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Minime. 499
- Subject: Minime. 499
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 27 Jun 2008 00:35:10 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 499 del 27 giugno 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. "Peacereporter": Cani scagliati contro i civili durante rastrellamenti 2. La guerra terrorista e stragista cui l'Italia sta partecipando in violazione della legalita' costituzionale e del diritto internazionale 3. Aristarco Sbudelloni: Ancora uno sforzo, signor presidente 4. Marinella Correggia: Cibo sano per tutti 5. Eva Cantarella: Il maschilismo dei romani 6. Maria Serena Palieri intervista Anilda Ibrahimi 7. Silvia Vegetti Finzi presenta "Mamme acrobate" di Elena Rosci 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. AFGHANISTAN. "PEACEREPORTER": CANI SCAGLIATI CONTRO CIVILI DURANTE RASTRELLAMENTI [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente breve articolo del 26 giugno 2008 dal titolo "Afghanistan, cani scagliati contro i civili durante rastrellamenti"] Continuano le denunce, da parte della popolazione civile del sud dell'Afghanistan, di gravi abusi e violenze subite per mano delle truppe governative afgane che accompagnano le forze della Nato nel corso delle operazioni anti-talebane. Testimonianze raccolte da fonti locali di "PeaceReporter" riferiscono che alcune notti fa, nel villaggio di Khanishin, distretto di Grishk, provincia meridionale di Helmand, soldati afgani sbarcati da alcuni elicotteri Nato hanno fatto irruzione nelle abitazioni liberando dei cani che si sono scagliati contro gli abitanti che dormivano. Almeno due persone sono morte per le gravi ferite causate dai morsi. Successivamente, sono entrate in azione le truppe Nato, con perquisizioni e interrogatori. 2. AFGHANISTAN. LA GUERRA TERRORISTA E STRAGISTA CUI L'ITALIA STA PARTECIPANDO IN VIOLAZIONE DELLA LEGALITA' COSTITUZIONALE E DEL DIRITTO INTERNAZIONALE Quella che da decenni continua in Afghanistan e' una guerra terrorista e stragista, razzista e imperialista, alla quale da anni anche l'Italia sta militarmente partecipando in flagrante violazione della legalita' costituzionale e del diritto internazionale. Generazioni di afgani non hanno mai conosciuto un giorno di pace. Quando qui in Itala sorgera' un movimento per l'umanita', per la legalita', per il diritto alla vita di ogni umana persona, per la pace? Quando qui in italia sorgera' un movimento contro la guerra e le stragi, contro il terrorismo e la dittatura dei poteri criminali? Quando qui in italia sorgera' un movimento che faccia la scelta necessaria e urgente, la scelta indispensabile per tornare al rispetto della legalita' costituzionale, al rispetto della dignita' umana? Quando si capira' che solo la scelta della nonviolenza puo' salvare l'umanita'? 3. EPISTOLARI. ARISTARCO SBUDELLONI: ANCORA UNO SFORZO, SIGNOR PRESIDENTE Eccellenza illustrissima, perche' sospendere solo meta' processi? Coraggio, signor presidente, abolisca i tribunali, e la magistratura, e le leggi. E torniamo vivaddio a quel delizioso stato di natura, all'igienica guerra di tutti contro tutti, e vinca il migliore, sopravviva il piu' forte. * Perche' perseguitare solo i migranti, i nomadi, i piu' poveri? Coraggio, signor presiedente, dichiari fuorilegge chiunque non possiede almeno un paio di ville, chiunque abiti da Livorno in giu'. * Perche' limitarsi a prendere le impronte digitali ai bambini rom? Sarebbe piu' facile identificarli mozzando loro le orecchie, o ancor meglio marchiandoli a fuoco. * Perche' fare solo le centrali nucleari? Le bombe atomiche puzzano forse? * Perche' duplicare le uscite del pubblico erario per fare i centri di permanenza temporanea per i clandestini e i termovalorizzatori? Facendo solo i termovalorizzatori, lei m'intende... * Infine una proposta per prendere due piccioni con una fava: legalizzare la mafia ed appaltarle la riscossione dei tributi. Finirebbero le proteste sul fisco, e cesserebbe un irragionevole conflitto mafia-antimafia che divide l'Italia da troppo tempo. * Vada avanti, presidente, che siamo tutti con lei. Devotamente, Aristarco Sbudelloni e gli amici dell'accademia scientifico-letteraria "Dottor Mengele" 4. RIFLESSIONE. MARINELLA CORREGGIA: CIBO SANO PER TUTTI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 giugno 2008 col titolo "Cibo sano per tutti?". Marinella Correggia e' nata a Rocca d'Arazzo in provincia di Asti; scrittrice e giornalista free lance particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, della pace, dei diritti umani, della solidarieta', della nonviolenza; e' stata in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Serbia, Bosnia, Bangladesh, Nepal, India, Vietnam, Sri Lanka e Burundi; si e' occupata di campagne animaliste e vegetariane, di assistenza a prigionieri politici e condannati a morte, di commercio equo e di azioni contro la guerra; si e' dedicata allo studio