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Minime. 476
- Subject: Minime. 476
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 4 Jun 2008 03:26:12 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 476 del 4 giugno 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Jean Ziegler: Chi sta rubando il diritto al cibo 2. Alessandro Antonelli intervista Marco Revelli su Gandhi e la nonviolenza 3. Riletture: Adriana Cavarero, Orrorismo 4. La "Carta" del Movimento Nonviolento 5. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. JEAN ZIEGLER: CHI STA RUBANDO IL DIRITTO AL CIBO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 30 maggio 2008, col titolo "Chi sta rubando il diritto al cibo" e il sommario "Le cause che hanno scatenato l'attuale crisi della produzione alimentare hanno, per molti versi, generato una violazione del diritto alla nutrizione. Lo scorso anno, dal febbraio 2007 al febbraio 2008, il prezzo del frumento sul mercato internazionale e' cresciuto del 130%, quello del riso del 74%, quello della soia dell'87%, quello del granoturco del 31%. In media, in questo periodo, il prezzo dei prodotti di prima necessita' e' cresciuto di oltre il 40%". Jean Ziegler (1934), sociologo, docente, parlamentare svizzero, membro della commissione del consiglio consultivo Onu per i diritti umani e relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto all'alimentazione, ha denunciato nelle sue opere i rapporti tra capitale finanziario, governi, poteri criminali, neocolonialismo, sfruttamento Nord/Sud. Tra le opere di Jean Ziegler: Sociologie de la nouvelle Afrique, Gallimard, Paris 1964; Sociologie et contestation, essai sur la societe' mythique, Gallimard, Paris 1969; Le pouvoir africain, Seuil, Paris 1973, 1979; Les vivants et la mort. Essai de sociologie, Seuil, Paris 1975 (tr. it. I vivi e la morte, Mondadori, Milano 1978); (con Delia Castelnuovo-Frigessi, Heinz Hollenstein, Rudolph H. Strahm), Une Suisse au-dessus de tout soupcon, Seuil, Paris 1976, 1983 (tr. it. Una Svizzera al di sopra di ogni sospetto, Mondadori, Milano 1976, 1978); Main basse sur l'Afrique, Seuil, Paris 1978, 1980 (tr. it. Le mani sull'Africa, Mondadori, Milano 1979); Retournez les fusils! Manuel de sociologie d'opposition, Seuil, Paris, 1980, 1981, 1991 (tr. it. Il come e il perche', Mondadori, Milano 1981); Contre l'ordre du monde. Les rebelles, Seuil, Paris 1983; Vive le pouvoir! Ou les delices de la raison d'Etat, Seuil, Paris 1985; La victoire des vaincus, oppression et resistance culturelle, Seuil, Paris, 1988 (tr. it. La vittoria dei vinti, Sonda, Torino-Milano 1992); La Suisse lave plus blanc, Seuil, Paris 1990 (tr. it. La Svizzera lava piu' bianco, Mondadori, Milano 1990); (con Claude Pichois), Baudelaire, Il Mulino, Bologna 1990; Le bonheur d'etre suisse, Seuil e Fayard, Paris 1993 (tr. it. La felicita' di essere svizzeri, Mondadori, Milano 1994); L'or du Maniema, Seuil, Paris 1996 (tr. it. L'oro del Maniema, Tropea, Milano 2001); La Suisse, l'or et les morts, Seuil, Paris 1997, 1998 (tr. it. La Svizzera, l'oro e i morti, Mondadori, Milano 1997); Les seigneurs du crime, Seuil, Paris 1998, 1999 (tr. it. I signori del crimine, Marco Tropea, Milano 1998); La faim dans le mond expliquee a' mon fils, 1999 (tr. it. La fame nel mondo spiegata a mio figlio, Pratiche, Milano 1999, Net, Milano 2002); (con Sally-Anne Way, Christophe Golay), Le droit a l'alimentation, 2002 (tr. it. Dalla parte dei deboli. Il diritto all'alimentazione Marco Tropea, Milano 2004); Les nouveaux maitres du monde et ceux qui leur resistent, Fayard, Paris 2002; La privatizzazione del mondo, Tropea, Milano 2003; Dalla parte dei deboli. Il diritto all'alimentazione, Tropea, Milano 2004, Net, Milano 2005; L'empire de la honte, Fayard, Paris 2005 (tr. it. L'impero della vergogna, Tropea, Milano 2006)] Le cause che hanno scatenato l'attuale crisi della produzione alimentare hanno, per molti versi, generato una violazione del diritto alla nutrizione. Lo scorso anno, dal febbraio 2007 al febbraio 2008, il prezzo del frumento sul mercato internazionale e' cresciuto del 130%, quello del riso del 74%, quello della soia dell'87%, quello del granoturco del 31%. In media, in questo periodo, il prezzo dei prodotti di prima necessita' e' cresciuto di oltre il 40%. Ci sono tre importanti aspetti preliminari da considerare. Innanzitutto, paesi forti come l'India, la Cina, l'Egitto e altri sono attualmente in grado di fornire alla loro popolazione gli alimenti di primaria necessita', anche se questo non sara' un processo a lungo termine. Ma la maggior parte dei paesi piu' poveri non ha la stessa capacita'. Haiti consuma in genere annualmente 200.000 tonnellate di farina e 320.000 di riso. Il 100% della farina consumata e' d'importazione, e cosi' il 75% del riso. Tra il gennaio del 2007 e il gennaio del 2008 il prezzo della farina a Haiti e' salito dell'83% e quello del riso del 69%. Sei dei nove milioni di haitiani vivono in condizioni di estrema poverta'. Molti di loro sono ridotti a cibarsi di focacce impastate col fango. In seconda analisi, gli accordi per l'esportazione prevedono che circa il 90% dei prodotti di prima necessita' siano venduti "free on board" (Fob) - con costi di trasporto a spese dell'acquirente. Alcuni, ma solo una minoranza, vengono venduti "Cost, insurance and freight" (Cif) - con costi di trasporto a carico del venditore. Cio' significa che generalmente si deve aggiungere il costo del trasporto al gia' altissimo prezzo che i prodotti alimentari hanno raggiunto nel mondo, cosa che peggiora la situazione considerato il prezzo del petrolio. Ad esempio molti paesi dell'Africa occidentale come il Mali, il Senegal e altri, importano fino all'80% dei generi alimentari dall'estero, soprattutto il riso dalla Thailandia e dal Vietnam. Terzo punto, la tragedia incombente dell'aumento dei prezzi acutizza una tragedia gia' in atto, quella della fame, che nel 2007 ha ucciso sei milioni di bambini al di sotto dei dieci anni. Mentre parliamo delle cause che determinano la nuova crisi dei prodotti alimentari, una crisi gia' consolidata continua il suo cammino. Le statistiche della World Bank (Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo, o Birs) dicono che 2.200 miliardi di persone vivono in condizioni di estrema poverta' e che i costi di nutrizione si prendono l'80-90% del reddito familiare. In Europa la proporzione cambia: solo il 10-15% del reddito viene utilizzato a scopo nutrizionale. La situazione dei poveri, molti dei quali vivono nei centri urbani, e' dunque questa: per colpa dell'abnorme aumento dei prezzi, essi stanno via via scivolando nell'abisso della fame. Quali sono le cause principali delle gravi violazioni del diritto alla nutrizione conseguenti all'aumento dei prezzi? E qual'e' la causa di tale aumento? Una delle principali e' la speculazione, che avviene soprattutto alla Chicago commodity stock exchange (Borsa delle materie prime agricole di Chicago), dove vengono stabiliti i prezzi di quasi tutti i prodotti alimentari del mondo. Tra il novembre e il dicembre dello scorso anno il mercato finanziario mondiale e' crollato e piu' di mille miliardi di dollari investiti sono andati in fumo. Di conseguenza la maggioranza dei grandi speculatori, come quelli che investivano in hedge funds, hanno finito per investire in options e futures sui prodotti agricoli grezzi e sui generi di prima necessita'. Nel 2000 il volume commerciale dei prodotti agricoli alle varie Borse ammontava approssimativamente a dieci miliardi di dollari. A maggio del 2008 ha raggiunto i 175 miliardi di dollari. Solo nel mese di gennaio 2008, quando e' iniziata questa inversione di tendenza, 3 miliardi di nuovi dollari sono stati investiti alla Chicago commodity stock exchange. Tutti i generi di prima necessita' sono per lo piu' controllati da almeno otto grandi multinazionali. La piu' grande societa' che commercia grano e' la Cargill, nel Minnesota, che l'anno scorso controllava il 25% di tutti i cereali prodotti nel mondo. I profitti della Cargill nel primo trimestre del 2007 hanno raggiunto i 553 milioni di dollari. Nel primo trimestre del 2008 sono arrivati a un miliardo e 300 milioni. E' difficile calcolare esattamente quanto la speculazione abbia influito sull'aumento dei prezzi. La World Bank fa una stima che si aggira intorno al 37%. Heiner Flassbeck, direttore della Divisione strategie globalizzazione e sviluppo dell'Unctad (United Nations conference on trade and development), sostiene che questa percentuale si possa tranquillamente raddoppiare. La seconda causa dell'esplosione dei prezzi e' la massiccia distruzione di prodotti quali cereali e granoturco, finalizzata alla produzione di bioetanolo e biodiesel (agrocarburanti). Solo nello scorso anno gli Stati Uniti d'America hanno incenerito 138 milioni di tonnellate di granoturco, cioe' un terzo della raccolta annuale, per trasformarlo in bioetanolo. E la Comunita' europea si sta muovendo nella stessa direzione. John Lipsky, il secondo al vertice del Fondo monetario internazionale, sostiene che l'utilizzo dei prodotti agricoli nella produzione del bioetanolo, in particolar modo il granoturco, sia responsabile dell'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari almeno al 40%. Ma di questo nefasto aumento non sono certo meno responsabili i programmi di revisione del Fondo monetario internazionale e le politiche della Organizzazione mondiale del commercio. Per molti anni queste organizzazioni hanno dato priorita' all'esportazione di prodotti quali cotone, zucchero di canna, caffe', te', arachidi, e questo ha generato pericolose negligenze di fondo a scapito della "food security", la sicurezza alimentare. Lo scorso anno, ad esempio, il Mali esportava 380.000 tonnellate di cotone e importava l'82% dei suoi prodotti alimentari. Questa politica agricola sbagliata imposta ai paesi in via di sviluppo e' oggi per gran parte responsabile della catastrofe, poiche' le popolazioni interessate non sono in grado di permettersi gli altissimi costi dei generi alimentari. Detto questo, e' evidente che il Consiglio dei diritti umani dell'Onu puo' farsi avanti e giocare un ruolo essenziale nella soluzione di un problema tanto grave che negli anni a venire non potra' far altro che peggiorare. Per risolvere la crisi alcuni suggeriscono le seguenti soluzioni: 1. La speculazione va regolata. L'Unctad sostiene che i prezzi dei prodotti di primaria necessita' non debbono essere soggetti alle speculazioni di borsa, ma che andrebbero stabiliti da accordi internazionali fra paesi produttori e paesi consumatori. Il metodo dell'Unctad di regolare tali accordi attraverso buffer stocks (scorte cuscinetto) e stabex (system for the stabilisation of export, fondo di stabilizzazione dei proventi alle esportazioni a favore dei paesi Africa-Caraibi-Pacifico) potrebbe essere una soluzione. La soluzione complementare e' quella di riformare drasticamente le regole dei futures e delle options attraverso norme che permettano di controllare gli abusi piu' gravi. 2. Un'altra soluzione al problema sta nel vietare in modo assoluto la trasformazione dei prodotti agricoli in biocarburanti. La facilita' di movimento concessa al Nord del mondo dall'uso di centinaia di milioni di automobili non si puo' far scontare alle popolazioni affamate e prive del piu' basilare sostentamento solo perche' abitano la parte piu' bassa dello stesso mondo. 3. Le istituzioni di Bretton Woods e l'Organizzazione mondiale per il commercio potrebbero cambiare i parametri della loro politica nell'agricoltura e dare assoluta priorita' agli investimenti nei prodotti di prima necessita' e nella produzione locale, compresi i sistemi di irrigazione, le infrastrutture, le semenze, i pesticidi eccetera. I lavoratori della terra e i suoi prodotti sono stati trascurati per troppo tempo. La situazione che ha visto gli agricoltori emarginati dai processi di sviluppo e discriminati nei diritti va cambiata al piu' presto. Le nazioni, le organizzazioni internazionali e le agenzie per lo sviluppo bilaterale devono dare assoluta priorita' agli investimenti sui prodotti agricoli primari e sulla produzione locale. 4. C'e' poi un problema di coerenza. Molti dei paesi che fanno parte della International covenant on economic, social and cultural rights (Convenzione internazionale dei diritti economici, sociali e culturali) sono anche membri delle istituzioni di Bretton Woods e dell'Organizzazione mondiale per il commercio. Quando i loro rappresentanti votano, nel Consiglio esecutivo del Fondo monetario internazionale e nel Consiglio governativo della Banca mondiale, dovrebbero dare priorita' assoluta ai diritti dell'alimentazione e tenere conto dei predetti suggerimenti. E allo scopo di esaminarli a fondo, sarebbe anche utile che il Consiglio stabilisse di dare un mandato al Consiglio consultivo della Commissione. 