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Voci e volti della nonviolenza. 172
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 172
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 26 Apr 2008 09:25:02 +0200
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 172 del 26 aprile 2008 In questo numero: 1. Nadine Gordimer: Cosa significa Mandela per noi 2. Nadine Gordimer: Introduzione a "Storie" 3. Daniela Padoan intervista Nadine Gordimer (2002) 4. Et coetera 1. NADINE GORDIMER: COSA SIGNIFICA MANDELA PER NOI [Dal sito www.feltrinellieditore.it riprendiamo il seguente saggio, dal titolo "Cosa significa Mandela per noi", apparso nel libro di Nadine Gordimer, Vivere nella speranza e nella storia. Note dal nostro secolo, Feltrinelli, Milano 1999 (libro chela casa editrice cosi' presenta: "Vivere nella speranza e nella storia e' una raccolta di saggi in cui Nadine Gordimer trova il modo di approfondire i temi che hanno alimentato la sua attivita' creativa e la ricca biografia intellettuale. E' un modo insolito e pensieroso per tornare a riflettere con lei sul senso della letteratura, sul ruolo dello scrittore o della donna, sul tormentato percorso sociale e politico del Sudafrica negli ultimi quarant'anni, sui grandi momenti di passaggio che hanno scandito la storia dell'ultimo millennio. Ma oltre ai pensieri e agli eventi, c'e' anche il sapore degli incontri negli indimenticabili ritratti di alcuni autori contemporanei (Joseph Roth, Nagib Mahfuz, Guenter Grass, Leopold Senghor) e nel carteggio con Kenzaburo Oe. In ogni frammento, in ogni saggio o colloquio c'e' una forte commozione e un senso di futuro e di speranza, come se l'autrice avesse avvertito in queste sue stesse pagine, scritte in tempi diversi e a volte anche lontani, l'intensita' di un testamento spirituale per i contemporanei. E' una raccolta di saggi suddivisa in tre parti. La prima comprende nove saggi composti tra il 1990 e il 1998 sulla scrittura, sulla letteratura contemporanea e sul ruolo dello scrittore oggi, dove l'autrice ribadisce il proprio duplice impegno, come donna e come scrittrice, e la sua "missione" nel mondo: dire cio' che non si dice, parlare di cio' di cui non si parla, porre domande difficili. Appaiono inoltre quattro ritratti di autori contemporanei: su Joseph Roth, un testo su Nagib Mahfuz, un cammeo su Guenter Grass, e un ricordo di Leopold Senghor. Particolarmente interessante il carteggio (del 1998) tra Gordimer e Kenzaburo Oe dove lo scambio epistolare diventa un pretesto per discutere su un argomento che sta molto a cuore a entrambi i premi Nobel: la delinquenza giovanile nei rispettivi paesi, che Oe imputa al neonazionalismo dilagante in Giappone e Gordimer al pesante retaggio dell'apartheid. La seconda parte, la piu' corposa, comprende tredici saggi di carattere storico-politico, un percorso della storia sudafricana degli ultimi quarant'anni (1959-1997), che si leggono con una certa commozione a cosi' pochi anni dalla fine dell'apartheid. Una analisi della vita quotidiana del regime segregazionista e le sue implicazioni sia per il semplice cittadino nero sia per lo scrittore nero, perseguitato come uomo e messo all'indice come artista, dove la privazione della liberta' non e' solo individuale ma anche una crudele limitazione delle proprie corde artistiche. E ricorda con affetto chi e' andato in esilio e non e' piu' tornato e chi e' morto nelle carceri del regime: Can Themba, Nat Nakasa, Bram Fisher e altri. La terza parte riunisce quattro saggi scritti tra il 1986 e il 1996, una sorta di testamento spirituale dove ricorda le tappe storiche che hanno scandito il millennio, e con puntigliosa lucidita' descrive la realta' che conosce meglio, quella del suo paese")] E' il momento di celebrare uomini famosi. Nelson Mandela e' oggi l'uomo famoso per eccellenza. Uno dei pochi che ha segnato il XX secolo come un'epoca di progresso per l'umanita', al contrario di chi lo ha reso turpe con il fascismo, il razzismo e la guerra. Il suo nome dunque vivra' nella storia, il contesto in cui egli appartiene al mondo. Naturalmente noi sudafricani facciamo parte di quel contesto e condividiamo il modo in cui egli e' vissuto. Tuttavia egli appartiene a noi, e, soprattutto, noi apparteniamo a lui su un altro piano, diverso, di esperienza. C'e' chi lo ha conosciuto da bambino a casa sua, nel Transkei, e vede, sotto il suo viso anziano, segnato dalle straordinarie esperienze della clandestinita' e della reclusione, i contorni delicati di un giovane allegro, ignaro delle qualita' presenti dentro di se', accanto alla normale voglia di vivere. C'e' chi lo ha conosciuto come un collega con cui dividere i pasti quando, essendo nero, non poteva essere servito in un ristorante; come un giovane