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Minime. 492
- Subject: Minime. 492
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 20 Jun 2008 01:07:00 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 492 del 20 giugno 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Dijana Pavlovic ricorda Saban Bajramovic 2. Osvaldo Caffianchi: Piccola ode in memoria di Saban Bajramovic 3. Nando dalla Chiesa: Appello alla mobilitazione. Lunedi' a Milano 4. Benito D'Ippolito: Litania dei morti in preghiera 5. Dino Frisullo: Cronaca nera 6. Benito D'Ippolito: Ballata per una Regina morta 7. Peppe Sini: Cialtroni con le ali. Ovvero come gli acrobati delle menzogne continuino a ingannare e truffare i cittadini di Ciampino e di Viterbo 8. Maria Teresa Carbone intervista Helen Oyeyemi (2005) 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. LUTTI. DIJANA PAVLOVIC RICORDA SABAN BAJRAMOVIC [Dal quotidiano "L'Unita'" del 19 giugno 2008 col titolo "Si puo' condividere la buona sorte?". Dijana Pavlovic e' nata nel 1976 in Serbia, vi ha vissuto e studiato fino al '99, laureandosi a Belgrado; dal 1999 vive e lavora a Milano; e' attrice drammatica, docente, mediatrice culturale] Domenica 8 giugno tutti noi Rom dei Balcani abbiamo avuto dalla Serbia una notizia che ci ha rattristato molto: e' morto Saban Bajramovic, il re della musica Rom, considerato uno dei dieci piu' grandi jazzisti del mondo. Aveva 72 anni, era nato in Serbia nel 1936, nella sua vita ha composto piu' di 700 canzoni. Come tutti i Rom di quella generazione non aveva studiato e la sua educazione musicale l'aveva ricevuta dalla strada. A diciannove anni fuggi' dall'esercito per motivi d'amore e fu condannato a tre anni di carcere per diserzione. Davanti alla corte marziale dichiaro' che nessuno poteva punirlo tanto quanto lui era in grado di sopportare e cosi' la pena gli fu aumentata di due anni mezzo che lui utilizzo' per imparare a leggere e scrivere. Il risultato furono altre punizioni perche' leggeva invece di lavorare. Con la sua orchestra ha fatto il giro del mondo suonando con i piu' grandi jazzisti e venne proclamato re della musica rom quando venne invitato in persona da Nehru e Indira Gandhi, ritornando cosi' nel nostro Paese d'origine. Nell'ultima intervista concessa pochi giorni prima di morire si era lamentato che dopo 40 anni di musica non aveva una pensione e aveva dei problemi economici. Allora il ministro della Cultura e' andato a trovarlo e il governo ha deciso di concedergli una pensione ma la notizia non ha fatto in tempo a farlo felice: era gia' morto. Al suo funerale c'era anche il presidente della Serbia Borislav Tadic che nel suo discorso ha ringraziato i Rom per aver condiviso con i serbi la buona e la cattiva sorte. Questo mi ha fatto ricordare che questo inverno, mentre ero in Serbia, ho visto in televisione un servizio su tre ragazzi Rom che suonavano nella via principale di Belgrado facendosi notare per il loro talento naturale. Lo Stato ha allora deciso di dargli una borsa di studio per permettergli di frequentare la scuola musicale. Tutto questo succede in un paese nostro vicino, considerato barbaro ancora oggi anche se solo pochi anni fa anche gli aerei italiani sono andati a esportarvi la democrazia con le bombe. Oggi qui, nella opulenta e civile Milano, ragazzi come Eduard, un bambino rom con un grande talento per il violino, vengono cacciati con le loro famiglie da qualsiasi luogo senza che nessuna istituzione si preoccupi del loro futuro. Eduard viveva nel campo di via S. Dionigi, andava a scuola, studiava il violino, sognava di andare al Conservatorio. Poi e' stato sgomberato. Il sogno del conservatorio e' svanito. Adesso la sua scuola e' la metropolitana. A lui di questo Paese tocca solo la cattiva sorte. 2. LUTTI. OSVALDO CAFFIANCHI: PICCOLA ODE IN MEMORIA DI SABAN BAJRAMOVIC Aveva imparato la musica in galera Saban Bajramovic Sapeva che gli eserciti e l'amore insieme non possono andare Sapeva cantare, inventare, ridire le voci che fanno crescere le foglie sugli alberi convincono il sole e la luna a risorgere salvano la vita dell'umanita'. 3. APPELLI. NANDO DALLA CHIESA: APPELLO ALLA MOBILITAZIONE. LUNEDI' A MILANO [Da Nando dalla Chiesa (per contatti: posta at nandodallachiesa.it) riceviamo e diffondiamo. Nando dalla Chiesa e' nato a Firenze nel 1949, sociologo, docente universitario, gia' parlamentare e sottosegretario; e' stato uno dei promotori e punti di riferimento del movimento antimafia negli anni ottanta; e' persona di straordinaria limpidezza morale. Dal sito sopra citato riprendiamo anche questa breve autopresentazione (risalente a qualche tempo fa) di Nando dalla Chiesa: "Chi sono? Uno che ama impegnarsi, specialmente se sono in gioco la liberta' e la giustizia. Ma anche la decenza mentale e morale. Insomma, mi piace la democrazia e ho cercato di darmi da fare per lei in tanti modi, anche se non ho ancora capito se lei me