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Minime. 461
- Subject: Minime. 461
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 20 May 2008 00:45:48 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 461 del 20 maggio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Luigi Ciotti: Io chiedo scusa 2. Ettore Masina: Derattizzare 3. Livio Pepino: Prima che sia troppo tardi 4. Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione: Preoccupazione e sdegno per i gravissimi episodi di violenza contro la popolazione Rom 5. Il 25 maggio a Viterbo 6. Ancora ampliato il sito del comitato che si oppone al devastante mega-aeroporto di Viterbo 7. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 8. Riletture: Louise Labe', Oeuvres completes 9. Riletture: Madame de Sevigne', Lettres 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. LUIGI CIOTTI: IO CHIEDO SCUSA [Dal quotidiano "L'Unita'" del 16 maggio 2008. Luigi Ciotti e' nato a Pieve di Cadore nel 1945, sacerdote, animatore a Torino del Gruppo Abele; impegnato contro l'emarginazione, per la pace, contro i poteri criminali; ha promosso numerosissime iniziative. Riportiamo la seguente piu' ampia scheda biografica dalla Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche: "Luigi Ciotti nasce il 10 settembre 1945 a Pieve di Cadore (Bl), emigra con la famiglia a Torino nel 1950. Nel 1966 promuove un gruppo di impegno giovanile, che prendera' in seguito il nome di Gruppo Abele, costituendosi in associazione di volontariato e intervenendo su numerose realta' segnate dall'emarginazione. Fin dall'inizio, caratteristica peculiare del gruppo e' l'intreccio dell'impegno nell'accompagnare e accogliere le persone in difficolta' con l'azione educativa, la dimensione sociale e politica, la proposta culturale. Nel 1968 comincia un intervento all'interno degli istituti di pena minorili: l'esperienza si articola in seguito all'esterno, sul territorio, attraverso la costituzione delle prime comunita' per adolescenti alternative al carcere. Terminati gli studi presso il seminario di Rivoli (To), Ciotti nel 1972 viene ordinato sacerdote dal cardinale Michele Pellegrino: come parrocchia, gli viene affidata "la strada". Sulla quale, in quegli anni, affronta l'irruzione improvvisa e diffusa della droga: apre un Centro di accoglienza e ascolto e, nel 1974, la prima comunita'. Partecipa attivamente al dibattito e ai lavori che portano all'entrata in vigore, nel 1975, della legge n. 685 sulle tossicodipendenze. Da allora, la sua opera sul terreno della prevenzione e del recupero rispetto alle tossicodipendenze e all'alcolismo non si e' mai interrotta. E' invitato in vari Paesi (Gran Bretagna, Usa, Giappone, Svizzera, Spagna, Grecia, ex Jugoslavia) per tenere relazioni e condurre seminari sul tema ed e' chiamato per audizioni presso il Parlamento europeo. Nei primi anni Ottanta segue un progetto promosso dall'Unione internazionale per l'infanzia in Vietnam. Sempre sul piano internazionale, promuove programmi di cooperazione sul disagio giovanile e per gli ex detenuti in alcuni Paesi in via di sviluppo. Nel 1982, contribuisce alla costituzione del Coordinamento nazionale delle comunita' di accoglienza (Cnca), presiedendolo per dieci anni: al coordinamento, oggi, aderiscono oltre 200 gruppi, comunita' e associazioni. Nel 1986 partecipa alla fondazione della Lega italiana per la lotta all'aids (Lila), nata per difendere i diritti delle persone sieropositive, di cui e' il primo presidente. Nel marzo 1991 e' nominato Garante alla Conferenza mondiale sull'aids di Firenze, alla quale per la prima volta riescono a partecipare le associazioni e le organizzazioni non governative impegnate nell'aiuto e nel sostegno ai malati. Nel marzo 1995 presiede a Firenze la IV Conferenza mondiale sulle politiche di riduzione del danno in materia di droghe, tra i cui promotori vi e' il Gruppo Abele. Nel corso degli anni Novanta intensifica l'opera di denuncia e di contrasto al potere mafioso dando vita al periodico mensile "Narcomafie", di cui e' direttore responsabile. A coronamento di questo impegno, dalle sinergie tra diverse realta' di volontariato e di un costante lavoro di rete, nasce nel 1995 "Libera - Associazioni, nomi e numeri contro le mafie", un network che coordina oggi nell'impegno antimafia oltre 700 associazioni