Minime. 478



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 478 del 6 giugno 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Dijana Pavlovic: Venezia
2. Dijana Pavlovic: Milano
3. Angela Davis: Una voce da una sorella
4. Claudio Magris: La malattia mortale
5. Massimo Aprile: Martin Luther King
6. Danilo Di Matteo: Martin Luther King
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. RIFLESSIONE. DIJANA PAVLOVIC: VENEZIA
[Dal quotidiano "L'Unita'" del 4 giugno 2008 col titolo "Il volto cattivo" e
il sommario "Questa nuova Italia che criminalizza per decreto la poverta',
della violenza contro gli ultimi, del pregiudizio elevato a verita', della
giustizia fai da te, dovrebbe invece riflettere sul lungo decorso della
malattia che l'affligge".
Dijana Pavlovic e' nata nel 1976 in Serbia, vi ha vissuto e studiato fino al
'99, laureandosi a Belgrado; dal 1999 vive e lavora a Milano; e' attrice
drammatica, docente, mediatrice culturale]

La scelta del Comune di Venezia di offrire una vera opportunita' di
integrazione ai rom che vi risiedono regolarmente, lavorano e mandano i
figli a scuola avrebbe dovuto avere il plauso di chi invoca legalita' e
sicurezza. Ma per i leghisti veneti non e' cosi'. E' forse meglio il rogo
dei campi a Napoli, le molotov di Pavia, le accuse mai provate di rubare
bambini, le ronde che percorrono le citta' d'Italia? La feroce campagna
della "Lega contro zingari e immigrati" continua alimentando l'insofferenza
diffusa contro il diverso, l'immigrato, lo zingaro, che assume i connotati
espliciti della xenofobia e del razzismo.
Ma proprio chi invoca sicurezza sa che quanto piu' una comunita' e' in
condizioni di stabilita', ha un minimo di sicurezza sociale, piu' e'
garantita sicurezza per tutti.
Ma quello che io ho visto e' che questo non interessa. I 65 sgomberi di cui
si vanta il vicesindaco di Milano non hanno risolto il problema dei campi
abusivi - si sono solo spostati altrove - in compenso hanno distrutto quel
poco di integrazione che si era realizzato con gli uomini che lavoravano,
anche se spesso in nero perche' ricattati, e i bambini che frequentavano le
scuole. E' forse piu' sicuro rendere queste persone piu' disperate,
costringerle a disperdersi sul territorio e arrangiarsi come possono per
sopravvivere?
I dati delle Nazioni Unite classificano l'Italia come uno dei paesi
industrializzati piu' sicuri al mondo: solo in Austria e Giappone ci sono
meno omicidi che in Italia e per quanto riguarda scippi e borseggi - i reati
che piu' si attribuiscono ai rom - l'Italia e al quattordicesimo posto sui
18 paesi esaminati, e cosi' via.
La paura agitata dai leghisti e' il frutto di una logica senza prospettiva:
chi puo' pensare di invertire i fenomeni migratori che ovunque stanno
cambiando il mondo? E' la scelta di un consenso ottenuto all'insegna di una
insicurezza costruita gridando a un lupo senza denti. Scarica sul piu'
debole il malessere di una societa' che ha un disagio sociale e morale
profondo, grande responsabilita' del quale tocca a una politica che rinuncia
al compito di educazione civile per seguire gli istinti peggiori in un
perverso circuito: la politica, con il coro condiscendente dei media,
alimenta la paura dei cittadini che premiano con il voto questa politica.
Questa nuova Italia che criminalizza per decreto la poverta', della violenza
contro gli ultimi, del pregiudizio elevato a verita', della giustizia "fai
da te" dovrebbe invece riflettere sul lungo decorso della malattia che
l'affligge e sulle preoccupanti prospettive del suo futuro. Non si puo' non
legare i Maso, le Eriche e gli Omar, che uccidono i genitori per denaro, ai
ragazzini che violentano e uccidono una coetanea, al branco che uccide un
diverso da loro a Verona, al bullismo nelle scuole, alla violenza praticata
nelle famiglie.
Coloro che aizzano i cani, lanciano molotov e sassi, percorrono in ronde
minacciose le citta', i sindaci che annunciano nei cartelloni che "i
clandestini possono stuprare i tuoi figli" sono il volto vigliacco di chi
non guarda al male che porta dentro di se', di chi rifiuta di affrontare la
camorra che a Napoli controlla i rifiuti e organizza i roghi dei campi rom,
la mafia padrona della vita e del voto dei siciliani, la 'ndrangheta non
solo padrona del territorio calabrese ma di interi quartieri di citta' come
Milano.
Di fronte a tutto questo io, rom e cittadina italiana, che so bene quanto il
rispetto della legge protegga me e il mio popolo, dico alla Lega quanto mi
pesa che sappia mostrarmi solo il volto vile del paese che amo.

2. RIFLESSIONE. DIJANA PAVLOVIC: MILANO
[Dal quotidiano "L'Unita'" del 31 maggio 2008 col titolo "Zingari, quei
lavori negati"]

Dopo i roghi di Ponticelli, gli sgomberi dei campi nomadi, gli episodi di
violenza e intolleranza di questo scorcio di 2008, una delegazione delle
maggiori associazioni europee che tutelano i diritti dei Rom sta visitando
le citta' d'Italia nelle quali e' piu' critica la situazione del mio popolo.