2. RIFLESSIONE. ALESSANDRO ANTONELLI INTERVISTA MARCO REVELLI SU GANDHI E LA NONVIOLENZA [Dal supplemento settimanale del quotidiano "Liberazione" del 27 gennaio 2008 col titolo "Revelli: Solo con la sua pratica il conflitto diventa efficace, Gandhi un pacificato, un predicatore della sopportazione? Tutt'altro". Alessandro Antonelli, giornalista, scrive sul quotidiano "Liberazione". Marco Revelli, storico e saggista, figlio di Nuto Revelli, e' docente di scienza della politica all'Universita' del Piemonte Orientale. Opere di Marco Revelli: Lavorare in Fiat, Garzanti, Milano 1989; (con Giovanni De Luna), Fascismo/antifascismo, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1995; Le due destre, Bollati Boringhieri, Torino 1996; La sinistra sociale, Bollati Boringhieri, Torino 1997; Fuori luogo, Bollati Boringhieri, Torino 1999; Oltre il Novecento, Einaudi, Torino 2001; La politica perduta, Einaudi, Torino 2003; (con Fausto Bertinotti e Lidia Menapace), Nonviolenza. Le ragioni del pacifismo, Fazi, Roma 2004; Carta d'identita', Intra Moenia - Carta, Napoli-Roma 2005; Sinistra destra. L'identita' smarrita, Laterza, Roma-Bari 2007. Ha anche curato l'edizione italiana del libro di T. Ohno, Lo spirito Toyota, Einaudi, Torino 1993; un suo importante saggio e' in Pietro Ingrao, Rossana Rossanda, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995. Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e profondo pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della nonviolenza come proposta d'intervento politico e sociale e principio d'organizzazione sociale e politica, come progetto di liberazione e di convivenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi: essendo Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento; La cura della natura, Lef; Una guerra senza violenza, Lef (traduzione del primo, e fondamentale, libro di Gandhi: Satyagraha in South Africa). Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verita'; Feltrinelli ha recentemente pubblicato l'antologia Per la pace, curata e introdotta da Thomas Merton. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma 1999; tra le piu' recenti pubblicazioni segnaliamo le seguenti: Antonio Vigilante, Il pensiero nonviolento. Una introduzione, Edizioni del Rosone, Foggia 2004; Mark Juergensmeyer, Come Gandhi, Laterza, Roma-Bari 2004; Roberto Mancini, L'amore politico, Cittadella, Assisi 2005; Enrico Peyretti, Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Fulvio Cesare Manara, Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi in un'eta' di terrorismi, Unicopli, Milano 2006; Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006. Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recente antologia degli scritti (a cura di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; Marco Catarci, Il pensiero disarmato. La pedagogia della nonviolenza di Aldo Capitini, Ega, Torino 2007; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it o anche redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43 dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'. Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del 1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento" ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il 28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu' povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2 febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958) si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione". Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino 1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita' preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E' convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento, dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga, impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni, per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile; l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile. Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto, frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone "all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu' recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30 dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita". Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Tra le opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze 1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004 (un lavoro fondamentale); Lucio C. Giummo, Carlo Marchese (a cura di), Danilo Dolci e la via della nonviolenza, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2005; Raffaello Saffioti, Democrazia e comunicazione. Per una filosofia politica della rivoluzione nonviolenta, Palmi (Rc) 2007. Tra i materiali audiovisivi su Danilo Dolci cfr. il dvd di Alberto Castiglione, Danilo Dolci. Memoria e utopia, 2004. Tra i vari siti che contengono molti utili materiali di e su Danilo Dolci segnaliamo almeno www.danilodolci.it, danilo1970.interfree.it, www.danilodolci.toscana.it, www.cesie.org, www.nonviolenti.org] Gandhi un "pacificato", un predicatore della "sopportazione"? "Tutt'altro". La nonviolenza una pratica che sacrifica il conflitto? "Al contrario, semmai lo dilata, lo rende piu' accessibile, ma rinuncia alla barbarie". Con Marco Revelli, storico e studioso, ordinario di scienza della politica all'Universita' del Piemonte Orientale, cerchiamo di capire in cosa consista, e in che termini si possa declinare, la traduzione contemporanea del messaggio gandhiano. E perche' oggi, in una societa' globalizzata che moltiplica i fattori di ingiustizia e di oppressione, la nonviolenza sia da considerare la sola risposta efficace, non gia' un percorso di accettazione dell'esistente. Un'occasione di trasformazione tanto collettiva e sociale quanto antropologica e interiore. * - Alessandro Antonelli: Professore, la sua esperienza personale e' in qualche modo paradigmatica. Lei ha detto di non essere nato "nonviolento", esattamente come la sinistra non nasce "gandhiana". Perche' era inevitabile che questo approdo fosse cosi' tormentato? - Marco Revelli: La tradizione in cui mi colloco e' sicuramente pacifista ma non integralmente nonviolenta. I miei riferimenti sono alla cultura radicale, democratica e antifascista. La mia esperienza si e' poi intrecciata ai movimenti di rivolta della fine degli anni '60 e dell'inizio dei '70, al movimento studentesco e alla sinistra rivoluzionaria. Quei movimenti nascono in buona misura in contrapposizione alla guerra, prima contro quella coloniale in Algeria, poi contro quella americana in Vietnam, in cui i simboli della pace si mescolavano con la solidarieta' attiva alla guerriglia. In quella cultura di radicale resistenza alle forme di ingiustizia stava un ventaglio ampio di posizioni che andavano dal pacifismo assoluto, integralmente nonviolento, fino alla resistenza armata contro l'oppressione. Beninteso: anche allora molti di noi avevano come riferimenti figure di nonviolenti come Aldo Capitini e Danilo Dolci. Ma non dimentichiamo che la loro azione si collocava all'interno della tradizione resistenziale. Capitini prese parte alla Resistenza senza usare le armi ma stette fianco a fianco a quelli che le armi le avevano prese. * - Alessandro Antonelli: Intende dire che in talune circostanze la nonviolenza puo' ammettere deroghe? - Marco Revelli: Qui ci aiuta un riferimento diretto alla figura di Gandhi, attorno alla quale temo siano sorti alcuni equivoci. Egli viene identificato a ragione con un'idea di nonviolenza impegnativa e integrale, ma nello stesso tempo cio' e' associato ad una condanna indistinta e indifferenziata di ogni forma di violenza. Non e' vero: Gandhi non nega la violenza laddove essa si esprime come resistenza all'oppressione. Egli pone la lotta nonviolenta al punto piu' alto in termini sia di efficacia che di capacita' di trasformazione dell'esistente. Ma per quanto riguarda gli oppressi, coloro che subiscono forme intollerabili di ingiustizia, dice anche - e in questo e' molto esplicito - che tra chi le subisce passivamente e chi si ribella anche con la forza, sceglie i secondi. Non confondiamo Gandhi con un conciliato, con il predicatore della sopportazione e dell'accettazione dell'ingiustizia: se egli attribuiva una preferenza alla lotta nonviolenta e' perche' la riteneva piu' efficace per la sua capacita' di raggiungere il superamento di una condizione di oppressione. * - Alessandro Antonelli: La nonviolenza, dunque, non e' rinuncia al conflitto. - Marco Revelli: Gandhi e' un conflittuale, la sua e' una lotta nonviolenta, non e' nonviolenza contrapposta all'idea di lotta. E la nonviolenza e' intesa come mezzo piu' adeguato per permettere ai piu' deboli di lottare anche contro nemici apparentemente invincibili sul piano della forza. Non e' affatto riduzione degli spazi di conflitto, ma il riscatto dell'idea stessa di conflitto anche in situazioni in cui esso puo' apparire impossibile. Cosa che avviene in due circostanze: o quando il rapporto di forza e' manifestamente sbilanciato o quando i mezzi con cui il conflitto andrebbe combattuto sono talmente distruttivi che lo renderebbero molto costoso per entrambe le parti. * - Alessandro Antonelli: Quella di Gandhi e' considerata un'esperienza "felice" che pero' si colloca in una fase storica molto precisa, in un orizzonte circoscritto, in cui ha pesato anche l'implosione dell'imperialismo britannico. In che modo questa esperienza e' replicabile? - Marco Revelli: Oggi la volgarita' e la brutalita' del potere sono sotto gli occhi di tutti. Dal Kosovo, all'Iraq, all'Afghanistan: la circolarita' dei mezzi utilizzati da entrambe le parti del conflitto e il loro abbrutimento, questo carattere disgustoso e orrendo dell'esercizio del potere globale indubbiamente lasciano carichi di angoscia. E' uno scenario inguardabile rispetto al quale si scorgono solo alcuni barlumi di speranza, forme di resistenza che tuttavia affidano la loro promessa di durare e costruire un'alternativa proprio al metodo che usano: dalle donne afgane e irachene, alle comunita' di nomadi nel Kosovo, ai nostri movimenti territoriali... * - Alessandro Antonelli: Di fronte alla trasformazione dei poteri, alla moltiplicazione dei fattori di squilibrio e ingiustizia, non c'e' il rischio che la nonviolenza possa essere interpretata come accettazione dell'esistente? Perche' invece, a suo giudizio, e' la sola via percorribile? - Marco Revelli: La guerra infinita, la disseminazione delle tecnologie distruttive, il carattere spesso impersonale del dominio che non e' piu' rappresentato semplicemente da apparati statali, ma e' colonizzazione ancor piu' totalitaria di grandi concentrazioni finanziarie e industriali. Ecco, tutte queste forme dure di oppressione rendono l'arma della rivolta spuntata proprio per lo spaventoso divario di forza che c'e' tra microcomunita' e poteri globali spesso invisibili. O si e' in grado di porre in atto forme di resistenza che costruiscano anche un'alternativa di valori - come appunto la nonviolenza richiede - oppure si rischia di essere stritolati sotto i cingoli di questa macchina globale strapotente e impersonale. In un confronto cosi' impari, quello della nonviolenza a me pare uno strumento liberatorio, perche' da una parte apre la strada alla possibilita' del conflitto anche in condizioni di assoluto svantaggio, dall'altra parte consente di giocare la partita non solo sul terreno del rapporto di forza, ma anche su quello della trasformazione personale. * - Alessandro Antonelli: La distinzione tra pacifismo come ideologia e nonviolenza come pratica, allora, non e' puramente accademica. Lei scorge in quest'ultima un valore aggiunto, una "cifra" antropologica? - Marco Revelli: La nonviolenza, cosi' come praticata da Gandhi, e' una forma di lotta che non opera soltanto sugli aspetti esteriori, sui rapporti di forza: implica anche un lavoro sui soggetti, una trasformazione interiore sia di se' che dell'avversario. E quindi non poggia solo su tecnologie del conflitto, ma anche sulla dimensione esistenziale ed etica di coloro che lo combattono. E' l'esatto opposto della violenza, che finisce per abbrutire anche chi sta dalla parte della ragione. Laddove i metodi violenti sono semplicemente un problema di tecnologia della distruzione, la nonviolenza comporta un processo difficile di autoeducazione, la necessita' di aumentare la propria virtu', la propria capacita' di amore, il rispetto di se' e degli altri. * - Alessandro Antonelli: Torniamo all'efficacia della lotta nonviolenta. Essa ha contaminato anche larga parte dei movimenti e alcune esperienze di "resistenza territoriale" in Italia. In che misura l'adozione di queste pratiche puo' risultare vincente? - Marco Revelli: Io ho conosciuto dall'interno la lotta per la Val di Susa. E posso dire che se non fosse stato per l'approccio radicalmente nonviolento, quella resistenza "radicale" non avrebbe potuto esprimersi con quella forza, in tutte le sue manifestazioni fino alla riconquista di Venaus: in quello straordinario corteo sui sentieri di montagna, senza colpo ferire in un'ora si e' riconquistato cio' che la polizia aveva occupato con una violenza brutale sul presidio. La scelta del metodo e' fondamentale: solo l'opzione nonviolenta puo' spiegare la capacita' di durata di quella lotta, la sua capacita' di unificare la popolazione, respingere le provocazioni dei poteri e mantenere, malgrado la durezza del conflitto, un volto sorridente e pulito. E di parlare a tutti. 3. RILETTURE. ADRIANA CAVARERO: ORRORISMO Adriana Cavarero, Orrorismo. Ovvero della violenza sull'inerme, Feltrinelli, Milano 2007, pp. 176, euro 14. Un libro rilevante di una acuta pensatrice. 4. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 5. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 476 del 4 giugno 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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