Minime. 492



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 492 del 20 giugno 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Dijana Pavlovic ricorda Saban Bajramovic
2. Osvaldo Caffianchi: Piccola ode in memoria di Saban Bajramovic
3. Nando dalla Chiesa: Appello alla mobilitazione. Lunedi' a Milano
4. Benito D'Ippolito: Litania dei morti in preghiera
5. Dino Frisullo: Cronaca nera
6. Benito D'Ippolito: Ballata per una Regina morta
7. Peppe Sini: Cialtroni con le ali. Ovvero come gli acrobati delle menzogne
continuino a ingannare e truffare i cittadini di Ciampino e di Viterbo
8. Maria Teresa Carbone intervista Helen Oyeyemi (2005)
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. LUTTI. DIJANA PAVLOVIC RICORDA SABAN BAJRAMOVIC
[Dal quotidiano "L'Unita'" del 19 giugno 2008 col titolo "Si puo'
condividere la buona sorte?".
Dijana Pavlovic e' nata nel 1976 in Serbia, vi ha vissuto e studiato fino al
'99, laureandosi a Belgrado; dal 1999 vive e lavora a Milano; e' attrice
drammatica, docente, mediatrice culturale]

Domenica 8 giugno tutti noi Rom dei Balcani abbiamo avuto dalla Serbia una
notizia che ci ha rattristato molto: e' morto Saban Bajramovic, il re della
musica Rom, considerato uno dei dieci piu' grandi jazzisti del mondo. Aveva
72 anni, era nato in Serbia nel 1936, nella sua vita ha composto piu' di 700
canzoni. Come tutti i Rom di quella generazione non aveva studiato e la sua
educazione musicale l'aveva ricevuta dalla strada. A diciannove anni fuggi'
dall'esercito per motivi d'amore e fu condannato a tre anni di carcere per
diserzione. Davanti alla corte marziale dichiaro' che nessuno poteva punirlo
tanto quanto lui era in grado di sopportare e cosi' la pena gli fu aumentata
di due anni mezzo che lui utilizzo' per imparare a leggere e scrivere. Il
risultato furono altre punizioni perche' leggeva invece di lavorare.
Con la sua orchestra ha fatto il giro del mondo suonando con i piu' grandi
jazzisti e venne proclamato re della musica rom quando venne invitato in
persona da Nehru e Indira Gandhi, ritornando cosi' nel nostro Paese
d'origine. Nell'ultima intervista concessa pochi giorni prima di morire si
era lamentato che dopo 40 anni di musica non aveva una pensione e aveva dei
problemi economici. Allora il ministro della Cultura e' andato a trovarlo e
il governo ha deciso di concedergli una pensione ma la notizia non ha fatto
in tempo a farlo felice: era gia' morto. Al suo funerale c'era anche il
presidente della Serbia Borislav Tadic che nel suo discorso ha ringraziato i
Rom per aver condiviso con i serbi la buona e la cattiva sorte. Questo mi ha
fatto ricordare che questo inverno, mentre ero in Serbia, ho visto in
televisione un servizio su tre ragazzi Rom che suonavano nella via
principale di Belgrado facendosi notare per il loro talento naturale. Lo
Stato ha allora deciso di dargli una borsa di studio per permettergli di
frequentare la scuola musicale.
Tutto questo succede in un paese nostro vicino, considerato barbaro ancora
oggi anche se solo pochi anni fa anche gli aerei italiani sono andati a
esportarvi la democrazia con le bombe.
Oggi qui, nella opulenta e civile Milano, ragazzi come Eduard, un bambino
rom con un grande talento per il violino, vengono cacciati con le loro
famiglie da qualsiasi luogo senza che nessuna istituzione si preoccupi del
loro futuro. Eduard viveva nel campo di via S. Dionigi, andava a scuola,
studiava il violino, sognava di andare al Conservatorio. Poi e' stato
sgomberato. Il sogno del conservatorio e' svanito. Adesso la sua scuola e'
la metropolitana. A lui di questo Paese tocca solo la cattiva sorte.

2. LUTTI. OSVALDO CAFFIANCHI: PICCOLA ODE IN MEMORIA DI SABAN BAJRAMOVIC

Aveva imparato la musica in galera
Saban Bajramovic

Sapeva che gli eserciti e l'amore
insieme non possono andare

Sapeva cantare, inventare, ridire le voci
che fanno crescere le foglie sugli alberi
convincono il sole e la luna a risorgere
salvano la vita dell'umanita'.