avvocato la cui presenza stessa in tribunale era contestata dai magistrati bianchi. Ci sono combattenti per la liberta' che hanno sacrificato la propria vita e adesso non sono qui con noi per accostare all'immagine del leader della lotta comune quella dello statista che l'ha portata a compimento. C'e' chi vede, sovrapposto al suo viso com'e' oggi nelle apparizioni pubbliche, sui giornali e in televisione, il ricordo del viso, della figura e del portamento di quando parlo' dal banco degli imputati dopo essere stato condannato all'ergastolo per aver lottato contro l'apartheid e proclamo' un impegno cui ha sempre tenuto fede, in molteplici occasioni, correndo numerosi pericoli: "Nutro l'ideale di una societa' democratica e libera in cui tutte le persone vivano insieme in armonia e possano avere delle opportunita'. E' un ideale per cui spero di vivere e che spero di conseguire. Ma, se necessario, e' un ideale per cui sono pronto a morire". E' una tentazione raccontare aneddoti su Mandela. Per noi che abbiamo avuto anche solo una breve occasione di contatto con lui, e' una tentazione parlare del piacere di essere ricordati oltre che di ricordare. Giacche' quest'uomo che porta sulle sue spalle erette il carico del nostro futuro, un peso degno di Atlante, possiede una sorta di capacita' di leggere il pensiero e cogliere l'identita' degli altri, una specie di schedario mnemonico (sviluppatosi forse nei lunghi anni di contemplazione passati in carcere) grazie al quale riesce a riconoscere persone che magari non vede da anni o che ha incontrato di sfuggita nelle settimane appena trascorse, fitte di incontri e strette di mano. Ma non si tratta di un'abile astuzia da politico. Per quanto sembri insignificante, e' segno di qualcosa di profondo: una presa di distanza dall'egocentrismo; quella capacita' di vivere per gli altri che e' il fulcro del suo carattere. Ora Mandela viaggia per il paese ed e' una presenza in carne e ossa per milioni di persone. E' rimasto in carcere ventisette anni; in mezzo a noi - Robben Island e' visibile dalla Table Mountain, a Citta' del Capo; il carcere di Pollsmoor e l'edificio trasformato negli ultimi tempi in una prigione a lui riservata fanno parte della citta' - e tuttavia, in termini sociali, sepolto. Ridotto al silenzio. Persino la sua immagine era stata rimossa; era proibito riprodurre la sua fotografia sui giornali o attraverso altri mezzi di comunicazione. Sarebbe potuto facilmente diventare leggendario, le sue peculiarita' sarebbero state riunite a formare l'icona di speranze irrealizzabili e di una liberta' che continuava ad allontanarsi ogni volta che una nuova ondata di resistenza all'interno del nostro paese veniva schiacciata e sembrava sconfitta, mentre il mondo esterno rimaneva indifferente. Ma i neri sentivano che Mandela stava sopportando qualcosa che conoscevano: le dure umiliazioni del carcere erano esperienze quotidiane per loro ai tempi delle leggi dell'apartheid sui lasciapassare e di innumerevoli altre restrizioni civili che per generazioni in Sudafrica hanno creato una vasta popolazione di prigionieri non criminali. Mentre lui e i suoi colleghi venivano mandati a spaccare pietre ed estrarre alghe dall'Oceano Atlantico, le autorita' carcerarie reclutavano persone comuni tra la popolazione nera per farle lavorare come schiave nei campi. Il suo popolo ha conservato viva la sua presenza nelle parole di canti e inni, nelle forme di resistenza da lui apprese, nonche' nelle richieste di scarcerazione che facevano parte della piattaforma della lotta di liberazione, sostenuta sia dalla leadership in esilio sia dai cittadini in patria. Grazie alle notizie che trapelavano dalla prigione, sapevamo che si sentiva ancora parte di tutto questo, lo stava vivendo insieme al suo popolo; egli avvertiva la presenza della sua gente attraverso i muri del carcere, e la sua gente continuava a tenerlo con se'. Questa doppia sensazione era intrinseca all'essenza stessa della resistenza. La possibilita' nient'affatto remota che egli morisse in carcere non fu mai presa in esame. Il movimento di liberazione non subi' mai la sconfitta psicologica di trasformarlo in una figura mitica, un Che Guevara, che un giorno sarebbe potuto riapparire solo in una mistica risurrezione, in groppa a un cavallo bianco. Quando una personalita' diventa mito, scompare per sempre come leader in grado di assumersi nella propria carne vulnerabile la responsabilita' del presente. Certo e' difficile scrivere di un fenomeno come Mandela in termini che non siano agiografici. Egli pero' non e' una figura divina, nonostante l'enorme popolarita', e tale popolarita', in un'epoca di proficue trattative fra bianchi e neri, si estende in ogni direzione e va oltre la fiducia e il rispetto