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Minime. 443
- Subject: Minime. 443
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 2 May 2008 00:51:13 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 443 del 2 maggio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Emily Dickinson: In questa breve vita 2. Anna Achmatova: Se sei la morte 3. La sinistra necessaria 4. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 5. Umberto Santino: Dopo la disfatta 6. Marcello Benfante presenta "Cio' che ho imparato" di Danilo Dolci 7. Un estratto da "Cio' che ho imparato" di Danilo Dolci 8. Salvatore Ferlita: La riscoperta di Danilo Dolci 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. EMILY DICKINSON: IN QUESTA BREVE VITA [Da Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, p. 1291. Emily Dickinson visse ad Amherst, Massachusetts, tra il 1830 e il 1886; molte le edizioni delle sue poesie disponibili in italiano con testo originale a fronte (tra cui quella integrale, a cura di Marisa Bulgheroni: Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005; ma vorremmo segnalare anche almeno la fondamentale antologia curata da Guido Errante: Emily Dickinson, Poesie, Mondadori, Milano 1956, poi Guanda, Parma 1975, e Bompiani, Milano 1978; e la vasta silloge dei versi e dell'epistolario curata da Margherita Guidacci: Emily Dickinson, Poesie e lettere, Sansoni, Firenze 1961, Bompiani, Milano 1993, 2000); per un accostamento alla sua figura e alla sua opera: Barbara Lanati, Vita di Emily Dickinson. L'alfabeto dell'estasi, Feltrinelli, Milano 1998, 2000; Marisa Bulgheroni, Nei sobborghi di un segreto. Vita di Emily Dickinson, Mondadori, Milano 2002] In questa breve vita che dura solo un'ora oh quanto - e quanto poco giace in nostro potere 2. POESIA E VERITA'. ANNA ACHMATOVA: SE SEI LA MORTE [Da Anna Achmatova, Io sono la vostra voce, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1990, 1995, p. 257 (e' una lirica scritta a Taskent nel novembre 1942). Anna Achmatova (pseudonimo di Anna Andreevna Gorenko, nata a Odessa nel 1889 e deceduta a Domodedovo, presso Mosca, nel 1966) e' una delle grandi poetesse del Novecento, e delle piu' alte voci contro la guerra e il totalitarismo. Opere di Anna Achmatova: in italiano sono disponibili varie raccolte di scritti di Anna Achmatova, tra esse segnaliamo particolarmente: Poema senza eroe, Einaudi, Torino 1966, 1993; Io sono la vostra voce, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1990, 1995; La corsa del tempo. Liriche e poemi, Einaudi, Torino 1992; Lo stormo bianco, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1995, Fabbri, Milano 1997. Tra le opere su Anna Achmatova segnaliamo particolarmente Lidija Cukovskaja, Incontri con Anna Achmatova. 1938-1941, Adelphi, Milano 1990] Se sei la morte - per qual motivo tu stessa piangi, Se sei la gioia - allora una gioia cosi' non esiste. 3. EDITORIALE. LA SINISTRA NECESSARIA Ecologista e' la sinistra necessaria: perche' non vi sara' piu' umana civilta' se non salviamo ora la biosfera dal disastro. * Femminista e' la sinistra necessaria: perche' e' hic et nunc l'unica cultura e prassi politica storicamente data su cui e' possibile fondare la liberazione dell'umanita'. * Nonviolenta e' la sinistra necessaria: perche' la scelta della nonviolenza e' la condizione senza la quale non si da' azione politica che non degeneri in oppressione, menzogna, barbarie. * La sinistra delle oppresse e degli oppressi, antirazzista e antimafia, socialista e libertaria, della solidarieta' che tutti raggiunge e della responsabilita' che di tutto si prende cura, o sara' insieme ecologista e femminista e nonviolenta, o non sara'. Qui e' Rodi, qui salta. 4. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di' chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 5. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: DOPO LA DISFATTA [Dal sito del Centro Siciliano di Documentazione "Giuseppe Impastato" (www.centroimpastato.it) riprendiamo il seguente intervento del 17 aprile 2008. Umberto Santino ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo. Da decenni e' uno dei militanti democratici piu' impegnati contro la mafia ed i suoi complici. E' uno dei massimi studiosi a livello internazionale di questioni concernenti i poteri criminali, i mercati illegali, i rapporti tra economia, politica e criminalita'. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000; Dalla mafia alle mafie, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006; Mafie e globalizzazione, Di Girolamo Editore, Trapani 2007. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su "La nonviolenza e' in cammino" nei nn. 931-934] La sconfitta era certa ma la disfatta non era in conto. E bisogna impietosamente partire dalla constatazione che essa e' frutto di innumerevoli errori ma che, almeno per le sinistre, si e' chiusa un'epoca. Gli errori non ci vuol molto a individuarli: ha sbagliato Veltroni a correre da solo, dopo avere affrettato la fine di Prodi, hanno sbagliato i capetti di quel pasticcio che si chiamava La Sinistra - L'Arcobaleno a illudersi che bastasse presentarsi con il cartello di "lavori in corso" per mantenere il vecchio elettorato e possibilmente conquistare nuovi voti. Il risultato: si e' regalata di nuovo l'Italia a Berlusconi e a Bossi che adesso avranno mano libera per fare quello che vogliono. In Sicilia la disfatta e' piu' che meritata, con una candidata alla Presidenza della Regione totalmente inventata, senza nessun legame con il territorio, che parlava continuamente di una "modernita'" che non si e' capito bene cosa volesse significare. Ha stravinto Lombardo, con il suo sicilianismo avventurosamente collegato al leghismo e in alleanza con Berlusconi, che pone il Ponte e le grandi opere come priorita' assolute, per un'ennesima pioggia di risorse volte a rafforzare un blocco sociale che non e' mai venuto meno e, che sotto spoglie diverse, domina la Sicilia dagli anni '40 a oggi. Di mafia ha parlato soprattutto Dell'Utri per chiamare a raccolta capielettori che si temeva potessero polarizzarsi solo su Cuffaro. Lo ha fatto santificando Vittorio Mangano come martire dell'omerta'. Da esperti strateghi quei capielettori hanno equamente diviso i loro suffragi tra Cuffaro, Lombardo e Berlusconi, e ora attendono di incassare sia a livello regionale che nazionale. Ma piu' che il voto mafioso e' il modello mafioso che trionfa, con l'occupazione del potere e la vittoria dei tanti sotto processo o condannati eletti alla grande. L'impunita', se non e' garantita a livello giudiziario, lo e' su quello politico-elettorale. Per il Partito democratico ora si tratta di decidere, se vuole spostarsi sempre piu' al centro o fagocitare un po' delle sinistre in sfacelo. Per queste ultime, per la prima volta nella storia d'Italia fuori dal Parlamento, ci sono due possibilita': chiudere bottega, licenziando dirigenti vanitosi e incapaci o avviare una vera e propria rifondazione, a partire dai bisogni reali di tanta parte della popolazione. Disoccupati, precari, ultraflessibili attendono di essere organizzati e rappresentati. Non e' facile, data la frammentarieta' che caratterizza questo mondo, diviso tra astensionismo e rifugio nel clientelismo, con spiccate simpatie per il razzismo leghista. Ma e' una strada obbligata, se si vuole ricostruire un'identita'. Con un lavoro quotidiano, senza spocchie e senza telecamere, ripopolando il territorio. E sui temi ambientali bisogna sapere che se si dicono solo dei no, la Campania con le sue montagne di rifiuti che hanno seppellito Bassolino e i suoi sostenitori, e' alle porte. 6. LIBRI. MARCELLO BENFANTE PRESENTA "CIO' CHE HO IMPARATO" DI DANILO DOLCI [Dall'edizione palermitana del quotidiano "La repubblica" del 24 aprile 2008, col titolo "Che cosa abbiamo imparato da Dolci" e il sommario "Conversazioni in Sicilia di un sociologo". Marcello Benfante, scrittore, e' nato a Palermo nel 1955, e dal 1980 svolge attivita' pubblicistica su quotidiani e periodici; attualmente interviene sulle pagine palermitane del quotidiano "La Repubblica" come critico letterario e opinionista; collabora a "Lo straniero", e' redattore di "Segno". ha pubblicato diversi racconti e romanzi. Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43 dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'. Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del 1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento" ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il 28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu' povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2 febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958) si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione". Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino 1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita' preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E' convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento, dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga, impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni, per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile; l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile. Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto, frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone "all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu' recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30 dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita". Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Tra le opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze 1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004 (un lavoro fondamentale); Lucio C. Giummo, Carlo Marchese (a cura di), Danilo Dolci e la via della nonviolenza, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2005; Raffaello Saffioti, Democrazia e comunicazione. Per una filosofia politica della rivoluzione nonviolenta, Palmi (Rc) 2007. Tra i materiali audiovisivi su Danilo Dolci cfr. il dvd di Alberto Castiglione, Danilo Dolci. Memoria e utopia, 2004. Tra i vari siti che contengono molti utili materiali di e su Danilo Dolci segnaliamo almeno www.danilodolci.it, danilo1970.interfree.it, www.danilodolci.toscana.it, www.cesie.org, www.nonviolenti.org Giuseppe Barone, collaboratore e amico di Danilo Dolci, acuto studioso e promotore della nonviolenza, autore di vari articoli e saggi, particolarmente benemerito degli studi dolciani, vicepresidente del Centro per lo sviluppo creativo "Danilo Dolci". Tra le opere di Giuseppe Barone: La forza della nonviolenza, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004; (a cura di), Danilo Dolci. Una rivoluzione nonviolenta, Terredimezzo, Milano 2007; (a cura di), Danilo Dolci. Cio' che ho imparato, Mesogea, Messina 2008] Tornare a Danilo Dolci. Questa potrebbe essere una buona indicazione per i tempi di crisi e di sbandamento che stiamo attraversando. Tornare cioe' a una condivisione dei problemi sociali mediata dall'etica e dalla cultura, a un sentimento di partecipazione solidale che e' al tempo stesso percorso di cambiamento e di comprensione del mondo. In questo itinerario di passione civile ci fa da guida Giuseppe Barone, che ormai da anni conduce un prezioso lavoro di riflessione sull'opera di Danilo Dolci. A sua cura appare adesso Cio' che ho imparato, antologia di scritti dolciani pubblicata dalla Mesogea di Messina. Si tratta di un libro assai utile, soprattutto per quei giovani che hanno avuto poche occasioni per conoscere le idee e la storia di questo anomalo intellettuale triestino che a partire dagli anni Cinquanta diede vita in Sicilia a una delle esperienze associative, politiche e pedagogiche piu' importanti e innovative della nostra recente storia. E' uno strano silenzio, quello che circonda Dolci. Un silenzio fatto di tante parole, di tanti convegni. In parte, dunque, con Cio' che ho imparato viene colmata una grave lacuna, che e' segno di una disaffezione alla cultura e al pensiero intesi come impegno esistenziale volto alla trasformazione dei rapporti umani. Danilo Dolci (1924-1997) e' infatti un esempio (che puo' sembrare anacronistico, oggi che il modello predominante e' un'intellighenzia sgarbista e mediatica, ma che invece e' attualissimo e piu' che mai necessario) di intellettuale poliedrico capace di spaziare in un'ampia congerie di questioni di vitale importanza, sempre offrendo un approccio nuovo, funzionale alle esigenze dei reietti della storia e della societa'. Come scrive Barone, seppe coniugare "teoria e prassi, tensione utopica e concretezza, sogno e progetto", grazie a una sua dialettica fatta di metodo e fantasia, in un problematico ma fertile equilibrio tra sguardo poetico e impegno dalla parte degli ultimi. Nella sua azione concreta, come ebbe a dire Zavattini, era