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Voci e volti della nonviolenza. 185
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 185
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 3 Jun 2008 08:49:54 +0200
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 185 del 3 giugno 2008 In questo numero: 1. Giovanni Pozzi 2. Ottavio Besomi ricorda Giovanni Pozzi (2002) 3. Pietro Gibellini ricorda Giovanni Pozzi (2002) 4. Raffaele Manica ricorda Giovanni Pozzi (2002) 1. MEMORIA. GIOVANNI POZZI [Giovanni Pozzi (Locarno 1923 - Lugano 2002), illustre italianista, docente universitario, autore di fondamentali lavori. Nacque a Locarno il 20 giugno 1923. Studioso di straordinaria tempra morale, fu uno dei primissimi allievi di Gianfranco Contini a Friburgo, conseguendo sotto la sua guida nel 1952 il dottorato in letteratura medievale e moderna. Ordinato sacerdote nell'Ordine dei Cappuccini nel 1947, ha insegnato Letteratura italiana all'Universita' di Friburgo dal 1960 al 1988. Si e' spento in una clinica di Lugano all'alba di sabato 20 luglio 2002. Tra le opere di Giovanni Pozzi: Francesco Colonna. Biografie. Opere, Antenore, 1959; Poesia per gioco, Il Mulino, 1984; Rose e gigli per Maria, Casagrande, 1987; La parola dipinta, Adelphi, 1981; Sull'orlo del visibile parlare, Adelphi, 1993; Alternatim, Adelphi, 1996; Grammatica e retorica dei santi, Vita e Pensiero, 1997; La terra del nome. Ecostoria e geografia sacra dell'antico Israele, Pacini Editore, 2000; Mario Botta. Santa Maria degli Angeli sul monte Tamaro, Casagrande, 2001; In forma di parola. Dodici letture (con cd-rom), Medusa Edizioni, 2003; La poesia di Agostino Venanzio Reali, Morcelliana, 2008. Alcuni materiali di e su Giovanni Pozzi sono ne "La domenica della nonviolenza" n. 166] Un maestro di rigore e di curiosita', di apertura ad ogni alterita' e ad ogni tradizione, di scienza ed arte del comunicare - ovvero dell'ascoltare e quindi del comprendere -, di umanita' compassionevole, di riconoscimento di dignita' alla vita degli esseri umani e del mondo - quella cosa che con antica parola chiamiamo ancora amore. 2. MEMORIA. OTTAVIO BESOMI RICORDA GIOVANNI POZZI (2002) [Dal "Corriere del Ticino" del 21 luglio 2002 col titolo "La scomparsa di padre Giovanni Pozzi. Un'attenzione per i fatti che contano" Ottavio Besomi, illustre italianista, e' professore emerito di lingua e letteratura italiana al Politecnico federale di Zurigo. E' autore di numerosi studi filologici ed edizioni critiche di testi letterari. Tra le opere di e curate da Ottavio Besomi: Dai 'Gesta Ferdinandi regis Aragonum' del Valla al 'De Orthographia' del Tortelli, "Italia medioevale e umanistica", 9 (1966); Codici petrarcheschi nelle biblioteche svizzere, Padova 1967; Ricerche intorno alla 'Lira' di G. B. Marino, Padova 1969; Rec. a C. Colombo, Cultura e tradizione nell''Adone' di G. B. Marino, Padova 1967, in "Aevum", 43 (1969); Un nuovo autografo di Giovanni Tortelli: uno schedario di umanista, "Italia medioevale e umanistica", 13 (1970); Tommaso Stigliani: tra parodia e critica, "Studi secenteschi", 13 (1972); Laurentii Valle Gesta Ferdinandi regis, Padova 1973; Il pellicano nel rogo: una fonte dello 'Stato rustico' di G. V. Imperiali, "Studi e problemi di critica testuale", 9 (1974); Altri codici petrarcheschi nelle biblioteche svizzere, in Il Petrarca ad Arqua'. Atti del convegno di studi nel VI centenario (1370-1970). Arqua' Petrarca 1970, Padova 1975; La fortuna del Petrarca in Svizzera, "Archivio storico ticinese", 59-60(1974); La corrispondenza Croce-Mann, "Archivio storico ticinese", 61 (1975); Esplorazioni secentesche, Padova 1975; Il carteggio Croce-Auerbach, "Archivio storico ticinese", 69 (1977); Il carteggio Croce-Fueter, "Archivio storico ticinese", 75 (1978); G. Leopardi, Operette morali, Edizione critica, Milano 1979; Introduzione a H. von Kleist, Sul teatro di marionette. Con acqueforti di I. Reiner, Rovio 1980; Le lettere di Croce a Prezzolini (in collaborazione con A. Lopez-Bernasocchi), Bellinzona 1981; Una lettera inedita del soggiorno zurighese, in Francesco De Sanctis nella storia della cultura, a c. di C. Muscetta, Bari 1984; Laurentii Valle Epistole, ed. O. Besomi - M. Regogliosi, Padova 1984; Imre Reiner, Bellinzona 1984; Per un'edizione della 'Secchia rapita', in Vestigia. Studi in onore di Giuseppe Billanovich, Roma 1984; Nuove acquisizioni per un'edizione della 'Secchia rapita del Tassoni, "Filologia e critica", 9 (1984); De Sanctis "in partibus transalpinis" ma non "infidelium": lettere zurighesi, in Per De Sanctis. Nel centenario della morte. Politecnico di Zurigo. Atti del Convegno di Studi, 2 dicembre 1983, Bellinzona 1985; Introduzione a F. Hoelderlin, Mein Eigentum. Con acqueforti di I. Reiner, Rovio 1985; Altri testimoni manoscritti della 'Secchia rapita' e uno "squarcetto" di varianti tassoniane, "Filologia e critica", 10 (1985); Perche' sono favorevole all'iniziativa sulla cultura, "Giornale del popolo", 25 settembre 1986; Lorenzo Valla e l'umanesimo italiano. Atti del convegno internazione di studi umanistici (Parma, 18-19 ottobre 1984), a c. di O. Besomi - A. Regogliosi, Padova 1986 (Medioevo e Umanesimo, 59); Un testimone descriptus dei 'Gesta Ferdinandi regis' del Valla, in Lorenzo Valla..., cit.; Besomi-Regogliosi, Laurentii Valle Epistole - Addendum, in Lorenzo Valla..., cit.; L'officina Bodoni di Montagnola. 