[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Minime. 519
- Subject: Minime. 519
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 17 Jul 2008 00:45:50 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 519 del 17 luglio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Domani a Viterbo 2. "Redattore sociale": Violenze contro i rom 3. Giulio Vittorangeli: Ricordare il 19 luglio 1979 4. Minima un'aggiunta al testo che precede 5. Edizioni Qualevita: Disponibile il diario scolastico 2008-2009 "A scuola di pace" 6. Edward Said: Umanesimo 7. Ida Dominijanni presenta "D'amore e d'odio" di Maria Rosa Cutrufelli 8. Armando Torno presenta "Ragione" di Emanuele Cafagna 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. INIZIATIVE. DOMANI A VITERBO A Viterbo, venerdi' 18 luglio, presso le terme Carletti (di fronte al Bulicame, tra la strada tuscanese e la strada terme) musica, poesia, teatro e convivialita' dal tramonto all'alba per difendere la salute e l'ambiente, per dire ancora una volta no al mega-aeroporto che devasterebbe per sempre l'area termale del Bulicame, bene naturalistico e storico-culturale, terapeutico e sociale, vera e preziosa risorsa di sviluppo per Viterbo, citta' termale e citta' d'arte. * Inizio alle ore 18 con interventi di apertura, musica, materiali d'informazione, convivialita'. Alle ore 22: Antonello Ricci racconta "1932". Di seguito: concerto per arpa di Andrea Sechi. A seguire: concerto di Flavio e la sua orchestra - dance hall terme. Per tutta la durata dell'iniziativa servizio di bioristoro. * L'iniziativa e' promossa dal Centro sociale autogestito "Valle Faul" di Viterbo, in collaborazione con il Comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti. * Per ulteriori informazioni: - Centro sociale autogestito "Valle Faul" di Viterbo: tel. 3315063980, e-mail: csavallefaul at autistici.org, blog: csavallefaul.noblogs.org - Comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo: e-mail: info at coipiediperterra.org, sito: www.coipiediperterra.org, per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it 2. ITALIA. "REDATTORE SOCIALE". VIOLENZE CONTRO I ROM [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 16 luglio 2008 - estratto dall'agenzia "Redattore sociale" - col titolo "Accanimento contro i Rom: cento racconti, da venti campi" e il sommario "La denuncia di una coalizione internazionale di Ong in un rapporto presentato all'Osce"] Violenze fisiche e verbali da parte delle forze dell'ordine, raid notturni, perquisizioni non autorizzate, sgomberi senza preavviso, discriminazione nell'accesso ai servizi pubblici. E' un lungo elenco di abusi e violazioni dei diritti fondamentali quello contenuto nel rapporto "Security a la italiana: fingerprinting, extreme violence and harassment of Roma in Italia" risultato di una missione investigativa condotta a fine maggio da una coalizione internazionale di organizzazioni non governative in una ventina di campi, regolari e non, di Napoli, Roma, Milano, Torino, Brescia e Firenze. La coalizione - di cui fanno parte l'organizzazione internazionale Open Society Institute, il Center on Housing Rights and Evictions, lo European Roma Rights Center e le ong rumene Romani Criss e Roma Civic Alliance - con la collaborazione di attivisti indipendenti e ong italiane (tra cui la Comunita' di Sant'Egidio), ha raccolto testimonianze di prima mano, attraverso oltre cento interviste ad altrettanti membri della comunita' rom residente in Italia. Ne emerge un contesto di ripetute violazioni da parte delle autorita' italiane delle convenzioni internazionali e delle direttive comunitarie in uno stato di emergenza - sottolinea il documento presentato all'incontro sulle politiche per l'integrazione di rom e sinti promosso il 10 luglio dall'Osce a Vienna - alimentato dal clima politico e dai discorsi razzisti dei politici italiani e, in particolare, da quelli della maggioranza al governo. Una situazione in cui l'omicidio Reggiani del novembre scorso viene indicato dagli stessi cittadini rom intervistati come uno spartiacque. E a cambiare, secondo le testimonianze, e' stato prima di tutto l'atteggiamento delle forze dell'ordine. Agli abusi e ai maltrattamenti da parte delle autorita' di pubblica sicurezza denunciati dagli intervistati e' dedicata un'ampia sezione del rapporto. "Stavo chiedendo l'elemosina in un quartiere della periferia di Roma - si legge in una delle testimonianze trascritte - Sono arrivati i poliziotti e mi hanno portato alla stazione di polizia. Ho mostrato loro il mio passaporto rumeno ma mi hanno detto che il mio passaporto era falso e che potevo essere arrivato dal Marocco. Si sono presi i miei soldi e mi hanno detti di non tornare li' a elemosinare. Poi