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Nonviolenza. Femminile plurale. 183
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 183
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 15 May 2008 11:04:20 +0200
- Importance: Normal
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 183 del 15 maggio 2008 In questo numero: 1. Ann Wright: Proteste contro le basi militari Usa 2. Alessandro Portelli presenta "Regina di fiori e di perle" di Gabriella Ghermandi 3. Nadia Fusini: Nel mito di Iside 1. MONDO. ANN WRIGHT: PROTESTE CONTRO LE BASI MILITARI USA [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente intervento dell'11 maggio 2008 di Ann Wright. Ann Wright ha servito per 29 anni nell'esercito statunitense ed e' andata in pensione con il grado di colonnello; ha anche fatto parte per 16 anni del corpo diplomatico Usa, da cui ha dato le dimissioni nel maggio 2003 per protesta contro la guerra in Iraq; e' coautrice di Dissenso: voci della coscienza, una raccolta di profili e interventi di funzionari governativi americani che hanno parlato ed agito contro le politiche dell'amministrazione Bush] La presenza dell'esercito statunitense, 63 anni dopo la seconda guerra mondiale, e' una grande fonte di rabbia per i cittadini del Giappone, della Corea, della Germania e dell'Italia. Sull'isola giapponese di Hokkaido, nel nord, l'esercito americano usa un raggio d'azione per l'artiglieria noto come "Yausubetsu". E' un raggio breve, se confrontato con quelli vigenti negli Usa ed in Germania (30 chilometri per dieci) ma la l'irritazione dei contadini giapponesi a cui la terra e' stata tolta a causa del raggio d'azione, e di quelli che vivono nella sua prossimita', e' alta. Le pacifiche rotonde colline e le valli dell'area sono la sede dell'industria casearia di Hokkaido. I giapponesi hanno usato il disegno a fumetti di una mucca da latte con i guantoni da boxe, quale simbolo della protesta contro l'imposizione del raggio d'azione da parte dell'esercito statunitense. Il governo giapponese fece pressione sui contadini dell'area affinche' vendessero i loro campi quando il raggio d'azione per l'artiglieria fu stabilito nel 1962. Tutte le famiglie, tranne tre, vendettero. Il signor Kawase si rifiuto' sia di vendere sia di spostarsi, ed invece ha costruito tre edifici che vengono regolarmente utilizzati dagli attivisti che protestano, ogni anno, contro le esercitazioni dell'artiglieria. Il sigor Kawase, un ottantaduenne assai vivace, ha costruito una grande tenda sulla sua proprieta' dove cento dimostranti possono dormire su materassi, realizzare cartelli e striscioni e ascoltare conferenzieri. Nella cucina, gli attivisti cucinano pasti con gli ortaggi della campagna di Hokkaido e servono latte fresco e formaggi che gli vengono regalati dai furibondi produttori della zona. Sul tetto, a beneficio dell'aeronautica militare che passa spesso a dare un'occhiata, il signor Kawase ha dipinto in enormi caratteri giapponesi il testo dell'art. 9 della Costituzione del paese: "Aspirando sinceramente alla pace internazionale, basata su giustizia ed ordine, il popolo giapponese rinuncia per sempre alla guerra quale diritto sovrano della nazione, e rinuncia alla minaccia ed all'uso della forza quali mezzi per comporre le controversie internazionali. Per poter adempiere al paragrafo precedente, forze militari di terra, mare ed aria, cosi' come gli altri potenziali di guerra, non verranno mantenute. Il diritto alla belligeranza dello stato non sara' riconosciuto". E' un'affermazione grande, sia moralmente che materialmente. Il signor Kawase ne ha faticosamente dipinto da solo ogni carattere, sul tetto. La maggioranza dei cittadini giapponesi approva lo spirito dell'articolo 9, ma alcuni credono che il Giappone dovrebbe impiegare forze di "autodifesa" negli sforzi collettivi internazionali, sul tipo dell'autorizzazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ad un'operazione militare internazionale per rimuovere Saddam Hussein dal Kuwait. Nel 2007, il primo ministro giapponese Shinzo Abe, nel ricordare il LX anniversario della Costituzione ne ha chiesto una revisione, al fine di permettere al Giappone di giocare un ruolo maggiore nella "sicurezza globale", e si e' appellato ai giapponesi affinche' considerassero questa cosa un mezzo per ravvivare l'orgoglio nazionale. L'articolo 9 della Costituzione giapponese e' sotto attacco da parte dell'amministrazione Bush, che vuole dal Giappone piu' sostegno militare per le guerre in Iraq ed Afghanistan, e piu' in generale per la "guerra al terrorismo". Silurando l'art. 9, il governo giapponese si e' sdraiato come un tappeto davanti alla forza dell'amministrazione Bush, ed ha inviato una nave da rifornimento nell'Oceano Indiano per fornire carburante alle navi da guerra Usa, e piu' di recente aviotrasportando truppe in Iraq. Queste azioni hanno oltraggiato milioni di giapponesi, i quali non vogliono che il loro paese sia coinvolto nelle guerre di altre nazioni. Sono