' cosi' rara oggi, tanto nei fatti quanto nelle parole: la prudenza. Ci invita a considerare una nuova contrapposizione. Non piu' fede di fronte a ragione - un binomio sovente avvitato su se stesso e intorno al credente - bensi' fede versus curiosita'. La prima e' infatti quella "fulgida, intima convinzione che non necessita di alcuna conferma". Di qui McEwan parte per una breve disamina della curiosita', che in fondo e' cio' che lo muove fra queste pagine, e persino dentro l'Apocalisse - o Rivelazione - di Giovanni. Il suo e' uno sguardo estremamente interessante: il lettore e' trasportato senza sosta da una prospettiva all'altra, fra la religione e la letteratura, la profezia e il disincanto: "Meglio volgere lo sguardo direttamente al passato, al vecchio immondezzaio di futuri irrealizzati". La radiazione di fondo e' pero' sempre quella: il pensiero della fine - la nostra e quella di tutto. Una certezza questa che, nel marasma di un avvenire imprevedibile, risulta, per paradosso, quasi consolatoria. 8. LIBRI. PAOLO RUMIZ PRESENTA "NECROPOLI" DI BORIS PAHOR [Dal quotidiano "La Repubblica" del 30 gennaio 2008 col titolo "Boris Pahor. Il lager visto dal bosco" e il sommario "Esce solo ora, a quarant'anni dalla prima edizione, il libro di uno scrittore triestino di lingua slovena: si intitola Necropoli ed e' noto e esaltato in tutto il mondo. 'Il trauma piu' grave insorse quando i maestri sloveni vennero cacciati via'. L'autore, scrive Claudio Magris nella prefazione, e' uscito dall'inferno integro e vitale". Paolo Rumiz, nato a Trieste nel 1947, giornalista, inviato ed editorialista del quotidiano "La Repubblica", a lungo inviato speciale del quotidiano triestino "Il Piccolo", esperto del tema delle Heimat e delle identita' in Italia e in Europa,, dal 1986 ha seguito gli eventi dell'area balcanico-danubiana; ha ricevuto il premio Hemingway nel 1993 per i suoi servizi dalla Bosnia e il premio Max David nel 1994 come migliore inviato italiano dell'anno. Opere di Paolo Rumiz: (con Carlo Cerchioli), Fotoreporter italiani nell'ex Jugoslavia, Petruzzi; Danubio. Storie di una nuova Europa, Studio Tesi, 1990; La linea dei mirtilli. Storie dentro la storia di un paese che non c'e' piu', Editori Riuniti 1993, 1997; Vento di terra. Istria e Fiume, appunti di viaggio tra i Balcani e il Mediterraneo, Mgs Press, 1994; Maschere per un massacro, Quello che non abbiamo voluto sapere della guerra in Jugoslavia, Editori Riuniti 1996, 1999; La secessione leggera, Dove nasce la rabbia del profondo Nord, Editori Riuniti, Roma 1997, Feltrinelli, Milano 2001; (con Francesco Tullio Altan), Tre uomini in bicicletta, Feltrinelli, Milano 2002; Est, Feltrinelli, Milano 2003; E' oriente, Feltrinelli, Milano 2003, 2005; (con Monika Bulaj), Gerusalemme perduta, Frassinelli 2005; La leggenda dei monti naviganti, Feltrinelli, Milano 2007. Boris Pahor (Trieste, 1913) e' uno scrittore triestino di lingua slovena. Dalla Wikipedia, edizione italiana, rirpendiamo per stralci la seguente scheda: "Boris Pahor (Trieste, 1913) e' uno scrittore italiano di lingua slovena. Pahor nacque a Trieste, allora porto principale dell'impero austro-ungarico. A sette anni vide l'incendio del Narodni dom, sede centrale delle organizzazioni della comunita' slovena di Trieste. Dopo essersi laureato in Lettere all'Universita' di Padova, torna nella sua citta' natale dove si dedica all'insegnamento della letteratura italiana. Stabilisce stretti rapporti con alcuni giovani intellettuali sloveni di Trieste; tra questi spiccano le figure del poeta Stanko Vuk, di Zorko Jelincic, cofondatore della organizzazione antifascista slovena Tigr (e padre dello scrittore Dusan Jelincic) e dei pittori Augusto Cernigoj e Lojze Spacal. Negli stessi anni incomincia il carteggio con il poeta e pensatore personalista sloveno Edvard Kocbek, nel quale riconoscera' un'importante guida morale ed estetica. Nel 1940 viene arruolato nell'esercito italiano e mandato sul fronte in Libia. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 torna a Trieste, ormai sotto occupazione tedesca. Dopo alcuni giorni decide di unirsi alle truppe partigiane slovene che operavano nella Venezia Giulia. Nel 1955 descrivera' quei giorni decisivi nel romanzo Mesto v zalivu (Citta' nel golfo), col quale diventera' celebre nella vicina Slovenia. Nel 1944 fu catturato dai nazisti e internato in vari campi di concentramento in Francia e in Germania (Natzweiler-Struthof, Dachau, Bergen-Belsen). Finita la guerra, torna nella citta' natale, aderendo a numerose imprese culturali dell'associazionismo cattolico e non-comunista sloveno. Negli anni Cinquanta, diventa il redattore principale della rivista triestina 'Zaliv' (Golfo) che si occupa, oltre a temi strettamente letterari, anche di questioni di attualita'. In questo periodo, Pahor continua a mantenere stretti rapporti con Edvard Kocbek, ormai diventato un dissidente nel regime comunista jugoslavo. I due sono legati con uno stretto rapporto di amicizia. Nel 1975 Pahor pubblica, assieme all'amico triestino Alojz Rebula, il libro Edvard Kocbek: testimone della nostra epoca (Edvard Kocbek: pricevalec nasega casa). Nel libro-intervista, pubblicato a Trieste, il poeta sloveno denuncia il massacro di 12.000 prigionieri di guerra, appartenenti alla milizia anticomunista slovena (domobranci), perpetrato dal regime comunista jugoslavo nel maggio del 1945. Il libro provoca durissime reazioni da parte del governo jugoslavo. Le opere di Pahor vengono proibite nella Repubblica Socialista di Slovenia e a Pahor viene vietato l'ingresso in Jugoslavia. Grazie alla sua posizione morale ed estetica, Pahor diventa uno dei piu' importanti punti di riferimento per la giovane generazione di letterati sloveni, a cominciare da Drago Jancar. L'opera piu' nota di Pahor e' Necropoli, un romanzo autobiografico sulla sua prigionia a Natzweiler-Struthof. Le sue opere sono tradotte in francese, tedesco, serbo-croato, ungherese, inglese, spagnolo, italiano, catalano e finlandese. Pahor vive e lavora a Trieste. Opere di Boris Pahor tradotte in italiano: Necropoli, trad. Ezio Martin, Edizioni del Consorzio culturale del Monfalconese, San Canzian d'Isonzo 1997; Il rogo nel porto, trad. Mirella Udrih-Merku, Diomira Fabjan Bajc, Mara Debeljuh, Nicolodi, Rovereto 2001; La villa sul lago, trad. Marija Kacin, Nicolodi, Rovereto 2002; Il petalo giallo, trad. Diomira Fabjan Bajc, Nicolodi, Rovereto 2004; Letteratura slovena del Litorale: vademecum / Kosovel a Trieste e altri scritti, Mladika, Trieste 2004; Necropoli, trad. Ezio Martin, revisione di Valerio Aiolli, Edizioni del Consorzio culturale del Monfalconese, Ronchi dei Legionari 2005; Necropoli, trad. Ezio Martin, revisione di Valerio Aiolli, prefazione di Claudio Magris, Fazi Editore, Roma 2008". Claudio Magris, nato a Trieste nel 1939, docente universitario di lingua e letteratura tedesche, saggista e scrittore, intellettuale democratico. Opere di Claudio Magris: segnaliamo particolarmente - tra molte altre opere tutte appassionanti e finissime - Lontano da dove, Einaudi; Dietro le parole, Garzanti; Itaca e oltre, Garzanti; Utopia e disincanto, Garzanti. Opere su Claudio Magris: segnaliamo particolarmente il profilo di Magris in Pier Vincenzo Mengaldo, Profili di critici del Novecento, Bollati Boringhieri, Torino 1998] Quarant'anni ci son voluti perche' un autore simile fosse conosciuto appieno nel suo Paese. Ci sono voluti decine di libri stampati all'estero, una Legion d'Onore, premi negli Stati Uniti, traduzioni in inglese, tedesco, francese, persino esperanto e finlandese. E' il destino di Boris Pahor, triestino di lingua slovena, noto quasi ovunque tranne che in Italia. Per troppo tempo ha fatto comodo non si sapesse che nella citta' italianissima c'era un grande capace di scrivere in un'altra lingua - la stessa che