riservatogli dai neri e da quei bianchi che hanno partecipato attivamente alla lotta di liberazione dall'apartheid. Mentre scrivevo queste pagine ho sentito al notiziario che, secondo un sondaggio, il 68% degli uomini d'affari sudafricani, desidera che Nelson Mandela diventi il futuro presidente del Sudafrica... Lungi dall'assumere una condizione celestiale, la natura di Mandela e' anzi totalmente e assolutamente umana, l'essenza di un essere umano nel pieno significato che questa espressione dovrebbe, potrebbe avere, ma di rado ha. Egli appartiene fino in fondo a una vita reale vissuta in un luogo e un tempo specifici e nel rapporto di questo luogo e questo tempo con il mondo. E' all'epicentro della nostra epoca; della nostra in Sudafrica e della vostra, ovunque voi siate. Esistono infatti due generi di leader. Ci sono persone che creano il proprio io - la propria vita - mosse dall'ambizione personale, e ci sono persone che creano un proprio io con l'intento di rispondere ai bisogni della gente. Nel primo caso, la spinta viene dall'interno e non ha largo respiro; nel secondo e' una carica di energia che deriva dai bisogni degli altri e dalle loro richieste. Il dinamismo della leadership di Mandela sta nel fatto che egli possiede dentro di se' la qualita' altruistica di saper accogliere questa carica di energia e agire di conseguenza. E' stato un leader rivoluzionario di enorme coraggio, e' un negoziatore politico di talento e saggezza straordinari, uno statista che si adopera per un cambiamento pacifico. Ha sofferto in prigione per oltre un terzo della propria vita ed e' sopravvissuto, uscendone senza pronunciare una sola parola di vendetta. Ha subito numerose disgrazie familiari dovute alla sua reclusione. Ha sopportato tutto questo, e' evidente, non solo perche' la causa della liberta' per il suo popolo in Sudafrica e' stata lo spirito che ha animato la sua vita, ma perche' egli e' uno di quei rari esseri umani che vedono nella famiglia umana la propria famiglia. Quando parla del Sudafrica come la patria di tutti i sudafricani, bianchi e neri, crede in quello che dice. Proprio come quando, in tribunale, dichiaro' solennemente di essere pronto a morire per questo ideale. All'appuntamento con la vittoria c'e' posto per tutti. Attraverso le sue azioni e le sue parole, Mandela dimostra di sapere che senza questa condizione non c'e' vittoria, per nessuno. 2. NADINE GORDIMER: INTRODUZIONE A "STORIE" [Dal sito www.feltrinellieditore.it riprendiamo l'introduzione di Nadine Gordimer all'antologia di AA. VV., Storie, Feltrinelli, Milano 2005, da lei ideata e curata. Il libro, aperto dall'introduzione di Nadine Gordimer, contiene racconti di Arthur Miller, Jose' Saramago, Es'kia Mphahlele, Salman Rushdie, Ingo Schulze, Gabriel Garcia Marquez, Margaret Atwood, Guenter Grass, John Updike, Chinua Achebe, Amos Oz, Paul Theroux, Michel Tournier, Njabulo S. Ndebele, Susan Sontag, Claudio Magris, Hanif Kureishi, Christa Wolf, Woody Allen, Nadine Gordimer, Kenzaburo Oe. I proventi di esso sono destinati alla Treatment Action Campaign. La Treatment Action Campaign, meglio nota come Tac, e' un'organizzazione no profit indipendente i cui fondi sono utilizzati per la cura e il sostegno a persone sieropositive e affette da Aids e per la prevenzione della malattia nel paese con il piu' alto numero di persone colpite, il Sudafrica. Il presidente della Tac e' Zackie Achmat, che convive egli stesso con l'Aids e si prodiga attivamente e con tutte le sue forze a raggiungere gli obiettivi della Tac: accesso alle cure necessarie per le persone sieropositive o affette da Aids, prevenzione attraverso l'informazione e aumento della consapevolezza circa le condizioni di vita nelle zone povere che amplificano le sofferenze e impediscono la nutrizione necessaria all'efficacia delle cure. Achmat e la Tac sono stati candidati al Premio Nobel nel 2004 e nel 2003 all'associazione sono stati conferiti il prestigioso Premio Nelson Mandela per la salute e i diritti umani e il Premio della stampa nazionale per l'ente informativo dell'anno. L'instancabile operato dell'associazione continua a mobilitare non solo il Sudafrica ma il mondo intero, diffondendo la consapevolezza delle disparita' nelle possibilita' di accesso alle cure, col sostegno di gruppi religiosi, civili e individui di spicco. La Tac e' diventata l'associazione guida del Sudafrica per la sensibilizzazione sull'Aids e, attraverso Zackie Achmat, una voce per le persone affette dalla malattia in tutto il mondo (per ulteriori informazioni consultare il sito www.tac.org.za)] Preparatevi a gustare i racconti raccolti per il vostro diletto in questo libro. Sara' un'esperienza unica, sotto due profili. Il primo. Di rado scrittori di fama mondiale, cosi' diversi