e gruppi sia locali che nazionali. Sin dalla fondazione, "Libera" e' presieduta da Luigi Ciotti. Il primo luglio 1998 riceve all'Universita' di Bologna la laurea honoris causa in Scienze dell'educazione; Ciotti accoglie il conferimento del titolo accademico come un riconoscimento significativo dell'opera di tutto il Gruppo Abele. Alle attivita' del Gruppo Abele, di cui Ciotti e' tuttora presidente, attendono oltre trecentocinquanta persone che si occupano di: accoglienza, articolata in due servizi di pronto intervento a Torino; in otto comunita' che ospitano persone con problemi di tossicodipendenza, di alcolismo o malate di aids; in un servizio di accoglienza notturno per persone senza fissa dimora. Il gruppo Abele ha anche promosso e gestito l'esperienza di una "Unita' di strada" a Torino, la seconda attivata in Italia; lavori di tipo artigianale, informatico, agricolo, condotti attraverso la costituzione di cooperative sociali e di uno specifico progetto Carcere e lavoro; interventi di cooperazione internazionale in Costa d'Avorio, Guatemala, Messico; iniziative culturali, informative, educative, di prevenzione e formazione, che si svolgono attraverso l'Universita' della Strada, l'Universita' Internazionale della Strada, il Centro Studi, documentazione e ricerche, l'Ufficio Stampa e comunicazione, la casa editrice Edizioni Gruppo Abele, la libreria Torre di Abele, le riviste "Animazione sociale" e "Narcomafie", l'Ufficio scuola. Luigi Ciotti e' stato piu' volte membro del Consiglio Presbiteriale ed e' attualmente membro del Consiglio Pastorale della Diocesi di Torino. Da alcuni anni tiene corsi di formazione presso la Scuola per vigili urbani di Torino e provincia. Nei primi anni Ottanta e' stato docente presso la Scuola superiore di polizia del ministero dell'Interno. Giornalista pubblicista dal 1988, Ciotti e' editorialista e collabora con vari quotidiani e periodici (tra cui: La Stampa, L'Avvenire, L'Unita', Il Manifesto, Il Sole-24 Ore, il Mattino, Famiglia Cristiana, Messaggero di Sant'Antonio, Nuovo Consumo), scrive su riviste specializzate per operatori sociali e insegnanti, interviene su testate locali". Opere di Luigi Ciotti: e' autore di vari libri a carattere educativo, di impegno sociale, di riflessione spirituale; tra le sue pubblicazioni segnaliamo: Genitori, figli e droga, Edizioni gruppo Abele, Torino 1993; Chi ha paura delle mele marce?, Edizioni gruppo Abele - Sei, Torino 1992; Persone, non problemi, Edizioni gruppo Abele, Torino 1994; Terra e cielo, Mondadori, Milano 1998; naturalmente ha anche contribuito con propri interventi a numerosi testi collettanei] Cara signora, ho visto questa mattina, sulle prime pagine di molti quotidiani, una foto che La ritrae. Accovacciata su un furgoncino aperto, scassato, uno scialle attorno alla testa. Dietro di Lei si intravedono due bambine, una piu' grande, con gli occhi sbarrati, spaventati, e l'altra, piccola, che ha invece gli occhi chiusi: immagino le sue due figlie. Accanto a Lei la figura di un uomo, di spalle: suo marito, presumo. Nel suo volto, signora, si legge un'espressione di imbarazzo misto a rassegnazione. Vi stanno portando via da Ponticelli, zona orientale di Napoli, dove il campo in cui abitavate e' stato incendiato. Sul retro di quel furgoncino male in arnese - reti da materasso a fare da sponda - una scritta: "ferrovecchi". Le scrivo, cara signora, per chiederLe scusa. Conosco il suo popolo, le sue storie. Proprio di recente, nei dintorni di Torino, ho incontrato una vostra comunita': quanta sofferenza, ma anche quanta umanita' e dignita' in quei volti. Nel nostro Paese si parla tanto, da anni ormai, di sicurezza. E' un'esigenza sacrosanta, la sicurezza. Il bisogno di sicurezza ce lo abbiamo tutti, e' trasversale, appartiene a ogni essere umano, a ogni comunita', a ogni popolo. E' il bisogno di sentirci rispettati, protetti, amati. Il bisogno di vivere in pace, di incontrare disponibilita' e collaborazione nel nostro prossimo. Per tutelare questo bisogno ogni comunita', anche la vostra, ha deciso di dotarsi di una serie di regole. Ha stabilito dei patti di convivenza, deciso quello che era lecito fare e quello che non era lecito, perche' danneggiava questo bene comune nel quale ognuno poteva riconoscersi. Chi trasgrediva la regola veniva punito, a volte con