3. APPELLI. NANDO DALLA CHIESA: APPELLO ALLA MOBILITAZIONE. LUNEDI' A MILANO
[Da Nando dalla Chiesa (per contatti: posta at nandodallachiesa.it) riceviamo e
diffondiamo.
Nando dalla Chiesa e' nato a Firenze nel 1949, sociologo, docente
universitario, gia' parlamentare e sottosegretario; e' stato uno dei
promotori e punti di riferimento del movimento antimafia negli anni ottanta;
e' persona di straordinaria limpidezza morale. Dal sito sopra citato
riprendiamo anche questa breve autopresentazione (risalente a qualche tempo
fa) di Nando dalla Chiesa: "Chi sono? Uno che ama impegnarsi, specialmente
se sono in gioco la liberta' e la giustizia. Ma anche la decenza mentale e
morale. Insomma, mi piace la democrazia e ho cercato di darmi da fare per
lei in tanti modi, anche se non ho ancora capito se lei me ne sia grata. Ora
sono sottosegretario al Ministero dell'Universita' e della Ricerca, con
delega al diritto allo studio, ai conservatori e alle accademie. Sono della
Margherita ma sono soprattutto un ulivista convinto, praticamente un fan del
partito democratico che si vorrebbe fare. Il mestiere, dite. Gia', sono un
sociologo dell'economia, laureato in Bocconi e insegno la mia materia a
Scienze Politiche di Milano (ma per ora sono in aspettativa). Scrivo libri
(fino a oggi una ventina) e collaboro con diversi giornali. In particolare
mi onoro di essere tra gli editorialisti dell'Unita' di Furio Colombo e
Antonio Padellaro. Da qualche tempo sono anche editore. Ho fondato una casa
editrice che non e' nemmeno piu' solo una promessa e che si chiama Melampo.
Soci d'avventura, Lillo Garlisi e Jimmy Carocchi, miei allievi bocconiani
arrivati al successo nell'editoria per i fatti loro. Faccio pure del teatro.
O meglio, a tanto mi ha spinto l'era berlusconiana. E penso che nei prossimi
anni mi ci dedichero' un bel po'. E infine, mi piace fondare. Mica solo la
casa editrice. Ho fondato un circolo di nome 'Societa' civile' nella Milano
degli anni ottanta. Una splendida creatura collettiva che ha tenuto botta al
regime della corruzione di quel periodo. Poi, con il mio amico Gianni
Barbacetto, ho fondato il mensile omonimo, grande esperienza giornalistica
fatta da ragazzi irripetibili. Ho fondato con Leoluca Orlando e Diego
Novelli la Rete, un movimento che diede agli inizi degli anni novanta
dignita' politica nazionale all'idea che si dovesse combattere la mafia. Ho
fondato il piccolo movimento di Italia democratica, anche quello con
mensile, che conflui' nell'Ulivo battendosi contro il razzismo e la
secessione. E pure Omicron, rivista sulla criminalita' organizzata al nord,
sempre con Gianni Barbacetto. E il comitato di parlamentari 'La legge e'
uguale per tutti' per fronteggiare l'offensiva del signor B.; un comitato
alla testa di tante manifestazioni degli ultimi cinque anni e che ha
prodotto l'unica esperienza di teatro civile al mondo fatto da parlamentari.
Ho anche fondato con Fabio Zanchi e Lidia Ravera il Mantova Musica Festival,
giunto ormai alla terza edizione e nato per contestare Sanremo finito nelle
mani di Tony Renis. Soprattutto ho fondato una famiglia con Emilia. Ne sono
nati Carlo Alberto e Dora, i miei gioielli, che se li avesse visti Cornelia
ne sarebbe rimasta folgorata, altro che i suoi Gracchi, con tutto il
rispetto...". Opere di Nando dalla Chiesa: Il potere mafioso. Economia e
ideologia, Mazzotta 1976; Delitto imperfetto. Il generale, la mafia, la
societa' italiana, Mondadori 1984, Editori Riuniti 2003; (con Pino
Arlacchi), La palude e la citta'. Si puo' sconfiggere la mafia, Mondadori
1987; Il Giano bifronte. Societa' corta e colletti bianchi: il lavoro, la
cultura, la politica, Etas libri 1987; Storie di boss ministri tribunali
giornali intellettuali cittadini, Einaudi 1990; Dizionario del perfetto
mafioso. Con un breve corso di giornalismo per gli amici degli amici,
Mondadori 1990; Il giudice ragazzino. Storia di Rosario Livatino assassinato
dalla mafia sotto il regime della corruzione, Einaudi 1992; Milano-Palermo:
la Nuova Resistenza (a cura di Pietro Calderoni), Baldini & Castoldi 1993; I
trasformisti, Baldini & Castoldi 1995; La farfalla granata. La meravigliosa
e malinconica storia di Gigi Meroni il calciatore artista, Limina 1995; La
politica della doppiezza. Da Andreotti a Berlusconi, Einaudi 1996; (a cura
di), Carlo Alberto dalla Chiesa, In nome del popolo italiano. Autobiografia
a cura di Nando dalla Chiesa, Rizzoli 1997; Storie eretiche di cittadini
perbene, Einaudi 1999; Diario di fine secolo. Della politica, della
giustizia e di altre piccolezze, Edizioni Pequod 1999; La partita del
secolo. Storia di Italia-Germania 4-3. La storia di una generazione che
ando' all'attacco e vinse (quella volta), Rizzoli 2001; La legge sono io.
Cronaca di vita repubblicana nell'Italia di Berlusconi. L'anno dei
girotondi, Filema edizioni 2002; La guerra e la pace spiegate da mio figlio,
Filema edizioni 2003; La scuola di via Pasquale Scura. Appassionato elogio
dell'istruzione pubblica in Italia, Filema edizioni 2004; La fantastica
storia di Silvio Berlusconi. Dell'uomo che porto' il paese in guerra senza
avere fatto il servizio militare, Melampo 2004;  Capitano, mio capitano. La
leggenda di Armando Picchi, livornese nerazzurro, Limina 1999, nuova
edizione 2005; Vota Silviolo!, Melampo 2005; Le ribelli, Melampo 2006.
Scritti su Nando dalla Chiesa: suoi ritratti sono in vari libri di carattere
giornalistico (tra gli altri di Giorgio Bocca, Giampaolo Pansa, Corrado
Stajano); tra le intervista si veda ad esempio quella contenuta in Edgarda
Ferri, Il perdono e la memoria, Rizzoli 1988. Il sito di Nando dalla Chiesa
e': www.nandodallachiesa.it]