fra loro e tutti cosi' rilevanti, sono comparsi nell'indice della medesima antologia. I loro racconti abbracciano l'intera gamma delle emozioni e delle situazioni umane: tragedia, commedia, fantasy, satira, drammi di amore e di guerra, in diversi continenti e culture. Il lettore impara a conoscere gli altri, e se stesso, grazie a una rivelazione che solo la narrativa, la veneranda arte dell'affabulazione, ci puo' offrire, e da sempre ci offre. L'arte di raccontare e', insieme con la musica, la forma piu' antica di incanto e intrattenimento. Questi ventuno racconti sono stati scritti da "voci" diverse, secondo stili vivacemente personali, e costituiscono la testimonianza delle meravigliose possibilita' nell'uso della parola fornitaci dai maggiori autori di oggi. Fra di essi si contano cinque vincitori del premio Nobel per la letteratura. Tutti questi scrittori hanno lavorato per offrire il piacere della lettura a chiunque prenda in mano questo insolito e notevolissimo esempio di talento creativo. Il secondo. Questi ventuno scrittori hanno offerto i loro racconti - scegliendo ognuno quello che meglio rappresentasse l'insieme della propria produzione - senza ricevere alcuna retribuzione o royalty. Gli editori dei vari paesi in cui verra' pubblicata l'antologia hanno prodotto il libro rinunciando alle royalty o ai compensi. Perche' questi scrittori e questi editori hanno offerto gratuitamente il loro talento e il loro lavoro? I musicisti hanno donato il loro talento per concerti di musica jazz, pop e classica a favore dei quaranta milioni di uomini, donne e bambini vittime in tutto il mondo dell'Hiv/Aids, meta' dei quali vivono in Africa. Cosi' abbiamo deciso che anche noi dovevamo offrire le nostre capacita', come narratori e come editori, per contribuire a modo nostro a combattere questa malattia pandemica da cui nessun paese, nessuna persona, puo' dirsi al riparo. I diritti d'autore e i profitti ricavati in tutto il mondo dalla vendita di Storie andranno a finanziare programmi per l'educazione preventiva contro l'Hiv/Aids e le cure mediche necessarie alle persone afflitte da questa infezione che tanta sofferenza crea nel mondo d'oggi. Cosi', quando comprerete questa antologia straordinaria, che raccoglie il lavoro di tanti scrittori famosi, per regalarla a qualcuno o per il piacere di leggerla voi, sappiate che il denaro con cui pagate il libro lo state donando per combattere la piaga del nuovo millennio. I racconti non hanno come argomento l'Hiv/Aids, ma i profitti contribuiranno ad aiutare e a sostenere le sue vittime. 3. DANIELA PADOAN INTERVISTA NADINE GORDIMER (2002) [Dal quotidiano "Il manifesto" del 30 giugno 2002, col titolo "Nadine Gordimer, ritratto di un clandestino"] Julie, ragazza bianca e ricca di Johannesburg, rimasta in panne in mezzo al traffico, aggancia Abdu, il meccanico arabo dell'officina a cui si rivolge in cerca di aiuto. Ancor prima di vedere il suo bel viso olivastro, di incontrare lo sguardo distratto dei suoi grandi occhi neri, e' attratta dal suo corpo sdraiato e mezzo nascosto che esce sinuoso da sotto la scocca dell'automobile che sta riparando. Questa la scintilla da cui prende avvio la storia, anche se in realta' l'ultimo romanzo di Nadine Gordimer, L'aggancio, propone fin dal titolo il gioco di un doppio spiazzamento: pickup, nel senso di rimorchiare una persona, ma anche di trainare un'automobile. Il racconto dice di uno scambio tra i due in cui fino all'ultimo non si sa chi sia ad aver agganciato l'altro, anche se - sostiene Nadine Gordimer - tutti finiscono per muoversi da soli verso se stessi. Come in un doppio sogno, tanto Abdu che Julie agiscono sulla spinta di una mancanza: quel che li muove e' il desiderio di qualcosa che esorbiti l'orizzonte soffocante del proprio mondo di appartenenza. Lui fugge da uno di quei paesi dove non si riesce a distinguere la religione dalla politica e dove le forme della persecuzione sono inscindibili dalla poverta', che diventa a sua volta persecuzione. Lei fa parte di una famiglia e di un ambiente di cui disprezza i privilegi, e frequenta un ristretto circolo di intellettuali liberal e bohemien, orgogliosi di mostrare la loro estraneita' ai pregiudizi razziali pur vivendo in un paese che da non molto si e' liberato dall'apartheid. E, tuttavia, si ritrovano ad essere altrettanto prigionieri di rituali di appartenenza e di esclusione. E' lei ad aver attratto Abdu nella sua cerchia, ad averlo forzato a una relazione segnata da una differenza che non pare colmabile? Oppure e' lui che la vuole perche' il corpo di lei e' il solo paese che lo accolga? Perche', altrimenti, nessuno lo riconoscerebbe, non avrebbe un luogo dove andare, ne' alcuna pretesa da far valere? Dopo aver tanto scritto sulla segregazione