delle disuguaglianze e del "sottosviluppo"; ha scritto molto articoli e dossier sui modelli agroalimentari nel mondo e sull'uso delle risorse; ha fatto parte del comitato progetti di Ctm (Commercio Equo e Solidale); e' stata il focal point per l'Italia delle rete "Global Unger Alliance"; collabora con diverse testate tra cui "il manifesto", e' autrice di numerosi libri, e' attivista della campagna europea contro l'impatto climatico e ambientale dell'aviazione. Tra le opere di Marinella Correggia: Ago e scalpello: artigiani e materie del mondo, Ctm, 1997; Altroartigianato in Centroamerica, Sonda, 1997; Altroartigianato in Asia, Sonda, 1998; Manuale pratico di ecologia quotidiana, Mondadori, 2000; Addio alle carni, Lav, 2001; Cucina vegetariana dal Sud del mondo, Sonda, 2002; Si ferma una bomba in volo? L'utopia pacifista a Baghdad, Terre di mezzo, 2003; Diventare come balsami. Per ridurre la sofferenza del mondo: azioni etiche ed ecologiche nella vita quotidiana, Sonda, 2004; Vita sobria. Scritti tolstoiani e consigli pratici, Qualevita, 2004; Il balcone dell'indipendenza. Un infinito minimo, Nuovi Equilibri, 2006; (a cura di), Cambieresti? La sfida di mille famiglie alla societa' dei consumi, Altra Economia, 2006; Week Ender 2. Alla scoperta dell'Italia in un fine settimana di turismo responsabile, Terre di Mezzo, 2007; La rivoluzione dei dettagli, Feltrinelli, Milano 2007] "Il cibo sia la tua medicina" ammoni' Ippocrate, padre dei medici saggi. Ma il sistema agroalimentare mondiale e' spesso "malato". Sul lato dell'offerta: in India i contadini si suicidano per i debiti contratti nell'acquisto di semi e input chimici, negli Stati Uniti molti braccianti agricoli avvelenati dai pesticidi muoiono a 50 anni. Sul lato della domanda: i cittadini coreani protestano contro la carne importata dagli Usa, i prezzi elevati significano penuria per i consumatori con scarso potere di acquisto. Per non parlare delle emergenze: come in Etiopia, dove in due decenni si sono avute ben cinque grandi siccita', e anche adesso per gli scarsi raccolti sono alla carestia milioni di produttori di cibo, contadini poveri. In questa situazione, e sotto la spada di Damocle del cambiamento climatico, che ruolo ha l'agricoltura biologica? Una nicchia salutare per chi produce e per chi consuma: ma e' riservata a chi ha potere d'acquisto, oppure e' potenzialmente accessibile a tutti, compresi produttori e consumatori poveri? "Coltivare il futuro" e' l'ambizione dell'insieme di organizzazioni - produttori, tecnici, associazioni, trasformatori - riunite nell'Ifoam, Federazione internazionale dei movimenti per l'agricoltura biologica, il cui sedicesimo congresso mondiale si e' concluso ieri a Modena con partecipanti da 80 paesi (in maggioranza non direttamente agricoltori). Le coltivazioni bio sono quelle che, basandosi sul rispetto dei cicli ecologici ed escludendo in genere gli input di sintesi e le monocolture, "salvaguardano la biodiversita', proteggono la fertilita' del suolo, liberano dal controllo delle compagnie multinazionali, producono cibi piu' nutrienti" spiega lo studioso etiope Tewalde Egziaber, noto per aver guidato il gruppo dei paesi G77 (il grande gruppo delle nazioni "in via di sviluppo") nei difficili negoziati internazionali per i diritti degli agricoltori e la biodiversita' agricola. "Non confondiamo i 30 milioni di ettari totali interessati dalle certificazioni formali e in maggioranza concentrati in Europa, con le coltivazioni organiche non certificate che non riusciamo a quantificare e producono per i mercati locali, anche in Africa, Asia e America Latina. Nel nostro movimento c'e' posto per tutti" dice Angela Caudle de Freitas, direttrice esecutiva dell'Ifoam. In molti paesi occidentali, fra cui l'Italia, il biologico non e' piu' una nicchia - e tantomeno lo sarebbe se i costi ecologici delle colture fossero incorporati nei prezzi. Ma, ha ricordato una partecipante africana, "nei nostri paesi le coltivazioni biocertificate sono per l'export, anche se magari 'equo'; caffe', te', cacao, frutta tropicale". Dunque non si esce dalla logica della produzione per elite, e dall'impatto ecologico legato ai trasporti su lunga distanza, le famigerate "miglia-cibo". Risponde Caudle de Freitas: "Il problema non ci sarebbe se l'agricoltura organica diventasse la norma, che e' una necessita' ecologica e sociale. Noi cerchiamo di incoraggiare il ciclo corto, locale e diretto dal produttore al consumatore, cosi' da ridurre prezzi e chilometri. Sta succedendo ad esempio in Africa dell'ovest, o in Brasile o in India. Occorre pero' anche la volonta' dei governi". Ma l'agricoltura biologica produce abbastanza per vincere la fame e aiutare il clima? Pare di si', perche' ottimizza l'uso di risorse che sono o diventeranno scarse, come l'acqua, l'energia fossile, il suolo fertile. Ma dovrebbe sganciarsi di piu' dai carburanti fossili (gli agrocarburanti per l'azienda agricola sono una buona idea), e non puntare sulle produzioni animali. Da qui l'importanza dell'educazione alimentare. 