hanno cominciato a picchiarmi, a calci e pugni. E sono andato avanti per 15-20 minuti". Non un caso isolato. Un altro giovane rom che viveva con la famiglia in un accampamento nel quartiere romano della Tiburtina ha denunciato di essere stato malmenato dagli agenti che lo avevano fermato a un semaforo e condotto alla stazione di polizia. Dopo l'accaduto il giovane e i suoi familiari hanno deciso di tornare in Romania. E in Romania, secondo alcuni testimoni, sono tornate anche alcune delle famiglie sgomberate a marzo dalla Bovina, a Milano, dove si erano stabilite dopo essere state sgomberate dagli accampamenti costruiti sotto al ponte Bacula. I testimoni di un altro sgombero, quello di Piazza Tirana, sempre a Milano, parlano di attacchi da parte della polizia contro uomini e donne alcuni dei quali sono stati portati in ospedale per le ferite riportate. Lo sgombero, ordinato dal prefetto di Milano, prevedeva che i cittadini rom abbandonassero immediatamente le baracche. Senza avere il tempo di raccogliere i propri effetti personali che sono stati distrutti dopo lo sgombero. Il rapporto parla di "eviction", sfratto, esproprio, avvenuto "in presenza di bambini che sono stati testimoni di brutali attacchi contro i loro genitori (uomini e donne) e della distruzione delle loro case". Ma, secondo i racconti riportati nel documento, non ci sono solo le ispezioni e gli interventi autorizzati. "I rom intervistati sottolineano - si legge nel rapporto - che ufficiali di polizia conducono spesso raid arbitrari nei loro campi e nelle loro case. Durante questi raid, gli agenti fanno irruzione nelle case, senza autorizzazione ne' mandato di perquisizione, in piena notte, e demoliscono le case e altre costruzioni senza alcun ordine del tribunale. Spesso rifiutandosi di consentire agli abitanti di raccogliere i propri averi". Una donna residente nel campo romano Casilino 900, malata di cuore, ha denunciato che gli agenti le hanno proibito durante un intervento di prendere i farmaci che si trovavano nella sua baracca. "Quando la polizia ha distrutto il mio magazzino dove tenevo le cose che vado a vendere al mercato, le mie condizioni sono peggiorate. Solo dopo un'ora mi hanno lasciato prendere le medicine a casa. Dopo averle prese mi sentivo molto debole e volevo sdraiarmi ma la polizia non me lo ha permesso. Potevo solo stare seduta su una sedia". 3. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: RICORDARE IL 19 LUGLIO 1979 [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] Il XX secolo ci ha dato testimonianza del fallimento delle rivoluzioni, ad iniziare da quella del 1917; del tradimento del socialismo, con il disastro degli stati "comunisti" dell'Unione Sovietica e del suo blocco trasformati in stati di polizia. Molti di quegli stati si sono poi disintegrati, e i loro burocrati oggi riciclati servono il nuovo padrone con entusiasmo grottesco. "Quella Mosca convive dentro di me con l'arcipelago Gulag. Non mi conforta che i libri neri siano una manipolazione, che ad archivi aperti i processi politici risultino meno di cinque milioni e i fucilati meno d'un milione. 'Soltanto' cinque milioni. Mi si e' formata la convinzione che l'Urss sia caduta esausta dopo la guerra e con l'ultimo Stalin, mai universalmente detestato. E appena cominciava a respirare con lo sgangherato Chruscev era scivolata nella stagnazione brezneviana e si era spenta assieme alle generazioni che avevano avuto l'infanzia negli anni Trenta e la giovinezza nella dismisura della guerra. L'Urss e' il requiem di Anna Achmatova, il paese dove era tornata a morire Marina Cvetaeva. Non un delirio di paranoici" (Rossana Rossanda, ne La ragazza del secolo scorso, Einaudi). L'immagine che si e' voluta accreditare su scala mondiale dagli apparati mass-mediatici delle ideologie dominanti e' che il fallimento dell'Unione Sovietica, ha significato il fallimento di qualsiasi processo rivoluzionario, per cui le nuove generazioni hanno sentito parlare di comunismo solo come fonte di errori e di orrori. Ma e' stato veramente cosi'? Tutte le rivoluzioni inevitabilmente sono destinate sempre e comunque a divorare i propri figli? In realta', se contestualizziamo l'azione delle coordinate reali in cui si sono svolte, vediamo anche le profonde differenze storiche che le hanno contraddistinte. * Prendiamo la rivoluzione sandinista del Nicaragua, che trionfava inaspettatamente il 19 luglio del 1979. Quella rivoluzione, e prima ancora quella cubana, nacque per essere diversa. Molto si e' sacrificato quel popolo povero, intrepido e generoso, per continuare a stare in piedi in un mondo di prostrati. Ma alla fine l'imperialismo nordamericano ha inghiottito il Nicaragua sandinista. L'ha sottoposto al blocco economico