gia' il suo lirismo, la sua delicata sensibilita' per la natura. Fa bene Barone a chiarire che Dolci non fu mai attratto dal mito del buon selvaggio o da un populismo romantico ed estetizzante. Ne' tantomeno fu "un guru attorniato da discepoli acritici e adoranti". Nei suoi "laboratori maieutici" egli insistette su un modus operandi basato su una progressione dal basso della presa di coscienza. Per questa ragione, Dolci ha sempre evitato la scorciatoia di fornire "risposte perentorie o ricette preconfezionate", preferendo piuttosto far leva sul ruolo liberatorio e formativo delle domande, anzi di una interrogazione sul ruolo stesso delle domande. A questo tipo di autoanalisi corrisponde una pedagogia che rifugge la forma-lezione e cerca invece una conciliazione e una integrazione della cultura "alta" e di quella popolare. Tale disponibilita' ai sincretismi, agli incroci, a una complementarita' dei saperi derivava forse a Dolci dalla sua composita origine. Di padre italiano e madre slovena, con un nonno tedesco e per luogo di nascita l'ibrida Trieste, Dolci era naturalmente orientato al superamento delle frontiere e delle barriere. Quando giunge in Sicilia, nella selvatica Montelepre, nella plaga tra Partinico e Trappeto, nella Palermo devastata, "in una delle zone piu' misere e insanguinate del mondo", cerca in primo luogo l'incontro, la collaborazione, quella verita' che si costruisce stando insieme. Ma l'impresa e' subito ardua in una terra desolata in cui vige il proverbio "Chi gioca solo non perde mai". Per dimostrare che invece perde sempre, Dolci ricorre al metodo della "riunione di gruppo in cui ciascuno costruisce sulla base delle proprie esperienze". La conversazione procede uno alla volta, a giro, affinche' tutti possano intervenire. Col tempo, grazie a un magnetofono, superando l'imbarazzo iniziale, le riunioni vengono registrate e documentate. Un sapere contadino prende cosi' corpo, resta agli atti. Come Ernesto De Martino, anche Dolci da' voce a una civilta' in trasformazione, senza tuttavia il distacco dell'antropologo, bensi' con l'empatia del maestro-discepolo. Icastici ritratti si susseguono nell'antologia: la guaritrice che vede il mondo come un verminaio (un personaggio che sembra uscire dalle pagine di Carlo Levi); Mimiddu che giunge alla conclusione che si deve "vedere dal punto di vista di tutto il mondo" e "ragionare e essere al plurale" perche' "se fa buio, e' buio per tutti"; il contadino tornato dalla Germania per cui "ogni albero e' mio figlio, sono tutti figli miei" (e non sa che sta citando il titolo di un grande dramma di Arthur Miller). Da tanta umanita', dalla sua semplice saggezza, scaturisce un libro frammentario e polifonico, in cui Dolci spesso verbalizza l'esperienza collettiva sotto forma di appunti, come in una specie di work in progress, di brogliaccio operativo. Ovviamente emergono i temi basilari del suo pensiero. La pace, non intesa come accomodante quiete, ma come pianificazione comunitaria, invenzione del futuro. La nonviolenza, come rifiuto di una cultura della morte. La lotta contro "l'acqua di mafia", strumento di sopraffazione, e per l'acqua di tutti, di cui con un afflato quasi religioso Dolci coglie la sacralita' e l'incanto. La scelta operata da Barone rivela anche un Dolci piu' riflessivo, che nella sua ricerca personale mostra una particolare attenzione ai linguaggi, alla filologia. E accanto a questa "anatomia lessicale" c'e' un Dolci perfino speculativo che cerca nel Marx degli scritti giovanili un umanesimo utopico da perseguire con fantasia creatrice. Perche' "se l'uomo non immagina, si spegne", come recita un suo verso, si rassegna a vivere in quegli "omili" in cui l'urbs ha scalzato la civitas, abrogando ogni convivenza civile nell'aria ammorbata dai suoi rifiuti. 