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Voci e volti della nonviolenza. 181
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 181
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 20 May 2008 09:06:45 +0200
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 181 del 20 maggio 2008 In questo numero: 1. Salvatore Quasimodo 2. Ed e' subito sera 3. Rifugio d'uccelli notturni 4. Dove morti stanno ad occhi aperti 5. Isola di Ulisse 6. Alle fronde dei salici 7. Giorno dopo giorno 8. Milano, agosto 1943 9. Uomo del mio tempo 10. Anno Domini MCMXLVII 11. Il mio paese e' l'Italia 12. Ai quindici di Piazzale Loreto 13. Auschwitz 14. Ai fratelli Cervi, alla loro Italia 15. Il muro 16. In questa citta' 17. Ancora dell'inferno 18. Epigrafe per i caduti di Marzabotto 19. Epigrafe per i partigiani di Valenza 20. Et coetera 1. SALVATORE QUASIMODO Scomparve il 14 giugno 1968, quarant'anni fa. Non scomparira' la sua poesia. Qui ne riproponiamo alcuni frutti, alcune gemme. 2. ED E' SUBITO SERA Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed e' subito sera. 3. RIFUGIO D'UCCELLI NOTTURNI In alto c'e' un pino distorto; sta intento ed ascolta l'abisso col fusto piegato a balestra. Rifugio d'uccelli notturni, nell'ora piu' alta risuona d'un battere d'ali veloce. Ha pure un suo nido il mio cuore sospeso nel buio, una voce; sta pure in ascolto, la notte. 4. DOVE MORTI STANNO AD OCCHI APERTI Seguiremo case silenziose dove morti stanno ad occhi aperti e bambini gia' adulti nel riso che li attrista, e fronde battono a vetri taciti a mezzo delle notti. Avremo voci di morti anche noi, se pure fummo vivi talvolta o il cuore delle selve e la montagna, che ci sospinse ai fiumi, non ci volle altro che sogni. 5. ISOLA DI ULISSE Ferma e' l'antica voce. Odo risonanze effimere, oblio di piena notte nell'acqua stellata. Dal fuoco celeste nasce l'isola di Ulisse. Fiumi lenti portano alberi e cieli nel rombo di rive lunari. Le api, amata, ci recano l'oro: tempo delle mutazioni, segreto. 6. ALLE FRONDE DEI SALICI E come potevano noi cantare Con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze sull'erba dura di ghiaccio, al lamento d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento. 7. GIORNO DOPO GIORNO Giorno dopo giorno: parole maledette e il sangue e l'oro. Vi riconosco, miei simili, mostri della terra. Al vostro morso e' caduta la pieta' e la croce gentile ci ha lasciati. E piu' non posso tornare nel mio eliso. Alzeremo tombe in riva al mare, sui campi dilaniati, ma non uno dei sarcofaghi che segnano gli eroi. Con noi la morte ha piu' volte giocato: s'udiva nell'aria un battere monotono di foglie come nella brughiera se al vento di scirocco la folaga palustre sale sulla nube. 8. MILANO, AGOSTO 1943 Invano cerchi tra la polvere, povera mano, la citta' e' morta. E' morta: s'e' udito l'ultimo rombo sul cuore del Naviglio. E l'usignolo e' caduto dall'antenna, alta sul convento, dove cantava prima del tramonto. Non scavate pozzi nei cortili: i vivi non hanno piu' sete. Non toccate i morti, cosi' rossi, cosi' gonfi: lasciateli nella terra delle loro case: la citta' e' morta, e' morta. 9. UOMO DEL MIO TEMPO Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo. Eri nella carlinga, con le ali maligne, le meridiane di morte, - t'ho visto - dentro il carro di fuoco, alle forche, alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu, con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio, senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora, come sempre, come uccisero i padri, come uccisero gli animali che ti videro per la prima volta. E questo sangue odora come nel giorno quando il fratello disse all'altro fratello: "Andiamo ai campi". E quell'eco fredda, tenace, e' giunta fino a te, dentro la tua giornata. Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue salite dalla terra, dimenticate i padri: le loro tombe affondano nella cenere, gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore. 10. ANNO DOMINI MCMXLVII Avete finito di battere i tamburi a cadenza di morte su tutti gli orizzonti dietro le bare strette alle bandiere, di rendere piaghe e lacrime a pieta' nelle citta' distrutte, rovina su rovina. E piu' nessuno grida: "Mio Dio perche' m'hai lasciato?". E non scorre piu' latte ne' sangue dal petto forato. E ora che avete nascosto i cannoni fra le magnolie, lasciateci un giorno senz'armi sopra l'erba al rumore dell'acqua in movimento, delle foglie di canna fresche tra i capelli mentre abbracciamo la donna che ci ama. Che non suoni di colpo avanti notte l'ora del coprifuoco. Un giorno, un solo giorno per noi, padroni della terra, prima che rulli ancora l'aria e il ferro e una scheggia ci bruci in piena fronte. 