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Minime. 477
- Subject: Minime. 477
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 5 Jun 2008 01:29:01 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 477 del 5 giugno 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Katya Waldboth: Due iniziative della Fondazione Alexander Langer 2. Zygmunt Bauman: Paura 3. Mirella Caveggia presenta "L'estranea" di Elisabetta Rasy 4. Vittorio Grevi presenta "Sulle regole" di Gherardo Colombo 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento 6. Per saperne di piu' 1. INIZIATIVE. KATYA WALDBOTH: DUE INIZIATIVE DELLA FONDAZIONE ALEXANDER LANGER [Attraverso Edi Rabini (per contatti: edorabin at fastwebnet.it) riceviamo e diffondiamo. Edi Rabini, che e' stato grande amico e stretto collaboratore di Alex Langer, e' impegnato nella Fondazione Alexander Langer (per contatti: e-mail: info at alexanderlanger.org, sito: www.alexanderlanger.org), di cui e' infaticabile e generosissimo animatore. Katya Waldboth e' da anni impegnata in progetti per la pace; laureata in storia, ha lavorato nel periodo degli studi ad Innsbruck nelle carceri, con immigrati senza permesso di soggiorno; ha partecipato a inziative di solidarieta' in Eritrea, Uganda, Kenya e Burundi; collabora con la Fondazione Alexander Langer. Alexander Langer e' nato a Sterzing (Vipiteno, Bolzano) nel 1946, e si e' tolto la vita nella campagna fiorentina nel 1995. Promotore di infinite iniziative per la pace, la convivenza, i diritti, l'ambiente. Per una sommaria descrizione della vita cosi' intensa e delle scelte cosi generose di Langer rimandiamo ad una sua presentazione autobiografica che e' stata pubblicata col titolo Minima personalia sulla rivista "Belfagor" nel 1986 (poi ripresa in La scelta della convivenza). Opere di Alexander Langer: Vie di pace. Rapporto dall'Europa, Arcobaleno, Bolzano 1992 esaurito). Dopo la sua scomparsa sono state pubblicate alcune belle raccolte di interventi: La scelta della convivenza, Edizioni e/o, Roma 1995; Il viaggiatore leggero. Scritti 1961-1995, Sellerio, Palermo 1996; Scritti sul Sudtirolo, Alpha&Beta, Bolzano 1996; Die Mehrheit der Minderheiten, Wagenbach, Berlin 1996; Piu' lenti, piu' dolci, piu' profondi, suppl. a "Notizie Verdi", Roma 1998; The Importance of Mediators, Bridge Builders, Wall Vaulters and Frontier Crossers, Fondazione Alexander Langer Stiftung - Una Citta', Bolzano-Forli' 2005; Fare la pace. Scritti su "Azione nonviolenta" 1984-1995, Cierre - Movimento Nonviolento, Verona, 2005; Lettere dall'Italia, Editoriale Diario, Milano 2005; Alexander Langer, Was gut war Ein Alexander-Langer-ABC; inoltre la Fondazione Langer ha terminato la catalogazione di una prima raccolta degli scritti e degli interventi (Langer non fu scrittore da tavolino, ma generoso suscitatore di iniziative e quindi la grandissima parte dei suoi interventi e' assai variamente dispersa), i materiali raccolti e ordinati sono consultabili su appuntamento presso la Fondazione. Opere su Alexander Langer: Roberto Dall'Olio, Entro il limite. La resistenza mite di Alex Langer, La Meridiana, Molfetta 2000; AA. VV. Una vita piu' semplice, Biografia e parole di Alexander Langer, Terre di mezzo - Altreconomia, Milano 2005; Fabio Levi, In viaggio con Alex, la vita e gli incontri di Alexander Langer (1946-1996), Feltrinelli, Milano 2007. Si vedano inoltre almeno i fascicoli monografici di "Azione nonviolenta" di luglio-agosto 1996, e di giugno 2005; l'opuscolo di presentazione della Fondazione Alexander Langer Stiftung, 2000, 2004; il volume monografico di "Testimonianze" n. 442 dedicato al decennale della morte di Alex. Inoltre la Casa per la nonviolenza di Verona ha pubblicato un cd-rom su Alex Langer (esaurito). Videografia su Alexander Langer: Alexander Langer: 1947-1995: "Macht weiter was gut war", Rai Sender Bozen, 1997; Alexander Langer. Impronte di un viaggiatore, Rai Regionale Bolzano, 2000; Dietmar Hoess, Uno di noi, Blue Star Film, 2007. Un indirizzo utile: Fondazione Alexander Langer Stiftung, via Latemar 3, 9100 Bolzano-Bozen, tel. e fax: 0471977691; e-mail: info at alexanderlanger.org, sito: www.alexanderlanger.org] Cari amici e amiche e della Fondazione, segnaliamo due iniziative relative alla Bosnia organizzate quest'estate dalla Fondazione Alexander Langer Stiftung di Bolzano, con la preghiera di diffusione a tutti/e i/le possibili interessati/e. Si tratta dei due ormai tradizionali appuntamenti bosniaci estivi, che fanno parte del progetto "Adopt Srebrenica", con cui la Fondazione vuole proseguire il suo impegno in Bosnia, cercando al contempo di coinvolgere, informare e sensibilizzare i cittadini e la societa' civile europea. * Viaggio a Tuzla, Srebrenica e Sarajevo. 8-13 luglio 2008. La Fondazione Langer di Bolzano ripropone anche quest'anno, per la quarta volta, un viaggio a Tuzla, Srebrenica e Sarajevo per partecipare alla cerimonia di commemorazione del genocidio avvenuto l'11 luglio 1995. Costo: 320 euro. Per prenotarsi: e-mail: info at alexanderlanger.org, tel: 0471977691, sito: www.alexanderlanger.org * Seconda settimana internazionale a Srebrenica. 23-30 agosto 2008. Seminari, incontri pubblici, laboratori, iniziative culturali, eventi di riflessione e animazione sul tema della memoria, con la partecipazione di esperti locali e internazionali. Costo: 450 euro, 350 euro per studenti. Grazie per l'attenzione e cordiali saluti, Katya Waldboth per la Fondazione Alexander Langer * Fondazione Alexander Langer Stiftung - Onlus, Via Latemarstr. 3, 39100 Bolzano/Bozen, tel. e fax: 0471977691, e-mail:info at alexanderlanger.org, sito: www.alexanderlanger.org 2. RIFLESSIONE. ZYGMUNT BAUMAN: PAURA [Dal quotidiano "La Repubblica" del 5 gennaio 2008 col titolo "La paura puo' essere vista come un istinto che accompagna l'umanita' nei secoli, o come un sentimento che muta a seconda delle epoche. Oggi ha assunto una forma sfuggente che nasce dall'incertezza". Zygmunt Bauman, illustre sociologo, intellettuale democratico, ha insegnato a Varsavia, a Tel Aviv e Haifa, a Leeds; e' il marito di Janina Bauman. Opere di Zygmunt Bauman: segnaliamo almeno Cultura come prassi, Il Mulino, Bologna 1976; Modernita' e olocausto, Il Mulino, Bologna 1992, 1999; La decadenza degli intellettuali, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Il teatro dell'immortalita', Il Mulino, Bologna 1995; Le sfide dell'etica, Feltrinelli, Milano 1996; La societa' dell'incertezza, Il Mulino, Bologna; Dentro la globalizzazione, Laterza, Roma-Bari 1999; Voglia di comunita', Laterza, Roma-Bari 2001; Modernita' liquida, Laterza, Roma-Bari 2002; Intervista sull'identita', Laterza, Roma-Bari 2003; La societa' sotto assedio, Laterza, Roma-Bari 2003; Vite di scarto, Laterza, Roma-Bari 2005; Vita liquida, Laterza, Roma-Bari 2006; L'Europa e' un'avventura, Laterza, Roma-Bari 2006; Lavoro, consumismo e nuove poverta', Citta' aperta, Troina (Enna) 2007; Homo consumens, Erickson, Trento 2007; Modus vivendi, Laterza, Roma-Bari 2007; Paura liquida, Laterza, Roma-Bari 2008] Questa nostra vita si e' rivelata ben diversa da quella che avevano previsto e iniziato a progettare i saggi dell'Illuminismo e i loro eredi e discepoli. Nella vita nuova che essi immaginavano e intendevano creare, si sperava che l'impresa di domare le paure e di imbrigliare i pericoli da cui esse derivano potesse realizzarsi. Nel contesto liquido-moderno, invece, la lotta contro le paure si e' rivelata un compito a vita, mentre i pericoli che innescano le paure hanno finito per apparire come compagni permanenti e inseparabili della vita umana, anche quando si sospetta che nessuno di essi sia insormontabile. La nostra vita e' tutt'altro che priva di paure, e il contesto liquido-moderno in cui essa va vissuta e' tutt'altro che esente da pericoli e minacce. Tutta la vita e' ormai diventata una lotta, lunga e probabilmente impossibile da vincere, contro l'impatto potenzialmente invalidante delle paure, e contro i pericoli, veri o presunti, che temiamo. Essa puo' essere vista soprattutto come ricerca e verifica continua di stratagemmi ed espedienti che ci consentano di scongiurare, anche se solo temporaneamente, l'arrivo di pericoli imminenti - o meglio ancora di mettere da parte la preoccupazione che essi suscitano sperando che si esauriscano da se' o restino dimenticati finche' occorre. La nostra inventiva in tal senso non conosce limiti. Gli stratagemmi sono numerosi, e piu' se ne usano, tanto meno sono efficaci. Eppure, con tutto cio' che li distingue, essi hanno una regola in comune: ingannare il tempo e sconfiggerlo sul suo stesso terreno; dilazionare la frustrazione, e non piu' la gratificazione. Il futuro e' nebuloso? Un'altra buona ragione per non farsene ossessionare. I pericoli sono indecifrabili? Un'altra buona ragione per dimenticarsene. Tutto va bene sinora: potrebbe andar peggio. Andiamo avanti cosi'. Non preoccupiamoci prima del tempo se dobbiamo attraversare un ponte. Forse non ci arriveremo mai, oppure