7. LIBRI. UN ESTRATTO DA "CIO' CHE HO IMPARATO" DI DANILO DOLCI [Dall'edizione palermitana del quotidiano "La Repubblica" del 16 ottobre 2007, col titolo "L'inedito. L'incipit dell'antologia 'Cio' che ho imparato' di Danilo Dolci di prossima pubblicazione" e il sottotitolo "Per gentile concessione della casa editrice Mesogea pubblichiamo l'incipit dell'antologia di Danilo Dolci, Cio' che ho imparato e altri scritti, che uscira' a fine anno"] - Amico: I cavalli bianchi corrono piu' degli altri. - Daniela: Certo i cavalli bianchi sono piu' belli e piu' forti. - Cielo: Perche' sono piu' leggeri. - Daniela: ... E piu' leggeri. - Chiara: Certo che sono piu' leggeri. - Danilo: Perche' i cavalli bianchi sono piu' leggeri? - Cielo: Perche' sono piu' felici. - Amico: Sono piu' leggeri perche' il bianco tiene piu' leggero. Per esempio quando io sono vestito di bianco corro di piu'. - Chiara: Il bianco e' piu' leggero. - Libera: Ci sono cavalli bianchi meno forti e cavalli scuri piu' forti. Alle ultime corse d'agosto c'erano tre cavalli, uno marrone scuro e due marrone chiaro: e' arrivato primo il cavallo scuro. - Cielo: Ma non e' che i due cavalli arrivati per ultimi erano bianchi. - Danilo: Chiara e Amico cosa dicono? - Chiara: Io ancora ci devo pensare. - Amico: Se e' come dice Libera vuol dire che corrono di piu' quelli scuri. - Cielo: Se i due cavalli chiari erano bianchi, potevano vincere. - Libera: E se per esempio i cavalli bianchi erano fiacchi e non riuscivano a passare quello scuro? - Cielo: Quello scuro poteva essere piu' allenato, o quello bianco poteva essere piu' allenato. Correre di piu' e vincere, allora dipende piu' dall'allenamento che dal colore. - Libera: E' proprio quello che volevo dire. - Amico: Deve essere giusto, adesso che ci penso, come dicono Libera e Cielo: se uno e' fiacco come fa a correre? - Cielo: Forse i due piu' chiari correvano meno perche' avevano i ferri agli zoccoli messi male, o svitati, o forse erano piu' piccoli e facevano i passi piu' corti. - Ruggero: Dipende anche dai fantini. - Danilo: Ma allora da cosa dipende la maggiore velocita' di un cavallo? - Chiara: Cosa vuol dire maggiore? - Libera: Vuol dire piu' grande velocita', quando corre piu' forte. - Amico: Io non sono specialista di cavalli per sapere quali corrono di piu'. Per essere sicuro vorrei farne correre tanti e guardare uno per uno quale corre di piu'. - Cielo: Dipende dall'allenamento, dipende dalle sue forze, dalla lunghezza delle gambe e anche dall'eta'. - Chiara: Quando e' vecchio e' un po' meno forte. - Daniela: Quello bianco corre di piu', a me piace di piu'. - Chiara: Il cavallo bianco corre di piu' quando e' bene allenato, ha le gambe piu' lunghe e ha piu' forza. - Libera: Posso sentire ancora la domanda che tu hai fatto prima? - Danilo: Dipende anche dal colore, se un cavallo corre di piu' o di meno? - Libera: Siccome a noi i cavalli bianchi piacciono piu' degli altri, noi desidereremmo che fossero anche i piu' forti e i piu' veloci. Ma per essere sicuri che quello che desideriamo e' anche vero, bisognerebbe sperimentarlo, come dice Amico. - Cielo: Per esempio a noi piace pensare che gli alberi parlano fra loro, anche gli alberi sono vita; che tutte le cose che noi non sentiamo parlare, parlano fra loro, ma bisogna vedere se e' vero. - Libera: Per esempio a noi piacerebbe che le stelle si parlassero ma bisogna vedere se e' vero: e' gia' vero pero' che se si attirano le une con le altre, in qualche modo comunicano. - Bruna: Per esempio si dice che gli uomini sono fratelli perche' si desidererebbe questo ma se ci guardiamo in giro ci sono i mafiosi che mettono sotto i contadini, si lascia la gente senza lavoro, non ci si riunisce, anzi si spara, si fanno le guerre. Per essere fratelli bisognerebbe non fare ognuno per conto suo ma fare insieme. 8. MEMORIA. SALVATORE FERLITA: LA RISCOPERTA DI DANILO DOLCI [Dall'edizione palermitana del quotidiano "La repubblica" del 15 ottobre 2007, col titolo "La missione di Danilo Dolci. La riscoperta di una lezione" e il sommario "Uno spettacolo teatrale, un documentario, la ristampa di libri e la visita dei suoi collaboratori svizzeri: il boom del sociologo a dieci anni dalla morte". Salvatore Ferlita e' nato a Palermo nel 1974, critico letterario e saggista, collabora al quotidiano "La Repubblica" e al mensile "Segno"; ha curato la riedizione del romanzo di Antonio Russello La luna si mangia i morti (2003), il volume La Sicilia di Andrea Camilleri tra Vigata e Montelusa (2003) e la raccolta di saggi di Enzo Siciliano L'isola. Scritti sulla letteratura siciliana (2003). Tra le opere di Salvatore Ferlita: L'ironia mio vizio mia allegria. L'esperienza poetica di Basilio Reale (2003); Altri siciliani. Scritti sulla letteratura isolana del