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Minime. 438
- Subject: Minime. 438
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 27 Apr 2008 00:58:42 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 438 del 27 aprile 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Il sostegno dello scienziato Stefano Montanari al comitato che si oppone al devastante mega-aeroporto a Viterbo 2. Domenica 27 aprile 2008 la trasmissione televisiva "Report" sullo scandalo degli aeroporti 3. Oscar Reyes: Emissioni nocive 4. Michele Vollaro: Un disastro ambientale 5. Meidyatama Suryodiningrat: Pregiudizio 6. Anna Curcio presenta "La cultura e il potere" di Stuart Hall e Miguel Mellino 7. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. SOLIDARIETA'. IL SOSTEGNO DELLO SCIENZIATO STEFANO MONTANARI AL COMITATO CHE SI OPPONE AL DEVASTANTE MEGA-AEROPORTO A VITERBO [Riportiamo il seguente comunicato del 26 aprile 2008 del Comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo. Su Stefano Montanari dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo per stralci la seguente scheda: "Stefano Montanari (Bologna, 7 giugno 1949) e' uno scienziato italiano, ricercatore e studioso di nanopatologie; risiede a Modena dove e' direttore scientifico del laboratorio di ricerca modenese Nanodiagnostics, presieduto da sua moglie Antonietta Gatti (scopritrice delle nanopatologie). Laureato in Farmacia nel 1972 presso l'Universita' di Modena con una tesi di Microchimica, diviene poi consulente tecnico di Biosa SpA, Milano, azienda operante nel settore cardiochirurgia, cardiologia ed emodialisi. Nella decade 1985-1995 e' consulente scientifico di Angiocor - Lille (Francia) per lo sviluppo di filtri per vena cava. Nel periodo 1997-1999 diviene direttore scientifico del progetto Biosa per lo sviluppo di una valvola cardiaca di pericardio bovino. Nel periodo 1996-2003 consulente scientifico di Aln - Bormes les Mimosas (Francia) per lo sviluppo di un filtro per vena cava estraibile. Nel 2003 e' consulente scientifico del Progetto mondiale per l'applicazione ultrafase alle tecniche di elettrocardiografia. Dal marzo 2004 e' direttore scientifico del laboratorio Nanodiagnostics di Modena. Dal 2004 e' consulente di Avigolfe, l'associazione dei reduci francesi dalle guerre del Golfo e dei Balcani. Dal 2001 e' consulente per il progetto europeo ìNanopathologyî. Dal 1985 e' consulente del laboratorio di biomateriali dell'Universita' di Modena. Dal 5 ottobre 2004, insieme alla dottoressa Antonietta Gatti, e' consulente della Foundation for Advancement of Science and Education di Los Angeles per i problemi sanitari legati alle nanopatologie dei sopravvissuti al crollo delle Torri Gemelle di New York. Dal 2004 sono incaricati dall'ente scientifico americano Fase di studiare un metodo di detossificazione per i 400.000 soggetti ammalatisi di nanopatologie, a seguito del crollo delle Torri Gemelle di New York (11 settembre 2001). Insieme, i due ricercatori hanno una convenzione con l'Osservatorio militare per le indagini sui soldati ammalati di Sindrome del Golfo e dei Balcani e un'analoga convenzione con Avigolfe, l'ente francese che si occupa dello stesso problema. Il laboratorio Nanodiagnostics e' consulente della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle patologie cosiddette da uranio impoverito (altra nanopatologia). Sono ambedue consulenti della Procura della Repubblica di Rovigo per il processo a carico dell'Enel (inquinamento ambientale). Sono altresi' consulenti di un consorzio di comuni friulani che fanno capo al comune di Udine per l'inquinamento ambientale prodotto da un'acciaieria. Inventore di un filtro per vena cava estraibile, di una valvola cardiaca protesica, di un sistema per drenaggio pleurico, di un'apparecchiatura per elettrofisiologia e stimolazione cardiaca transesofagea e stimolazione cardiaca transvenosa, di cateteri per elettrofisiologia transesofagea, di un sistema per la misura della produzione oraria di urina, di una sacca per urina con un sistema per prevenire le infezioni