Occorre rispondere. Con Gianni Barbacetto e altri amici sto indicendo una
manifestazione a Milano per lunedi' pomeriggio alle 18 davanti al Palazzo di
Giustizia. Questo e' il testo dell'appello. Fatelo girare.
*
Rompiamo gli indugi. Il nuovo assalto di Silvio Berlusconi ai principi di
legalita' e alla giustizia non puo' vederci testimoni immobili e dunque
complici. Ancora una volta il potere politico viene usato per tutelare
posizioni processuali personali, senza alcuno scrupolo ne' verso i principi
costituzionali ne' verso gli effetti che si producono a cascata
sull'amministrazione della giustizia, sulla sicurezza e sulla liberta'
d'informazione. Le scelte accomodanti dell'opposizione si stanno rivelando
semplicemente sciagurate. L'idea che l'acquiescenza verso Berlusconi sia
segno di maggiore consapevolezza e maturita' politica sta portando il Paese
alla deriva, privandolo di una voce forte e coerentemente risoluta nella
difesa della Costituzione e della decenza repubblicana in parlamento.
Noi crediamo che la logica alla quale Berlusconi sta assoggettando l'azione
del suo nuovo governo e della sua maggioranza meriti una forte risposta
democratica, libera dai complessi di colpa che la politica e l'informazione
hanno cercato di gettare su chi negli anni passati si e' mobilitato contro
le leggi-vergogna e contro la manomissione della Costituzione. Non e' stata
la difesa dei principi di legalita' costituzionale a fare perdere il
centrosinistra, il quale anzi dal 2002 ha sempre vinto tutte le prove
amministrative, fino alle politiche del 2006. Non e' la nettezza dei
principi che fa perdere, come ha dimostrato il divario tra i risultati di
Rita Borsellino in Sicilia e i disastrosi risultati successivi. A far
perdere voti e' l'incapacita' di governare emersa tra rivalita', ambizioni,
narcisismi e rendite ideologiche ai danni del governo Prodi. Ed e', oggi,
l'incapacita' di rappresentare i propri elettori, sempre piu' inclini a non
partecipare al voto.
Per questo invitiamo i cittadini milanesi a una prima mobilitazione in
difesa della Costituzione e della giustizia per lunedi' 23 giugno alle 18
davanti al Palazzo di giustizia, luogo simbolico per l'opinione pubblica
legalitaria della citta'. Del tutto consapevoli che non siamo noi il "gia'
visto". Il "gia' visto", la ripetizione infinita della storia, una storia di
arroganze istituzionali, e' Silvio Berlusconi. Davanti a noi c'e' solo una
scelta: se tacere per stanchezza o mettere una volta ancora le nostre
energie al servizio della democrazia repubblicana e dello spirito delle
leggi.
Comitato milanese per la legalita'

4. LUTTI. BENITO D'IPPOLITO: LITANIA DEI MORTI IN PREGHIERA
[Nuovamente proponiamo questa litania che l'autore scrisse nell'ottobre
2000, alla notizia del ritrovamento dei cadaveri di sei migranti abbandonati
in una discarica. Inviata questa lettera all'amico suo Dino Frisullo, questi
rispose con la sua che di seguito anch'essa nuovamente si riporta]

Leggo sul giornale la notizia assente
lungo una strada una discarica abusiva
sulla discarica deposti, scaricati
morti asfissiati sei giovani migranti:
sei clandestini, leggo sul giornale
che aggiunge: il tir
partendo in fretta e furia
con una ruota ha calcato il capo spento
di uno dei morti, schiacciandolo
facendone scempio.

Vedo
la scena tutta: la strada, il grande camion
il cumulo maleodorante dei rifiuti
la fretta di sgravare a terra il carico
inerte, lo sguardo da lupo il fiato affannoso
le bestemmie masticate in gola
di chi scaglia tra i residui i residui
corpi. Vedo
il camion pesante macigno, il fumo
dei gas di scappamento, il crocchiare
orribile che non posso, non posso dire.
E vedo ancora
come sacchi quei corpi rotti
che attendono l'alba, il giorno, il passaggio
delle automobili, il sole
che alto si leva, il tempo
che passa e che fermenta, finche' viene
qualcuno e si ferma
ed e' tardi.
Poi vedo che arrivano uomini molti,
si fermano auto e furgoni, ed e' tardi.
Vengono le telecamere, le macchine
fotografiche, un momento ancora,
ancora un momento prima di gettare
un velo pietoso, il pubblico cannibale
vuole vedere il sangue, lo scempio.
Poi tutto si avvolge. Tutto torna nero.
Tutto resta nero, e nel nero un piu' cupo
nero che sembra quasi rosso. E un silenzio
tumescente.

Leggo il giornale, uno dei poveri
cristi ammazzati cosi' dalle leggi di Schengen e dalle mafie
transnazionali cui lo stato ha appaltato
il mercato del diritto a fuggire
dalla morte altra morte trovando,
leggo il giornale uno dei cristi poveri
stringeva ancora in mano una piccola, una piccola coroncina
da preghiera.

Mentre affogavano tra le balle di cotone
pregavano, pregavano i miseri clandestini.

Ascoltala tu la loro pia preghiera.
Ascoltala tu, che leggi queste righe.
Tu poni mano a far cessar la strage.

Ipocrita lettore, mio simile, mio frate.
Ascoltala tu la voce dei morti
e poni mano tu, poniamo mano insieme, a far cessar la strage.