11. IL MIO PAESE E' L'ITALIA Piu' i giorni s'allontanano dispersi e piu' ritornano nel cuore dei poeti. La' i campi di Polonia, la piana di Kutno con le colline di cadaveri che bruciano in nuvole di nafta, la' i reticolati per la quarantena d'Israele, il sangue tra i rifiuti, l'esantema torrido, le catene di poveri gia' morti da gran tempo e fulminati sulle fosse aperte dalle loro mani, la' Buchenwald, la mite selva di faggi, i suoi forni maledetti; la' Stalingrado, e Minsk sugli acquitrini e la neve putrefatta. I poeti non dimenticano. Oh la folla dei vili, dei vinti, dei perdonati dalla misericordia! Tutto si travolge, ma i morti non si vendono. Il mio paese e' l'Italia, o nemico piu' straniero, e io canto il suo popolo e anche il pianto coperto dal rumore del suo mare, il limpido lutto delle madri, canto la sua vita. 12. AI QUINDICI DI PIAZZALE LORETO Esposito, Fiorani, Fogagnolo, Casiraghi, chi siete? Voi nomi, ombre? Soncini, Principato, spente epigrafi, voi, Del Riccio, Temolo, Vertemati, Gasparini? Foglie d'un albero di sangue, Galimberti, Ragni, voi, Bravin, Mastrodomenico, Poletti? O caro sangue nostro che non sporca la terra, sangue che inizia la terra nell'ora dei moschetti. Sulle spalle le vostre piaghe di piombo ci umiliano: troppo tempo passo'. Ricade morte da bocche funebri, chiedono morte le bandiere straniere sulle porte ancora delle vostre case. Temono da voi la morte, credendosi vivi. La nostra non e' guardia di tristezza, non e' veglia di lacrime alle tombe; la morte non da' ombra quando e' vita. 13. AUSCHWITZ Laggiu', ad Auschwitz, lontano dalla Vistola, amore, lungo la pianura nordica, in un campo di morte: fredda, funebre, la pioggia sulla ruggine dei pali e i grovigli di ferro dei recinti: e non albero o uccelli nell'aria grigia o su dal nostro pensiero, ma inerzia e dolore che la memoria lascia al suo silenzio senza ironia o ira. Tu non vuoi elegie, idilli: solo ragioni della nostra sorte, qui, tu, tenera ai contrasti della mente, incerta a una presenza chiara della vita. E la vita e' qui, in ogni no che pare una certezza: qui udremo piangere l'angelo il mostro le nostre ore future battere l'al di la', che e' qui, in eterno e in movimento, non in un'immagine di sogni, di possibile pieta'. E qui le metamorfosi, qui i miti. Senza nome di simboli o d'un dio, sono cronaca, luoghi della terra, sono Auschwitz, amore. Come subito si muto' in fumo d'ombra il caro corpo d'Alfeo e d'Aretusa! Da quell'inferno aperto da una scritta bianca: "Il lavoro vi rendera' liberi" usci' continuo il fumo di migliaia di donne spinte fuori all'alba dai canili contro il muro del tiro a segno o soffocate urlando misericordia all'acqua con la bocca di scheletro sotto le docce a gas. Le troverai tu, soldato, nella tua storia in forme di fiumi, d'animali, o sei tu pure cenere d'Auschwitz, medaglia di silenzio? Restano lunghe trecce chiuse in urne di vetro ancora strette da amuleti e ombre infinite di piccole scarpe e di sciarpe d'ebrei: sono reliquie d'un tempo di saggezza, di sapienza dell'uomo che si fa misura d'armi, sono i miti, le nostre metamorfosi. Sulle distese dove amore e pianto marcirono e pieta', sotto la pioggia, laggiu', batteva un no dentro di noi, un no alla morte, morta ad Auschwitz, per non ripetere, da quella buca di cenere, la morte. 14. AI FRATELLI CERVI, ALLA LORO ITALIA In tutta la terra ridono uomini vili, principi, poeti, che ripetono il mondo in sogni, saggi di malizia e ladri di sapienza. Anche nella mia patria ridono sulla pieta', sul cuore paziente, la solitaria malinconia dei poveri. E la mia terra e' bella d'uomini e d'alberi, di martirio, di figure di pietra e di colore, d'antiche meditazioni. Gli stranieri vi battono con dita di mercanti il petto dei santi, le reliquie d'amore, bevono vino e incenso alla forte luna delle rive, su chitarre di re accordano canti di vulcani. Da anni e anni vi entrano in armi, scivolano dalle valli lungo le pianure con gli animali e i fiumi. Nella notte dolcissima Polifemo piange qui ancora il suo occhio spento dal navigante dell'isola lontana. E il ramo d'ulivo e' sempre ardente. Anche qui dividono in sogni la natura, vestono la morte e ridono i nemici familiari. Alcuni erano con me nel tempo dei versi d'amore e solitudine, nei confusi dolori di lente macine e di lacrime. Nel mio cuore fini' la loro storia quando caddero gli alberi e le mura tra furie e lamenti fraterni nella citta' lombarda. Ma io scrivo ancora parole d'amore, e anche questa e' una lettera d'amore alla mia terra. Scrivo ai fratelli Cervi non alle sette stelle dell'Orsa: ai sette emiliani dei campi. Avevano nel cuore pochi libri, morirono tirando dadi d'amore nel silenzio. Non sapevano soldati filosofi poeti di questo umanesimo di razza contadina. L'amore, la morte, in una fossa di nebbia appena fonda. Ogni terra vorrebbe i vostri nomi di forza, di pudore, non per memoria, ma per i giorni che strisciano tardi di storia, rapidi di macchine di sangue. 