5. STORIA. EVA CANTARELLA: IL MASCHILISMO DEI ROMANI [Dal quotidiano "La Repubblica" del 28 giugno 2007 col titolo "Il maschilismo dei romani" e la nota "Anticipiamo parte del contributo di Eva Cantarella sulla condizione femminile nell'antica Roma pubblicato sul 'National Geographic' in edicola da oggi". Eva Cantarella, docente universitaria di diritto romano e di diritto greco; ha pubblicato molte opere sulla cultura antica ed e' autrice di fondamentali ricerche sulla condizione della donna nelle culture antiche. Dall'enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche riprendiamo la seguente scheda: "Nata nel 1936 a Roma, Eva Cantarella si e' laureata in giurisprudenza nel 1960 presso l'universita' di Milano. Ha compiuto la propria formazione postuniversitaria negli Stati Uniti all'Universita' di Berkeley e in Germania all'universita' di Heidelberg. Ha svolto attivita' didattica e di ricerca in Italia presso le universita' di Camerino, Parma e Pavia e all'estero all'Universita' del Texas ad Austin ed alla Global Law School della New York University. E' professore ordinario di Istituzioni di diritto romano presso la facolta' di giurisprudenza dell'universita' di Milano, dove insegna anche diritto greco. Partendo dalla ricostruzione delle regole giuridiche, le ricerche di Eva Cantarella, sia in campo romanistico che grecistico, tendono da un lato a individuare la connessione tra le vicende politiche ed economiche e la produzione normativa, e dall'altro a verificare la effettivita' delle norme stesse, analizzando lo scarto tra diritto e societa', la direzione di questo scarto e le ragioni di esso". Tra le opere di Eva Cantarella: La fideiussione reciproca, Milano 1965; Studi sull'omicidio in diritto greco e romano, Milano 1976; Norma e sanzione in Omero. Contributo alla protostoria del diritto greco, Giuffre', Milano 1979; L'ambiguo malanno. Condizione e immagine della donna nell'antichita' greca e romana, Editori Riuniti, Roma 1981; Tacita Muta. La donna nella citta' antica, Editori Riuniti, Roma 1985; Pandora's Daughters, Bpod, 1987; Secondo natura. La bisessualita' nel mondo antico, Editori Riuniti, Roma 1988; I supplizi capitali in Grecia e a Roma, Rizzoli, Milano 1991; Diritto greco, Cuem 1994; Passato prossimo. Donne romane da Tacita a Sulpicia, Feltrinelli, Milano 1996; (con Giulio Guidorizzi), Profilo di storia antica e medievale, Einaudi Scuola, 1997; Pompei. I volti dell'amore, Mondadori, Milano 1998; (con Luciana Jacobelli), Un giorno a Pompei. Vita quotidiana, cultura, societa', Electa, Napoli 1999; Storia del diritto romano, Cuem, 1999; Istituzioni di diritto romano, Cuem, 2001; (con Giulio Guidorizzi), Le tracce della storia, Einaudi Scuola, 2001; Itaca. Eroi, donne, potere tra vendetta e diritto, Feltrinelli, Milano 2002; (con Lorenzo Gagliardi, Marxiano Melotti), Diritto e sessualita' in Grecia e a Roma, Cuem, 2003; (con Giulio Guidorizzi), L'eredita' antica e medievale, Einaudi Scuola, 2005; L'amore e' un dio, Feltrinelli, Milano 2006; Il ritorno della vendetta, Rizzoli, Milano 2007; altre opere a destinazione scolastica: (con Giulio Guidorizzi), Corso di storia antica e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Il mondo antico e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), La cultura della storia. Laboratorio, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Lo studio della storia. Laboratorio, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Storia antica e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Antologia latina, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi, Laura Pepe), Letteratura e storia di Roma antica. Antologia degli autori latini, Einaudi Scuola; (con G. Martinotti), Cittadini si diventa, Einaudi Scuola; (con E. Varni, Franco Della Peruta), La memoria dell'uomo, Einaudi Scuola] Nei lunghi secoli della storia di Roma, la condizione femminile cambio' profondamente. Nel periodo piu' antico della loro citta', infatti, i romani riservarono alle donne un ruolo ben preciso: mogli e madri, riservate, sottomesse ai loro uomini (padre prima, marito poi), caste prima del matrimonio, rigorosamente fedeli se sposate; e soprattutto, sempre, silenziose. Come dimostra la storia di un'antica divinita' dal nome molto significativo, Tacita Muta. Prima di assumere questo nome, leggiamo nei Fasti di Ovidio, Tacita era una ninfa di nome Lara (dal verbo greco laleo, parlare), che, purtroppo per lei, un giorno ebbe la pessima idea di svelare alla sorella Giuturna l'amore che Giove nutriva per lei, rendendo vani i tentativi di seduzione del dio. Per punirla, Giove le strappo' la lingua, e a partire da quel giorno Lara divenne Tacita, e fu onorata come dea del silenzio. Una storia dal valore pedagogico molto chiaro, quella di Lara-Tacita: se aveva fatto cattivo uso della parola non era stato per leggerezza individuale, era