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Coi piedi per terra. 110
- Subject: Coi piedi per terra. 110
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 5 Jul 2008 12:33:35 +0200
- Importance: Normal
=================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 110 del 5 luglio 2008 In questo numero: 1. Antonella Litta: Un resoconto dell'incontro del 5 giugno 2008 con il Prefetto di Viterbo 2. Alcuni estratti da "Il supermarket di Prometeo" di Marcello Cini (parte terza) 3. Per contattare il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo 1. INCONTRI, ANTONELLA LITTA: UN RESOCONTO DELL'INCONTRO DEL 5 GIUGNO 2008 CON IL PREFETTO DI VITERBO [Antonella Litta e' la portavoce del Comitato che si oppone alla realizzazione dell'aeroporto a Viterbo; svolge l'attivita' di medico di medicina generale a Nepi (in provincia di Viterbo). E' specialista in Reumatologia ed ha condotto una intensa attivita' di ricerca scientifica presso l'Universita' di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione di uno tra i primi e piu' importanti studi scientifici italiani sull'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato sulla prestigiosa rivista "Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11, pp. 41-47, 1993. E' referente locale dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia). Gia' responsabile dell'associazione Aires-onlus (Associazione internazionale ricerca e salute) e' stata organizzatrice di numerosi convegni medico-scientifici. Presta attivita' di medico volontario nei paesi africani. E' stata consigliera comunale. E' partecipe e sostenitrice di programmi di solidarieta' locali ed internazionali. Presidente del Comitato "Nepi per la pace", e' impegnata in progetti di educazione alla pace, alla legalita', alla nonviolenza e al rispetto dell'ambiente. Osvaldo Ercoli, gia' professore amatissimo da generazioni di allievi, gia' consigliere comunale e provinciale, impegnato nel volontariato, nella difesa dell'ambiente, per la pace e i diritti di tutti, e' per unanime consenso nel viterbese una delle piu' prestigiose autorita' morali. Il suo rigore etico e la sua limpida generosita' a Viterbo sono proverbiali. E' tra gli animatori del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo] Insieme al professor Osvaldo Ercoli, in rappresentanza del "Comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti", il 5 giugno 2008 abbiamo avuto presso la Prefettura di Viterbo un incontro con il Prefetto, dottor Alessandro Giacchetti, al quale abbiamo illustrato le ragioni dell'opposizione alla realizzazione del devastante aeroporto di Viterbo e del nostro impegno per la riduzione del trasporto aereo. * Abbiamo fatto presente al Prefetto di Viterbo che il nostro comitato si e' costituito nel luglio 2007 sotto la spinta della preoccupazione per il danno che la realizzazione di un mega-aeroporto a Viterbo avrebbe determinato per l'ambiente e la salute. Preoccupazioni oggi condivise dalla stragrande maggioranza dei cittadini di Viterbo e da tantissime personalita' del mondo istituzionale, accademico, scientifico, intellettuale e dell'impegno civile che hanno aderito al nostro appello. Al Prefetto abbiamo ricordato alcuni tra i tanti nomi: personalita' illustri come il magistrato Ferdinando Imposimato, la vicepresidente del Parlamento Europeo Luisa Morgantini, padre Alex Zanotelli; scienziati come Angelo Baracca, Virginio Bettini, Marcello Cini, Paul Connett, Giorgio Cortellessa, Giuseppe Nascetti, Giorgio Nebbia, Gianni Tamino, Federico Valerio; altri cattedratici universitari come Rocco Altieri, Anna Bravo, Andrea Canevaro, Andrea Cozzo, Giovanna Fiume, Nella Ginatempo, Domenico Jervolino, Fulvio Cesare Manara, Raffaele Mantegazza, Arnaldo Nesti, Luigi Piccioni, Giuliano Pontara, Lorenzo Porta, Elena Pulcini, Claudio Riolo, Annamaria Rivera, Antonella Sapio, Giovanni Scotto, Sergio Tanzarella, Silvia Vegetti Finzi; scrittrici e saggiste come Dacia Maraini, Lea Melandri; numerosissimi prestigiosi intellettuali, personalita' della vita civile e dell'impegno sociale ed educativo, numerosi parlamentari italiani ed europei. * Abbiamo evidenziato che la realizzazione del mega-aeroporto di Viterbo e' prevista come enorme ampliamento di quello militare che dista circa due chilometri dal centro della citta'. La costruzione dell'aeroporto, il traffico aereo connesso e le infrastrutture di supporto determinerebbero una cementificazione selvaggia di una delle aree piu' caratteristiche e pregiate di Viterbo - quella termale del Bulicame - soffocando cosi' per sempre la vera possibilita' di sviluppo di Viterbo che e' legata al termalismo, all'arte, alle particolari caratteristiche storiche, paesaggistiche, naturalistiche, al turismo e all'agricoltura di qualita'. * Un progetto aeroportuale che dal punto di vista di un'adeguata progettazione non esiste nemmeno sulla carta, e proprio per questo anche del tutto privo dei requisiti