la perdita della liberta'. Ma anche quella punizione, la peggiore per un uomo - essendo la liberta' il bene piu' prezioso, e voi da popolo nomade lo sapete bene - doveva servire per reintegrare nella comunita', per riaccogliere. Il segno della civilta' e' anche quello di una giustizia che punisce il trasgressore non per vendicarsi ma per accompagnarlo, attraverso la pena, a un cambiamento, a una crescita, a una presa di coscienza. Da molto tempo questa concezione della sicurezza sta franando. Sta franando di fronte alle paure della gente. Paure provocate dall'insicurezza economica - che riguarda un numero sempre maggiore di persone - e dalla presenza nelle nostre citta' di volti e storie che l'insicurezza economica la vivono gia' tragicamente come poverta' e sradicamento, e che hanno dovuto lasciare i loro paesi proprio nella speranza di una vita migliore. Cerchero', cara signora, di spiegarmi con un'immagine. E' come se ci sentissimo tutti su una nave in balia delle onde, e sapendo che il numero delle scialuppe e' limitato, il rischio di affondare ci fa percepire il nostro prossimo come un concorrente, uno che potrebbe salvarsi al nostro posto. La reazione e' allora di scacciare dalla nave quelli considerati "di troppo", e pazienza se sono quasi sempre i piu' vulnerabili. La logica del capro espiatorio - alimentata anche da un uso irresponsabile di parole e immagini, da un'informazione a volte pronta a fomentare odi e paure - funziona cosi'. Ci si accanisce su chi sta sotto di noi, su chi e' piu' indifeso, senza capire che questa e' una logica suicida che potrebbe trasformare noi stessi un giorno in vittime. Vivo con grande preoccupazione questo stato di cose. La storia ci ha insegnato che dalla legittima persecuzione del reato si puo' facilmente passare, se viene meno la giustizia e la razionalita', alla criminalizzazione del popolo, della condizione esistenziale, dell'idea: ebrei, omosessuali, nomadi, dissidenti politici l'hanno provato sulla loro pelle. Lo ripeto, non si tratta di "giustificare" il crimine, ma di avere il coraggio di riconoscere che chi vive ai margini, senza opportunita', e' piu' incline a commettere reati rispetto a chi invece e' integrato. E di non dimenticare quelle forme molto diffuse d'illegalita' che non suscitano uguale allarme sociale perche' "depenalizzate" nelle coscienze di chi le pratica, frutto di un individualismo insofferente ormai a regole e limiti di sorta. Infine di fare attenzione a tutti gli interessi in gioco: la lotta al crimine, quando scivola nella demagogia e nella semplificazione, in certi territori puo' trovare sostenitori perfino in esponenti della criminalita' organizzata, che distolgono cosi' l'attenzione delle forze dell'ordine e continuano piu' indisturbati nei loro affari. Vorrei pero' anche darLe un segno di speranza. Mi creda, sono tante le persone che ogni giorno, nel "sociale", nella politica, nella amministrazione delle citta', si sporcano le mani. Tanti i gruppi e le associazioni che con fatica e determinazione cercano di dimostrare che un'altra sicurezza e' possibile. Che dove si costruisce accoglienza, dove le persone si sentono riconosciute, per cio' stesso vogliono assumersi doveri e responsabilita', vogliono partecipare da cittadini alla vita comune. La legalita', che e' necessaria, deve fondarsi sulla prossimita' e sulla giustizia sociale. Chiedere agli altri di rispettare una legge senza averli messi prima in condizione di diventare cittadini, e' prendere in giro gli altri e noi stessi. E il ventilato proposito di istituire un "reato d'immigrazione clandestina" nasce proprio da questo mix di cinismo e ipocrisia: invece di limitare la clandestinita' la aumentera', aumentando di conseguenza sofferenza, tendenza a delinquere, paure. Un'ultima cosa vorrei dirLe, cara signora. Mi auguro che questa foto che La ritrae insieme ai Suoi cari possa scuotere almeno un po' le nostre coscienze. Servire a guardarci dentro e chiederci se davvero questa e' la direzione in cui vogliamo andare. Stimolare quei sentimenti di attenzione, sollecitudine, immedesimazione, che molti italiani, mi creda - anche per essere stati figli e nipoti di migranti - continuano a nutrire. La abbraccio, dovunque Lei sia in questo momento, con Suo marito e le Sue bambine. E mi permetto di dirLe che lo faccio anche a nome dei tanti che credono e s'impegnano per un mondo piu' giusto e piu' umano. 