retrograde. E' insegnante a vari corsi di aggiornamento medico e tecnico sulla filtrazione cavale. E' insegnante a vari corsi di aggiornamento medico e tecnico e a master internazionali sulle nanopatologie. Autore di articoli scientifici sulla tecnica della filtrazione cavale e sulle tecniche di prevenzione della tromboembolia polmonare. Coautore del libro Malattia tromboembolica venosa e filtri cavali, curato da Claudio Rabbia e Guglielmo Emanuelli, pubblicato nel 2000 da Edizioni Minerva Medica. Tiene regolarmente conferenze sulle nanopatologie in Italia e all'estero. Durante l'anno 2006 gira l'Italia in tournee insieme al comico genovese Beppe Grillo per portare i cittadini a conoscenza dei suoi studi sulle nanopolveri e le conseguenti patologie (nanopatologie) causate da diversi fattori, tra cui l'incenerimento dei rifiuti. La sua attivita' di divulgazione sull'argomento ha prodotto anche due libri pubblicati da Macro Edizioni: un libro con dvd allegato, L'insidia delle polveri sottili, e un libro dal taglio piu' autobiografico, Il girone delle polveri sottili, dove, a fianco della divulgazione scientifica, racconta delle ostilita' incontrate dalla sua ricerca in ambito accademico e politico] Il professor Stefano Montanari, uno dei piu' noti scienziati italiani, ricercatore e studioso di nanopatologie, direttore scientifico del laboratorio di ricerca "Nanodiagnostics" di Modena, ha espresso la sua piena solidarieta' all'iniziativa del Comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti. La solidarieta' del professor Montanari si aggiunge a quella espressa da altri illustri scienziati, come Angelo Baracca, Giovanni Berlinguer, Virginio Bettini, Luigi Cancrini, Marcello Cini, Paul Connett, Giorgio Cortellessa, Giuseppe Nascetti, Giorgio Nebbia, Gianni Tamino, Federico Valerio. L'impegno del comitato che si oppone al devastante mega-aeroporto di Viterbo sta ottenendo sostegni sempre piu' vasti a livello non solo locale, ma nazionale ed internazionale, particolarmente in ambito scientifico e medico, poiche' tutti gli studi scientifici concordano sulla gravita' delle conseguenze di simili opere ed attivita' per la salute delle persone e per l'ambiente di vita. 2. INFORMAZIONE. DOMENICA 27 APRILE 2008 LA TRASMISSIONE TELEVISIVA DI RAI TRE "REPORT" SULLO SCANDALO DEGLI AEROPORTI [Riportiamo il seguente comunicato del 26 aprile 2008 del Comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo dal titolo completo "Domenica 27 aprile 2008 la trasmissione televisiva "Report" sullo scandalo degli aeroporti. Nel corso della trasmissione intervistati i rappresentanti del comitato che si oppone al devastante mega-aeroporto di Viterbo". Giovanna Boursier, giornalista, e' anche una studiosa che ha dedicato particolare attenzione ed importanti ricerche alla storia e alla cultura dei rom, alla storia della lotta partigiana in Italia, allo sterminio nazista. Nata a Torino nel 1966, laureata in lettere e filosofia; ha realizzato diversi documentari e reportage di documentazione sociale; dopo aver collaborato come regista ai programmi Rai Diario italiano e La base inizia a lavorare come videogiornalista per Report nel 2002; per Report ha realizzato, tra le altre, le inchieste Amianto sul mare (2002), Clandestini (2004) e Perche' le centrali? (2004); nel 1994 e' stata consulente storica e della regia del documentario Pane, pace e liberta' di Mimmo Calopresti; nel 1995 collabora alla ricerca storica del documentario Torino in guerra di Guido Chiesa; l'anno successivo collabora alla regia del documentario Confini di Mimmo Calopresti e sempre con lui realizza Tutto era Fiat; dal 1999 viene coinvolta nel progetto Shoah Visual History Foundation di Steven Spielberg, come intervistatrice; nel 2001 vince il Premio Cipputi al Torino Film Festival; nel 2002 ha realizzato, insieme a Pierfranco Milanese, il documentario Storie di lotte e deportazione; attualmente vive a Roma] Domenica 27 aprile alle ore 21,30 su Rai Tre andra' in onda una puntata del programma "Report" dal titolo "Chi non vola