5. LUTTI. DINO FRISULLO: CRONACA NERA
[Nell'ottobre 2000 Benito D'Ippolito invio' ad alcuni amici la litania qui
sopra riprodotta; Dino Frisullo gli rispose con la lettera che di seguito
nuovamente ripubblichiamo.
Dino Frisullo (1952-2003), impegnato nel movimento antirazzista e per i
diritti umani, per la pace e la liberazione dei popoli, fondatore delle
associazioni "Senzaconfine" e "Azad", per il suo impegno di solidarieta' con
il popolo kurdo e' stato detenuto in Turchia. E' deceduto il 6 giugno 2003
nel giorno del suo cinquantunesimo compleanno. Tra le opere di Dino
Frisullo: L'utopia incarcerata, L'altritalia, Roma 1998; Se questa e'
Europa, Odradek, Roma 1999; postumo e' apparso Sherildan, La citta' del
sole, Napoli 2003. Alcune testimonianze in ricordo di Dino Frisullo sono nei
nn. 577 e 1008 de "La nonviolenza e' in cammino"]

Ali veniva, poniamo, da Zako.
Portava in tasca un pane di sesamo
comprato in fretta nel porto a Patrasso
profumo di casa
garanzia di vita
prima di calarsi nel buio del ventre del camion.
Ali aveva gia' visto l'Italia, poniamo.
Aveva l'odore dolciastro del porto di Bari l'Italia,
e il primo italiano che vide
vestiva la divisa di polizia di frontiera
e fu anche l'ultimo.
Respingeteli, disse,
Ali non capi' le parole ma lesse lo sguardo
guardo' a terra poi si volse
perche' un uomo non piange.
Ali veniva da Zako, poniamo,
e sapeva gia' usare il kalashnikov
ma di raffiche ne aveva abbastanza
e di agenti turchi irakeni americani arabi
e di kurdi che ammazzano kurdi
e di paura masticata amara con la fame
e dell'eco delle bombe
Qendaqur come Halabje
bombardieri turchi come gli aerei irakeni
gli stessi occhi sbarrati contro il cielo che uccide.
Ali, poniamo, aveva una ragazza
rimasta sola, la famiglia in Germania,
con lei aveva sognato l'Europa
con lei aveva cercato gli agenti turchi e turkmeni
e kurdi, maledizione, anche kurdi
per contrattare il passaggio della prima frontiera,
batteva forte il loro cuore al valico di Halil
divise verdeoliva
nel buio fasci di banconote stinte di tasca in tasca
e poi liberi
corre veloce l'autobus da Cizre verso Mardin
ogni mezzora un posto di blocco
divise verdeoliva banconote via libera
colonna di autobus veloce di notte tre notti
trenta posti di blocco
da Mardin fino a Istanbul,
e quella notte ad Aksaray nel piu' lurido degli alberghi
fra ubriachi che russano e scarafaggi
per la prima volta avevano fatto l'amore
e per l'ultima volta.
Sul comodino un vaso di fiori secchi stecchiti
lei gliene regalo' uno
come fosse una rosa di maggio.
Fu all'alba che vennero a prenderli
taxi scassati il cielo grigio del Bosforo
poi a piedi verso un'altra frontiera
in fila indiana nel fango in silenzio
fino alle ginocchia l'acqua del Meric
ha la pistola il mafioso, "piu' in fretta" sussurra,
di la' la Grecia l'Europa
e' calda la mano di Leyla
si chiamava Leyla, poniamo
era calda la mano di Leyla
prima che scoppiasse sott'acqua la mina
prima che i greci cominciassero a sparare
prima dell'inferno.
Un uomo non piange
ma il cuore di Ali galleggiava nell'acqua sporca del Meric
mentre si nascondeva nel canneto
perche' i greci non scherzano
e se ti consegnano ai turchi e' la fine
i maledetti verdeoliva che hanno intascato i tuoi soldi
ti fanno sputare sangue
nelle celle di frontiera.
In Grecia l'uomo si fa gatto
si fa topo ragno gazzella
a piedi di notte fino a Salonicco
un passaggio da Salonicco a Patrasso
giovani turisti abbronzati, poniamo
Ali ha la febbre batte i denti fa pena
rannicchiato sul sedile della Rover
e' bella la ragazza straniera
ma la sua Leyla era piu' bella
piu' profondi del mare i suoi occhi.
La Rover frena sul mare
di la' c'e' l'Europa davvero
gli ultimi soldi per il biglietto per Bari
Ali il mare non l'aveva mai visto
fa paura di notte il mare
ma un uomo non ha paura
e il cielo dal mare non e' poi diverso
dal cielo dei monti di Zako nelle notti chiare.
Fa piu' paura la polizia di frontiera
"ez kurd im"
"ma che vuoi, che lingua parli,
rispediteli a Patrasso, ne abbiamo abbastanza di curdi qui a Bari,
chiudeteli dentro, che non scendano a terra
senno' chiedono asilo..."
E' triste il cielo dal mare
come il cielo dei monti di Zako nelle notti scure.
E' duro esser kurdi
sperduti fra il cielo ed il mare
erano in dieci, poniamo
che quella notte a Patrasso contrattarono in fretta
seicento dollari a testa disse il camionista
seimila dollari quei dieci corpi
valgono quanto un carico intero
e il suo amico Huseyn pago' anche per lui
prima di coricarsi abbracciati
stretto il pane di sesamo in tasca
stretto in mano un fiore secco
in dieci stretti fra le balle di cotone
che ti prende alla gola
che ti toglie il respiro...

