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Minime. 498
- Subject: Minime. 498
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 26 Jun 2008 00:57:51 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 498 del 26 giugno 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Enrico Piovesana: La spirale dell'odio 2. Enzo Bianchi presenta "Roma, due del mattino" di Helder Camara 3. Giovanni De Luna presenta "Gomorra", il film di Matteo Garrone e il libro di Roberto Saviano 4. Idolina Landolfi presenta "Melanie Klein" di Julia Kristeva 5. Renata Sarfati presenta "Israele e la Shoah" di Idith Zertal 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. AFGHANISTAN. ENRICO PIOVESANA: LA SPIRALE DELL'ODIO [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 25 giugno 2008 col titolo "Afghanistan, la spirale dell'odio" e il sommario "Sempre piu' forte il risentimento popolare verso le truppe occidentali". Enrico Piovesana, giornalista, lavora a "Peacereporter", per cui segue la zona dell'Asia centrale e del Caucaso; e' stato piu' volte in Afghanistan in qualita' di inviato] Amir, un ragazzo pashtun di 25 anni, usa internet per tenersi informato su quel che accade nel suo Paese. Ogni giorno legge sui siti in lingua locale di decine di afgani, talebani o civili, uccisi dalle forze Nato. "La gente dei nostri villaggi e' ignorante e dopo tutti questi anni di guerra considera ogni occidentale un 'bastardo americano' da far fuori. Tra la popolazione c'e' un crescente sentimento di ribellione e di odio verso gli stranieri e un sempre maggiore sostegno per i talebani". L'ostilita' degli afgani verso le truppe occidentali e' sempre piu' forte e sempre piu' spesso esplode in rabbiose proteste. Come e' accaduto lunedi' mattina a Khogyani, nella provincia orientale di Nangarhar, dove centinaia di persone sono scese in strada al grido di "Morte all'America" dopo che un missile lanciato da un elicottero Apache aveva distrutto una casa uccidendo due civili: un bambino e suo padre. La Nato ha negato l'accaduto. * Civili vittime di bombardamenti e gravi abusi A fomentare l'odio della popolazione afgana verso le truppe straniere non sono solo i tanti civili uccisi dalle bombe e dai missili della Nato - spesso vere e proprie stragi, come i 33 civili uccisi in un bombardamento aereo lo scorso 10 giugno nel villaggio di Ebrahim Kariz, nella provincia di Paktika. A gettare benzina sul fuoco sono anche le violenze commesse dai soldati governativi afgani che operano a fianco delle truppe occidentali, le quali si guardano bene dal contrastare e denunciare le aberranti malefatte dei soldati locali. E' di pochi giorni fa la notizia che i comandi canadesi hanno dato ordine ai propri soldati di "ignorare" i casi di stupri di bambini commessi da militari afgani. Casi che pare siano cosi' frequenti da aver causato traumi psicologici a molti reduci canadesi. * La Nato in difficolta' chiede ancora rinforzi Intanto la guerra continua sempre piu' violenta, sia sul terreno militare che su quello della propaganda. Ogni giorno i portavoce alleati annunciano l'uccisione di decine di "insorti" in seguito a combattimenti e raid aerei: i talebani negano, ammettendo pochissime perdite o dicendo che i morti sono in realta' civili. Dal canto loro, i portavoce talebani annunciano quotidianamente di aver ucciso molti soldati occidentali in scontri a fuoco, agguati e abbattimenti di elicotteri: i comandi Nato non commentano o smentiscono regolarmente. Intanto pero' chiedono continuamente nuovi rinforzi per far fronte a una situazione oggettivamente sempre piu' difficile: lunedi' il comandante delle forze Usa Michael Mullen ha detto di aver bisogno di almeno altri 10.000 soldati per combattere i talebani. Il mese di giugno e' stato per la Nato il piu' sanguinoso dall'inizio della guerra, con trentadue soldati caduti, secondo i dati ufficiali. 