e' perduto", di Giovanna Boursier. Nel corso della trasmissione verranno intervistati anche i rappresentanti del Comitato che si oppone al devastante mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo. * Dal sito di "Report", www.report.rai.it, riportiamo il comunicato che annuncia la trasmissione. "A Siena vogliono ampliare il piccolo scalo di Ampugnano e farlo diventare un grande aeroporto per traffico internazionale. A pochi chilometri di distanza c'e' un altro piccolo scalo civile, Grosseto, e anche li' vorrebbero ingrandirsi. E a soli 100 chilometri di distanza ci sono gli aeroporti di Firenze e Pisa, che da soli sarebbero sufficienti a coprire il traffico regionale. A Roma, oltre a Fiumicino, c'e' Ciampino: la pista e' a poche centinaia di metri dalle case e il traffico civile in aumento. Lo trasferiranno, forse, a Viterbo. Nella pianura padana c'e' un aeroporto ogni 50 km, perche' ognuno vuole il suo sotto casa, anche se e' in perdita. Intorno a Malpensa ce ne sono addirittura una decina. Gli aeroporti sostituiscono gli investimenti nelle strade e nella rete ferroviaria o il servizio navetta che collega i maggiori aeroporti. Sono 45 gli scali aperti al traffico civile commerciale. Conti alla mano i piccoli aeroporti sono piu' un costo che un beneficio, e contribuiscono a disperdere i finanziamenti. Alcuni hanno solo 100 passeggeri l'anno, altri poche migliaia. Le societa' di gestione, che in gran parte sono pubbliche, spesso sono in perdita, pensano di risanare i loro bilanci ingrandendo gli aeroporti. La strada e' quella di aprire alle compagnie "low cost". La societa' di gestione applica a queste compagnie tariffe scontatissime e gli accordi sono segreti. Su tali accordi, pero', sta indagando l'Unione Europea. Il governo e' caduto proprio quando il Ministro dei Trasporti stava per presentare il Piano degli Aeroporti per regolare il sistema. A confronto con gli aeroporti spagnoli e i loro sistemi di collegamento". 3. RIFLESSIONE. OSCAR REYES: EMISSIONI NOCIVE [Dal quotidiano "IL manifesto" del 9 febbraio 2008, col titolo "Inquinamento a norma Ue" e il sommario "Co2 e agrocarburanti. La promessa di ridurre del 20% le emissioni nocive nasconde in realta' l'ennesimo regalo fatto alle grandi corporations". Oscar Reyes, giornalista e docente universitario inglese (Londra, 1977), esperto sulle questioni del carbone, degli agrocarburanti, della globalizzazione, e' responsabile della conmunicazione del Transnational Institute (sito: www.tni.org), direttore della rivista "Red Pepper", autore di molti saggi, collabora con vari quotidiani (tra cui "The Guardian") e riviste internazionali] Promettendo di tagliare del 20% le emissioni di biossido di carbonio entro il 2020, e di raggiungere l'obiettivo di una quota pari al 20% del consumo energetico totale dell'Unione Europea in risorse rinnovabili, l'Ue si propone ora come leader mondiale della lotta al cambiamento climatico. Ma se scaviamo un po' piu' a fondo, l'intero progetto appare come un'operazione di facciata per consentire alle grandi corporations di continuare a inquinare. Al cuore delle proposte della Commissione europea, annunciate in questi giorni, c'e' la previsione che la direttiva europea sul mercato delle emissioni (Eu Emissions Trading Scheme) fara' pagare a caro prezzo le emissioni di carbonio, e che cio' incoraggera' il passaggio all'energia rinnovabile. A questo si aggiunge l'obiettivo di una quota pari al 10% nell'uso degli agrocarburanti per i trasporti entro il 2020. Entrambe le misure adottate sono profondamente insoddisfacenti. Innanzitutto, la Commissione parte dal presupposto che la direttiva, la quale concede "permessi di inquinare" all'industria, offrira' un mezzo pratico per raggiungere il suo obiettivo. Finora tali permessi erano stati concessi gratuitamente, cosa che si e' tradotta in una manna per le industrie ad alto consumo energetico. La direttiva propone ora di mettere all'asta la maggior parte di queste licenze di inquinare, anche se una forte pressione da parte delle corporation ha portato a una serie