stati coinvolti i tribunali giapponesi, poiche' i cittadini hanno intentato azioni legali contro il loro governo per "aver infranto il loro diritto di vivere pacificamente". L'ultima causa di questo tipo e' stata portata avanti da millecento cittadini giapponesi contro la missione aerea di cui sopra, asserendo che essa era incostituzionale. La Corte suprema di Nagoya ha emesso il verdetto il 17 aprile 2008, riconoscendo che la missione violava in parte l'articolo 9, ma ha permesso la sua continuazione. La gente di Kushiro, nell'isola di Hokkaido, ricorda bene la militarizzazione del proprio paese durante la seconda guerra mondiale. L'ottantaduenne Shingichi Miyake, ora presidente dell'Associazione per la pace di Kushiro, rammenta il ruolo che la citta' svolse in quel periodo. Il carico aereo degli aeroplani che bombardarono Pearl Harbor il 7 dicembre 1941 parti' dal porto di Kushiro. Kushiro fu anche porto d'ancoraggio per la "guerra da un migliaio di miglia", una brutale campagna del 1942-'43 per il controllo delle isole da Attu a Dutch Harbor. Kushiro, la piu' grande delle citta' che nel nord del Giappone erano piu' vicine alle isole statunitensi, fu protetta dall'invasione Usa da centinaia di navi militari. Paradossalmente, nonostante l'eredita' della militarizzazione dell'isola di Hokkaido e della citta' di Kushiro, le zone umide attorno a quest'ultima sono la casa delle gru giapponesi, un simbolo di pace per il Giappone e per il mondo intero. Le gru rappresentano lo spirito dell'articolo 9, la denuncia della guerra da parte del popolo giapponese ed il suo desiderio di vivere in pace. I cittadini di Hokkaido si uniscono ad altri cittadini che in altri luoghi del pianeta protestano contro la presenza e la continua espansione delle basi militari statunitensi. I cittadini di Vicenza, in Italia, da due anni contestano l'espansione della base Usa nella sola zona verde che rimane alla citta'. La "centrale" della protesta a Vicenza e' una tenda eretta al termine di una pista d'atterraggio abbandonata che dovrebbe diventare la sede allargata per l'esercito americano. Come in Hokkaido, a Vicenza i cittadini usano una tenda come simbolo visibile di protesta ed obiezione alla presenza dell'esercito Usa a 60 anni dal termine della seconda guerra mondiale. L'esercito dice che le basi all'estero sono critiche per la "proiezione" del potere statunitense, un ammonimento a tutti che gli Usa possono essere davanti alle loro porte nel giro di poche ore o pochi minuti. Noi, come cittadini statunitensi, dobbiamo decidere se vogliamo che sia l'esercito ad essere "proiettato", degli aspetti del nostro paese, e se cio' e' nel miglior interesse della nostra sicurezza nazionale. 2. LIBRI. ALESSANDRO PORTELLI PRESENTA "REGINA DI FIORI E DI PERLE" DI GABRIELLA GHERMANDI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 maggio 2008 col titolo "Etiopia, la storia cancellata" e il sommario "Gli orrori del nostro colonialismo e dei nostri crimini di guerra, ma anche la poesia e la bellezza di un mondo che abbiamo invaso. Va in scena il 6 maggio Regina di fiori e di perle, lo spettacolo scritto e interpretato da Gabriella Ghermandi". Alessandro Portelli, studioso della cultura americana e della cultura popolare, docente universitario, saggista, storico, militante della sinistra critica, per la pace e i diritti. Dal sito alessandroportelli.blogspot.com riprendiamo la seguente scheda autobiografica: "Sono nato a Roma nel 1942. Di mestiere, insegno letteratura americana alla Facolta' di scienze umanistiche dell'Universita' 'La Sapienza' di Roma. Ho svolto l'incarico di consigliere delegato del sindaco di Roma per la tutela e la valorizzazione delle memorie storiche della citta'; ho fondato e presiedo il Circolo Gianni Bosio per la conoscenza critica e la presenza alternativa delle culture popolari; faccio parte del consiglio direttivo dell'Irsifar (Istituto Romano per la Storia d'Italia dal Fascismo alla Resistenza) e ho la tessera dell'Anpi. Collaboro al 'Manifesto' fin dal 1972, e ho scritto spesso anche su 'Liberazione' e 'l'Unita''. Ho studiato, insegnato e diffuso la cultura dell'America a cui vogliamo bene - quella di Woody Guthrie, Pete Seeger, Bob Dylan, Bruce Springsteen, di Malcolm X, Martin Luther King, Cindy Sheehan, Mark Twain, Don DeLillo, Spike Lee, Woody Allen. Ho raccolto le canzoni popolari e politiche e la memoria storica orale di Roma e del Lazio, collaborando con il Canzoniere del Lazio, Giovanna Marini, Sara Modigliani, Piero Brega, Ascanio Celestini. Ho conosciuto i partigiani e le partigiane di Roma e i familiari degli uccisi delle Fosse Ardeatine, e dai loro racconti ho messo insieme la loro storia. Ho ascoltato i racconti delle borgate e dei quartieri popolari, dalle occupazioni delle case degli anni '70 alla storia orale di Centocelle. Ho cercato di non limitarmi a studiare e a scrivere, ma anche di organizzare cultura: mettere in piedi strutture (dal Circolo Bosio alla Casa della Memoria); fondare e