e militare, al controllo economico e all'eversione organizzata dai suoi servizi segreti, al minamento dei porti, ad una guerra non dichiarata, sanguinosa, sporca e contraria al diritto inte rnazionale. Guerra, peraltro, condannata dal Tribunale Internazionale dellíAia il 27 giugno 1986. Dinanzi a tutto cio', il governo sandinista si vedeva costretto a prendere misure limitate di difesa contro l'aggressione esterna e la reazione interna. Ed ecco l'amministrazione Usa ergersi a difensore dei diritti democratici conculcati dal "totalitarismo" e scatenare la sua potenza di fuoco multimediale contro il governo sandinista. La liberta' di manovra del Nicaragua dinanzi all'aggressione e' stata progressivamente ridotta e annullata. Mentre strangolamento economico e bombardamento propagandistico erodevano la base sociale di consenso del governo sandinista, le pressioni militari e il terrorismo (alimentato da Washington) dei contras fiaccavano la volonta' e la capacita' di resistenza. Il risultato: elezioni - nel febbraio 1990 - in cui l'imperialismo ha potuto far valere sino in fondo il suo strapotere militare, finanziario e mediatico: gia' dissanguato e stremato, col coltello piu' che mai puntato alla gola, il popolo nicaraguense ha deciso "liberamente" di cedere ai suoi aggressori. E' stato non gia' il trionfo della democrazia e dei diritti umani ma la loro liquidazione: a livello internazionale si e' imposta la legge del piu' forte mentre sul piano interno si e' assistito alla cancellazione dei diritti economici e sociali. Umiliato e privato della sua dignita' nazionale, il popolo nicaraguense vive oggi in larga maggioranza al di sotto della soglia della poverta', mentre il Fronte Sandinista (anche se recentemente e' tornato al governo) ha intrapreso la strada demoralizzante del proprio harakiri etico. E' una lezione che non deve essere persa di vista. * Non solo, bisogna conservare memoria e saper trasmettere, narrare, la storia di popoli "dimenticati" che hanno fatto del proprio meglio per creare un mondo piu' giusto e che continuano a resistere, anche se in forme diverse dal passato. Perche' se "un altro mondo e' possibile" qui e ora bisogna prima chiedersi perche' hanno fallito le rivoluzioni precedenti: porre la domanda giusta, significa trovare gran parte della risposta. 4. RIFLESSIONE. MINIMA UN'AGGIUNTA AL TESTO CHE PRECEDE Cio' che ha provocato il fallimento di molte esperienze rivoluzionarie novecentesche degenerate in totalitarismo e' stata l'incomprensione della necessita' - assoluta necessita' - della scelta della nonviolenza, della scelta di inverare tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani, della scelta di contrastare ogni ideologia militarista ed autoritaria e maschilista che inevitabilmente riproduce oppressione e violenza. Cio' che ha fatto grande la rivoluzione sandinista in cio' che di grande essa all'umanita' ha recato e' stata proprio la scelta tendenziale della nonviolenza. L'unico socialismo possibile e' quello dal volto umano. L'unica rivoluzione necessaria e' quella che ad ogni essere umano reca non solo astratta liberta' ma concreto aiuto e comune condivisione nell'inveramento della dignita' e dei diritti di tutte e tutti e di ciascuna persona. Gli esseri umani, lo scriveva lapidariamente gia' Aristotele, sono animali sociali: insieme vivono, e riconoscersi debbono l'un l'altro rispetto e solidarieta', l'un l'altro debbono recarsi aita. Che la violenza imperiale (dei molti imperi che nella storia si sono succeduti) abbia tante volte schiacciato i movimenti reali che hanno lottato e lottano per affermare la dignita' umana di ogni essere umano non significa che quella lotta non sia giusta, significa solo che l'umanita' ancora non ha vinto, che la nostra patria e' ancora da venire: e tu affrettalo questo avvento. Vi e' una sola umanita'. Vi e' una sola casa comune. La rivoluzione socialista e libertaria, la rivoluzione dell'eguaglianza e della solidarieta', della cura reciproca e della responsabilita' per il mondo, e' ancora il nostro orizzonte. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 5. STRUMENTI. EDIZIONI QUALEVITA: DISPONIBILE IL DIARIO SCOLASTICO 2008-2009 "A SCUOLA DI PACE" [Dalle Edizioni Qualevita (per contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 0864460006 oppure 3495843946, e-mail: info at qualevita.it oppure qualevita3 at tele2.it, sito: www.qualevita.it) riceviamo e diffondiamo] E' pronto il diario scolastico 2008-2009 "A scuola di pace". Se ogni mattina, quando i nostri ragazzi entrano in classe con i loro insegnanti e compagni, potessero avere la percezione che, oltre che andare a scuola di matematica, di italiano, di musica, di lingua straniera, vanno "a scuola di pace", certamente la loro giornata diventerebbe piu' colorata, piu' ricca, piu' appassionante, piu' felice. Queste pagine di diario sono state pensate per fornire una pista leggera ma precisa sulle vie della pace. Abbiamo sparso dei semi. Spetta a chi usa queste pagine curarli, annaffiarli, aiutarli a nascere, crescere e poi fruttificare. Tutti i giorni. Non bisogna stancarsi ne' spaventarsi di fronte all'impegno di costruire una societa' piu' umana, in cui anche noi vivremo sicuramente meglio. Lo impariamo - giorno dopo giorno - a scuola di pace. Preghiamo chi fosse intenzionato a mettere nelle mani dei propri figli, nipoti, amici, questo strumento di pace che li accompagnera' lungo tutto l'anno scolastico, di farne richiesta al piu' presto. Provvederemo entro brevissimo tempo a spedire al vostro indirizzo le copie del diario. Grazie. I prezzi sono uguali a quelli dell'agenda "Giorni nonviolenti" perche', a fronte di un numero inferiore di pagine, trattandosi di ragazzi, la stampa dovra' essere piu' rispondente alla loro sensibilita' (verranno usati i colori) e pertanto piu' costosa. Per ordini del diario scolastico 2008-2009: - 1 copia: euro 10 (comprese spese di spedizione) - 3 copie: euro 9,30 cad. (comprese spese di spedizione) - 5 copie: euro 8,60 cad. (comprese spese di spedizione) - 10 copie: euro 8,10 cad. (comprese spese di spedizione) - Per ordini oltre le 10 copie il prezzo e' di euro 8: costo dovuto al fatto che quest'anno ci limitiamo ad effettuarne una tiratura limitata. Per informazioni e ordinazioni: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 0864460006 oppure 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it 6. RIFLESSIONE. EDWARD SAID: UMANESIMO [Dal "Corriere della sera" del 7 maggio 2007 col titolo "Umanesimo... Scopriamo le culture delle altre civilta'" e l'occhiello "Nel libro postumo scritto dopo l'11 settembre, Edward Said critica l'eurocentrismo". Edward Said, prestigioso intellettuale democratico palestinese, uno dei piu' grandi umanisti del secondo Novecento, era nato a Gerusalemme nel 1935, autore di molti libri, tradotti in 26 lingue, docente di letteratura comparate alla Columbia University di New York, a New York e' deceduto il 25 settembre 2003. Dal sito della casa editrice Fetrinelli rirpendiamo la seguente scheda: "Edward W. Said e' nato nel 1936 a Gerusalemme. Esiliato da adolescente in Egitto e poi negli Stati Uniti, e' stato professore di Inglese e di Letteratura Comparata alla Columbia University di New York. Formatosi a Princeton ed Harvard, Said ha insegnato in piu' di centocinquanta Universita' e scuole negli Stati Uniti, in Canada ed in Europa. I suoi scritti sono apparsi regolarmente sul 'Guardian' di Londra, 'Le Monde Diplomatique' ed il quotidiano in lingua araba 'al-Hayat'. Nel suo libro Orientalismo - pubblicato per la prima volta nel 1978 - ha analizzato l'insieme di stereotipi in cui l'Occidente ha chiuso l'Oriente, anzi, l'ha creato. Questo saggio ha conosciuto un successo mondiale ed e' piu' che mai di attualita' perche' rievoca la storia dei pregiudizi popolari anti-arabi e anti-islamici e rivela piu' generalmente il modo in cui l'Occidente ha percepito 'l'altro'. Edward W. Said ha sempre lottato per la dignita' del suo popolo e contro coloro che hanno demonizzato l'Islam. Ex socio del Consiglio Nazionale Palestinese, fu un negoziatore 'nell'ombra' del conflitto arabo-israeliano. A causa della sua pubblica difesa dell'autodeterminazione palestinese, a Said e' stato impedito l'ingresso in Palestina per molti anni. Si e' opposto agli accordi di Oslo ed al potere di Yasser Arafat, che ha fatto vietare i suoi libri nei territori autonomi. Conosciuto tanto per la sua ricerca nel campo della letteratura comparata quanto per i suoi interventi politici incisivi, Said e' stato uno degli intellettuali piu' in vista negli Stati Uniti. La sua opera e' stata tradotta in quattordici lingue. E' morto a New York il 25 settembre 2003". Tra le opere di Edward W. Said segnaliamo: Orientalismo, Bollati Boringhieri, Torino 1991, poi Feltrinelli, Milano 1999; La questione palestinese. La tragedia di essere vittime delle vittime, Gamberetti, Roma 1995; Gli intellettuali e il potere, Feltrinelli, Milano 1995; Cultura e imperialismo. Letteratura e consenso nel progetto coloniale dell'Occidente, Gamberetti, Roma 1998; Tra guerra e pace. Ritorno in Palestina-Israele, Feltrinelli, Milano 1998; Dire la verita'. La convivenza necessaria, Indice internazionale, Roma 1999; Sempre nel posto sbagliato, Feltrinelli, Milano 2000; Fine del processo di pace. Palestina/Israele dopo Oslo, Feltrinelli, Milano 2002; Il vicolo cieco di Israele, Datanews, Roma 2003; (con Daniel Barenboim), Paralleli e paradossi. Pensieri sulla