di eccezioni e ritardi. Di fatto, l'Ue sta offrendo alle industrie inquinanti una lunga proroga. E questo, nonostante vi sia una mole di evidenze - a partire da quelle del Comitato intergovernativo sul mutamento climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change) - secondo le quali i prossimi 15 anni saranno il periodo cruciale per contrastare il cambiamento climatico. * La pressione dei lobbisti Ma la direttiva europea presenta anche problemi piu' gravi, come ha dimostrato il fallimento della sua prima fase (dal 2005-'07). Sotto la pressione dei lobbisti, l'Ue e' stata oltremodo generosa nella sua allocazione di crediti di carbonio. Il risultato e' che piu' del 90% degli impianti dell'industria pesante interessati dalla direttiva hanno emesso meno della loro quota di crediti gratuiti. Il valore di mercato dei crediti e' crollato, l'inquinamento ha continuato a crescere rapidamente, e le compagnie interessate hanno fatto miliardi di profitti insperati, trasferendo i "costi" immaginari sui consumatori. La seconda fase, iniziata in gennaio, impone limiti piu' rigidi al numero di crediti allocati in Europa. Ma le scappatoie restano. In particolare, le compagnie ora possono importare i crediti dal Sud del mondo; questo offre loro un mezzo economico per compensare la mancata riduzione di emissioni in Europa. I crediti sono generati attraverso il "meccanismo di sviluppo pulito" o Cdm (Clean Development Mechanism), introdotto nell'ambito del Protocollo di Kyoto con la speranza che la mano nascosta del mercato potesse guidare gli investimenti verso una maggiore efficienza energetica e verso progetti per l'energia pulita in grado di aiutare i paesi in via di sviluppo. Nella pratica pero' il Cdm e' cosi' complesso e pieno di scappatoie, che piu' di un terzo del suoi progetti si sono rivelati interamente artefatti, mentre gli altri generano grossi profitti senza fare molto per tagliare le emissioni. Per fare un solo esempio: recentemente ho visitato una raffineria di olio di palma grezzo a Riau, in Indonesia, che ha ricevuto 8 milioni di dollari dal Cdm per ampliare le sue attivita'. Tuttavia, la Pt Murini Samsam, di proprieta' del gruppo Wilmar, uno dei principali produttori al mondo di biodiesel ricavati dalla palma, si serve del frutto della palma, che viene coltivata su terreni recentemente deforestati e ricoperti di torba. Questi terreni sono incredibilmente ricchi di carbonio, e il suo rilascio produce emissioni di carbonio molto maggiori di quante non se ne risparmino passando agli agrocarburanti. Le preoccupazioni per queste emissioni, insieme ai rischi che corre l'offerta alimentare e al timore di forti conflitti per la terra, hanno portato Ong, scienziati e un numero crescente di politici a mobilitarsi contro la politica dell'Unione Europea di promozione degli agrocarburanti. Per tutta risposta, l'Ue ora sottolinea il fatto che il suo obiettivo relativo agli agrofuels sara' accompagnato da quello che il presidente della Commissione Jose' Manuel Barroso ha definito "il piu' completo sistema sostenibile per la certificazione dei biocarburanti". Ma questi criteri non rispondono alle principali obiezioni di natura ambientale e sociale che sono state sollevate. Le maggiori preoccupazioni riguardano l'impatto degli agrocarburanti sulla sicurezza alimentare. La questione riguarda in parte la concorrenza tra coltivazioni finalizzate alla produzione di cibo e di carburante. Lo scorso ottobre Jean Ziegler, rapporteur dell'Onu sul diritto al cibo, ha dichiarato che la destinazione di terra arabile alla produzione di carburante invece che alla produzione alimentare e' un "crimine contro l'umanita'". Ma e' l'effetto sui prezzi degli alimenti a potersi rivelare l'aspetto piu' dannoso dell'espansione dell'agrofuel. Le persone piu' povere al mondo spendono dal 50 all'80% del reddito domestico per nutrirsi - ed e' la poverta', non la scarsita', la principale causa della fame. Le rivolte per il cibo in Messico sono gia' state attribuite all'aumento dei prezzi, dovuto allo sviluppo degli agrocarburanti. Vi sono evidenze crescenti secondo le quali "l'aumento della domanda di agrocarburanti sta causando cambiamenti radicali nei mercati agricoli che potrebbero far salire i prezzi a livello mondiale per molti prodotti", come si legge nel rapporto Ocse-Fao Agricultural Outlook 2007-2016. * Agrofuels? Sostenibilita' zero La sostenibilita' ambientale dello sviluppo degli agrocarburanti e' stata anch'essa messa in discussione. Un quinto delle emissioni annuali di carbonio provengono dalla deforestazione, e i carburanti coltivati su terreni a disboscamento recente - come quelli di Riau - accrescono le emissioni invece di ridurle. A questo proposito, la direttiva Ue afferma che gli agrocarburanti prodotti su terreni di "alto valore per la biodioversita'" non saranno conteggiati ai fini del soddisfacimento dell'obiettivo. Ma mentre si chiude una porta, se ne apre un'altra. Il problema non e' solo che le nuove piantagioni sradicano gli alberi, ma anche che trasferiscono su terra disboscata altre attivita' agricole: un cambiamento strutturale che nessun "criterio di sostenibilita'" puo' contemplare. Le proposte di sostenibilita' della Commissione sono estremamente carenti anche rispetto ad altre questioni ambientali, ne' si prevedono provvedimenti decisi per contrastare l'effetto dei raccolti destinati alla produzione di carburante sulla degradazione del suolo o sulla scarsita' dell'acqua. Nel frattempo le questioni sociali e del lavoro sono, semplicemente, ignorate del tutto dai criteri Ue. Eppure, come ha denunciato l'Oxfam lo scorso novembre, se l'attuale boom degli agrofuels continuera' di questo passo, milioni di persone rischiano di essere sradicate dalla loro terra. Inoltre le piantagioni di canna da zucchero e olio di palma, ossia i terreni dove si produrrebbero gli agrocarburanti, vantano un triste record riguardo alle condizioni dei lavoratori, ivi compreso lo sfruttamento di manodopera coatta. Dato che i "criteri di sostenibilita'" dell'Ue sono cosi' insoddisfacenti, molti attivisti ora chiedono una moratoria sugli obiettivi dell'Ue e sugli incentivi all'uso degli agrocarburanti. In assenza di una tale moratoria, o di misure per superare la direttiva europea, il nuovo clima e la nuova "roadmap" energetica dell'Ue ci indirizzano nella direzione sbagliata. Focalizzandosi sul costo del carbonio, piuttosto che sulle regole per tagliare le emissioni nei singoli paesi, la direttiva sta offrendo agli inquinatori gli strumenti per sottrarsi - pagando - all'azione di contrasto del cambiamento climatico. Insistendo con gli obiettivi relativi agli agrocarburanti, essa aggrava il problema incentivando misure che faranno aumentare le emissioni. E fissando sui tagli un obiettivo del 20%, invece di quei tagli dall'80 al 90% entro il 2030 invocati dai climatologi, ha dimostrato una mancanza di ambizione che nessun discorso sulla "leadership" nel contrasto del cambiamento climatico puo' veramente nascondere. 4. AMBIENTE. MICHELE VOLLARO: UN DISASTRO AMBIENTALE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 febbraio 2008, col titolo "Un disastro ambientale nella Valle del Sacco". Michele Vollaro scrive sul quotidiano "Il manifesto"] Bisogna ormai metterla tra i siti piu' inquinati d'Italia, come il complesso petrolchimico di Porto Marghera, quelli siciliani di Gela e di Priolo, o l'impianto Ilva di Taranto. Si tratta della Valle del fiume Sacco, tra Roma e Frosinone: qui, nel 2005, e' scoppiata una vera e propria emergenza ambientale e piu' di cinquanta aziende agricole e zootecniche hanno visto la loro attivita' irrimediabilmente distrutta dall'avvelenamento dei terreni. L'allarme e' scattato quando decine di capi di bestiame hanno misteriosamente cominciato a morire. E' risultato poi che il latte prodotto da bovini e ovini che hanno sempre pascolato lungo la media valle del fiume e' inquinato dal beta-esaclorocicloesano, un antiparassitario simile al Ddt, presente in concentrazioni anche 2000 volte superiori ai limiti permessi dalla legge. Il beta-esaclorocicloesano per la