2. RIFLESSIONE. ETTORE MASINA: DERATTIZZARE [Riportiamo la "Lettera" n. 132, del maggio 2008, di Ettore Masina (per contatti: e-mail: ettore at ettoremasina.it, sito: www.ettoremasina.it). Ettore Masina, nato a Breno (Bs) il 4 settembre 1928, giornalista, scrittore, fondatore della Rete Radie' Resch, gia' parlamentare, e' una delle figure piu' vive della cultura e della prassi di pace. Sulle sue esperienze e riflessioni si vedano innanzitutto i suoi tre libri autobiografici: Diario di un cattolico errante. Fra santi, burocrati e guerriglieri (Gamberetti, 1997); Il prevalente passato. Un'autobiografia in cammino (Rubbettino, 2000); L'airone di Orbetello. Storia e storie di un cattocomunista (Rubbettino, 2005). Tra gli altri suoi libri: Il Vangelo secondo gli anonimi (Cittadella, 1969, tradotto in Brasile), Un passo nella storia (Cittadella, 1974), Il ferro e il miele (Rusconi, tradotto in serbo-croato), El Nido de Oro. Viaggio all'interno del terzo Mondo: Brasile, Corno d'Africa, Nicaragua (Marietti, 1989), Un inverno al Sud. Cile, Vietnam, Sudafrica, Palestina (Marietti, 1992), L'arcivescovo deve morire. Monsignor Oscar Romero e il suo popolo (Edizioni cultura della pace, 1993 col titolo Oscar Romero, poi in nuova edizione nelle Edizioni Gruppo Abele, 1995), Comprare un santo (Camunia, 1994; O. G. E., 2006), Il volo del passero (San Paolo, tradotto in greco), I gabbiani di Fringen (San Paolo, 1999), Il Vincere (San Paolo, 2002). Un piu' ampio profilo di Ettore Masina, scritto generosamente da lui stesso per il nostro foglio, e' nel n. 418 de "La nonviolenza e' in cammino"; un'ampia intervista raccolta da Diana Napoli e' ne "La domenica della nonviolenza", n. 151] Oh, non turbate il Santo Padre, che e' vecchio e stanco. Ditegli che c'e' un guasto nei ripetitori di Ponte Galeria e percio' nei palazzi vaticani per qualche giorno radio e televisori sono in black-out. Ditegli che c'e' uno sciopero dei giornalisti di tutto il mondo e quindi non arrivano notizie. Fate che non sappia, insomma, quel che sta succedendo in Italia ai Rom: e cioe' che, come molti non-papi e non-vip sanno, da mesi gli "zingari", in Italia, vedono (e non soltanto a Ponticelli ma in molte citta' e paesi) i loro campi assaltati da facinorosi o "rimossi", quasi senza preavviso, dalle "forze dell'ordine". E' una specie di pulizia etnica, senza morti, per fortuna, ma con valanghe di odio, inasprimento di una miseria gia' di per se' dolorosa e terribili traumi per centinaia di bambini. La comunita' europea aveva gia' sanzionato l'Italia come il paese meno accogliente per i Rom: il nuovo governo ha ora deciso una soluzione radicale. Razzista. Il Papa, tutto questo, non lo sa. Se lo sapesse, certamente Benedetto XVI, "Vicario di Gesu' Cristo, Patriarca dell'Occidente e Primate d'Italia", lascerebbe i suoi preziosi paramenti dorati e le sue scarpette rosse, per affrontare il fango dei "campi" contro cui si accaniscono le bottiglie molotov della gente bene; vi andrebbe a gridare su quelle devastazioni la parola del Cristo: "Cio' che viene fatto ai poveri e' a me che viene fatto". Papa tedesco, sicuramente Joseph Ratzinger non riesce a dimenticare il genocidio degli zingari compiuto dalla Germania nazista ad Auschwitz, con centinaia di bambini orrendamente torturati dal dottor Mengele; e questo ricordo, se lui sapesse cio' che sta accadendo a pochi chilometri dalla sua finestra domenicale, lo spingerebbe a levare alta la voce per difendere i membri di una etnia dalle vere e proprie persecuzioni in atto. Cosi' attento alle leggi italiane che "violano i diritti del feto", egli mostrerebbe di non essere meno sensibile ai provvedimenti governativi che violano i diritti umani di migliaia di persone colpite in base alla loro nazionalita'. Davvero vorreste chiedergli di raggiungere i vescovi entrati nei campi degli zingari bruciati dalla gente pulita, a portare una richiesta di perdono per l'offesa fatta a Dio? Il Signore ha voluto che le genti "da un confine all'altro della Terra" diventassero un solo popolo, radunato dall'amore. Per questo chi odia una stirpe pecca gravemente contro Dio. Questo stanno dicendo i vescovi italiani pellegrini fra le rovine fumanti degli abituri devastati dei Rom... Come dite? Nessun