1923-1927, in Lombardia Elvetica. Miscellanea di studi in onore di Virgilio Gilardoni, Bellinzona 1986; A. Tassoni, La secchia rapita. I. La prima redazione, ed. critica, Padova 1987 ("Medioevo e Umanesimo"); G. B. Marino, Rime amorose. Edizione e Commento (in collaborazione con A. Martini), Modena-Ferrara 1987; Concordanze diacroniche delle 'Operette morali' di Giacomo Leopardi (in collaborazione con R. Dreweck, M. Erni, A. Lopez-Bernasocchi), Hildesheim-Zuerich-New York 1988; Per l'edizione delle Rime del Tassoni, "Filologia e critica", 13 (1988); G. Leopardi, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica. Edizione critica (in collaborazione con D. Continati, P. De Marchi, C. Giambonini, R. Martinoni, B. Moser, P. Parachini, L. Pedroia, G. Pedrojetta), Bellinzona 1988; G. B. Marino, Rime marittime. Edizione e Commento (in collaborazione con C. Marchi e A. Martini), Modena-Ferrara 1988; Fra i ritratti del Giovio e del Marino. Schede per la 'Galeria', "Lettere italiane", 38(1988); Forme e vicende. Per Giovanni Pozzi, a cura di O. Besomi, G. Gianella, A. Martini, G. Pedrojetta, Padova 1988; Un mito rovesciato, Lucrezia: una "racconto secondo" della 'Secchia rapita', in Forme e vicende. Per Giovanni Pozzi ..., cit.; Amore e Psiche in intarsio, in Lectura Marini, a c. di F. Guardiani, Toronto 1989; Tre schizzi per un ritratto, in Fernando Bordoni, Locarno 1989; Per Giovanni Pozzi, "Quotidiano", 5 maggio 1989; Per un archivio tematico della lirica italiana, "Schifanoia", 6 (1988); Un cartone umanistico per Bandello (II 21), in La novella italiana. Atti del Convegno di Caprarola. 19-24 settembre 1988, Roma 1989; Mit Lust un Fleiss. Zur Erinnerung an Gianfranco Contini, "Nzz", n. 29, 5 febbraio 1990; Croces Briefwechsel mit deutschen Gelehrten, "Nzz", n. 190, 18/19 agosto 1990; A. Tassoni, La secchia rapita. II. Redazione definitiva, Padova 1990 ("Medioevo e Umanesimo" 76); Rapporti di Croce con il mondo tedesco attraverso epistolari, "Archivio storico ticinese", 27 (1986) [1990]; Il carteggio Vossler-Prezzolini, "Archivio storico ticinese", 27 (1986) [1990]; Introduzione alla giornata zurighese: Come lavorava Contini, in Su/Per Gianfranco Contini, "Filologia e critica", 15 (1990); Su due lettere di Manzoni edite da poco, in Su/Per Gianfranco Contini, "Filologia e critica", 15 (1990); Un nuovo testimone del 'De pictura' di L. B. Alberti, "Bibliotheque de l'Humanisme et de la Renaissance", 53 (1991); La biblioteca dantesca di Giovanni Andrea Scartazzini, "Quaderni Grigionitaliani", 60 (1991), (in collab. con C. Caruso); Atli. Archivio tematico della lirica italiana. 1. Marino, Lira, a c. di O. Besomi, J. Hauser, G. Sopranzi, Hildesheim-Zurigo-New York, 1991; Minima alfieriana, "Giornale storico della letteratura italiana", 168 (1991); Il commento ai testi. Atti del Convegno di Ascona, 2-9 ottobre 1989, a c. di O. Besomi e C. Caruso, Basilea 1991; Glosse d'autore e glosse d'editore: per un commento alla 'Secchia rapita', in Il commento ai testi..., cit.; Appunti su due raccolte di Zanier: "Il cali" e "Usmas", "Bloc notes" 25 (1992); Il colore dello Spirito. Un ritratto del Tesauro per Cassiano Dal Pozzo, in Omaggio a Gianfranco Folena Padova 1993; Prefazione a L. Zanier, Il cali. Il caglio. Poesie 1981-1987, Udine 1993; L'attribuzione: teoria e pratica - storia dell'arte, musicologia, letteratura, Atti del Seminario di Ascona, 30 settembre - 5 ottobre 1992 a cura di O. Besomi e C. Caruso, Birkhauser Verlag, Basel-Boston-Berlin 1993; Note liminari sull'attribuzione, in L'attribuzione: teoria e pratica..., cit.; Come nasce un libro nell'officina Bodoni di Montagnola, in Giovanni Mardersteig a Montagnola. La nascita dell'Officina Bodoni. 1922-1927, Verona 1993; Rec. a Carteggio Croce-Vossler 1899-1949, a c. di E. Cutinelli Rendina, Napoli 1991, "Rivista di letteratura italiana", X, 1- 2 (1992); Asim. Archivio delle similitudini. 1. Ariosto Boiardo Marino Pulci Tasso B. Tasso T. Tassoni Trissino, a c. di O. Besomi, N. Casella, Hildesheim-Zurigo-New- York, 1994; Letture riposte del Manzoni, in Di selva in selva. Studi e testi offerti a Pio Fontana, Bellinzona 1994 (in collab. con I. Botta); Per un Archivio delle Arie nel Melodramma (Adam), in Max Luetolf zu. 60. Gebutstag. Festschrift, Basel 1994, 205-219 (in collaborazione con Carlo Caruso); L'autocommento nella 'Secchia rapita', in L'autocommento. Atti del XVIII Convegno Interuniversitario (Bressanone, 1990), 1994; Atli. Archivio tematico della lirica italiana. 