2. LIBRI. ENZO BIANCHI PRESENTA "ROMA, DUE DEL MATTINO" DI HELDER CAMARA [Dal supplemento "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa" del 21 giugno 2008 col titolo "Helder Camara santo davvero" e il sommario "Il vescovo di Recife, 'la voce dei senza voce' nel Nordeste del Brasile: ora escono le sue lettere, scritte negli anni del Concilio Vaticano II". Enzo Bianchi e' animatore della comunita' di Bose. Dal sito www.festivaletteratura.it riprendiamo questa scheda: "Enzo Bianchi e' nato a Castel Foglione nel Monferrato nel 1943 ed e' fondatore e priore della comunita' monastica di Bose. Nel 1966 ha infatti raggiunto il villaggio di Bose a Magnano (Vercelli) e ha dato inizio a una comunita' monastica ecumenica cui tuttora presiede. Enzo Bianchi e' direttore della rivista biblica "Parola, Spirito e Vita", membro della redazione della rivista internazionale "Concilium" ed autore di numerosi testi, tradotti in molte lingue, sulla spiritualita' cristiana e sulla grande tradizione della Chiesa, scritti tenendo sempre conto del vasto e multiforme mondo di oggi. Collabora a "La stampa", "Avvenire" e "Luoghi dell'infinito"". Tra le opere di Enzo Bianchi: Il radicalismo cristiano, Gribaudi, 1980; Lontano da chi, Gribaudi, 1984; Un rabbi che amava i banchetti, Marietti, 1985; Il corvo di Elia, Gribaudi, 1986; Amici del Signore, Gribaudi, 1990; Pregare la parola, Gribaudi, 1990; Il profeta che raccontava Dio agli uomini, Marietti, 1990; Apocalisse di Giovanni, Qiqajon, 1990; Magnificat, benedictus, nunc dimittis, Qiqajon, 1990; Ricominciare, Marietti, 1991; Vivere la morte, Gribaudi, 1992; Preghiere della tavola, Qiqajon, 1994; Adamo, dove sei, Qiqajon, 1994; Il giorno del signore, giorno dell'uomo, Piemme, 1994; Da forestiero, Piemme, 1995; Aids. Vivere e morire in comunione, Qiqajon, 1997; Pregare i salmi, Gribaudi, 1997; Come evangelizzare oggi, Qiqajon, 1997; Libro delle preghiere, Einaudi, 1997; Altrimenti. Credere e narrare il Dio, Piemme, 1998; Poesie di Dio, Einaudi, 1999; Altrimenti. Credere e narrare il Dio dei cristiani, Piemme, 1999; Da forestiero. Nella compagnia degli uomini, Piemme, 1999; Giorno del Signore, giorno dell'uomo. Per un rinnovamento della domenica, Piemme, 1999; I paradossi della croce, Morcelliana, 1999; Le parole della spiritualita'. Per un lessico della vita interiore, Rizzoli, 1999; Ricominciare. Nell'anima, nella Chiesa, nel mondo, Marietti, 1999; Accanto al malato. Riflessioni sul senso della malattia e sull'accompagnamento dei malati, Qiqajon, 2000; L'Apocalisse di Giovanni. Commento esegetico-spirituale, Qiqajon, 2000; Come vivere il Giubileo del 2000, Qiqajon, 2000; La lettura spirituale della Bibbia, Piemme, 2000; Non siamo migliori. La vita religiosa nella Chiesa, tra gli uomini, Qiqajon, 2002; Quale fede?, Morcelliana, 2002; I Cristiani nella societa', Rizzoli, 2003; La differenza cristiana, Einaudi, 2006. Helder Camara, nato nel 1909, scomparso nel 1999, arcivescovo di Recife nel nordeste brasiliano, straordinario difensore dei diritti umani, e' stato una delle voci piu' autorevoli del sud del mondo e della nonviolenza in cammino. Tra le opere di Helder Camara: Chi sono io?, Cittadella; Il deserto e' fecondo, Cittadella; Il vangelo con dom Helder, Cittadella; Interrogativi per vivere, Cittadella; Fame e sete di pace con giustizia, Massimo; Violenza dei pacifici, Massimo. Tra le opere su Helder Camara: Jean Toulat, Don Helder Camara, Cittadella] Quando andai a trovare padre Michele Pellegrino nella casa di Vallo Torinese dove si era ritirato dopo aver lasciato la cura pastorale della diocesi di Torino, osservai sulla sua scrivania una bella foto in bianco e nero di un abbraccio tra lui e Helder Camara, vescovo di Recife in Brasile. Avendo notato il mio interesse, padre Pellegrino mi disse semplicemente: "La tengo davanti a me, perche' i profeti preferisco onorarli da vivi". Si', molti, anche tra i vescovi e i padri conciliari, consideravano Camara un profeta, capace di narrare Dio agli uomini e di parlare degli uomini a Dio. "Voce dei senza voce" era stato definito quel minuscolo vescovo del Nordeste brasiliano che a 34 anni aveva scritto di se': "Attraversero' la vita senza lasciare nessun segno incisivo, nessun marchio duraturo e indelebile". In realta' dom Helder un segno forte lo avrebbe lasciato, non solo in America Latina ma anche, quello che piu' conta, nel cuore di tanti uomini e donne di buona volonta'. Ma leggere Roma, due del mattino (San Paolo, pp. 498, euro 28), che raccoglie le Lettere dal Concilio Vaticano II scritte da Helder Camara alla sua Chiesa e ai suoi amici brasiliani, ci permette non solo di conoscere tutto lo spessore umano e spirituale di una delle figure piu' significative della Chiesa cattolica nel secolo scorso, ma anche di rivivere qualcosa dell'evento del Concilio, del suo essere realta' "divina", "soffio dello Spirito" che penetra nella pasta dell'umanita' e la fa lievitare. Certo, di un Concilio cio' che e' decisivo sono i documenti votati dai padri e confermati dal Papa, ma a distanza di alcuni decenni, man mano che vengono pubblicate lettere, diari, memorie dei partecipanti, scopriamo tutta la ricchezza