E' cronaca
"Morti soffocati a Foggia sei clandestini in un tir"
e' politica
"Piu' di mille clandestini respinti nel porto di Bari"
e' diplomazia
"Accordo con la Grecia sui rimpatri"
e' ipocrisia
"Roma chiede collaborazione ad Ankara"
e' propaganda
"Inasprite le pene contro i trafficanti"
e' nausea e' rabbia e' dolore

sotto le stelle di Zako mille Ali sognano l'Europa
in Europa sogneranno il ritorno

nella fredda nebbia di Colonia
Huseyn bussa a una porta
ha da consegnare una cattiva notizia
un fiore secco
e un pane di sesamo...

6. LUTTI. BENITO D'IPPOLITO: BALLATA PER UNA REGINA
[Nuovamente riproponiamo questa "Ballata per una Regina morta ammazzata
sulla strada tra Tuscania e Tarquinia nell'estate del duemilauno" che
l'autore scrisse il 3 agosto 2001, alla notizia del ritrovamento del
cadavere, scempiato dagli animali selvatici, di una giovane donna prima resa
schiava e poi assassinata]

Ci sono cose che non sai come dirle
e allora le scrivi a righe interrotte.

Dilaniata dai randagi la salma
e' stata scoperta giorni addietro
di una giovane donna nigeriana
resa schiava in Italia e venduta
come carne e cavita' sulla strada
tra Tuscania e Tarquinia, tra le tombe
etrusche, le romaniche chiese, le ubertose
campagne che vanno alla maremma.

Leggo sui giornali gli impietosi
dettagli di cronaca nera, gli empi
segni di sempre da quando Caino
al campo invito' suo fratello.

Leggo sui giornali, i giornali locali
(non e' notizia da cronaca italiana
una persona annientata e abbandonata ai cani:
e' invece fatto
che sconvolge l'ordine del mondo, ma di questo
sapevano dire Eschilo e Mimnermo, non le aulenti
di petrolio pagine quotidiane).

E dunque leggo sui giornali locali:
dicono che si chiamasse Regina, venisse
dalla Nigeria, presa e recata
schiava in italia, dicono
chi l'abbia uccisa non sapersi.

E invece io so chi l'ha uccisa:
anche se non l'ho mai vista ne' da viva ne' ormai resa cosa
immota e deturpata. Io so
chi l'ha uccisa, e lo sappiamo tutti.

E non solo l'eventuale fruitore di servigi
che in un raptus puo' averle torto il collo
a quel piccolo giocattolo che costava quattro soldi

e non solo il racket che fornisce
carne giovane e fresca di fanciulle ai lupi
che usciti di scuola o dall'ufficio
sulle loro carcasse di ferro perlustrano
i fiumi d'asfalto alla caccia di prede

e non solo lo stato italiano che vede
tanto orrore per le sue strade
e non agisce per salvare le vite
concrete di esseri umani, non agisce
per far valere quella legge che vieta
nel nostro paese la schiavitu'

e non solo.
Io stesso mi sento le mani
sporche di sangue, io stesso che so
che a questo orrore resistere occorre
e che da anni non so fare altro
che spiegare come applicare
quell'articolo della legge 40
combinato con quell'altro articolo
del codice penale e come e qualmente
le istituzioni potrebbero salvare
la vita di tante Regine assassinate.
E nulla di piu' ho saputo fare.

E queste parole che ho aggiunto
avrei voluto tacerle.

7. EDITORIALE. PEPPE SINI: CIALTRONI CON LE ALI. OVVERO COME GLI ACROBATI
DELLE MENZOGNE CONTINUINO A INGANNARE E TRUFFARE I CITTADINI DI CIAMPINO E
DI VITERBO