Novecento (2004); I soliti ignoti. Saggi sulla letteratura siciliana sommersa del Novecento (2005); La provincia letteraria palermitana (2007)] Nessuno forse l'avrebbe detto: a dieci anni dalla morte di Danilo Dolci, il triestino che negli anni Cinquanta scelse la Sicilia povera e disperata per la sua battaglia a favore del lavoro, del pane e soprattutto della dignita' umana, le iniziative per rievocarlo si moltiplicano di giorno in giorno. Un sipario di silenzio e ostracismo era infatti calato sul magistero di Dolci dopo la sua morte. Ma solo in apparenza, almeno in Sicilia: in realta', grazie agli sforzi spesso sotterranei di Amico Dolci, musicista, figlio di Danilo, responsabile del Centro per lo sviluppo creativo intitolato al sociologo, e di Giuseppe Barone, autore del libro La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo biografico di Danilo Dolci (Dante & Descartes, 2004), cui si deve tra l¥altro la cura di un volume fresco di stampa, intitolato Una rivoluzione nonviolenta (Terredimezzo editore), accuratissima scelta di interventi di Dolci e di un'antologia che alla fine dell'anno vedra' la luce per i tipi di Mesogea (Cio' che ho imparato e altri scritti), il discorso e la riflessione sul sociologo triestino non sono mai stati interrotti. Vengono in mente, a questo proposito, le parole di Erich Fromm: "Se la maggioranza degli individui non fosse cosi' cieca davanti alla vera grandezza, Dolci sarebbe ancora piu' noto di quello che e'. E' incoraggiante tuttavia il fatto che sono gia' molti coloro che lo capiscono: sono le persone per le quali la sua esistenza e il successo della sua opera alimentano la speranza nella sopravvivenza dell'uomo". Tra queste persone c'e' sicuramente Renato Sarti, che ha scritto col regista Franco Pero' il testo del dramma teatrale "E' vietato digiunare in spiaggia", che andra' in scena oggi al teatro Valle di Roma. Dramma che gira attorno al processo che Dolci e i suoi compagni subirono nel 1956 per aver fatto uno sciopero alla rovescia. "Tutto e' nato - spiega Sarti - dalla sensazione che di Danilo Dolci si siano perse le tracce oggi in Italia. E' un grosso errore, dal momento che le sue provocazioni, le sue battaglie concrete, i suoi modi di vedere i problemi, non sono legati a un tempo passato. Riscoprire ora questo apostolo controverso, a dieci anni dalla sua scomparsa, e' necessario poiche' e' necessario cercare le voci che possono indicarci modi diversi per affrontare la nostra realta'. Lo spettacolo prende le mosse da un fatto preciso, da una forma di protesta senza precedenti. Per ribellarsi contro la mancanza cronica di lavoro, avendo ben chiaro nella mente cio' che recita l'articolo 4 della nostra Costituzione, Dolci assieme ai disoccupati di Partinico, Trappeto e Balestrate decise di ripristinare una strada pubblica di campagna, oramai in disuso. Otto ore di lavoro gratuito, per dimostrare la volonta' di lavorare di quelli che venivano definiti banditi". Il passaggio fondamentale del dramma, che ha come voce narrante quella di un cantastorie, riguarda l'arringa del grande giurista Piero Calamandrei, il piu' famoso dei difensori degli scioperanti, che in teatro verra' letta da attori d'eccezione come Fausto Bertinotti, Gherardo Colombo, Gian Carlo Caselli. Nel proemio, cosi' Dolci viene presentato: "... Decisi di purtari 'n Sicilia la so stazza. / Ai poveri braccianti dal tempo addummisciuti / ci vosi regalari coscienza e liberta'". "Quasi all'inizio del suo discorso difensivo - aggiunge Renato Sarti - Calamandrei si chiede dove sia il delitto, in che cosa consista, chi lo abbia commesso. Non a caso, sono sempre le parole del giurista, il banco degli imputati e quello dei difensori sono cosi' vicini, fino a parere un banco solo. Dove sono gli imputati e dove i difensori? Qui, in realta', o siamo tutti difensori o siamo tutti imputati. Sono convinto che in quel processo si rispecchiano tante delle strade seguite da Dolci e tanta parte, negativa soprattutto, del nostro Paese". Ma questo e' solo l'inizio: a Palermo, da qualche giorno, sono state avviate le "Giornate delle creature dedicate a Danilo Dolci, a dieci anni dalla scomparsa" (ideazione e cura di Daniele Moretto), che prevedono, tra le altre cose, laboratori maieutici, seminari, conferenze. Il primo