15. IL MURO Contro di te alzano un muro in silenzio, pietra e calce pietra e odio, ogni giorno da zone piu' elevate calano il filo a piombo. I muratori sono tutti uguali, piccoli, scuri in faccia, maliziosi. Sopra il muro segnano giudizi sui doveri del mondo, e se la pioggia li cancella li riscrivono, ancora con geometrie piu' ampie. Ogni tanto qualcuno precipita dall'impalcatura e subito un altro corre al suo posto. Non vestono tute azzurre e parlano un gergo allusivo. Alto e' il muro di roccia, nei buchi delle travi ora s'infilano gechi e scorpioni, pendono erbe nere. L'oscura difesa verticale evita da un orizzonte solo i meridiani della terra, e il cielo non lo copre. Di la' da questo schermo tu non chiedi grazia ne' confusione. 16. IN QUESTA CITTA' In questa citta' c'e' pure la macchina che stritola i sogni: con un gettone vivo, un piccolo disco di dolore sei subito di la', su questa terra, ignoto in mezzo ad ombre deliranti su alghe di fosforo funghi di fumo: una giostra di mostri che gira su conchiglie che si spezzano putride sonando. E' in un bar d'angolo laggiu' alla svolta dei platani, qui nella metropoli o altrove. Su, gia' scatta la manopola. 17. ANCORA DELL'INFERNO Non ci direte una notte gridando dai megafoni, una notte di zagare, di nascite, d'amori appena cominciati, che l'idrogeno in nome del diritto brucia la terra. Gli animali i boschi fondono nell'Arca della distruzione, il fuoco e' un vischio sui crani dei cavalli, negli occhi umani. Poi a noi morti voi morti direte nuove tavole della legge. Nell'antico linguaggio altri segni, profili di pugnali. Balbettera' qualcuno sulle scorie, inventera' tutto ancora o nulla nella sorte uniforme, il mormorio delle correnti, il crepitare della luce. Non la speranza direte voi morti alla nostra morte negli imbuti di fanghiglia bollente, qui nell'inferno. 18. EPIGRAFE PER I CADUTI DI MARZABOTTO Questa e' memoria di sangue di fuoco, di martirio, del piu' vile sterminio di popolo voluto dai nazisti di von Kesserling e dai loro soldati di ventura dell'ultima servitu' di Salo' per ritorcere azioni di guerra partigiana. I milleottocentotrenta dell'altipiano fucilati e arsi da oscura cronaca contadina e operaia entrano nella storia del mondo col nome di Marzabotto. Terribile e giusta la loro gloria: indica ai potenti le leggi del diritto il civile consenso per governare anche il cuore dell'uomo, non chiede compianto o ira onore invece di libere armi davanti alle montagne e alle selve dove il Lupo e la sua brigata piegarono piu' volte i nemici della liberta'. La loro morte copre uno spazio immenso, in esso uomini d'ogni terra non dimenticano Marzabotto il suo feroce evo di barbarie contemporanea. 19. EPIGRAFE PER I PARTIGIANI DI VALENZA Questa pietra ricorda i Partigiani di Valenza e quelli che lottarono nella sua terra, caduti in combattimento, fucilati, assassinati da tedeschi e gregari di provvisorie milizie italiane. Il loro numero e' grande. Qui li contiamo uno per uno teneramente chiamandoli con nomi giovani per ogni tempo. Non maledire, eterno straniero nella tua partia, e tu saluta, amico della liberta'. Il loro sangue e' ancora fresco, silenzioso il suo frutto. Gli eroi sono diventati uomini: fortuna per la civilta'. Di questi uomini non resti mai povera l'Italia. 20. ET COETERA Salvatore Quasimodo, tra i maggiori poeti del Novecento, nacque nel 1901 e scomparve nel 1968. I testi che qui abbiamo riproposto abbiamo estratto da Salvatore Quasimodo, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1995, 2000. Di Quasimodo oltre l'opera in versi si legga almeno anche Il poeta e il politico e altri saggi, Mondadori, Milano 1967. Per una prima introduzione: Giuseppe Zagarrio, Salvatore Quasimodo, La Nuova Italia, Firenze 1969, 1974; Gilberto Finzi, Invito alla lettura di Salvatore Quasimodo, Mursia, Milano 1972, 1976; Mirko Bevilacqua (a cura di), La critica e Quasimodo, Cappelli, Bologna 1976. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 181 del 20 maggio 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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