razziale, Nadine Gordimer indaga la condizione di minorita' di chi si trova costretto a cercare una chance in un paese che non lo vuole, che lo sospetta, che ne regola per legge l'espulsione. Il "problema immigrazione", come ormai viene definito dalle scienze sociali e dalla politica, che lo declinano parlando di flussi e di quote, e' diventato paradossalmente centrale persino nel nuovo Sudafrica, una nazione che e' stata fondata giuridicamente e pragmaticamente sulla discriminazione razziale. Durante l'apartheid le frontiere erano una barriera pressoche' insuperabile ma, da quando e' stato di nuovo possibile circolare liberamente, la nazione piu' ricca del continente africano ha visto arrivare un gran numero di immigrati provenienti dal resto dell'Africa, dall'Asia e dalla Corea. Abdu e' nato in un paese musulmano, desertico, poverissimo. Pur essendo laureato in economia, lavora in nero, sotto falso nome, in un'officina meccanica. Non e' un caso che la sua invisibilita' vada di pari passo con la scomparsa del nome con cui e' stato messo al mondo: con la revoca del nome gli viene sottratta anche l'appartenenza a un mondo, e la possibilita' di muovervisi liberamente. Non e' la prima volta che cerca di varcare le frontiere di uno stato; e' gia' stato respinto da piu' di un paese europeo. Il suo permesso di soggiorno e' scaduto da un anno e ora lo hanno rintracciato, deve lasciare il Sudafrica entro quattordici giorni. Uno scarto improvviso del racconto, il primo di un susseguirsi di capovolgimenti: Julie decide di partire con lui. Lo sposa, e solo allora viene a conoscenza del suo vero nome: Ibrahim ibn Musa. Andra' a vivere con lui in un villaggio nel deserto, in una grande famiglia musulmana composta quasi esclusivamente di donne, che la accoglie dapprima con sospetto e poi con tenerezza. Ma Ibrahim non ha rinunciato a inseguire il suo sogno di ricchezza, di riscatto da una realta' che sente misera e umiliante, e ottiene un visto per l'America. Al momento di partire, pero', Julie decidera' di non seguirlo e di restare con la famiglia che la ha accolta. Nadine Gordimer - a Milano per il festival Milanesiana che, sotto la direzione artistica di Elisabetta Sgarbi, da tre anni propone un vitale dialogo tra scrittura, musica e immagini - parla di Abdu e di Julie come di persone in carne e ossa, di cui spiega e decifra i comportamenti. Individui ancora da comprendere a pieno che, come gli esseri umani, non sono mai raggiungibili da una verita' definitiva, ma continuano a porre interrogativi a chi li osservi. * Il romanzo ha inizio con una scena in cui la ragazza viene coperta di insulti - Idikazana lomlungo, le! E muoviti, maledetta scema! - dagli automobilisti che creano un ingorgo cercando di superare l'ostacolo della sua macchina in panne, e alza le mani, a palmi aperti, in segno di resa. La voce narrante si rivolge al lettore a segnalare quel gesto. Ecco: avete visto. Ho visto. Quel gesto. "Si', si tratta di un gesto per me fortemente significativo - dice Nadine Gordimer -, non e' solo di resa, ma anche di difesa, tanto che, alla fine del romanzo, quando Julie decidera' di non seguire il marito in America, lo ripetera' nello stesso modo. Non amo dilungarmi in descrizioni, nei miei libri; preferisco che le storie balzino fuori cosi', da piccoli gesti". * Nell'Aggancio c'e' un costante richiamo allo sguardo e al modo in cui vengono nominate le cose; occorre guardare oltre lo schermo dell'invisibilita' che fa scomparire le persone - concettualmente prima che fisicamente - e stare attenti alle parole che si usano, sembra dire la Gordimer. Guardare l'altro da se' costituito dall'immigrato clandestino e raccontarne la storia di vita, dirne il nome, significa sottrarlo alla cancellazione, all'essere raccontato come flusso, carico, orda, marea umana, e con tutte quelle immagini con cui, attraverso uno slittamento semantico, dalla parola immigrato si passa a illegale, a clandestino, per finire a criminale, creando un pericoloso sillogismo. In questo libro c'e' un'indicazione profondamente politica, un invito a uscire dallo scacco cui porta l'uso di categorie che lasciano fuori gli esseri umani con i loro nomi, i loro corpi, i loro sentimenti. "Dobbiamo chiederci chi e' un clandestino - riprende a dire Nadine Gordimer -, uno che non ha il permesso di soggiornare in un paese. E' una persona senza futuro, perche' non ha un'identita' da rivendicare. Diventa una presenza illegale, illegittima. E' qui, ma al tempo stesso non e' qui. Vive su una soglia. E' una 'non persona'. Dare corpo, voce, nome, pur nella finzione letteraria, significa non accettare l'esistenza di 'non persone', e questo, certo, e' un atto politico. O, almeno, io mi auguro che lo sia". Abdu conosce lo sguardo del