fondamentali stabiliti dalla vigente legislazione in materia di Valutazione d'Impatto Ambientale e Sanitario. Una proposta tanto devastante quanto illusoria, campata in aria - e' proprio il caso di dirlo - e frutto della sconsiderata e superficiale decisione dell'ex ministro dei trasporti. Una decisione che peraltro presenta vizi di procedura, irrispettosa delle direttive europee in materia di realizzazioni aeroportuali, come dimostrato anche da uno studio del Centro studi Demetra e contro la quale pende un ricorso al Tar del Lazio presentato della Provincia di Frosinone. * Abbiamo anche ricordato che il trasporto aereo contribuisce - secondo attendibili studi internazionali - per circa il 10% alle emissioni totali di anidride carbonica (CO2), e che queste sono estremamente dannose in quanto rilasciate direttamente negli strati piu' alti della troposfera ed in quelli piu' bassi della stratosfera alterando di conseguenza la composizione dell'atmosfera. Questi gas sono i maggiori responsabili del surriscaldamento climatico e delle consegue disastrose che questo fenomeno determina: alluvioni, uragani, desertificazione, carestie. Disastri ambientali che sconvolgono la vita di milioni di esseri umani e li costringono a forzate migrazioni. Da molti anni ormai le direttive europee, il trattato di Kyoto, l'Onu, la comunita' scientifica internazionale, chiedono una drastica riduzione delle emissioni di anidride carbonica: e' quindi illogico e colpevole continuare ad investire nello sviluppo di forme di trasporto come quello aereo, sia perche' fortemente inquinanti, sia a causa del prossimo esaurirsi del petrolio e del conseguente vertiginoso aumento del suo prezzo. Esperti del settore aeronautico affermano che il traffico aereo subira' necessariamente una forte riduzione e molte compagnie aeree di fatto sono gia' fallite mentre le compagnie aeree low-cost tra breve saranno costrette a ridurre numero di voli e rotte. Inoltre, nel Lazio e in particolare nella Tuscia le emissioni di anidride carbonica hanno superato di centinaia di volte i limiti imposti dalla legge, come dimostrato anche dallo studio di una societa' di ricerca specializzata in questo settore, la societa' Ecoway. La realizzazione del devastante mega-aeroporto non farebbe altro che peggiorare in maniera esponenziale questa grave situazione di inquinamento dell'aria che produce gravissimi danni alla salute e all'ambiente. L'Italia fa sempre da fanalino di coda dell'Europa, mentre non a caso altri statisti europei come la cancelliera tedesca Merkel e il presidente francese Sarkozy hanno posto il blocco della costruzione di nuovi aeroporti e di autostrade tra i piu' importanti provvedimenti per la riduzione del surriscaldamento climatico e dell'inquinamento veicolare. * Oltre all'inquinamento dell'aria prodotto dall'anidride carbonica e da altri gas dannosi, abbiamo fatto presente al Prefetto di Viterbo che c'e' da considerare anche quello da polveri sottili ed ultrasottili generate dalla combustione del kerosene degli aerei. Queste polveri sono talmente piccole che superano i naturali sistemi di filtraggio costituiti dai polmoni e veicolano direttamente nel sangue metalli pesanti ed altri composti tali da generare ed innescare processi infiammatori che provocano malattie respiratorie, cardiocircolatorie, degenerative e tumorali. C'e' poi da considerare il non meno importante inquinamento acustico provocato dal rumore degli aerei in fase di decollo e di atterraggio che altererebbe notevolmente la qualita' della vita degli abitanti di molti quartieri di Viterbo. Ed infine l'inquinamento elettromagnetico. * Abbiamo riportato all'attenzione del Prefetto anche la situazione che vivono quotidianamente i cittadini di Ciampino i quali hanno una tra le piu' elevate spese pro capite per farmaci antitumorali e per le malattie respiratorie e che ormai da anni chiedono e si battono per la riduzione dei voli proprio per il danno che questi arrecano alla salute delle persone - e in particolare a quella dei bambini - e all'ambiente. Abbiamo anche sottolineato come il nostro comitato sia solidale con le ragioni dei cittadini di Ciampino e come la soluzione piu' giusta, semplice e razionale sia quella di ridurre immediatamente e drasticamente i voli su Ciampino e non "ciampinizzare" Viterbo trasferendo danni e sofferenze da Ciampino a Viterbo per l'interesse speculativo di una ristretta cerchia interessata a un grande "affare" che danneggerebbe l'intera comunita'; un affare che oltretutto potrebbe costituire un richiamo anche per le organizzazioni criminali. * Abbiamo nuovamente ribadito come la necessita' e l'urgenza vera per i viterbesi sia il miglioramento e l'incremento della rete ferroviaria, e non l'ennesimo sperpero di pubblico denaro che il progetto del mega-aeroporto comporterebbe. I nostri pendolari ogni giorno impiegano due ore da Viterbo per raggiungere Roma. * Abbiamo voluto anche far partecipe il Prefetto