stato perche' era una donna. Inevitabilmente, per una caratteristica e un difetto tipicamente femminili. Tacere, dunque, per evitare di parlare a sproposito, era un dovere fondamentale delle donne, al quale molti altri si affiancavano: non contrastare i desideri degli uomini, non immischiarsi nei loro affari, non mettere mai in discussione il loro comportamento, e ovviamente, lo abbiamo detto, mantenersi "pudiche", la parola che a Roma indicava le donne che rispettavano la regola della castita' se nubili e della fedelta' se sposate. Cosa accadeva alle donne che non rispettavano questi doveri? Per quanto riguardava la pudicizia delle donne sposate, la risposta viene da una legge, attribuita a Romolo, che stabilisce i poteri del "tribunale domestico". Il marito giudicava con i parenti in questi casi: se la moglie aveva commesso adulterio o se aveva bevuto vino. In ambedue i casi Romolo concesse di punirla con la morte. Non solo l'adultera poteva essere messa a morte, dunque, ma anche la donna che beveva vino. Inutile dire che i tentativi di comprendere le ragioni di quest'ultima regola sono stati molti (...). Ma la spiegazione piu' convincente della regola e' quella che ne davano i romani stessi: bevendo, le donne potevano perdere il controllo, commettere adulterio, e piu' in generale comportarsi in modo disdicevole: "La donna che beve vino", scrive Valerio Massimo, "chiude le porta alla virtu', e la apre ai vizi". Comunque la si interpreti, la regola e' evidente e indiscutibile espressione del desiderio di controllare la popolazione femminile, imponendo una riservatezza che, accanto alle altre virtu' femminili, prevedeva anche il dovere primario del silenzio. Per i Romani, la parola era virtu' e privilegio maschile. 6. LIBRI. MARIA SERENA PALIERI INTERVISTA ANILDA IBRAHIMI [Dal quotidiano "L'Unita'" del 24 giugno 2008 col titolo "Il Novecento in rosso della mia Albania" e il sommario "Un romanzo corale. Racconta storie a volte d'una crudelta' straziante a volte esilaranti. In primo piano due donne, Saba e Dora. Anilda Ibrahimi e' l'autrice di una notevole opera d'esordio, Rosso come una sposa. E' la saga al femminile e lunga un secolo d'una famiglia albanese, da re Zog a Enver Hoxha a oggi. Lei e' nata a Valona ma ha scritto in italiano. Ci spiega perche'". Maria Serena Palieri (Roma, 1953) giornalista, dal 1979 scrive su "L'Unita'", attualmente lavora alle pagine culturali e si occupa di narrativa italiana e internazionale e mercato editoriale; ha collaborato con diverse testate, tra cui "l'Espresso" e "Marie Claire", e' stata consulente di Rai Educational e autrice-conduttrice per Radiodue; in campo editoriale lavora anche come editor e traduttrice dal francese; un suo libro-intervista con Domenico de Masi, Ozio creativo, sui tempi di vita, ha avuto quattro edizioni (Ediesse, Rizzoli) ed e' stato pubblicato in Brasile da Sextante. Anilda Ibrahimi e' nata a Valona nel 1972; ha studiato letteratura a Tirana; nel 1994 ha lasciato l'Albania, trasferendosi prima in Svizzera e poi, dal 1997, in Italia. Giornalista, nel suo paese ha lavorato presso testate giornalistiche radiotelevisive e per vari quotidiani; e' stata corrispondente dall'estero per l'Afp (la nota agenzia di stampa francese); in Svizzera ha vinto il primo premio per la poesia albanese contemporanea (Losanna 1996). Vive a Roma dove lavora come consulente per il Consiglio Italiano per i Rifugiati. Ha pubblicato la raccolta poetica Cristallo di tristezza (1996); Rosso come una sposa (Einaudi, 2008) e' il suo primo romanzo, scritto direttamente in italiano] "Comunismo", "comunista". Quando Anilda Ibrahimi usa, in italiano, queste parole, non ci senti ne' il sottofondo di quel "gumunisti", l'appellativo-esorcismo del presidente del Consiglio, ne' la sonorita' un po' snob con cui, questi stessi termini, li usa Oliviero Diliberto. Trentaseienne nata a Valona in Albania e, con Rosso come una sposa (Einaudi, pp. 261, euro 16), al suo esordio da romanziera nella nostra lingua, Anilda dice cosa e' stato concretamente il "comunismo", nella vita sua e della sua famiglia, e dice che oggi si sente, o non si sente, "comunista", per un sentimento o per un pensiero che, dentro di se', coltiva. Insomma, a questi termini restituisce esperienza e, purgandoli dell'ideologia, in un certo senso innocenza. In Rosso come una sposa - gran bell'esordio narrativo - Anilda Ibrahimi racconta la vicenda di una famiglia albanese ad altissimo tasso femminile, dai primi del Novecento a oggi, cioe' da re Zog a Enver Hoxha a Berisha. E' un romanzo corale e racconta storie a volte di una crudelta' straziante a volte esilaranti. In primo piano due donne, Saba e Dora: la prima e' una quindicenne sventurata costretta, nell'Albania monarchica, a sposare il vedovo di sua sorella, ha una serie di fratelli sterminati dai nazisti, poi e' una matriarca saggia che affronta con apertura l'emancipazione che il regime di Hoxha, dopo il '46, regala alle