Ieri ho accompagnato nel "campo nomadi" di via Triboniano di Milano alcuni
membri di questa delegazione che hanno avuto un lungo incontro con le
comunita' rumene e bosniache che vi sono ospitate.
Mentre raccontavo che chi vuol visitare il campo deve avere il permesso del
Comune - qualche giorno fa una giornalista della Rai che mi ha chiesto di
portarla nel campo ha dovuto chiedere l'autorizzazione che e' stata concessa
solo a condizione che la troupe fosse accompagnata dai vigili - i rom si
avvicinavano prima diffidenti, poi, dopo che ho spiegato chi erano i
delegati, con dei documenti in mano.
Documenti di storie penose come quella della donna disperata che ci racconta
di suo marito. Aveva avuto una espulsione tempo fa, quando la Romania non
era ancora nell'Unione Europea, e adesso durante un controllo e' stato
arrestato e portato in un Cpt come se non fosse un cittadino comunitario.
Ma perche' all'inizio c'era tanta diffidenza e mi chiedevano se quelle
persone con me erano giornalisti?
Ce lo spiegano alcuni uomini: ci parlano del loro bisogno di farsi sentire,
di raccontare le loro storie, la loro vita in questo Paese, e
dell'informazione che non e' mai a loro favore, ma soprattutto ci raccontano
quello che gli succede quando vengono riconosciuti come "zingari" dal loro
datore di lavoro. Dieci di loro hanno perso il lavoro perche' il loro
padrone li ha cacciati dopo aver visto in televisione un servizio sul campo
e li ha riconosciuti. E allora? Allora lavoro nero. Mi raccontano che se sei
zingaro ti pagano 4 euro all'ora, se sei rumeno 5 euro, se sei albanese 6
euro e cosi' via.
Poi c'e' il rom che lavora per una societa' che smantella l'amianto che ci
dice che non vuole perdere il suo lavoro esponendosi o partecipando a
iniziative che raccontino che i rom non solo lavorano ma si prendono anche i
lavori piu' schifosi.
Si arriva poi al paradosso dell'uomo che ci fa vedere la sua carta
d'identita', rilasciata dal Comune di Milano. C'e' scritto: "residenza: via
Barzaghi 16 - campo nomadi". Come a dire, se fai vedere il tuo documento
nessuno ti prende a lavorare. Poco piu' di sessant'anni fa ci mettevano il
triangolo marrone per identificarci come razza da sterminare. Oggi ci si
limita a identificarci come zingari per escluderci dai diritti fondamentali
di ogni cittadino come quello al lavoro, che vuol dire alla dignita' della
vita.

3. VOCI. ANGELA DAVIS: UNA VOCE DA UNA SORELLA
[Da Angela Davis, Autobiografia di una rivoluzionaria, Garzanti, Milano
1975, pp. 72-73.
Angela Davis (Birmingham, Alabama, 1944), pensatrice, militante, docente
universitaria, saggista, insegna attualmente "Storia della coscienza"
all'Universita' della California di Santa Cruz, e vi dirige il Women
Institute. Ha studiato filosofia con Marcuse e con Adorno, in varie
universita' americane, a Parigi, a  Francoforte. Attivista e teorica
marxista, femminista, antirazzista, e' stata duramente perseguitata;
continua tuttora la sua lotta e la sua attivita' di insegnamento, di
studiosa, di militante. Opere di Angela Davis: a) in italiano: Autobiografia
di una rivoluzionaria, Garzanti 1975, Minimum fax, 2007; Bianche e nere,
Editori Riuniti, 1985; Lady day, lady night, Greco & Greco, 2004; b) in
inglese: Angela Davis: An Autobiography, 1974, 1989; Women, Race and Class,
1981; Women, Culture and Politics, 1989; The Prison Industrial Complex,
2000; Are Prisons Obsolete?, 2003]

Una sera, dopo la chiusura in cella, una domanda ad alta voce ruppe il
silenzio. Veniva da una sorella intenta a leggere un libro che le avevo
prestato.
"Angela, che cosa vuol dire imperialismo?".
Gridai in risposta: "La classe dirigente di un paese conquista il popolo di
un altro per derubarlo della sua terra e delle sue risorse, e per sfruttare
il suo lavoro".
Un'altra voce mi chiamo': "Vuoi dire che trattano la gente di altri paesi
nel modo in cui i neri vengono trattati qui?".

4. RIFLESSIONE. CLAUDIO MAGRIS: LA MALATTIA MORTALE
[Dal "Corriere della sera" del 26 maggio 2008 col titolo "Immigrazione e
criminalita'. La nostra vera malattia".
Claudio Magris, nato a Trieste nel 1939, docente universitario di lingua e
letteratura tedesche, saggista e scrittore, intellettuale democratico. Opere
di Claudio Magris: segnaliamo particolarmente - tra molte altre opere tutte
appassionanti e finissime - Lontano da dove, Einaudi; Dietro le parole,
Garzanti; Itaca e oltre, Garzanti; Utopia e disincanto, Garzanti. Opere su
Claudio Magris: segnaliamo particolarmente il profilo di Magris in Pier
Vincenzo Mengaldo, Profili di critici del Novecento, Bollati Boringhieri,
Torino 1998]

Un conoscente della mia famiglia, collega d'ufficio di mio padre, aveva la
mania dei raffreddori; stava attento ai giri d'aria e prendeva tutte le
precauzioni contro infreddature e bronchiti, convinto che le malattie
potessero colpirlo solo da quella parte. Mori' di un cancro all'intestino
ovvero, come si diceva allora, di un "brutto male". Quel signore faceva
benissimo a non trascurare le eventuali minacce alla faringe o ai bronchi,
spesso fastidiose e talora perniciose, ma sbagliava a sottovalutare pericoli
piu' gravi. Anche il corpo sociale ha le sue malattie, scatenate o in
agguato. La sua salute dipende da come fronteggia, previene, combatte i
morbi che lo insidiano; dalla sua capacita' di reprimere - tramite le
autorita' preposte a tale funzione - i reati nella misura stabilita dalla
legge, senza indulgenze buoniste o pseudo- umanitarie e senza isterie
demagogiche ne' pregiudizi verso alcuna categoria di persone. In uno Stato
liberale e democratico non si sospettano a priori e tantomeno si vessano ne'
i kulaki ossia i contadini proprietari, come un tempo nell'Unione Sovietica,
ne' gli ebrei, i neri, gli immigrati, come tante volte in tanti Stati del
mondo.
Oggi sono gli zingari ad occupare i titoli cubitali dei giornali, con i
reati compiuti da alcuni di loro e altri loro attribuiti, e con i violenti
soprusi patiti da alcuni di essi. In entrambi i casi, lo Stato - e solo lo
Stato, che ha il monopolio dell'uso della forza - ha da individuare e
perseguire gli autori di atti delittuosi, il delinquente che ruba e molesta
come il delinquente che getta bombe Molotov, contro la polizia negli anni
Settanta o contro i rom oggi. Il nostro codice o meglio la nostra civilta'
consentono di punire soltanto individui - rei di delitti accertati, la cui
responsabilita' e' sempre personale - e mai gruppi o comunita', poco importa
se etniche, sociali, politiche o religiose. Attentare a questo principio -
prendersela con gli zingari, gli ebrei o i padani anziche' con un concreto
colpevole colto con le mani nel sacco, sia egli nato a Timbuctu' o ad
Abbiategrasso - mina alla radice l'universalita' umana e in particolare la
nostra civilta', l'Occidente. Chi nega questo fondamento dell'umanita' e del
diritto e' il vero barbaro e non ci interessa donde arrivi, dall'orto dietro
casa nostra o da lontani deserti.
Zingari, norvegesi, triestini o senegalesi sorpresi a delinquere vanno
puniti senza riguardo alla loro diversita' o poverta'. Tifosi bestiali che
in nome di una squadra di calcio commettono violenze contro persone o cose -
provocando spesso rovinosi danni a onesti esercenti, di cui sfasciano i
negozi in una ebbrezza di subumana e delittuosa ebetudine - vanno puniti con
tutta la durezza consentita dalla legge e costretti a pagare sino all'ultimo
spicciolo i danni arrecati, senza riguardo a chissa' quali disagi
esistenziali sottostanti alle loro brutalita'.
Improvvisati e autonominatisi giustizieri che si dedicano a spedizioni
criminose vanno puniti con esemplare severita', perche' rappresentano un
virus socialmente e moralmente ancor piu' nocivo dei ladruncoli veri o
presunti che si vogliono castigare: il Ku Klux Klan, nato si dice alla fine
della guerra di Secessione per proteggere i bianchi del Sud americano dalle
violenze cui si abbandonavano alcune bande di schiavi appena liberati, e'
divenuto ben presto la piu' orrida criminalita'. Uno stupratore romeno va
punito per il suo ributtante reato, ma non puo' gettare il discredito
indiscriminato sui suoi connazionali, cosi' come i recenti assassini di
Verona non possono autorizzare squadracce sguinzagliate alla caccia dei
veronesi. L'attuale ministro dell'Interno, che promette pugno duro, sa bene
che i pugni distribuiti con disinvoltura talvolta arrivano in testa pure ai
galantuomini, perche' anni fa, quando non era piu' e non era ancora di nuovo
ministro dell'Interno, alcuni sbrigativi poliziotti gliene hanno dati pure a
lui.
La cosiddetta piccola criminalita' non e' un raffreddore, bensi' una piaga
sociale; gli scippatori di anziani che hanno appena ritirato la pensione
mettono intere famiglie in difficolta' di arrivare alla fine del mese. La
sicurezza e' un bene primario; la sua necessaria e ferma tutela non e' certo
espressione di biechi sentimenti filistei o di astiosi pregiudizi nei
confronti di immigrati ed emarginati, come troppe volte si e' detto con
sufficienza.
Ogni problema umano e sociale non risolto comporta un tasso di devianza e di
illegalita', gia' solo per il fatto che le leggi esistenti non riescono a
risolverlo. E' la globalizzazione che produce spostamenti crescenti di masse
di diseredati nei Paesi piu' ricchi, con tutte le conseguenze che ne
derivano. La globalizzazione nasce dal crollo del comunismo e dalle nuove
forme assunte dal capitalismo; non sembra augurabile ne' possibile
restaurare il primo e bloccare lo sviluppo del secondo e d'altronde non si
puo' avere botte piena e moglie ubriaca, come dice il proverbio.
L'universalita' e le difficolta' di questo fenomeno planetario ci aiutano,
ci costringono a toccar con mano l'interdipendenza di tutti gli uomini,
l'essenziale unita' del genere umano, diversificato ma organicamente
unitario come un grande albero con le sue radici, rami e foglie; ci fa
sentire fisicamente che ognuno di noi, come dice la Bibbia degli ebrei, e'
stato straniero in terra d'Egitto e puo' ancora diventarlo, nel domani
sempre piu' incerto e sempre piu' globale, e dunque che gli stranieri sono i
compagni del nostro destino.
Giustamente si ricorda l'emigrazione italiana, la dura e ammirevole odissea
dei nostri emigranti, stranieri spesso osteggiati nei Paesi allora piu'
ricchi ed ostili. Ma appunto percio' occorre sapere quanto sia difficile,
per tutti, essere stranieri. La retorica della diversita' elude
sentimentalmente il problema. Tutti - persone, culture - siamo diversi e
proprio percio' e' vacuo ripetere come pappagalli questa parola. Inoltre la
diversita', la particolarita' non e' ancora di per se' un valore; e' un
dato, un'identita' (nazionale, politica, culturale, religiosa, sessuale)
sulla cui base si possono costruire dei valori, che tuttavia sempre la
trascendono, perche' essere italiani, africani, buddhisti, omosessuali non
e' un merito ne' un demerito, non e' cosa di cui avere orgoglio ne'
vergogna; e' un dato di fatto che va rispettato e tutelato contro chi non lo
rispetta. Certamente ogni diversita' arricchisce, perche' si cresce uscendo
da se stessi e incontrando gli altri; ogni endogamia e' asfittica e
regressiva, non solo quella sessuale. Ma la diversita' diventa una retorica
truffaldina quando viene invocata per eludere la consapevolezza dei
conflitti reali che talora possono sorgere dal contatto fra culture
diverse - ad esempio tra una fondata sull'uguaglianza dei diritti tra uomo e
donna e una che la nega. Pure tali possibili conflitti vanno affrontati con
equilibrio responsabile - e non gia' esacerbati col pathos spettacolare
dello scontro di civilta', che seduce con la sua visione della Storia al
technicolor - ma non vanno elusi ne' sottovalutati.
La teppa scatenata contro i campi nomadi e il clamore mediatico che le fa da
grancassa rimuovono la consapevolezza di problemi ben piu' ardui
dell'emergenza rom. Le dimensioni numeriche dell'immigrazione potrebbero in
futuro aumentare sino a renderla materialmente impossibile, perche', per
fare un esempio oggi assurdo, non e' fisicamente possibile accogliere
milioni di poveri. Si potrebbero creare, con la necessita' e
l'impossibilita' di accoglienza, situazioni oggettivamente tragiche, in
cui - come appunto nella tragedia - e' comunque impossibile agire senza
colpa. Anche per questo il problema non puo' essere affrontato con criteri
diversi nei singoli Stati, ma puo' essere gestito solo globalmente
dall'Europa, perche' non e' un problema italiano o spagnolo bensi' europeo,
se non occidentale in generale. E' difficile dire se il nuovo capitalismo,
che ha innescato questo meccanismo con la globalizzazione, sapra' governarlo
o ne sara' travolto come un apprendista stregone. E' un problema ben
presente nel libro di Giulio Tremonti Paura e speranza.
I rom e altri immigrati sembrano oggi la minaccia maggiore alla nostra
sicurezza. "Cieca bugia, distrazione di massa dalla realta' complessiva", ha
scritto Mariapia Bonanate sul "Nostro Tempo".
Credo che i commercianti e gli industriali taglieggiati dalla camorra o
dalla mafia scambierebbero volentieri il danno, l'intimidazione - non di
rado la morte - che sono costretti a subire con i fastidi di chi abita non
lontano da un campo di nomadi. Come ha scritto Riccardo Chiaberge su "Il
Sole 24 Ore", non si sono viste squadre di cittadini indignati scagliarsi
contro quartieri della camorra e non ho sentito parlare di ronde pronte a
proteggere gli esercenti dai malavitosi che vengono a riscuotere il pizzo.
Certo, e' piu' rischioso affrontare i guappi che i vu cumpra' e qualcuno ci
rimetterebbe la pelle, ma cio' non dovrebbe scoraggiare chi vanta i propri
attributi virili e trecentomila fucili.
La mafia e oggi ancor piu' la camorra - grazie al possente libro di Roberto
Saviano - sono certo intensamente presenti all'opinione pubblica: libri,
film, articoli, servizi televisivi, dibattiti. Ma non scuotono veramente
l'opinione pubblica; non destano - diversamente dagli extracomunitari -
alcun furore, alcuna paura nei cittadini. Sono quasi letteratura, una
tragedia esorcizzata dalla sua rappresentazione, dopo la quale si va
tranquillamente a casa - tranne chi e' minacciato o colpito dalla morte.
Come quel mio conoscente, siamo piu' vigili dinanzi a una tosse fastidiosa
che ad un cancro. Il cancro si avverte meno, forse perche' ha gia' occupato
gran parte del corpo, si e' infiltrato negli organi e nei sensi che sta
distruggendo, sicche', almeno sino ad un certo momento del suo lavorio, e'
difficile percepirlo, cosi' come non si vede il proprio sguardo. Un impero
del crimine i cui profitti sono quelli di una potenza economica mondiale e
le cui vittime sono numerose come quelle di una guerra e' un cancro
infiltrante, che si immedesima con una parte sempre piu' grande della
realta'. E' giusto, e' doveroso curare severamente scippi, furti,
aggressioni, molestie, ogni illegalita' anche piccola, ma sapendo quale sia
la nostra vera malattia mortale.

5. MEMORIA. MASSIMO APRILE: MARTIN LUTHER KING
[Dal quotidiano "L'Unita'" del 3 aprile 2008 dove sono apparse col titolo
"King, il Lutero nero dei diritti umani" riprendiamo le pagine introduttive
di Massimo Aprile alla terza edizione del libro di Lerone Bennett, Martin
Luther King. L'uomo di Atlanta.
Massimo Aprile e' pastore della Chiesa Battista di Civitavecchia.
Lerone Bennett (Clarksdale, Mississippi, 1928), esperto di storia
afroamericana, prestigioso giornalista e saggista, per oltre cinquant'anni
redattore della rivista "Ebony", e' stato compagno di scuola ed amico di
King. Tra le opere di Lerone Bennett: Before the Mayflower: A History of
Black America, 1619-1962 (1963, 2000); Confrontation: Black and White
(1965); Black Power U.S.A.: The Human Side of Reconstruction 1867-1877
(1967); What Manner of Man: A Biography of Martin Luther King (1968);
Pioneers In Protest (1968); The challenge of Blackness (1972); Wade in the
Water: Great Moments in Black History (1979); Forced into Glory: Abraham
Lincoln's White Dream (2000); The Shaping of Black America (1993).
Martin Luther King, nato ad Atlanta in Georgia nel 1929, laureatosi
all'Universita' di Boston nel 1954 con una tesi sul teologo Paul Tillich, lo
stesso anno si stabilisce, come pastore battista, a Montgomery nell'Alabama.
Dal 1955 (il primo dicembre accade la vicenda di Rosa Parks) guida la lotta
nonviolenta contro la discriminazione razziale, intervenendo in varie parti
degli Usa. Premio Nobel per la pace nel 1964, piu' volte oggetto di
attentati e repressione, muore assassinato nel 1968. Opere di Martin Luther
King: tra i testi piu' noti: La forza di amare, Sei, Torino 1967, 1994
(edizione italiana curata da Ernesto Balducci); Lettera dal carcere di
Birmingham - Pellegrinaggio alla nonviolenza, Movimento Nonviolento, Verona
1993; L'"altro" Martin Luther King, Claudiana, Torino 1993 (antologia a cura
di Paolo Naso); "I have a dream", Mondadori, Milano 2001; Il sogno della
nonviolenza. Pensieri, Feltrinelli, Milano 2006; cfr. anche: Marcia verso la
liberta', Ando', Palermo 1968; Lettera dal carcere, La Locusta, Vicenza
1968; Il fronte della coscienza, Sei, Torino 1968; Perche' non possiamo
aspettare, Ando', Palermo 1970; Dove stiamo andando, verso il caos o la
comunita'?, Sei, Torino 1970. Presso la University of California Press, e'
in via di pubblicazione l'intera raccolta degli scritti di Martin Luther
King, a cura di Clayborne Carson (che lavora alla Stanford University). Sono
usciti sinora sei volumi (di quattordici previsti): 1. Called to Serve
(January 1929 - June 1951); 2. Rediscovering Precious Values (July 1951 -
November 1955); 3. Birth of a New Age (December 1955 - December 1956); 4.
Symbol of the Movement (January 1957 - December 1958); 5. Threshold of a New
Decade (January 1959 - December 1960); 6. Advocate of the Social Gospel
(September 1948 - March 1963); ulteriori informazioni nel sito:
www.stanford.edu/group/King/ Opere su Martin Luther King: Lerone Bennett,
Martin Luter King. L'uomo di Atlanta, Claudiana, Torino 1969, 1998, Nuova
iniziativa editoriale, Roma 2008; Gabriella Lavina, Serpente e colomba. La
ricerca religiosa di Martin Luther King, Edizioni Citta' del Sole, Napoli
1994; Arnulf Zitelmann, Non mi piegherete. Vita di Martin Luther King,
Feltrinelli, Milano 1996; Sandra Cavallucci, Martin Luther King, Mondadori,
Milano 2004; Paolo Naso (a cura di), Il sogno e la storia. Il pensiero e
l'attualita' di Martin Luther King (1929-1968), Claudiana, Torino 2008.
Esistono altri testi in italiano (ad esempio Hubert Gerbeau, Martin Luther
King, Cittadella, Assisi 1973), ma quelli a nostra conoscenza sono perlopiu'
di non particolare valore. Una introduzione sintetica e' in "Azione
nonviolenta" dell'aprile 1998 (alle pp. 3-9), con una bibliografia
essenziale]

"L'Unita'", a buona ragione, ha deciso di ristampare la biografia di Lerone
Bennett, pubblicata per la prima volta in Italia nel 1969, a cura della
Claudiana, e di farlo in occasione del quarantesimo anniversario del tragico
assassinio di Martin Luther King Jr. occorso il 4 aprile 1968.
Molti, nelle chiese, nei gruppi nonviolenti, nelle organizzazioni di
volontariato e di solidarieta' con gli immigrati, nelle associazioni contro
il razzismo, non si lasceranno sfuggire l'occasione per riaprire, nel
confronto con questo straordinario personaggio, un dossier che ha molti
fascicoli e che non e' stato mai del tutto chiuso. Un dossier che non
riguarda solamente una pagina critica della democrazia statunitense di
questo secolo, ma che tocca problematiche tuttora in discussione anche in
Europa: pace e sicurezza, militarismo ed economia, risoluzione nonviolenta
dei conflitti, poverta', multiculturalismo, razzismo. Solo per citare i nomi
di alcuni di questi fascicoli.
In questo sta certamente l'interesse sempre vivo per il movimento per i
diritti civili e la vita di questo profeta di pace, e quindi la fondata
motivazione di consentire al grande pubblico una rilettura della vita di
Martin Luther King chiara, sintetica ma anche ben documentata come quella
offerta da Lerone Bennett.
Dal 1969 a oggi l'interesse per il personaggio King non e' andato mai
scemando, testimonianza ne e' la ristampa delle oltre quaranta edizioni de
La forza di amare, famosa raccolta di alcuni suoi sermoni utilizzati da
tempo tanto nelle catechesi ecclesiastiche quanto nelle scuole. Il "sogno"
di King di una societa' riconciliata e pacifica, pur nelle sue differenze
etniche e culturali, non e' mai tramontato. Al contrario, direi che oggi,
dinanzi alla crisi delle ideologie, soprattutto quelle di sinistra, alcune
delle quali troppo frettolosamente liquidarono King come un borghese al
servizio della societa' capitalistica, unitamente al sogno si riscopre e
valorizza la capacita' strategica del suo movimento e la profondita' della
sua analisi politica che, partendo dalla grave situazione di razzismo negli
Usa degli anni Cinquanta e Sessanta, si allarga poi a riflessioni piu'
complesse sul militarismo e imperialismo Usa e sulle condizioni di poverta'
strutturale di tante fasce della stessa popolazione americana.
*
A questo proposito ritengo che vadano segnalati ai lettori interessati a un
approfondimento, alcuni testi scelti tra i tanti. Il primo e' la
pubblicazione da parte di James Cone, un famoso teologo afroamericano che
insegna allo Union Theological Seminary di New York, di una biografia
intrecciata di Martin Luther King e Malcolm X. Il titolo del testo e':
Martin, Malcolm and America: A Dream or a Nightmare (Maryknoll, Orbis,
1991). L'opera e' importante perche' esprime la rivendicazione da parte
della maggioranza della comunita' afroamericana di entrambi i personaggi.
A un primo sguardo i due hanno in comune, oltre che il colore della pelle e
la loro lotta appassionata contro il razzismo, solamente la loro morte
violenta. Per il resto, nella metodologia come nelle finalita', appaiono a
tratti addirittura speculari. Martin coltiva il sogno di una societa'
riconciliata in cui i neri siano del tutto integrati nella societa'
americana. Egli, assieme alla comunita' nera d'America e ai liberal bianchi,
persegue il suo obiettivo con una strategia rigorosamente nonviolenta
mutuata in larga misura da uno dei suoi maestri, Gandhi. Per Malcolm,
invece, non c'e' alcun sogno americano, c'e' solo un incubo. Per dirla con
le sue stesse parole, "No, io non sono un americano. Io sono uno dei 22
milioni di neri vittime dell'americanismo, una delle vittime della
democrazia americana che e' nient'altro che una deprecabile ipocrisia. E
quindi io non sto qui a parlarvi come un americano, come un patriota, o come
uno che onora e saluta la bandiera. No, io no! Io vi parlo piuttosto come
una vittima del sistema americano, io vedo questa nazione con gli occhi
della vittima. Io non vedo nessun sogno americano; io vedo solo un incubo
americano!".
Malcolm non si fida per nulla dei bianchi, neppure di quelli piu'
"illuminati". Per lui, non l'integrazione e' l'unica via d'uscita, ma la
separazione, dapprima parlando di un possibile ritorno in Africa, poi della
costituzione di una nazione indipendente in America. E infine ritiene che la
strategia nonviolenta non sia ne' necessaria, ne' efficace.
Martin si presenta come il profeta di pace dei neri degli Stati del Sud,
Malcolm come il leader trascinatore dei neri che vivono nelle grandi
metropoli americane del Nord. Il primo e' cristiano, il secondo musulmano.
L'approccio originale della biografia comparata di Cone sta nel fatto che i
due personaggi siano colti diacronicamente nello sviluppo delle loro idee e
posizioni politiche e religiose. E la scoperta maggiore sta nel rilevare il
processo di avvicinamento dei due grandi leader alla luce delle proprie
esperienze. King negli ultimi anni della sua vita rivolge sempre piu' spesso
la sua attenzione a questioni come la poverta' strutturale del Terzo mondo,
il militarismo americano e la guerra del Vietnam. Il sogno non svanisce, ma
piu' profonda diviene la sua consapevolezza rispetto al sistema
politico-economico-militare che tiene sotto scacco non solo i neri
d'America, ma anche tanti altri poveri dentro e fuori la nazione. Malcolm,
per converso, e' costretto a rivedere l'impostazione religiosa e ideologica
della Nazione dell'Islam cui aveva dato il suo entusiastico contributo di
leader carismatico.
*
E' proprio in questa linea, attenta a cogliere lo sviluppo e la maturazione
del pensiero politico e religioso di King, che si aggiunge nel 1993
un'importante iniziativa editoriale della Claudiana, rappresentata dalla
traduzione e pubblicazione a cura di Paolo Naso di diversi scritti di King
selezionati dall'antologia A Testament of Hope: The Essential Writings and
Spechees of Martin Luther King, jr. Il libro, emblematicamente intitolato
L'"altro" Martin Luther King, presenta una ragionata introduzione dello
stesso curatore. Con il crescere della consapevolezza da parte di King del
filo rosso che unisce razzismo, poverta' e militarismo, cresce anche, e'
questa la tesi di Naso, un certo isolamento del leader che lo rendera' piu'
vulnerabile alla vigilia del suo assassinio, occorso il 4 aprile 1968.
*
E' del 1994 la pubblicazione di Gabriella Lavina, Serpente e colomba: la
ricerca religiosa di Martin Luther King, volume edito a Napoli da La citta'
del sole. Si tratta di un'opera di 650 pagine che descrive, con rigore
scientifico e dovizia di fonti, il pensiero di King e l'ambiente politico e
culturale nel quale il suo genio e' maturato. La prima parte del titolo del
libro prende spunto da uno dei sermoni di King raccolti in La forza di
amare, quello sul testo di Matteo 10,16 "Siate dunque prudenti come serpenti
e semplici come colombe". Lavina indica nella dialettica tra "mente acuta e
cuore tenero" la sintesi antropologica di King. Ma la metafora del serpente
e della colomba bene esprime anche un aspetto fondamentale della sua
spiritualita'. La "mente robusta" sta nel suo rigore scientifico e
nell'appello, spesso reiterato nei suoi sermoni, alla autorealizzazione. Il
nero deve uscire dalla sua condizione di subalternita' sociale anche
attraverso un processo di emancipazione culturale e psicologica che gli
consenta di acquisire fiducia nei propri mezzi e nelle proprie
potenzialita'. L'emancipazione passa per la cruna d'ago della formazione del
carattere e della disciplina. "Secondo me, uno degli scopi principali
dell'educazione - scrive infatti King allora ancora diciannovenne - consiste
nel salvare l'uomo dalla palude della propaganda. L'educazione deve mettere
in grado ognuno di vagliare, soppesare i fatti per metterli in evidenza, di
distinguere il vero dal falso, il reale dall'illusorio e i fatti dalle
finzioni (...). Dobbiamo ricordare che l'intelligenza non basta.
Intelligenza piu' carattere: ecco lo scopo della vera educazione" (p. 49).
La fertilita' della mente deve esprimersi in lucide strategie per
smascherare il conflitto senza mai edulcorarlo o nasconderlo. Il confronto
con la societa' razzista viene inseguito e messo a nudo con puntualita' e
pignoleria da King. Forse l'insistenza sulla mente acuta e penetrante e'
anche legata alla riconosciuta emotivita' del nero. Non di rado, ci
riferisce infatti Bennett, King era irritato dalla predicazione di certi
pastori neri, i quali tendevano a ridurre tutto il messaggio evangelico a
mera emotivita', risolvendosi il piu' delle volte in azione sterile proprio
perche' difettosa di robustezza, approfondimento, rigore. "Egli pensava che
vi fosse eccedenza di pastori 'scarsamente dotati intellettualmente, e poco
preparati' nella chiesa nera" (p. 47).
Ma King era anche cosciente che questa emotivita' della comunita' nera
rappresentasse una sua forza dirompente e una riserva di energia pressoche'
inesauribile per la lotta. D'altra parte, nelle parole stesse di King "avere
le qualita' del serpente senza quelle della colomba, significa essere
freddi, meschini ed egoisti; cosi' come avere le qualita' della colomba
senza quelle del serpente significa essere sentimentali, anemici e
inconsistenti" (La forza di amare).
*
Infine segnalo la recente pubblicazione, ancora da parte della Claudiana,
del testo curato da Paolo Naso, Il sogno e la storia. Il pensiero e
l'attualita' di Martin Luther King (Torino, 2007). Il testo, presentato in
occasione di un importante convegno internazionale organizzato dall'Unione
Cristiana Evangelica Battista d'Italia e dalla Lott Carey Convention degli
Usa, propone diversi saggi di autori italiani e americani sulla legacy del
messaggio di King oggi.
Si tratta di un testo agevole, con saggi brevi, decisamente interessante,
perche' vi si intrecciano voci di uomini e donne, battisti italiani e
afroamericani, persone credenti e non, che concorrono a ricomporre la
personalita' di King, inserendola nel contesto del movimento della Sclc
(Southern Christian Leadership Conference), organizzazione che King stesso
fondo' nel febbraio del 1957, e della storia di quegli anni negli Usa e nel
mondo.
La raccolta di saggi si interroga sull'attualita' del messaggio di King a
partire dalle questioni odierne della globalizzazione, della poverta' e del
dialogo interreligioso.

6. MEMORIA. DANILO DI MATTEO: MARTIN LUTHER KING
[Dal quotidiano "L'Unita'" del 4 gennaio 2008 col titolo "Martin Luther
King, il messia nero dei diritti" e il sommario "Anniversari. Il 4 aprile
del 2008 sara' il quarantennale della sua uccisione. E arrivano libri, anche
con 'L'Unita''".
Danilo Di Matteo, medico psichiatra, collabora con varie testate; e' stato
fra i fondatori a Chieti dell'Associazione culturale "Altiero Spinelli"]

Nel 1957 "quando un gruppo di noi costitui' la Sclc, Southern Christian
Leadership Conference, noi scegliemmo come motto 'Salvare l'anima
dell'America' (...) se l'anima dell'America si avvelenasse mortalmente,
l'autopsia rivelerebbe una delle cause: il Vietnam. Essa non si puo' salvare
finche' distrugge le speranze piu' profonde di uomini di tutto il mondo. E'
per questo che coloro tra noi che sono ancora convinti che l'America avra'
un futuro sono proprio coloro che gridano la protesta e il dissenso e
lavorano per la salvezza della nostra terra". Cosi' disse Martin Luther King
il 4 aprile 1967 (un anno prima di essere assassinato) alla Riverside Church
di New York. La guerra sottraeva fondi ai programmi federali per
l'emancipazione dei poveri e contraddiceva i grandi principi sui quali sulla
carta si fondavano gli Usa. Per il pastore afroamericano gli ultimi anni
furono piu' difficili che mai: abbandonato dalla grande stampa e dagli
ambienti liberal bianchi per la radicalizzazione delle proprie posizioni,
poco in sintonia con i metodi di lotta dei neri dei ghetti delle metropoli
del Nord, che pure cercava di comprendere, percepito come distante persino
da buona parte del movimento studentesco, per il quale pure la lotta contro
la segregazione razziale nel Sud, con i sit-in e le marce, era stata un
faro. Egli arrivo' cosi' a riecheggiare Malcolm X parlando del sogno che
diveniva incubo. Ma non smise di guardare alla Dichiarazione d'Indipendenza
e alla Costituzione, alle loro promesse di democrazia, liberta',
possibilita' per ciascuno di ricercare la felicita'.
Da qui l'azione e la riflessione di King, figlio, nipote e pronipote di
predicatori battisti di Atlanta, divenuto a sua volta pastore a Montgomery
(Alabama), dove il primo dicembre 1955 una donna di colore, Rosa Parks,
rifiuto' di cedere il posto su un mezzo pubblico a un bianco e venne percio'
arrestata: da cio' il celebre boicottaggio degli autobus da parte dei neri.
Le idee nonviolente del Mahatma Gandhi erano piuttosto diffuse fra i leader
afroamericani; King ebbe il coraggio, pero', di tradurle in azione
organizzata di massa, attribuendo ad esse un respiro cosmico: "Un fatto
basilare della resistenza nonviolenta e' che essa e' basata sulla
convinzione che l'universo e' dalla parte della giustizia. Di conseguenza
colui che crede nella nonviolenza ha profonda fede nel futuro. Questa fede
e' un'altra ragione per la quale il resistente nonviolento puo' accettare la
sofferenza senza spirito di vendetta". E l'agape, l'amore gratuito, e' la
forza piu' grande di cui l'essere umano disponga.
Di tutto questo ci parla Il sogno e la storia. Il pensiero e l'attualita' di
Martin Luther King (Claudiana, pp. 203, euro 15), un'antologia critica a
cura di Paolo Naso, a 40 anni dalla morte di King (mentre sempre da
Claudiana il 4 aprile "l'Unita'" offrira' ai lettori il "King" di Lerone
Bennett). E la formula proposta risulta la migliore: piu' punti di vista con
dieci brevi saggi di autori diversi, non solo italiani. Alla fine alcune
apparenti contraddizioni sembrano dissolversi: per King, un legame profondo
lega l'individuo alla comunita'. E' nel singolo che risiedono i diritti, i
quali hanno senso se condivisi col prossimo. La comunita' nera non e' da
intendere cosi' come un'enclave, ma come luogo di apertura di un'identita'
alle altre (si guardi anche alla sua profonda amicizia con esponenti ebrei e
all'attenzione alle altre denominazioni cristiane); da qui il celebre sogno,
enunciato il 28 agosto 1963 a Washington: bianchi e neri gli uni accanto
agli altri. Prima di morire King pensava a una seconda marcia nella
capitale, contro la miseria, per i diritti sociali, per condizionare
pesantemente le autorita' federali. Ma per uno che come lui si era formato
anche grazie al Social Gospel (il Vangelo sociale), pur non condividendone
sempre l'ottimismo, non si trattava di una rottura. Era anzi un altro passo
dell'Esodo degli ultimi, dei minimi, secondo un'immagine biblica tanto cara
ai puritani.

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 478 del 6 giugno 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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