del nostro giudizio fortemente negativo su quanto propagandato dai sostenitori del devastante mega-aeroporto viterbese in merito al cosiddetto sviluppo ed alla presunta occupazione che questo dovrebbe generare secondo la loro mistificante visione taumaturgica per cui la realizzazione dell'aeroporto rappresenterebbe la soluzione miracolosa di tutti i problemi del territorio. A nostro giudizio non ci sara' affatto il millantato massiccio incremento del turismo per il territorio della Tuscia, in quanto il turismo dei voli low cost che utilizzerebbero lo scalo di Viterbo per raggiungere Roma, e' per sua stessa definizione un turismo "mordi e fuggi" che si ferma in media non piu' di due-tre giorni nella capitale. Viterbo verrebbe cosi' ad essere solo l'ennesimo scalo, un "non luogo" di mero transito e servizio per questo particolare tipo di turismo. A conferma delle nostre affermazioni abbiamo riportato i dati che riguardano Ciampino dove i voli sono aumentati a dismisura, i posti di lavoro sono diminuiti e quelli che rimangono sono per lo piu' con contratti che impongono un durissimo precariato; e la citta' di Ciampino cosi' come le altre bellissime citta' dei Castelli romani non hanno avuto alcun vantaggio economico o incremento nel settore turistico: solo danni all'ambiente, alla salute, alla qualita' della vita. Quella propaganda e' quindi ancora una menzogna, ancora un ricatto - forse tra i piu' crudeli ai danni di tanti giovani viterbesi che vivono il dramma della disoccupazione. * Abbiamo anche parlato delle criticita' e delle fragilita' del territorio viterbese, gia' vittima di numerose aggressioni ambientali: le discariche abusive mai poste in sicurezza, il polo energetico Civitavecchia-Montalto con il dissennato progetto di riconversione a carbone della centrale di Torvaldaliga Nord di Civitavecchia, le acque inquinate da metalli pesanti, la situazione di inquinamento dei laghi, la cementificazione violenta di vaste aree, soprattutto quelle piu' prossime alla capitale. A questa situazione gia' cosi' delicata (cui si aggiunge la naturale radioattivita' del sottosuolo) non si puo' e non si deve aggiungere l'inquinamento, il danno generato dal mega-aeroporto, ma si devono iniziare e sostenere pratiche di risanamento e tutela ambientale, progetti di sviluppo che difendano e valorizzino le caratteristiche naturali, i beni culturali, le vocazioni agricole, le tradizioni artigiane e le peculiari cospicue risorse ambientali, storiche e produttive del territorio. * Abbiamo poi illustrato il nostro costante lavoro d'informazione rivolto ai cittadini attraverso convegni, distribuzione di materiale informativo, iniziative di conoscenza e approfondimento, e come abbiamo intessuto e stiamo rafforzando una rete di relazioni con vari comitati che in Italia e all'estero si oppongono alla realizzazione e all'ampliamento delle strutture aeroportuali, per far nascere una campagna nazionale per la riduzione del traffico aereo e la ridiscussione di un piano nazionale per quanto riguarda la mobilita' in generale. Un lavoro di cui siamo orgogliosi e che supplisce alla mancanza di una corretta ed obiettiva informazione che avrebbe dovuto e dovrebbe essere compito delle istituzioni e dei mezzi d'informazione. Abbiamo informato il Prefetto che proprio a questo proposito sono a disposizione sul nostro sito www.coipiediperterra.org una serie di documenti scientifici, alcuni tradotti anche in inglese, per un utile approfondimento degli argomenti a sostegno delle nostre ragioni, e tra i vari documenti anche una "lettera aperta ai colleghi medici dell'Alto Lazio" sui danni alla salute provocati dal traffico aereo. Una copia di questa lettera insieme ad altro materiale informativo abbiamo consegnato al Prefetto. * Al termine della cordiale ed approfondita conversazione c'e' stato anche il tempo per affrontare un'altra problematica emergente e di grande importanza, per il notevole impatto ambientale e sanitario sul nostro territorio, quella legata al corretto smaltimento dei rifiuti. Abbiamo illustrato le indicazioni dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia) per la corretta gestione del problema rifiuti. Questa gestione si fonda sulla politica delle cosiddette "r": riduzione della produzione, raccolta differenziata porta a porta, riciclaggio, riuso, riparazione, recupero e responsabilizzazione dei cittadini e delle istituzioni (in particolare dei Comuni, delle Province e delle Regioni che devono predisporre centri piccoli e diffusi sul territorio, a gestione comunale, per lo smaltimento e il riciclo dei Rsu con aree per il trattamento della frazione umida che dara' vita al compost da utilizzare come fertilizzante naturale. In parole semplici una filiera breve del ciclo dei rifiuti che possa cosi' essere controllato e gestito in relazione alle peculiarita' sociali ed economiche del territorio. Con l'attuazione di questa politica il quantitativo di rifiuti che