far vivere riviste; condividere con gli altri, attraverso dischi e libri, quello che ho imparato; coinvolgere persone piu' giovani e aprirgli spazi; organizzare eventi, concerti, incontri. Ho accompagnato gli studenti romani ad Auschwitz, ho girato decine di scuole per parlare della memoria, della democrazia, dell'antifascismo. E ho voglia di continuare a farlo. Le mie passioni sono l'uguaglianza, la liberta', l'insegnamento, la musica popolare, la memoria, ascoltare i racconti delle persone, i libri e i film, e il rock and roll". Tra le opere di Alessandro Portelli: Il re nascosto. Saggio su Washington Irving, Bulzoni, Roma 1979; Taccuini americani, Manifestolibri, Roma 1991, 2000; Il testo e la voce, Manifestolibri, Roma 1992; La linea del colore, Manifestolibri, Roma 1994; L'aeroplano e le stelle, Manifestolibri, Roma 1995; Biografia di una citta', Einaudi, Torino 1997; (con Cesare Bermani e Silverio Corvisieri), Guerra civile e Stato, Odradek, Roma 1998; L'ordine e' gia' stato eseguito, Donzelli, Roma 1999; America, dopo, Donzelli, Roma 2003; Canzone politica e cultura popolare in America, DeriveApprodi, 2004; Canoni americani, Donzelli, Roma 2004; Storie orali, Donzelli, Roma 2008. Su Gabriella Ghermandi dal sito www.gabriella-ghermandi.it riprendiamo la seguente scheda: "Gabriella Ghermandi, italo-etiope-eritrea, e' nata ad Addis Abeba nel 1965, e si e' trasferita in Italia nel 1979. Da parecchi anni vive a Bologna, citta' originaria del padre. Nel 1999 ha vinto il primo premio del concorso per scrittori migranti dell'associazione Eks&Tra, promosso da Fara Editore, e nel 2001 il terzo premio. Ha pubblicato racconti in varie collane e riviste, tra cui Nuovo planetario Italiano. Mappa della nuova geografia di scrittori migranti in Italia e in Europa a cura di Armando Gnisci, ed. Citta' Aperta, L'Italiano degli altri: 16 storie di normale immigrazione per Einaudi scuola, Quaderni del Novecento: La letteratura postcoloniale italiana, Istituti editoriali e poligrafici internazionali, Il lettore di provincia n. 123-124 - volume monografico intitolato "Spaesamenti padani" a cura di Clarissa Clo', Longo Editore. Seguendo l'arte della metafora tipica della tradizione culturale etiope, scrive e interpreta spettacoli di narrazione che porta in giro sia in Italia che in Svizzera. Conduce laboratori di scrittura creativa nelle scuole, in Italia e Svizzera, sulla ricerca della identita' "unica" di ciascun individuo - da contrapporre alle "identita' collettive" - come percorso di pace. E' stata per due anni direttrice artistica del Festival Evocamondi, festival di narrazione e musiche dal mondo, organizzato dalla rivista "El Ghibli", a Bentivoglio, in provincia di Bologna. Ha creato per il festival "Le strade dell'esodo - II edizione" la performance di lettura, musica e narrazione Terre rosse dei sentieri d'Africa, e per "Le strade dell'esodo - III edizione" la performance di lettura Mille sono le vie del ritorno. Si e' occupata della raccolta di interviste a migranti nella Comunita' Montana Val Samoggia in provincia di Bologna, per il progetto Migranti, storia e storie di un millennio di mobilita' nelle valli del Samoggia e del Lavino. Ha partecipato come consulente tecnica in vari progetti tra i quali "Ti conosco perche' ti ho letto", percorso di lettura di autori migranti in quaranta classi nelle scuole della valle dell'Idice (provincia di Bologna) e "all'incrocio dei sentieri" incontri con scrittori migranti nelle biblioteche della provincia di Bologna. E' fondatrice, assieme ad altri scrittori, della rivista online "El Ghibli" e fa parte del comitato editoriale. Ha partecipato come relatrice a vari convegni tra cui quello dell'Aais (American association for italian studies), nella sezione "spaesamenti padani" condotta dalla professoressa Clarissa Clo' nel 2006, e nel 2007 assieme a Edvige Giunta sul tema della multidentita' e scrittura. Quest'anno, dal 16 aprile al 6 maggio, e' stata in tour negli Stati Uniti a portare i suoi spettacoli di narrazione nelle facolta' del Wisconsin, San Diego, Los Angles e Colorado Springs. Nell'aprile 2007 e' uscito il suo primo romanzo Regina di fiori e di perle per Donzelli editore"] Regina di fiori e di perle e' un romanzo di Gabriella Ghermandi (Donzelli, 2007), e una performance scenica e musicale che la stessa Ghermandi presenta, con la partecipazione speciale di Stefano Benni e le musiche dal vivo di Gabin Dabire', al teatro comunale di San Giovanni in Persiceto (Bologna), il 6 maggio alle 21. E tutti e due, il testo e la performance, sono imperdibili. C'e' un momento emozionante nelle performance di Gabriella Ghermandi: quando, arrivata a un punto cruciale nel racconto della sua storia, i suoi abiti occidentali vengono coperti e nascosti dalle fluide vesti della sua storia africana, e il suo corpo scenico si trasforma, si fa piu' solenne e profondo, e ancora piu' intensamente femminile. Gabriella Ghermandi vive a Bologna da quando aveva quattordici anni; sua madre