Minime. 457



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 457 del 16 maggio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Maria G. Di Rienzo: Per Lorena
2. La guerra continua
3. Alessandra Marozza: Il 10 maggio, giornata mondiale del commercio equo,
un incontro a Ladispoli
4. Marina Forti: I Navajo contro nuove miniere d'uranio
5. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
6. Edda Melon: Bessora e Veronique Tadjo
7. Caterina Ricciardi presenta "La quarta moglie" di Alissa York
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: PER LORENA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento.
Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio;
prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice,
regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche
storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Con Michele Boato e Mao
Valpiana ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come
donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?"  da cui e' scaturita
l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di
donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Tra le opere
di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti,
Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza
velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli
2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e'
in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81]

Il 17 maggio si manifesta a Verona ricordando il recente assassinio di
Nicola Tommasoli. La mia casella di posta elettronica e' piena di messaggi
che me lo ricordano.
Per Lorena Cultraro, quattordicenne uccisa, bruciata, gettata in un pozzo,
non mi arriveranno comunicati e inviti. Non ci sara' una manifestazione
nazionale per Lorena promossa dai partiti della sinistra. Nessuno scrivera'
un appello dal titolo "Lorena siamo tutti noi". Nessuno si sentira'
fieramente antifascista e percio' orripilato per la sorte di Lorena. E
infatti che c'entra?
Ci sono troppi fattori diversi. I tre assassini sono minorenni, hanno alle
spalle famiglie da tutelare, e poi esprimevano a loro modo dei bisogni, e
c'e' da fare il conto con la loro "diversa" cultura, no?
Hanno pianificato l'omicidio, hanno pianificato l'occultamento del cadavere,
ma erano evidentemente in preda a raptus: "abbiamo perso la testa", hanno
dichiarato. E poi, maggior differenza di tutte, il cadavere di Niscemi e' di
sesso femminile. Quindi, come ben dicono le tacche sui calci delle pistole
di John Wayne, sono cadaveri che "don't count", le donne non si contano,
valgono meno e tutti sappiamo che valgono meno, percio' a che pro agitarsi
tanto? Sara' stata consenziente. Un po' se l'e' voluta. Non avrebbe
dovuto... (e qui metteteci quel che vi pare: uscire da sola, innamorarsi,
avere amici). E' colpa sua.
Percio' i tre fascistelli assassini, che tali sono perche' imbevuti di
ideologia patriarcale, non riceveranno le manifestazioni di sdegno di nessun
eminente politico e gli opinionisti sdottoreranno di psicologia e pulsioni,
e qualche testa di rapa proporra' ancora che le femmine escano di casa
indossando un collare da cane (al polso) con messaggino d'aiuto incorporato,
o che non dimentichino lo spray al peperoncino, o che si impegnino in corsi
d'autodifesa i quali insegnano come si cacciano le dita negli occhi ad un
altro essere umano, ma niente sul tuo valore e sulla stima che fai di te
stessa. E meno che mai su cosa fare quando ami il tuo assassino.
La prossima Lorena ricevera' tutti questi messaggi: che la morte della sua
coetanea non conta nulla per nessuno, che quindi gli adulti sono ancora piu'
falsi e ipocriti di quanto pensava e non si puo' assolutamente contare su di
loro quando si e' nei guai; che le donne sono vittime predestinate e se
manifestano segni di indipendenza e intraprendenza devono essere severamente
punite; che la sessualita', per le donne, e' morte. Poi la prossima Lorena
verra' assassinata, ed io leggero' a commento eruditi articoli sugli effetti
dei videogiochi sulla psiche giovanile. Le mani dei "piccoli" omicidi
verranno impunemente armate di nuovo, e di nuovo, dall'indifferenza, dalla
misoginia e dal machismo. Ma alla sinistra i "femminicidi" interessano,
quando interessano, solo se si danno a Ciudad Juarez. E alla destra solo se
gli assassini sono romeni.

2. LE ULTIME COSE. LA GUERRA CONTINUA

In Afghanistan la guerra continua. La guerra che e' sempre assassina. La
guerra che ogni giorno miete vittime. La guerra terrorista e stragista.
La guerra cui l'Italia sta partecipando illegalmente, criminalmente, per
reiterata volonta' e reiterati voti di un ceto politico criminale.
La guerra cui l'Italia sta partecipando in violazione del diritto
internazionale e della legalita' costituzionale.
La guerra assassina.