necessitano di un trattamento finale si riduce in maniera drastica ed e' possibile trattarli con tecnologie che garantiscono ambiente e salute e che non sono le discariche o i cosiddetti "termovalorizzatori" che meglio sarebbe chiamare con il loro vero nome, cioe' inceneritori. L'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia) ritiene l'incenerimento dei rifiuti solidi urbani (Rsu) una tra le tecniche piu' dannose per l'ambiente e la salute. I rifiuti infatti non scompaiono bruciandoli, ma vengono trasformati in altro: polveri, scorie, gas. Per ogni tonnellata di Rsu bruciati in un inceneritore si producono circa 330 kilogrammi di ceneri e fanghi, scorie tossiche che devono essere trattate e poi conferite in discariche speciali ad un prezzo che e' sempre a carico dei contribuenti. Durante le fasi del processo di combustione dei rifiuti vengono immessi nell'aria milioni di metri cubi di gas dannosi, la cui composizione dipende dal tipo di rifiuto bruciato e che contribuiscono all'aumento dei gas serra, al fenomeno delle piogge acide e di eutrofizzazione di mari e laghi. Il Prefetto ha mostrato grande attenzione ed interesse per le metodiche ecocompatibili di chiusura del ciclo dei rifiuti illustrate e gia' operative in molte citta' e provincie italiane. * Il cordiale incontro si e' concluso con l'impegno del Prefetto a riportare quanto abbiamo esposto, insieme alla documentazione fornita, ai rappresentanti del Governo centrale. 2. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "IL SUPERMARKET DI PROMETEO" DI MARCELLO CINI (PARTE TERZA) [Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di Marcello Cini, Il supermarket di Prometeo. La scienza nell'era dell'economia della conoscenza, Edizione Codice, Torino 2006. Marcello Cini, nato a Firenze nel 1923, e' docente universitario di fisica, e autorevole studioso di fama internazionale; ha partecipato attivamente alle discussioni degli ultimi decenni sulla storia della scienza, i temi epistemologici, la critica della scienza e della sua pretesa neutralita'. E' stato ordinario di Fisica Teorica, poi di Teorie Quantistiche e oggi e' Professore Emerito dell'Universita' "La Sapienza" di Roma. Nella sua attivita' di ricerca si e' occupato di particelle elementari, di fondamenti di meccanica quantistica, di processi stocastici ma anche di storia della scienza e di temi epistemologici, temi su cui e' stato un punto di riferimento del dibattit internazionale. E' stato vicedirettore della rivista internazionale "Il Nuovo Cimento"; collabora al quotidiano "Il manifesto". Oltre a testi di fisica per uso universitario e per la scuola secondaria, ha pubblicato vari altri libri. Riportiamo la motivazione dell'attibuzione del Premio Nonino 2004 "A un Maestro Italiano del nostro tempo": "Fisico illustre, intellettuale tra i piu' 'curiosi' nel panorama culturale italiano del secondo Novecento. Cresciuto nel culto della verita', ne ha conservato il 'fuoco' sino ad oggi. Nella Sua fine riflessione epistemologica critica il feticcio della neutralita' della scienza e sostiene un sapere consapevole e responsabile verso la societa'. Padre nobile ed appartato dei movimenti ambientalisti e grande difensore della diversita'. In un lato del suo pensiero sintetizzato nella parola d'ordine 'la vita non si brevetta' si ritrovano legami strettissimi con l'ideale del 'Principio Responsabilita'' teorizzato da Hans Jonas, messaggio che desideriamo trasmettere con forza alle generazioni future". Opere di Marcello Cini: (con G. Ciccotti, M. de Maria, G. Jona-Lasinio), L'ape e l'architetto. Paradigmi scientifici e materialismo storico, Feltrinelli, Milano 1976; (con Danielle Mazzonis), Il gioco delle regole. L'evoluzione delle strutture del sapere scientifico, Feltrinelli, Milano 1981; The History and Ideology of Dispersion Relations, in: Foundations od Science, I, 1981; Cultural Tradition and Environmental factors in the Development of Quantum Electrodynamics, in: Foundations od Science, III, 1981; Trentatre' variazioni su un tema. Soggetti dentro e fuori la scienza, Editori Riuniti, Roma 1990; (con: J. M. Levy-Leblond, Adam Hilger), Quantum Theory without Reduction, 1991; Oltre il riduzionismo, 1991; Un paradiso perduto. Dall'universo delle leggi naturali al mondo dei processi evolutivi, Feltrinelli, Milano 1994; Caso, necessita', liberta', Cuen, Napoli 1998; Dialoghi di un cattivo maestro, Bollati Boringhieri, Torino 2001; Il supermarket di Prometeo. La scienza nell'era dell'economia della conoscenza, Codice, 2006] Da pagina 49 e seguenti Scienza e filosofia Il secondo esempio del modo tradizionale di pensare la scienza e' fornito da un saggio di Marino Badiale che ha dato origine a un inreressante dibattito sulla rivista "Koine'". E' possibile "collegare e raccordare scienza da una parte e cultura e senso comune dall'altra?", si domanda l'autore, che risponde affermativamente, argomentando che spetta alla filosofia il compito