preconcetto che grava su di lui: sono uno spacciatore, dice, sono uno che fa la tratta delle bianche, che viene a rapire le ragazze; saro' un peso per lo stato, rubero' il lavoro a qualcuno, accettero' una paga inferiore di uno del posto. "Questo e' il peso del pregiudizio. Se incontrassimo Abdu seduto su un aereo, accanto a noi, probabilmente lo guarderemmo con sospetto": questo il commento di Gordimer sul personaggio che ha inventato. "E' un arabo, un musulmano, forse un terrorista. Non avremmo il tempo, alcuni forse neanche il desiderio, di sapere chi e' davvero". Quella di Abdu e' una condizione segnata da un'estrema solitudine, anche quando Julie lo introduce nella cerchia dei suoi amici. Piu' di una volta, mentre quelli si lanciano in dissertazioni esistenziali, o anche soltanto in battute che vengono rimandate dall'uno all'altro come passi di una danza ben conosciuta, lui tace, appartato in una reciproca assenza di comprensione. "Mentre scrivevo il libro mi sono resa conto che stavo trattando un problema di portata mondiale, perche' qualunque persona che si trovi in terra straniera, ma in modo particolare un immigrato clandestino, porta con se', o almeno vorrebbe farlo, una parte di quella che e' stata la sua ricchezza, per esempio la lingua. Ma quel che succede e' che deve rinunciare a tutto per cercare di inserirsi nel nuovo mondo in cui e' finito". In Sudafrica la borghesia bianca e' costituita in gran parte da europei. Francesi, italiani, inglesi, che in una scena del libro troviamo raccolti nella lussuosa villa del padre di Julie, tra tartine, pettegolezzi mondani e dissertazioni sui titoli azionari. Sono tutti immigrati per discendenza, anche se hanno seppellito la categoria cui appartenevano i nonni. Alla festa c'e' anche un famoso avvocato nero, e sara' proprio grazie alla sua consulenza che verra' emesso il verdetto di espulsione per Abdu. "Il fatto che sia di colore non cambia assolutamente niente; prima era una vittima, ora e' uno di loro. Anche quest'uomo si aspetta che Julie scelga uno della propria specie, la specie cui appartiene anche lui. D'altro canto il padre, quando Julie decidera' di seguire Abdu nel suo paese, le dira': parti per uno dei piu' brutti, piu' poveri e piu' arretrati paesi del Terzo mondo, per seguire un uomo che e' vissuto qui da clandestino. Tu che ci tieni tanto all'indipendenza e alla liberta', vai dove le donne vengono trattate come schiave. Sei impazzita. Hai scelto di andare all'inferno, a modo tuo. L'inferno. Per Julie, agli occhi del padre, quello e' l'inferno. Il privilegio di chi vive nel primo mondo, ora e' difeso con molta piu' durezza". Inclusi ed esclusi; persone che posseggono molto e persone che non posseggono nulla: e' tra gli have e gli have not, come dicono gli inglesi, che si gioca questa partita a distanza. Julie appartiene a un mondo, Abdu all'altro. Si parlano, si toccano, diventano centrali l'uno nella vita dell'altra, eppure restano reciprocamente intangibili, in qualche modo ignoti. Solo quando Julie comunica al suo amante che ha deciso di partire con lui, abbiamo una sua descrizione, coincidente con lo sguardo di Abdu che, come vedendola per la prima volta, la soppesa, la scruta, la teme inadeguata a quell'altro paese, a quell'altra vita. "Si', lei viene descritta solo quando Abdu la vede, viene ritratta attraverso i suoi occhi. Se l'avessi descritta io - dice l'autrice - lo avrei fatto diversamente. Ma in un certo senso anche Julie vede Abdu per la prima volta, quando, arrivato nel suo paese, acquista una sicurezza dei gesti, una completa padronanza; quando perde la circospezione dell'ospite non desiderato. Ora e' lei a essere completamente spiazzata dalla nuova realta', a essere guardata con diffidenza, giudicata. E' lei adesso quella che deve capire modi di vita, usanze e tradizioni talora inconcepibili per una donna occidentale". * Nella vita di Julie non ci sono state presenze femminili: una madre divorziata partita per gli Stati Uniti insieme a un proprietario di casino'; la raffinata e superficiale moglie francese del padre; persino tra gli amici che frequentano il solito locale vengono tratteggiate solo figure maschili. In quel paese altro, nel paese di Abdu, Julie incontra le donne. Si ritrova a condurre gran parte dell'esistenza quotidiana con loro, divide con loro gli spazi domestici e le cure familiari. Impara a conoscere le bambine, i gesti delle donne di casa quando cucinano o si raccolgono in preghiera, quando si portano lo scialle sul viso per proteggersi dal vento del deserto. Nella famiglia di lui tutto gira intorno alla madre, incarnazione dell'autorita' femminile: sara' lei a sancire l'avvenuta integrazione di Julie, quando le consentira' di starle accanto in cucina e le insegnera' come