2/1-3. Torquato Tasso. Le rime, a c. di O. Besomi, J. Hauser, G. Sopranzi, Hildesheim-Zurigo-New-York, 1994; Il Colombo di Leopardi, ovvero del dubbio, in Leopardi in seiner Zeit - Leopardi nel suo tempo. Akten des 2. Internationalen Kongresses der Deutschen Leopardi Gesellschaft Berlin, 17. bis 20. September 1992. a c. di S. Neumeister, Berlin 1995; Cultura d'elite e cultura popolare nell'arco alpino fra Cinque e Seicento, a cura di O. Besomi e C. Caruso, Birkhauser Verlag, Basel-Boston-Berlin, 1995; Repertori e sussidi: l'Archivio Tematico della Lirica Italiana (Atli), in Il testo e la ricerca d'equipe. Esperienze di lavoro di gruppo nelle discipline umanistiche. Atti dell'Incontro, seminario di Viterbo, 24-26 settembre 1990, Roma 1995; Esperienze sulla ricerca di gruppo, in Il testo e la ricerca d'equipe. Esperienze di lavoro di gruppo nelle discipline umanistiche. Atti dell'Incontro, seminario di Viterbo, 24-26 settembre 1990, Roma 1995; Atli. Archivio tematico della lirica italiana. 3/1-2. Ariosto, Bembo, Della Casa. Rime, a c. di O. Besomi, J. Hauser, G. Sopranzi, Hildesheim-Zurigo-New-York, 1995; Atli. Archivio tematico della lirica italiana. 4. Vittoria Colonna, Galeazzo di Tarsia. Rime, a c. di O. Besomi, J. Hauser, G. Sopranzi, Hildesheim-Zurigo-New-York, 1997; Un ventennio di filogia e di critica, "Archivio storico ticinese"; Appunti intorno a un'edizione clandestina del 'Dialogo sopra i massimi sistemi' di Galileo, '... am literarischen Webstuhl...'. Ulrico Hoepli 1847-1935. Buchhaendler, Verleger, Antiquar, Maezen, Zuerich 1997; G. Galilei, Dialogo sopra i massimi sistemi del mondo, a c. di O. Besomi - M. Helbing, Padova 1998; Atli. Archivio tematico della lirica italiana. 5. Matteo Bandello, Gaspara Stampa. Rime, a c. di O. Besomi, J. Hauser, G. Sopranzi, Hildesheim-Zurigo-New-York, 2000; Un prosimetro in cerca d'autore, in Il prosimetro nella letteratura italiana, a c. di A. Comboni e A. Di Ricco, Trento 2000; Giovanni Gaspare Orelli e la cultura italiana, in Gegen Unwissenheit und Finsternis. - Johann Caspar von Orelli (1737-1849) und die Kultur seiner Zeit, Herausgegeben von M. C. Ferrari, Zuerich 2000; Galileo e il Parnaso Tychonico - Un capitolo inedito del dibattito sulle comete tra finzione letteraria e trattazione scientifica, a c. di O. Besomi - M. Camerota, Firenze 2000; Gli scritti civili di Plinio Martini, "Archivio storico ticinese", 128 (2000); Il 'Parini' di Leopardi, in L'amabil rito. Societa' e cultura nella Milano di Parini, a c. di G. Barbarisi, C. Capra, F. Degrada, F. Mazzocchi, Milano 2000. Opere su Ottavio Besomi: "Feconde venner le carte": studi in onore di Ottavio Besomi, a cura di Tatiana Crivelli, con una bibliografia a cura di Carlo Caruso, Bellinzona, Casagrande, 1997] Nella poca lucidita' che la commozione produce, mi viene alla mente in primo luogo, non so perche', l'ultima intervista rilasciata da Padre Pozzi a "Repubblica": risposte rapide, fulminanti, nervose, su un tono di provocazione quasi irritata; nel chiedermene la ragione, mi sono immaginato una risposta che ora ritengo valida: era l'urgenza di respingere l'evidente leggerezza dell'interrogante, per andare all'essenziale. Con lo stesso atteggiamento lo vidi nell'ultimo incontro, in una commissione cantonale per l'edizione di testi letterari: post factum, mi pare di capire che volesse stringere, andare al centro delle cose, evitare la dispersione, proprio come se il tempo fosse per scadere. Era del resto, questo, il suo abito comune: un'applicazione che non conosce soste al lavoro intensivo, condotto con grande lucidita' e tenacia, con severita', esercitata tanto su di se' quanto su chi gli stava accanto, studente o studioso che fosse. E cio' sia nel rapporto individuale, sia nel rapporto di gruppo: bene sa chi ebbe la fortuna di partecipare ai cosidetti "incontri del Bigorio": seminari informali di lavoro intensissimo, dove lo studioso affermato si affiancava allo studente appena iniziato su temi di ricerca anche comuni. Una formula ammirata dai colleghi italiani, che porto' a operare nel laboratorio comune Carlo Dionisotti, Dante Isella, Maria Corti, Domenico De Robertis, Cesare Segre, Franco Gavazzeni, Guglielmo Gorni e altri: il meglio dell'italianistica del momento. Un lavoro di grande intelligenza e assiduita', quello di Pozzi, che si riflette nella varieta' e nella quantita' dei suoi scritti, su temi e tempi diversi della letteratura italiana, e non solo. Per capire l'estensione dei campi di indagine applicata anche a una geografia locale, basti pensare al recente volume sugli ex voto nel Ticino, in cui la materia della devozione e dell'arte popolari e' trattata con lo stesso rigore e la dignita' con cui Pozzi ha studiato temi e topoi di testi illustri. E viene subito da pensare, analogamente, ai suoi saggi sul linguaggio assoluto dei mistici e a quelli dedicati a come pregava la gente. Il distacco dalle cose locali ticinesi che gli studenti friburghesi della prima generazione avevano creduto di vedere in lui, in realta' si e' venuto via via riducendo: e sempre la sua attenzione e' andata a temi che investono fatti che contano. Gli ultimi suoi impegni civili, applicati all'iniziativa culturale sopra ricordata, e al restauro della Biblioteca cantonale, dicono bene la validita' delle scelte. * Credo di poter definire in sintesi il magistero di padre Pozzi ripetendo qui la dedica a lui fatta di un recentissimo volume galileiano curato da Mario Helbing e da me: "al maestro di filologia e di critica, innovatore degli studi letterari nella Svizzera italiana e restauratore di testi secenteschi". Al centro del trinomio, sta il riconoscimento degli stimoli a ricerche di italianistica che Giovanni Pozzi ha saputo dare, nella scuola friburghese e fuori, e di cui sono stati destinatari, in primis, gli studenti della Svizzera italiana. La rinascita degli studi di filologia, avviata da Gianfranco Contini a Friburgo, ha trovato in lui un promotore di spicco: lavori da lui suggeriti e guidati, usciti a stampa nelle sedi italiane piu' prestigiose, in collane e riviste scientifiche, hanno immesso la Svizzera italiana nel circuito vivo delle ricerca, collocandola nel numero delle province culturalmente piu' attive. E non va dimenticata la ricchezza da lui immessa nella scuola ticinese, attraverso l'apporto di suoi allievi e con una saggistica destinata a una didattica di alto livello. Il Seicento visitato da Pozzi, e fatto visitare da altri, ha permesso un ricupero di zone di cultura e di opere che la corrente censoria dell'Arcadia aveva per secoli relegato nel purgatorio, se non nell'inferno del mondo letterario. Di questo, le storie letterarie piu' recenti, e la critica piu' aggiornata, gli riconoscono ampio merito. Il magistero di Pozzi nell'ambito della filologia e della critica (a lungo esercitato attraverso la parola orale e scritta), trova riscontro in decine e decine di titoli, in riviste e in volumi. Con gli strumenti rigorosi della filologia, sempre ancorando la pagina a contesti di storia culturale, valutando i prodotti artistici nell'ambito dei generi (ricuperati dopo il bando decretato dalla scuola crociana), con strumenti nuovi di analisi linguistica, stilistica e strutturale, si e' mosso su un terreno amplissimo, da testi medioevali latini e volgari, dal Cantico delle creature di San Francesco, fino a incursioni nel Novecento ben calibrate, passando attraverso i classici e i minori: perche' nel panorama culturale non solo le cime contano, ma anche le colline, le piane e pure i luoghi depressi. * Lo collego mentalmente ad altri maestri, Gianfranco Contini, Carlo Dionisotti, Giuseppe Billanovich: il legame di amicizia e di studio che li ha uniti e' stato per molti di noi, svizzeroitaliani della mia generazione e delle successive, un punto di riferimento comune. Grazie a lui, i grandi nomi hanno cessato di essere indicazioni bibliografiche per diventare interlocutori piu' esperti con cui conversare su nostri lavori in corso. Il mondo della cultura, dell'Italia e non solo nostro locale, si e' fatto piu' povero; ma il vero magistero non muore: opera nella mente degli allievi, e' affidato al libro, vive nella Biblioteca dei frati, creatura nutrita e curata fino all'ultimo da Giovanni Pozzi, cosciente - come ha spesso detto e scritto - che le idee hanno bisogno del supporto materiale per trasmettere valori e quindi edificare. 3. MEMORIA. PIETRO GIBELLINI RICORDA GIOVANNI POZZI (2002) [Dal quotidiano "Avvenire" del 21 luglio 2002 col titolo "Pozzi, Dio & filologia" e il sommario "Il grande italianista e' morto ieri a Lugano: come nessun altro dominava letteratura profana e sacra". Pietro Gibellini, italianista, critico e storico della letteratura, docente, saggista. Dal sito dell'Universita' Ca' Foscari di Venezia riprendiamo la seguente scheda: "Pietro Gibellini e' nato a Pralboino (Brescia) il 16 maggio 1945. Alunno del collegio "Ghislieri", si e' laureato in Lettere a Pavia (1968), discutendo la tesi con Dante Isella, correlatori Maria Corti e Cesare Segre. Gia' ricercatore nell'ateneo pavese (1974) e charge' de cours a Ginevra (1982), ha coperto la cattedra di Letteratura italiana all'Aquila (1987), poi a Trieste (1990), donde e' passato a "Ca' Foscari" (1996). E' stato docente a contratto all'Universita' Cattolica di Brescia. Oltre alla sua disciplina, ha insegnato anche Filologia italiana e Letteratura moderna e contemporanea. Si e' interessato di educazione letteraria, realizzando un'ampia storia-antologia per la scuola e insegnando alla Ssis del Veneto. Collabora alla pagina culturale di un quotidiano nazionale. Editore, commentatore e interprete di testi, ha offerto contributi dal Medioevo al Novecento, studiando