donne esaltate come "forza della rivoluzione" e, dopo la fine del regime, e' un'anziana che si ubriaca di tutte le religioni di nuovo ammesse, islam, ebraismo, cristianesimo. Dora, sua nipote, alter ego della stessa Anilda, e' protagonista, invece, del terremoto che segue al crollo del Muro ed e' la prima a espatriare da un paese vissuto, al centro dell'Europa, per quarantaquattro anni, in un pazzesco isolamento totale. Anilda Ibrahimi, sposata a un italiano, due figli, Sara adolescente e Davide in eta' da asilo, e' stata giornalista, dopo una prima esperienza in Svizzera e' arrivata in Italia da Valona nel '97, mentre l'Albania viveva il caos delle cosiddette "piramidi finanziarie", e ha partecipato con i suoi versi a due raccolte, Cittadini della poesia (Loggia de'Lanzi) e Lingue di terra e lingue di mare (Mesogea). E', nel fisico, asciutta, torrenziale nell'eloquio. * - Maria Serena Palieri: Rosso come una sposa racconta la vera storia della sua famiglia? Oppure sono un'invenzione le vicende del clan Buronja: la capostipite Meliha, sua figlia Sultana e il suo matrimonio brevissimo con il marito Omer, Saba che la rimpiazza in quel letto, le sorelle Bedena, crudele, ed Esma punita perche' troppo innamorata del marito? - Anilda Ibrahimi: La verita' che ho voluto rendere e' stata l'atmosfera. Volevo ricostruire quelle fratture, nei ricordi, che vivo perche' migrante: chi affronta un processo di migrazione sente che i suoi ricordi appartengono a "un'altra vita". Volevo far rivivere le donne del mio paese, dai primi del Novecento in poi e, che si trattasse di ricordi ascoltati in famiglia, o per strada, non importava. Sono cresciuta in un gineceo, mia nonna aveva davvero cinque sorelle, mio padre sei. Ho voluto restituire, sulla pagina, a quelle donne il potere che detenevano, benche' nascosto, in casa. Non so cosa si sapesse un tempo, fuori, dell'Albania... * - Maria Serena Palieri: Niente. Si sapeva che negli anni Settanta certi ragazzi ardimentosi che decidevano di arrivare in Grecia dall'Italia in moto, e di farlo passando di li', dovevano tagliarsi la barba, requisito richiesto dal vostro governo per farli entrare. Ci levi finalmente una curiosita': perche' il taglio della barba? - Anilda Ibrahimi: Credo si trattasse di una questione di uniformita': dovevamo essere tutti uguali e tutti puliti. Anche i jeans venivano tagliati, quelli perche' erano simbolo del capitalismo. A me, l'uniforme a scuola piaceva. Ora, in Italia, ogni mattina assisto a un defile', quando mia figlia adolescente si veste. Non amo, qui, la mancanza di rispetto per l'istituzione-scuola. In questo sono molto comunista. * - Maria Serena Palieri: Torniamo al romanzo. Che e' scritto nella prima parte in terza persona, nella successiva in prima. Perche'? - Anilda Ibrahimi: Perche' volevo arrivare, con la narrazione, ai giorni nostri, raccontare cioe' prima quel mondo arretrato, contadino, e poi il suo scompiglio. Il primo disordine esplode quando Saba lascia il villaggio e va in citta', il secondo quando sua nipote Dora va a Tirana, all'universita', poi espatria. E' un mondo arcaico che schiude le porte e si apre. Da lettrice non amo la prima persona, quando lo scrittore scrive "io" mi sembra che voglia raccontarmi i suoi pensierini, cio' che ha nella zucca invece di cio' che ha visto. Ma, arrivata al passato piu' recente, ho capito che ero molto coinvolta, allora ho deciso di concedermi l'"io", pero' usando un nome fittizio, Dora appunto. * - Maria Serena Palieri: Lei non e' la prima albanese a scrivere in italiano, gia' l'hanno fatto, per dire due nomi, Ornela Vorpsi e Ron Kubati. E sembra che la scommessa vi riesca facile, se Vorpsi ha vinto il Grinzane Esordienti e Kubati quest'anno e' entrato nella dozzina dello Strega. Quanto a lei perche' ha scelto la nostra lingua? - Anilda Ibrahimi: Se avessi scritto in albanese, avrei fatto l'equivalente di quei contadini siciliani emigrati negli Usa e tornati in Italia coi soldi per realizzare il sogno, comprare calesse e muli, ma che poi si accorgevano che qui, ormai, tutti giravano in Mercedes. Vivo da undici anni a Roma e l'albanese non e' piu' la "mia" lingua, le lingue evolvono, i significati cambiano. Percio' ho scelto l'italiano. * - Maria Serena Palieri: Pensa che l'italiano fosse la lingua adatta a rendere, quanto la sua d'origine, tutte le sfumature della cultura patriarcale e maschilista? - Anilda Ibrahimi: A pensarci, si'. * - Maria Serena Palieri: C'e' una parola albanese, che lei usa nel romanzo a piu' riprese: "kurva". Non spiega cosa significhi, ma si capisce... - Anilda Ibrahimi: Puttana, puttanella. Mi e' tornata nell'anima con la potenza con cui l'ho vissuta nell'infanzia. La pulizia morale delle donne era "il" valore. Da sempre, di generazione in generazione. E' l'unica educazione sentimentale che ho ricevuto. * - Maria Serena Palieri: Il romanzo racconta alcune storie concernenti questa "pulizia": sotto Enver Hoxha, per