La guerra continua.
*
Cessi immediatamente la partecipazione militare italiana alla guerra in
Afghanistan.
Si adoperi l'Italia per la pace nell'unico modo in cui per la pace si opera:
con mezzi di pace. Con la smilitarizzazione dei conflitti. Con il disarmo.
Con l'impegno umanitario, diplomatico, politico, con l'impegno inteso a
salvare le vite umane invece di devastarle e sopprimerle.
La guerra e' nemica dell'umanita'. Opporsi alla guerra e' il primo dovere.

3. RIFLESSIONE. ALESSANDRA MAROZZA: IL 10 MAGGIO, GIORNATA MONDIALE DEL
COMMERCIO EQUO, UN INCONTRO A LADISPOLI
[Ringraziamo le amiche e gli amici della bottega "Il fiore" di Ladispoli
(per contatti: via delle dalie 11, Ladispoli, tel. e fax: 069913657 e-mail:
ilfiore at interfree.it, sito: www.ilfioreequo.it) per averci messo a
disposizione il seguente articolo scritto da Alessandra Marozza, una amica
della Bottega del commercio equo e solidale "Il fiore", per un periodico
locale]

Nell'ambito del ciclo di conferenze "Da consumatore dormiente a
consumattore", per essere protagonisti e consapevoli nelle scelte
quotidiane, promosso dalla Bottega del mondo "Il fiore", sabato 10 maggio a
Ladispoli, nella giornata mondiale del commercio equo, c'e' stato l'incontro
"Per la riduzione del trasporto aereo" con la dottoressa Antonella Litta e
Peppe Sini del comitato "Coi piedi per terra" di Viterbo. Tale comitato si
oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto
aereo.
Infatti, ci e' stato spiegato, il trasporto aereo contribuisce per il 10%
alle emissioni totali di CO2 e quindi contribuisce in modo determinante al
surriscaldamento climatico. L'anidride carbonica insieme ad altri gas
dannosi e polveri e micropolveri prodotti durante la fase di volo sono
rilasciati direttamente negli strati piu' alti della troposfera ed in quelli
piu' bassi della stratosfera alterando di fatto la naturale composizione
dell'atmosfera.
Le direttive europee, il trattato di Kyoto, l'Onu, la comunita' scientifica
internazionale, il buonsenso, chiedono ed impongono una drastica riduzione
delle emissioni di anidride carbonica e quindi e' veramente illogico
continuare ad incrementare forme di trasporto come quello aereo, sia perche'
inquinanti (inquinamento dell'aria, del suolo, inquinamento acustico ed
elettromagnetico delle aeree aeroportuali), sia a causa del prossimo
esaurirsi del petrolio e quindi del cherosene.
E' necessario quindi ridurre il trasporto aereo perche' sono i popoli piu'
poveri della terra a pagare per il privilegio di pochi di viaggiare e per il
profitto delle compagnie aeree.
Le alterazioni del clima infatti fanno danni soprattutto nei paesi del terzo
mondo, come ha denunciato anche il premio Nobel per la pace, Wangari
Maathai; paesi dove siccita' o uragani prodotti dal surriscaldamento del
clima, distruggono con violenza inaudita citta', villaggi, economie e le
vite di migliaia di esseri umani, generando flussi migratori sempre piu'
intensi.
*
Interessante che tale incontro sia capitato proprio nella giornata mondiale
del commercio equo. In tale giorno, le organizzazioni equosolidali di tutto
il pianeta hanno celebrato la Giornata mondiale del commercio equo, e
l'International Fair Trade Association, che associa oltre 300 organizzazioni
equosolidali in piu' di 70 Paesi del mondo, ha lanciato, insieme a tutto il
movimento, la propria sfida contro il riscaldamento globale dell'atmosfera.
Le comunita' piu' povere e marginalizzate di tutto il mondo, dalle quali
proviene la maggioranza dei produttori equosolidali, hanno l'impronta
ecologica piu' leggera sul pianeta perche' consumano meno di tutti. Hanno
per di piu' un accesso limitatissimo ai benefici della globalizzazione
mentre regole commerciali ingiuste sottraggono loro risorse e prodotti al
minimo costo impedendogli, al tempo stesso, di costruire mercati locali
autonomi e sostenibili. Esse pero' per di piu' subiscono piu' duramente gli
impatti diretti della crisi ambientale generale e del riscaldamento
atmosferico. Uragani, innalzamento del livello del mare, inondazioni e
siccita' mietono vittime innanzitutto tra i piu' poveri: le alluvioni del
2007, ad esempio, hanno colpito piu' di 250 milioni di persone in Asia
meridionale, Africa e Messico.