il fascismo aveva negato a suon di manganello, sputi e olio di ricino - e mettere con i suoi capolavori il dito sulla piaga. Necropoli - Fazi, pp. 270, euro 16, prefazione di Claudio Magris e traduzione di Ezio Martin - e' dedicato alla prigionia nei Lager nazisti e salda il conto con molte cose: l'oppressione fascista che - si voglia o no - fu la premessa dei forni crematori; la scandalosa anticamera di questo autore ormai novantacinquenne (il libro e' del 1967); con la sua umilta', la sua onorata cittadinanza e la sua limpida passione civile. Ma soprattutto con la bellezza di un testo che si situa a pieno titolo accanto ai capolavori di Primo Levi e Imre Kertesz sullo sterminio. Per Pahor il Muro cade solo ora, ma il ritardo si riscatta con una perfetta scelta di tempo, col libro che esce nel Giorno della Memoria, il primo celebrato dopo la definitiva cancellazione della frontiera tra Italia e Slovenia. E chissa' che questo bel rilancio non serva a esorcizzare gli ultimi fantasmi in circolazione sulla Cortina di Ferro che non c'e' piu', offrendo una base nuova di conoscenza reciproca alle sospettose comunita' che la abitano. Un libro importante, perche' non recrimina ma guarda al domani, e perche' l'autore - scrive Magris - e' uscito dall'inferno integro e vitale, ricco di una "confidenza con la fisicita' elementare della vita". Il libro ha una forte anima slava e non indulge in autocommiserazioni. Non rimane imbrigliato nemmeno nel "tortuoso senso di colpa" di chi e' ritornato e sente il peso di essere sopravvissuto ai compagni. Pahor sa di appartenere al suo Lager sui Vosgi, di essergli legato per sempre, ma quando, vent'anni dopo, vede due giovani baciarsi vicino alle camere a gas, anziche' indignarsi, sente il richiamo potente del sentimento. Dice: "Noi eravamo immersi nella totalita' apocalittica della dimensione del nulla", e quei due ora "galleggiano su qualcosa di altrettanto infinito e che altrettanto incomprensibilmente signoreggia sulle cose". Il richiamo della natura - indifferente ma consolatrice - e' presente nel mutismo del bosco cui egli, durante la prigionia, non riesce affatto a guardare come simbolo partigiano di liberta'. Durante l'esecuzione di un centinaio di giovani prigioniere francesi, egli al contrario gli rimprovera "di offrire, fitto com'e', un nascondiglio alla dannazione". A guerra finita poi, durante una visita guidata al campo della morte, Pahor si sente selvaggiamente respinto da quella buia massa resinosa che a distanza di vent'anni si rivela come una massa di ombre trapassate pronte a difendere "il proprio territorio dalla curiosita' di un uomo che passeggia, vestito decentemente, con i suoi sandali estivi". Il bosco e' un incubo che svela il nulla cosmico, sveglia inquietanti presenze ostili, "feti" coscienti del fatto che "il loro sterminio collettivo si era legato all'infinito isolamento della natura e dell'universo". Ma, a viaggio finito, e' pur sempre il bosco ad accogliere e consolare il sopravvissuto nell'angolo di un camping solitario, concedendogli di infrattarsi, diventare "libero pellegrino" e assaggiare in un pentolino bollente un sorso di buon latte dei Vosgi che gli riporta alla memoria il profumo di quello munto prima della catastrofe in Slovenia. Un latte mitologico, che "sembrava sapesse di Nigritella" e - sogna Pahor - con "la linfa dei nostri monti ci rafforzava nella lotta contro il terrore nero". Il libro offre grandiose immagini collettive. Il "formicaio zebrato", la "massa multicefala", le "ossute zanzare acquatiche, ragni bruciacchiati con i sederi a X", le file di "tartarughe che di quando in quando sollevano le teste nude nello sforzo di guardare fuori dal regno delle tenebre". Intorno, un orrore che svela la sua tremenda dimensione acustica: "l'ululato dei cani nel ventre della montagna nera", la tempesta di urla rauche, quando sembrava che la paura "fosse diventata un vento