dicembre, sempre in citta', iniziera' la "Festa per i giovani", organizzata dall'Arci e da altre associazioni. La giornata inaugurale sara' dedicata a Dolci, con la presentazione del libro Una rivoluzione nonviolenta e la proiezione di un docufilm di Alberto Castiglione. E sempre in occasione del decennale della morte, e' da poco arrivata in Sicilia una delegazione del comitato svizzero "Danilo Dolci", formata da alcuni tra i piu' importanti e duraturi collaboratori del Centro studi e iniziative di Danilo Dolci all'estero, sin dalla fine degli anni Cinquanta, i quali si sono in particolare impegnati, anche con notevoli sforzi finanziari, nella progettazione e costruzione del Centro educativo di Mirto dal 1970 in poi, partecipando a tutte le iniziative ad esso connesse. La delegazione svizzera visitera' i luoghi legati all'attivita' del sociologo triestino: Partinico, Trappeto, e incontrera' prima gli studenti e i docenti del Liceo "Danilo Dolci" nel quartiere Brancaccio, e poi Rita Borsellino. Tra i membri della delegazione, c'e' Rolf Maeder, il traduttore di tutte le opere di Danilo Dolci in tedesco. Tutto e' cominciato con la traduzione delle poesie di Danilo, per sua espressa richiesta. Ne e' nata un'antologia bilingue, dal titolo Poema umano. Der Menschen Gedicht. Fu un incontro fulminante: Rolf ebbe infatti modo di frequentare Danilo non solo sui libri, ma anche personalmente, in diverse occasioni. E' stato la voce di Dolci in Svizzera e in Germania: ogni qualvolta infatti Dolci metteva piede in quella parte d'Europa per conferenze, seminari, laboratori maieutici, Rolf Maeder faceva la traduzione simultanea. "Sono stati momenti di straordinaria intensita' - confida Maeder -, di apprendimento continuo: io ho insegnato nelle scuole e quindi per me il problema legato all'educazione, al rapporto con gli altri, e' sempre stato centrale. Va pero' detto che all'inizio, in Svizzera, nei confronti dell'operato di Danilo c'e' stato un interesse che riguardava quasi esclusivamente l'aspetto sociologico e quello economico. Noi del comitato, in realta', ci siamo prodigati affinche' potesse essere messo in luce soprattutto il versante filosofico e pedagogico del suo pensiero. Cosa che in realta' ha avuto dei frutti: le universita' hanno organizzato convegni e simposi. A marzo a Basilea se n'e' tenuto uno". Non sara' stato certo facile tradurre le opere di Danilo Dolci: per via della sua lingua, spesso dalle forti impennate poetiche, a volte sospinta da propulsioni visionarie e profetiche. Per non dire del metodo maieutico: che presuppone la conoscenza della filosofia socratica, aggiornata alla luce di una nuova pedagogia, che parte dall'uomo e non dai libri. "Se avessi tradotto Danilo mettendo mano al vocabolario, avrei fatto un pessimo servizio a lui e soprattutto ai lettori svizzeri e tedeschi. Ho allora fatto ricorso a un linguaggio filosofico che fosse in un certo modo corrispondente, tenendo conto poi della personalita' di Danilo, delle sue esigenze riguardo alla comunicazione e all'insegnamento sempre fondate sul rispetto dell'altro, specie se in condizioni di subalternita'". Ma chissa' che idea hanno oggi in Svizzera di Danilo Dolci, se circolano ancora i suoi libri, se e quanto il suo nome e' conosciuto. Ecco cosa dice in proposito la figlia di Dolci, Daniela, musicista, che oramai da anni vive in Svizzera. "Certo, oggi nell'ambito della comunita' scientifica, degli addetti ai lavori insomma, il nome di mio padre e' oramai noto. La gente di una certa eta' sa chi e' stato Danilo Dolci e cosa ha fatto. E' la gente comune che tra gli anni Settanta e Ottanta ha potuto seguire le sue conferenze. E poi voglio raccontare un'esperienza personale: mia figlia, che studia musica, ha frequentato per tre anni, nella Svizzera interna, una scuola di specializzazione. E' stata per lei un'esperienza formativa stimolante. Sono andata a congratularmi col direttore dell'istituto: quando gli dissi per caso che ero figlia di Danilo Dolci, ebbe un sussulto, e commosso mi disse che proprio a mio padre si ispirava per il metodo di insegnamento adottato". 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 443 del 2 maggio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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