Ecco che, in quest'ottica, e' sensato che una bottega di commercio equo si
adoperi in difesa del diritto alla salute, in difesa dei beni ambientali e
culturali, per valorizzare e non devastare le risorse e le vocazioni
produttive del territorio, per una mobilita' adeguata e sostenibile, per un
modello di sviluppo al servizio delle persone, per la legalita' e la
democrazia, per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della biosfera,
e quindi voglia anche dire la verita' sugli aeroporti, i loro effetti
gravemente nocivi, e quindi ribadisca un chiaro no a un devastante
mega-aeroporto, ne' a Viterbo ne' altrove, e s'impegni per la riduzione del
trasporto aereo.
Interessante anche la conclusione dell'incontro, in cui si sono fatte delle
considerazioni sul significato del vero viaggio, quello insofferente alle
mode ed ai ritmi frenetici degli aeroporti, dove il viaggio stesso diventa
parte integrante della vacanza e viaggiare diventa anche sostare.
Si sono ricordati i veri  viaggi, i viaggi del passato, anche alcuni famosi
come quello in Italia di  Goethe, il quale viaggio doveva durare alcuni mesi
ma, alla fine, duro' quasi due anni. Il suo non fu un viaggio in Italia come
purtroppo siamo abituati a  pensare noi assuefatti dalle agenzie e dalla
compagnie del turismo, ma fu una vita in Italia, e piu' si fermo', piu' si
rilasso', piu' comincio' ad interessarsi anche della vita italiana. Goethe
cambio' (e dopo ogni vero viaggio ci si dovrebbe sentire cambiati) e lo si
puo' notare perche', in quel periodo, oltre a dipingere continuamente
(porto' a casa circa mille disegni), ricomincio' a scrivere e a diventare
creativo. Il suo diario e' non tanto una descrizione del paese ma piuttosto
una descrizione delle impressioni che riceveva dal paese e dalla gente,
mescolata con riflessioni su arte, cultura e letteratura.
Il viaggio dovrebbe  essere quindi un elogio della pausa, contro il logorio
del viaggiatore moderno, fra le contraddizioni geografiche, oltre che
sociali, in fuga dai turisti degli aerei e dei luoghi esotici a tutti i
costi.
Dovremmo riscoprire il turismo di vicinato, specie noi che viviamo
nell'Alto Lazio e siamo ricchi di immensi patrimoni naturalistici, storici e
archeologici che il turismo di massa sta distruggendo.
Pensate che a Viterbo stesso l'aeroporto distruggera' le terme libere di
Viterbo tra cui il Bullicame, che sono quelle da Dante ricordate nella
Divina Commedia nel canto XIV dell'Inferno!
Ecco perche', in risposta, il comitato ha organizzato per il 25 maggio
pomeriggio a Viterbo una passeggiata (con tanto di bruschetta!) in tutti i
luoghi d'interesse storico, artistico e naturalistico che l'aeroporto
devasterebbe (per ulteriori informazioni consultare il sito
www.coipiediperterra.org e quello www.ilfioreequo.it).
La passeggiata sara' vissuta ovviamente a misura d'uomo, come ogni viaggio
merita e come ci ricorda il poeta spagnolo Antonio Machado Ruiz:
"Caminante, son tus huellas
el camino y nada mas;
caminante, no hay camino,
se hace camino al andar".
Ovvero:
"Viandante, sono le tue orme
il cammino e niente di piu';
Viandante, non c'e' una strada,
la si costruisce camminando".

4. MONDO. MARINA FORTI: I NAVAJO CONTRO NUOVE MINIERE D'URANIO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 30 aprile 2008, col titolo "La battaglia
dei Navajo contro l'uranio".
Marina Forti, giornalista e saggista particolarmente attenta ai temi
dell'ambiente, dei diritti umani, del sud del mondo, della globalizzazione,
scrive per il quotidiano "Il manifesto" acuti articoli e reportages sui temi
dell'ecologia globale e delle lotte delle persone e dei popoli del sud del
mondo per sopravvivere e far sopravvivere il mondo e l'umanita' intera.