verita' era gia' comparso nella Valle del Sacco: nel 1990 altri controlli ne avevano segnalato la presenza. Un'inchiesta giudiziaria rivelo' che la Snia-Bpd, un'industria di Colleferro, aveva interrato per decenni gli scarti della sua produzione di pesticidi e materiale bellico in un'area vicino il fiume. durante l'indagine un operaio, Luigi Mattei, ha ricordato che spesso le aziende della zona lasciavano i loro rifiuti, incluso l'amianto, in discariche all'aperto vicino al fiume. Il tribunale di Velletri ingiunse allora alla Snia di bonificare l'area di sua proprieta', ma l'industria chimica non agi' di conseguenza, proponendo anzi al Ministero dell'ambiente di realizzare in quel sito una discarica destinata ai rifiuti tossici. Un modo per aggirare il provvedimento del tribunale e tradurre un problema in un affare. La discarica non e' stata autorizzata, ma, d'altra parte, nessuno si e' mosso per decontaminare i terreni del Sacco. Finche' nel 2005 scoppia di nuovo il "caso" ambientale. In breve tempo e' stato necessario vietare l'uso dei foraggi dell'area, poi di produrre latte e carne: finche' il 19 maggio di quell'anno il governo ha dichiarato lo stato di emergenza socio-economico-ambientale per i comuni di Colleferro, Segni e Gavignano in provincia di Roma e per quelli di Paliano, Anagni, Ferentino, Sgurgola, Morolo e Supino in provincia di Frosinone. Da allora nella Valle del Sacco e' vietata la produzione agricola a scopo alimentare. Gli abitanti di un'intera valle si sono chiesti cosa fare per bonificare quelle terre, per non far morire l'agricoltura. Gli amministratori regionali hanno risposto con un progetto pilota per la produzione di biocarburanti. Attraverso la coltivazione di particolari sementi, dicono, si avrebbe una progressiva decontaminazione dei terreni inquinati e insieme si aprirebbe una filiera agricola capace di soddisfare il 5% del fabbisogno di carburante per il trasporto pubblico regionale. Il progetto, proposto dalla Regione Lazio e sottoscritto dalla Coldiretti, prevedeva di coltivare circa centomila ettari a colza e a girasole. "Biocarburanti" e' una parola ambigua: dovrebbe indicare quei carburanti di origine "bio", naturale. Anche il petrolio nasce dalla materia organica, rimasta sepolta in assoluta assenza di ossigeno per secoli. Per "biocarburanti" pero' oggi si intendono quelli ottenuti dalla lavorazione di derrate agricole e dalle biomasse - "agrocarburanti". Negli ultimi anni, tra il rincaro del prezzo del greggio e l'esaurimento delle riserve petrolifere, molti governi ne hanno incentivato la produzione: l'Italia, secondo lo studio Biofuels Country Attractiveness Index della Ernst & Young, e' al nono posto al mondo per gli investimenti nel settore, e l'Unione Europea nel 2007 ha stanziato 785 milioni di euro a beneficio di questo comparto. E pero' convertire vaste estensioni agricole al biocarburante significa togliere terra alla produzione alimentare, e quindi far rincarare il cibo. Intanto, nella Valle del Sacco, i produttori locali aspettano ancora che il progetto agroenergetico sia avviato. Intanto hanno cominciato a organizzarsi in proprio per produrre biogas dai rifiuti organici e dal letame degli allevamenti. 5. MONDO. MEIDYATAMA SURYODININGRAT: PREGIUDIZIO [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo, dal titolo "Pregiudizio a piede libero". Meidyatama Suryodiningrat e' giornalista del "Jakarta Post"] I primi musulmani chiamavano la loro fede "tazakka", per descrivere gli sforzi del raffinare se stessi negli insegnamenti di compassione e virtu'. Il loro credo non era semplicemente concentrato su un canone monoteista, ma era un'esegesi del coltivare un se' responsabile, capace di avere cura. L'Indonesia si sta rendendo conto che la "religione della pace", a cui aderiscono l'88% dei suoi cittadini, e' stata corrotta dall'intolleranza. La liberta' di culto e' diventata il diritto al pregiudizio. Nell'anno trascorso (2007) siamo di continuo stati testimoni di uno sciovinismo religioso che lo stato ha, intenzionalmente o no, aiutato a