Una menzogna e una truffa
E' una menzogna e una truffa la tesi propalata da certi prominenti romani e
certi stenterelli loro imitatori viterbesi, secondo cui miracolosamente si
realizzera' un devastante mega-aeroporto a Viterbo ed esso sara' la
soluzione dei guai della popolazione di Ciampino, che subisce da anni le
nocivissime conseguenze sanitarie e ambientali di un aeroporto a ridosso del
centro abitato.
La popolazione di Ciampino ha bisogno della, e ha diritto alla, riduzione
drastica e immediata dei voli oggi. Oggi, non fra quattro o dieci o cento
anni.
E quindi la folle e criminale prospettiva del mega-aeroporto di Viterbo come
soluzione per Ciampino e' palesemente un inganno, l'ennesimo inganno, il
piu' spudorato e infame degli inganni.
*
Anche perche'
Anche perche' a Viterbo il devastante mega-aeroporto per voli low cost del
turismo "mordi e fuggi" per Roma non solo non si deve fare, ma neppure si
puo'; ne' oggi, ne' mai. E tutte le persone ragionevoli ed informate lo
sanno.
- Perche' l'area nel cui cuore la struttura dovrebbe andare a collocarsi,
tutto devastando, non lo consente affatto: essa essendo un'area di immenso
valore naturalistico, storico-culturale, agricolo ed agricolo-biologico,
termale e terapeutico, sociale e finanche simbolico (l'area termale del
Bulicame essendo infatti un riferimento forte dell'identita' della comunita'
viterbese). Voler realizzare un mega-aeroporto nell'area termale del
Bulicame a Viterbo, e a due passi dal centro storico della citta', e' come
affidare ad Attila il ministero dell'ambiente e a Jack lo squartatore il
ministero della sanita'.
- Perche' sono gia' dimostrati gli effetti catastrofici per la salute, la
sicurezza e i diritti dei cittadini che la realizzazione dell'opera, e
quindi l'enorme attivita' trasportistica cui essa sarebbe intesa,
comporterebbe.
- Perche' questa disastrosa opera non solo non portera' affatto ricchezza a
Viterbo ma ne sottrarra', provochera' danni irreversibili all'economia
locale, danni irreversibili ai diritti soggettivi e ai legittimi interessi
della popolazione locale, danni irreversibili alla salute e al benessere dei
cittadini, danni irreversibili alla qualita' della vita nell'Alto Lazio.
- Perche' consisterebbe eminentemente di una ruberia e uno sperpero di
ingentissime risorse pubbliche a danno dell'intera comunita' e a beneficio
soltanto di un ristretto circolo affaristico e speculativo.
- Perche' un progetto cosi' dissennato non potra' superare mai i vincoli e
le procedure della vigente legislazione nazionale ed europea in materia di
valutazione d'impatto ambientale, di valutazione ambientale strategica, di
valutazione d'impatto sulla salute.
Questa e' la realta' effettuale, questa la "dura replica dei fatti".
*
Quelli che mentono sapendo di mentire
E quindi tutti coloro che non siano degli sprovveduti e che continuano a
ripetere che il mega-aeroporto a Viterbo e' ormai alle porte, ebbene, tutti
costoro mentono sapendo di mentire.
E con la loro menzogna ingannano tanti cittadini loro vittime, cittadini che
hanno diritto alla verita', cittadini che hanno diritto - nel caso degli
abitanti di Ciampino e dintorni - ad interventi urgenti per far cessare
tanta parte del traffico aereo che grava quella citta' e danneggia la salute
e la qualita' della vita di migliaia e migliaia di persone.
Tutti coloro che pervicamente mentono sapendo di mentire, e con la loro
menzogna impediscono che vengano adottati i provvedimenti necessari ed
urgenti per Ciampino, col loro mentire si assumono dunque anche una grave
responsabilita'. Della quale - diciamolo chiaro - un giorno dovranno pur
essere chiamati a rispondere anche nelle aule di giustizia.
*
Per Ciampino
Per Ciampino occorre un solo provvedimento, semplice, chiaro: ridurre subito
i voli, non spostandoli altrove, ma abolendoli tout court. Poiche' prima
vengono i diritti delle persone, prima viene il diritto alla salute, prima
viene la sicurezza collettiva, prima viene la dignita' umana, prima viene la
legalita' che afferma e invera i diritti di tutti. Dopo, solo dopo, e solo
se compatibile con quei valori e quelle norme che la Costituzione della
Repubblica Italiana pone a fondamento e presidio del nostro ordinamento
giuridico - dopo, solo dopo, viene il profitto degli affaristi. E quando
quel profitto e' disonesto, quando quel profitto danneggia la salute e le
vite delle persone, quando quel profitto devasta il bene comune e la casa
comune, quando quel profitto viola diritti e leggi, allora quel profitto e'
illecito, allora quel profitto e' criminale. Allora quel profitto non deve
aver luogo, e le azioni ad esso intese devono essere impedite. Con la forza
della verita', con la forza della democrazia, con la forza della legge.
Per Ciampino occorre un impegno immediato delle istituzioni a imporre la
riduzione immediata dei voli. Punto. Gli strumenti di legge ci sono. Le
istituzioni che ne hanno il potere anche. Si proceda una buona volta.
*
Per Viterbo
Per Viterbo occorre far cessare questa squallida, folle, criminosa menzogna.
E tornare alla verita' e alla legalita': verita' e legalita' che impongono
di dire finalmente chiaro e tondo che a Viterbo il mega-aeroporto per voli
low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma non si puo' e non di deve
fare, ne' oggi, ne' mai.
Viterbo ha bisogno di ben altro: di difesa e valorizzazione dei suoi beni
ambientali e culturali, della sua agricoltura di qualita', del termalismo, e
dell'attivita' ricettiva legata alla valorizzazione turistica delle sue
straordinarie peculiari risorse, dell'artigianato connesso alle qualificate
e specifiche tradizioni produttive locali, dell'alta ricerca scientifica e
dell'attivita' formativa collegate all'Universita' della Tuscia; e quanto
alle infrastrutture per la mobilita', di un immediato e reale potenziamento
dei collegamenti ferroviari - con Civitavecchia, con Orte e con Roma.
Il devastante mega-aeroporto per voli low cost e' solo un danno e un
inganno, una follia e un crimine.
*
Dal punto di vista dell'umanita'
Non solo: occorre porre in tutta la sua nuda evidenza la necessita' di
ridimensionare il trasporto aereo, in particolare quello per scopi
voluttuari.
Il trasporto aereo va immediatamente e drasticamente ridotto e rimodulato in
considerazione del fatto che il suo attuale dissennato incremento e'
fortemente corresponsabile del surriscaldamento del clima, e quindi della
piu' grave aggressione globale alla biosfera.
La ricerca scientifica e le piu' autorevoli istituzioni internazionali da
anni stanno chiedendo di effettuare scelte di modello di sviluppo, e quindi
di modello di mobilita', compatibili con la biosfera e con i diritti umani
di tutti gli esseri umani, comprese le generazioni future.
Il trasporto aereo va immediatamente e drasticamente ridotto, cosi' come
vanno ridotte alte attivita' che stanno provocando un disastro ecologico
planetario. E' davvero ora che l'umanita' cominci a prendersi cura
dell'unica casa comune che abbiamo.
*
Nasi lunghi e gambe corte
Cosicche' allo stesso tempo occorre far definitivamente cessare la minaccia
del devastante mega-aeroporto a Viterbo, liberare Ciampino dai voli che
letteralmente soffocano la popolazione che in quella citta' e nelle aree
limitrofe risiede, ridurre il trasporto aereo tout court.
Per questo tanta parte della popolazione viterbese e' gia' impegnata. In
difesa dell'ambiente, della salute, della democrazia, della nostra terra e
del nostro futuro.
Solo affaristi e politicanti mistificatori e senza scrupoli, o insipienti e
vieppiu' irresponsabili, e i manutengoli loro, non se ne sono ancora
accorti.
Ma le bugie - si sa - hanno le gambe corte.