Opere di Marina Forti: La signora di Narmada. Le lotte degli sfollati
ambientali nel Sud del mondo, Feltrinelli, Milano 2004]

Le tribu' Navajos portano in tribunale la Nuclear Regulatory Commission
(Nrc, ente di regolamentazione nucleare) degli Stati uniti. E' la prima
volta che succede, e gia' questo e' significativo. L'oggetto del contendere
sono alcune nuove miniere di uranio: le comunita' native Navajos di
Crownpoint e di Church Rock, nello stato del New Mexico, hanno fatto ricorso
contro la Nrc per averne autorizzato l'apertura di nuove a Church Rock, nel
loro territorio.
L'azione legale e' iniziata l'anno scorso e il prossimo 12 maggio ci sara'
la prima udienza in tribunale, riferisce un dispaccio del notiziario
ambientale Environmental News Service. A nome delle due comunita', gli
avvocati del Centro per la legislazione ambientale (Environmental Law
center) del New Mexico illustreranno le ragioni del ricorso a una giuria
della Corte d'appello di Denver (Colorado). E' un'occasione importante,
commenta Eric Jantz, il legale delegato a sostenere le ragioni dei Navajos:
"Stiamo parlando della terra, acqua, aria e salute di due intere comunita'.
Persone che fanno pascolare le mandrie ed estraggono l'acqua potabile da
questa terra".
In tribunale, oltre all'ente regolatore, ci saranno i rappresentanti
dell'azienda mineraria che ha ottenuto la contestata licenza: Hydro
Resources, sussidiaria della Uranium Resources di Dallas (Texas). Questa ha
proposto quattro nuove miniere, a Church Rock (dove gia' e' stato estratto
parecchio uranio) e a Crownpoint, dove invece non c'e' mai stata attivita'
mineraria e l'ambiente e' ancora pulito. La Nrc ha autorizzato tutti quattro
i nuovi siti nel maggio 2006, nonostante - argomentano gli avvocati delle
comunita' native - che la nazione Navajo avesse gia' da tempo decretato un
bando sull'estrazione di uranio nel suo territorio.
La Nrc sostiene che il livello di radiazioni suscitato dalle nuove
operazioni sara' "una frazione" dei limiti regolamentari e le nuove miniere
non comporteranno nessun danno per la salute e sicurezza pubblica. E questo
perche' le nuove miniere useranno la tecnica di "lavare" il minerale di
uranio in situ, la tecnologia detta Isl (in situ leach): "Un'alternativa
accettabile e sicura ai tradizionali metodi di estrazione dell'uranio",
dicono i vertici della compagnia. In effetti la nuova tecnologia non produce
scarti, al contrario dei metodi tradizionali: pero' contamina direttamente
la falda acquifera. "Dire che il lavaggio in situ e' benigno verso
l'ambiente e' ridicolo", contestano gli avvocati del New Mexico
Environmental Law Centre: per estrarre quell'uranio saranno
"intenzionalmente contaminate le falde acquifere usate per l'acqua
potabile".
La protesta e' guidata dal gruppo Easter Navajo Dine Against Uranium Mining,
gruppo che si batte da tempo contro le miniere di uranio. Il fatto e' che il
territorio riconosciuto come Nazione Navajo e' situato su una formazione
geologica ricca di minerali radioattivi, tra cui l'uranio. Fin dagli anni
'40 centinaia di miniere di uranio sono state aperte su quei territori, con
l'accordo della Navajo Nation; ne sono stati estratti tra il 1944 e l'86
quasi 4 milioni di tonnellate di uranio per l'industria della difesa e
dell'energia. Alla nazione Navajo ne sono rimasti in eredita' 520 siti di
miniere dismesse, quattro siti di lavorazione dell'uranio abbandonati, una
discarica, falde acquifere contaminate. L'Epa, ente ambientale dello stato,
ha constatato elevato rischio da radionuclidi in decine di falde da cui
attinge la popolazione, e in marzo ha pubblicato un piano d'azione
quinquennale su come bonificare le miniere abbandonate.
E' questa disastrosa eredita' che ha spinto la nazione Navajo nel 2005 a
dichiarare il bando sulle miniere di uranio - e che ora spinge le comunita'
di Crownpoint e di Church Rock a combattere in tribunale contro la
prospettiva di nuove miniere.

5. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per
molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per
la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza.
Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del
commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di'
chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

6. LIBRI. EDDA MELON: BESSORA E VERONIQUE TADJO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 maggio 2008, col titolo "Flashback
sull'Africa nel segno della perdita" e il sommario "Paralleli. Voci dalla
Parigi multietnica e antiche leggende nei libri di Bessora e Veronique
Tadjo".