impetuoso che investisse tutte insieme le corde vocali tedesche". Sopra di tutto, il Camino: il suo rosso tulipano acceso nel cielo di piombo, l'odore dolciastro, la cenere che si mescola alle nubi, genera polipi, piovre apocalittiche, elefanti fuligginosi. Quando arriva al campo di Natzweiler-Struthof, Pahor ventenne non ha gia' piu' illusioni. Il manganello delle camice nere le ha gia' spazzate via dalla sua coscienza, contribuendo pero' a creare, nella scorza dell'autore, un "sistema di difesa" che non permette ai sentimenti di penetrare fino al nocciolo dove e' "concentrato l'istinto di sopravvivenza". Ricorda i fascisti che incendiano il teatro sloveno di Trieste, il loro danzare "come selvaggi attorno al grande rogo", la sua incredulita' di fronte alla soppressione della lingua con cui ha "imparato ad amare i genitori e cominciato a conoscere il mondo". Una soppressione, durata un quarto di secolo, che "raggiungeva li' nel campo il suo limite estremo, riducendo l'individuo a un numero". "Il trauma piu' grave insorse quando i maestri sloveni vennero cacciati dalle scuole di Trieste". Diventai, scrive Pahor, "razza condannata, un negro". Ecco perche' nel campo sui Vosgi gli slavi della costa, pur portando la "I" sulla casacca a strisce, si dicevano "yugoslavi" davanti al kapo'. Non volevano essere confusi con gli oppressori, ma neanche subire le conseguenze del disprezzo tedesco verso un popolo che per due guerre mondiali aveva tradito l¥alleato. In una scena memorabile verso la fine del libro, degli istriani riescono a scampare al gas semplicemente dichiarandosi "austriaci", per il fatto di esse stati fino al 1918 sudditi di Francesco Giuseppe. Ma il fascino del Bel Paese riesce egualmente a sfondare il muro del sospetto, anche li' nel Lager, davanti all'occhio di Medusa. Quando il giovane Boris trova un vecchio giornale italiano, basta "il fruscio della carta" a dar luogo a "un'ondata di calore, quasi un'ondata di luce". In cima alle colonne degli articoli c'erano nomi di citta' che "sorsero all'improvviso davanti a me con tutte le loro volte medievali, con gli archi gotici, i portali romanici, gli affreschi di Giotto, i mosaici di Ravenna". E poi la foto dell'attrice Alida Valli, bellissima sotto la luce della lampada a carburo, che evoca la memoria di un amore perduto e si fa ritagliare per essere incollata accanto al pagliericcio gelido. Quella foto italiana e' forse l'unica deroga all'inflessibile comandamento degli internati: non pensare mai al mondo dei vivi, perche' quella memoria uccide. "La regola era non stuzzicare mai la morte con immagini di vita, perche' la morte e' una femmina vendicativa". L'istriano Tomaz, un uomo vulcanico e allegro che non smette mai di evocare il suo mare, il suo vino e i profumi della sua terra, non rivedra' mai casa e sparira' di scena con una lunga cucitura verticale dal pube alla gola, simile a una treccia, sul tavolo autoptico della morgue. Non si deve ricordare, perche' tanto i due mondi sono e resteranno incompatibili, anche dopo l'Olocausto. Pahor non sembra trovare rimedio a quella che chiama "la grande apatia dell'uomo standardizzato". L'Europa e' una vecchia stanca che nel dopoguerra, anziche' "compiere la propria purificazione", si e' lasciata applicare occhi di vetro "per non spaventare i bravi cittadini con le sue occhiaie vuote". L'uomo europeo, ogni tanto, prova vergogna per questa sua situazione da eunuco: ma - conclude Pahor - esso ha gia' abbondantemente "scialacquato in anticipo il patrimonio di onesta' e di giustizia che avrebbe dovuto trasmettere alle nuove generazioni". 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 520 del 18 luglio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: Nonviolenza. Femminile plurale. 194
- Next by Date: Coi piedi per terra. 116
- Previous by thread: Nonviolenza. Femminile plurale. 194
- Next by thread: Coi piedi per terra. 116
- Indice: