Nonviolenza. Femminile plurale. 186



==============================
NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
==============================
Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 186 del 2 giugno 2008

In questo numero:
1. Natalia Aspesi: Il carnefice in casa
2. Cinzia Sasso: Tre milioni di vittime tra vergogna e silenzio
3. Maria Tiziana Lemme intervista Erica Jong
4. Mirella Caveggia: Tre scrittrici israeliane

1. VIOLENZA. NATALIA ASPESI: IL CARNEFICE IN CASA
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 26 maggio 2008 col titolo "Ho sposato un
carnefice" e il sommario "Donne. Quando il nemico e' in casa. Le violenze in
famiglia sono sempre piu' diffuse. Un dramma su cui ora indaga un docu-film
che sara' trasmesso da Rai3. Lo abbiamo visto in anteprima: raccoglie le
testimonianze delle vittime abusate e picchiate dai mariti. Ma racconta
anche gli interventi della polizia negli appartamenti dove le tragedie si
consumano. Vi raccontiamo le loro storie. Lui la picchia 'perche' e'
innamorato'. Lei lo denuncia e poi si pente. 'Ci siamo messi in contatto con
le questure di 23 province per seguire il lavoro'. 'Mi aveva annullato,
convinto che non valevo niente'".
Natalia Aspesi e' una notissima giornalista e scrittrice, acuta e brillante
osservatrice dei fenomeni di costume, critica cinematografica e di altre
espressioni artistiche e forme di spettacolo; e' nata, vive e lavora a
Milano, dove ha iniziato l'attivita' giornalistica alla "Notte", diventando
successivamente inviata del "Giorno" e poi di "Repubblica", giornale cui
collabora dalla fondazione]

Quella frase, gridata, sussurrata, esplosa, prima o poi le accomuna tutte:
"Non ce la faccio piu'". Sono le ragazze, le donne di ogni eta' che spezzano
un legame che era d'amore ed e' diventato un inferno: un sogno
angosciosamente scivolato in un incubo che il piu' delle volte continuera' a
rendere la loro vita insopportabile, anche dopo le denunce, la fuga da casa,
la cacciata del compagno, la separazione, il cambiamento di citta', la
speranza di ritrovare finalmente pace e dignita'; o che nei casi piu'
funesti finira' nel sangue. Ma perche' hanno aspettato certe volte anni
prima di liberarsi del bruto che le minaccia, le pesta e le insulta, del
nemico che le terrorizza e le umilia, del tiranno che le chiude in casa e
che le pedina, del folle che le ritiene fonte di ogni male e di ogni vizio
per il solo fatto di essere donna, la donna di loro proprieta'? Per paura,
per mancanza di denaro, per rassegnazione, perche' non si fa, perche' la
famiglia non vuole e il parroco nemmeno, perche' gli altri non devono
sapere, ma anche, tante volte, e pare impossibile, per incrollabile amore.
Il film La vittima e il carnefice di Mauro Parissone e Roberto Burchelli (in
onda su Raitre il 4 giugno), parla di queste vittime e di questi carnefici,
di queste donne e di questi uomini, non solo attraverso i racconti
drammatici delle protagoniste, ma anche filmando in presa diretta gli
interventi della polizia, le registrazioni telefoniche, gli appostamenti, le
irruzioni negli appartamenti da cui vengono richieste disperate di aiuto.
*
"Volevamo raccontare storie vere nel momento in cui succedono", dice
Parissone. "Ci siamo messi in contatto con le questure di 23 province, per
seguire il loro lavoro di attenzione e prevenzione. Ci interessava riuscire
a capire il momento di rottura, quello in cui e' ancora possibile impedire
che la persecuzione da parte di un maschio ossessivo degeneri sino ad
arrivare all'assassinio, come purtroppo capita non cosi' raramente; agli
inizi del nostro lavoro era appena capitato a Sanremo, dove Luca Delfino, ex
fidanzato di Antonella Multari, piu' volte denunciato ma mai arrestato,
aveva finito per sgozzarla". Da un paio d'anni in tutte le questure si e'
creata una IV sezione che si occupa dei reati contro donne e bambini, che
come e' noto avvengono soprattutto in famiglia. E il film segue la squadra
della IV sezione di Bologna, il suo paziente e attento commissario
Delferraro, e uno dei suoi casi: quello di Francesca e di Salvatore, di una
ragazza laureata e insegnante che si innamora di un ragazzo dolcissimo e
pieno di attenzioni che poi si rivelera' pregiudicato, marchettaro gay e
violento. Lei non lo vuole piu', lui ha la prepotenza del padrone e non ci
sta: la minaccia, la segue, si apposta, le telefona nella notte, le fa scene
di gelosia, la chiama puttana, ninfomane, pazza, criminale e naturalmente
tutto questo "perche' e' innamorato". Lei lo denuncia, poi si pente, poi
cede perche' malgrado tutto ne e' attratta fisicamente e crede di poterlo
cambiare, ma la tortura ricomincia, puo' succedere di tutto, la polizia
protegge lei e diffida lui che non demorde, fino a quando gli danno il
foglio di via. La storia non e' finita, come non sono finite le altre che
vediamo con i volti oscurati, storie vere, sconvolgenti, ripetitive, che
diventano i numeri di agghiaccianti statistiche.
La polizia entra nelle cucine in disordine, nei soggiorni dove bambini
terrorizzati si rifugiano nelle loro camerette, in appartamenti borghesi o
piccolo borghesi ma mai poveri, nel cuore di una delle tante venerate
famiglie da family day, dove il marito pancione dentro una canottiera
repellente piange dichiarando il suo amore per la moglie che lo vuole fuori
dalla vita perche' manesco, ubriacone, perche' l'ha chiamata puttana davanti
alla scuola, alla bambina, alle madri degli altri bambini. Seguiamo gli
agenti negli inferni domestici, nella casa dove l'uomo che non accetta la
separazione irrompe furibondo accusando la moglie che vive coi figli, di
tradimento, di truccarsi, di bere il te' con le amiche dopo il lavoro; in
quella dove la ragazza marocchina incinta abbandonata dal compagno e
sfrattata vuole buttarsi dal balcone, in altre in cui sono sempre le donne
anche in eta' a non sopportare piu' quegli intrusi che si sono lasciati
andare, che ciabattano per casa pigramente, che si fanno servire
umiliandole, che le maltrattano; e sono sempre le donne esasperate a
chiamare la polizia, a gridare ai giovani agenti spaventati, "questa vita
non la voglio piu', quest'uomo non lo voglio piu', voglio che se ne vada!".
*
Caterina, 30 anni, un bambino di due, che vive in un paesino in provincia di
Massa Carrara, gli autori l'hanno trovata su internet, in uno dei duecento e
piu' blog in cui dialogano e cercano conforto migliaia di donne che vivono
situazioni di disperazione e oppressione familiare, e ancora non hanno avuto
il coraggio di denunciare i partner o di parlarne con parenti e amici.
Caterina e' fragile, affranta, ma anche decisa, ogni tanto le lacrime le
bagnano il viso: "C'era tutto, l'amore con la A maiuscola, Davide mi
riempiva di attenzioni, mi faceva sentire bella, importante, fortunata. Poi
ha cominciato a tornare a casa ubriaco, ad essere violento, a buttarmi a
terra, a minacciarmi col coltello, a dirmi che mi avrebbe portato via il
bambino. Poi di colpo si metteva a piangere e mi supplicava in ginocchio,
pero' rifiutava di curarsi e tornava cattivo, 'Se esci da quella porta per
te sara' un inferno' mi diceva". E Caterina finalmente da quella porta e'
uscita col suo bambino, e la loro vita e' diventata un inferno. "Mi aveva
annullato, convinto che non valevo niente, ma una volta fuori, mi sono
ritrovata". Pero' la paura non la lascia, se vuole dormire va dai suoi
genitori, se no resta sveglia in attesa del peggio, si barrica in casa,
tiene di giorno le tapparelle abbassate e di notte la luce spenta, se esce
ispeziona prima la strada: "Non voglio toglierti la vita, mi ha detto, ma
solo distruggertela. Ma io se muoio ho gia' provveduto affinche' mio figlio
sia dato in affido a mio fratello". Caterina vive in un piccolo paese dove
non c'e' la questura, non c'e' la IV sezione, proteggerla e' piu' difficile:
la sua storia e' sospesa nella paura, va avanti cosi', non tornera' mai
indietro pur sentendo che qualcosa di brutto prima o poi accadra'.
*
Alle storie vere del film si alternano brevi intermezzi in cui le bambole
Barbie, manovrate da una bambina, riproducono drammi reali di coppia: "E'
una invenzione cui teniamo molto" dice Roberto Burchielli, "perche' ci serve
a riprodurre quel tipo di trasmissione televisiva dove la gente comune
litiga o fa finta di litigare, trasformando in spettacolo situazioni
allucinanti che accadono nella realta' e che la finzione dello show rende
innocue, una specie di gioco destinato a non lasciare traccia. Amori,
gelosie, contrasti, tradimenti, vendette, persecuzioni, tutto finto, tutto
in un unico copione scritto da altri, che cancella le vere tragedie con un
cinismo colpevole".
*
Pare strano che nell'imponente piano sicurezza varato dal governo, che
colpevolizza in massa gli stranieri e ha gia' scatenato i primi episodi di
razzismo, nessuno abbia pensato alla sicurezza delle donne soprattutto
italiane vessate e anche ammazzate da partner e soprattutto ex partner.
I fatti di cronaca nera si ripetono e si ammucchiano nel gelo delle
statistiche, ma ognuno di quei numeri, di quelle percentuali, e' un volto,
un corpo, una vita, una singola tragedia. Secondo l'Istat nel 2007 2.983.000
donne italiane sono state vittime di violenza domestica, dai tentativi di
strangolamento o soffocamento ai pugni, dalla minaccia con le armi ai calci,
allo stupro. In casa o fuori, da partner e soprattutto ex partner,
ovviamente italiani. Un esercito enorme di vittime, essendo la violenza
familiare sempre in aumento e ormai la prima causa di morte o di invalidita'
permanente delle donne. Per migliaia di loro vivere umiliate offese e
picchiate sta diventando parte del "pacchetto amore": infatti il 90% non
denuncia il suo persecutore, rassegnato al fatto che giustizia la ottengono
di sicuro solo quelle assassinate. Il precedente governo non ha fatto a
tempo ad approvare come previsto il reato di "stalking", quella forma di
ossessivo controllo, appostamento, disturbo, pedinamento, intrusione, con
cui partner o ex partner rendono impossibile e pericolosa la vita di tante
donne. Il nuovo governo ha risposto al bisogno di sicurezza di donne e
uomini italiani contro la criminalita' straniera. Chissa' se in un secondo
tempo rispondera' con la stessa energia al bisogno di sicurezza delle donne
italiane contro il buon cittadino italiano che in casa si trasforma in
criminale domestico. Con l'espulsione? Con le ronde? Con le spedizioni
punitive? Con l'esercito?

2. VIOLENZA. CINZIA SASSO: TRE MILIONI DI VITTIME TRA VERGOGNA E SILENZIO
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 26 maggio 2008 col titolo "Secondo
l'Istat nel 92,5% dei casi le donne non denunciano. Tre milioni di vittime
tra vergogna e silenzio".
Cinzia Sasso (Venezia, 1956), giornalista e scrittrice, ha lavorato a "Il
Mattino di Padova", "La Tribuna di Treviso", "La Nuova Venezia" e dal 1985
lavora a "La Repubblica". Opere di Cinzia Sasso: (con Giuseppe Turani), I
saccheggiatori. Milano: facevano i politici, ma erano dei ladri,  Sperling &
Kupfer, 1992; Donne che amano il lavoro e la vita. La via femminile al
successo, Sperling & Kupfer, 2002; (con Susanna Zucchelli), Un'ora sola io
vorrei, Sperling & Kupfer, 2005]

Sono quasi tre milioni in Italia le donne che hanno subito violenze in
famiglia. Donne che hanno studiato, che hanno un lavoro, che hanno figli,
genitori, amici: non emarginate, povere, disperate. Donne che al mattino
vanno in ufficio e al pomeriggio accompagnano i bambini ai giardini, le
maniche lunghe a nascondere i lividi, il sorriso stampato per forza. Donne
che nel silenzio hanno subito stupri nel letto coniugale, botte, minacce, ma
anche violenza piu' sottile: la firma negata sul conto, i soldi con il
contagocce, le offese, l'annullamento della personalita': "sei uno zero, non
sai fare nulla". Donne che - spiega l'Istat - nel 92,5% dei casi non
denunciano quello che accade; che se chiedono giustizia alla fine
l'ottengono solo nell'1% dei casi e che forse anche per questo nel 33,9%
subiscono in silenzio, senza parlarne neppure con i familiari; che nell'80%
pensano che la violenza subita dal partner non sia un reato; che per il
44,5% si sentono solo impotenti. Donne che non hanno paura ad uscire di
casa, ma che la sera, dopo il lavoro, hanno il terrore a rientrarci. Donne
invisibili, vittime di uomini al di sopra di ogni sospetto.
Carla e' una di loro. Ha 42 anni, una laurea triennale, un lavoro da
insegnante, due figli. Racconta: "La prima volta che mi ha picchiata avevamo
parlato di un amico comune. Lui diceva che facevo la sciantosa. Mi ha
trascinata giu' dalla macchina tirandomi per i capelli, mi ha spinta su in
casa, mi ha sbattuta davanti allo specchio. Ecco, guardala, la vedi la tua
bella faccia, diceva. Io adesso te la rovino". Carla dice che non si ricorda
quanto e' passato: ricorda solo i calci, i pugni alla pancia, le sberle. Non
ricorda le lacrime: "No, non so nemmeno se ho pianto. E' che quando succede
sei cosi' annichilita che resti paralizzata, hai talmente tanta paura che
accada qualcosa di peggio che tenti solo di limitare i danni". Poi lui ha
finito. E si e' seduto davanti alla televisione.
Carla e le altre. Quasi il ritratto in carne ed ossa di quello che le
statistiche raccontano coi numeri: aveva un uomo che ha amato piu' di se
stessa, vivevano insieme in una bella casa; lui faceva l'imprenditore, era
un tipo seducente, intelligente, generoso. Capitava che dopo i pestaggi le
recapitasse in ufficio dei fiori e un biglietto "sai che sei l'unica donna
per me".
*
Il censimento dell'Istat fotografa proprio questo, la violenza domestica, ed
ha portato alla luce una realta' che si nasconde dietro le mura protette di
casa. Di quel lavoro Linda Laura Sabbadini, direttore generale, ha parlato
anche all'Onu: perche' l'Italia, in quanto a ricerca, su questo terreno e'
piu' avanti di tutti gli altri Paesi. Dice: "E' un'indagine difficilissima
perche' va a rompere un impenetrabile muro di silenzio. L'immagine che passa
e' che il pericolo venga dal branco, dal bruto che incontri per caso, invece
il 69% degli stupri sono opera del partner, avvengono dentro il luogo piu'
'sicuro', quello della 'pace' domestica". Laura Da Rui e' un avvocato: "I
media danno un'eco spropositata a quello che succede per strada e chiudono
gli occhi sul dentro. Su duecento casi di violenza che ho seguito, solo
quindici sono avvenuti fuori, tutti gli altri in casa. E avvengono in una
solitudine pazzesca: sono fatti privati, non li riconoscono i parenti, i
vicini, gli amici. Ecco perche' i pacchetti sicurezza non servono a niente:
perche' torni a casa e il problema lo hai li', dove il maltrattamento e'
mischiato all'amore, dove il groviglio dei sentimenti rende tutto piu' opaco
e ancora piu' terribile". Ancora Carla: "Bastava poco. Stupidaggini. Tipo
che io metto un pizzico di zucchero nel sugo di pomodoro e lui si
arrabbiava, 'cretina, non sai fare niente', mi urlava. O una volta che ho
tirato fuori dal freezer il pezzo di carne sbagliata: mi ha lanciato addosso
una bottiglia, 'tu non hai il cervello, adesso la paghi'. Via via ho
cominciato a vivere con la paura. E piu' tu hai paura, piu' lui ha potere.
Avevo sempre le antenne, stavo in guardia, mi sentivo sul filo, in qualsiasi
momento poteva scattare la furia".
*
Dappertutto, negli ultimi anni, sono nati dei centri anti-violenza. Solo in
Lombardia sono quindici, ma ce ne sono dal Friuli alla Sardegna. Alcuni
hanno nomi fantasiosi: "Iotunoivoi", "Zero tolerance", "Centro Lilith". Il
primo e' stato, a Milano, nell''88, la Casa delle donne maltrattate; da
allora ha seguito 20.000 casi. E vent'anni dopo Marisa Guarneri, la
fondatrice, non si da' pace: "E' ancora sbagliato l'approccio: ci si chiede
perche' le donne accettano di essere picchiate, ma bisognerebbe chiedersi
perche' gli uomini hanno bisogno di picchiare. Da noi passa un mondo
assolutamente trasversale. E quando le donne sono autonome, quando hanno un
lavoro e possono allontanarsi, allora gli uomini sono piu' incazzati e
diventano piu' cattivi". Uomini che Guarneri chiama "gli insospettabili".
Quelli che "all'esterno sembra che sia tutto normale, ma la normalita'
accade che sia questa: soprusi, distruzione della personalita'. La violenza
in famiglia ha tante facce e il dramma e' che non suscita clamore. Sui
giornali finisce solo il caso di quella ammazzata".
Tutto e' un problema. Per Carla anche il successo sul lavoro: "Mi diceva,
per forza sei brava, basta che mostri le tette". E i figli: "Hai cresciuto
dei selvaggi, sei una madre di merda". La seconda volta, per lei, le botte
arrivano in macchina: "Trenta chilometri di pestaggio, non mi ricordo
nemmeno il perche'. Poi mi ha detto sistemati, che andiamo a prendere
l'aperitivo. La terza e' perche' non avevo dato da mangiare ai cani. E lui:
'ma perche' devo massacrarti?' Era in mutande, aveva appena fatto la doccia,
mi aveva appena detto che aveva fatto sesso da solo. Bastarda, sei una
porca, ti mangio le budella, perche' mi costringi a fare cosi'? Io in un
angolo, e lui calci, pugni, schiaffoni. Quella e' stata anche l'ultima
volta". Storie cosi' arrivano ogni giorno a "Cerchi d'acqua", una
cooperativa sociale fondata da Daniela Lagormasini che accoglie tra le 6 e
le 700 donne l'anno: "Il primo stereotipo da confutare e' che questa
condizione riguardi solo le emarginate, quelle povere e ignoranti. Si parla
tanto di salvaguardia della famiglia, ma quello che vedo dal mio
osservatorio e' che spesso nella famiglia c'e' la cultura della
prevaricazione, del non rispetto dell'altra". I numeri confermano le sue
parole: quasi il 20% delle vittime sono laureate; il 17,3% ha un diploma
superiore; il 23,5% e' fatto di dirigenti, libere professioniste,
imprenditrici.
*
Guarneri, sconvolta dalle reazioni di "punizione etnica" sollevate dai
clamorosi casi di cronaca recente, ha lanciato un appello agli uomini: "Sono
abituata a vedere giovani donne diventare il capro espiatorio dei problemi
della propria famiglia, abusate in silenzio. E intanto si parla di esercito
nelle citta'. E mi chiedo: dove sono gli uomini contro la violenza? Perche'
non mettono alla gogna tutti gli uomini che terrorizzano, umiliano,
perseguitano donne colpevoli solo di cercare la propria liberta'?". Uomini
che stanno nelle nostre comode case piu' spesso che nelle roulotte.
C'e' stata, ricorda Alessandra Kustermann, ginecologa, fondatrice di Svd,
Soccorso violenza domestica della Mangiagalli, una campagna di pubblicita'
progresso che era perfetta: "Quella donna piena di lividi, che diceva 'e'
stato un tappo di champagne'. Ecco, quella e' la realta' quotidiana. Quella
familiare e' la violenza piu' infida perche' viene pervicacemente negata,
anche a se stesse. Tante di quelle che finiscono qui arrivano a pensare: se
mi picchia perche' e' geloso, allora mi ama. E per rendersi conto hanno
bisogno di anni". Carla, a capire, ci ha messo tre anni: "Resta l'uomo che
ho amato di piu' al mondo. Ma e' l'uomo che ha rischiato di distruggermi.
Adesso, solo adesso che ho avuto il coraggio di uscirne, mi sento di nuovo
una persona".

3. RIFLESSIONE. MARIA TIZIANA LEMME INTERVISTA ERICA JONG
[Dal quotidiano "Il mattino" del 16 aprile 2008 col titolo "Erica Jong.
Donne, paura di volere" e il sommario "Nel '68 c'era ottimismo. Oggi il
clima e' cinico. La scrittrice a Roma al Festival della filosofia".
Maria Tiziana Lemme, giornalista, scrive sul quotidiano "Il mattino".
Erica Jong e' una delle piu' note scrittrici americane. Dalla Wikipedia,
edizine italiana, riprendiamo per stralci la seguente scheda: "Erica Jong
(nata Mann) (New York City, 1942) e' una scrittrice, saggista, poetessa ed
educatrice statunitense. Laureatasi nel 1963 al Barnard College, con un
master in letteratura inglese del XVIII secolo alla Columbia University
(1965), Erica Jong e' conosciuta soprattutto per il suo primo romanzo, Paura
di volare (1973). Erica Jong e' cresciuta a New York, figlia di Seymour Mann
(nato Nathan Weisman), un musicista ebreo di origini polacche, e della sua
prima moglie, Eda Mirsky, una pittrice e disegnatrice di tessuti la cui
famiglia era immigrata negli Stati Uniti dall'Inghilterra e prima ancora
dalla Russia. Erica Jong inizia la sua attivita' letteraria nel 1971 con una
raccolta di poesie dal titolo Frutta e verdura (1973) ma conquista la
popolarita' nel 1974 con il suo primo romanzo Paura di volare nel quale
vengono messi in risalto i temi del femminismo degli anni Sessanta vissuti
dalla protagonista Isadora Wing. Nei due romanzi, Come salvarsi la vita del
1977 e in Paracaduti e baci del 1984, la storia di Isidora assume un
carattere maggiormente autobiografico, protagonista dei romanzi una
scrittrice che ha avuto grande successo nel mondo dei media. Risale al 1980
il romanzo Fanny dove riscrive in modo arguto ed erudito le vicende di Fanny
Hill che erano state narrate da John Cleland nel capolavoro della narrativa
erotica del Settecento con il titolo Fanny Hill: or, the Memoirs of a Woman
of Pleasure. Le opere successive sono tutte incentrate sul mondo femminile e
per lo piu' a carattere autobiografico come il saggio del 1981 Streghe, Il
mio primo divorzio del 1984, Serenissima del 1987, La ballata di ogni donna
del 1990, Paura dei cinquanta del 1994, Inventare la memoria: romanzo di
madri e figlie del 1997. Nel 2003 pubblica Il salto di Saffo, ricostruendo
la vita della poetessa di Lesbo Saffo sulla base delle poche notizie
disponibili sulla sua vita, approfondendole con l'immaginazione e ricreando
una storia introspettiva e al tempo stesso avventurosa. L'ultima opera
pubblicata in Italia da Bompiani nel 2006 e' Sedurre il demonio, la sua
autobiografia. Opere di Erica Jong: a) romanzi: Paura di volare (Fear Of
Flying) (1973); Come salvarsi la vita (How To Save Your Own Life) (1977);
Fanny (Fanny, Being The True History of the Adventures of Fanny
Hackabout-Jones) (1980); Paracaduti e baci (Parachutes & Kisses) (1984);
Serenissima (Shylock's Daughter)(1987); La ballata di ogni donna (Any
Woman's Blues) (1990); Inventare la memoria: romanzo di madri e figlie
(Inventing Memory: a Novel of Mothers and Daughters) (1997); Il salto di
Saffo (Sappho's Leap) (2003); b) saggi e testi autobiografici: Streghe
(romanzo) (Witches) (1981, 1997, 1999); Il mio primo divorzio (Megan's Book
of Divorce)(1984,1996); The Devil at Large: Erica Jong on Henry Miller
(1993); Paura dei cinquanta (Fear of Fifty: A Midlife Memoir) (1994); Che
cosa vogliono le donne? (What Do Women Want? Bread Roses Sex Power) (1998);
Sedurre il demonio: scritti della mia vita (Seducing the Demon : Writing for
My Life) (2006); Bad Girls: 26 Writers Misbehave essay, "My Dirty Secret"
(2007); c) poesie: Frutta e verdura (Fruits & Vegetables) (1971, 1997);
Half-Lives (1973); Loveroot (1975); At The Edge Of The Body (1979); Ordinary
Miracles (1983); Becoming Light: New And Selected (1991)]

Non batte ciglio, Erica Jong, gli occhi spalancati su chi le sta di fronte.
Scrittrice-icona della generazione della liberazione sessuale, in grado di
trasformare quella rivoluzione in best seller, e' a Roma per partecipare,
venerdi', alla terza edizione del Festival della filosofia, che quest'anno
e' incentrato sui quarant'anni del Sessantotto (Jong interverra' a una
tavola rotonda sul '68 e il femminismo "tra pensiero e azione" in politica,
nella sessualita' e nel costume). Sessant'anni, una figlia, tre nipoti e
quattro mariti: l'ultimo dei quali e' un avvocato newyorchese, Ken Burrows,
col quale stipulo' un accordo prematrimoniale per bruciarlo poi dieci anni
dopo. Sedici libri pubblicati, l'ultimo tradotto in Italia e' Sedurre il
demonio (Bompiani), una autobiografia, la sua fama e' legata al primo: quel
Fear of Flying, Paura di volare, che dal 1973 ha venduto ben diciotto
milioni di copie in tutto il mondo e ha consacrato la protagonista Isadora
Wing come teorica della "scopata senza cerniera".
*
- Maria Tiziana Lemme: Signora Jong, ha seguito i risultati delle elezioni
in Italia?
- Erica Jong: Certo. Vorrei tanto capire meglio la situazione italiana.
Perche', mi chiedo, proprio uno come Berlusconi? Io ero convinta, o ci
speravo, che vincesse Veltroni. Mi sembra che Berlusconi sia un tale
pagliaccio, che mi riesce difficile credere che agli italiani piaccia, e che
lo abbiano voluto per la terza volta al governo. Devo dire che sono
abbastanza scioccata. Cosi' come sono sconvolta anche del fatto che Bush sia
ancora presidente degli Stati Uniti, visto che si sa per certo che le
elezioni sono state truccate, sia quelle del 2000 che del 2004. Eppure
sembra che alla gente non gliene importi niente. Ma forse la societa' tende
ad avere paura degli intellettuali, da noi come da voi. Ed entrambi,
Berlusconi e Bush, sono infatti uomini ordinari, senza valore intellettuale:
non hanno competenze, non sanno niente di politica estera, non capiscono i
problemi della gente, non affrontano seriamente la questione della
sicurezza. Il fatto e' che non sono politici ma personaggi da video, che
usano la loro immagine, non la loro testa.
*
- Maria Tiziana Lemme: Come sapra', in lizza c'era anche un partito
"pro-life" per una moratoria sull'aborto. Com'e' a riguardo la situazione
negli Stati Uniti?
- Erica Jong: Dentro la destra c'e' una minoranza ma molto forte che non
vuole piu' aborti. Il guaio e' che sia appoggiata dal presidente e dal
vicepresidente, ai quali pero' non importa un bel nulla dei bambini che sono
gia' nati, che muoiono di fame o sotto le bombe che gli sganciamo. Come mai
a questa gente interessano soltanto i bambini che non sono ancora nati? Non
e' ipocrita? Mi sembra assurdo e inaccettabile che debbano essere degli
uomini a decidere che cosa fa una donna del suo utero. Mi ricordo quando
negli anni '70 gli antifemministi dicevano che con la pillola non ci sarebbe
piu' stato un bambino sulla faccia della terra. E' stato dimostrato che non
e' cosi'. Non posso non chiedermi il perche' di questa grande reazione
contro il femminismo. E' una questione che mi appassiona al punto che
intendo scriverci.
*
- Maria Tiziana Lemme: Sta lavorandoci in questo periodo?
- Erica Jong: Si'. Sto scrivendo proprio su questa grande reazione contro il
femminismo. Questi fenomeni vanno compresi appieno sul piano psicologico.
Del resto tutta la storia del femminismo e' costellata da balzi in avanti e
da colossali passi indietro. L'altra cosa che non abbiamo compreso fino in
fondo e' che cosa veramente significhi la societa' di massa e che effetti
abbia sulla democrazia. Cosi' come va indagata fino in fondo la violenza
maschile sulle donne. Il mio impegno e' di cercare di capire meglio.
*
- Maria Tiziana Lemme: Il '68 fu un po' il fratello minore che preparo'
quegli anni Settanta di cui parlava prima. Che anni furono?
- Erica Jong: Il '68 l'ho vissuto come un'epoca di grandi speranze. Ci
sentivamo dentro la possibilita' di cambiare le cose e di cambiarle in
meglio. L'immagine diffusa di un periodo tutto sesso droga e rock'n'roll non
corrisponde a cio' che sentivamo. Il punto cruciale del '68 e' che noi ci
sentivamo dentro un enorme ottimismo e fiducia di essere in grado di fare la
differenza. Non penso che i ragazzi di oggi si sentano dentro una cosa del
genere. A me pare che si percepiscano molto cinici e nello stesso momento
incastrati, senza speranza e vivacita' interiore. Forse il fenomeno
pubblico, sociale, per lo meno negli Usa, che si avvicina di piu' a quel
clima e' il fenomeno Obama.
*
- Maria Tiziana Lemme: E ancora una volta non si potra' avere una donna
presidente degli Stati Uniti.
- Erica Jong: Ho appoggiato con donazioni e articoli Hillary Clinton, sono
convinta che potrebbe essere un ottimo presidente. Ma non posso non
accorgermi della misoginia che la circonda. L'informazione e' in mano a
grandi gruppi di potere ai cui vertici ci sono soltanto uomini.
*
- Maria Tiziana Lemme: Dove vive oggi, se vive ancora, Isadora Wing?
- Erica Jong: Ha sessant'anni, ha perso il padre, e' nonna. Sto scrivendo un
nuovo romanzo su di lei. Sa che cos'e' la cosa grande dell'incalzare
dell'eta'? E che tutto diventa piu' chiaro. Ma nel contempo e' doloroso
perche' ti rendi conto che le persone non cambiano. Nel 2009 uscira' una
raccolta di poesie. E di colpo mi sento molto euforica, sa perche'? Dopo
tutte queste cose, forse, vorrei scrivere un romanzo ambientato nella Roma
imperiale. Ci sono notevoli parallelismi con la nostra societa'.

4. LIBRI. MIRELLA CAVEGGIA: TRE SCRITTRICI ISRAELIANE
[Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) col titolo "Scrittrici
d'Israele. Avirama Golan, Zeruya Shalev e Sara Shilo: la risposta femminile
alla triade maschile classica".
Mirella Caveggia, nata ad Aosta, di professione giornalista, ha vissuto in
diversi Paesi: Stati Uniti, Congo, Senegal, Libano, Honk Kong, Filippine,
Germania. Tornata in Italia, ha continuato l'attivita' di comunicazione
intrapresa all'estero con "La Stampa" e "La Stampa Sera". Articoli con la
sua firma sono apparsi anvhr sui seguenti quotidiani per le rubriche di
cultura e di spettacolo: "La Nazione" di Firenze, "La Gazzetta del
Mezzogiorno", "l'Unita'", "Paese Sera", "L'Arena di Verona" e il "Corriere
del Ticino", quotidiano della Svizzera italiana. Numerose riviste hanno
pubblicato suoi articoli e dossier: "Amica", "Marie Claire", "Europeo", "Noi
donne", "Torino Magazine", "Itinerari del Piemonte" oltre alle riviste di
teatro come "Hystrio" e "Sipario". Ha collaborato con "Avvenimenti".
Nell'ambito delle traduzioni ha lavorato al Bureau International du Travail
di Torino come interprete e traduttrice simultanea in occasione di una
rassegna cinematografica. All'attivita' di giornalista freelance ha
alternato quella di traduttrice per l'Arca di Roma. Attualmente traduce
libri per una casa editrice torinese, la Elledici, e saltuariamente opera
revisione di testi per Testo e Immagine. Opere di Mirella Caveggia: Cinque
teatrini facili, Elledici 2006]

Tre scrittrici israeliane, tre donne straordinarie, dotate di sensibilita',
capaci di riverberare la luce di intense atmosfere interiori hanno portato
alla Fiera del Libro di Torino la loro risposta femminile alla triade
maschile classica: Grossman, Yehoshua, Oz. Sono Avirama Golan, Zeruya Shalev
e Sara Shilo. Al loro paese quest'anno il Salone ha attribuito il posto
d'onore, assegnato a rotazione sempre a un paese diverso. Nella fitta
schiera di autori presenti, le tre scrittrici e i loro libri che regalano
personaggi e immagini indimenticabili hanno avuto un successo grandioso.
Zeruya Shalev, nata in un kibbuz nel 1959, e' una scrittrice apprezzata e
molto premiata nel suo paese e all'estero per i suoi quattro romanzi dove
incanta una rara capacita' di compenetrazione fra elementi di fantasia e di
duro realismo. A Torino ha presentato Dopo l'abbandono, (Frassinelli), dove
racconta in un clima di acceso erotismo una relazione intima intessuta di
giochi sadici. Fra la protagonista e un amico del padre durante una veglia
funebre scatta un'attrazione furibonda. Personaggi difficili e complessi, si
cercano e si respingono costantemente nel loro rapporto. Ma la loro
relazione piu' che assegnare l'autenticita' cercata finira' con il profanare
la vita. L'autrice, specialista di studi biblici, si e' dichiarata sorpresa
della reazione suscitata dagli aspetti erotici del libro. "In quelle
descrizioni - precisa - dove non c'e' uno sforzo maggiore che in ogni altra
scena, mi applico con la massima serieta'. L'erotismo e' uno specchio
dell'anima che riflette aspetti intimi: per questo e' piu' tangibile,
palpabile e attira l'attenzione. Ma in questa dimensione non mi identifico
ne' mi ritrovo". Come molte scrittrici che spesso in Israele nel passato non
hanno trovato vita facile, Zeruya Shalev ha scritto inizialmente poesie e
libri per bambini.
Allo stesso modo ha esordito Avirama Golan, una graziosa signora dalla
zazzeretta bionda, dotata di vivacita' e spirito pungente, redattrice e
giornalista di punta sui quotidiani "Davar" e "Haaretz" e conduttrice
televisiva in una trasmissione letteraria. Traduttrice di fama, ha scritto
due romanzi e un saggio dove da' prova di una capacita' tutta ebraica di
fondere allegoria e realismo. Il suo romanzo per adulti, I corvi (Giuntina),
ha ottenuto un successo immediato e il Golden Prize in Israele. Ne sono
protagoniste due donne, un'emigrante dell'est che si allontana dal nido con
l'immaginazione, l'altra e' redattrice di un programma televisivo. Si legge
in una pagina: "Perche' mai il corvo cammina saltellando? Una volta un corvo
vide una colomba che camminava piu' aggraziata di tutti gli altri uccelli.
Il passo della colomba lo incanto' e decise in cuor suo: anch'io voglio
muovermi come lei. Ma in tal modo gli dolevano le ossa. Gli uccelli lo
prendevano in giro, percio' il corvo, vergognoso, decise: tornero'
all'andatura di prima. Ci provo', ma invano: aveva ormai dimenticato i suoi
movimenti originari. Da allora saltella, perche' non e' capace di camminare
in nessuno dei due modi". Anche i personaggi di questo splendido romanzo
ambientato in Israele, come i corvi dell'antico apologo ebraico, vivono le
loro vite alla ricerca di un'armonia originaria perduta: con se stessi, con
gli altri, con la natura. Ma nella trama serrata e compatta affiora
l'impossibilita' dell'intreccio di un nido, simbolo di serenita', sicurezza
e quell'armonia che sembra sopravvivere intatta solo nell'infanzia, nello
sguardo di una bimba, che osservando i corvi capisce gli adulti.
Sara Shilo e' la terza di queste autrici, definita con appassionata
partecipazione da Chiara Gamberale un genio della scrittura, una voce che e'
grido e furore, cosi' efficace da essere paragonata a quella di Faulkner.
Nel suo primo libro intitolato La pazienza della pietra (Giuntina) narra di
una famiglia che si sfracella, privata improvvisamente del padre a cui si
ferma il cuore. La protagonista, sua moglie, pazza di dolore esprime la sua
propria disperazione con un linguaggio concitato. E ugualmente sconnesso e'
quello dei suoi sei figli, lacerati da un dolore sordo e confuso. Il libro
e' complesso, originale (come prova la riflessione profonda, lucida,
delirante suggerita da un formicaio sulla bonta' o la cattiveria di Dio). Se
Sara Shilo, dopo avere letto Che tu sia per me il coltello di David Grossman
non avesse mandato una lettera all'autore che la incoraggio' a mettersi a
scrivere questo suo primo romanzo, il libro, quasi intraducibile, non
sarebbe fra noi. "Mi sono accorta per la prima volta che non dovevo essere
una donna per forza. Scrivendo di tre protagonisti maschili ho trovato un
periodo di liberta' che me lo ha fatto dimenticare".
Quelli che emergono da tutte queste pagine sono personaggi attivi, dotati di
forza e non stereotipati, sui quali sempre e comunque la realta' storica
manda i suoi tragici riverberi. La vita privata e' insidiata e lacerata
dall'esterno. Le certezze sono rare. Per questo la famiglia e' una realta' a
cui si fa riferimento. Dice Zeruya Shalev "Io parlo della vita privata e
intima, ma e' indubbio che le vicende esterne influenzino la vita di
famiglia e che le mie sensazioni siamo illuminate da una luce esterna
estrema. E io, a mia volta, trasmetto in famiglia le cose esterne. Per
questo in me e' tutto cosi' complicato". "La famiglia e' centrale", dice
Sara Shilo. "Ma al suo interno si crea una situazione dove i muri, troppo
spessi, custodiscono segreti. Le famiglie allargate e numerose sono famiglie
arroccate e le loro vicende sono ignorate all'esterno. E' la donna ora che
vuole tirarle fuori".
Per le donne non e' mai stato facile farsi strada con la scrittura in
Israele. Avirama Golan: "La donna qui e' un'immagine simbolica della
societa' israeliana. C'e' sempre una gran differenza fra donne e uomini che
scrivono. Noi donne scriviamo poco di politica, ma non per questo siamo meno
profonde". "E' vero", conferma Sara, "la vita privata e' scassinata
dall'esterno e in Israele la famiglia e' un punto di riferimento, un'isola
solitaria dove sopravvivere alle ansie e alle paure e tanta politica
intorno. La realta' in cui viviamo ha fatto si' che la famiglia ha avuto un
ruolo centrale, con un duplice aspetto. In positivo, e' la partecipazione
per cui le persone non sono sole. In negativo, la famiglia e' condizionante,
la donna specialmente e' segnata dalla volonta' e dalle necessita' della
famiglia. Ma ultimamente qualcosa e' cambiato. Nei primi anni della
fondazione dello Stato di Israele non c'era molto spazio per le scrittrici.
Erano rare e componevano solo poesie. Da dieci anni le cose sono cambiate.
Ultimamente c'e' richiesta di scrittura femminile. Sempre piu' uomini
scrivono su donne, non ci rimane che scrivere di donne. E se l'esterno fa
irruzione nel privato e cancella la parete di casa, il distacco e'
rappresentato dall'ironia e dall'umorismo".

==============================
NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
==============================
Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 186 del 2 giugno 2008

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it