Edda Melon, vive e lavora a Torino, dove insegna Letteratura francese
moderna e contemporanea all'Universita'. Aderisce al Cirsde (Centro
interdipartimentale di ricerca e studi delle donne) dell'Universita' di
Torino e alla Societa' Italiana delle Letterate. Tra il 1978 e il 1984 e'
stata cofondatrice delle edizioni La Rosa. Ha scritto rilevanti lavori su
Violette Leduc, Antonin Artaud e su Marguerite Duras, curando, con Ermanno
Pea, il volume Duras mon amour (Marcos, 1992); le sue ricerche sono
orientate su Otto e Novecento, si sono svolte sopratutto in ambito di
comparatistica, letteratura e psicanalisi, autobiografia, corrispondenze,
Women's Studies; ha collaborato a riviste quali "L'indice", "Leggere",
"Pulp". Ha tradotto Rousseau, Zola, i Goncourt, i dadaisti, Artaud, Duras,
Kristeva.
Bessora e' nata nel 1968 da madre svizzera e padre gabonese. Ha vissuto in
Africa e negli Stati Uniti prima di stabilirsi a Parigi, dove risiede. Per
l'insieme della sua opera, ha ricevuto nel 2008 il Grand Prix litteraire de
l'Afrique noire. Su Bessora dal sito di "El-Ghibli" riprendiamo la seguente
piu' ampia scheda: "Sandrine Bessora Nan Nguema, piu' nota col nome d'arte
di Bessora, che significa 'quella che condivide', e' nata in Belgio nel 1968
da padre gabonese e madre svizzera. Ha vissuto in Africa e negli Stati
Uniti, prima di venire a studiare in Europa. Dopo l'indirizzo commerciale in
Svizzera e l'impiego nel mondo delle finanze negli Stati Uniti, si e'
trasferita a Parigi, dove risiede tutt'ora, ha intrapreso studi di
antropologia e ha iniziato a scrivere. Le storie di Bessora, nella
tradizione burlesca di Alfred Jarry e di Raymond Queneau, sono provocatorie.
Il titolo del suo primo romanzo, 53 cm (Le Serpent a' Plumes, Paris 1999),
fa riferimento alla misura del fondoschiena della protagonista, una giovane
madre immigrata in Francia che cerca di ottenere il permesso di soggiorno,
nel contesto satirico di una societa' che ha perso il senso
dell'orientamento e si dimostra completamente sopraffatta dal problema
dell'integrazione degli immigrati. Nel suo secondo romanzo, Les Taches
d'encre (Le Serpent a' Plumes, Paris 2000. Prix Felix Feneon 2002), Bessora
continua la sua visitazione satirica del razzismo e non esita a dichiarare
il leggendario Frantz Fanon come uno dei propri padri spirituali. Bessora e'
anche autrice di Deux bebes et l'addition (Le Serpent a' Plumes, Paris,
2002), Courant d'air aux Galeries (Eden productions, Paris 2003) e Petroleum
(Denoel, Paris 2004)".
Su Veronique Tadjo dal quotidiano "Il manifesto" del 25 luglio 2007
riprendiamo la seguente scheda: "Nata a Parigi nel 1955 da madre francese e
padre ivoriano, Veronique Tadjo e' cresciuta ad Abidjan, in Costa d'Avorio.
Con la sua famiglia ha viaggiato molto fra Africa, Europa, Stati Uniti e
America latina. Dopo gli studi in Costa d'Avorio, si e' specializzata in
letteratura nordamericana alla Sorbonne, conseguendo un dottorato in studi
afro-americani. Pittrice e autrice di romanzi, libri di poesia e di numerosi
libri per ragazzi da lei illustrati, Veronique Tadjo ha insegnato per
diversi anni all'Universita' nazionale della Costa d'Avorio. Dopo alcuni
anni trascorsi in Kenya, la scrittrice attualmente vive in Sudafrica. In
Italia, per le edizioni Ilisso di Nuoro, e' uscito nel 2005 L'Ombra di
Imana. Viaggio al termine del Ruanda (Ilisso, pp. 107, euro 12) , al tempo
stesso reportage narrativo sul genocidio in Ruanda e amara riflessione sulla
violenza e la condizione umana. Per la casa editrice torinese Le Nuove Muse
e' invece da poco apparso Regina Poku (pp. 96, euro 12), che riscrive la
leggenda - conosciuta da tutti i ragazzi della Costa d'Avorio - della regina
Pokou che sacrifica il figlio gettandolo nel fiume Comoe' per salvare il suo
popolo. Edito da Giannino Stoppani e' invece Tamburi parlanti, un libro per
ragazzi di poesie africane illustrate. Fra le altre sue pubblicazioni, le
poesie di Laterite (Hatier, 1984), Le Royaume Aveugle (L'Harmattan, 1991), A
Vol d'Oiseau (L'Harmattan, 1992), Champs de Bataille et d'Amour (Presence
Africaine, 1999), A mi-chemin (l'Harmattan, 2000)"]

L'una arriva dall'Africa, l'altra da una Parigi per definizione multietnica,
e partecipano a Torino alla rassegna "Lingua Madre", dedicata alle
letterature della migrazione: Veronique Tadjo e Bessora, due autrici
francofone che, se non fosse per tale circostanza, non sarebbe forse il caso
di leggere a distanza cosi' ravvicinata, tanto le loro scritture e le loro
scelte appaiono differenti. Eppure.
*
Bessora (protagonista oggi di un incontro al Lingotto) e' nata nel 1968 in
Belgio da madre svizzera e padre gabonese, ha vissuto in Africa, negli Stati
Uniti e in Svizzera prima di stabilirsi a Parigi. Qui, cominciando a
scrivere, ha scelto di firmarsi con il secondo nome, Bessora appunto, che
significa in lingua fang "colei che condivide" ma anche "colei che taglia di
netto". Nel '99 pubblica il primo romanzo, Cinquantatre centimetri (Epoche'
2007), per il quale viene evocata la tradizione burlesca di Jarry e di
Queneau. Poi vari altri, e mentre lei abbandona i piccoli editori per
passare a Gallimard, in Italia esce, ancora per Epoche', Macchie
d'inchiostro (traduzione di Monica Martignoni, pp. 272, euro 15).
In questo intreccio di storie divertenti, che mescola diversi generi, dalla
sit-com al noir, spazi pubblicitari compresi, c'e' un tema di fondo, che e'
il meticciato, il colore della pelle, visto nel suo aspetto piu' concreto,
come frutto dell'unione amorosa o sessuale o predatoria o colonialista di
bianchi e neri. Non a caso Mariele, la giovane protagonista simpatica,
anglo-ruandese apolide, di professione veggente, legge un Trattato dei
colori e lo cita continuamente anche per smascherare il razzismo. Siamo in
una Parigi descritta minuziosamente in interni, con indirizzi precisi in
vari quartieri del centro, abitati da persone che provengono tutte da
altrove, e pochissimo in esterni, qualche giardinetto pubblico, le rive
della Senna. L'Africa e' presente in alcuni flash-back nel Congo-Kinshasa e
nel Ruanda, dove molte delle vicende prendono segretamente origine, anche
quelle della coppia antipatica costituita da Bianca e Bernie, proprio come
gli eroi dei cartoni. Bianca, ora tipica parigina medioborghese benpensante,
deve difendersi dalla sua fisionomia vagamente indocinese e dal nome
italiano: "No, non sono italiana. Non appartengo a una minoranza etnica,
gliel'ho detto". Perche' dietro un fuoco di fila di battute, giochi di
parole, avventure (la cui fruizione puo' continuare sul sito accattivante
dell'autrice), ci sono i problemi seri e c'e' anche, controllato ma forte,
il ricordo di una tragedia, il bambino di Mariele ucciso in Ruanda, nel '94,
insieme al padre.
*
Molto diverso appare il percorso di Veronique Tadjo (in scena a Torino
domani), nata nel '55 a Parigi da madre francese e padre ivoriano, e
cresciuta ad Abidjan, pur viaggiando molto con la famiglia, in giro per il
mondo. Ha insegnato all'universita' in Costa d'Avorio e, dopo aver vissuto
in diversi paesi africani, ora risiede a Johannesburg, e tesse quindi nuove
relazioni con la cultura anglofona. Si e' segnalata dapprima come magnifica
illustratrice di libri per ragazzi, poi come autrice di testi sempre per
ragazzi, passando a opere di diverso impegno che tiene a pubblicare in
Africa oltre che in Francia. L'invito a partecipare a una residenza di
scrittura con altri scrittori africani in Ruanda la porta alla stesura di
una narrazione, che attraverso le testimonianze dei sopravvissuti ripercorre
i siti del massacro e le prigioni dei condannati a morte o all'ergastolo
(L'ombra di Imana. Viaggio al termine del Ruanda, Ilisso 2005), seguita ora
da Regina Poku. Concerto per un sacrificio (traduzione di Liliana Bottero,
prefazione di Federica Cane Benedetto, Le Nuove Muse). Il libro riprende una
leggenda storica che e' alla base della fondazione della Costa d'Avorio e
che ha accompagnato l'infanzia di Veronique. Coinvolta in una guerra di
successione, Poku guida i suoi seguaci in fuga e, nel pericolo, accetta di
sacrificare agli dei il suo unico figlio gettandolo nelle acque del fiume
Comoe', episodio all'origine della nascita del popolo Baule', da ba-ou-li,
il bimbo e' morto. Raccontando a suo modo la storia, traducendola in una
scrittura precisa e poetica (che la versione italiana non tradisce),
l'autrice rovescia in tutte le direzioni l'enigma di questo olocausto
inaccettabile, con un duplice intento, da un lato restituire a un mito
inaridito la complessita' che poteva avere nella sua origine orale,
dall'altro richiamare per analogia la situazione senza sbocco dei giovani
ivoriani attuali, e quella degli africani piu' in generale.
*
Potremmo concludere dicendo che le due scrittrici rispecchiano bene la
lontananza tra gli autori che dall'estero scrivono sull'immigrazione
africana e quelli che tentano di parlare dell'Africa dall'interno. Ma c'e'
una coincidenza nei loro testi, un dettaglio veloce eppure centrale, che
riporto qui dalle traduzioni italiane. Regina Poku, p. 37: "Cosi' comincio'
l'esilio della regina. Esilio nel piu' profondo della sua anima, spezzata,
tormentata. Era orfana del bambino mentre lui aveva lasciato sul suo corpo i
segni della sua nascita: zebrature grottesche sul ventre, dove la pelle si
era strappata, come una stoffa troppo tirata". Macchie d'inchiostro, p. 127:
"All'improvviso scorge un reticolo di cicatrici marrone chiaro e madreperla
che solcano la parte sinistra dell'ombelico e formano un semicerchio. 'Dove
te lo sei fatto?'. 'Genocidio'. Azrael ritira bruscamente la mano. 'Come?'.
'Ho avuto un bambino'. Azrael cade nella vasca. 'Ma... quanti anni ha?
Dov'e'?'. 'Non ha anni, Azrael: e' morto'".

7. LIBRI. CATERINA RICCIARDI PRESENTA "LA QUARTA MOGLIE" DI ALISSA YORK
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 maggio 2008 col titolo "Scene crudeli
di caccia dal Far West americano" e il sommario "Il dramma del massacro di
Mountain Meadows perpetrato dai mormoni nel 1857 rivisitato nel romanzo La
quarta moglie della canadese Alissa York oggi a 'Lingua Madre'".
Caterina Ricciardi e' saggista e docente di lingue e letterature
angloamericane all'Universita' di Roma Tre; si e' occupata di modernismo
americano (Gertrude Stein, Djuna Barnes, F. Scott Fitzgerald, Wallace
Stevens, W. C. Williams, William Faulkner, Ezra Pound) e di
postcolonialismo. Opere di Caterina Ricciardi: The Lost generation, Liguori,
1978; Poesia canadese del Novecento, Liguori, 1986; Eikones. Ezra Pound e il
Rinascimento, Liguori, 1991; Northrop Frye o delle finzioni supreme,
Edizioni Empiria, 1992; (a cura di, con Valerio M. De Angelis), Voci dagli
Stati Uniti. Prosa, poesia, teatro del secondo Novecento, Universita' La
Sapienza, 2004; (a cura di, con Sabrina Vellucci), Miti americani oggi,
Diabasis, 2006.
Alissa York, scrittrice canadese, e' autrice di tre volumi: una raccolta di
racconti e due romanzi. Tra le opere di Alissa York: La quarta moglie,
Giunti, Firenze 2008]

Ormai da alcuni decenni gran parte della narrativa che arriva dalle
cosiddette letterature emergenti di lingua inglese batte la strada della
ricerca storica fra memorie di famiglia (o della nazione) e scavo nella vita
perduta di altre identita' culturali. Al centro c'e' quasi sempre la cronaca
di una migrazione individuale o collettiva: si ricompone cosi' un quadro,
sia pure ancor frammentato, della colonizzazione ottocentesca, osservata da
una contemporanea prospettiva multiculturale. Cosi' e' anche per La quarta
moglie (Giunti, pp. 478, euro 16,50), seconda prova narrativa - dopo Mercy
del 2003 - di Alissa York, giovane autrice canadese di origine australiana.