di effettuare questa mediazione attraverso un'attivita' razionale di sintesi e di interpretazione delle idee e dei risultati della scienza. Sintesi significa, in questo contesto, "cogliere gli aspetti concettuali piu' significativi di una disciplina scentifica: le categorie con le quali essa organizza il suo particolare dominio di oggetti, la metodologia nella quale sintetizza il proprio concreto operare, i valori e gli scopi conoscitivi nei quali riassume il fine della propria ricerca". Interpretazione vuol dire "comprendere il significato culturale e umano di tutto questo, collegando i concetti fondamentali delle varie discipline con le altre dimensioni della cultura e dell'operare umano in un'unita' comprensibile e sensata". Si tratta, in definitiva, di "capire cosa la scienza stessa ci dice dell'essere umano e del mondo che egli si costruisce". Questo - argomenta Badiale - e' del resto cio' che ha fatto la filosofia in Occidente, almeno fino a poco tempo fa: i suoi maggiori esponenti si sono posti come fine una comprensione razionale delle varie dimensioni dell'esistenza umana e della loro sintesi in una visione unitaria e armonica. Oggi, tuttavia, quest'obiettivo sembra diventare sempre piu' irraggiungibile. Due tendenze divaricanti dominano infatti da un lato la scienza e dall'altro la cultura, tanto nelle sue manifestazioni elitarie come in quelle di massa. Da parte sua, la scienza e' sempre piu' caratterizzata da un processo esponenziale di "specializzazione parcellizzante" che esclude la possibilita' di una sintesi filosofica che ne colga gli aspetti concettuali fondamentali e vanifica dunque la ricerca di un senso complessivo per le sue azioni e i suoi fini. Al tempo stesso, infatti, la filosofia, sottoposta allo stesso processo, cancella questo compito dalla sua agenda, mentre le discipline scientifiche sempre piu' cercano nell'autoreferenzialita' della loro pratica la propria legittimazione. La cultura di massa e' a sua volta dominata dal rifiuto di "un aspetto fondamentale della tradizione filosofica occidentale, [...] [cioe' della] discussione razionale sui grandi temi della vita umana: il bene e il male, il giusto e l'ingiusto, il modo migliore di organizzare la vita degli esseri umani". Essa si presenta dunque come una forma di irrazionalismo diffuso, come un immane sforzo per non sapere cio' che stiamo facendo (a noi stessi e al nostro mondo). Il procedere di questi due processi - la specializzazione parcellizzante della scienza e l'espulsione del pensiero critico dalla cultura di massa - porterebbe dunque a concludere che la riflessione filosofica di sintesi e d'interpretazione inizialmente proposta e' impossibile. Non resterebbe allora altro da fare, secondo Badiale, se non tentare di attestarsi su alcune linee di resistenza, nella scuola soprattutto, ma anche in alcuni punti chiave all'interno delle facolta' scientifiche e delle istituzioni della ricerca, nell'attesa che la scienza diventi adulta, capace cioe' di "rinunciare al desiderio infantile di onnipotenza [...] [e di] riconoscere la propria funzione, il proprio ruolo, e quindi, contemporaneamente, il proprio valore e i propri limiti". Dico subito che non mi riconosco in questo discorso, anche se condivido molte delle argomentazioni che lo sorreggono e alcune delle conseguenze che se ne traggono. E' come se mi trovassi di fronte a una figura che, pur essendo composta da molti pezzi che mi sono familiari, finisce, per il diverso ordine con il quale vengono disposti o per l'assenza di altri che secondo me sarebbero necessari, col rappresentare un quadro diverso da quello che appare ai miei occhi. Fuor di metafora, mi sembra per esempio che l'analisi schematicamente riassunta in precedenza dei due processi che hanno trasformato la scienza e la cultura di massa, pur rappresentandone correttamente alcuni tratti evidenti, non colga appieno la natura della profonda svolta che entrambe queste componenti fondamentali della societa' contemporanea hanno vissuto negli ultimi decenni del secolo appena finito. In particolare, mi sembra che questa analisi parli delle norme metodologiche e dei criteri epistemologici delle diverse discipline scientifiche come se avessero una radice comune in un ideale di scienza che in ultima analisi assume la fisica come modello. Non e' un caso, mi sembra, che gli esempi utilizzati abbiano tutti a che fare con questa disciplina e che le discipline della vita e della mente non siano mai nominate. Questa analisi non tiene conto, per esempio, del fatto che, via via che si attinge ai livelli piu' elevati di organizzazione della materia, il consenso degli scienziati sul linguaggio disciplinare considerato appropriato s'indebolisce e si assiste alla moltiplicazione dei linguaggi adottati da gruppi diversi della comunita'. Questi linguaggi non sono necessariamente in contraddizione: essi corrispondono a differenti modellizzazioni del dominio fenomenologico e a