umana e spirituale che vi era dietro a quei testi, come ci ricorda anche la prefazione di un altro padre conciliare, il vescovo Luigi Bettazzi. Intuiamo la passione pastorale che abitava i vescovi, la costante preoccupazione per la Chiesa particolare loro affidata ma anche per l'insieme della Chiesa universale e per l'umanita' tutta; scopriamo la fraternita' che si veniva a creare tra persone di lingue, culture e continenti diversi quando si rendevano conto che il Signore che li univa era molto piu' grande di cio' che li separava; ammiriamo la loro capacita' di apertura sincera verso gli osservatori non cattolici - "Roger mi ha dato il suo breviario personale (Office de Taize'); a partire da oggi comincero' a usarlo nell'ora dell'opus Dei: sono sicuro che Dio mi capisce" -; la loro capacita' di non dimenticare mai l'essenziale: "La cosa piu' essenziale e' essere santi per davvero: essere sempre piu' uniti a Cristo e metterci nelle mani del Padre... con o senza possibilita' di agire, in terra o in cielo". Riscopriamo cosi' anche la straordinaria ricchezza di quell'"omino piccolo e fragile, che nella sua terra e in ogni luogo in cui e' passato, gode ancora oggi della fama di santo". 3 LIBRI E FILM. GIOVANNI DE LUNA PRESENTA "GOMORRA", IL FILM DI MATTEO GARRONE E IL LIBRO DI ROBERTO SAVIANO [Dal supplemento librario "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa" del 31 maggio 2008 col titolo "Il dialetto della nuda vita" e il sommario "In Gomorra, film e libro, l''osservazione partecipante' propria della ricerca etnografica". Giovanni De Luna e' storico e docente universitario. Tra le opere di Giovanni De Luna: Storia del Partito d'Azione 1942-1947, nuova edizione Editori Riuniti, Roma 1997; (con Marco Revelli), Fascismo antifascismo, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1995; Il corpo del nemico ucciso, Einaudi, Torino 2006. Matteo Garrone (Roma, 15 ottobre 1968), regista cinematografico, nel 1996 vince il Sacher d'Oro con il cortometraggio Silhouette, che diventera' uno dei tre episodi del suo primo lungometraggio Terra di mezzo. Per i suoi film ha ricevuto vari riconoscimenti (recentemente il Grand Prix al Festival di Cannes per Gomorra). Tra le opere di Matteo Garrone: Terra di mezzo (1997); Oreste Pipolo, fotografo di matrimoni (1998); Ospiti (1998); Estate romana (2000); L'imbalsamatore (2002); Primo amore (2003); Gomorra (2008). Roberto Saviano (Napoli, 1979) e' giornalista e scrittore; laureato in filosofia all'Universita' di Napoli "Federico II" dove e' stato allievo dello storico meridionalista Francesco Barbagallo; fa parte del gruppo di ricercatori dell'Osservatorio sulla camorra e l'illegalita'; per la sua attivita di scrittore d'inchiesta e denuncia ha subito minacce di morte da parte della camorra; collabora con varie testate ("L'espresso", "La Repubblica", "Il manifesto", "Il corriere del mezzogiorno", "Nuovi argomenti", "Lo straniero", "Sud", "Pulp", nazioneindiana.com); suoi racconti e reportages si trovano inclusi in diverse antologie fra cui Best Off. Il meglio delle riviste letterarie italiane, Minimum Fax, 2005; Napoli comincia a Scampia, L'Ancora del Mediterraneo 2005. Opere di Roberto Saviano: Gomorra, Mondadori, Milano 2006; Il contrario della morte, Corriere della Sera, Milano 2007] Gomorra, il film di Matteo Garrone premiato a Cannes, tratto dal libro di Roberto Saviano, e' interamente recitato in dialetto; un napoletano strettissimo, incomprensibile senza l'aiuto dei sottotitoli in italiano. Sessant'anni fa Luchino Visconti anticipo' le scelte di Garrone nel suo indimenticabile La terra trema. Recentemente anche Salvatore Mereu ha fatto parlare rigorosamente in sardo i protagonisti di Sonetaula, dal racconto di Giuseppe Fiori. Sia la Sicilia di Visconti che la Sardegna di Mereu raccontavano il cuore del Novecento, gli anni a cavallo della seconda guerra mondiale, proponendoci un'Italia frastagliata in frammenti di realta' disuguali e contrapposti, un intreccio tra isole di benessere e oceani di poverta' a cui corrispondeva un caleidoscopio di culture, dialetti, identita' "separate", la prova del fallimento del tentativo di "fare gli italiani" perseguito in vent'anni di fascismo. Di qui la scelta di accentuare l'"insularita'" per sottolineare la separatezza etnico-linguistica della Sicilia e della Sardegna rispetto al continente, l'intraducibilita' all'esterno di un linguaggio che nasce e si sviluppa solo all'interno della comunita' isolana. Non esisteva allora un mercato nazionale pienamente