Ottimamente tradotto da Roberto Serrai, il romanzo ripercorre la drammatica
odissea dei Mormoni verso Ovest, fino al deserto dello Utah dove nel 1847
questi dissidenti protestanti, guidati dagli insegnamenti del Libro di
Mormon di Joseph Smith, il loro "profeta" e leader politico assassinato nel
1844, fondarono, con la Chiesa millenaristica dei Santi degli Ultimi Giorni,
una propria Gerusalemme, la futura Salt Lake City. Un avvenimento assimilato
nel canone storico statunitense ma poco noto nei suoi risvolti ideologici,
religiosi, culturali, nonche' nei rapporti con gli "Americani" (i "Mericat")
da un lato, e con il territorio e i nativi, i Paiute e gli Ute, dall'altro.
Sebbene l'intreccio del romanzo ruoti intorno al massacro di Mountain
Meadows del 1857, perpetrato dai nuovi coloni a danno di una carovana di
cercatori d'oro diretti in California, i fatti raccontati si svolgono dieci
anni dopo e offrono una documentata rappresentazione "antropologica" in
negativo del modo in cui i fondamenti culturali e istituzionali della
societa' dei "Santi" si innestarono sulle asprezze della frontiera. La
persecuzione subita dai Mormoni negli Stati dell'Est e del Middle West,
filtrata da un tenace fondamentalismo e da un misticismo unito a ipocrisia e
rapacita', si riverso' nell'atto di una colonizzazione che assunse tratti
maschilisti con l'adozione patriarcale della poligamia.
Protagoniste sono le mogli di Erastus Hammer, un ricco allevatore di cavalli
con la passione per la caccia, nella quale, con la vista indebolita
dall'eta', si fa aiutare da un Paiute, testimone occulto del brutale evento
del 1857, sul cui campo insanguinato aveva salvato un "libro" di ritratti
che sfoglia ora ogni sera. Ognuna delle mogli ha una biografia tormentata e
un dono speciale: il ricamo, la sericoltura, il cucito e la tassidermia. Per
questa sua "arte" la sedicenne Dorrie (unica sopravvissuta - come il lettore
scoprira' alla fine - di quel massacro che, rimosso dalla memoria, continua
a ossessionare i suoi sogni) e' stata scelta da Hammer, cosi' che le prede
imbalsamate, tornando a una falsa vita artisticamente simulata, possano
consacrare, come in un museo, le sue doti millantate di cacciatore.
L'ultima conquista e' una famiglia di lupi: la madre bianca come la neve e
il maschio grigio, che tutti, a eccezione dell'afasico Paiute, ritengono il
padre dei tre cuccioli. Nel suo "Libro delle prede" Hammer registra i dati
dei trofei, mentre Dorrie, affidandosi a un suo "Libro del tassidermista",
si appresta a scuoiare le vittime. Per molte ore Dorrie lavorera' alla sua
opera, fino a ottenere pelli e carcasse, un atto di chirurgia non proprio
femminile: evidentemente ella ha imparato l'arte da macellatore, oltre che
dal libro, anche dal massacro vissuto da bambina.
Altri saperi dimenticati, pratiche agricole e percorsi di vita, altri
"libri" (forse echi del Libro di Mormon), vengono evocati sulla scena della
casa-gineceo di Hammer, per introdurre infine il dominatore del romanzo:
Padre Lupo, figura totemica dei Paiute e vero capo del branco su cui hanno
imperversato il coltello e l'acido di Dorrie. E' lui, con le sue pacifiche
incursioni notturne, volte a reclamare la famiglia perduta, che seguiremo,
notte dopo notte, mentre l'altra famiglia, quella di Hammer, si sgretola fra
gelosie, rivalita', tradimenti. E se Dorrie per la prima volta non riuscira'
a ricomporre le sue reliquie, Padre Lupo consegna al lettore la persistenza
del barlume del sacro. Ma questa consegna, percepita con lo sguardo di oggi,
non basta a salvare quel po' che allora restava dell'"altra vita", quella
tramontata, della terra americana.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 457 del 16 maggio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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