ne sia grata. Ora sono sottosegretario al Ministero dell'Universita' e della Ricerca, con delega al diritto allo studio, ai conservatori e alle accademie. Sono della Margherita ma sono soprattutto un ulivista convinto, praticamente un fan del partito democratico che si vorrebbe fare. Il mestiere, dite. Gia', sono un sociologo dell'economia, laureato in Bocconi e insegno la mia materia a Scienze Politiche di Milano (ma per ora sono in aspettativa). Scrivo libri (fino a oggi una ventina) e collaboro con diversi giornali. In particolare mi onoro di essere tra gli editorialisti dell'Unita' di Furio Colombo e Antonio Padellaro. Da qualche tempo sono anche editore. Ho fondato una casa editrice che non e' nemmeno piu' solo una promessa e che si chiama Melampo. Soci d'avventura, Lillo Garlisi e Jimmy Carocchi, miei allievi bocconiani arrivati al successo nell'editoria per i fatti loro. Faccio pure del teatro. O meglio, a tanto mi ha spinto l'era berlusconiana. E penso che nei prossimi anni mi ci dedichero' un bel po'. E infine, mi piace fondare. Mica solo la casa editrice. Ho fondato un circolo di nome 'Societa' civile' nella Milano degli anni ottanta. Una splendida creatura collettiva che ha tenuto botta al regime della corruzione di quel periodo. Poi, con il mio amico Gianni Barbacetto, ho fondato il mensile omonimo, grande esperienza giornalistica fatta da ragazzi irripetibili. Ho fondato con Leoluca Orlando e Diego Novelli la Rete, un movimento che diede agli inizi degli anni novanta dignita' politica nazionale all'idea che si dovesse combattere la mafia. Ho fondato il piccolo movimento di Italia democratica, anche quello con mensile, che conflui' nell'Ulivo battendosi contro il razzismo e la secessione. E pure Omicron, rivista sulla criminalita' organizzata al nord, sempre con Gianni Barbacetto. E il comitato di parlamentari 'La legge e' uguale per tutti' per fronteggiare l'offensiva del signor B.; un comitato alla testa di tante manifestazioni degli ultimi cinque anni e che ha prodotto l'unica esperienza di teatro civile al mondo fatto da parlamentari. Ho anche fondato con Fabio Zanchi e Lidia Ravera il Mantova Musica Festival, giunto ormai alla terza edizione e nato per contestare Sanremo finito nelle mani di Tony Renis. Soprattutto ho fondato una famiglia con Emilia. Ne sono nati Carlo Alberto e Dora, i miei gioielli, che se li avesse visti Cornelia ne sarebbe rimasta folgorata, altro che i suoi Gracchi, con tutto il rispetto...". Opere di Nando dalla Chiesa: Il potere mafioso. Economia e ideologia, Mazzotta 1976; Delitto imperfetto. Il generale, la mafia, la societa' italiana, Mondadori 1984, Editori Riuniti 2003; (con Pino Arlacchi), La palude e la citta'. Si puo' sconfiggere la mafia, Mondadori 1987; Il Giano bifronte. Societa' corta e colletti bianchi: il lavoro, la cultura, la politica, Etas libri 1987; Storie di boss ministri tribunali giornali intellettuali cittadini, Einaudi 1990; Dizionario del perfetto mafioso. Con un breve corso di giornalismo per gli amici degli amici, Mondadori 1990; Il giudice ragazzino. Storia di Rosario Livatino assassinato dalla mafia sotto il regime della corruzione, Einaudi 1992; Milano-Palermo: la Nuova Resistenza (a cura di Pietro Calderoni), Baldini & Castoldi 1993; I trasformisti, Baldini & Castoldi 1995; La farfalla granata. La meravigliosa e malinconica storia di Gigi Meroni il calciatore artista, Limina 1995; La politica della doppiezza. Da Andreotti a Berlusconi, Einaudi 1996; (a cura di), Carlo Alberto dalla Chiesa, In nome del popolo italiano. Autobiografia a cura di Nando dalla Chiesa, Rizzoli 1997; Storie eretiche di cittadini perbene, Einaudi 1999; Diario di fine secolo. Della politica, della giustizia e di altre piccolezze, Edizioni Pequod 1999; La partita del secolo. Storia di Italia-Germania 4-3. La storia di una generazione che ando' all'attacco e vinse (quella volta), Rizzoli 2001; La legge sono io. Cronaca di vita repubblicana nell'Italia di Berlusconi. L'anno dei girotondi, Filema edizioni 2002; La guerra e la pace spiegate da mio figlio, Filema edizioni 2003; La scuola di via Pasquale Scura. Appassionato elogio dell'istruzione pubblica in Italia, Filema edizioni 2004; La fantastica storia di Silvio Berlusconi. Dell'uomo che porto' il paese in guerra senza avere fatto il servizio militare, Melampo 2004; Capitano, mio capitano. La leggenda di Armando Picchi, livornese nerazzurro, Limina 1999, nuova edizione 2005; Vota Silviolo!, Melampo 2005; Le ribelli, Melampo 2006. Scritti su Nando dalla Chiesa: suoi ritratti sono in vari libri di carattere giornalistico (tra gli altri di Giorgio Bocca, Giampaolo Pansa, Corrado Stajano); tra le intervista si veda ad esempio quella contenuta in Edgarda Ferri, Il perdono e la memoria, Rizzoli 1988. Il sito di Nando dalla Chiesa e': www.nandodallachiesa.it] Occorre rispondere. Con Gianni Barbacetto e altri amici sto indicendo una manifestazione a Milano per lunedi' pomeriggio alle 18 davanti al Palazzo di Giustizia. Questo e' il testo dell'appello. Fatelo girare. * Rompiamo gli indugi. Il nuovo assalto di Silvio Berlusconi ai principi di legalita' e alla giustizia non puo' vederci testimoni immobili e dunque complici. Ancora una volta il potere politico viene usato per tutelare posizioni processuali personali, senza alcuno scrupolo ne' verso i principi costituzionali ne' verso gli effetti che si producono a cascata sull'amministrazione della giustizia, sulla sicurezza e sulla liberta' d'informazione. Le scelte accomodanti dell'opposizione si stanno rivelando semplicemente sciagurate. L'idea che l'acquiescenza verso Berlusconi sia segno di maggiore consapevolezza e maturita' politica sta portando il Paese alla deriva, privandolo di una voce forte e coerentemente risoluta nella difesa della Costituzione e della decenza repubblicana in parlamento. Noi crediamo che la logica alla quale Berlusconi sta assoggettando l'azione del suo nuovo governo e della sua maggioranza meriti una forte risposta democratica, libera dai complessi di colpa che la politica e l'informazione hanno cercato di gettare su chi negli anni passati si e' mobilitato contro le leggi-vergogna e contro la manomissione della Costituzione. Non e' stata la difesa dei principi di legalita' costituzionale a fare perdere il centrosinistra, il quale anzi dal 2002 ha sempre vinto tutte le prove amministrative, fino alle politiche del 2006. Non e' la nettezza dei principi che fa perdere, come ha dimostrato il divario tra i risultati di Rita Borsellino in Sicilia e i disastrosi risultati successivi. A far perdere voti e' l'incapacita' di governare emersa tra rivalita', ambizioni, narcisismi e rendite ideologiche ai danni del governo Prodi. Ed e', oggi, l'incapacita' di rappresentare i propri elettori, sempre piu' inclini a non partecipare al voto. Per questo invitiamo i cittadini milanesi a una prima mobilitazione in difesa della Costituzione e della giustizia per lunedi' 23 giugno alle 18 davanti al Palazzo di giustizia, luogo simbolico per l'opinione pubblica legalitaria della citta'. Del tutto consapevoli che non siamo noi il "gia' visto". Il "gia' visto", la ripetizione infinita della storia, una storia di arroganze istituzionali, e' Silvio Berlusconi. Davanti a noi c'e' solo una scelta: se tacere per stanchezza o mettere una volta ancora le nostre energie al servizio della democrazia repubblicana e dello spirito delle leggi. Comitato milanese per la legalita' 4. LUTTI. BENITO D'IPPOLITO: LITANIA DEI MORTI IN PREGHIERA [Nuovamente proponiamo questa litania che l'autore scrisse nell'ottobre 2000, alla notizia del ritrovamento dei cadaveri di sei migranti abbandonati in una discarica. Inviata questa lettera all'amico suo Dino Frisullo, questi rispose con la sua che di seguito anch'essa nuovamente si riporta] Leggo sul giornale la notizia assente lungo una strada una discarica abusiva sulla discarica deposti, scaricati morti asfissiati sei giovani migranti: sei clandestini, leggo sul giornale che aggiunge: il tir partendo in fretta e furia con una ruota ha calcato il capo spento di uno dei morti, schiacciandolo facendone scempio. Vedo la scena tutta: la strada, il grande camion il cumulo maleodorante dei rifiuti la fretta di sgravare a terra il carico inerte, lo sguardo da lupo il fiato affannoso le bestemmie masticate in gola di chi scaglia tra i residui i residui corpi. Vedo il camion pesante macigno, il fumo dei gas di scappamento, il crocchiare orribile che non posso, non posso dire. E vedo ancora come sacchi quei corpi rotti che attendono l'alba, il giorno, il passaggio delle automobili, il sole che alto si leva, il tempo che passa e che fermenta, finche' viene qualcuno e si ferma ed e' tardi. Poi vedo che arrivano uomini molti, si fermano auto e furgoni, ed e' tardi. Vengono le telecamere, le macchine fotografiche, un momento ancora, ancora un momento prima di gettare un velo pietoso, il pubblico cannibale vuole vedere il sangue, lo scempio. Poi tutto si avvolge. Tutto torna nero. Tutto resta nero, e nel nero un piu' cupo nero che sembra quasi rosso. E un silenzio tumescente. Leggo il giornale, uno dei poveri cristi ammazzati cosi' dalle leggi di Schengen e dalle mafie transnazionali cui lo stato ha appaltato il mercato del diritto a fuggire dalla morte altra morte trovando, leggo il giornale uno dei cristi poveri stringeva ancora in mano una piccola, una piccola coroncina da preghiera. Mentre affogavano tra le balle di cotone pregavano, pregavano i miseri clandestini. Ascoltala tu la loro pia preghiera. Ascoltala tu, che leggi queste righe. Tu poni mano a far cessar la strage. Ipocrita lettore, mio simile, mio frate. Ascoltala tu la voce dei morti e poni mano tu, poniamo mano insieme, a far cessar la strage. 5. LUTTI. DINO FRISULLO: CRONACA NERA [Nell'ottobre 2000 Benito D'Ippolito invio' ad alcuni amici la litania qui sopra riprodotta; Dino Frisullo gli rispose con la lettera che di seguito nuovamente ripubblichiamo. Dino Frisullo (1952-2003), impegnato nel movimento antirazzista e per i diritti umani, per la pace e la liberazione dei popoli, fondatore delle associazioni "Senzaconfine" e "Azad", per il suo impegno di solidarieta' con il popolo kurdo e' stato detenuto in Turchia. E' deceduto il 6 giugno 2003 nel giorno del suo cinquantunesimo compleanno. Tra le opere di Dino Frisullo: L'utopia incarcerata, L'altritalia, Roma 1998; Se questa e' Europa, Odradek, Roma 1999; postumo e' apparso Sherildan, La citta' del sole, Napoli 2003. Alcune testimonianze in ricordo di Dino Frisullo sono nei nn. 577 e 1008 de "La nonviolenza e' in cammino"] Ali veniva, poniamo, da Zako. Portava in tasca un pane di sesamo comprato in fretta nel porto a Patrasso profumo di casa garanzia di vita prima di calarsi nel buio del ventre del camion. Ali aveva gia' visto l'Italia, poniamo. Aveva l'odore dolciastro del porto di Bari l'Italia, e il primo italiano che vide vestiva la divisa di polizia di frontiera e fu anche l'ultimo. Respingeteli, disse, Ali non capi' le parole ma lesse lo sguardo guardo' a terra poi si volse perche' un uomo non piange. Ali veniva da Zako, poniamo, e sapeva gia' usare il kalashnikov ma di raffiche ne aveva abbastanza e di agenti turchi irakeni americani arabi e di kurdi che ammazzano kurdi e di paura masticata amara con la fame e dell'eco delle bombe Qendaqur come Halabje bombardieri turchi come gli aerei irakeni gli stessi occhi sbarrati contro il cielo che uccide. Ali, poniamo, aveva una ragazza rimasta sola, la famiglia in Germania, con lei aveva sognato l'Europa con lei aveva cercato gli agenti turchi e turkmeni e kurdi, maledizione, anche kurdi per contrattare il passaggio della prima frontiera, batteva forte il loro cuore al valico di Halil divise verdeoliva nel buio fasci di banconote stinte di tasca in tasca e poi liberi corre veloce l'autobus da Cizre verso Mardin ogni mezzora un posto di blocco divise verdeoliva banconote via libera colonna di autobus veloce di notte tre notti trenta posti di blocco da Mardin fino a Istanbul, e quella notte ad Aksaray nel piu' lurido degli alberghi fra ubriachi che russano e scarafaggi per la prima volta avevano fatto l'amore e per l'ultima volta. Sul comodino un vaso di fiori secchi stecchiti lei gliene regalo' uno come fosse una rosa di maggio. Fu all'alba che vennero a prenderli taxi scassati il cielo grigio del Bosforo poi a piedi verso un'altra frontiera in fila indiana nel fango in silenzio fino alle ginocchia l'acqua del Meric ha la pistola il mafioso, "piu' in fretta" sussurra, di la' la Grecia l'Europa e' calda la mano di Leyla si chiamava Leyla, poniamo era calda la mano di Leyla prima che scoppiasse sott'acqua la mina prima che i greci cominciassero a sparare prima dell'inferno. Un uomo non piange ma il cuore di Ali galleggiava nell'acqua sporca del Meric mentre si nascondeva nel canneto perche' i greci non scherzano e se ti consegnano ai turchi e' la fine i maledetti verdeoliva che hanno intascato i tuoi soldi ti fanno sputare sangue nelle celle di frontiera. In Grecia l'uomo si fa gatto si fa topo ragno gazzella a piedi di notte fino a Salonicco un passaggio da Salonicco a Patrasso giovani turisti abbronzati, poniamo Ali ha la febbre batte i denti fa pena rannicchiato sul sedile della Rover e' bella la ragazza straniera ma la sua Leyla era piu' bella piu' profondi del mare i suoi occhi. La Rover frena sul mare di la' c'e' l'Europa davvero gli ultimi soldi per il biglietto per Bari Ali il mare non l'aveva mai visto fa paura di notte il mare ma un uomo non ha paura e il cielo dal mare non e' poi diverso dal cielo dei monti di Zako nelle notti chiare. Fa piu' paura la polizia di frontiera "ez kurd im" "ma che vuoi, che lingua parli, rispediteli a Patrasso, ne abbiamo abbastanza di curdi qui a Bari, chiudeteli dentro, che non scendano a terra senno' chiedono asilo..." E' triste il cielo dal mare come il cielo dei monti di Zako nelle notti scure. E' duro esser kurdi sperduti fra il cielo ed il mare erano in dieci, poniamo che quella notte a Patrasso contrattarono in fretta seicento dollari a testa disse il camionista seimila dollari quei dieci corpi valgono quanto un carico intero e il suo amico Huseyn pago' anche per lui prima di coricarsi abbracciati stretto il pane di sesamo in tasca stretto in mano un fiore secco in dieci stretti fra le balle di cotone che ti prende alla gola che ti toglie il respiro... E' cronaca "Morti soffocati a Foggia sei clandestini in un tir" e' politica "Piu' di mille clandestini respinti nel porto di Bari" e' diplomazia "Accordo con la Grecia sui rimpatri" e' ipocrisia "Roma chiede collaborazione ad Ankara" e' propaganda "Inasprite le pene contro i trafficanti" e' nausea e' rabbia e' dolore sotto le stelle di Zako mille Ali sognano l'Europa in Europa sogneranno il ritorno nella fredda nebbia di Colonia Huseyn bussa a una porta ha da consegnare una cattiva notizia un fiore secco e un pane di sesamo... 6. LUTTI. BENITO D'IPPOLITO: BALLATA PER UNA REGINA [Nuovamente riproponiamo questa "Ballata per una Regina morta ammazzata sulla strada tra Tuscania e Tarquinia nell'estate del duemilauno" che l'autore scrisse il 3 agosto 2001, alla notizia del ritrovamento del cadavere, scempiato dagli animali selvatici, di una giovane donna prima resa schiava e poi assassinata] Ci sono cose che non sai come dirle e allora le scrivi a righe interrotte. Dilaniata dai randagi la salma e' stata scoperta giorni addietro di una giovane donna nigeriana resa schiava in Italia e venduta come carne e cavita' sulla strada tra Tuscania e Tarquinia, tra le tombe etrusche, le romaniche chiese, le ubertose campagne che vanno alla maremma. Leggo sui giornali gli impietosi dettagli di cronaca nera, gli empi segni di sempre da quando Caino al campo invito' suo fratello. Leggo sui giornali, i giornali locali (non e' notizia da cronaca italiana una persona annientata e abbandonata ai cani: e' invece fatto che sconvolge l'ordine del mondo, ma di questo sapevano dire Eschilo e Mimnermo, non le aulenti di petrolio pagine quotidiane). E dunque leggo sui giornali locali: dicono che si chiamasse Regina, venisse dalla Nigeria, presa e recata schiava in italia, dicono chi l'abbia uccisa non sapersi. E invece io so chi l'ha uccisa: anche se non l'ho mai vista ne' da viva ne' ormai resa cosa immota e deturpata. Io so chi l'ha uccisa, e lo sappiamo tutti. E non solo l'eventuale fruitore di servigi che in un raptus puo' averle torto il collo a quel piccolo giocattolo che costava quattro soldi e non solo il racket che fornisce carne giovane e fresca di fanciulle ai lupi che usciti di scuola o dall'ufficio sulle loro carcasse di ferro perlustrano i fiumi d'asfalto alla caccia di prede e non solo lo stato italiano che vede tanto orrore per le sue strade e non agisce per salvare le vite concrete di esseri umani, non agisce per far valere quella legge che vieta nel nostro paese la schiavitu' e non solo. Io stesso mi sento le mani sporche di sangue, io stesso che so che a questo orrore resistere occorre e che da anni non so fare altro che spiegare come applicare quell'articolo della legge 40 combinato con quell'altro articolo del codice penale e come e qualmente le istituzioni potrebbero salvare la vita di tante Regine assassinate. E nulla di piu' ho saputo fare. E queste parole che ho aggiunto avrei voluto tacerle. 7. EDITORIALE. PEPPE SINI: CIALTRONI CON LE ALI. OVVERO COME GLI ACROBATI DELLE MENZOGNE CONTINUINO A INGANNARE E TRUFFARE I CITTADINI DI CIAMPINO E DI VITERBO Una menzogna e una truffa E' una menzogna e una truffa la tesi propalata da certi prominenti romani e certi stenterelli loro imitatori viterbesi, secondo cui miracolosamente si realizzera' un devastante mega-aeroporto a Viterbo ed esso sara' la soluzione dei guai della popolazione di Ciampino, che subisce da anni le nocivissime conseguenze sanitarie e ambientali di un aeroporto a ridosso del centro abitato. La popolazione di Ciampino ha bisogno della, e ha diritto alla, riduzione drastica e immediata dei voli oggi. Oggi, non fra quattro o dieci o cento anni. E quindi la folle e criminale prospettiva del mega-aeroporto di Viterbo come soluzione per Ciampino e' palesemente un inganno, l'ennesimo inganno, il piu' spudorato e infame degli inganni. * Anche perche' Anche perche' a Viterbo il devastante mega-aeroporto per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma non solo non si deve fare, ma neppure si puo'; ne' oggi, ne' mai. E tutte le persone ragionevoli ed informate lo sanno. - Perche' l'area nel cui cuore la struttura dovrebbe andare a collocarsi, tutto devastando, non lo consente affatto: essa essendo un'area di immenso valore naturalistico, storico-culturale, agricolo ed agricolo-biologico, termale e terapeutico, sociale e finanche simbolico (l'area termale del Bulicame essendo infatti un riferimento forte dell'identita' della comunita' viterbese). Voler realizzare un mega-aeroporto nell'area termale del Bulicame a Viterbo, e a due passi dal centro storico della citta', e' come affidare ad Attila il ministero dell'ambiente e a Jack lo squartatore il ministero della sanita'. - Perche' sono gia' dimostrati gli effetti catastrofici per la salute, la sicurezza e i diritti dei cittadini che la realizzazione dell'opera, e quindi l'enorme attivita' trasportistica cui essa sarebbe intesa, comporterebbe. - Perche' questa disastrosa opera non solo non portera' affatto ricchezza a Viterbo ma ne sottrarra', provochera' danni irreversibili all'economia locale, danni irreversibili ai diritti soggettivi e ai legittimi interessi della popolazione locale, danni irreversibili alla salute e al benessere dei cittadini, danni irreversibili alla qualita' della vita nell'Alto Lazio. - Perche' consisterebbe eminentemente di una ruberia e uno sperpero di ingentissime risorse pubbliche a danno dell'intera comunita' e a beneficio soltanto di un ristretto circolo affaristico e speculativo. - Perche' un progetto cosi' dissennato non potra' superare mai i vincoli e le procedure della vigente legislazione nazionale ed europea in materia di valutazione d'impatto ambientale, di valutazione ambientale strategica, di valutazione d'impatto sulla salute. Questa e' la realta' effettuale, questa la "dura replica dei fatti". * Quelli che mentono sapendo di mentire E quindi tutti coloro che non siano degli sprovveduti e che continuano a ripetere che il mega-aeroporto a Viterbo e' ormai alle porte, ebbene, tutti costoro mentono sapendo di mentire. E con la loro menzogna ingannano tanti cittadini loro vittime, cittadini che hanno diritto alla verita', cittadini che hanno diritto - nel caso degli abitanti di Ciampino e dintorni - ad interventi urgenti per far cessare tanta parte del traffico aereo che grava quella citta' e danneggia la salute e la qualita' della vita di migliaia e migliaia di persone. Tutti coloro che pervicamente mentono sapendo di mentire, e con la loro menzogna impediscono che vengano adottati i provvedimenti necessari ed urgenti per Ciampino, col loro mentire si assumono dunque anche una grave responsabilita'. Della quale - diciamolo chiaro - un giorno dovranno pur essere chiamati a rispondere anche nelle aule di giustizia. * Per Ciampino Per Ciampino occorre un solo provvedimento, semplice, chiaro: ridurre subito i voli, non spostandoli altrove, ma abolendoli tout court. Poiche' prima vengono i diritti delle persone, prima viene il diritto alla salute, prima viene la sicurezza collettiva, prima viene la dignita' umana, prima viene la legalita' che afferma e invera i diritti di tutti. Dopo, solo dopo, e solo se compatibile con quei valori e quelle norme che la Costituzione della Repubblica Italiana pone a fondamento e presidio del nostro ordinamento giuridico - dopo, solo dopo, viene il profitto degli affaristi. E quando quel profitto e' disonesto, quando quel profitto danneggia la salute e le vite delle persone, quando quel profitto devasta il bene comune e la casa comune, quando quel profitto viola diritti e leggi, allora quel profitto e' illecito, allora quel profitto e' criminale. Allora quel profitto non deve aver luogo, e le azioni ad esso intese devono essere impedite. Con la forza della verita', con la forza della democrazia, con la forza della legge. Per Ciampino occorre un impegno immediato delle istituzioni a imporre la riduzione immediata dei voli. Punto. Gli strumenti di legge ci sono. Le istituzioni che ne hanno il potere anche. Si proceda una buona volta. * Per Viterbo Per Viterbo occorre far cessare questa squallida, folle, criminosa menzogna. E tornare alla verita' e alla legalita': verita' e legalita' che impongono di dire finalmente chiaro e tondo che a Viterbo il mega-aeroporto per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma non si puo' e non di deve fare, ne' oggi, ne' mai. Viterbo ha bisogno di ben altro: di difesa e valorizzazione dei suoi beni ambientali e culturali, della sua agricoltura di qualita', del termalismo, e dell'attivita' ricettiva legata alla valorizzazione turistica delle sue straordinarie peculiari risorse, dell'artigianato connesso alle qualificate e specifiche tradizioni produttive locali, dell'alta ricerca scientifica e dell'attivita' formativa collegate all'Universita' della Tuscia; e quanto alle infrastrutture per la mobilita', di un immediato e reale potenziamento dei collegamenti ferroviari - con Civitavecchia, con Orte e con Roma. Il devastante mega-aeroporto per voli low cost e' solo un danno e un inganno, una follia e un crimine. * Dal punto di vista dell'umanita' Non solo: occorre porre in tutta la sua nuda evidenza la necessita' di ridimensionare il trasporto aereo, in particolare quello per scopi voluttuari. Il trasporto aereo va immediatamente e drasticamente ridotto e rimodulato in considerazione del fatto che il suo attuale dissennato incremento e' fortemente corresponsabile del surriscaldamento del clima, e quindi della piu' grave aggressione globale alla biosfera. La ricerca scientifica e le piu' autorevoli istituzioni internazionali da anni stanno chiedendo di effettuare scelte di modello di sviluppo, e quindi di modello di mobilita', compatibili con la biosfera e con i diritti umani di tutti gli esseri umani, comprese le generazioni future. Il trasporto aereo va immediatamente e drasticamente ridotto, cosi' come vanno ridotte alte attivita' che stanno provocando un disastro ecologico planetario. E' davvero ora che l'umanita' cominci a prendersi cura dell'unica casa comune che abbiamo. * Nasi lunghi e gambe corte Cosicche' allo stesso tempo occorre far definitivamente cessare la minaccia del devastante mega-aeroporto a Viterbo, liberare Ciampino dai voli che letteralmente soffocano la popolazione che in quella citta' e nelle aree limitrofe risiede, ridurre il trasporto aereo tout court. Per questo tanta parte della popolazione viterbese e' gia' impegnata. In difesa dell'ambiente, della salute, della democrazia, della nostra terra e del nostro futuro. Solo affaristi e politicanti mistificatori e senza scrupoli, o insipienti e vieppiu' irresponsabili, e i manutengoli loro, non se ne sono ancora accorti. Ma le bugie - si sa - hanno le gambe corte. 8. LIBRI. MARIA TERESA CARBONE INTERVISTA HELEN OYEYEMI (2005) [Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 aprile 2005 col titolo "Le ali di Jessamy in volo fra due mondi". Maria Teresa Carbone, traduttrice, saggista, organizzatrice culturale, curatrice con Nanni Balestrini del sito di letture e visioni in rete www.zoooom.it Helen Oyeyemi, scrittrice, nata in Nigeria nel 1984, vive a Londra. Opere di Helen Oyeyemi: Icarus Girl, Bloomsbury, 2005; Juniper's Whitening, Methuen, 2005; Opposite House, Bloomsbury, 2007; in italiano: La bambina Icaro, Fabbri e Rizzoli, Milano 2005] Nella scena che apre La bambina Icaro, romanzo di esordio della ventenne anglonigeriana Helen Oyeyemi, pubblicato a gennaio con molto clamore in Gran Bretagna e prontamente edito in Italia da Rizzoli (pp. 337, euro 17,50, traduzione di Annamaria Biavasco, Valentina Guani e Elisabetta Humouda), la protagonista del libro, la piccola Jessamy Harrison, e' nascosta in un guardaroba: "Era seduta nell'armadio del corridoio, tra asciugamani e biancheria, e mormorava tra se': Sono nell'armadio. Aveva la sensazione di doverselo ripetere per riuscire a crederci. Un po' come faceva al mattino quando si svegliava e si diceva: Mi chiamo Jessamy. Ho otto anni". Incerta di se', fragile, divisa fra due culture - quella del "bianchissimo e biondissimo" padre inglese, e quella della madre, Sarah, che ha lasciato la sua Nigeria per Londra dove e' diventata scrittrice -, Jess e' una bambina solitaria, che non ama la vita fuori dall'armadio e preferisce guardare per terra ("un posto che rimaneva sempre piu' o meno uguale"), scrivere haiku, leggere. Ed e' proprio la solitudine da un lato, e l'appartenenza a una doppia cultura dall'altro, a catalizzare, durante un soggiorno presso la casa africana della famiglia materna, l'apparizione di una amica immaginaria, ma anche molto reale, TillyTilly, che trascina Jess in un percorso sempre piu' doloroso alla scoperta di se', in cui si avvertono echi delle vicende personali dell'autrice. Arrivata a Londra dalla Nigeria a quattro anni, Oyeyemi, che oggi frequenta il secondo anno di scienze politiche al Corpus Christi College di Cambridge e appare come una ragazza sicura di se' e spiritosa, con un paio di ciocche blu cobalto che spiccano nella sua capigliatura nera, ha attraversato nel corso dell'adolescenza una profonda crisi depressiva, superata anche, se non soprattutto, grazie alla scrittura: una scrittura, ha detto di lei la scrittrice Ali Smith, in cui lo stile infantile, "tanto esplicito da risultare imbarazzante", unito a una grande sicurezza narrativa, produce "una sorta di isteria stranamente concreta". Abbiamo incontrato Helen Oyeyemi a Roma, dove e' venuta nei giorni scorsi per presentare il suo libro. * - Maria Teresa Carbone: Lei ha firmato il contratto per la pubblicazione della Bambina Icaro quando aveva appena diciott'anni, ma il testo ha richiesto una elaborazione lunga e complessa. Ce ne vuole parlare? - Helen Oyeyemi: Ho iniziato a scrivere molto presto, senza nessuna pretesa letteraria: era una pratica personale e non mostravo a nessuno i miei testi. Quando avevo tredici anni ho cominciato una serie di racconti, che ruotavano intorno alla figura di una bambina un po' vera e un po' immaginaria, TillyTilly appunto, e componevano una unica storia, caratterizzata dal fatto che di volta in volta lei finiva sempre per danneggiare i suoi amici. All'ultimo anno di scuola, pero', ho avviato un racconto diverso, dove questo personaggio non aveva piu' un ruolo centrale e compariva invece una nuova protagonista, Jess. Quando sono arrivata a una ventina di pagine, ho avuto la sensazione che fosse la cosa migliore che avevo scritto fino a quel momento. Cosi', ho mandato il testo a un agente letterario, Robin Wade. In realta', volevo solo chiedergli qualche consiglio, perche' pensavo che in futuro, magari a trenta o quarant'anni, sarei diventata una scrittrice. Il giorno dopo invece ho ricevuto la sua risposta: mi diceva che era entusiasta e aspettava il seguito. E' stato un periodo strano, che ricordo come una sorta di sogno: stavo preparando gli esami finali, dovevo affrontare il colloquio di ammissione a Cambridge, e intanto scrivevo quasi di nascosto. In casa non avevo parlato del mio romanzo, usavo il computer dei miei genitori, ma a loro raccontavo che era per i miei compiti. Cosi', quando ho firmato il contratto per la pubblicazione del romanzo, questo ha rappresentato una sorpresa per tutti. * - Maria Teresa Carbone: Al suo successo ha in parte contribuito il fatto che il suo profilo di autrice - la sua giovinezza, la sua provenienza da un retroterra culturale misto - corrisponde al sogno di ogni editore, all'incarnazione di una tendenza letteraria sempre piu' diffusa. Questo non la disturba? - Helen Oyeyemi: Quando Robin Wade mi ha incoraggiato a continuare, ho pensato che si trattasse di un'occasione da non perdere. Certo, sono consapevole di avere tutti gli elementi giusti per diventare un "caso letterario", a partire dal fatto che ho scritto questo primo libro quando ero giovanissima, ma sono convinta che quello che conta alla lunga e' il testo, ed e' questo che mi interessa di piu'. So bene di rappresentare una moda, che come tutte le mode e' destinata a estinguersi presto. Ma e' sulla qualita' della scrittura che si misura un autore, e su questo, con il tempo e con l'esercizio, comincio a sentirmi piu' forte. * - Maria Teresa Carbone: La protagonista del suo libro e', come lei, un'avida lettrice, e nel testo vengono citati molti autori diversi, dai grandi scrittori africani come Achebe ai poeti romantici inglesi, alla Alcott di Piccole donne. Quali sono le voci che l'hanno influenzata di piu'? - Helen Oyeyemi: In questo periodo sto rileggendo tutte le poesie di Emily Dickinson, e sicuramente la sua scrittura avra' una presenza molto intensa nel nuovo libro che sto scrivendo, un romanzo ambientato a Cuba e incentrato intorno alla mitologia yoruba. Ma dietro La bambina Icaro c'e' tutta una massa di letture che si intrecciano, a partire proprio da Piccole donne, un libro che in effetti continua a piacermi molto per il modo in cui segue la trasformazione delle quattro ragazzine su un lungo arco di tempo. I testi che mi hanno colpito di piu', che ho sentito piu' vicino, pero', sono stati i racconti di Poe e Yoruba Girl Dancing, un romanzo di qualche anno fa della scrittrice anglonigeriana Simi Bedford: quando l'ho letto la prima volta, sono rimasta sconvolta. Quanto ai grandi scrittori africani, e nigeriani in particolare, come Achebe e Soyinka, non credo di averne subito l'influenza, anche se apprezzo il modo in cui scrivono della Nigeria senza mai essere "esotici". * - Maria Teresa Carbone: Di recente lei ha affermato in un articolo che potrebbe analizzare l'Africa d'oggi per anni interi, senza sapere di cosa in realta' si tratti. Eppure la cultura tradizionale nigeriana ha un ruolo importante nel suo romanzo. - Helen Oyeyemi: In effetti, mi irrita molto sentir parlare genericamente di Africa, mi chiedo di cosa si stia parlando, come se si trattasse di un luogo omogeneo. Al contrario, sono convinta che sia necessario guardare all'Africa nelle differenze, molto forti, fra le diverse culture. Cosi', per quanto mi riguarda, preferisco parlare del paese che conosco meglio, la Nigeria, e delle sue condizioni attuali, che continuano a essere preoccupanti, anche se forse si intravedono segnali positivi di cambiamento. E nella Bambina Icaro, anche se non ho preso spunto da un particolare mito del patrimonio yoruba, sono stata influenzata dai racconti di mia nonna, che e' una formidabile narratrice di storie. Anzi, potrei dire che ho cercato di fondere il suo gusto del racconto con elementi legati alle mie letture. * - Maria Teresa Carbone: Pensa che la posizione di "dualita'" culturale in cui si trova la protagonista della Bambina Icaro, Jess, possa essere stata influenzata dalla sua situazione? E in generale ritiene che l'elaborazione del suo romanzo si possa ricollegare alla depressione di cui e' stata vittima nell'adolescenza? - Helen Oyeyemi: Se Jess si trova in una posizione di incertezza, e' perche' mi sono resa conto che non potevo mantenere come personaggio centrale TillyTilly, che e' priva di sostanza, dato che non esiste un distacco fra quello che lei e' e le azioni che compie. Avevo quindi bisogno di sviluppare una figura da contrapporre alla sua: una figura che fosse in una situazione di insicurezza tale da consentire a TillyTilly di insinuarsi dentro di lei. La dualita' di Jess la rende vulnerabile, ma non direi che corrisponde alla mia personale esperienza, sebbene sicuramente anch'io, in quanto figlia di immigrati, mi trovi in una posizione "intermedia", che puo' rivelarsi interessante dal punto di vista letterario. Quanto al rapporto fra depressione e scrittura, devo premettere che non mi piacciono i testi autobiografici, i memoir. E in ogni caso penso che per scrivere sia necessario essere in uno stato di buona salute mentale. Quando ci si sente depressi, nulla va come si desidera, e qualsiasi cosa si scriva tende a essere autoreferenziale. E questa non e' certo una situazione produttiva. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 492 del 20 giugno 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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