vescovo e' la', fra quelle roulottes sfasciate, fra quelle motocarrozzette caricate di poveri suppellettili e avviate verso chissa' quale destino, fra quei carabinieri che con i loro pesanti anfibi finiscono di demolire le baracche bruciate dalle molotov? Ahime', i vescovi rimangono nei loro palazzi e tacciono o (vedi Bagnasco) condannano con flebili voci e gelide parole quelli che con bell'eufemismo definiscono "estremismi". Cristo si e' fermato in piazza San Pietro? * E noi? Noi cittadini abbiamo niente da dire su questa democrazia che diventa, nei confronti dei piu' poveri, stato di polizia? Dov'e' il popolo che due anni fa accorse a votare un referendum per difendere la nostra Costituzione cosi' fortemente impostata sui diritti umani? Dov'e' il presidente della Repubblica, galantuomo come pochi altri? Dov'e' l'opposizione? Dov'e' il governo-ombra? Non vedo una marea di indignazione levarsi contro la criminalizzazione di un popolo che e' marcato dai segni piu' evidenti di un'estrema poverta' ma la cui pericolosita' sociale e' enormemente minore di quella dipinta dai politici della destra. La Caritas, l'unica vera "esperta di umanita'" nel settore, definisce "pesantemente fuorviante" il ritratto dei Rom disegnato dai mass-media. La politica "della paura", che ha avuto un peso tanto grande sui risultati elettorali, sventola statistiche false. L'Italia e' un paese piu' sicuro della Francia, della Gran Bretagna, degli Stati Uniti. Quanto ai Rom, se la ragazzina che ha tentato di rapire una neonata, a Ponticelli, voleva davvero compiere un reato cosi' nefando, si tratta di un caso isolato. Vi sono stati altri episodi del genere ma si sono sempre rivelati equivoci, dilatati dalla paura della gente e dai pesanti pregiudizi di cui siamo portatori. * Puo' darsi che la storia abbia decretato la fine dei popoli nomadi. Dai pastori somali a quelli mongoli, dai tuareg agli aborigeni australiani, l'evoluzione culturale e il rimodellamento della Terra (quello fisico e quello politico) sembrano imporre una definitiva stanzialita'. Del resto, siamo tutti discendenti da antenati nomadi perche' il nomadismo e' stato una tappa fondamentale della vicenda umana. Ma se davvero e' finito il tempo di genti sospinte a un cammino ininterrotto dalla necessita' e da un'inesauribile voglia di liberta', allora, almeno, esse hanno il diritto di attendersi l'aiuto di una societa' dominante che ha gia' compiuto da secoli un trapasso di civilta'. E invece e' proprio quello che non vogliamo consentire ai Rom: la stanzialita', l'integrazione. Delle immagini (troppo rare e prudenti) che la televisione ci ammannisce, quelle che colpiscono maggiormente, oltre alle facce piangenti dei bambini, sono quelle del lavandino montato nella baracca demolita, del libro o del quaderno rimasto nel fango; e, dei discorsi della gente, accanto alle parole di odio, la tristezza di qualche insegnante che cerca dove sono finiti i "suoi" alunni. Mi e' capitato di entrare qualche volta nel carcere minorile di Casal del Marmo, a Roma, e di vedere (non dico conoscere!) giovani Rom attentissimi a imparare un mestiere. Il carcere come unico apprendistato? * Diavolo vuol dire: colui che disunisce. Maledetto il seminatore di odio. Maledetto il seminatore di falsita'. Falsita' e' la leggerezza con cui si confondono Rom e Romeni (anche questi ultimi, del resto, oggetti di una pesante disinformazione); falsita' e' la diversa gravita' attribuita a fatti di cronaca. Per esempio: tutti ricordano, giustamente, la povera ragazza romana che, durante un litigio con una prostituta romena, e' morta perche' il puntale dell'ombrello della contendente e' penetrato in un suo occhio, ma chi ricorda che pochi mesi piu' tardi una ragazza romena e' stata spinta da una squilibrata sotto il convoglio della metropolitana, a Roma, e da otto mesi e' in coma profondo? * La storia non sara' piu' "maestra di vita" come sentenziano in molti, ma certi ricordi sono davvero inquietanti. Leggo che alcuni commercianti del rione Ponte Milvio, a Roma, hanno fondato un'associazione che finanziera' un gruppo di ex poliziotti addetti alla sorveglianza del rione. Lo fecero (e lo fanno) anche molti commercianti di Rio de Janeiro e di Sao Paulo. Da queste polizie mercenarie, incaricate di "ripulire le strade" e "dare una lezione" ai piccoli