diversi punti di vista (culturali, epistemologici, tecnologici) a partire dai quali si costruiscono le categorie concettuali e i metodi pratici utilizzati per analizzare il dominio considerato. In queste discipline sara' dunque sempre piu' difficile inventare un "esperimento cruciale" capace di decidere chi ha ragione e chi ha torto, perche' tutti i modelli sono parziali e unilaterali. Ognuno di essi e' al tempo stesso "oggettivo", perche' riproduce alcune proprieta' del reale, e "soggettivo", perche' il punto di vista e' scelto dai gruppi diversi in conflitto fra loro. Una rappresentazione della scienza che non assuma questa varieta' di punti di vista in competizione, secondo me, impedisce a sua volta di individuare la novita' e la ricchezza del compito che la filosofia si trova a dover affrontare. Il compito di "sintesi" assegnato da Badiale alla filosofia e' indubbiamente reso difficile dai due processi - la specializzazione parcellizzante della scienza e l'espulsione del pensiero critico dalla cultura di massa - che caratterizzano la nostra societa' capitalistica avanzata. Mi sembra pero' che ci sia nella stessa definizione di "sintesi" una difficolta' piu' profonda, che riguarda tutta la scienza, a partire dalla fisica, la disciplina della materia inerte per eccellenza. Il concetto di "sintesi" inteso come "estensione a un livello molto generale e astratto di un aspetto essenziale della pratica quotidiana della scienza" e' infatti fondato su un'immagine inadeguata di questa pratica. Secondo Badiale, essa comincia "dallo studente che, svolto il calcolo suggerito dal docente, deve capire perche' esso rappresenti la soluzione del problema fisico dato", continua con lo "sperimentatore che si sforza di interpretare i segnali che i suoi strumenti gli mandano", arriva al "teorico che sintetizza i dati sperimentali e le deduzioni matematiche in una nuova immagine del mondo", per sfociare nell'"intera prassi scientifica [che vive] di un continuo sforzo di sintesi e d'interpretazione dei propri stessi risultati". Questa immagine della scienza e' un po' troppo semplice. Se fosse vera, tra l'altro, la filosofia non avrebbe mai avuto un ruolo nel suo processo di sviluppo. E' essenziale infatti, per capire questo ruolo, abbandonare la vecchia immagine, criticata da Kuhn gia' quarant'anni fa, del progresso della scienza come processo lineare, tutto interno, di accumulazione di verita' che man mano sostituiscono vecchi errori e colmano precedenti lacune. Se cosi' fosse, in effetti, non ci sarebbe bisogno della filosofia: la "verita'" verrebbe fuori da se'. Bisogna dunque per prima cosa cominciare a distinguere fra gli aspetti concettuali che sono entrati a far parte del patrimonio comune di conoscenze, sui quali il dibattito e' ormai chiuso (ma alle volte puo' riaprirsi: c'e' voluto Einstein per rimettere in discussione, dopo due secoli di accettazione unanime, la meccanica newtoniana) e i diversi aspetti concettuali che sono, nel corso del processo di acquisizione di nuove conoscenze, oggetto di discussione e di conflitto fra i sostenitori di proposte epistemologiche e metodologiche alternative. E' in questo processo che puo' intervenire la filosofia. Non ha senso che intervenga post factum. Una volta che gli scienziati si sono messi d'accordo, la filosofia puo' solo fare la mosca cocchiera. E' infatti proprio nel corso di questo dibattito che si forma il consenso attorno a posizioni che via via si consolidano ed entrano a far parte del patrimonio di conoscenze accettato da tutti. A volte questo consenso non si raggiunge e la comunita' si divide. Il punto fondamentale e' che, anche quando esso e' stato raggiunto su un tema controverso, il dibattito non finisce, ma si sposta su un fronte piu' avanzato. E' il confronto fra posizioni differenti che genera la nuova conoscenza. Certo, come lo stesso Kuhn ha mostrato, ci sono periodi di svolta in cui il dibattito e' particolarmente acceso e contrastato, e altri di continuita' in cui la conoscenza procede per approfondimento e allargamento all'interno di un "paradigma" riconosciuto. Ma come si raggiunge il consenso? Non e' vero che e' soltanto la "natura" a decidere chi ha ragione e chi ha torto. Le esperienze "cruciali", ci avverte Imre Lakatos , diventano tali solo retrospettivamente, dopo che l'accordo e' stato raggiunto. La valutazione delle proposte alternative in competizione avviene invece sulla base di molteplici fattori che portano all'accettazione di alcune e al rifiuto di altre. Questi fattori possono comprendere una serie di criteri differenti. Essi vanno, per esempio, da quelli adottati per esprimere un "giudizio di scientificita'" sulla proposta in discussione o della sua pertinenza all'ambito disciplinare (cioe' della sua compatibilita' con i capisaldi della disciplina che non possono, allo stato delle cose, essere messi in discussione), fino ai criteri per giudicare l'esistenza o meno di un problema aperto