e' etiope, suo padre italiano; parla con la stessa naturalezza eloquente l'amarico e l'italiano, il bolognese e il tigrino. Ha detto: "Per i bianchi non ero bianca, per i neri non ero nera". In realta' e' tutte e due le cose, ma prigioniera di nessuna. Fra origini, continenti, lingue, si muove con la leggerezza tagliente e gentile di chi strania sempre il punto di vista eppure include in se' l'oggetto guardato. Regina di fiori e di perle, in forma di romanzo, copre un arco di tempo che va dall'invasione italiana dell'Etiopia nel 1935 fino al 2000. Racconta la formazione di una giovane donna, la vita quotidiana e familiare in un villaggio e poi nella capitale d'Etiopia, l'invasione italiana e la da noi sconosciuta resistenza etiopica, le difficolta' dell'incontro fra persone diverse, la dittatura "marxista" di Menghistu, la migrazione in un'Italia soffocante, il ritorno in Etiopia - storie drammatiche, fatti pesanti. Ma non perde mai di vista la meraviglia e la bellezza, le perle e i fiori, appunto. Noi italiani che dai libri di storia sistematicamente cancelliamo la memoria degli orrori del nostro colonialismo e dei nostri crimini di guerra (altro che retorica della Resistenza!) abbiamo molto da imparare da questo libro e dai racconti di Gabriella Ghermandi. Qui non manca niente di quello che dovremo sapere. Senza pesantezze didascaliche, spesso collocandole ai margini della storia ma ben visibili, il libro ricorda l'invasione italiana, la resistenza e la controffensiva etiopica; l'orrenda rappresaglia italiana di Debra' Libanos vista dalla prospettiva domestica di due giovani donne che lavorano per un ufficiale italiano; i gas usati dal nostro esercito, attraverso gli incubi di Yacob, il primo dei grandi narratori di questo libro; le leggi razziali che vietano i matrimoni misti (preludio alle leggi antiebraiche del 1938) e rovinano un amore. Una scena illuminante e' quella in cui Yacob, che ha combattuto nella resistenza, incontra Daniel, il soldato italiano che ama sua sorella Amarech che da lui aspetta un figlio. Daniel cerca di salutarlo con i gesti di riverenza che ha visto fare alla gente del posto - il busto inclinato, la mano porta in avanti con la palma in alto. E Yacob gli risponde con un'intenzionale parodia del gesto europeo della stretta di mano. In questa fallita e squilibrata imitazione reciproca sta sia il fallimento, sia la necessita' dell'incontro. Infatti Regina di fiori e di perle non e' un romanzo di protesta e di denuncia, se non nella misura in cui svelarci la bellezza, la poesia, la profondita' di un mondo che abbiamo invaso, violato e disprezzato puo' aiutarci a ragionare su chi siamo, chi siamo stati - e rischiamo di ridiventare. Ma Gabriella Ghermandi non ci chiede di pentirci o di vergognarci; ci offre piuttosto di condividere il sapere e l'incanto. Nel libro, l'incanto sta nello sguardo della narratrice e protagonista, una bambina affascinata dai racconti degli anziani. Come Quentin Compson in Absalom, Absalom! di William Faulkner, Mahlet riceve i racconti di tutta la sua comunita', ne diventa la destinataria senza sapere bene perche' - forse perche' sa ascoltare senza interferire, forse perche' nella sua sete di storie gli anziani leggono la possibilita' di affidarle la missione di raccontare a sua volta. Narrataria e narratrice, ricettiva ed espansiva, Mahlet sta al centro di un libro che e' un tessuto di racconti e di ascolti - un quilt, mi verrebbe da dire, dove la forma di una cultura e di una vita appare gradualmente a mano a mano che i fili si intrecciano e che noi impariamo a guardare. I racconti, naturalmente, sono all'origine orali - non perche' la cultura amarica non possegga un'elaborata tradizione di scrittura, ma perche' l'oralita' e' lo strumento principale della comunicazione familiare quotidiana. Tuttavia, la scrittura di Gabriella Ghermandi non cerca tanto di riprodurre il suono della voce (e comunque, la lingua e' un'altra), quanto di farci sempre ricordare che la narrazione orale e' sempre dialogica, presuppone sempre un rapporto. Nessuno racconta se non c'e' qualcuno che sta a sentire, sia pure in silenzio; nell'oralita' l'orecchio e' necessario quanto la bocca. Mahlet nasce come avida ascoltatrice e, attraverso i racconti che riceve, assistiamo alla genesi di Mahlet come raccontatrice a sua volta. Ha detto una volta Ascanio Celestini: io posso raccontare perche' ho ascoltato chi ha ascoltato i racconti. Anche Gabriella Ghermandi, che ha ascoltato e reimmaginato queste storie, torna a raccontarcele non solo in forma di libro ma anche con la sua stessa voce. Io l'ho incontrata per la prima volta in una rassegna di "voci afroitaliane" che avevamo organizzato a Roma, e rimasi incantato dalla capacita' che aveva di evocare luoghi e persone lontani con il solo potere della parola (e con un godibilissimo senso dell'umorismo e della commedia). Poi l'ho ritrovata in una notte romana, proprio insieme ad Ascanio Celestini: lui leggeva le pagine di Regina di fiori