criminali, sono nati un po' alla volta gli "squadroni della morte". Garantivano rapidita' operativa e certezza della pena. Il fatto e' che vogliamo vivere tranquillamente, a qualunque costo. La vignetta di Altan, oggi, 16 maggio, su "La Repubblica", mostra un bravo borghese, ben vestito e ben nutrito, che dice: "Basta con le mezze misure. Occorre il boia di quartiere". Anche i poeti vedono lontano. Scriveva Davide Turoldo quindici anni fa: "Ho paura del nazismo dietro le porte. Ho paura di questi nazionalismi, di questi rigurgiti di politiche negative. Ho sempre combattuto contro tutto questo. L'ho scontato con guerre che sembravano non terminare mai. Ho paura della volgarita' di questa classe dirigente". Il direttore di Radio Padania, uno degli organi del nuovo governo, ha detto che e' piu' facile derattizzare una zona che liberarsi dai Rom. 3. RIFLESSIONE. LIVIO PEPINO: PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI [Dal quotidiano "Il manfesto" del 17 maggio 2008. Livio Pepino, componente del Consiglio superiore della magistratura, e' stato segretario nazionale di Magistratura democratica e dal 1991 al 1996 e presidente dal 1998 al 2005; e' direttore di "Questione giustizia" e condirettore di "Narcomafie". Tra le opere di Livio Pepino: Droga e legge, Franco Angeli, Milano 1991; (con Edmondo Bruti Liberati),Autogoverno o controllo della magistratura? Il modello italiano di Consiglio superiore, Feltrinelli, Milano 1998; (con Edmondo Bruti Liberati), Giustizia e referendum. Separazione delle carriere, Csm, incarichi extragiudiziari, Donzelli, Roma 2000: L'eresia di Magistratura democratica, Milano 2001; Attacco ai diritti. Giustizia, lavoro, cittadinanza sotto il governo Berlusconi, Laterza, Roma-Bari 2003; Agenda 2004 di Magistratura democratica. Con appunti sulla giustizia, Edizioni Angolo Manzoni, 2003; (con Gian Carlo Caselli), A un cittadino che non crede nella giustizia, Laterza, Roma-Bari 2005, 2008; Andreotti, la mafia, i processi. Analisi e materiali giudiziari, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2005] Dopo Napoli, Roma. Campi nomadi in fiamme. Uomini e donne che lanciano bottiglie molotov contro altri uomini e donne colpevoli di essere nati altrove e di essere malvestiti e straccioni. Forze di polizia in assetto di guerra che sgombrano campi, sotterranei e giardini, cacciando via (non si sa verso dove) una umanita' dolente, solo perche' povera e straniera. E, al seguito della polizia, camion della nettezza urbana che caricano e avviano alla distruzione materassi sporchi, suppellettili rotte, vecchi elettrodomestici (cioe' le case dei poveri). Il tutto mentre circolano bozze di disegni di legge in cui si criminalizza un popolo e si affida al carcere (e ai suoi omologhi: i centri di detenzione, presto tali anche nel nome) la funzione esclusiva di discarica sociale. E cio' senza opposizione, senza proteste eclatanti, mentre in Parlamento si consuma il rito surreale di un palazzo pacificato. Chiunque ha una esperienza anche minima di questioni sicuritarie sa che tutto questo non c'entra nulla con la "sicurezza" dei cittadini. La "sicurezza" a cui legittimamente aspiriamo tutti e' altro: una prospettiva di vita degna di essere vissuta per noi e per i nostri figli, vivere in un ambiente accettabile e ospitale, sapere di non essere considerati rifiuti per il solo fatto di essere vecchi o malati. Se non cambiera' questo scenario non saremo mai sicuri. La "sicurezza" e' una cosa terribilmente seria e delicata e come tale va affrontata. Sappiamo bene, e non da oggi, che le ragioni della paura e dell'inquietudine stanno anche nella diffusione di forme odiose di criminalita' e di comportamenti devianti (degli autoctoni e degli stranieri); e sappiamo che, in ogni caso, a chi ha paura occorre dare risposte e non citare statistiche. Ma cio' rappresenta l'inizio, non la fine, del discorso. E', in altri termini, la base su cui costruire con pazienza e senza demagogia risposte attendibili: un rilancio del welfare che tenga conto dell'esperienza e dei fallimenti - anche sull'immigrazione - dei paesi a noi vicini, dalla Francia all'Inghilterra; una politica alta, che si proponga di governare fenomeni sociali complessi e non di esorcizzarli seminando odio e paura; un'informazione che provi a rappresentare la complessita' del