esempio, quella delle ragazze madri separate dai figli e imprigionate in campagna. Non le trova crudeli? - Anilda Ibrahimi: E' la crudelta' della societa' mediterranea, per la quale la sessualita' femminile non mira al piacere, ma alla procreazione. Questa storia l'ho raccontata anche per far capire che il comunismo non era uno solo, erano tanti e diversi: amiche russe o rumene mi hanno detto che da loro le ragazze madri vivevano liberamente. Questo saldarsi del comunismo, da noi, con una tradizione millennaria e' stata la forza che ha tenuto il nostro Paese chiuso al mondo per quarant'anni. * - Maria Serena Palieri: Ma lei oggi si definirebbe "comunista"? - Anilda Ibrahimi: In senso stretto si', siamo cresciuti a Marx e materialismo dialettico. Nel libro ho voluto raccontare come la nostra fosse anche una vita normale, con la sua speranza. In quegli anni e' stato alfabetizzato un intero popolo. E' stata sradicata la "vendetta di sangue", quella barbarie che oggi, nel nord dell'Albania, e' tornata: ci sono di nuovo bambini maschi rinserrati in casa per il terrore che, se escono, paghino con la morte il debito criminale della propria famiglia. In quegli anni, come mi raccontava mia nonna, il cui vero nome era Saliha, le donne hanno vissuto una felicita' legata alla nuova liberta' di uscire di casa, studiare, lavorare, avere dignita' propria e qualche soldo. Ma certo parlo con l'esperienza di chi era "dalla parte giusta", aveva i familiari "eroi", morti per mano nazista. Per chi era "dall'altra parte" c'erano carcere, internamenti, e sono dolori da rispettare. * - Maria Serena Palieri: Non le sembra che l'idea stessa di comunismo abbia in se' un elemento totalitario? - Anilda Ibrahimi: Certo, era una dittatura. Fosse del proletariato o no, era tale. Pero' mi chiedo che liberta' sia quella che si vive in Italia. Sei precario a vita e non puoi sposarti, fare figli e progetti. Sei vittima di un delinquente e lo vedi tornare libero dopo due mesi. In Italia c'e' solo liberta' di chiacchiera. * - Maria Serena Palieri: Ricorda quale sentimento provo' quando, nel 1993, usci' per la prima volta dal suo Paese? - Anilda Ibrahimi: Lo stupore di un bambino cresciuto in un paesone di tre milioni di abitanti, che arriva in citta'. La Svizzera mi sembro', col suo ordine, un'Albania benestante. * - Maria Serena Palieri: E invece su quale spinta, nel 1997, arrivo' in Italia? - Anilda Ibrahimi: Dovetti fuggire. Ero tornata in Albania e mi ero reinserita bene, scrivevo per "Il nostro tempo", il giornale piu' venduto all'epoca. Avevo fatto dei reportage sulla mafia di Valona, sugli scafisti e il traffico di cannabis. E quando successe il disastro delle "piramidi finanziarie" ed esplose la truffa che resta ancora un enigma - mafia, armi, denaro sporco? - e che lascio' in poverta' la maggioranza degli albanesi, ho visto la pazzia vera del mio popolo. C'erano i manifestanti che invocavano il protettorato mussoliniano, dicevano "basta, vogliamo diventare una colonia italiana". Noi giornalisti siamo dovuti fuggire. Cosi' sono arrivata a Lecce. * - Maria Serena Palieri: Gli albanesi oggi hanno ancora il mito dell'Italia, del "dove c'e' Barilla c'e' casa"...? - Anilda Ibrahimi: No, hanno quello dell'America. Che sceglie. Accetta solo i migliori, gli intellettuali. E, anziche' discriminarli, li integra; li' gli albanesi fanno i medici e gli ingegneri. 7. LIBRI. SILVIA VEGETTI FINZI PRESENTA "MAMME ACROBATE" DI ELENA ROSCI [Dal "Corriere della sera" del 23 settembre 2007 col titolo "Se la madre e' postmoderna" e il sommario "Pubblichiamo una sintesi dell'introduzione di Silvia Vegetti Finzi al libro Mamme acrobate. In equilibrio sul filo della vita senza rinunciare alla felicita', di Elena Rosci, in questi giorni in libreria (Rizzoli, pp. 240, euro 17)". Silvia Vegetti Finzi (Brescia 1938), psicologa, pedagogista, psicoterapeuta, docente universitaria, saggista, e' una prestigiosa intellettuale femminista. Su Silvia Vegetti Finzi dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la seguente notizia biografica: "Silvia Vegetti Finzi e' nata a Brescia il 5 ottobre 1938. Laureatasi in pedagogia, si e' specializzata in psicologia clinica presso l'Istituto di psicologia dell'Universita' cattolica di Milano. All'inizio degli anni '70 ha partecipato a una vasta ricerca internazionale, progettata dalle Associazioni Iard e Van Leer, sulle cause del disadattamento scolastico. Inoltre ha lavorato come psicoterapeuta dell'infanzia e della famiglia nelle istituzioni pubbliche. Dal 1975 e' entrata a far parte del Dipartimento di Filosofia dell'Universita' di Pavia ove attualmente insegna psicologia dinamica. Dagli anni '80 partecipa al movimento femminista, collaborando con l'Universita' delle donne 'Virginia Woolf' di Roma e con il Centro documentazione donne di Firenze. Nel 1990 e' tra i fondatori della Consulta (laica) di bioetica. Dal 1986 e' pubblicista del 'Corriere della Sera' e successivamente anche