e di perle, e Gabriella Ghermandi le avvolgeva in altri racconti in prima persona. Piu' indietro, sul palco, un'altra delle presenza africane in Italia piu' affascinanti: Gabin Dabire', musicista e cantastorie burkinabe' padrone di molti strumenti che dialogano intrecciandosi con una voce flessibile e concreta. Non era difficile, anche se non capivamo le parole, e anche se il Burkina Faso e l'Etiopia non sono la stessa cosa, rendersi conto che le storie cantate da Gabin, quelle raccontate da Gabriella e quelle lette da Ascanio facevano tutte parte di uno stesso intreccio, di uno stesso dialogo. Poi, Gabriella Ghermandi, in piedi avvolta nei suoi abiti africani, ha cantato in amarico le canzoni della sua infanzia e della sua adolescenza, e, come la voce si e' fatta romanzo, il romanzo si e' fatto musica. Pero': non chiudiamo tutto questo raccontare in scrittura, in voce, in musica, dentro l'etichetta dell'esotismo postcolonialista o della sola letteratura migrante. Sarebbe un modo non solo per relegarla in uno stato di seconda classe, ma soprattutto per allontanarla dalle correnti riconosciute della nostra cultura. E invece questi libri e questi racconti sono noi, l'Italia non ha senso se non li sentiamo nostri. La cosa piu' eccitante di questi tempi, e la cosa di cui hanno piu' paura i giovani alemanniani e bossiani di tutta Italia, e' che l'idea stessa di che cosa significa essere italiani ci sta cambiando fa le mani. Il libro di Gabriella Ghermandi, come quelli di Cristina Ali Farah, Igiaba Scego, Ingy Mubiayi ci fanno capire che cosa diventa e che cosa e' stata l'Italia, e per questo, non solo perche' scrivono in italiano, sono letteratura italiana contemporanea a pieno titolo. Non un altro con cui confrontarci, ma un noi in cui ci specchiamo. L'Italia e' fatta delle cose di cui ci raccontano: della nostra storia coloniale, delle migrazioni, delle discriminazioni, degli incontri, di che cosa vuol dire essere donne ed essere giovani in questo affaticato paese, dei mescolamenti di lingue e di voci. Per questo e' bello che insieme con Gabriella Ghermandi e con Gabin Dabire', a San Giovanni in Persiceto, ci sia Stefano Benni, come a Roma e' stato Ascanio Celestini. Come lei, sono tutti e due straordinari ascoltatori che hanno imparato a farsi straordinari narratori, in scrittura, a voce, in scena, in poesia. Benni e Celestini, insieme con Gabriella Ghermandi e Gabin Dabire', ci insegnano che l'oralita', la voce, l'ascolto, la musicalita' non sono tratti atavici di esotiche culture lontane. Sono essenza del nostro quotidiano, una scelta di cultura, di conoscenza, una fonte di piacere a portata di mano, e, in ultima analisi e in tempi lunghi, anche una scelta politica. * Postilla. Linguaggio orale scritto e cantato Gabriella Ghermandi, scrittrice e narratrice italo-etiope, e' nata ad Addis Abeba nel 1965, e si e' trasferita in Italia nel 1979. Da parecchi anni vive a Bologna, citta' originaria del padre. Il suo primo romanzo e' Regina di fiori e di perle (Donzelli), da cui ha tratto lo spettacolo da lei stessa interpretato, con musiche del musicista burkinabe' Gabin Dabire' e la speciale partecipazione di Stefano Benni. L'evento, gratuito, andra' in scena martedi' 6, ore 21, al teatro comunale di S. Giovanni in Persiceto (Bo), Corso Italia 72 (tel 051825022). 3. LIBRI. NADIA FUSINI: NEL MITO DI ISIDE [Dal quotidiano "La Repubblica" del 23 luglio 2003 col titolo e il sommario "Nel mito di Iside e della trasgressione. Perche' la divinita' femminile si impose su tutte le altre. Ecco la dea che sarebbe piaciuta a Hollywood. Nell'enfasi regale sposo' il fratello Osiride. Il ritratto che ne fece Apuleio nelle Metamorfosi. Un libro dedicato alla religione dei misteri la racconta nelle diverse epoche. Dal mondo egizio all'antica Grecia, ai romani per giungere fino al '900 di Musil- Una figura femminile tragica e moderna le cui gesta ci affascinano". Nadia Fusini, nata ad Orbetello nel 1946, acuta intellettuale, fine saggista, narratrice, traduttrice e curatrice di edizioni di classici, docente universitaria (laureata in lettere e filosofia all'Universita' La Sapienza di Roma nel luglio 1972 con Agostino Lombardo e Giorgio Melchiori con una tesi sul tema dell'iniziazione nella letteratura del Novecento; dopo un periodo di studi nel campo della letteratura americana negli Stati Uniti presso le universita' di Ann Arbor e di Harvard, ha studiato Shakespeare e il teatro elisabettiano presso lo Shakespeare Institute di Birmingham, in Gran Bretagna; e' stata nel 1978-'82 professore incaricato di lingua e letteratura inglese all'Universita' di Bari e dal 1982 ha la cattedra di lingua e letteratura inglese all'Universita' La Sapienza di Roma; dal 2000-2001 insegna, oltre letteratura inglese, critica shakespeariana), e' impegnata nelle esperienze del movimento delle donne. Opere di Nadia Fusini: segnaliamo particolarmente (a cura di, con Mariella Gramaglia), La poesia femminista, Savelli, Roma 1974; La passione