unificato ed era anche difficile vedere nell'italiano una lingua comune (al Sud la percentuale di analfabetismo sfiorava il 30%). Gomorra racconta invece l'Italia di oggi, ambienta la sua vicenda in un paese del tutto omologato dalla cultura dei mezzi di comunicazione di massa e da un mercato che all'insegna dei consumi ha piallato differenze ideologiche, appartenenze politiche, identita' territoriali. Gomorra allude a traffici di uomini, merci e capitali pienamente inseriti nell'economia dei flussi della globalizzazione. Proprio per questo la scelta del dialetto appare ancora piu' tremendamente significativa. * I palazzoni di Scampia si offrono allo spettatore in una loro disperata "separatezza", con i propri riti, le proprie gerarchie, un loro apparato della forza a presidiare il territorio, le proprie leggi applicate con feroce determinazione. Non c'e' lo Stato. Lo si intravede appena nelle inutili ronde delle "pantere" della polizia o nell'intervento delle ambulanze che raccolgono i cadaveri della guerra contro gli "scissionisti". Non ci sono gli strumenti di "inclusione" con cui lo Stato allarga la sfera della cittadinanza, non ci sono le scuole. I ragazzini pascolano tutto il giorno intorno agli adulti spiandone le mosse per imparare il mestiere, per prepararsi a diventare ggente 'e miezz'a via. Tutta questa realta' sembra negarsi all'inchiesta sociologica o alla ricerca storica. Non al libro di Saviano e al film di Garrone. Il romanzo e' un'inchiesta e ha un taglio storico; quell'arrivare in Vespa sui luoghi della carneficina sembra ispirarsi all'"osservazione partecipante" che caratterizza i metodi della ricerca etnografica. Sul lavoro di Saviano e sulle sue tesi interpretative si sono interrogati storici e sociologi (Alessandro Dal Lago, Marcella Marmo, Domenico Perrotta e, da ultima, in un editoriale che apparira' sul prossimo numero di "Passato e Presente", Renate Siebert). Ma Saviano non puo' essere collocato in un "genere" o in una disciplina accademica; il suo romanzo trabocca di dolore e di rancore, "Sono nato in terra di camorra, nel luogo con piu' morti ammazzati d'Europa... Mi tormentavo, cercando di capire se fosse possibile tentare di capire, scoprire senza essere divorati, triturati" (Gomorra, p. 330). Il libro scaturisce da questa rabbia, e tra il libro e il film si stabilisce una perfetta complementarita': se il primo riesce con grande efficacia a illustrare l'intreccio tra legalita' e illegalita', a togliere ogni innocenza alle merci e ai prodotti che consumiamo tutti i giorni, il secondo e' straordinario nel restituire a quegli intrecci corpi e volti, donne che vivono perennemente in tuta o in pigiama, chiuse in interni domestici conservati ossessivamente puliti per tenere lontana la monnezza esterna (gente e spazzatura), uomini con pance spropositate e facce gonfie di cibo e ansia. Garrone, come Saviano, odia i camorristi. Sia il romanzo che il film gridano le loro invettive mostrandoli nella loro "nuda vita", nella loro pochezza umana. E' questo che ha fatto schiumare di rabbia i "casalesi" ed e' questo che ci consente di conoscere oggi la schifezza di quel mondo. 4. LIBRI. IDOLINA LANDOLFI PRESENTA "MELANIE KLEIN" DI JULIA KRISTEVA [Dal quotidiano "Il giornale" del 28 settembre 2006 col titolo "Melanie Klein. Il gioco dell'inconscio". Idolina Landolfi e' scrittrice, traduttrice, critica letteraria. Dal sito ufficiale dedicato a Tommaso Landolfi riprendiamo la seguente scheda: "Idolina Landolfi si e' laureata in letteratura italiana all'Universita' di Firenze; vive tra l'Italia e Parigi. Scrittrice e traduttrice, ha collaborato come critico letterario, con articoli su autori italiani e francesi dell'Ottocento e del Novecento, agli inserti culturali di vari quotidiani e settimanali, tra cui "La Stampa", "la Repubblica", "Il Mattino", "il manifesto", "Diario" e ha scritto continuativamente per piu' di dieci anni per "Il Giornale" di Montanelli. Attualmente collabora a "Le Monde Diplomatique", "Il Giornale", "Il Piccolo", "Stilos", "Europe", "Chroniques italiennes". Suoi racconti e articoli sono apparsi in "Paragone", "Panta", "Nuovi Argomenti", "Il Ponte", "Semicerchio", "Poesia". Traduce, dal francese e dall'inglese, testi di narrativa e saggistica per le maggiori case editrici italiane. Tra i suoi libri, le raccolte di racconti Sotto altra stella (Udine, Campanotto 1996), Scemo d'amore (Roma, EmpirÏa 1999), Matracci e storte (Napoli, Graus, 2004), il romanzo per ragazzi I litosauri (Bari, Laterza 1999), il libro d'arte Parvenze, cinque racconti e otto incisioni di Antonio Petti (Nola, Stamperia d'Arte "Il Laboratorio", 2002). Ha diretto a lungo, all'interno di un progetto finanziato dalla Provincia di Salerno, la rassegna internazionale di poesia "DiVersi Racconti" e il premio di narrativa "Lo Stellato", curando i relativi volumi di racconti e poesie. E per alcuni anni ha coordinato la sezione dedicata alla letteratura nell'ambito del festival "Benevento Citta' Spettacolo". Da piu' di vent'anni si occupa delle opere del padre, Tommaso, ripubblicandone le opere, con apparati critici e note. Ha fondato, nel 1996, il Centro Studi Landolfiani (di cui e' presidente), che raccoglie i materiali bibliografici riguardanti lo scrittore e organizza conferenze e convegni sulla sua opera. Redige inoltre la rivista "Diario perpetuo", bollettino del Centro Studi Landolfiani. Ha tenuto e tiene corsi di scrittura creativa ed editing a Firenze e a Roma; a Benevento, alla scuola "Techne'". E seminari sulla traduzione letteraria presso varie universita'. Tra le pubblicazioni dedicate a Landolfi, ha curato la miscellanea Le lunazioni del cuore. Saggi su Tommaso Landolfi, Firenze, La Nuova Italia 1996; "La liquida vertigine", Atti delle giornate di studio, Prato, 5-6 febbraio 1999, Firenze, Olschki, 2002; Gli 'Altrove' di Tommaso Landolfi, Atti del convegno di studi, Firenze, 4-5 dicembre 2001, Roma, Bulzoni, 2004; "Un linguaggio dell'anima", Atti della giornata di studio, Siena, 3 novembre 2004, Lecce, Manni, 2006. Tra i libri di altro genere, un'edizione di S. Corazzini, Poesie (Milano, Rizzoli 1992); Lautreamont, I Canti di Maldoror (Rizzoli 1995); Lesage, Il Diavolo zoppo (Roma, Fazi 1996); Th. Gautier, Smalti e cammei (Cava de' Tirreni, Avagliano 2000); G. de Nerval, Le notti d'ottobre (Latina, L'Argonauta 1998); Paroles, traduzioni da Bernard Noel e Serge Pey (Avagliano 1998); Villiers de l'Isle-Adam, Claire Lenoir (L'Argonauta, 1999); Barbey d'Aurevilly, Il piu' bell'amore di Don Giovanni (L'Argonauta, 2000). E inoltre traduzioni di opere di J. Derrida, Michel Tournier, Elie Wiesel, Eugene Dabit, Boris Vian ecc.". Julia Kristeva e' nata a Sofia in Bulgaria nel 1941, si trasferisce a Parigi nel 1965; studi di linguistica con Benveniste; intensa collaborazione con Sollers e la rivista "Tel Quel"; impegnata nel movimento delle donne, psicoanalista, ha dedicato una particolare attenzione alla pratica della scrittura ed alla figura della madre; e' docente all'Universita' di Paris VII. Opere di Julia Kristeva: tra quelle tradotte in italiano segnaliamo particolarmente: Semeiotike', Feltrinelli, Milano; Donne cinesi, Feltrinelli, Milano; La rivoluzione del linguaggio poetico, Marsilio, Venezia; In principio era l'amore, Il Mulino, Bologna; Sole nero, Feltrinelli, Milano; Stranieri a se stessi, Feltrinelli, Milano; I samurai, Einaudi, Torino; Colette, Donzelli, Roma; Hannah Arendt. La vita, le parole, Donzelli, Roma; Melanie Klein, Donzelli, Roma. In francese: presso Seuil: Semeiotike', 1969, 1978; La revolution du langage poetique, 1974, 1985; (AA. VV.), La traversee des signes, 1975; Polylogue, 1977; (AA. VV.), Folle verite', 1979; Pouvoirs de l'horreur, 1980, 1983; Le langage, cet inconnu, 1969, 1981; presso Fayard: Etrangers a nous-memes, 1988; Les samourais, 1990; Le vieil homme et les loups, 1991; Les nouvelles maladies de l'ame, 1993; Possessions, 1996; Sens et non-sens de la revolte, 1996; La revolte intime, 1997; presso Gallimard, Soleil noir, 1987; Le temps sensible, 1994; presso Denoel: Histoires d'amour, 1983; presso Mouton, Le texte du roman, 1970; presso le Editions des femmes, Des Chinoises, 1974; presso Hachette: Au commencement etait l'amour, 1985. Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la seguente scheda: "Julia Kristeva e' nata il 24 giugno 1941 a Silven, Bulgaria. Nel 1963 si diploma in filologia romanza all'Universita' di Sofia, Bulgaria. Nel 1964 prepara un dottorato in letteratura comparata all'Accademia delle Scienze di Sofia; nel 1965 ottiene una borsa di studio nel quadro di accordi franco-bulgari e dopo il 1965 prosegue gli studi e il lavoro di ricerca in Francia all'Ecole Pratique des Hautes Etudes. Nel 1968 consegue il dottorato sotto la direzione di Lucien Goldmann (con Roland Barthes e J. Dubois). Sempre nel 1968 e' eletta segretario generale dell'Association internationale de semiologie ed entra nel comitato di redazione del suo organo, la rivista 'Semiotica'. Nel 1973 consegue il dottorato di stato in lettere sotto la direzione di J. C. Chevalier. Dal 1967 al 1973 e' ricercatrice al Cnrs di linguistica e letteratura francese, al Laboratoire d'anthropologie sociale, al College de France e all'Ecole des Hautes Etudes en sciences sociales. Nel 1972 tiene un corso di linguistica e semiologia all'Ufr di Letteratura, scienze dei testi e documenti dell'Universita' Paris VII 'Denis Diderot'. E' nominata direttore del Dea di Etudes Litteraires. Nel 1974 viene eletta Permanent visiting professor al Dipartimento di letteratura francese della Columbia University, New York. Nel 1988 e' responsabile del Draps (Diplome de recherches approfondies en psycopathologie et semiologie). Nel 1992 e' nominata direttore della Scuola di dottorato "Langues, litteratures et civilisations, recherches transculturelles: monde anglophone - monde francophone", all'Universita' di Paris VII 'Denis Diderot' e Permanent Visiting Professor al Dipartimento di Letteratura comparata dell'Universita' di Toronto, Canada. Nel 1993 e' nominata membro del comitato scientifico, che affianca il ministro dell'educazione nazionale. Attualmente e' professoressa all'Universita' Paris VII 'Denis Diderot'. Dal 1978 dopo una psicoanalisi personale e una analisi didattica presso l'Institut de psychanalyse, esercita come psicoanalista. Gli interessi scientifici di Julia Kristeva vanno dalla linguistica alla semiologia, alla psicoanalisi, alla letteratura del XIX secolo. Esponente di spicco della corrente strutturalista francese e in particolare del gruppo di 'Tel Quel', che ha sviluppato in Francia le ricerche iniziate dai formalisti russi negli anni Venti e continuate dal Circolo linguistico di Praga e da Jakobson, Julia Kristeva ritiene che la semiotica sia la scienza pilota nel campo delle cosiddette 'scienze umane'. Pervenuta oggi a un'estrema formalizzazione, in cui la nozione stessa di segno si dissolve, la semiotica si deve rivolgere alla psicoanalisi per rimettere in questione il soggetto senza di cui la lingua come sistema formale non si realizza nell'atto di parola, indagare la diversita' dei modi della significazione e le loro trasformazioni storiche, e costituirsi infine come teoria generale della significazione, intesa non come semplice estensione del modello linguistico allo studio di ogni oggetto fornito di senso, ma come una critica del concetto stesso di semiosi. Opere di Julia Kristeva: Semeiotike'. Recherches pour une semanalyse, Seuil, Paris 1969; Le texte du roman, Mouton, La Haye 197l; La revolution du language poetique. L'avant-garde a' la fin du XIX siecle: Lautreamont et Mallarme', Seuil, Paris 1974; Des chinoises, Editions des femmes, Paris l974; Polylogue, Seuil, Paris 1977; Pouvoirs de l'horreur. Essai sur l'abjection, Seuil, Paris 1980; Le language, cet inconnu. Une initiation a' la linguistique, Seuil, Paris 198l; Soleil noir. Depression et melancolie, Gallimard, Paris 1987; Les Samourais, Fayard, Paris 1990; Le temps sensible. Proust et l'experience litteraire, Gallimard, Paris l994. Numerosi articoli di Julia Kristeva sono apparsi sulle riviste 'Tel Quel', 'Languages', 'Critique', 'L'Infini', 'Revue francaise de psychanalyse', 'Partisan Review', 'Critical Inquiry' e molte altre. Tra le opere della Kristeva tradotte in italiano, ricordiamo: Semeiotike'. Ricerche per una semanalisi, Feltrinelli, Milano 1978; La rivoluzione del linguaggio poetico, Marsilio, Venezia 1979; Storia d'amore, Editori Riuniti, Roma 1985; Sole nero. Depressione e melanconia, Feltrinelli, Milano 1986; In principio era l'amore. Psicoanalisi e fede, Il Mulino, Bologna 1987; Stranieri a se stessi, Feltrinelli, Milano; Poteri dell'orrore, Spirali/Vel, Venezia; I samurai, Einaudi, Torino 1991; La donna decapitata, Sellerio, Palermo 1997". Melanie Klein, illustre psicoanalista (Vienna 1882 - Londra, 1960). Opere di Melanie Klein: Scritti (1921-1958), Boringhieri, Torino 1978; La psicoanalisi dei bambini, Martinelli, Firenze 1970; Nuove vie della psicoanalisi, Il Saggiatore, Milano 1982; Il nostro mondo adulto ed altri saggi, Martinelli, Firenze 1972; Invidia e gratitudine, Martinelli, Firenze 1969; Analisi di un bambino, Boringhieri, Torino 1961. Opere su Melanie Klein: Hanna Segal, Introduzione all'opera di Melanie Klein, Martinelli, Firenze 1968; Hanna Segal, Melanie Klein, Bollati Boringhieri, Torino 1981, 1994; Julia Kristeva, Melanie Klein, Donzelli, Roma 2006; Franco Fornari (a cura di), Fantasmi, gioco e societa', Il Saggiatore, Milano 1976] "Dissidenti rispetto ai loro ambienti d'origine e professionali, vittime dell'ostilita' dei clan normativi, ma capaci anche di combattere senza quartiere per sviluppare e difendere le loro idee originali, la Arendt e la Klein sono donne indomite, il cui genio e' consistito nel correre il rischio di pensare": cosi' conclude Julia Kristeva la sua introduzione a questo secondo volume (ma terzo in traduzione italiana) dedicato al genio femminile. Si tratta della trilogia uscita da Fayard tra il 1999 e il 2002: Le genie feminin: la vie, la folie, les mots, ovvero Hannah Arendt (I), Melanie Klein (II), Colette (III). Le edizioni nel nostro paese sono quelle di Donzelli, di cui la piu' recente, appunto, e' questa Melanie Klein. La madre, la follia, a cura di Monica Guerra (pp. 290, euro 23,50). Indomita la Kristeva stessa, che da sessant'anni "corre il rischio di pensare", e cerca e ritrova in ciascuna delle sue "eroine" un po' di se', della sua natura complessa, del suo genio femminile poliedrico. Bulgara trasferitasi presto, dopo la laurea, a Parigi, dove continua i suoi studi di linguistica e di semiotica, vi affianca un lungo percorso psicoanalitico: ora insegna a Parigi - e, come visiting professor, in qualche altra universita' del mondo - ed e' psicoanalista. I suoi interessi spaziano dalle scienze che abbiamo nominato a molto altro, la sociologia, la politica e ovviamente la letteratura: citiamo solo il bellissimo saggio del 1974 su Lautreamont et Mallarme', o quello su Proust et l'experience litteraire, del 1994. In Italia viene spesso e volentieri. A marzo di quest'anno era a Roma, dove le hanno assegnato il premio Amelia Rosselli per il volume su Hannah Arendt. Ecco allora la biografia "totale" di Colette, in cui l'analisi delle opere e' spesso preceduta o seguita da una lettura attenta dei dati biografici, particolarmente importanti soprattutto per un'autrice del suo genere: autobiografia e letteratura s'intrecciano senza posa, la sua libera vita, le sue avventure amorose, tutto si riverbera nelle sue pagine, lei per la quale, ricorda la Kristeva, "tutti i sensi sono organi sessuali". Ed ecco quella di Hannah Arendt, con la sua visione della filosofia, della metafisica, che servano ad alimentare la vita dello spirito, donandogli la facolta' di rinascere infinite volte; e che sappiano "scendere in campo", coniugandosi con l'esperienza politica e sociale. "La Arendt afferma - ha dichiarato Julia Kristeva in una recente intervista - che il modo migliore di opporsi alle diverse forme di globalizzazione e di totalitarismo sta nel tentativo di ricreare nel pensiero e nel legame sociale il 'miracolo della nascita'. E' il fondamento ontologico della liberta'. Grazie al fatto che nasciamo, e ci sono sempre nuovi individui che vengono al mondo, siamo capaci di liberta'". Saga della conquistata - ritrovata - liberta', dunque, per le donne della sua trilogia: e accanto a "la vie" di una donna che si occupa di filosofia e di politica, "les mots" della scrittrice che attraverso la pagina raggiunge il pieno riconoscimento di se', ecco "la folie" della fondatrice della psicoanalisi infantile, che ad essa approda dopo un percorso difficile di figlia (della terribile, prevaricante Libussa), di moglie e di madre a sua volta; colei che non si scoraggia dinanzi agli attacchi dei colleghi psicoanalisti, e che mai fa mancare l'amore a quello che considera "l'altro mio figlio: il lavoro". Indagando in primo luogo se stessa, le proprie pulsioni (il legame quasi incestuoso col fratello Emanuel, ad esempio), e poi il rapporto con il marito e i tre figli - i suoi primi analizzati -, Melanie Klein, ebrea viennese, studia psicoanalisi con Ferenczi a Budapest, dove si trasferisce da sposata, e seguita a Vienna con Karl Abraham. Diviene psicoanalista a quarant'anni, nel 1922, ed acquisisce fama immediata dopo il suo trasferimento a Londra. Il saggio La psicoanalisi dei bambini, del 1932, sancisce definitivamente la sua posizione scientifica. Imprescindibili i suoi studi sulle psicosi infantili, sull'autismo; e il suo metodo fondato sul gioco (cosi' ad esempio nel trattamento, ampiamente descritto, del figlio Erich): "giocare sara' la strada maestra dell'inconscio allo stesso titolo del sogno di Freud", in quanto vi si palesa tutta una gamma di segnali, linguistici, gestuali che l'analista, e co-giocatore, sapra' interpretare. Lavorando sulle teorie freudiane, la Klein ne amplia ed arricchisce la portata; la sua vis innovativa sta soprattutto nell'aver attribuito importanza capitale alla figura materna ("Questa figura arcaica minaccia e terrorizza nella sua onnipotenza"), nella sua parte piu' emblematica (il seno) e nella sua totalita'; con cio' che discende dalla loro alternanza di presenza/assenza. La Klein sposta in un tempo assai piu' precoce (parla dei sei mesi) la sofferenza dell'individuo, il senso della perdita e l'angoscia di morte. La perdita, e il senso di colpa che l'accompagna, la sofferenza del lutto e la conseguente "riparazione", ovvero la simbolizzazione dell'oggetto perduto interno ed esterno, sono alla base della creativita': "le idee sono surrogati del dispiacere" scriveva Marcel Proust, essendo giunto per altre vie alla medesima conclusione. "Freud incentra la vita psichica del soggetto sull'esperienza della castrazione e sulla funzione del padre", spiega la Kristeva; "senza ignorarle, Melanie Klein le fa poggiare su una funzione materna. Eppure la madre, cosi' privilegiata, e' lontana dall'ergersi a culto, come sostengono troppo semplicisticamente i suoi avversari. Il matricidio infatti, che la Klein fu la prima a concepire non senza audacia, e' all'origine, insieme con invidia e gratitudine, proprio della nostra capacita' di pensare". Matricidio metaforico dal quale prende avvio la crescita del soggetto, ovvero, ancora una volta, la sua capacita' simbolica. Il saggio della Kristeva, pur essendo molto tecnico, si apre tuttavia anche alla comprensione del pubblico non specialistico, che vi trova continui spunti per una lettura piu' approfondita del proprio vissuto, da considerarsi - e grazie alla Klein e' ormai dato acquisito - a partire dai primissimi mesi o meglio dalla chiusa vita prenatale. 5. LIBRI. RENATA SARFATI PRESENTA "ISRAELE E LA SHOAH" DI IDITH ZERTAL [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it). Renata Sarfati vive a Milano, dove lavora presso uno studio di traduzioni. Idith Zertal, storica, e' docente all'Universita' ebraica di Gerusalemme. Opere di Idith Zertal: Israele e la Shoah. La nazione e il culto della tragedia, Einaudi, Torino 2007] L'autrice, studiosa di storia contemporanea e molto apprezzata in Israele, insegna all'Universita' ebraica di Gerusalemme. Questo libro intenso e appassionato (Idith Zertal, Israele e la Shoah. La nazione e il culto della tragedia, Einaudi. Torino 2007) e' fondamentale per comprendere la societa' israeliana di oggi. Attraverso l'analisi del dibattito politico del paese negli ultimi quarant'anni, dimostra come le catastrofi della storia ebraica siano state trasformate in eroismo, vittoria e redenzione, creando in qualche modo un'ossessione per la morte e il martirio. Con la morte negli anni '20 di Trumpeldor, primo eroe della comunita' ebraica in Palestina, evento che servi' da modello alla rivolta del ghetto di Varsavia nel 1943, ebbe inizio la costruzione dell'ideologia dell'"ebreo nuovo", che doveva morire per difendere la patria, in contrapposizione alle masse ebree della diaspora, pronte a morire "come agnelli". Quando, negli anni Quaranta, la comunita' di immigrati in Palestina dovette confrontarsi con la Shoah, fu esaltato il coraggio dei pochi che osarono ribellarsi ai nazisti perche' lo stato aveva bisogno di eroi e non di vittime, escludendo i veri portatori di quella memoria, i sopravvissuti. Col processo Eichmann il paese si trovo' per la prima volta a doversi confrontare con l'enormita' di quanto accadde agli ebrei d'Europa. Questo processo sollevo' un immenso dibattito critico, laico, avviato soprattutto da Hannah Arendt, sul comportamento delle persone, sia vittime sia persecutori, in situazioni estreme. Il dibattito, che si diffuse non solo in Israele ma in tutta Europa, e' ampiamente trattato dell'autrice che considera questo libro dedicato in larga misura alla Arendt. Il paese elaboro' questo trauma con la costruzione del ricordo e della dimenticanza della Shoah basata sull'organizzazione di una memoria didascalica fatta di rituali. Zertal esamina poi l'evolversi di questo discorso dal punto di vista della costruzione della potenza militare d'Israele e della giustificazione dell'occupazione israeliana di un territorio occupato da un altro popolo. "Come in passato, gli avvenimenti dell'oggi sembrano mostrare che il processo di sacralizzazione della Shoah... ha trasformato un rifugio, un focolare, in una patria, in un tempio e in un altare perpetuo", conclude Zertal nella sua introduzione. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 498 del 26 giugno 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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