da risolvere o da accantonare (in questo caso si tratta di decidere se un certo fenomeno richiede una spiegazione oppure non ne ha bisogno perche' e' evidente, o puo' essere assunto come dato a priori). Oppure possiamo trovare criteri di carattere formale. Rientrano fra questi quelli relativi alla semplicita', all'eleganza, alla coerenza interna di una teoria o di un formalismo. Di certo sono anche importanti i criteri adottati per giudicare l'adeguatezza empirica di una teoria. Ma non sono i soli che contano per decidere. Puo' accadere infatti che l'accordo o il disaccordo con un determinato esperimento sia considerato piu' o meno importante a seconda del grado di attendibilita' di cui il paradigma dominante gode presso la comunita'. In certi casi si accetta una nuova teoria nonostante il suo disaccordo con dati sperimentali che successivamente verranno smentiti; altre volte, invece, nuovi dati vengono ignorati per mantenere in vita la vecchia teoria in mancanza di una piu' soddisfacente. E' chiaro a questo punto quale sia il ruolo essenziale della riflessione filosofica nel contribuire a risolvere il conflitto fra sostenitori di punti di vista diversi e a determinarne l'esito. Essa infatti deve aiutare a formulare in forma esplicita e razionale le premesse metateoriche, implicite o addirittura nascoste nell'inconscio individuale dei singoli scienziati, che stanno alla radice del conflitto. E' un ruolo che puo' avere come protagonisti sia gli scienziati piu' creativi e consapevoli del valore culturale, esterno alla comunita', delle scelte possibili, sia i filosofi capaci di cogliere, al di sotto dei dettagli tecnici formali delle diverse alternative, i loro diversi aspetti epistemologici e metodologici. Essi possono cosi' individuare legami fra proposte d'innovazione avanzate anche in campi disciplinari diversi che tuttavia condividono la stessa "metafisica influente" (Lakatos), o gli stessi "stili di pensiero" o "ideali del sapere" (Amsterdamski), rintracciandone le radici nel retroterra culturale che caratterizza lo Zeitgeist ("spirito del tempo") dell'epoca considerata. Badiale ha dunque ragione nel sottolineare che la riflessione filosofica e' efficace quando rivela il nesso che lega una svolta concettuale introdotta in una data disciplina scientifica con i temi importanti e urgenti che permeano la cultura del contesto sociale corrispondente. Ma individuare le ragioni del contendere aiuta a capire come e dove cio' che e' stato posssibile una volta puo' ancora accadere oggi. Gli esempi che Badiale presenta dei grandi protagonisti delle svolte importanti della scienza che sono riusciti a svolgere efficacemente questo compito di "sintesi" filosofica, sono da questo punto di vista significativi, ma lasciano in ombra, mi pare, il fatto fondamentale che questa sintesi piu' che essere una conseguenza necessaria del successo del nuovo modo di descrivere la realta', e' stata un fattore importante per raggiungere questo successo nel conflitto con i sostenitori della rappresentazione dei fenomeni considerati accettata fino a quel momento. Abbiamo gia' discusso il caso di Galileo, la cui "opera di costruzione e difesa della nuova scienza" e' giustamente presentata da Badiale come la "proposta di alcuni principi metodologici [...] che sono diventati costitutivi dell'immagine moderna della scienza", e non dobbiamo tornarci sopra se non per ribadire che non basta il riferimento a quei principi metodologici - come quello del rapporto fra "sensate esperienze" e "certe dimostrazioni2, o l'idea che il libro dell'Universo "e' scritto in lingua matematica" - a spiegare la drammaticita' del conflitto che mette a confronto Galileo con i suoi oppositori aristotelici e il carattere epocale della svolta che ne e' seguita. Non e' dunque il metodo che gli permette di scoprire com'e' fatto il mondo. E' la sua convinzione che il mondo sia fatto in un certo modo che gli suggerisce il modo migliore per costringere la natura a dargli ragione, anche a costo di tralasciare altre evidenze empiriche contrarie (per esempio, sulla questione della natura delle comete Galileo aveva torto e padre Grassi ragione). Insomma, se si ignorano le ragioni (serie, dopotutto, visto che Aristotele aveva retto per piu' di duemila anni) di entrambi i contendenti, la filosofia non ha piu' nulla da dire, perche' scompare la materia del contendere. Si rischia cosi' di precipitare dalla sfera dei piu' elevati dibattiti della storia del pensiero filosofico al livello di una banale lezione di fisica del liceo. * Da pagina 174 e seguenti L'errore del socialdarwinismo Abbiamo visto che, nella seconda meta' del Novecento, si e' delineato un mutamento sostanziale nel panorama delle scienze. In sintesi, il pensiero evolutivo e' diventato una componente essenziale dello "spirito del tempo". Occorre tuttavia, per prima cosa, non confondere questo nuovo contesto culturale con l'influenza esercitata dal darwinismo