musica, la politica e la societa', Il Saggiatore, Milano 2004; La pace possibile, Il Saggiatore, Milano 2005; Umanesimo e critica democratica. Cinque lezioni, Il Saggiatore, Milano 2007; Il mio diritto al ritorno. Intervista con Ari Shavit, "Ha'aretz Magazine", Tel Aviv 2000, Nottetempo, 2007; Nel segno dell'esilio. Riflessioni, letture e altri saggi, Feltrinelli, Milano 2008] E' un fatto universalmente accettato che, mentre le discipline umanistiche un tempo proponevano lo studio dei testi classici permeati di cultura greca, latina ed ebraica, oggi un pubblico nuovo e piu' variegato, di provenienza multiculturale, chiede e ottiene che si presti maggiore attenzione a una galleria di personaggi e culture precedentemente negletti o inascoltati che hanno invaso gli spazi incontestati precedentemente occupati dalle culture europee. Persino i privilegi accordati a entita'-modello come l'antica Grecia o l'Israele biblico sono stati oggetto di una revisione nel complesso salutare, che ha notevolmente ridotto le loro pretese di originalita'... Per studiosi e insegnanti della mia generazione, educati in modo essenzialmente eurocentrico, il paesaggio e la topografia degli studi umanistici risultano drammaticamente, e, credo, irreversibilmente, alterati. T. S. Eliot, Lukacs, Blackmur, Frye, Williams, Leavis, Kenneth Burke, Cleanth Brooks, I. A. Richards e Rene' Wellek vivevano in un universo mentale ed estetico che era linguisticamente, formalmente ed epistemologicamente radicato nel mondo dei classici europei e nordatlantici della Chiesa e dell'impero, con le loro tradizioni, linguaggi e capolavori, insieme a tutto l'apparato ideologico della canonizzazione, della sintesi, della centralita' e della consapevolezza. Oggi a tutto questo e' subentrato un mondo piu' variegato e complesso, pieno di contraddizioni e di correnti antinomiche e antitetiche. La visione eurocentrica era gia' stata mobilitata durante la guerra fredda, e per questo risultava sempre piu' screditata; inoltre, per la mia generazione di studiosi di formazione umanistica degli anni Cinquanta e Sessanta, essa sembrava restare sempre, in maniera rassicurante, in secondo piano, mentre in primo piano, nei corsi, in ambito accademico e nella discussione pubblica, l'umanesimo veniva raramente sottoposto a uno studio approfondito, ma sopravviveva nella sua magniloquente e indiscussa forma arnoldiana. La fine della guerra fredda ha coinciso con una serie di ulteriori trasformazioni che le guerre culturali degli anni Ottanta e Novanta hanno in qualche modo rispecchiato: le lotte contro la guerra e la segregazione all'interno, l'emergere, ovunque nel mondo, di un numero impressionante di voci di dissenso in campo storico, antropologico, nella ricerca femminista e delle minoranze e in altri settori marginali rispetto ai filoni principali delle discipline umanistiche e alle scienze sociali. Tutto cio' ha contribuito al lento, sismico mutamento della prospettiva umanistica che ora, all'inizio del XXI secolo, e' sotto i nostri occhi. Per fare solo un esempio: gli studi afroamericani, in quanto nuovo ambito degli studi umanistici universitari (scandalosamente ostacolati o messi in ombra), hanno avuto la capacita' di fare due cose contemporaneamente. In primo luogo, hanno messo in discussione lo stereotipato e forse ipocrita universalismo del classico pensiero umanistico eurocentrico, e, in secondo luogo, hanno ottenuto il riconoscimento della propria rilevanza e urgenza come componente fondamentale dell'umanesimo americano contemporaneo. Questi due cambiamenti a loro volta hanno evidenziato come l'intera idea di umanesimo, che aveva per tanto tempo fatto a meno delle esperienze degli afroamericani, delle donne e di tutti i gruppi svantaggiati e marginalizzati, avesse sempre basato il proprio potere su una concezione dell'identita' nazionale che era, quanto meno, altamente selettiva e riduttiva, ovvero limitata a un piccolo gruppo ritenuto rappresentativo dell'intera societa', ma che in realta' non teneva conto di ampi segmenti di essa, segmenti la cui inclusione avrebbe permesso di riprodurre piu' fedelmente l'incessante flusso e a volte la spiacevole violenza delle realta' dell'immigrazione e del multiculturalismo. Il 1992, anno dei festeggiamenti per i cinquecento anni dello sbarco di Colombo nelle Americhe, rappresento' l'occasione per un dibattito, sovente corroborante, sui suoi effetti nonche' sulle atroci devastazioni qui simboleggiate dal celebre evento storico. So che alcuni umanisti conservatori hanno accusato questi dibattiti di violare la santita' di un sedicente ambito spirituale, ma simili argomentazioni dimostrano solo, una volta di piu', che per loro la teologia, non la storia, detta legge negli