dell'origine. Studi sul tragico shakespeariano e il romanzesco moderno, Dedalo, Bari 1981; Pensieri di pace e di guerra, Centro Virginia Woolf, Roma 1984; Nomi. Dieci scritture femminili, Feltrinelli, Milano 1986, nuova edizione Donzelli, Roma 1996; Due. La passione del legame di Kafka, Feltrinelli, Milano 1988; La luminosa. Genealogia di Fedra, Feltrinelli, Milano 1990; B e B. Beckett e Bacon, Garzanti, Milano 1994; La bocca piu' di tutto mi piaceva, Donzelli, Roma 1996; Due volte la stessa carezza, Bompiani, Milano 1997; Uomini e donne. Una fratellanza inquieta, Donzelli, Roma 1996; Il figlio negato, Mondadori, Milano; L'amor vile, Mondadori, Milano 1999; Lo specchio di Elisabetta, Mondadori, Milano 2001; I volti dell'amore, Mondadori, Milano 2003; La bocca piu' di tutto mi piaceva, Mondadori, Milano 2004; Possiedo la mia anima. Il segreto di Virginia Woolf, Mondadori, Milano 2006. Ha curato traduzioni e edizioni, tra gli altri, di testi di Mary Shelley, Keats, Ford, Shakespeare, Wallace, Virginia Woolf (di cui ha curato l'edizione delle opere nei Meridiani Mondadori)] Il mondo del mito e' per me un mondo materno, antico e confuso. Ha il tono leggendario della parola materna; in senso letterale, intendo. Mia madre racconta cosi' del suo passato, in modo leggendario; vertigini del tempo si aprono nelle sue storie che mi lasciano come di fronte al mistero ammutolita. Se rimango stordita e' perche' non capisco se e' proprio vero quello che racconta e tra le varie versioni dello stesso episodio non so mai a quale credere, se a quella che vuole che la bisnonna materna fosse fuggita dalle montagne tra Sansepolcro e Arezzo con un artista del circo, o se invece era la sorella della bisnonna e l'amante non era un acrobata, no, era il padrone del circo... E la nonna paterna, o la bisnonna, lei era russa, ma com'era finita in Maremma? Migrazioni di popoli? O di simboli? Pure fantasie? E perche' proprio quelle? Di una cosa pero' sono certa riguardo a mia madre: c'e' un contenuto di verita' nei suoi racconti, e se non coincide con il loro contenuto di realta', questo fatto li rende semmai piu' intriganti. Non accade la stessa cosa coi personaggi del mito? Il racconto mitico non e' in effetti ne' meno ombroso, ne' meno confuso. Prendete ad esempio la figura di Iside, le sue storie, o leggende: secondo alcuni Iside e' figlia di Ermes, secondo altri e' figlia di Prometeo. C'e' chi la identifica con Cerere. Altri ancora sostengono che Osiride e Iside sono figli di Zeus e Era, dei che appartengono a una specie di seconda repubblica, posteriore a quel rimodernamento del cielo che fu opera di Crono. In certe tradizioni, per la molteplicita' dei suoi poteri, Iside e' chiamata myrionima, e tra i molti nomi il primo e' quello di Demetra. Ma e' anche chiamata Core-Persefone-Proserpina. In uno dei quattro inni incisi sui pilastri ai lati dell'ingresso del santuario di Iside a Madinet Madi nel Faiyum la si definisce "inventrice di ogni vita". O "Iside salvatrice". In molte leggende la si paragona a Io. Tra gli animali la vacca le e' sacra, e quindi intoccabile e percio' esclusa dal sacrificio. Alla dea si offrono piuttosto buoi. O tori e cervi. Ama la pecora, e percio' non si veste di lana: l'Iside di Nemi possedeva una vera e propria parure in puro lino: tunica e mantello, stola; la cintura era d'oro... Il mistero di Iside lo racconta in modo mirabile il secondo volume sulle Religioni dei Misteri che la Fondazione Valla ha mandato alle stampe a cura di Paolo Scarpi (pp. XLVII-616, euro 27). Nel primo (recensito su queste pagine da Salvatore Settis) la raccolta di testi, amplissima, e unica al mondo, delle religioni dei misteri riguardava Eleusi, il dionisismo, l'orfismo. In questo volume Paolo Scarpi, con la collaborazione di Benedetta Rossignoli, raccoglie quanto c'e' di conosciuto sui misteri di Samotracia e di Andania e sui misteri di epoca ellenistica e romana: Iside, Cibele e Attis, e il mitraismo. Ci muoviamo prima per mare, in quello che si chiama oggi Mar di Tracia, approdando in un'isola, al di la' della quale per i Greci cominciava la barbarie. E' un'isola straniera, con un'oscura lingua rituale, e dei oscuri, che Erodoto chiamava Cabiri, che significherebbe "grandi"; il culto dei quali dei prevedeva la forma dell'iniziazione e della contemplazione, come a Eleusi. Poi ci ritroviamo in una piccola citta' della Messenia, nel cuore del Peloponneso, ad Andania. Con Iside dall'Egitto ci apriamo all'immenso mondo imperiale romano, perche' i misteri di Iside ebbero una spettacolare fortuna, trasportando l'icona della dea a una fama hollywoodiana. E' in questa sezione dedicata a Iside (curata in modo impeccabile da Benedetta Rossignoli) che mi sono attardata condotta con mano ferma dall'eccellente studiosa. E cosi' ho appreso che in origine, all'epoca dei faraoni, i rituali che vedevano come protagonisti Iside e Osiride erano legati al processo di successione dinastica. Si accompagnava cosi' il trapasso nell'Aldila' del faraone e insieme si celebrava l'insediamento del nuovo signore d'Egitto. In origine, al centro del mito e del rito c'era il mistero del potere, e della vita e della morte e della sopravvivenza del potente. In altri termini, affinche' con il terremoto della morte non vacillassero le fondamenta stesse della vita si immagino' una storia che vedeva in Iside la sorella - prima che la sposa di Osiride - la quale Iside sposando Osiride lo elevava al trono. Osiride, pero', veniva ucciso dal fratello, che a sua volta veniva ucciso dal figlio di Iside e Osiride... L'enfasi sulla consanguineita' era centrale nella teologia regale; si risolveva cosi', con il genos, il problema del passaggio; passaggio di potere, passaggio dalla vita alla morte. Fu Tolomeo I a rivitalizzare il culto della divina coppia fraterna Iside-Osiride, al fine di ristabilire un nesso di continuita' ideale tra le pratiche cultuali della tradizione faraonica e la politica dinastica dei Tolomei: il matrimonio tra Tolomeo II e la sorella Arsinoe, celebrato da Teocrito nell'Idillio 17, ne e' esempio. Negli atteggiamenti esteriori e nell'esercizio del potere, Arsinoe anticipa le regine Cleopatra II e III, fino all'ultima discendente dei Lagidi, Cleopatra VII; rispetto a loro i detentori del potere di sesso maschile sono pallide controfigure. Cleopatra VII (tanto per intenderci, quella shakespeariana) vantera' la memoria di una discendenza diretta dalla prima sovrana d'Egitto, vale a dire Iside. L'elemento fondamentale del rito di passaggio non sparisce nelle trasformazioni posteriori; rimane anzi fortemente impresso nelle successive riprese del mito, mentre lo sviluppo del corpus dottrinario religioso che si compie in eta' ellenistica e' frutto del rimodellamento che trova la sua espressione piu' completa nell'esperienza narrata da Apuleio nell'undicesimo libro delle Metamorfosi. Per Apuleio Iside Regina e' soprattutto madre, soccorritrice; con tale titolo la invocano gli iniziati ai suoi misteri. E per tali accenti col tempo la pratica cultuale dedicata alla dea subira' una evoluzione in senso cristiano: il suo ruolo di madre in eta' tardo-antica e' avvertito come anticipazione delle prerogative fondamentali della figura mariana. Frequente in eta' ellenistico-romana sara' la raffigurazione della dea in trono che allatta Oro e proprio questo tipo iconografico produrra' una forma di sincretismo cultuale tra Iside e Maria. E', ripeto, in Apuleio - nel piu' bel romanzo dell'antichita' che porta la sua firma: le Metamorfosi o L'asino d'oro - che si documenta appieno la tendenza universalistica che il culto isaico ha ormai assunto, a testimonianza del processo di assimilazione e sovrapposizione intercorso tra Iside e le diverse figure femminili del mondo mediterraneo. Iside e' la dea panthea, assimilata e sovrapposta per identita' di funzioni e per sfere di competenza ad altre divinita' femminili variamente distribuite nel panorama geografico antico dalla Grande Madre frigia di Pessinunte a Ecate, passando per Persefone e Demetra. Nello stesso tempo rimane numen unicum, superiore alle altre dee. Il vero nome di questa grande divinita' e' Iside regina, e con tale nome Lucio prega l'essenza divina della realta' tutta al termine della sua metamorfosi; si', proprio lei, la sorella e sposa del re Osiride, sulla quale in origine si fondava il principio della regalita' egiziana, ora e' soprattutto madre. Madre della realta': "Io degli dei e delle dee rappresento l'aspetto uniforme e col mio cenno governo i culmini radiosi del cielo, i salubri venti del mare, i silenzi carichi di pianto degli Inferi" - cosi' parla Iside, in Apuleio. Via via leggendo le testimonianze raccolte con acribia da Benedetta Rossignoli si ha la conferma dell'indeterminazione, dell'inafferrabilita', dell'evanescenza dei misteri. E' qui che i misteri somigliano ai racconti di mia madre. La tradizione, v'e' chi ha detto, e' anche e soprattutto tradimento, e sullo sfondo dei misteri di Iside chi abbia l'orecchio iniziato non puo' non avvertire l'affiorare di un fraintendimento greco e poi greco-romano dei complessi mitico-rituali altri, stranieri; e straniero e' l'Egitto. Per non parlare del fraintendimento degli autori cristiani. Ed e' qui che io - educata come sono a pensare che la vera natura di qualcosa coesiste con la sua propria origine, si' che per conoscerne l'essenza si deve riandare alla sua origine; fervida credente nel legame tra Wesen e Ursprung - mi sono detta: ma qual e' il gesto di Iside, in origine? Quale il gesto - anzi, l'azione vera e propria, l'atto drammatico che le e' proprio? Iside era la sorella di Osiride e sua sposa. Alla morte di Osiride, per mano del suo Caino, che cosa fa Iside? Vaga alla ricerca del cadavere del fratello-sposo. La sua ricerca straziante fa dire a Erodoto: "Iside nella lingua greca e' Demetra". Cosi' Erodoto coglie la somiglianza dell'azione tra le due figure, Demetra in cerca della figlia, Iside del fratello. Ma Iside somiglia a Demetra, quanto