reale e non a proporre false equazioni tra immigrazione e criminalita'; politiche di integrazione rigorose lungimiranti; interventi di riqualificazione del territorio; e anche - certamente - politiche penali rinnovate, purche' dirette a reprimere in modo giusto i fatti e non a sanzionare il colore della pelle. Non e' questo cio' che e' stato predicato in campagna elettorale (a destra e a sinistra) e che, ora, si realizza. Quel che si sta delineando e' la sostituzione della razionalita' e della politica con la pratica dell'odio verso il diverso: oggi l'islamico o il rom, come ieri l'ebreo. Cio' produrra' solo una sicurezza temporanea e apparente, in attesa che si prepari il nuovo nemico da odiare e da distruggere. Fino a quando ci risveglieremo, sperando che non sia troppo tardi. Lo ha scritto con lucida sintesi qualche decennio fa Michel Foucault evidenziando come questo non e' difesa sociale ma razzismo che, a sua volta, altro non e' che la selezione, personalmente tranquillizzante, tra chi puo' vivere e chi deve morire. I roghi dei campi nomadi sono le avvisaglie dei pogrom, definiti dai dizionari "sommosse popolari scatenate con l'appoggio o con la tolleranza delle autorita' contro le minoranze etniche o religiose". Alla base di ogni pogrom c'e' la costruzione, abile e paziente, del "capro espiatorio" che, a sua volta, fa apparire naturale e spontanea la reazione che porta al rifiuto, all'annientamento, alla distruzione fisica dello stesso. E' bene ricordarlo senza sottovalutazioni. La strumentalizzazione della "sicurezza" non e' nuova. Senza memoria e senza opposizione intransigente un cupo passato puo' tornare. 4. RIFLESSIONE. ASSOCIAZIONE PER GLI STUDI GIURIDICI SULL'IMMIGRAZIONE: PREOCCUPAZIONE E SDEGNO PER GRAVISSIMI EPISODI DI VIOLENZA CONTRO LA POPOLAZIONE ROM [Dall'Asgi - Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione (per contatti: info at asgi.it) riceviamo e diffondiamo il seguente comunicato stampa del 17 maggio 2008] L'Asgi - Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione - esprime la propria profonda preoccupazione e il suo sdegno per i gravissimi episodi di violenza contro la popolazione Rom avvenuti a Napoli ed in altre citta'. Da troppo tempo nel nostro Paese i Rom sono divenuti, in quanto gruppo etnico-culturale, oggetto di sistematiche violenze ed aggressioni verbali e fisiche, anche nelle forme estremamente violente che caratterizzano gli sgomberi dei campi sosta, con distruzione dei beni personali, manifestazioni aperte di disprezzo e maltrattamenti sulle persone. Nei confronti dei Rom quegli stereotipi negativi che una societa' democratica dovrebbe progressivamente superare sono divenuti, al contrario, un sentire comune che non appare piu' ostacolato dalla pubblica autorita', e che trova alimento in un clima politico e culturale che tollera o addirittura incita, anche in modo esplicito, al razzismo, alla violenza e all'esclusione. Il doveroso perseguimento delle singole condotte illecite dei singoli non puo' in alcun modo costituire pretesto per tollerare o giustificare una tale ondata di violenza generalizzata. Proprio in quanto associazione di giuristi l'Asgi intende sottolineare con forza che il principio della responsabilita' penale individuale costituisce il fondamento dello Stato di diritto e che l'eliminazione di ogni forma di attribuzione di caratteristiche, inclinazioni o responsabilita' basate sull'appartenenza etnico-culturale costituisce il principale valore dell'Europa democratica. Oggi questo pilastro della civile convivenza rischia di essere scosso da atteggiamenti politici irresponsabili, determinando conseguenze imprevedibili. Va ricordato che l'Italia e' stata piu' volte oggetto di pesanti critiche in sede internazionale, ed in particolare da parte del Comitato Onu per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (Cerd) per la politica di segregazione attuata tramite i cosiddetti "campi nomadi" ovvero per la mancanza di politiche attive di contrasto alla discriminazione di tale popolazione, che, giova ricordarlo, non supera in tutta Italia le 200.000 persone, di cui parte rilevante costituita da cittadini italiani. L'Asgi chiede un impegno serio da parte delle pubbliche autorita' e del nuovo esecutivo affinche' vengano assunte immediate misure finalizzate a far cessare il