crollera' prima, o sara' spostato altrove. Perche' preoccuparsi ora? Meglio seguire l'antica ricetta: carpe diem. O, piu' semplicemente: divertitevi ora, pagate dopo. O ancora, come vuole la versione aggiornata - offertaci dalle carte di credito - di quella collaudata saggezza: "meglio un uovo oggi che una gallina domani". Viviamo a credito: nessuna generazione passata si e' indebitata, individualmente e collettivamente, in modo tanto pesante (i bilanci statali un tempo puntavano al pareggio: oggi i "migliori" sono quelli che mantengono al medesimo livello dell'anno precedente l'eccedenza delle uscite sulle entrate). Vivere a credito ha i suoi piaceri utilitaristici: perche' dilazionare la gratificazione? Perche' aspettare, se la gioia futura si puo' assaporare "qui e ora"? E' vero, il futuro e' fuori controllo. Ma la carta di credito, come per magia, mette quel futuro, sgradevolmente elusivo, direttamente nelle nostre mani. Possiamo consumarlo, per cosi' dire, in anticipo - finche' c'e' ancora qualcosa da consumare... Questa sembra essere l'attrazione latente del vivere-a-credito, il cui vantaggio manifesto, se si presta fede alla pubblicita', e' puramente utilitaristico: dare piacere. E se il futuro sara' brutto come sospettiamo, possiamo consumarlo ora, finche' e' ancora fresco e intatto, prima che la catastrofe colpisca, e prima che il futuro stesso abbia la possibilita' di mostrarci quanto sarebbe brutta. (Questo e', a pensarci bene, cio' che facevano un tempo i cannibali: divorare i nemici appariva loro come il modo piu' sicuro per risolvere definitivamente le minacce di cui costoro erano latori; un nemico consumato, digerito ed escreto non faceva piu' paura. Ma, ahinoi, e' impossibile mangiare tutti i nemici. Mentre lo facciamo essi, invece di diminuire, sembrano moltiplicarsi). * I mezzi sono i messaggi. Le carte di credito sono anch'esse messaggi. Se i libretti di risparmio ispirano certezza nel futuro, un futuro incerto reclama a gran voce carte di credito. I libretti di risparmio nascono da un futuro degno di fiducia e si nutrono di esso: un futuro che certo arrivera' e che, una volta giunto, non sara' tanto dissimile dal presente. Un futuro che si prevede dara' valore a cio' cui noi diamo valore, rispettando i risparmi passati e premiando coloro che li hanno. I libretti di risparmio prosperano anch'essi sulla speranza/aspettativa/fiducia che - grazie alla continuita' tra il presente e il futuro - cio' che si fa ora, nel presente, si accaparrera' il futuro, impegnandolo prima ancora che arrivi; cio' che facciamo ora "fara' la differenza", determinera' la forma del futuro. Le carte di credito, e i debiti che esse consentono di fare facilmente, dovrebbero atterrire i piu' miti tra noi, e turbare persino chi e' piu' propenso al rischio; e se cio' non accade, lo si deve alla discontinuita' che ipotizziamo: al presentimento che ci dice che il futuro che arrivera' (se arrivera', e se ci saremo a testimoniarne l'arrivo) sara' diverso dal presente che conosciamo, pur non avendo idea di come e quanto lo sara'. Vorra' premiare, tra qualche anno, i sacrifici fatti oggi in suo nome? Ricompensera' gli sforzi compiuti per assicurarsi la sua benevolenza? O, al contrario, trasformera' in passivita' le attivita' di oggi, e in fastidiosi fardelli i carichi pregiati? Non lo sappiamo e non possiamo saperlo, e non ha molto senso cercare di vincolare cio' che non si puo' conoscere. * Indugiamo nella preoccupazione per i ponti che alla fine dovremo attraversare comunque; eppure non sono cosi' lontani da poter rinviare a cuor leggero la preoccupazione che desta l'idea di doverli attraversare... Non tutti i pericoli appaiono abbastanza remoti da poterli liquidare come bizzarre creazioni di una immaginazione febbrile, o comunque come qualcosa di irrilevante rispetto alla voce in cima alla lista delle cose da fare. Comunque per fortuna abbiamo un modo di aggirare quegli ostacoli che si sono avvicinati troppo e non si possono piu' ignorare: possiamo pensare (e lo pensiamo) che siano dei "rischi". Riconosciamo allora che il prossimo passo da compiere e' "rischioso" (ossia che potrebbe rivelarsi intollerabilmente costoso, riesporci ad antichi pericoli o crearne di nuovi), e del resto cio' vale tendenzialmente per qualsiasi passo. E' possibile che non raggiungeremo cio' che desideriamo, e che otterremo invece qualcosa di totalmente diverso e di assolutamente sgradevole; qualcosa che preferiremmo evitare ("effetti secondari" o "danni collaterali" - cosi' chiamiamo queste spiacevoli e indesiderabili conseguenze, in quanto non intenzionali e distanti dal bersaglio della nostra azione). E riconosciamo anche che essi possono sopraggiungere "inattesi" e, nonostante tutti i calcoli che avevamo fatto, possono coglierci di sorpresa e trovarci impreparati. Pur avendo pensato, valutato e dichiarato tutto cio', in mancanza di un'opzione migliore procediamo lo stesso come se potessimo prevedere quali conseguenze indesiderabili richiederanno la nostra attenzione e la nostra vigilanza e come se potessimo monitorare i nostri passi in tal senso. Cio' non sorprende: possiamo preoccuparci solo delle conseguenze indesiderabili che siamo in grado di prevedere, e soltanto queste possiamo cercare di evitare. E dunque quelle che noi classifichiamo nella categoria dei "rischi" sono solo le conseguenze di questo tipo, quelle "prevedibili". I rischi sono i pericoli la cui probabilita' noi possiamo (o crediamo di potere) calcolare: sono pericoli calcolabili. Una volta definiti in tal modo, i rischi sono la massima approssimazione possibile alla certezza (irraggiungibile, purtroppo). Dobbiamo tuttavia notare che "calcolabilita'" non significa prevedibilita': cio' che si calcola e' solo la probabilita' che le cose vadano male e che sopraggiunga il disastro. Il calcolo delle probabilita' dice qualcosa di affidabile sulla distribuzione degli effetti di un gran numero di azioni simili, ma e' quasi inutile come mezzo di previsione quando lo si impiega (alquanto impropriamente) per orientarsi in una specifica impresa. La probabilita', anche quella calcolata nel modo piu' rigoroso, non offre la certezza che i pericoli saranno, o non saranno, evitati in questo o quel particolare caso, qui e ora, o li' e allora. Ma il fatto stesso che abbiamo stimato le probabilita' (e dunque, implicitamente, abbiamo evitato decisioni affrettate e non possiamo essere accusati di temerarieta') ci puo' infondere il coraggio di decidere se il gioco vale o non vale la candela, e offrire una certa dose di rassicurazione, pur se priva di garanzia. Prendendo in considerazione le probabilita' facciamo qualcosa di ragionevole, e forse persino di utile; ora "abbiamo ragione" di considerare le probabilita' negative troppo alte per giustificare la misura rischiosa, o troppo basse per dissuaderci dal correre il rischio. * Di solito, tuttavia, spostare l'attenzione dai pericoli ai rischi si rivela come un altro stratagemma; un tentativo di eludere il problema, piu' che un salvacondotto efficace. Come ha notato Milan Kundera in I testamenti traditi, il contesto della nostra vita e' avvolto dalla nebbia, e non dal buio totale in cui non vedremmo niente e saremmo incapaci di muoverci: "nella nebbia si e' liberi, ma e' la liberta' di chi si trova nella nebbia"; possiamo vedere a una decina di metri di distanza, possiamo ammirare i begli alberi sulla strada lungo cui camminiamo, vedere i passanti e reagire alle loro mosse, evitare di urtare qualcuno, accorgerci in tempo di un masso o di una buca sulla nostra strada, ma difficilmente possiamo vedere l'incrocio un po' piu' avanti, o l'auto che si trova ancora a un centinaio di metri ma che si sta avvicinando a tutta velocita'. Possiamo dire che, coerente con la "vita nella nebbia", la nostra "certezza" orienta e focalizza le nostre precauzioni sui pericoli visibili, noti e vicini, che e' possibile prevedere e la cui probabilita' puo' essere calcolata, mentre i pericoli decisamente piu' tremendi e spaventosi sono proprio quelli impossibili o drammaticamente difficili da prevedere: i pericoli non previsti, e con ogni probabilita' imprevedibili. Tutti presi dal calcolo dei rischi, tendiamo a trascurare questo problema piu' serio, e a evitare che le catastrofi che non potremmo impedire minino la sicurezza in noi stessi. Concentrandoci sui casi in cui possiamo fare qualcosa, non ci resta tempo per metterci a riflettere sui casi in cui ci e' impossibile fare alcunche'. Cio' ci aiuta a tutelare il nostro equilibrio mentale. Tiene a distanza gli incubi e ci permette di dormire la notte. Ma non ci rende necessariamente piu' sicuri. Del resto, questo approccio non rende i pericoli meno realistici. La nostra congettura-intuizione-diffidenza-previsione-convinzione-certezza che le cose stiano cosi' puo' schiacciare un pisolino, ma puntualmente si risvegliera'. Di tanto in tanto, anzi sempre piu' spesso, i pericoli tornano a ricordarci fino a che punto essi rimangano realistici nonostante tutte le misure precauzionali prese. In modo ricorrente e abbastanza regolare essi vengono riesumati dalla fossa poco profonda in cui erano sepolti, a pochi centimetri dalla superficie della nostra coscienza, e brutalmente esposti sotto i riflettori della nostra attenzione; le catastrofi si susseguono, offrendoci premurosamente numerose occasioni per ricordarcene. (...) * Le occasioni di aver paura sono una delle poche cose che non scarseggiano in questi nostri tempi tristemente poveri di certezze, garanzie e sicurezze. Le paure sono tante e varie. Ognuno ha le sue, che lo ossessionano, diverse a seconda della collocazione sociale, del genere, dell'eta' e della parte del pianeta in cui e' nato e ha scelto di (o e' stato costretto a) vivere. Il guaio e' che tali paure non sono tutte uguali fra loro. Dato che arrivano una alla volta, in successione ininterrotta ma casuale, esse sfidano i nostri (eventuali) sforzi di collegarle tra loro e ricondurle alle loro radici comuni. Ci spaventano di piu' perche' risultano difficili da abbracciare nella loro totalita', ma ancor piu' per il senso di impotenza che suscitano in noi. Non riuscendo a comprenderne le origini e la logica (ammesso che ci sia), ci troviamo al buio e incapaci di prendere provvedimenti - e, a maggior ragione, di prevenire o contrastare i pericoli che esse ci segnalano. Siamo semplicemente privi di strumenti e capacita' a tal fine. I rischi che temiamo trascendono la nostra capacita' di agire; finora non siamo nemmeno riusciti a definire chiaramente come dovrebbero essere gli strumenti e le capacita' adeguate - e dunque siamo ben lontani dal poter iniziare a progettarli e realizzarli. Ci troviamo in una situazione non molto diversa da quella di un bambino disorientato; per riprendere l'allegoria utilizzata tre secoli fa da Georg Christoph Lichtenberg, se un bambino urta contro un tavolo, da' la colpa a quest'ultimo, mentre per casi simili noi abbiamo coniato la parola "destino" contro cui lanciare accuse. * Il senso di impotenza che costituisce l'effetto piu' tremendo della paura nasce tuttavia non dai pericoli (veri o presunti) in quanto tali, ma dall'ampio quanto scarsamente attrezzato spazio che si spalanca tra i pericoli da cui promanano le paure e le nostre reazioni possibili e/o ritenute realistiche. Ma che le nostre paure "non siano tutte uguali tra loro" e' vero anche in un altro senso: per quanto le paure che tormentano i piu' possano essere straordinariamente simili tra loro, si presume che ciascuno di noi vi si opporra' individualmente, con le proprie sole risorse, quasi sempre drammaticamente inadeguate. Non si vede quasi mai chiaramente in che modo le nostre possibilita' di difesa possano guadagnarci dal mettere insieme le risorse di tutti e cercare modi per dare a tutti coloro che ne soffrono le stesse opportunita' di sicurezza dalla paura. A peggiorare ulteriormente le cose, anche se e quando i benefici di una lotta comune vengano perorati in modo convincente, rimane aperta la questione di come fare per tenere uniti tutti i combattenti isolati. Le condizioni della societa' individualizzata sono inadatte all'azione solidale, e rendono difficile vedere una foresta invece che i singoli alberi. Inoltre le antiche foreste - paesaggio un tempo familiare e facile da riconoscere - sono state decimate, ed e' improbabile che ne vengano piantate di nuove, dato che la coltivazione tende a essere demandata ai singoli contadini. La societa' individualizzata e' contraddistinta da una dispersione dei legami sociali, che sono il fondamento dell'azione solidale. Essa si distingue anche per la sua resistenza a una solidarieta' che potrebbe rendere tali legami durevoli e affidabili. 3. LIBRI. MIRELLA CAVEGGIA PRESENTA "L'ESTRANEA" DI ELISABETTA RASY [Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) col titolo "L'estranea. Premio Grinzane Cavour 2008 per la narrativa italiana". Mirella Caveggia, nata ad Aosta, di professione giornalista, ha vissuto in diversi Paesi: Stati Uniti, Congo, Senegal, Libano, Honk Kong, Filippine, Germania. Tornata in Italia, ha continuato l'attivita' di comunicazione intrapresa all'estero con "La Stampa" e "La Stampa Sera". Articoli con la sua firma sono apparsi anche sui seguenti quotidiani per le rubriche di cultura e di spettacolo: "La Nazione" di Firenze, "La Gazzetta del Mezzogiorno", "l'Unita'", "Paese Sera", "L'Arena di Verona" e il "Corriere del Ticino", quotidiano della Svizzera italiana. Numerose riviste hanno pubblicato suoi articoli e dossier: "Amica", "Marie Claire", "Europeo", "Noi donne", "Torino Magazine", "Itinerari del Piemonte" oltre alle riviste di teatro come "Hystrio" e "Sipario". Ha collaborato con "Avvenimenti". Nell'ambito delle traduzioni ha lavorato al Bureau International du Travail di Torino come interprete e traduttrice simultanea in occasione di una rassegna cinematografica. All'attivita' di giornalista freelance ha alternato quella di traduttrice per l'Arca di Roma. Attualmente traduce libri per una casa editrice torinese, la Elledici, e saltuariamente opera revisione di testi per Testo e Immagine. Opere di Mirella Caveggia: Cinque teatrini facili, Elledici 2006. Elisabetta Rasy, scrittrice e giornalista, nata nel 1947 a Roma, dove vive e lavora, ha pubblicato numerosi romanzi e racconti e vari saggi di argomento letterario molti dei quali dedicati alla scrittura femminile; vincitrice di numerosi premi letterari, le sue opere sono state tradotte in molti paesi; collabora con importanti testate giornalistiche. Tra le opere di Elisabetta Rasy: La lingua della nutrice, 1978; Le donne e la letteratura, Editori Riuniti, 1984, 2000; La prima estasi, Mondadori, 1985; Il finale della battaglia, Feltrinelli, 1988; L'altra amante, Garzanti, 1990; Mezzi di trasporto, Garzanti, 1993; Ritratti di signora, Rizzoli, 1995, 1997; (con Giosetta Fioroni), Esercizi di lettura, Corraini, 1996; La prima volta. Scoprirsi donne nella vita e sul lavoro, Rizzoli, 1996; Posillipo, Rizzoli, 1997; L'ombra della luna, Rizzoli, 1999; Tra noi due, Rizzoli, 2002; Due giorni a Natale, Rossi, 2003; (con Giosetta Fioroni), Succede a Roma, Corraini, 2004; La scienza degli addii, Rizzoli, 2005; L'estranea, Rizzoli, 2007] L'allontanamento progressivo dalla vita per l'irruzione di una malattia implacabile, la sofferenza che il corpo intaccato di una donna anziana irradia "come una luce nera" e la prospettiva della morte che si profila inevitabile sconvolgono il rapporto fra una madre una figlia. L'estranea di Elisabetta Rasy (Rizzoli, pp. 135, euro 15) e' il racconto pressante e concitato del reciproco distacco fisico e affettivo che si crea fra le due protagoniste costrette a inoltrarsi in un territorio sconosciuto con il progredire di una patologia che si manifesta improvvisamente e in breve deforma la loro intesa. Sospinte fra un medico e l'altro, un ospedale e una clinica, in preda allo sgomento, incapaci di comunicare, le due donne si allontanano l'una dall'altra fino a non riconoscersi piu'. La vicinanza stretta, la complicita' e la solidarieta' che le aveva ancora unite alla prima diagnosi si e' dissolta nello sgomento, nell'impotenza, nella resa, mentre affiorano ricordi vividi di un'esistenza che si spegne nel pallore di un'unica realta', quella della vita e della morte misteriosamente unite. A questo libro triste e indimenticabile, frutto di uno scavo doloroso e profondo, che addensa con una scrittura ben scandita e trasparente tutta la tensione emotiva di un forte trauma, e' stato assegnato il Premio Grinzane Cavour 2008 per la narrativa italiana. 4. LIBRI. VITTORIO GREVI PRESENTA "SULLE REGOLE" DI GHERARDO COLOMBO [Dal "Corriere della sera" del 31 marzo 2008 col titolo "Le regole, le leggi, la legalita'. Il breviario civile di Gherardo Colombo". Vittorio Grevi, nato a Pavia nel 1942, laureato in giurisprudenza nell'Universita' di Pavia nel 1965, assistente ordinario di Istituzioni di diritto e procedura penale (dal 1969), e' professore di Procedura penale nella facolta' di giurisprudenza dell'Ateneo pavese (dal 1974), dopo aver insegnato la stessa materia nella facolta' di giurisprudenza dell'Universita' di Macerata (1971-'75). Socio fondatore e segretario (dal 1985 al 1997) dell'Associazione tra gli studiosi del processo penale, e' uno dei tre membri italiani della Fondation internationale penale et penitentiaire. E' stato componente delle Commissioni governative per il nuovo codice di procedura penale e per le relative integrazioni (a piu' riprese dal 1974 al 1998) e di numerose altre Commissioni ministeriali in tema di giustizia penale. Fa parte della direzione delle riviste "Cassazione penale" e "Rivista italiana di diritto e procedura penale". E' direttore della collana "Giustizia penale oggi" (Cedam, Padova) e condirettore della collana "Procedura penale" (Giappichelli, Torino). Ha pubblicato le seguenti monografie: Imputato minorenne e impugnazione del genitore, Giuffre', Milano 1970; Nemo tenetur se detegere. Interrogatorio dell'imputato e diritto al silenzio nel processo penale, Giuffre', Milano 1972; Liberta' personale dell'imputato e Costituzione, Giuffre', Milano 1976; La nuova disciplina delle intercettazioni telefoniche, Giuffre', Milano 1979; Le sommarie informazioni di polizia e la difesa dell'indiziato, Giuffre', Milano 1980; nonche' la raccolta di studi Alla ricerca di un processo penale giusto, Giuffre', Milano 2000. Ha curato e diretto, insieme a G. Conso: Commentario breve al codice di procedura penale, Cedam, Padova 1988; Profili del nuovo codice di procedura penale, Cedam, Padova 1991, 1996, e, da ultimo, Compendio di procedura penale, Cedam, Padova 2003. Insieme a G. Conso e G. Neppi Modona: Il nuovo codice di procedura penale dalle leggi delega ai decreti delegati, 9 voll., Cedam, Padova 1990-1993. Insieme a G. Giostra e F. Della Casa: Ordinamento penitenziario. Commento articolo per articolo, Cedam, Padova 2000. Ha inoltre coordinato, scrivendone il saggio introduttivo, i seguenti volumi collettanei: Il problema dell'autodifesa nel processo penale, Zanichelli, Bologna 1977; Diritti dei detenuti e trattamento penitenziario, Zanichelli, Bologna 1981; Alternative alla detenzione e riforma penitenziaria, Zanichelli, Bologna 1982; Tribunale della liberta' e garanzie individuali, Zanichelli, Bologna 1983; La nuova disciplina della liberta' personale nel processo penale, Cedam, Padova 1985; L'ordinamento penitenziario dopo la riforma, Cedam, Padova 1988; La liberta' personale dell'imputato verso il nuovo processo penale, Cedam, Padova 1989; L'ordinamento penitenziario tra riforme ed emergenze, Cedam, Padova 1994; Processo penale e criminalita' organizzata, Laterza, Bari 1993; Misure cautelari e diritto di difesa, Giuffre', Milano 1996. Gherardo Colombo, gia' magistrato tra i piu' autorevoli ed impegnati, dal 2007 si dedica intensamente all'educazione alla legalita' e alla democrazia, con pubblicazioni, conferenze e incontri nelle scuole. Dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo per stralci la seguente scheda: "Gherardo Colombo (Briosco, 23 giugno 1946) e' un magistrato italiano, attualmente ritiratosi dal servizio, divenuto famoso per aver condotto o contribuito a inchieste celebri quali la scoperta della Loggia P2, il delitto Giorgio Ambrosoli, Mani pulite, i processi Imi-Sir/Lodo Mondadori/Sme. Dopo aver conseguito la maturita' classica, si iscrive all'Universita' Cattolica di Milano, presso la quale si laurea in Giurisprudenza nel 1969. Nel 1974 entra in magistratura e, dal 1975 al 1978, opera in qualita' di giudice nelle udienze della VII sezione penale della Corte di Milano. Dal 1978 al 1989 e' giudice istruttore e, dal 1987 al 1989, fa parte della commissione che esamina i materiali riguardanti importanti processi contro il crimine organizzato. Dal 1987 al 1990 partecipa in qualita' di osservatore - per conto della Societa' internazionale di difesa sociale - alla commissione di esperti per la cooperazione internazionale nella ricerca e nella confisca dei profitti illeciti. Dal 1989 al 1992 e' consulente per la Commissione parlamentare di inchiesta sul terrorismo in Italia, e nel 1993 e' consulente per la Commissione parlamentare di inchiesta sulla mafia. Dal 1989 e' pubblico ministero presso la Procura della Repubblica di Milano. Fondamentale il suo contributo alle indagini e ai processi nell'ambito dell'inchiesta Mani pulite. Nel marzo del 2005 e' stato nominato consigliere presso la Corte di Cassazione. A meta' febbraio del 2007 comunica le sue dimissioni da magistrato con lettera al Consiglio Superiore della Magistratura ed al Ministero della Giustizia". Opere di Gherardo Colombo: Un commento sulle misure di coordinamento in appendice al commentario del nuovo codice di procedura penale, Giuffre', Milano 1990; Il nuovo codice di procedura penale, in Politica italiana, Il Mulino, Bologna 1990; Il riciclaggio. Gli strumenti giudiziari di controllo dei flussi monetari illeciti con le modifiche introdotte alla nuova legge antimafia, Giuffre', Milano 1991; Il maxiprocesso, in Il nuovo processo penale. Caratteri ed effetti del primo codice della Repubblica, Franco Angeli, Milano 1991; La legislazione antimafia, Giuffre', Milano 1994; Il vizio della memoria, Feltrinelli, Milano 1996; (con Corrado Stajano), Ameni inganni, Garzanti, Milano 2001; (con Alessandra Dal Moro), I tuoi diritti. Come affrontare il processo penale, Hoepli, 2001; Sulle regole, Feltrinelli, Milano 2008] Dopo oltre 33 anni di magistratura, da circa un anno Gherardo Colombo non e' piu' magistrato. Si e' dimesso volontariamente dall'ordine giudiziario, al cui interno aveva tra l'altro svolto molte inchieste importanti e ricche di cospicui risultati. Ma ormai si era convinto che, per poter contribuire a rendere l'amministrazione della giustizia "meno peggio di quello che e'", avrebbe dovuto mutare l'ambito del proprio impegno civile. E poiche' la giustizia non puo' funzionare se i cittadini non avvertono le ragioni delle regole, la prospettiva prescelta e' stata quella di adoperarsi (dunque, da ex magistrato) per contribuire al superamento delle difficolta' di comprensione, che troppo spesso contrassegnano il rapporto tra gli individui e le norme di legge. In questa prospettiva si colloca, per l'appunto, il volume appena pubblicato (Sulle regole, Feltrinelli, pp. 158, euro 14), che non e' un saggio di diritto in senso tecnico, e nemmeno un saggio sulla giustizia amministrata nei tribunali mediante i processi. Si tratta, piuttosto, di una sorta di breviario laico di educazione civica, sviluppato con passione narrativa attraverso una serie di riflessioni semplici e lineari, tutte nascenti dalla ferma convinzione che senza l'osservanza delle regole non puo' esservi civile convivenza. Ma anche, nel contempo, dalla consapevolezza che parole come "regole" o "leggi" (o come "legalita'", con cui si esprime l'atteggiamento dei cittadini di rispetto delle leggi) sono termini neutri, che acquistano risalto concreto solo se li si valuta nel loro contenuto. E di qui, allora, si dipana una serie di delicati interrogativi intorno al concetto di legge "giusta", che vengono riproposti da Colombo, con ovvi riferimenti ai modelli di Stato (dallo Stato assoluto allo Stato di diritto, fondato sulla separazione di poteri), e quindi ai modelli di societa' cui le regole si ispirano. A quest'ultimo riguardo, molte pagine sono dedicate alla descrizione di due modelli opposti di organizzazione della societa'. Da un lato un modello "verticale", fortemente gerarchizzato, basato sull'idea della selezione e quindi, spesso, sulla discriminazione dei piu' deboli e dei "diversi", nel quale la persona umana e' soltanto uno strumento, finalizzato agli scopi ultimi dello sviluppo dello Stato e del successo dei piu' forti. Dall'altro un modello "orizzontale", basato sul riconoscimento della eguale dignita' di ogni individuo, dove la persona umana e' un valore da rispettare comunque, fino a farne il centro della costruzione costituzionale dello Stato, con evidenti conseguenze anche sul piano della repressione degli illeciti. In una societa' ispirata a questo modello, per esempio, tutti i reati devono essere accertati e puniti (senza privilegi per nessuno), ma non sono ammissibili ne' la tortura ne' la pena di morte. Inoltre la pena carceraria, intesa come estrema risorsa punitiva, ha senso soltanto per "neutralizzare" la pericolosita' di certi individui, non gia' in funzione afflittiva o retributiva. Rispetto a tali modelli, che non sono l'uno di "destra" e l'altro di "sinistra", ma semmai riflettono il divario tra concezioni autoritarie e democratiche dello Stato, la Costituzione italiana si colloca decisamente nell'area dei modelli di societa' "orizzontale". In particolare, muovendo dal principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (in senso sia formale, sia sostanziale), ed attraverso il riconoscimento a tutti dei diritti inviolabili dell'uomo, la nostra Costituzione definisce un quadro al cui interno l'osservanza delle regole significa dare concretezza ai contenuti positivi che vi sono sanciti. E percio', in questo quadro, l'affermazione della legalita' e' un obiettivo cui devono tendere anzitutto i cittadini, dentro e fuori le istituzioni. Allo scopo, la ricetta proposta da Colombo e' semplice, per chi creda nel primato della dignita' della persona umana. Non solo chiarezza (cioe' convinzioni profonde) e coerenza (fare quel che si dice), ma anche impegno e partecipazione: dunque disponibilita' di ciascuno a mettersi in gioco per la tutela dei valori di fondo, e ad assumersi le sue responsabilita' in vista della realizzazione di una societa' piu' giusta. Un impegno ed una responsabilita' tanto piu' necessari nelle zone infestate dalle organizzazioni criminali. 5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 6. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 477 del 5 giugno 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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