studi umanistici. Non si deve dimenticare la frase di Walter Benjamin: ogni documento di civilta' e' anche un documento di barbarie. E soprattutto gli umanisti dovrebbero poter capire cosa significhi questa affermazione. Quindi gli studi umanistici oggi si trovano a questo punto: viene chiesto loro di prendere in considerazione tutto quello che, da una prospettiva tradizionale, e' stato represso o deliberatamente ignorato. Nuovi storici dell'Umanesimo classico del primo Rinascimento (David Wallace per esempio) hanno per lo meno iniziato a esaminare le circostanze per cui figure chiave come quelle di Petrarca e Boccaccio hanno potuto elogiare cio' che e' "umano" pur senza mai sentire il bisogno di opporsi alla tratta degli schiavi che aveva luogo nel Mediterraneo. Dopo decenni di celebrazioni dei "padri fondatori" americani e di altre eroiche figure nazionali si comincia a prestare attenzione alla loro equivoca relazione con la schiavitu', con l'eliminazione dei nativi americani e con lo sfruttamento delle donne e delle popolazioni che non possedevano terre. C'e' un filo che lega strettamente queste figure un tempo occultate e il commento di Frantz Fanon: "La statua greco-romana si sta sgretolando nelle colonie". Oggi piu' che mai e' legittimo affermare che la nuova generazione di studiosi di discipline umanistiche e' piu' in sintonia di qualsiasi altra prima di essa con le energie e le correnti non europee, decolonizzate, decentrate, di genere del nostro tempo. Ma, ci si potrebbe chiedere, che cosa significa realmente questo? Innanzitutto significa che la critica e' il cuore pulsante dell'umanesimo, la critica come forma di liberta' democratica e pratica incessante di interrogazione e accumulazione del sapere, aperta alle, piuttosto che negazione delle, realta' storiche che rappresentano il mondo dopo la guerra fredda. 7. LIBRI. IDA DOMINIJANNI PRESENTA "D'AMORE E D'ODIO" DI MARIA ROSA CUTRUFELLI [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo la seguente recensione apparsa sul settimanale "Alias" del 28 giugno 2008 col titolo "D'amore e d'odio, romanzo storico femminista. Il novecento differente di Maria Rosa Cutrufelli". Ida Dominijanni, giornalista e saggista, docente a contratto di filosofia sociale all'Universita' di Roma Tre, e' una prestigiosa intellettuale femminista. Tra le opere di Ida Dominijanni: (a cura di), Motivi di liberta', Angeli, Milano 2001; (a cura di, con Simona Bonsignori, Stefania Giorgi), Si puo', Manifestolibri, Roma 2005. Maria Rosa Cutrufelli e' nata a Messina e vive a Roma, intellettuale impegnata nel movimento delle donne, ricercatrice, saggista, narratrice, giornalista, direttrice di "Tuttestorie", rivista di narrativa di donne. Opere di Maria Rosa Cutrufelli: L'invenzione della donna, Mazzotta, Milano 1974; L'unita' d'Italia: guerra contadina e nascita del sottosviluppo del Sud, Bertani, 1974; Disoccupata con onore. Lavoro e condizione della donna, Mazzotta, Milano 1975; Donna perche' piangi, Mazzotta, Milano 1976; Economia e politica dei sentimenti, Editori Riuniti, Roma 1980; Il cliente. Inchiesta sulla domanda di prostituzione, 1981; Mama Africa. Storia di donne e di utopie, Feltrinelli, Milano 1989; La Briganta, La Luna, Palermo 1990, Frassinelli, Milano 2007; Il denaro in corpo, Marco Tropea Editore, Milano 1996; (a cura di), Nella citta' proibita, Marco Tropea Editore, Milano 1997, Net, Milano 2003; Lontano da casa, Rai, 1997; Canto al deserto. Storia di Tina, soldato di mafia, Longanesi, Milano 1994, Tea, Milano 1997; Il paese dei figli perduti, Marco Tropea Editore, Milano 1999; Giorni d'acqua corrente. Quando la vita delle donne diventa racconto, Pratiche Editrice, Milano 2002; Terrona, Citta' Aperta, Troina (En) 2004; La donna che visse per un sogno, Frassinelli, Milano 2004; D'amore e d'odio, Frassinelli, Milano 2008] C'e' un'estraneita' femminile dalla Storia che la generazione femminista degli anni Settanta ha sfidato, rileggendola e reinterpretandola. Non esclusione o marginalita' o minorita', ma presenza differenziale: differente modo di abitarla, giudicarla, raccontarla. Non sempre abbiamo vinto la sfida: spesso la Storia torna a sfilarcisi di mano, le parole mancano, il giudizio recalcitra, la lateralita' ci seduce. Talvolta invece la differenza gioca e vince. In D'amore e d'odio, l'ultimo suo romanzo (Frassinelli, pp. 465, euro 18), Maria Rosa Cutrufelli accetta la sfida piu' alta per una scrittrice, quella del romanzo storico, gioca e vince. Non e' la prima volta: gia' nel romanzo precedente, La donna che visse per un sogno, ricostruendo la vita di Olympe de Gouges l'autrice si era misurata con l'impronta femminile nella Storia. Stavolta pero' la prova e' piu' ardua, la storia essendo quella