8. LIBRI. MARIA TERESA CARBONE INTERVISTA HELEN OYEYEMI (2005)
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 aprile 2005 col titolo "Le ali di
Jessamy in volo fra due mondi".
Maria Teresa Carbone, traduttrice, saggista, organizzatrice culturale,
curatrice con Nanni Balestrini del sito di letture e visioni in rete
www.zoooom.it
Helen Oyeyemi, scrittrice, nata in Nigeria nel 1984, vive a Londra. Opere di
Helen Oyeyemi: Icarus Girl, Bloomsbury, 2005; Juniper's Whitening, Methuen,
2005; Opposite House, Bloomsbury, 2007; in italiano: La bambina Icaro,
Fabbri e Rizzoli, Milano 2005]

Nella scena che apre La bambina Icaro, romanzo di esordio della ventenne
anglonigeriana Helen Oyeyemi, pubblicato a gennaio con molto clamore in Gran
Bretagna e prontamente edito in Italia da Rizzoli (pp. 337, euro 17,50,
traduzione di Annamaria Biavasco, Valentina Guani e Elisabetta Humouda), la
protagonista del libro, la piccola Jessamy Harrison, e' nascosta in un
guardaroba: "Era seduta nell'armadio del corridoio, tra asciugamani e
biancheria, e mormorava tra se': Sono nell'armadio. Aveva la sensazione di
doverselo ripetere per riuscire a crederci. Un po' come faceva al mattino
quando si svegliava e si diceva: Mi chiamo Jessamy. Ho otto anni". Incerta
di se', fragile, divisa fra due culture - quella del "bianchissimo e
biondissimo" padre inglese, e quella della madre, Sarah, che ha lasciato la
sua Nigeria per Londra dove e' diventata scrittrice -, Jess e' una bambina
solitaria, che non ama la vita fuori dall'armadio e preferisce guardare per
terra ("un posto che rimaneva sempre piu' o meno uguale"), scrivere haiku,
leggere. Ed e' proprio la solitudine da un lato, e l'appartenenza a una
doppia cultura dall'altro, a catalizzare, durante un soggiorno presso la
casa africana della famiglia materna, l'apparizione di una amica
immaginaria, ma anche molto reale, TillyTilly, che trascina Jess in un
percorso sempre piu' doloroso alla scoperta di se', in cui si avvertono echi
delle vicende personali dell'autrice. Arrivata a Londra dalla Nigeria a
quattro anni, Oyeyemi, che oggi frequenta il secondo anno di scienze
politiche al Corpus Christi College di Cambridge e appare come una ragazza
sicura di se' e spiritosa, con un paio di ciocche blu cobalto che spiccano
nella sua capigliatura nera, ha attraversato nel corso dell'adolescenza una
profonda crisi depressiva, superata anche, se non soprattutto, grazie alla
scrittura: una scrittura, ha detto di lei la scrittrice Ali Smith, in cui lo
stile infantile, "tanto esplicito da risultare imbarazzante", unito a una
grande sicurezza narrativa, produce "una sorta di isteria stranamente
concreta". Abbiamo incontrato Helen Oyeyemi a Roma, dove e' venuta nei
giorni scorsi per presentare il suo libro.
*
- Maria Teresa Carbone: Lei ha firmato il contratto per la pubblicazione
della Bambina Icaro quando aveva appena diciott'anni, ma il testo ha
richiesto una elaborazione lunga e complessa. Ce ne vuole parlare?
- Helen Oyeyemi: Ho iniziato a scrivere molto presto, senza nessuna pretesa
letteraria: era una pratica personale e non mostravo a nessuno i miei testi.
Quando avevo tredici anni ho cominciato una serie di racconti, che ruotavano
intorno alla figura di una bambina un po' vera e un po' immaginaria,
TillyTilly appunto, e componevano una unica storia, caratterizzata dal fatto
che di volta in volta lei finiva sempre per danneggiare i suoi amici.
All'ultimo anno di scuola, pero', ho avviato un racconto diverso, dove
questo personaggio non aveva piu' un ruolo centrale e compariva invece una
nuova protagonista, Jess. Quando sono arrivata a una ventina di pagine, ho
avuto la sensazione che fosse la cosa migliore che avevo scritto fino a quel
momento. Cosi', ho mandato il testo a un agente letterario, Robin Wade. In
realta', volevo solo chiedergli qualche consiglio, perche' pensavo che in
futuro, magari a trenta o quarant'anni, sarei diventata una scrittrice. Il
giorno dopo invece ho ricevuto la sua risposta: mi diceva che era entusiasta
e aspettava il seguito. E' stato un periodo strano, che ricordo come una
sorta di sogno: stavo preparando gli esami finali, dovevo affrontare il
colloquio di ammissione a Cambridge, e intanto scrivevo quasi di nascosto.
In casa non avevo parlato del mio romanzo, usavo il computer dei miei
genitori, ma a loro raccontavo che era per i miei compiti. Cosi', quando ho
firmato il contratto per la pubblicazione del romanzo, questo ha
rappresentato una sorpresa per tutti.
*
- Maria Teresa Carbone: Al suo successo ha in parte contribuito il fatto che
il suo profilo di autrice - la sua giovinezza, la sua provenienza da un
retroterra culturale misto - corrisponde al sogno di ogni editore,