perpetuare. Le aggressioni al complesso di Ahmadiyah, nell'ovest di Giava, del dicembre 2007, sono un altro esempio di come il nome dell'Islam venga usato per mantenere soggiogati coloro che sfuggono al controllo dei sensali appartenenti alla religione organizzata prevalente. L'articolo 29 della Costituzione emendata del 1945 garantisce la liberta' di culto in accordo alla religione o alle credenze di un individuo. Nondimeno, chi si definisce con denominazioni alternative viene incarcerato per blasfemia e filosofi coranici liberali, come Nasr Hamid Abu Zayd, sono minacciati e molestati sino ad essere ridotti al silenzio. Sebbene l'Islam storicamente non abbia mai accettato una gerarchia clericale, l'Indonesia continua a mantenere con i propri fondi statali il Consiglio indonesiano degli ulema (Ciu), che funge da polizia del pensiero islamica. Si tratta di quell'organizzazione i cui ulema proibiscono a persone di fedi differenti di sposarsi, hanno giudicato intollerabilmente peccaminoso l'avere un presidente donna, hanno dichiarato "haram" (proibito) il software privo di licenza, hanno decretato che non si devono festeggiare membri di altri fedi nelle loro ricorrenze sacre, e hanno definito "dannati" il liberalismo ed il pluralismo perche', come il chierico membro del Consiglio Umar Shihab ha detto: "Non accettano la poligamia, mentre l'Islam si'". Il Ciu ha tentato di scansare le proprie responsabilita' stigmatizzando gli attacchi ad Ahmadiyah, omettendo il fatto che era stato il loro editto a creare tutto quell'odio. Ci sono dozzine di differenti sette islamiche nel mondo. E' il Ciu cosi' divino da poter dichiarare gli sciiti, i sufi, gli zaidi, gli alawi o i nizari "non-islamici"? Quale presunzione li spinge a dichiarare che l'Aga Khan e gli ismaeliti sono meno devoti di loro? Lo stato ha perpetuato queste pratiche tiranniche cedendo alle richieste del Ciu in materia religiosa, e discrimina le persone appartenenti a "fedi non riconosciute" complicando le richieste per ottenere la registrazione all'anagrafe, i certificati di nascita e le licenze di matrimonio. Diverse leggi hanno esteso il potere di questo "nuovo ordine" permettendo a funzionari statali di investigare su gruppi che aderiscono a credi mistici. I padri fondatori dell'Indonesia venivano da diverse origini etniche, ideologiche e religiose. Il primo principio di Pancasila riconosce il "teismo" senza dare ad esso nessuna particolare denominazione, ne' incorpora la religione nelle infrastrutture politiche. Abbiamo dimenticato la nostra storia, e sembriamo regrediti ai giorni oscuri dell'Inquisizione in Europa, quando le persone venivano condannate per eresia. Qualcuno continua a dire che la visione laica-pluralista e' composta da favole liberal-democratiche occidentali, ed e' estranea ai valori indonesiani. Eppure persino Mohammad Hatta, uno dei padri fondatori della nazione, in una lettera a Johannes Post del 1939, pur avanzando critiche alle pratiche delle democrazie occidentali dichiara di "sperare che lo spirito della democrazia, alla fine, prevarra'". Sarebbe ora che la semi-sponsorizzazione da parte del governo di organizzazioni religiose come il Ciu cessasse, e che venisse ribadita la separazione tra religione e stato. Questo non significa che lo stato non debba avere valori etici, ma che dobbiamo assicurarci la protezione della nazione da ogni dogma, religioso o no. L'Indonesia e' stata costruita come stato di diritto e i suoi cittadini devono essere tenuti responsabili rispetto alla legge, e non rispetto al loro livello di devozione. Sarebbe un giorno ben triste quello in cui l'Indonesia diventasse come la Malesia, in cui e' proibito convertirsi eccetto che all'Islam. La separazione tra sunniti e sciiti non fu dovuta inizialmente a divergenza di interpretazioni teologiche, ma ad una lotta per chi doveva detenere il potere politico e la leadership: la pervicacia delle attuali religioni organizzate ha ragioni simili. L'odio delle sovrastrutture religiose (siano esse la Chiesa cattolica romana, o il Consiglio indonesiano