in particolare l'eta' moderna: Belli, la poesia dialettale dell'Otto e del Novecento, la "linea lombarda" da Parini a Gadda, Manzoni, D'Annunzio, la critica delle varianti. Da alcuni anni si occupa del mito classico nella letteratura italiana, e sul tema guida una ricerca interateneo (Prin), Ora estesa alla memoria della Bibbia nella letteratura italiana. Attende all'edizione critica e commentata dei Sonetti di Belli per i "Meridiani". Coordina la sezione italianistica del Dottorato in Italianistica e Filologia classico-medievale. Presiede il comitato scientifico per l'Edizione Nazionale dell'opera di D'Annunzio, ed e' membro di quelli per Parini, Belli, Fogazzaro. E' nei comitati direttivi delle riviste "Critica letteraria", "Humanitas", "Rivista di letteratura italiana", "Letteratura e dialetti", "Ermeneutica letteraria". Ha diretto la collana di "Letteratura delle regioni d'Italia" dell'editrice La Scuola e la rivista "Quaderni dannunziani"] Per spiegare il vuoto che la scomparsa di Giovanni Pozzi (morto ieri all'eta' di 79 anni a Lugano, dove martedi' mattina si terranno i funerali, alle 10 nel convento dei cappuccini) lascia nella nostra cultura, basta dire che nessun italianista dominava come lui, parimenti, la letteratura profana e quella sacra: due campi che vengono di solito frequentati separatamente da studiosi pratici dell'uno quanto ignari, se non pregiudizialmente avversi, all'altro. Padre Giovanni da Locarno, come si firmava nei suoi primi studi, era un cappuccino: un bell'uomo, dalla barba curata che preferiva gli abiti comuni al saio, nei suoi frequenti spostamenti fra biblioteche e universita', da Friburgo, dove aveva assimilato il magistero filologico di Gianfranco Contini e dove tenne la cattedra di letteratura italiana, alla Milano dell'altro maestro, Giuseppe Billanovich, alla Zurigo del fraterno amico Dante Isella. Del cappuccino manzoniano, Pozzi aveva alcuni caratteri: l'attenzione per gli umili, che aveva fatto di lui, uomo colto e raffinato, un formidabile studioso della cultura popolare, fra ex-voto e devozione, e l'energia combattiva sui temi che lo appassionavano: la filologia (si pensi alla polemica sull'identificazione dell'autore del Polifilo, da lui riconosciuto in un frate veneto e non gia' in un nobile laziale) e l'ecumenismo (valore cui era sensibile un ticinese che si era trovato a operare a Friburgo, cuneo cattolico fra cantoni protestanti). I primi lavori di rilievo, Pozzi li compie nell'area dell'umanesimo veneto con gli studi su Ermolao Barbaro e su quel Polifilo che pareva fatto apposta per assecondare la sua passione per il rapporto fra parola e figura. Questo rapporto e' esaltato nell'eta' barocca, una stagione che Pozzi esplora, sottraendola ai pregiudizi negativi ancora imperanti. Si pensi alla poderosa edizione critica e commentata dell'Adone di Giambattista Marino, gioiello dei "Classici Mondadori", uscito nel 1976 grazie anche a una equipe di allievi guidati con mano magistrale e ferrea. Oltre a identificare innumerevoli echi e fonti in testi completamente dimenticati, Pozzi rivoluzionava l'interpretazione del poema, liquidato fino ad allora come sfoggio di virtuosismo artificioso, vuoto e sensuale. Lo stesso tema mitologico dell'amore fra Venere, Marte, che tra le braccia della dea depone le armi, e Adone, obbedisce per Pozzi a un coraggioso progetto pacifista. Assolvendo Marino dall'accusa di essere vuotamente retorico, Pozzi spezza una lancia anche a favore della retorica, intesa come comprensione profonda della corrispondenza fra parole e cose: ecco dunque partirsi dal celebre elogio della rosa mariniano "rosa, riso d'amor, del ciel fattura", la ricerca tematologica inaugurata appunto dall'aureo volumetto La rosa in mano al professore (1974), che segue le variazioni del motivo, di poeta in poeta, di eta' in eta', e sfocia nel capitolo sulla topica nella Letteratura italiana Einaudi, cui il professore friburghese pure rimproverava con la sua intransigenza di aver arrestato la trattazione degli scrittori religiosi alle soglie della modernita'. Sono gli anni in cui irrompe sulla scena dei nostri studi la critica formale, con le sue virtu' e i suoi eccessi. Padre Pozzi vi si getta con decisione, vedendovi una rinascita della retorica. Ricordo in un volumetto di Analisi di testo per gli insegnanti, una sua penetrante lettura della Preghiera di Carlo Porta, in cui dalla struttura chiastica e dalle figure d'inversione si coglie l'essenza del testo, e cioe' il ribaltamento in bestemmia della finta devozione della dama. Dal Barocco prende le mosse anche l'altra linea di ricerca di padre Pozzi, quella sull'iconologia letteraria, di cui si nutre La parola dipinta, il volume con il quale nel 1981 la casa editrice Adelphi rivela ai suoi esigenti lettori questa affascinante personalita' di studioso: analizzando una natura morta con rose e gigli che era apparsa enigmatica a illustri critici d'arte, l'autore rivela i segreti di un'allegoria mariana; seguendo le diverse grafie di libri e cartigli fra le mani dei santi, egli svela una precisa gerarchia di auctoritates sacre e profane; indagando calligrammi secenteschi di chierici creduti oziosi, scopre gli incunaboli della poesia visiva d'avanguardia, o della Poesia per gioco, come intitola un volume del 1984. Ma non e' solo per gioco, avverte padre Pozzi, che l'uomo scrive: un altro grande merito dello studioso e' aver aggregato alla sfera della letteratura piu' alta e pregnante le Scrittrici mistiche (antologizzate per Marietti - assieme a Claudio Leonardi - nel 1996), da Maria Maddalena de' Pazzi ad Angela da Foligno: una scrittura in cui sensi e spirito si intrecciano inestricabilmente, cosi' come sacro e profano diventano le due facce di un'unica medaglia, che devono incessantemente alternarsi: e' il senso dei suoi libri piu' recenti, eloquenti fin dal titolo: Alternatim (Adelphi) e Grammatica e retorica dei sensi (Vita e pensiero). Mi viene spontaneo chiudere questo ricordo con l'affascinante analisi di un'Annunciazione quattrocentesca contenuta nel volume Sull'orlo del visibile parlare (Adelphi 1993): nei due cartigli che dalla bocca dell'angelo si dirigono verso il capo e il grembo di Maria, Pozzi coglie il senso teologico della doppia accettazione della maternita', prima dell'intelletto e poi del corpo. Ma mentre il saluto dell'angelo e' leggibile dagli uomini, la risposta di Maria ha le lettere capovolte, per un Lettore collocato nell'alto dei cieli. 4. MEMORIA. RAFFAELE MANICA RICORDA GIOVANNI POZZI (2002) [Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 luglio 2002 col titolo "La lingua tra la rosa e il cielo" e il sommario "La scomparsa di padre Giovanni Pozzi. Allievo di Gianfranco Contini, e di Giuseppe Billanovich, era nato a Locarno nel 1923 e sino al 1988 era stato titolare della cattedra di letteratura italiana e filologia romanza a Friburgo. Poi era tornato alla casa dei frati cappuccini di Lugano. Studioso delle mistiche, italianista, grande erudito, ha rappresentato una ammirevole sintesi tra tradizione e innovazione" Raffaele Manica (1958), docente e saggista, insegna letteratura italiana all'Universita' "Tor Vergata" di Roma. Collabora a varie riviste, tra le quali "Paragone", "Nuovi argomenti", "La rivista dei libri". Opere di Raffaele Manica: Preliminari sull'Orlando Furioso, 1983; Discorsi interminabili, 1987; Il critico e il furore. un mito platonico per i trattatisti del Cinquecento, Quattroventi, 1988; La prosa nascosta. Narrazioni del Novecento Italiano, Avagliano, 2002; Moravia, Avagliano, 2004] Sempre, si sa, ripercorrendoli a memoria, i libri della nostra formazione ci risuonano in maniera diversa prima o dopo la morte del loro autore. Come se, con la scomparsa dell'artefice e le loro pagine, i libri mutassero voce. Da sabato scorso cominciano a rispondere con una voce diversa alle nostre chiamate i libri di Giovanni Pozzi, il grandissimo studioso che ci ha lasciati alla vigilia dei suoi 80 anni. Svizzero italiano, di Locarno, dov'era nato nel 1923, Pozzi aveva nella voce e perfino nella lingua qualcosa che lo faceva estraneo alla cultura della quale fu conoscitore peritissimo. Perfino certi giri di frase risuonavano in lui leggermente straniati o lessicalmente desueti, tanto da diventare preziosi. In piu', lo studioso insigne della civilta' italiana che ha preso congedo da questa terra era un cappuccino. E l'immagine di un cappuccino allievo di Gianfranco Contini era talmente originale da non richiedere altri elementi di stravaganza. Eppure, se a questo ritratto serve altro, un paio di titoli diranno da soli quanto padre Pozzi, come da tutti era chiamato, fosse accattivante, nonostante la severita' e talvolta l'arduo svolgersi delle sue ricerche e dei suoi libri. Si tratta di due titoli distanziati di un decennio, 1974 e 1984, l'uno uscito per le edizioni dell'Universita' di Friburgo, dove Pozzi insegno' dal 1960, l'altro edito dal Mulino. Il primo si intitolava La rosa in mano al professore, l'altro Poesia per gioco. Prontuario di figure artificiose. Titolo di innegabile forza attrattiva, anzi seduttivo, La rosa in mano al professore era uno smilzo libretto dalla copertina azzurrina e dai caratteri nitidissimi, nato sulla scia di due grandi figure critiche, lette come su una scena di teatro. Giacomo Debenedetti, in un suo famoso saggio, aveva scritto che il giovane Francesco de Santis, poco maggiore in eta' dei suoi studenti, mentre imbastiva le lezioni che sarebbero servite alla storia, si muoveva attraverso i secoli fondamentali della letteratura italiana con una rosa in mano, percorrendo cosi' la strada che va dalla rosa di Cielo d'Alcamo verso la rosa ariostesca e fino alla rosa del Marino ("Rosa, riso d'amor"). L'immagine era strepitosa, mobile, incantatoria. Pozzi prese spunto di li' e, approntato il dossier della rosa, che figurava in fondo al libro come allegato, analizzo' il valore figurato, letterale, iconico delle singole parti di testo e della rosa medesima, che era anche un mito dantesco (dalla selva oscura alla candida rosa) e un tema mariano. Il libretto, preso da tante componenti, era cristallino, rinunciava alla facile ermeneutica e interpretava i fatti con un rigore asciutto che era il fascino stesso della critica di Pozzi. Tocco' comprarlo per corrispondenza e studiarne la densita' da breve trattato di chimica o fisica delle figure letterarie, dal bocciolo al fiore aperto. L'altro titolo, Poesia per gioco, intanto aveva un sottotitolo civettuolo, da manuale hoepliano di pronta applicazione, Prontuario di figure artificiose, e poi si muoveva attraverso autori ai confini della grande tradizione letteraria, con attenzione a certe figure retoriche di confine, quelle in bilico tra la letteratura e l'enigmistica, tra poesie che sembravano rebus o versi da cruciverba a schema libero. Pozzi vi riconduceva, mantenendo attenzione ai casi individuali (nulla gli era piu' alieno che la generalizzazione) dentro il sistema fitto di corrispondenze di un'intera ala della civilta' letteraria, dove spiccava il nome di Rabano Mauro incrociato con un'anagrafe di semisconosciuti. Dai due libri risultava evidente come Pozzi fosse in grado di riportare cio' che comunemente viene percepito come marginalita' a un diverso ordine. Ha scritto Dante Isella - che con Pozzi ha diretto fino all'altro giorno la collana di classici italiani della Fondazione Astengo - come del padre cappuccino di Friburgo l'influsso di Contini sia riscontrabile "nel presupposto fondamentale che il passato e' sempre una costruzione del presente". Il rapporto di Pozzi con tante tradizioni letterarie misconosciute o del tutto sconosciute e' la dimostrazione teorematica di tale affermazione, perche' e' soltanto un rinnovato interesse a risvegliare i segni sopiti del passato. * L'altro aspetto del magistero di Contini fu ovviamente la pratica filologica. Pozzi fu coinvolto nel monumento dei Poeti del Duecento, ma nel 1954 aveva pubblicato il primo frutto del rapporto di discepolato con Contini, il Saggio sull'oratoria sacra nel Seicento esemplificato sul padre Emmanuele Orchi (pubblicato dall'Istituto di studi francescani): volume dove lo studio dello stile e della retorica predicatoria colti nel fittume di un Quaresimale preludeva gia' al futuro magistrale commento alle Dicerie mariniane. Per il versante filologico fu decisivo in maniera non minore il rapporto con un altro maestro di filologia, Giuseppe Billanovich, quasi il corrispettivo di Contini nell'ambito complementare alla filologia romanza, gli studi medievali e umanistici. Dall'incontro con Contini e Billanovich si genero' nel 1964 l'edizione della Hypnerotomachia Poliphili da Pozzi attribuita a Francesco Colonna, con commento e biografia e, piu' tardi, a partire dal 1973, l'edizione delle Castigationes Plinianae di Ermolao Barbaro. Questi due volumi sono, nell'itinerario di Pozzi, quelli piu' riccamente nutriti di un'erudizione di tipo latamente tradizionale, benche' nelle pagine di commento si possa vedere quanto fosse in movimento sotto il repertorio dei richiami al passato e sotto le tessere con le quali, fonte dopo fonte, si andavano intrecciando la fisionomia e la formazione di autori finalmente non piu' fermi al passato ma rimessi in marcia verso forme di conoscenza che li sottraevano all'immobilita' della mera erudizione e al gusto meramente antiquario. Autori verso i quali il rischio sarebbe stato di vederli sfarinare una volta sollevata la teca che li aveva sottratti allo scorrere del tempo. Ma Pozzi sapeva bene di quanta pieta' abbisogni colui che lavora attorno e dentro ad un erbario (cosi' recitava l'epilogo della Rosa in mano al professore). * Giovanni Pozzi da Locarno, come appariva il suo nome sulla copertina del primo libro, e' stato negli studi di italianistica, dunque, una ammirevole sintesi del rapporto che intercorre tra tradizione e innovazione. Se la tradizione era in lui sostanzialmente il dato erudito, riscontrabile nelle conoscenze delle letterature classiche e dell'umanesimo, e se tutto cio' insieme funzionava nella sua opera come repertorio mobile di fonti, messo al servizio dei secoli piu' recenti, in particolare il Seicento, tali fonti erano usate come ricognizione memoriale dentro l'officina degli autori studiati. Ma questa concezione di un sapere piu' antico veniva utilizzata in una maniera che andava oltre l'erudizione. Aggiornatissimo nel campo degli strumenti critici, il lavoro di padre Pozzi sulle fonti era incentrato sulla funzionalita' del rapporto fra i testi. Insomma la sua antichita' era un'antichita' che si attivava nel moderno e dal moderno era attirata, nel rapporto stretto tra sistema e struttura. Esemplare, di