all'incarnazione di una tendenza letteraria sempre piu' diffusa. Questo non
la disturba?
- Helen Oyeyemi: Quando Robin Wade mi ha incoraggiato a continuare, ho
pensato che si trattasse di un'occasione da non perdere. Certo, sono
consapevole di avere tutti gli elementi giusti per diventare un "caso
letterario", a partire dal fatto che ho scritto questo primo libro quando
ero giovanissima, ma sono convinta che quello che conta alla lunga e' il
testo, ed e' questo che mi interessa di piu'. So bene di rappresentare una
moda, che come tutte le mode e' destinata a estinguersi presto. Ma e' sulla
qualita' della scrittura che si misura un autore, e su questo, con il tempo
e con l'esercizio, comincio a sentirmi piu' forte.
*
- Maria Teresa Carbone: La protagonista del suo libro e', come lei, un'avida
lettrice, e nel testo vengono citati molti autori diversi, dai grandi
scrittori africani come Achebe ai poeti romantici inglesi, alla Alcott di
Piccole donne. Quali sono le voci che l'hanno influenzata di piu'?
- Helen Oyeyemi: In questo periodo sto rileggendo tutte le poesie di Emily
Dickinson, e sicuramente la sua scrittura avra' una presenza molto intensa
nel nuovo libro che sto scrivendo, un romanzo ambientato a Cuba e incentrato
intorno alla mitologia yoruba. Ma dietro La bambina Icaro c'e' tutta una
massa di letture che si intrecciano, a partire proprio da Piccole donne, un
libro che in effetti continua a piacermi molto per il modo in cui segue la
trasformazione delle quattro ragazzine su un lungo arco di tempo. I testi
che mi hanno colpito di piu', che ho sentito piu' vicino, pero', sono stati
i racconti di Poe e Yoruba Girl Dancing, un romanzo di qualche anno fa della
scrittrice anglonigeriana Simi Bedford: quando l'ho letto la prima volta,
sono rimasta sconvolta. Quanto ai grandi scrittori africani, e nigeriani in
particolare, come Achebe e Soyinka, non credo di averne subito l'influenza,
anche se apprezzo il modo in cui scrivono della Nigeria senza mai essere
"esotici".
*
- Maria Teresa Carbone: Di recente lei ha affermato in un articolo che
potrebbe analizzare l'Africa d'oggi per anni interi, senza sapere di cosa in
realta' si tratti. Eppure la cultura tradizionale nigeriana ha un ruolo
importante nel suo romanzo.
- Helen Oyeyemi: In effetti, mi irrita molto sentir parlare genericamente di
Africa, mi chiedo di cosa si stia parlando, come se si trattasse di un luogo
omogeneo. Al contrario, sono convinta che sia necessario guardare all'Africa
nelle differenze, molto forti, fra le diverse culture. Cosi', per quanto mi
riguarda, preferisco parlare del paese che conosco meglio, la Nigeria, e
delle sue condizioni attuali, che continuano a essere preoccupanti, anche se
forse si intravedono segnali positivi di cambiamento. E nella Bambina Icaro,
anche se non ho preso spunto da un particolare mito del patrimonio yoruba,
sono stata influenzata dai racconti di mia nonna, che e' una formidabile
narratrice di storie. Anzi, potrei dire che ho cercato di fondere il suo
gusto del racconto con elementi legati alle mie letture.
*
- Maria Teresa Carbone: Pensa che la posizione di "dualita'" culturale in
cui si trova la protagonista della Bambina Icaro, Jess, possa essere stata
influenzata dalla sua situazione? E in generale ritiene che l'elaborazione
del suo romanzo si possa ricollegare alla depressione di cui e' stata
vittima nell'adolescenza?
- Helen Oyeyemi: Se Jess si trova in una posizione di incertezza, e' perche'
mi sono resa conto che non potevo mantenere come personaggio centrale
TillyTilly, che e' priva di sostanza, dato che non esiste un distacco fra
quello che lei e' e le azioni che compie. Avevo quindi bisogno di sviluppare
una figura da contrapporre alla sua: una figura che fosse in una situazione
di insicurezza tale da consentire a TillyTilly di insinuarsi dentro di lei.
La dualita' di Jess la rende vulnerabile, ma non direi che corrisponde alla
mia personale esperienza, sebbene sicuramente anch'io, in quanto figlia di
immigrati, mi trovi in una posizione "intermedia", che puo' rivelarsi
interessante dal punto di vista letterario. Quanto al rapporto fra
depressione e scrittura, devo premettere che non mi piacciono i testi
autobiografici, i memoir. E in ogni caso penso che per scrivere sia
necessario essere in uno stato di buona salute mentale. Quando ci si sente
depressi, nulla va come si desidera, e qualsiasi cosa si scriva tende a
essere autoreferenziale. E questa non e' certo una situazione produttiva.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 492 del 20 giugno 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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