preparare le sue sapienti ricette. Infine, nella stagione in cui il rih, il vento del deserto, diventa piu' forte, Julie - a cui era concesso di stare a testa scoperta perche' straniera - mette uno scialle sulla testa e prende i costumi delle altre donne. "Puo' darsi che in questo mio libro ci sia un senso della forza femminile, ci sia un ritrovarsi di Julie in quanto donna. Certamente Julie, diversamente da Abdu che vuole di nuovo emigrare per cercare fortuna in America, comincia a credere che occorra restare li', e inventare soluzioni; irrigare un pezzo di deserto, piantare del riso". Julie e' entrata nel paese di lui come estranea e ne e' stata sedotta, agganciata. Agli occhi del marito, che prova un sentimento difficile, amaro, nei suoi confronti, le donne diventano inspiegabilmente alleate della straniera. "La fiducia che Abdu ha nell'amore di lei, o per meglio dire in quella che chiama la sua devozione, e' gravata da una sorta di risentimento: teme che un giorno lo lascera', per tornare ai suoi privilegi. Julie fa parte dei padroni del mondo, di quelli che possono comprare un biglietto, mostrare un passaporto e farsi riaccogliere in qualsiasi momento nel proprio mondo". Prima o poi accadra', e dunque meglio non far conto su quell'amore. Meglio rilanciare i dadi e cercare ancora una volta una possibilita' di riscatto, di fuga da un luogo che ormai non gli puo' piu' bastare. Abdu parte, Julie resta nella casa ai bordi del deserto. Non sappiamo cosa accadra'; se raggiungera' il marito in America, se lui tornera', se lei restera' a vivere nel paese che l'ha accolta oppure, davvero, prima o poi, tornera' alla sua vecchia vita. "Quel che conta - conclude Nadine Gordimer - e' che le traiettorie delle loro esistenze si sono, imprevedibilmente, incontrate, ed entrambi hanno deciso di mettersi in gioco nel mondo, accettando lo spiazzamento dato dallo sguardo dell'altro". 4. ET COETERA Nadine Gordimer e' una delle piu' grandi scrittrici contemporanee, sudafricana, impegnata contro l'apartheid, Premio Nobel per la letteratura. Opere di Nadine Gordimer: oltre i suoi numerosi volumi di racconti e romanzi (tra cui: Un mondo di stranieri, Occasione d'amore, Il mondo tardoborghese, Un ospite d'onore, La figlia di Burger, Luglio, Qualcosa la' fuori, Storia di mio figlio, Un'arma in casa, Occasione d'amore, L'aggancio, Sveglia!, Il salto, Beethoven era per un sedicesimo nero, tutti presso Feltrinelli; Il bacio del soldato, presso La Tartaruga) segnaliamo Vivere nell'interregno, Feltrinelli, Milano 1990; Scrivere ed essere, Feltrinelli, Milano 1996; Vivere nella speranza e nella storia. Note dal nostro secolo, Feltrinelli, MIlano 1999; Scrivere e' vivere. Scritti e interviste, Datanews, Milano 2007. Opere su Nadine Gordimer: AA. VV., Nadine Gordimer: a bibliography of primary and secondary sources, 1937-1992, Hans Zell, London 1994. Dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo per stralci la seguente scheda: "Nadine Gordimer (Johannesburg, 20 novembre 1923) e' una scrittrice sudafricana, autrice di romanzi e saggi, vincitrice del Booker Prize nel 1974 e del Premio Nobel per la letteratura nel 1991. Nel gennaio 2007 le viene assegnato il Premio Grinzane Cavour per la Lettura. Nasce a Springs, centro minerario nell'area urbana a est di Johannesburg (East Rand) nella provincia del Gauteng, da Isidore e Nan Gordimer. I suoi genitori sono entrambi immigranti ebrei: il padre si era trasferito in Sudafrica dalla Lettonia, la madre da Londra. Vive a Johannesburg... La madre la spinge sin da piccola a leggere e a interessarsi al mondo che la circonda: comincia cosi' a scoprire il razzismo di cui e' permeata la societa' in cui vive. Si iscrive alla University of Witwatersrand... qui tocca con mano le barriere esistenti fra i giovani studenti bianchi e i neri anche nell'istruzione universitaria. In questi anni entra in contatto con l'African National Congress e inizia la sua lotta contro la discriminazione razziale. Negli anni '60 e '70 insegna in alcune universita' degli Stati Uniti. Si batte contro l'apartheid. Molte delle sue opere affrontano la questione delle tensioni morali e psicologiche dovute alla segregazione razziale in atto nella sua patria. La sua prima pubblicazione e' un breve racconto per bambini, The Quest for Seen Gold, apparso sul "Children's Sunday Express" nel 1937. La sua prima raccolta, Face to Face (Faccia a faccia), e' pubblicata nel 1949. Il primo romanzo The Lying Days, e' pubblicato nel 1953. Fra i membri fondatori del Congress of South African Writers, Nadine Gordimer e' stata premiata con numerosi titoli onorifici... Bibliografia: a) Romanzi: The Lying Days (I giorni della menzogna) (1953); A World of Strangers (Un mondo di stranieri) (1958); Occasion for