che noi e le nostre madri, nonne, figlie, abbiamo direttamente vissuto, o che direttamente ci e' stata raccontata: il nostro Novecento, in sette quadri, sette tempi, sette protagoniste, sette voci narranti. Voci femminili e maschili, perche' non c'e' separatezza femminile - anche se spesso tocca alle donne separarsi, dagli amanti, dalle radici, dalle illusioni politiche, mai per ripiegare pero', bensi' per prendere il largo, quasi a ribaltare il mito di Ulisse e Penelope, e rilanciare la scommessa con la vita. Il Novecento, scrisse una volta Angelo Putino, si apri' con una mutazione della specie: donne dappertutto, nelle strade, nelle fabbriche, nelle scuole, dove prima non erano; cambia il panorama, comincia, appunto, un'altra Storia. Non ci sara' piu' riparo dagli eventi mainstream: le donne li abitano e li muovono, e il loro sguardo non e' piu' corto ma piu' lungo, penetra la Storia con le storie, la politica con la quotidianita', le ideologie con i sentimenti, l'utopia con la trasformazione di se'. Cutrufelli rilegge il secolo con questo stesso sguardo, si mette sulle tracce di questa mutazione. Sette tempi: 1917, la Grande guerra; 1922, il fascismo; 1946, la Repubblica e la ricostruzione; 1972, la rivoluzione senza la Rivoluzione; 1989, il nuovo ritmo del mondo senza Muro; 1994, le disillusioni del Progresso; 1999, l'addio al secolo che non smettera' di non passare. Sette protagoniste: Nora ed Elvira, due sorelle nella Torino operaia e socialista degli anni Dieci e Venti, e poi le loro figlie, nipoti e pronipoti, Isa, Leni, Carolina, Sara, Delina. Non si pensi pero' a un romanzo familiare: nulla di piu' lontano. Non e' il sangue ma la Storia a decidere le continuita' e gli strappi, gli incontri e le separazioni, i trasferimenti e i ritrovamenti. La guerra decide il destino di Nora, il fascismo quello di Elvira, il '68 e il '77 quello di Leni e della sua amica Miriam, l'89 quello di Carolina; ma niente e' automatico, e mai un personaggio scade nel prototipo o nell'idealtipo. C'e' la Storia infatti, e c'e' il caso, o per meglio dire non c'e' Storia senza il caso, e non c'e' azione soggettiva se non a questo incrocio fra Storia e caso. "Tutte le cose - si legge a un certo punto in uno dei brevi intermezzi tra i sette quadri - sono depositi di infinite possibilita'. Ogni cosa contiene il fantasma di cio' che non e' e invece poteva essere, la fantasia di cio' che forse sara' o al contrario non sara' mai e che nondimeno lascia una traccia luminosa di se'": le eroine del romanzo danno forma alla loro esistenza muovendosi fra queste eventualita' e prendendosi il rischio della liberta', negli anni Venti sotto il fascismo come negli anni Settanta in democrazia. Sostenuta da una mole evidente di lavoro d'archivio, la narrazione corre non solo nel tempo ma anche nello spazio: la genealogia di Cutrufelli si distende lungo tutta la penisola, da Torino a Siracusa e da Roma a Bologna, non senza qualche incursione in quella America di cui solo chi viene dal Sud, come l'autrice che e' siciliana, conosce la familiarita' costruita nel corso del tempo dalla rotta dell'emigrazione transoceanica. Fatti e luoghi sono narrati con la stessa precisa ed evocativa puntualita': i corpi massacrati che arrivano dal fronte all'ospedale di Borca di Cadore come i corpi che si dispongono al consumo nella Roma povera ma bella del secondo dopoguerra; le mosse circospette della clandestinita' sotto il regime come l'autoreclusione dei militanti "duri" degli anni Settanta. Talvolta infatti le stesse cose ritornano, diverse, di generazione in generazione: il libro e' anche una genealogia politica della sinistra italiana, della sua grandezza e dei suoi tic, della sua centralita' in un paese che senza di essa non sarebbe mai diventato un paese e tuttora rischia di perdere se stesso. Ritorna anche e si trasforma, di generazione in generazione, l'amicizia fra donne, che salda ciascuna delle storie raccontate e tesse come un filo invisibile e tenace la trama della Storia piu' grande. All'origine della genealogia c'e' una coppia di sorelle, la prima voce narrante e' di un'amica a un'amica e racconta di un'altra amica; il quarto tempo, Bologna 1972, e' la storia di un'amicizia fra due donne; il quinto, Berlino 1989, quella di un amore fra due donne. Le figure maschili sono molte e di rilievo, ma di decennio in decennio si allenta il legame con loro delle protagoniste, dall'amore coniugale eternizzato all'amore disilluso di chi scopre che tutto si e' condiviso "tranne il senso della vita", allo spostamento del desiderio dall'altro all'altra che avviene senza traumi, come un impercettibile scivolamento perfino autorizzato dalle madri. Siamo alla fine degli anni Ottanta, il secolo delle donne