di 'Io donna' e di 'Insieme"' Fa parte del comitato scientifico delle riviste: 'Bio-logica', 'Adultita'', 'Imago ricercae', nonche' dell'Istituto Gramsci di Roma, della 'Casa della cultura' di Milano, della 'Libera universita' dell'autobiografia' di Anghiari. Collabora inoltre con le riviste filosofiche 'Aut Aut' e 'Iride'. Molti suoi scritti sono stati tradotti in francese, inglese, tedesco e spagnolo. E' membro dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, della Societa' italiana di psicologia; della Societe' internationale d'histoire de la psychoanalyse. Nel 1998 ha ricevuto, per i suoi scritti di psicoanalisi, il premio nazionale 'Cesare Musatti', e per quelli di bioetica il premio nazionale 'Giuseppina Teodori'. Sposata con lo storico della filosofia antica Mario Vegetti, ha due figli adulti, Valentina e Matteo. Gli interessi di Silvia Vegetti Finzi seguono quattro filoni: il primo e' volto a ricostruire una genealogia della psicoanalisi da Freud ai giorni nostri, intesa non solo come storia del movimento psicoanalitico ma anche come storia della cultura; il secondo, una archelogia dell'immaginario femminile, intende recuperare nell'inconscio individuale e nella storia delle espressioni culturali, elementi di identita' femminile e materna cancellati dal prevalere delle forme simboliche maschili: a questo scopo ha analizzato i sogni e i sintomi delle bambine, i miti delle origini, i riti di iniziazione femminile nella Grecia classica, le metafore della scienza, l'iconografia delle Grandi Madri; il terzo delinea uno sviluppo psicologico, dall'infanzia all'adolescenza, che tenga conto anche degli apporti psicoanalitici. Si propone inoltre di mettere a disposizione, tramite una corretta divulgazione, la sensibilita' e il sapere delle discipline psicologiche ai genitori e agli insegnanti; il quarto, infine, si interroga sulla maternita' e sugli effetti delle biotecnologie, cercando di dar voce all'esperienza e alla sapienza delle donne in ordine al generare". Tra le opere di Silvia Vegetti Finzi: (a cura di), Il bambino nella psicoanalisi, Zanichelli, Bologna 1976; (con L. Bellomo), Bambini a tempo pieno, Il Mulino, Bologna 1978; (con altri), Verso il luogo delle origini, La Tartaruga, Milano 1982; Storia della psicoanalisi, Mondadori, Milano 1986; La ricerca delle donne (1987); Bioetica, 1989; Il bambino della notte. Divenire donna, divenire madre, Mondadori, Milano 1990; (a cura di), Psicoanalisi al femminile, Laterza, Roma-Bari 1992; Il romanzo della famiglia. Passioni e ragioni del vivere insieme, Mondadori, Milano 1992; (con altri), Questioni di Bioetica, Laterza, Roma-Bari 1993; (con Anna Maria Battistin), A piccoli passi. La psicologia dei bambini dall'attesa ai cinque anni, Mondadori, Milano 1994; Freud e la nascita della psicoanalisi, 1994; (con Marina Catenazzi), Psicoanalisi ed educazione sessuale, Laterza, Roma-Bari 1995; (con altri), Psicoanalisi ed identita' di genere, Laterza, Roma-Bari 1995; (con Anna Maria Battistin), I bambini sono cambiati. La psicologia dei bambini dai cinque ai dieci anni, Mondadori, Milano 1996; (con Silvia Lagorio, Lella Ravasi), Se noi siamo la terra. Identita' femminile e negazione della maternita', Il Saggiatore, Milano 1996; (con altri), Il respiro delle donne, Il Saggiatore, Milano 1996; Volere un figlio. La nuova maternita' fra natura e scienza, Mondadori, Milano 1997; (con altri), Storia delle passioni, Laterza, Roma-Bari 1997; Il fantasma del patriarcato, Alma Edizioni, 1997; (con altri), Fedi e violenze, Rosenberg & Sellier, 1997; (con Anna Maria Battistin), L'eta' incerta. I nuovi adolescenti, Mondadori, Milano, 2000; Parlar d'amore, Rizzoli, Milano 2003; Silvia Vegetti Finzi dialoga con le mamme, Fabbri, Milano 2004; Quando i genitori si dividono, Mondadori, Milano 2005. Elena Rosci, psicologa e psicoterapeuta, docente di Psicologia della tossicodipendenza presso la Facolta' di Psicologia dell'Universita' di Milano-Bicocca, svolge attivita' di insegnamento, formazione, supervisione e counseling; attualmente le sue aree di studio riguardano particolarmente la famiglia e la femminilita': gli studi sulla famiglia enfatizzano le possibilita' ermeneutiche di un utilizzo contestuale di categorie psicoanalitiche e sociologiche; il tema della femminilita' e' al centro di una riflessione clinica che riguarda la fecondazione assistita, la poliabortivita' e i disturbi psicologici del puerperio; svolge attivita' pubblicistica collaborando con giornali e riviste; collabora con la Casa della Cultura di Milano. Tra le opere di Elena Rosci: (con Gustavo Charmet ), La seconda nascita. Per una lettura psicoanalitica degli affetti in adolescenza, Unicopli, Milano 1992; 16 anni piu' o meno, Angeli, Milano 2000; Fare male, farsi male. Adolescenti che aggrediscono il mondo e se stessi, Angeli, Milano 2003; Mamme acrobate. In equilibrio sul filo della vita senza rinunciare alla felicita', Rizzoli, Milano 2007] Credo che i