tutto cio', l'ampia e profonda messe di studi intorno all'enciclopedia del poetabile, l'opera di Gianbattista Marino, probabilmente da considerarsi come l'autore centrale negli studi pozziani. Le edizioni commentate delle Dicerie sacre e La strage degli innocenti (uscita da Einaudi nella collana dei classici annotati diretta da Contini nel 1960) e dell'Adone (Mondadori 1976 poi in edizione rivista Adelphi 1988) sono una lezione di metodo e di pratica critica fondamentali per chiunque si avvicini non soltanto al Marino o alla poesia del Seicento, ma alla letteratura italiana in genere. Le mirabili introduzioni ai due volumi (tra le pagine dell'uno e dell'altro corre piu' di un quindicennio) sono veri e propri libri, bilanciati tra rigore teorico e conoscenza storica. In particolare, per chiunque abbia interesse a come decifrare le forme di un'opera di narrazione, l'introduzione all'Adone risparmiera' la fatica di migliaia di pagine di narratologia. Le questioni fondamentali della scienza delle narrazioni (se cosi' la si puo' chiamare) sono riportati ai tratti essenziali e necessari, sfrondate dalle ridondanze della teoria e messe direttamente a confronto con l'argomento sul quale ci si esercita. In piu', l'edizione dell'Adone era accompagnata da un intero volume di gran mole dedicato al commento: i motivi letterari e figurativi, la retorica e l'articolazione del mondo di uno dei grandi poemi della nostra letteratura erano sperimentati in laboratorio, dissezionati, messi a confronto con una ferratezza che si potrebbe definire argomentativa e insieme dimostrativa, giacche' le regole della retorica classica erano entrate nelle vene di padre Pozzi, costituivano quasi il suo modo di atteggiarsi verso il mondo. Un modello. Un modello che poteva sembrare l'opera di un navigatore solitario dentro il mare aperto degli studi letterari. Invece padre Pozzi solitario non era. Accompagnava la sua fatica attorno all'Adone una lista di collaboratori: da studenti appena congedati dall'Universita' di Friburgo fino ai colleghi piu' giovani e nati dalla sua scuola. Ma poi era Pozzi a riportare ad unita' e ad un'inconfondibile linea di stile i materiali raccolti e selezionati. Da cio' si evince anche quanto fosse importante per lui l'aspetto didattico, a testimonianza del quale resta anche un volumetto di Analisi testuali per l'insegnamento che, si deve dire, pare pensato per una scuola precisa, riflessiva e con un tempo indipendente da quello delle umane cose: piuttosto un'idea o un progetto di scuola che, propriamente, una scuola. * Dove invece si vede Pozzi navigare solitario, uomo che controlla le passioni e le reazioni nel turbinio delle cose, mettendo a frutto letture disparatissime, curiosita' insaziate e interessi di varieta' insondata, e' nei tre imponenti volumi di saggi pubblicati da Adelphi: La parola dipinta (1981), Sull'orlo del visibile parlare (1993) e Alternatim (1996). Tre volumi dei quali e' impossibile indicare i temi, oscillando essi dal Manzoni al modo di pregare della gente semplice, dalle leggi che dominano cio' che chiamiamo silenzio alla tradizione mariana, dall'oralita' al linguaggio mistico, dagli ex voto alla narrativa del Novecento. Si tratta di tre volumi messi insieme durante lunghissimi anni, distillandoli pagina a pagina e saltando da un tema a un altro solo all'apparenza lontano. Davvero ci si vede non tanto come padre Pozzi fosse anche un solitario, ma come la ricerca sia sempre solitaria quando si spinge verso territori mai o mal battuti. Le cure solitarie a libri importanti e dimenticati da parte di questo francescano svizzero mancheranno non soltanto agli studiosi di cose letterarie. Mancheranno a tutti coloro che sanno come i segni delle civilta' passino attraverso cunicoli invisibili al primo sguardo, ma che sono l'unico modo attraverso cui le cose si mettono in contatto. E mancheranno anche a coloro che, all'uscita dell'edizione e del commento dell'Adone, stavano li', strabiliati, a chiedersi come mai, per tanto tempo, quel visibilissimo poema, tolti pochi, fosse rimasto ai piu' come un corpo inerte, come mai quel grande libro, capolavoro di un secolo, di una civilta', di un modo di intendere la poesia, fosse stato fermo per quattro secoli in attesa di una simile curatela (e il caso volle che, poi, ben due edizioni dell'opera venissero alla luce nello stesso volgere di anni). * Infine il cappuccino di Friburgo manchera' a chi crede che la letteratura e gli studi letterari siano un modo di dare forma al pensiero, un modo di leggere i fenomeni del mondo con nitore, rigore e fervore e un modo per riferire della macchina del mondo con la devota attenzione che sempre merita, quale che sia il giudizio che se ne da'. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 185 del 3 giugno 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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