agli inizi del Novecento sulle teorie della societa'. Lo stesso Elias mette bene in guardia contro questa rozza semplificazione: "Si perviene a forme specificamente sociali, e insieme anche economiche, soltanto grazie a quella peculiarita' della natura umana che distingue gli uomini da tutti gli altri esseri viventi. Proprio per questo sono vani tutti i tentativi di spiegare le leggi sociali da quelle biologiche o anche dal loro modello; tutti gli sforzi per trasformare la scienza sociale in una sorta di biologia o anche in una parte delle scienze naturali". L'intreccio fra la teoria di Darwin e la cultura del suo tempo fu, fin dalla sua origine, assai stretto. Tutti sanno che lo stesso Darwin riconobbe di aver tratto dalla teoria di Malthus sulla diversita' fra il tasso (con progressione geometrica) d'incremento della popolazione e quello (con progressione aritmetica) delle risorse disponibili l'idea della competizione fra gli individui per la sopravvivenza, che conduce alla selezione dei "piu' adatti". In senso inverso, tuttavia, l'influenza del darwinismo sulla cultura contemporanea assunse connotati pessimi. Ridotto all'osso, il "socialdarwinismo" di Herbert Spencer, che sfocia poi nell'eugenetica di Galton e nelle peggiori farneticazioni razziste, diventa esaltazione della lotta feroce per la vita di tutti contro tutti, e somiglia molto di piu' all'hobbesiano Homo homini lupus che all'evoluzione darwiniana. Il risultato di questa operazione pseudoculturale e' stato, in soldoni, di fornire una "giustificazione" biologica dell'abilita' dell'individuo piu' forte nel sopraffare il piu' debole. John D. Rockfeller scriveva: "Lo sviluppo di una grande impresa e' semplicemente un caso di sopravvivenza del piu' adatto. [...] Questa non e' affatto una tendenza negativa dell'economia. E' soltanto l'operare di una legge di Natura, una legge di Dio". Interpretando Darwin in modo schematico e sommario, queste teorie non solo hanno indebitamente trasferito sul terreno sociale un aspetto particolare del meccanismo biologico del processo evolutivo delle specie senza tener conto della differenza essenziale che corre tra queste e le formazioni sociali soggette al processo di evoluzione culturale, ma hanno anche trascurato il fatto che in natura esistono, oltre a diverse forme di competizione piu' o meno violente, anche varie modalita' di collaborazione fra specie diverse, che comprendono un ventaglio di comportamenti che vanno dallo scambio di compiti reciprocamente vantaggiosi fino alla vera e propria simbiosi. Ma soprattutto, compiendo un clamoroso errore logico, il socialdarwinismo assume come norma delle relazioni fra gli individui di una stessa specie la truculenta descrizione della natura evocata da Tennyson come "la natura dai denti e dagli artigli rossi di sangue", una rappresentazione che al massimo puo' caratterizzare l'aspetto piu' brutale della competizione fra specie diverse all'interno della stessa nicchia ecologica. Senza contare che la sua estensione alla nostra specie dimentica che i nostri comportamenti non sono soltanto dettati da impulsi biologici, ma ubbidiscono anche a norme di carattere etico, frutto anch'esse di un processo evolutivo durato almeno centinaia di migliaia di anni. Questa arbitraria e indebita trasposizione dell'evoluzionismo alla sfera dei rapporti sociali, strumentalmente teorizzata dalla classe dominante per giustificare l'oppressione e lo sfruttamento dei lavoratori, ha percio' impedito che, da parte delle organizzazioni politiche e sindacali sorte alla fine del XIX secolo, venisse colto l'aspetto piu' liberatorio che dalla teoria di Darwin avrebbe potuto essere trasferito sul terreno della societa': quello rappresentato dall'importanza fondamentale della salvaguardia della diversita' fra gli individui. La sacrosanta battaglia contro la disuguaglianza che ha visto queste organizzazioni impegnate fino alla fine del Novecento, non solo nelle lotte per la conquista dei diritti e per l'emancipazione degli strati piu' deboli della societa', ma anche nella formulazione e nella realizzazione di due progetti diversi di societa' piu' equa e piu' giusta - il primo, piu' graduale e pragmatico, avviato con maggiore o minore successo in alcuni paesi industrializzati, ma oggi in piena crisi; il secondo, piu' radicale e utopistico, fallito clamorosamente - ha infatti fatto dimenticare quella, altrettanto fondamentale, per la difesa della diversita' e per la sua perenne riproduzione. (parte terza - segue) 3. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE ALL'AEROPORTO DI VITERBO Per informazioni e contatti: Comitato contro l'aeroporto di Viterbo e per la riduzione del trasporto aereo: e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it =================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 110 del 5 luglio 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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