clima di impunita' che circonda le crescenti violenze e che, anche attraverso i previsti commissari straordinari, venga attuato un piano nazionale di tutela della popolazione rom che preveda altresi' il superamento dell'anacronistica formula dei campi sosta a favore di interventi di inclusione sociale nelle comunita' locali. L'Asgi sollecita coloro che hanno a cuore la tutela dei diritti umani fondamentali a reagire a questo clima d'intolleranza ponendo in essere ogni forma d'iniziativa utile al fine di riaffermare lo stato di diritto. * Asgi - Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, segreteria organizzativa: tel. e fax: 0432507115, cell. 3470091756, e-mail: info at asgi.it, sede legale: via Gerdil 7, 10100 Torino, tel. e fax: 0114369158, e-mail: segreteria at asgi.it, sito: www.asgi.it 5. INIZIATIVE. IL 25 MAGGIO A VITERBO Domenica 25 maggio 2008 il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo promuove una passeggiata nei luoghi d'interesse naturalistico e storico-culturale che l'eventuale realizzazione di un mega-aeroporto devasterebbe irreversibilmente. Il programma della passeggiata e' il seguente: Alle ore 16,30 ritrovo davanti all'Orto botanico, con interventi di Giuseppe Nascetti e Silvano Onofri. Inizio della passeggiata, accompagnati da Paolo Giannini che illustrera' nel corso della passeggiata le emergenze naturalistiche e storico-culturali. Alle ore 17,30 circa: al Bulicame. Alle ore 18 circa: alle Pozze della Tuscanese. Alle ore 19 circa: alle Sorgenti delle Zitelle, con intervento di Antonello Ricci. Alle ore 20: fine della passeggiata e prosecuzione della serata al centro sociale "Valle Faul" con cena e musica. A tutti i partecipanti sara' messo a disposizione l'opuscolo "Low cost quanto ci costi!". * Per informazioni e contatti: e-mail: info at coipiediperterra.org, sito: www.coipiediperterra.org Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it 6. STRUMENTI. ANCORA AMPLIATO IL SITO DEL COMITATO CHE SI OPPONE AL DEVASTANTE MEGA-AEROPORTO DI VITERBO [Riportiamo il seguente comunicato del 19 maggio 2008 del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, dal titolo completo "Ancora ampliato il sito del comitato che si oppone al devastante mega-aeroporto di Viterbo. Nel sito www.coipiediperterra.org una nuova sezione di 'Relazioni'. Ampliata anche la sezione 'Testi' per l'approfondimento culturale e scientifico"] www.coipiediperterra.org - il sito del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti - si e' ulteriormente arricchito di una nuova sezione, "Relazioni", che reca vari testi presentati a convegni di studio tra settembre 2007 e maggio 2008. E' stata ampliata anche la sezione "Testi" che propone saggi di prestigiosi autori per l'approfondimento culturale e scientifico dei temi su cui il comitato interviene: il diritto alla salute e alla sicurezza, il rispetto dei diritti e della dignita' umana, la difesa della biosfera. 7. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di' chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 8. RILETTURE. LOUISE LABE': OEUVRES COMPLETES Louise Labe', Oeuvres completes. Sonnets, Elegies, Debat de Folie et d'Amour, Garnier Flammarion, Paris 1986, pp. 288. Questo volume di (e su) Louise Labe', curato da Francois Rigolot, ci restituisce vivente la figura e l'opera della grande poetessa cinquecentesca; ogni volta che torni a sfogliarlo ti appassiona come la prima volta. 9. RILETTURE. MADAME DE SEVIGNE': LETTRES Madame de Sevigne', Lettres, Garnier Flammarion Paris 1976, 1993, pp. 448. E' la voce sapiente e preziosa di un secolo, il Gran Secolo. Ed e' una conoscitrice profonda di ogni luce e di ogni ombra, di ogni meandro di quei due labirinti, il cuore umano e l'umana societa', che incessantemente si rispecchiano e colluttano; e quei due specchi, quei due labirinti, quei due lottatori in conflitto sa rendere come nessun altro in una lingua che tutto sa dire, perche' tutto sa cogliere, sa riconoscere, sa pensare, sa respirare, sa dipingere in ogni sfumatura, in ogni inquietudine, in ogni fremito, in ogni palpito: con sovrano controllo, umana adesione, in musica e civilta'. 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 461 del 20 maggio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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