ha macinato molta liberta'. Ma di nuovo, sbaglierebbe chi pensasse a un romanzo agiografico, o a uno spostamento dalle magnifiche sorti e progressive della sinistra a quelle femministe: la lezione del Novecento sta nell'averle dichiarate chiuse per tutti e per tutte, e l'autrice lo sa. Nella chiusa, magistrale, del romanzo, di nuovo le stesse cose ritornano: nell'odore del naufragio di una nave di immigrati, Delina rivive l'odore dell'internamento nel campo di concentramento di Ferramonti (una perla storica del libro, con pagine di rara pregnanza). "D'un tratto era dentro il mio naso, acre come allora: sapeva di fatica e di rabbia, di speranza e umiliazione, di pazzia, di vita che sbatte contro un filo spinato. E adesso arrivava a folate da ogni angolo del Mediterraneo, dalle coste dell'Africa, dai Balcani, dalle rotte asiatiche... Non ci lascera' in pace, l'odore del vecchio secolo". Non ci lascera' in pace, no. Ma ci ha lasciato molti doni. 8. LIBRI. ARMANDO TORNO PRESENTA "RAGIONE" DI EMANUELE CAFAGNA [Dal "Corriere della sera" del 16 luglio 2008 col titolo "Ragionare sulla Ragione. Ovvero filosofare" e il sommario "Una monografia di Emanuele Cafagna inaugura la nuova collana del Mulino". Armando Torno (Milano, 1953), giornalista culturale, saggista, editorialista del "Corriere della sera". Tra le opere di Armando Torno: Mirabilia. Itinerari bibliografici dal XV al XX secolo, Bocca, 1983; La peste di Milano, Rusconi, 1987, 1998; (con Pierangelo Sequeri), Divertimenti per Dio. Wolfgang Amadeus Mozart, Piemme, 1991; Pro e contro Dio. Tre millenni di ragione e di fede, Mondadori, 1993; Senza Dio? Due secoli di riflessioni tra speranza e negazione, Mondadori, 1995; Mozart a Milano, La Vita Felice, 1996, Mondadori, 2004; La truffa del tempo, Mondadori, 2000; (con Carmelo Di Gennaro), La Scala nell'eta' di Verdi, Il Polifilo, 2001; Le virtu' dell'ozio, Mondadori, 2002; La moralita' della violenza. Considerazioni sul male della storia, Mondadori, 2003; Quel che resta di Dio. Cinque percorsi alla ricerca della fede, Mondadori, 2005; Il gioco di Dio. Dodici storie della Bibbia, Mondadori, 2007; Arturo Benedetti Michelangeli. Un incontro, Morcelliana, 2007. Emanuele Cafagna insegna Storia della filosofia moderna e contemporanea presso l'Universita' "Gabriele d'Annunzio" di Chieti-Pescara. Opere di Emanuele Cafagna: La liberta' nel mondo. Etica e scienza dello Stato nei Lineamenti di filosofia del diritto di Hegel, Il Mulino, 1998; Ragione, Il Mulino, 2008] Anche se la ragione occupa una spazio della massima importanza nel dibattito filosofico di tutti i tempi, non e' semplice definire cosa sia stata e cosa oggi intendiamo con questa parola. Da Eraclito a Hegel, da Descartes ad Heidegger, dall'uso che ne fecero Platone o Voltaire a quello dei positivisti, si puo' dire che ogni pensatore o corrente ha lasciato le sue definizioni, o quanto meno l'interpretazione che ha ritenuto piu' opportuna. Emanuele Cafagna, nella nuova collana edita dal Mulino "Lessico della filosofia", con la monografia intitolata Ragione (pp. 224, euro 13) offre l'inventario dei concetti e delle sfumature che ne caratterizzarono la storia. Il saggio, interessante e informato, comincia con un'efficace espressione: "Quando diciamo 'ragione' il nostro linguaggio si carica di filosofia". D'altra parte, ricostruirne le avventure equivale a toccare i punti nevralgici del pensiero dell'uomo. Se agli albori della civilta' greca la ragione trova lentamente forma nelle prime speculazioni, oggi sembra quasi che voglia prendersi un congedo da alcuni assunti della tradizione. In mezzo ci siamo noi, con le eterne domande che assillano le nostre ricerche e con il continuo bisogno di risposte. Le quali devono essere verificate, soprattutto nell'era della comunicazione informatizzata, con strumenti come questo "Lessico della filosofia", collana che ha gia' edito tre volumi: oltre il testo di Cafagna, e' uscito Mario De Caro con la monografia dedicata all'Azione, quindi Guido Bonino con Universali/Particolari. Sono libri che si affiancano alla serie di Guida "Parole chiave della filosofia" (dove Giovanni Casertano ha pubblicato Morte) e riprendono il testimone culturale della compianta editrice Isedi. La quale negli anni Settanta avvio' la prima collana "laica" (si chiamava "Enciclopedia filosofica") di questo genere, dove figuravano monografie quali Segno di Umberto Eco o Arte di Dino Formaggio. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 519 del 17 luglio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: Coi piedi per terra. 115
- Next by Date: Nonviolenza. Femminile plurale. 194
- Previous by thread: Coi piedi per terra. 115
- Next by thread: Nonviolenza. Femminile plurale. 194
- Indice: