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La domenica della nonviolenza. 169
- Subject: La domenica della nonviolenza. 169
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 22 Jun 2008 10:32:01 +0200
- Importance: Normal
============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 169 del 22 giugno 2008 In questo numero: 1. Eva Cantarella presenta "Voci" di Maurizio Bettini 2. Eva Cantarella presenta "La nascita dell'eroe" di Guido Paduano 3. Nadia Fusini presenta "Il dio ibrido" di Massimo Fusillo e "Ovid's Lovers" di Victoria Rimell 4. Nadia Fusini presenta i "Trattati d'amore cristiani del XII secolo" a cura di Francesco Zambon 5. Elena Loewenthal presenta "A poco a poco il ricordo" di Saul Friedlander e "La tigre sotto la pelle" di Zvi Kolitz 6. Elena Loewenthal presenta "Il demiurgo e altri saggi" di Rene' Guenon 1. LIBRI. EVA CANTARELLA PRESENTA "VOCI" DI MAURIZIO BETTINI [Dal "Corriere della sera" del 2 aprile 2008 col titolo "Antichita'. Maurizio Bettini ritrova suoni e significati perduti. Quando le voci animali ispiravano agli uomini musica, favole e poesie". Eva Cantarella, docente universitaria di diritto romano e di diritto greco; ha pubblicato molte opere sulla cultura antica ed e' autrice di fondamentali ricerche sulla condizione della donna nelle culture antiche. Dall'enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche riprendiamo la seguente scheda: "Nata nel 1936 a Roma, Eva Cantarella si e' laureata in giurisprudenza nel 1960 presso l'universita' di Milano. Ha compiuto la propria formazione postuniversitaria negli Stati Uniti all'Universita' di Berkeley e in Germania all'universita' di Heidelberg. Ha svolto attivita' didattica e di ricerca in Italia presso le universita' di Camerino, Parma e Pavia e all'estero all'Universita' del Texas ad Austin ed alla Global Law School della New York University. E' professore ordinario di Istituzioni di diritto romano presso la facolta' di giurisprudenza dell'universita' di Milano, dove insegna anche diritto greco. Partendo dalla ricostruzione delle regole giuridiche, le ricerche di Eva Cantarella, sia in campo romanistico che grecistico, tendono da un lato a individuare la connessione tra le vicende politiche ed economiche e la produzione normativa, e dall'altro a verificare la effettivita' delle norme stesse, analizzando lo scarto tra diritto e societa', la direzione di questo scarto e le ragioni di esso". Tra le opere di Eva Cantarella: La fideiussione reciproca, Milano 1965; Studi sull'omicidio in diritto greco e romano, Milano 1976; Norma e sanzione in Omero. Contributo alla protostoria del diritto greco, Giuffre', Milano 1979; L'ambiguo malanno. Condizione e immagine della donna nell'antichita' greca e romana, Editori Riuniti, Roma 1981; Tacita Muta. La donna nella citta' antica, Editori Riuniti, Roma 1985; Pandora's Daughters, Bpod, 1987; Secondo natura. La bisessualita' nel mondo antico, Editori Riuniti, Roma 1988; I supplizi capitali in Grecia e a Roma, Rizzoli, Milano 1991; Diritto greco, Cuem 1994; Passato prossimo. Donne romane da Tacita a Sulpicia, Feltrinelli, Milano 1996; (con Giulio Guidorizzi), Profilo di storia antica e medievale, Einaudi Scuola, 1997; Pompei. I volti dell'amore, Mondadori, Milano 1998; (con Luciana Jacobelli), Un giorno a Pompei. Vita quotidiana, cultura, societa', Electa, Napoli 1999; Storia del diritto romano, Cuem, 1999; Istituzioni di diritto romano, Cuem, 2001; (con Giulio Guidorizzi), Le tracce della storia, Einaudi Scuola, 2001; Itaca. Eroi, donne, potere tra vendetta e diritto, Feltrinelli, Milano 2002; (con Lorenzo Gagliardi, Marxiano Melotti), Diritto e sessualita' in Grecia e a Roma, Cuem, 2003; (con Giulio Guidorizzi), L'eredita' antica e medievale, Einaudi Scuola, 2005; L'amore e' un dio, Feltrinelli, Milano 2006; Il ritorno della vendetta, Rizzoli, Milano 2007; altre opere a destinazione scolastica: (con Giulio Guidorizzi), Corso di storia antica e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Il mondo antico e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), La cultura della storia. Laboratorio, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Lo studio della storia. Laboratorio, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Storia antica e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Antologia latina, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi, Laura Pepe), Letteratura e storia di Roma antica. Antologia degli autori latini, Einaudi Scuola; (con G. Martinotti), Cittadini si diventa, Einaudi Scuola; (con E. Varni, Franco Della Peruta), La memoria dell'uomo, Einaudi Scuola] Anche le voci hanno una storia. Una storia e un'antropologia. Ce lo ricorda, in un libro affascinante, Maurizio Bettini, uno degli studiosi piu' interessanti e piu' originali dell'antichita' classica, che da anni indaga aspetti e vicende del mondo antico con gli strumenti di una disciplina, l'antropologia storica, la cui presenza nelle universita' italiane e' legata alla sua infaticabile attivita'. A Bettini si deve infatti, nel 1986, la fondazione dell'associazione di Antropologia del mondo antico, e del Centro interdipartimentale di studi antropologici sulla cultura antica, sempre da lui fondato presso l'Universita' di Siena. Ed ora, grazie a lui, ecco un nuovo, bellissimo libro, Voci. Antropologia sonora del mondo antico, nato da un'idea che solo lui poteva avere: quello di ricostruire, all'interno della fonosfera antica, i suoni prodotti dagli animali. I rumori in cui viviamo immersi oggi (clacson di automobili, rombo di aerei, squilli di cellulari) allora non esistevano, ma esistevano suoni che oggi sono andati perduti: il cigolio dei carri, i colpi di martello di fabbri, stagnai, maniscalchi e carpentieri, il rumore delle macine dei mugnai... e, all'interno di questo mondo sonoro, le voci degli animali. Come recuperarle? Come sempre, cercandole nei testi, unico strumento per ricostruire l'immagine mentale dei suoni percepiti dai nostri antenati. Parole per suoni, dunque. Molte, moltissime parole: del bue e' proprio il mugire, della pecora il balare, dei cavalli l'hinnire, della gallina il pipare. In un testo tramandatoci sotto il nome di Svetonio leggiamo del rancare delle tigri, del mugire dei buoi, del grunnire dei porci, del barrire degli elefanti, del coaxare delle rane, e via dicendo. Una vera e propria enciclopedia, il cui ordine, osserva Bettini, non e' legato alle caratteristiche zoologiche, ma al modo in cui gli animali venivano culturalmente costruiti in quel mondo. Le voci degli animali, infatti vengono sfruttate simbolicamente, come la loro forma, colore e comportamento. Nascono cosi' proverbi e modi di dire: "tanto va la gatta al lardo", "furbo come la volpe". Nascono favole: Il lupo e l'agnello, La volpe e l'uva. Nascono poesie: come dimenticare il cosiddetto "giambo sulle donne", in cui Semonide classifica le donne secondo i caratteri degli animali cui somigliano? La donna-scrofa non si lava mai, indossa abiti sporchissimi e ingrassa, rotolandosi nel letame; la donna-volpe sa tutto, controlla tutto, ma si adegua agli eventi, e vi si adatta; la donna-cagna vagola per la casa latrando, non tace neppure se la bastoni; l'asina invece, paziente e lavoratrice, puoi bastonarla e non protesta... Ma torniamo alle voci: tante e diverse, esattamente come le lingue umane. Ed esattamente come le lingue, originariamente tutte uguali. Un tempo infatti, racconta Filone di Alessandria, gli animali avevano tutti la stessa voce. Ma un giorno, perso ogni senso della misura, chiesero l'immortalita'. E furono puniti: da quel momento cominciarono a parlare in modo diverso, ogni specie a modo suo: superfluo segnalare il parallelo con il racconto di Babele. Tante lingue, dunque, all'interno delle quali Bettini si sofferma, in particolare, su quella degli uccelli e la indaga seguendo diverse strade: quella, gia' segnalata, della capacita' delle loro voci di veicolare significati simbolici e culturali; quella, non meno affascinante, della riarticolazione sonora della loro voce, per far pronunziar loro brevi messaggi in lingua umana: a partire da Alcmane (che affermava di aver trovato la propria poesia rielaborando il canto delle pernici) si arriva, per citare un celebre caso, alla riarticolazione del verso della gallina in Giovanni Pascoli, nella poesia Valentino: "le galline cantavano, Un cocco! / ecco ecco un cocco un cocco per te". E poi, ancora, i racconti mitologici, in cui si trovano animali che possiedono una compiuta capacita' linguistica. E per finire la divinazione: trasformato in "segni", il canto degli uccelli attribuisce loro la capacita' di predire il futuro e di dare ordini. Erano animali autorevoli gli uccelli, nell'antichita'. Non a caso Aristofane, nella commedia che da loro prende il nome, immagina che, aiutando gli ateniesi disgustati delle condizioni di vita in patria a fondare una nuova citta' fra cielo e terra, essi possano riconquistare l'antica signoria, usurpata dagli dei. Nell'impossibilita' di rendere conto della ricchezza di questo libro, per segnalarne la rilevanza bastera' ricordare, concludendo, che grazie a esso l'antropologia delle antiche voci animali diventa antropologia della cultura classica: la trascrizione delle loro voci ci consente di vedere gli animali come li vedevano gli antichi. 2. LIBRI. EVA CANTARELLA PRESENTA "LA NASCITA DELL'EROE" DI GUIDO PADUANO [Dal "Corriere della sera" del 13 marzo 2008 col titolo "Guido Paduano analizza il carattere degli eroi. Achille, Odisseo, Enea ovvero l'egoismo l'intelletto e l'altruismo"] L'eroe, alla cui figura e tipologia e' dedicato il bel libro di Guido Paduano (La nascita dell'eroe. Achille, Odisseo, Enea: le origini della cultura occidentale) e' un personaggio - superfluo dirlo - diverso dagli altri; ma le sue qualita' variano nel tempo e nella pluralita' delle culture. Le qualita' di Achille, per limitarci a un esempio, sono molto diverse da quelle di Giovanna d'Arco, di Robin Hood o di Re Artu'. E insieme al modello eroico, si dice, cambia anche l'atteggiamento della societa' nei confronti dell'eroismo. Nel mondo moderno, sostengono alcuni, l'ideale eroico, perso il fascino e la funzione di un tempo, e' stato "decostruito". Sul che sembra lecito avere dei dubbi: a seguito di un radicale mutamento di valori, piuttosto, l'ideale eroico e' stato dislocato. Chi considererebbe un eroe, oggi, un personaggio come Achille? Uomo ferocissimo, tra l'altro diverso non solo dagli eroi odierni, ma anche da quelli greci classici: Leonida, ad esempio, il generale spartano che nel 480 a.C., con i suoi soldati, riusci' a bloccare per tre giorni al passo delle Termopili l'immane esercito persiano e, infine, accerchiato, rifiuto' di arrendersi, sacrificando la vita sua e dei suoi celebri Trecento. Leonida muore per la patria, per il bene comune. Achille non si sarebbe mai sognato di fare una cosa simile: per lui, quel che contava era l'interesse suo, privato, non di rado brutalmente egoista. Che importava se, dopo che si era ritirato dalla battaglia perche' Agamennone gli aveva sottratto la schiava-concubina Briseide, i greci morivano a migliaia? Agamennone gli aveva fatto un torto, aveva offeso il suo onore: che i greci morissero pure, a lui non interessava. Solo quando Ettore uccide l'amatissimo Patroclo, l'eroe riprende le armi. Per fare vendetta. Ma allora, quali sono le qualita' che fanno di lui il personaggio che rappresenta il modello eroico nell'Iliade? La figura eroica, scrive Paduano, e' una singolarita' che sollecita ad approfondire la condizione umana, guidando nell'esplorazione di territori sconosciuti. E poiche' nulla e' piu' sconosciuto della morte, l'eroe e', in primo luogo, quello le cui azioni non sono mosse dall'istinto di conservazione, comune agli altri "mortali" (brotoi). L'eroe afferma il primato dell'essere umano sulla morte. E nei grandi poemi classici, ci mostra Paduano, lo fa in forme diverse, che vengono a costituire tre modelli dello statuto della dimensione eroica distinti tra loro, ma in stretta relazione l'uno con l'altro, cosi' come sono in relazione i tre poemi che li celebrano. L'Odissea, superfluo dirlo, presuppone la guerra di Troia, raccontata dall'Iliade: senza di questa, non vi sarebbero i "nostoi", i racconti dei ritorni in patria degli eroi greci. E la tipologia eroica di Odisseo, protagonista di un ritorno, e' diversa da quella di Achille. L'impossibilita' di misurare l'indicibile superiorita' di Achille sui commilitoni e sui nemici e' tale da fare di lui la "singolarita' assoluta". Nessun altro e' comparabile a lui. La sua relazione con la morte e' diversa da quella degli altri eroi. A differenza di questi, egli non spera nel ritorno; sa, senza possibilita' di dubbio, che da quella guerra non tornera', e domina questa certezza, prezzo della sua gloria eterna. Diverso il caso di Odisseo, che nel ritorno investe tutte le sue capacita'. Nel corso del viaggio, egli rifiuta il dono dell'immortalita': la ninfa Calipso, innamorata di lui, glielo offre a condizione che resti con lei, nella sua isola fiorita. Ma per Odisseo la dimostrazione del valore non sta nel superare la morte, offerta contro prezzo; sta nello sconfiggere chi tenta di usurpare il suo potere e rubargli la moglie, sta nel restaurare la vita civile a Itaca. Il ritorno gli consente di mettere alla prova le qualita' di un nuovo eroe, possessore di astuzia e intelligenza, le qualita' che gli fanno sconfiggere il Ciclope. Ulisse e' l'eroe della ragione. Quanto all'Eneide, la relazione con i poemi piu' antichi emerge dal continuo rimando a motivi omerici. Virgilio non puo' essere letto senza Omero. Ma, lo abbiamo visto, il confronto non significa solo dipendenza: Odisseo e' diverso da Achille, e l'eroe di Virgilio e' diverso da ambedue. Il destino di Enea, che avrebbe voluto morire con la sua citta', e' quello di vivere - pur sentendone il disagio - per realizzare un disegno divino, che peraltro egli condivide: la costruzione del mondo di Augusto. Si imparano queste e molte altre cose, leggendo il bel libro di Guido Paduano. Si leggono in chiave diversa storie e personaggi che si pensava di conoscere: ma che, si scopre, hanno molte altre cose da dirci. 3. LIBRI. NADIA FUSINI PRESENTA "IL DIO IBRIDO" DI MASSIMO FUSILLO E "OVID'S LOVERS" DI VICTORIA RIMELL [Dal quotidiano "La Repubblica" del 28 aprile 2007 col titolo "Ovidio, Euripide e l'eros. Due studi sul tema del desiderio" e il sommario "Il testo originale e le nostre tentazioni. Le Baccanti una storia simile a un abisso. Ogni epoca crede di reinventare nuovi intrecci e nuovi contratti tra gli amanti. Il poeta latino coglie nella passione amorosa l'essenziale doppiezza e problematicita'. Il saggio di Massimo Fusillo su Dioniso e quello di Victoria Rimell sugli 'Amores' affrontano il mondo classico per trovarvi rimandi precisi al nostro Novecento". Nadia Fusini, nata ad Orbetello nel 1946, acuta intellettuale, fine saggista, narratrice, traduttrice e curatrice di edizioni di classici, docente universitaria (laureata in lettere e filosofia all'Universita' La Sapienza di Roma nel luglio 1972 con Agostino Lombardo e Giorgio Melchiori con una tesi sul tema dell'iniziazione nella letteratura del Novecento; dopo un periodo di studi nel campo della letteratura americana negli Stati Uniti presso le universita' di Ann Arbor e di Harvard, ha studiato Shakespeare e il teatro elisabettiano presso lo Shakespeare Institute di Birmingham, in Gran Bretagna; e' stata nel 1978-'82 professore incaricato di lingua e letteratura inglese all'Universita' di Bari e dal 1982 ha la cattedra di lingua e letteratura inglese all'Universita' La Sapienza di Roma; dal 2000-2001 insegna, oltre letteratura inglese, critica shakespeariana), e' impegnata nelle esperienze del movimento delle donne. Opere di Nadia Fusini: segnaliamo particolarmente (a cura di, con Mariella Gramaglia), La poesia femminista, Savelli, Roma 1974; La passione dell'origine. Studi sul tragico shakespeariano e il romanzesco moderno, Dedalo, Bari 1981; Pensieri di pace e di guerra, Centro Virginia Woolf, Roma 1984; Nomi. Dieci scritture femminili, Feltrinelli, Milano 1986, nuova edizione Donzelli, Roma 1996; Due. La passione del legame di Kafka, Feltrinelli, Milano 1988; La luminosa. Genealogia di Fedra, Feltrinelli, Milano 1990; B e B. Beckett e Bacon, Garzanti, Milano 1994; La bocca piu' di tutto mi piaceva, Donzelli, Roma 1996; Due volte la stessa carezza, Bompiani, Milano 1997; Uomini e donne. Una fratellanza inquieta, Donzelli, Roma 1996; Il figlio negato, Mondadori, Milano; L'amor vile, Mondadori, Milano 1999; Lo specchio di Elisabetta, Mondadori, Milano 2001; I volti dell'amore, Mondadori, Milano 2003; La bocca piu' di tutto mi piaceva, Mondadori, Milano 2004; Possiedo la mia anima. Il segreto di Virginia Woolf, Mondadori, Milano 2006. Ha curato traduzioni e edizioni, tra gli altri, di testi di Mary Shelley, Keats, Ford, Shakespeare, Wallace, Virginia Woolf (di cui ha curato l'edizione delle opere nei Meridiani Mondadori)] Da un po' di tempo, confesso, non riesco a leggere un libro alla volta, ne leggo almeno due. Per voracita'? Si', forse: sono stata sempre golosa di libri. Ma credo sia piu' vero riconoscere che a muovermi e' l'angoscia del tempo che resta, la paura di non riuscire a leggerli tutti i libri che sono gia' stati scritti, e quelli altrettanto copiosi che vengono pubblicati ogni giorno. Non che valga la pena, poi rifletto, leggere tutti i libri in tempi in cui un criterio di mercato rozzo, ignorante, battezza col nome di libro merce a volte troppo estranea. Ma quando leggo, spesso ho fortuna; una specie di sesto senso mi guida verso i libri veri, come in questo caso, quando quasi senza accorgermene, per una specie di scelta involontaria, mi sono ritrovata tra le mani un saggio di Massimo Fusillo su Dioniso, dal titolo Il dio ibrido (Il Mulino, pp. 261, euro 23), e uno di Victoria Rimell, dal titolo Ovid's Lovers (Cambridge U. P., pp. 235, 50 sterline, o 106 euro da Tombolini). Sono due giovani e prolifici studiosi del mondo classico che con agio si muovono tra idee moderne: il primo piu' della seconda interessato a stringere legami teorici con la contemporaneita'. Mentre la seconda privilegia la centralita' dell'immaginazione poetica (miracolosa e, come sappiamo, very sexy in Ovidio), e si stringe al testo originale in un corpo a corpo affascinante, il primo invece cerca tracce e rimandi, echi e variazioni dei temi che si annidano in quel testo sublime, Le Baccanti, e da li' irradiano investendo in particolare il Novecento. In entrambi i casi, tanto in Ovidio, che in Euripide, a tema - ci convincono i due studiosi - e' il desiderio, qualcosa di cui non smetteremo di parlare mai: un tema universale, in altri tempi si sarebbe detto. Ma anche e soprattutto un tema che ci trovera' sempre impreparati, quand'anche riuscissimo a tenere a mente l'infinita' di figure che poeti e scrittori celebrando le sue gesta hanno inventato. In fondo, ogni epoca crede di reinventare nuove pose e posture, nuovi intrecci e nuovi nodi, nuovi contatti e contratti tra gli amanti - e in verita' di intenti si dispone a reimmaginare il modo del loro incontro. E' accaduto senz'altro nella fin de siecle che ha aperto sul Novecento, sta accadendo nell'inizio di millennio che viviamo adesso. A Vienna scoppio' l'incendio, li' risuono' lo sparo di Weininger, li' Freud svelo' la sessualita' fin nell'infanzia, e fior di scrittori si dedicarono a comprendere di nuovo e dunque ridefinire che cos'e' un uomo, che cos'e' una donna, che cos'e' la sessualita', che cos'e' il matrimonio, che cos'e' l'amore. Oggi, se si discute di Pacs e di Dico, e' perche' altre figure di amanti prendono la scena. Come si ameranno, e' tutto da vedere. Come si congiungeranno, quali saranno le loro ebbrezze, qualcuno lo descrivera'. C'e' forse chi lo sta gia' facendo. Leggendo questi due saggi, che intrattengono con la tradizione un rapporto ricco di aperture sul presente, intendevo prepararmi ad affrontare i tempi, a sostenere i mutamenti epocali, che certo non bastera' una legge a registrare. Mi sono serviti? Si'. Tutti e due in modo diverso. Il libro di Victoria Rimell mi ha fatto riscoprire in Ovidio una voce complessa e originale, che nei testi elegiaci come nelle Metamorfosi immagina una relazione tra uomo e donna, maschio e femmina, l'io e l'altro davvero metamorfica. E non perche' Rimell invochi i concetti abusati e postmoderni di ibridismo, maschera, travestitismo eccetera, ma perche' con eleganza e sapienza ci educa a leggere in Ovidio come egli colga della passione amorosa l'essenziale doppiezza e problematicita'. A dimostrazione che al di la' e oltre il sesso, inteso come genere, si pone la questione. E poi mi ha incantato il modo in cui la studiosa inglese lega nel poeta la dimensione erotica a quella dell'immaginazione, guidando il lettore alla conoscenza di una verita' importante: non c'e' poeta che alla fine non goda nella lingua, e della lingua. Lingua che nella versione inglese, dovuta alla stessa Rimell, suona viva, mobile, prensile, ironica; quasi che l'inglese traducesse meglio di ogni altra il latino. Insieme piu' lontano e piu' vicino, sempre sul tema dell'amore, della sessualita' e delle sue forme per l'appunto dionisiache, ci porta a riflettere Massimo Fusillo nel suo libro denso, colto, ipersensibile alle vicende della modernita'. E giustamente, visto che ci invita a seguire le epifanie novecentesche del dio. Epifanie che folgorano piu' sulla scena teatrale, che nella pagina scritta. Indimenticabile (cito quello che ho visto, perche' l'epifania e' un'esperienza della visione, non si puo' avere per sentito dire) Marisa Fabbri diretta da Ronconi a Prato nel '77, la quale si fara', per volonta' del regista, interprete di ogni conflitto, sara' Dioniso e Penteo, e insieme tutte le Baccanti. In se' raccogliendo ogni tensione. Proprio in questa intuizione brilla l¥intelligenza viva di chi - il regista, che non e' un critico - in un solo gesto coglie l'ombelico di un testo abissale per profondita' come Le Baccanti e lo apre, lo dispiega: in se' ogni individuo, in se', ripeto, non come classe ne' come genere, ma come individuo, e' segnato dalla divisione; ognuno di noi e' Penteo e la Baccante e il coro. Il fine dello studioso Fusillo e' quello di riattraversare (in pagine fitte di rimandi e saldamente radicate nella conoscenza del testo greco e capaci al tempo stesso di confrontarsi con media diversi, e penso al cinema), di riattraversare, dicevo, e qui cito dalla quarta di copertina, "le diverse esperienze dell'immaginario contemporaneo, dal neopaganesimo alle teorie sull'identita' sessuale, dalle performance del post-human alla sperimentazione teatrale". Io gli sono andata dietro ed e' stato un viaggio movimentato, ricco di panorami e vedute emozionanti. Alla fine del quale viaggio, diro' che in genere ho notato che piu' si accetta la distanza, piu' l'intelligenza (non solo l'erotismo) cresce. Piu' ci si appropria di un testo per interpretare i proprii bisogni o pii desideri, piu' l'intelligenza del medesimo scema. E scema l'interesse dell'interpretazione. Pretendere che Dioniso faccia da mascotte alle confraternite queer o gay, pretendere che Dioniso con le sue baccanti abbiano anticipato i costumi sessuali contemporanei riduce fortemente l'intelligenza del testo originale. D'accordo, un testo per sopravvivere dovra' accettare di essere manomesso, se non manipolato, se non stuprato, violentato. In fondo, nel caso delle Baccanti, siamo proprio in tema. Ma c'e', mi domandavo leggendo, ancora chi crede all'uso della letteratura come specchio? dei tempi, delle brame? C'e' ritorno e ritorno: Fusillo sara' d'accordo con me, penso. E anche se piu' di me benevolo nell'accoglienza di quel "dio del ritorno" per eccellenza che e' Dioniso, converra' con me (e con un certo Marx) che se la prima volta e' tragedia, la seconda puo' essere farsa. O con Ernest Jones, che se non e' il ritorno di "a buried desire", di un desiderio sepolto, dov'e' il pericolo? O con un certo Bataille, che Dioniso non e' il dionisismo, ne' l'erotismo una teoria del godimento con un organo, piuttosto che un altro. 4. LIBRI. NADIA FUSINI PRESENTA I "TRATTATI D'AMORE CRISTIANI DEL XII SECOLO" A CURA DI FRANCESCO ZAMBON [Dal quotidiano "La Repubblica" del 6 luglio 2007 col titolo "Il secolo dell'amore. La Fondazione Valla ripropone i classici medievali" e il sommario "Ci sono trattati rivolti ai monaci. Il linguaggio si infiora di accese metafore. Tutti ricordano le figure di Tristano e Isotta o i versi di Maria di Francia. Fu un'epoca di grande rinnovamento spirituale e culturale con esperienze molto diverse"] Forse bisognerebbe sempre mettere nel suo proprio contesto una lettura. O addirittura, forse il libro dovrebbe scegliere i suoi lettori tra coloro che su un certo tema sono i piu' avvertiti. D'altra parte, se fossero il contesto storico o concettuale o dottrinario a dirigere il traffico, rimarrebbero assai spopolati i sentieri che portano a certi libri; anzi, certi sentieri di lettura si richiuderebbero come quelli del bosco, che se non mantenuti dal passaggio di camminatori e cacciatori, semplicemente scompaiono. In una memorabile impresa di ormai vent'anni fa, Robert Alter e Frank Kermode - l'uno biblista, l'altro critico letterario -, fornirono una literary guide to the Bible, una "guida letteraria" al libro dei libri, alla Bibbia. L'idea era che a un libro si puo' arrivare, come a una radura, ognuno per il proprio sentiero interrotto, e nella radura ognuno puo' sostare a piacimento apprezzandone in modo personale le qualita' - profumi, sapori, atmosfere. Nel caso specifico, era sotto gli occhi di tutti che da secoli la Bibbia non raccoglieva i suoi lettori alla medesima condivisa meditazione. Altrettanto evidente che nelle sue forme moderne, quella stessa tradizione negava alla Bibbia l'importanza che essa aveva avuto nel passato. E tuttavia, nella nostra cultura, che nelle sue espressioni piu' alte ripudia ogni forma di fondamentalismo e considera anacronistica ogni interpretazione autorizzata e ritiene pericolosa e antiquata ogni accettazione acritica dell'autorita', c'e' forse chi mai vorra' smettere di leggere la Bibbia? Ripudiare l'eredita' biblica? Claro que no. La verita' e' che - i piu' innocenti di noi senza saperlo, i piu' colti in piena consapevolezza - con la lingua e con l'immaginazione biblica convivono da secoli. Nei paesi anglosassoni piu' che in quelli mediterranei. Ma anche da noi e' inimmaginabile espungere dalla nostra tradizione letteraria e di pensiero i grandi testi dell'Antico e Nuovo Testamento. Tanto per fare un esempio: come faremmo a comprendere il discorso amoroso se non avessimo letto il Cantico dei Cantici con relativi commenti? E le lettere di Paolo? O, se per questo, i Trattati d'amore cristiani del XII secolo, appena editi per la Fondazione Valla (pp. 317, euro 27) per la cura di Francesco Zambon, che di quelle letture sono farciti? "Sotto il segno dell'amore si presenta quel rinnovamento spirituale e culturale" che avviene in Europa nel secolo XII, afferma Zambon, commentando in questo primo volume con impareggiabile eloquenza e sapienza La contemplazione di Dio e Natura e dignita' dell'amore di Guglielmo di Saint-Thierry; e L'Amore di Dio di Bernardo di Clairvaux. Il secolo dell'amore, dunque. Gia', ma quale amore? Conoscevamo quel tipo speciale di amore, le fin'amor, che all'alba del medesimo secolo nasce nelle corti occitane: un amore tra dame e cavalieri, che vagheggia un piacere sempre differito, vuoi perche' la dama si nega, vuoi perche' l'amante ama di lontano. Si' che non v'e' che godimento del fantasma. Conoscevamo le variazioni dei temi trobadorici quando si espandono nel nord della Francia e in altri paesi europei. Avevamo letto la storia di Tristano e Isotta, perla tra le perle del grande mito medievale dell'amore-passione; e i romanzi di Thomas e Beroul, di Chretien de Troyes, i Lais di Maria di Francia e la poesia latina dei goliardi - godereccia, sensuale. E avevamo studiato la sintesi teorica che verso la fine del secolo tentera' Andrea Cappellano nel suo trattato De Amore, ispirandosi ai grandi modelli ovidiani dell'Ars Amatoria e dei Remedia amoris. E sapevamo che proprio all'interno di questo quadro sviluppa una riflessione monastica sull'amore; ma quanto ricco e profondo fosse l'intreccio e quanto grande il valore del contributo cristiano e' Zambon a insegnarcelo, sottolineando con finezza le sfumature, le somiglianze e le particolarita' e varianti tra le diverse esperienze. Sono trattati rivolti ai monaci. Uomini che per aver fatto una scelta di castita' non rinunciano ipso facto all'amore, al suo discorso. Anzi, questi monaci, quasi fossero dei piccoli Schreber, intessono una relazione erotica intensissima con Dio, del quale si fingono figli, spose, amanti, in una girandola strabiliante di immagini e metafore e figure che stravolgono la misera evidenza del corpo, segnato dalla miseria sessuale. A ribadire una legge che regola l'amore cortese; e cioe', che l'assenza evoca il desiderio, e il godimento dell'altro va messo sotto il segno della rinuncia, per essere vero amore. Ma un incontro con l'altro che mantenga il segno-meno, il segno-senza e conservi la traccia del nostro esilio qui, su questa terra, nel nostro proprio corpo, non sara' proprio questo il dramma dell'amore per chi secoli piu' avanti cerchera' di analizzarlo dal punto di vista psichico? scientifico? mentale? Questi trattati, ripeto, si rivolgono a uomini che hanno volontariamente scelto il celibato, eunuchi di Dio, asceti volontari, che si propongono come militi e martiri che custodiranno per i loro fratelli laici o addirittura atei la relazione amorosa con un Dio che ama tutte le sue creature, dalle quali non esige altro che una risposta d'amore. E se la risposta fosse naturale (e cioe', in accordo con la volonta' divina) come altrimenti dovrebbe rispondere la creatura al dono d'amore del Padre suo, del suo Creatore, se non riamandolo? Il linguaggio s'infiora di accese metafore, fiammeggianti ossimori che dissolvono le comuni percezioni ed evidenze dei sensi e dei sessi, perche' chi cerca l'amore di Dio accetta la femminilita' come una condizione generosa, ricca, la sola che lega gli amanti nell'amore. Uno strano piacere e' evocato, dalle tonalita' intime, affettive. E si fantasticano modi di godimento, in cui l'amore passi all'atto senza degradarsi e il corpo si coniughi alla mente e la mente goda senza il corpo e provi piacere in purezza. Ora non v'e' dubbio che qualora si sia convinti dell'esistenza di Dio, convenga amare piu' Lui di qualsiasi altro. Lo riconoscera' secoli dopo senza mezzi termini quella straordinaria mistica che fu Emily Dickinson. La quale confessa anche che ci vuole molto coraggio a sopportare la relazione - in se' e per se' intollerabile - con l'Essere Supremo, che a volte le appare come un grande ladro che le ruba l'esistenza. Eppero', ci sono altri amanti - preferiscono chiamarsi philoi - i quali scelgono Lui e cio' facendo si pongono hors-sexe, al di la', o al di qua del sesso. E perche' sia vero, si convincono che bisogna che l'amor trapassi in caritatem, che si rivolga non a un uomo, o a una donna, ma a Dio. Di questo gregge, quali eccelsi pedagoghi nella schola caritatis Gregorio e Bernardo guidano l'ascesa. Anche chi non creda che l'ascetismo medievale sia rifiuto del mondo, ne' celebrazione del dualismo materia-spirito, rimarra' colpito dal titanico sforzo di sublimazione messo in atto in questi trattati. Rispetto all'economia del piacere si tratta di cambiare oggetto e meta, di mirare non piu' alla scarica immediata della tensione, ma di rinviare la soddisfazione, di fatto sospendendo l'intero processo all'incertezza. Tutta una dinamica psichica si rinnova, o addirittura si inventa in questi trattati, da cui discenderanno non solo un diverso uso della sessualita', ma nuovi soggetti umani. Misoginia? Repressione degli istinti? Non e' questa la chiave di lettura che suggerisce Zambon; si perderebbe la complessita' dell'orizzonte spirituale e filosofico dello sforzo "correttivo": disciplinare l'immaginazione dell'ardente giovane monaco in ordine alle fantasie erotiche non e' l'equivalente di reprimere. Lo sanno anche i sassi che c'e' differenza tra disciplina e repressione. D'altra parte, non v'e' dubbio che al monaco, e per estensione all'uomo e alla donna cristiani, si impone la mortificazione della carne. Ne rende testimonianza la storia d'amore piu' chiacchierata del secolo, quella tra Abelardo e Eloisa, dove una donna si dimostra degna di Dio rinunciando alla sua vita sessuale, e un uomo sacrificando il proprio organo. Ora e' chiaro che il diniego dell'umano puo' essere interpretato come la massima affermazione, l'essenza stessa dell'umano. V'e' chi afferma che in cio' consiste il punto di vista cristiano. V'e' chi suggerisce che se Cristo si fa corpo e' per nobilitare l'anima. E torna alla mente l'osservazione di quel sapientissimo filosofo della vita quotidiana, che fu Michel de Montaigne, quando tra se' e se' commenta: "che animale mostruoso quello che ha orrore di se stesso, quello al quale pesano i propri piaceri!". Appunto. E tuttavia, chi si dichiari contrario a ogni mortificazione della carne, e si disponga ad amare l'altro con la "a" minuscola, se sara' sincero dovra' riconoscere che non e' affatto detto che gli basti. Cosi' la domanda resta: perche' l'altro - l'altro uomo, l'altra donna - non sono abbastanza per noi? A mo' di risposta, rileggete quell'inquietante Terza Meditazione di Cartesio, dove il filosofo confessa che c'e' soltanto una ragione per non dubitare dell'esistenza di Dio: l'altro uguale a me non mi basta a non sentirmi solo. 5. LIBRI. ELENA LOEWENTHAL PRESENTA "A POCO A POCO IL RICORDO" DI SAUL FRIEDLANDER E "LA TIGRE SOTTO LA PELLE" DI ZVI KOLITZ [Dal supplemento "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa" del 19 aprile 2008 col titolo "Sotto la pelle la tigre Shoah" e il sommario "Le pagine del lituano Zvi Kolitz, filologo, biblista, sionista che fu tra i primi, fin dal 1947, a dare forma narrativa all'orrore e al dolore, al mistero macabro del male assoluto" Elena Loewenthal, limpida saggista e fine narratrice, acuta studiosa; nata a Torino nel 1960, lavora da anni sui testi della tradizione ebraica e traduce letteratura d'Israele, attivita' che le sono valse nel 1999 un premio speciale da parte del Ministero dei beni culturali; collabora a "La stampa" e a "Tuttolibri"; sovente i suoi scritti ti commuovono per il nitore e il rigore, ma anche la tenerezza e l'amista' di cui sono impastati, e fragranti e nutrienti ti vengono incontro. Nel 1997 e' stata insignita altresi' del premio Andersen per un suo libro per ragazzi. Tra le opere di Elena Loewenthal: segnaliamo particolarmente Gli ebrei questi sconosciuti, Baldini & Castoldi, Milano 1996, 2002; L'Ebraismo spiegato ai miei figli, Bompiani, Milano 2002; Lettera agli amici non ebrei, Bompiani, Milano 2003; Eva e le altre. Letture bibliche al femminile, Bompiani, Milano 2005; con Giulio Busi ha curato Mistica ebraica. Testi della tradizione segreta del giudaismo dal III al XVIII secolo, Einaudi, Torino 1995, 1999; per Adelphi sta curando l'edizione italiana dei sette volumi de Le leggende degli ebrei, di Louis Ginzberg] Fra i premi Pulitzer assegnati negli Stati Uniti qualche giorno fa c'e' anche Saul Friedlander. Ha vinto per il suo ampio affresco storico dedicato allo sterminio degli ebrei d'Europa, nella categoria "non fiction". Pensare che la vita di questo studioso settantacinquenne assomiglia davvero a un romanzo. Nato a Praga, venne affidato a un monastero dai genitori poco prima di essere deportati ad Auschwitz. Il piccolo Saul fu allevato da cattolico e stava avviandosi al sacerdozio quando, nel 1947, scopri' le proprie radici ebraiche. L'anno successivo arrivo' in Israele e dagli anni Ottanta la sua carriera accademica si divide fra Gerusalemme e la California. A lui dobbiamo un intenso stralcio di autobiografia, o meglio di memoria che affiora, in A poco a poco il ricordo, pubblicato qualche anno fa da Einaudi. Tanto la rievocazione di Friedlander e' lieve, sofferta eppure sempre intrisa da una pacatezza dono forse del tempo forse del modo in cui le esperienze sono state vissute, quanto di cifra opposta e' l'approccio di Zvi Kolitz. Di lui conosciamo, come un pugno piantato in mezzo al cuore, il monologo di Yossl Rakover che, negli ultimi istanti della vita, dentro il ghetto di Varsavia (ma potrebbe essere qualunque altro luogo della distruzione nazista), si rivolge a Dio. Pubblicate da Adelphi qualche anno fa nell'impeccabile traduzione dall'yiddish di Anna Linda Callow, queste poche pagine che sono invettiva e preghiera, sfida e sottomissione, hanno avviato un percorso letterario e teatrale ricco di successi. Il fatto che sia un apocrifo nulla toglie alle verita' umane e di fede che vi si raccontano. Ma Zvi Kolitz, nato in Lituania nel 1913 e morto a New York nel 2002, non ha scritto solo questo breve testo. E' di fatto una figura complessa, anche problematica: un po' fine filologo, un po' militante sionista, uomo politico e biblista. Ora esce in italiano una sua raccolta di racconti, La tigre sotto la pelle. Storie e parabole degli anni della morte (a cura di Vincenzo Pinto, Bollati Boringhieri, pp. 172, euro 14). Il volume contiene anche una ri-traduzione di Yossl Rakover, questa volta dall'inglese. Sara' colpa del raddoppio di mediazione linguistica, sara' forse una certa pesantezza di mano, ma il confronto gioca tutto a favore della prima edizione. In un passo, oltretutto, si rischia un pericoloso capovolgimento di senso: "Mi vergognerei di appartenere ai popoli che hanno generato e cresciuto gli scellerati responsabili dei crimini compiuti contro di noi", scivola su toni affatto diversi nella nuova traduzione. Gli altri testi sono storicamente fondamentali: pubblicati a New York nel 1947, rappresentano il primo tentativo di un approccio "narrativo" alla Shoah appena avvenuta. In un mondo ancora stordito dall'orrore, queste pagine provano per la prima volta a raccontarlo. Sono tutte piene di morte e tormenti, ricche di effetti scenici; domina il macabro infittito dal mistero della totale incomprensibilita' che questa storia porta con se'. 6. LIBRI. ELENA LOEWENTHAL PRESENTA "IL DEMIURGO E ALTRI SAGGI" DI RENE' GUENON [Dal supplemento "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa" del 27 ottobre 2007, col titolo "Guenon dal tao all'islam". Elena Loewenthal, limpida saggista e fine narratrice, acuta studiosa; nata a Torino nel 1960, lavora da anni sui testi della tradizione ebraica e traduce letteratura d'Israele, attivita' che le sono valse nel 1999 un premio speciale da parte del Ministero dei beni culturali; collabora a "La stampa" e a "Tuttolibri"; sovente i suoi scritti ti commuovono per il nitore e il rigore, ma anche la tenerezza e l'amista' di cui sono impastati, e fragranti e nutrienti ti vengono incontro. Nel 1997 e' stata insignita altresi' del premio Andersen per un suo libro per ragazzi. Tra le opere di Elena Loewenthal: segnaliamo particolarmente Gli ebrei questi sconosciuti, Baldini & Castoldi, Milano 1996, 2002; L'Ebraismo spiegato ai miei figli, Bompiani, Milano 2002; Lettera agli amici non ebrei, Bompiani, Milano 2003; Eva e le altre. Letture bibliche al femminile, Bompiani, Milano 2005; con Giulio Busi ha curato Mistica ebraica. Testi della tradizione segreta del giudaismo dal III al XVIII secolo, Einaudi, Torino 1995, 1999; per Adelphi sta curando l'edizione italiana dei sette volumi de Le leggende degli ebrei, di Louis Ginzberg] Si parla molto - troppo? - di religione, e immancabilmente in termini riduttivi: oggi essa e' tanto spesso un comodo bersaglio al quale dare addosso senza esclusione di colpi (per poi magari citare il primo versetto a caso della Bibbia, quando fa comodo anche questo), quanto un fenomeno astratto, estraneo al vivere. Che la fede sia o possa essere anche un'esperienza di vita, non siamo piu' abituati a pensarlo. Viene in mente l'aberrante esempio dei kamikaze, che nella realta' non ha nulla a che vedere con nessuna religione, e' piuttosto un violento abuso di fede e di corpi. Inoltre, al di la' della vita clericale, la religione non e' piu' concepita come un sistema di vita. Il che ha quasi del paradossale dentro una societa' come la nostra che s'inceppa ancora, e con goffaggine, quando si tratta di costruire e prima ancora di definire una morale laica. La biografia di Rene' Guenon, nato a Blois in Francia nel 1886 e morto al Cairo nel 1951, ci racconta invece per filo e per segno che cosa significhi fare esperienza della fede, lasciare che sia questa a guidare la vita. Nel 1909, ad appena ventitre' anni, Guenon fonda la rivista "La Gnose" e vi scrive sotto lo pseudonimo di Palingenius: fra quelle pagine apparvero gli scritti che Gallimard raccolse poi nel 1967 e che oggi opportunamente Adelphi porta in italiano per la cura di Graziella Cillario (Il demiurgo e altri saggi, nella Piccola Biblioteca, pp. 313, euro 14). Gia' a quell'epoca d'esordio gli interessi spirituali di Guenon spaziano sino all'induismo e al Tao. Lo studioso s'inizia anche a quell'esoterismo islamico che rappresentera' il fil rouge di questa sua esperienza, tanto di vita quanto sapienziale. Partendo dal presupposto platonico che la conoscenza altro non e' se non reminiscenza, cioe' risveglio, Guenon va in cerca di una verita' interiore trasversale alle religioni e alla pratica della fede: dopo gli studi di matematica, interrotti nel 1906, e un fitto percorso di incontri, questa ricerca lo portera' nel 1912 alla conversione all'islam. Al di la' di questa scelta che lo induce a trasferirsi definitivamente al Cairo nel 1930, gli interessi spirituali e filologici di Guenon restano sempre interdisciplinari e in questo senso egli e' molto moderno (come quando addita la scarsa acribia di una certa critica alla Bibbia, che sentenzia senza conoscere l'ebraico del testo originale), fermo restando il rifiuto delle superstizioni e di un occultismo che non abbia come scopo unico la ricerca della conoscenza religiosa, delle questioni fondamentali che il creato impone. Si vedano ad esempio le bellissime pagine sul senso del silenzio e la solitudine, sul Demiurgo come unica spiegazione all'esistenza del male, e del mondo in se'. ============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 169 del 22 giugno 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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