somiglia ad Antigone. O se somiglia alla madre, e' perche' della madre, ma in quanto sorella e sposa, ripete quel gesto fondante dell'identita' della creatura vivente che e' la restituzione del corps morcele' all'intero dell'immagine. Atto che secondo Lacan pertiene allo sguardo materno in quella "fase dello specchio" assolutamente centrale allo sviluppo umano. A ognuno dei pezzi del corps morcele' di Osiride Iside diede sepoltura, moltiplicando cenotafi sul corpo del mondo: questo il suo gesto salvifico. Iside raccoglie il corpo spezzettato del fratello-sposo. "L'unico resto di Osiride che Iside non trovo' fu il suo membro virile; era stato, infatti, immediatamente gettato nel fiume e mangiato dal lepidoto, dal fagro e dall'ossirinco, che tra i pesci sono, per gli Egiziani, le creature piu' aborrite. Ma Iside fece una riproduzione in sostituzione dell'organo genitale e consacro' il fallo, e in suo onore gli Egiziani celebrano ancora oggi una festa", racconta Plutarco. E' interessante allora osservare come questo "tipo-femmina" (per riprendere un'espressione della sapiente Lou Andreas-Salome', donna particolarmente versata nella conoscenza dei misteri femminili), il tipo, cioe', della "sorella-sposa" venga progressivamente oscurato dal tipo "materno", la sposa che si fa madre e in quanto madre protegge, conserva, raccoglie. E non a caso proprio Lou Andreas-Salome' (lei che si volle sorella e sposa degli uomini che amo', tra gli altri Nietzsche) in un suo scritto che usci' nel 1914 su "Imago" col titolo Zum Typus Weib, accenna a un "narciso femminile" che si realizzerebbe per certe donne nell'amore fraterno, o sororale per l'uomo. Iside, mi chiedo, non potrebbe essere il "tipo" di questo amore fraterno incestuoso? Di questo amore potrei fare vari esempi d'epoca moderna. Giovanni e Annabella in Peccato che fosse puttana di John Ford e' il primo che mi viene in mente. Siamo in Inghilterra in epoca post-shakespeariana, e per un drammaturgo non e' facile sopravvivere; sopravvivere, intendo, alla morte di Shakespeare. E cosa fa Ford? Volendo raccontare la storia di un amore impossibile, non scrive la patetica storia di Romeo e Giulietta, divisi per via dell'odio familiare. Scrive, invece, la cruenta tragedia di due giovani che si amano e congiungono nel piu' tabuico degli amori, perche' sono fratello e sorella. E sapete come si discolpa il libertino Giovanni? Dice che proprio perche' sono fratello e sorella si devono amare, cosi' e' stato deciso nel grembo materno. Pare di sentire Plutarco - che dopo tutto era conosciuto in Inghilterra - quando afferma: "Iside e Osiride, da parte loro, si amavano e la loro unione si compi' prima ancora della nascita, nel buio del ventre materno". Un altro esempio e' la coppia Tom e Maggie de Il mulino sulla Floss. Siamo nell'Ottocento e la colta, coltissima George Eliot - donna emancipata quante altre mai ai tempi - con tutte le storie che si puo' inventare, che cosa va a raccontare? L'amore incestuoso, con tragico annegamento, di un fratello e una sorella, la quale muore per salvare il fratello che muore con lei. Ne' meno interessante e' osservare che tipo di miti (nel senso proprio di storie, di trame) vanno a cercare nel Novecento uomini alla ricerca dell'"altro stato", uomini votati al "possibile" - uomini come Musil, voglio dire. Il racconto umano quasi sempre prevede padri e figli, come insegnano Aristotele e Freud, ma se ci sono com'e' naturale padri e figli in Kakania, nell'uomo senza qualita' i figli non combattono i padri. Anzi, Ulrich proclama il proprio amore per il padre. Non ha gelosia. E' Oreste. E va a cercare la sua Elettra, che si chiama Agathe. Ma la faccia nascosta di Oreste e' quella di Narciso. Oreste e' preoccupato di ritrovare la sorella maggiore Elettra e di unirsi a lei, come Narciso alla propria immagine. Narciso non vuole ne' uccidere suo padre, ne' giacere con sua madre, vuole non essere figlio di nessuno, essere solo con se stesso, costituire la propria origine. Cioe' a dire, in epoca moderna, la legge della coppia incestuosa e' mortifera. Sterile. Piu' si avvicinano, piu' il fratello e la sorella si ritrovano soli. Il frutto della fraternita' e' il vuoto, la solitudine. Mentre l'unione di Iside e Osiride era fruttuosa. Ma a quei tempi e in quei luoghi, come racconta Diodoro Siculo: "La legislazione contemplava il matrimonio tra fratelli per il successo ottenuto da Iside; costei, infatti, sposo' il fratello Osiride e dopo la sua morte fece voto con un giuramento di non accettare altra unione coniugale, vendico' l'assassinio del compagno e regno' trascorrendo il resto della sua vita nel piu' assoluto rispetto delle leggi, divenendo motivo dei piu' grandi e numerosi benefici per tutti gli uomini". Chissa' se era l'Egitto il nuovo regno che Ulrich e Agathe volevano fondare? ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 183 del 15 maggio 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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