genitori di oggi amino piu' che mai i loro figli: li desiderano, ne limitano il numero per non privarli di nulla e, per quanto possibile, li seguono personalmente preoccupandosi del presente e del futuro. Spesso pero', di fronte a scelte, problemi e conflitti non sanno come comportarsi e si sentono spaesati e frastornati. In una societa' che ha ormai infranto gli stampi della tradizione sono lasciati soli perche' la famiglia patriarcale non esiste piu' e quella nucleare si rivela quanto mai fragile. La scuola e' in crisi di autorevolezza e i luoghi deputati all'infanzia - da quelli istituzionali come l'oratorio, a quelli spontanei come il campetto, il cortile e la strada - hanno perso di attrattiva o non esistono piu'. In compenso i mass-media dilagano offrendo, anzi imponendo, domande e risposte, bisogni e desideri che ottemperano, piu' che altro, a leggi di mercato. Le persone contano e vengono contate in base alla loro capacita' d'acquisto e non importa se le proposte plasmano le domande e le suggestioni suscitando comportamenti indotti. (...) E' in questo contesto problematico che Elena Rosci, dal suo osservatorio di donna impegnata nella famiglia, nella professione e nella societa', apre uno spazio di parola in cui invita le sue interlocutrici privilegiate, le madri. Mamme acrobate perche' in bilico tra passato e futuro, contese tra la realizzazione degli altri e la realizzazione di se', incerte sui valori da perseguire e sulle priorita' da assegnare. Certe soltanto di non voler rinunciare a cio' che considerano essenziale, pronte a qualsiasi sacrificio che non sia il sacrificio di se' e dei propri figli. (...) Storicamente nulla sembra piu' evidente della madre. La relazione materna sta alla base della certezza del diritto: la madre e' tale da sempre e per sempre. Un'atemporalita' che il libro contesta proiettando la maternita' in una storia di lunga durata che la sottopone a mutamenti epocali, efficacemente rappresentati dalle opere culturali che animano il nostro immaginario. (...) Tra gli snodi piu' interessanti di questa singolare storia della donna in quanto madre, segnalo il passaggio dalla modernita' alla postmodernita' perche' corrisponde al rapporto generazionale delle madri attuali con le loro madri, rapporto spesso idealizzato ma raramente indagato nelle sue contraddizioni. In questo senso il piu' efficace dispositivo di cambiamento viene individuato nella realizzazione di se' che, per la donna moderna, coincide con il benessere della famiglia, per quella postmoderna con la possibilita' di esprimere e valorizzare potenzialita' e aspirazioni personali. Un mutamento che s'intreccia con i due grandi processi che coinvolgono le donne: quello di emancipazione, finalizzato a ottenere eguaglianza di diritti e di doveri tra i due generi, e quello di liberazione volto a riconoscere la specificita' femminile e la differenza sessuale. La loro sinergia ha reso possibili straordinarie conquiste civili come il nuovo diritto di famiglia, il divorzio, l'interruzione volontaria di gravidanza, una legge piu' equa sulla violenza sessuale. Ma ha anche provocato una serie di ricadute non ancora ricomposte in un modello unitario e che, probabilmente, non lo saranno mai perche' attraversate da contraddizioni strutturali. E percio' stesso dinamiche. (...) Il modello femminile non e' piu', come negli anni Ottanta, la "donna in carriera"ª o "in corriera" come insinuavano i suoi detrattori, ma la donna-madre che cerca di trovare nuovi equilibri tra il lavoro, la coniugalita' e la maternita'. Quest'ultima rappresenta il nucleo piu' saldo in una rete di relazioni ad alto indice di precarieta'. "La donna postmoderna" si legge in uno dei passaggi piu' interessanti del libro "non rinuncia ad avere numerose gravidanze perche' e' una 'carrierista sfrenata', tutt'altro. Vuole comporre 'una vita nella quale ci stia tutto cio' che e' importante': l'amore, il lavoro, l'amicizia, la cura del corpo, gli interessi personali, la maternita', la tessitura dei legami affettivi". Nell'impresa di assemblare le parti in un insieme dotato di significato e di senso, "sono i figli la base sicura e stabile della famiglia mentre la relazione fra i coniugi costituisce l'anello debole della catena". (...) Mentre la donna degli anni Cinquanta risultava dalla somma di due addendi, femminilita' e maternita', a quella di oggi si aggiunge la promozione di se'. Per ora e' solo un'avanguardia, ma le ricadute delle sue conquiste saranno decisive per tutti: "E' una pioniera", afferma Elena Rosci, "e il nostro contributo sara' pionieristico". La mamma postmoderna, ben diversa dalla precedente madre sacrificale, e' il "prodotto di una mutazione antropologica tanto radicale e recente da rendere ardue definizioni esaurienti e definitive". 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 499 del 27 giugno 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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