Loving (Occasione d'amore) (1963); The Late Bourgeois World (Il mondo tardoborghese) (1966); A Guest of Honour (Un ospite d'onore) (1970); The Conservationist (Il conservatore) (1974), vincitore del Booker prize nel 1974; Burger's Daughter (La figlia di Burger) (1979); July's People (Luglio) (1981); A Sport of Nature (Una forza della natura) (1987); My Son's Story (Storia di mio figlio) (1990); None to Accompany Me (Nessuno al mio fianco) (1994); The House Gun (Un'arma in casa) (1998); The Pickup (L'aggancio) (2001); Get a Life (2005); b) Raccolte di racconti: Face to Face (Faccia a faccia) (1949); Town and Country Lovers; The Soft Voice of the Serpent (La voce soave del serpente) (1952); Six feet of the Country (1956); Not for Publication (1965); Livingstone's Companions (I compagni di Livingstone) (1970); Selected Stories (1975); No Place Like: Selected Stories (1978); A Soldier's Embrace (1980); Something Out There (Qualcosa la' fuori) (1984); Correspondence Course and other Stories (1984); The Moment Before the Gun Went Off (1988); Jump: And Other Stories (Il salto) (1991); Why Haven't You Written: Selected Stories 1950-1972 (1992); Loot: And Other Stories (2003); c) Teatro: The First Circle (1949) pub. in Six One-Act Plays; d) Saggi: The Essential Gesture (1988); The Black Interpreters (1973); Writing and Being (Scrivere ed essere. Lezioni di poetica) (1995); e) Altre opere: On the Mines (1973); Lifetimes under Apartheid (1986)". * Nelson Mandela e' il piu' grande rappresentante vivente della lotta contro il razzismo, per la dignita' di ogni essere umano; nato nel 1918, tra i leader principali dell'African National Congress, nel 1964 e' condannato all'ergastolo dal regime razzista sudafricano; non accetta nessun compromesso, nel corso dei decenni la sua figura diventa una leggenda in tutto il mondo; uscira' dal carcere l'11 febbraio 1990 come un eroe vittorioso; premio Nobel per la pace nel 1993, primo presidente del Sudafrica finalmente democratico. Opere di Nelson Mandela: fondamentale e' l'autobiografia Lungo cammino verso la liberta', Feltrinelli, Milano 1995; tra le raccolte di scritti ed interventi pubblicate prima della liberazione cfr. La lotta e' la mia vita, Comune di Reggio Emilia, 1985; La non facile strada della liberta', Edizioni Lavoro, Roma 1986; tra le raccolte pubblicate successivamente alla liberazione: Tre discorsi, Centro di ricerca per la pace, Viterbo 1991; Contro ogni razzismo, Mondadori, Milano 1996; Mai piu' schiavi, Mondadori, Milano 1996 (il volume contiene un intervento di Nelson Mandela ed uno di Fidel Castro). Opere su Nelson Mandela: Mary Benson, Nelson Mandela: biografia, Agalev, Bologna 1988; FranÁois Soudan, Mandela l'indomabile, Edizioni Associate, Roma 1988; Jean Guiloineau, Nelson Mandela, Mondadori, Milano 1990; John Vail, I Mandela, Targa Italiana, Milano 1990; Fatima Meer, Il cielo della speranza, Sugarco, Milano 1990. Si vedano anche Winnie Mandela, Finche' il mio popolo non sara' libero, Sugarco, Milano 1986; Nancy Harrison, Winnie Mandela, Jaca Book, Milano 1987. * Zackie Achmat, nato nel 1962, attivista per i diritti umani sudafricano, ha preso parte alla lotta antiapartheid, nel 1998 ha fondato l'organizzazione non governativa "Treatment Action Campaign" contro la diffusione del virus Hiv e per il riconoscimento di un pieno diritto alle cure per i malati di Aids; nel 2007 gli e' stato conferito il Premio Alexander Langer. * Daniela Padoan e' una prestigiosa giornalista e saggista femminista. Dalla bella rivista "Via Dogana" riprendiamo la seguente scheda di presentazione: "Daniela Padoan collabora con la televisione e la stampa, in particolare con 'Il manifesto'. Nel pensiero della differenza ha trovato un tassello mancante, degli elementi in piu' per la lettura di avvenimenti attuali e storici come la vicenda delle Madres de la Plaza de Mayo ("la lotta politica forse piu' radicale di questi decenni"), o la Shoah, che Daniela ha indagato in un suo libro, attraverso tre conversazioni con donne sopravvissute ad Auschwitz (Come una rana d'inverno, Bompiani, Milano 2004)". Opere di Daniela Padoan: Miti e leggende del mondo antico, Sansoni scuola, Firenze 1996; Miti e leggende dei popoli del mondo, Sansoni scuola, Firenze 1998; (a cura di), Un'eredita' senza testamento, Quaderni di "Via Dogana", Milano 2001; (a cura di), Il cuore nella scrittura. Poesie e racconti delle Madres de Plaza de Mayo, Quaderni di "Via Dogana", Milano 2003; Come una rana d'inverno, Bompiani, Milano 2004; Le Pazze. Un incontro con le Madri di Plaza de Mayo, Bompiani, Milano 2005. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 172 del 26 aprile 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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