degli ulema, o altre) per le credenze che si situano fuori dal loro dominio, ha a che fare con una potenziale perdita di potere. Si tratta di un potere che puo' essere sostenuto solo attraverso la presunzione di essere gli unici nel giusto, e dalla demonizzazione di chiunque altro. Questi chierici, tuttavia, non sono stati democraticamente eletti a rappresentare qualcuno, non sono legislatori. Non vi e' alcun obbligo per lo stato di legittimare la loro presenza e di sostenere le loro attivita' con fondi statali. Le minacce mortali che reclamano autorita' sugli insegnamenti divini riducono l'idea di Dio ad una definizione infantile. Vi e' certamente la necessita' di tenere un occhio sulla nascita di nuovi culti o sette in seno alla societa', ma questo puo' essere fatto in un modo che permetta ad esse di esercitare liberamente le loro attivita': se ve ne e' il bisogno effettivo, si puo' chiedere che i movimenti religiosi siano iscritti ad un registro, al solo scopo di prevenirli dall'essere sfruttati da gruppi criminali. Gruppi come Ahmadiyah, per esempio, devono essere perseguiti qualora i loro atti causino danni fisici, distruggano proprieta' o incitino all'odio. La validita' o meno dei loro insegnamenti non puo' aver valore in un tribunale. La prima parola, e probabilmente la piu' bella, data all'Islam dal Profeta non e' "jihad", ma "iqra" (leggere), il che implica l'impiego dell'intelligenza nello sforzo per l'ijtihad, e cioe' per il pensiero indipendente e l'interpretazione razionale. I conservatori sostengono che solo i chierici e coloro che essi addestrano hanno il diritto di impegnarsi nell'ijtihad. Ma se ci neghiamo l'uso dei nostri cervelli, stiamo rifiutando la definizione che distingue gli esseri umani evoluti dai nostri antenati scimmie. La fede cieca, quella che usa le religione ma non l'intelletto, fa di noi niente di piu' di un gruppo di scimmie organizzate. 6. LIBRI. ANNA CURCIO PRESENTA "LA CULTURA E IL POTERE" DI STUART HALL E MIGUEL MELLINO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 aprile 2008, col titolo "Oltre i confini delle nuove geografie del potere" e il sommario "Ambivalenza della condizione postcoloniale. Un libro intervista al 'fondatore' degli studi culturali Stuart Hall". Anna Curcio, ricercatrice e saggista, e' studiosa dei movimenti sociali, di antropologia e critica postcoloniale. Stuart Hall e' uno degli autori piu' rilevanti dei Cultural Studies e della teoria postcoloniale, nato nel 1932 in Giamaica, si e' trasferito giovanissimo in Inghilterra. Terminati gli studi al Merton College di Oxford, comincia a lavorare come ricercatore prima della Birmingham University per poi diventare direttore del Birmingham Center for Cultural Studies. E' in questi anni che avviene l'incontro con Edward P. Thompson e Raymond Williams. Tra i tre studiosi il sodalizio intellettuale sfocera' nella fondazione di due riviste, 'The New Reasoner' e 'New Left Review'. Quest'ultima diventa l'approdo di molti intellettuali marxisti usciti dal partito comunista inglese dopo l'invasione dell'Ungheria nel 1956. Studioso eclettico, spazia dalla 'teoria dei media' agli studi poscoloniali. Tra i suoi libri vanno segnalati The Hard Road to Renewal, Resistance Through Rituals, The Formation of Modernity, Questions of Cultural Identity, Cultural Representations and Signifyng Practices. Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 luglio 2007 riprendiamo la seguente scheda: "Nato a Kingston, in Giamaica, nel 1932, nel 1964 Stuart Hall inizio' a collaborare con il 'Centre for Contemporary Cultural Studies' dell'Universita' di Birmingham, diventandone in seguito direttore. Stuart Hall e' unanimemente considerato fra i principali ispiratori della corrente critica dei Cultural Studies, oltre che figura chiave della teoria postcoloniale. Fra i suoi libri tradotti in italiano, si ricordano: Politiche del quotidiano. Culture, identita' e senso comune (Il Saggiatore, 2006) e Il soggetto e la differenza (Meltemi, 2006). Per orientarsi nel labirinto degli studi culturali sono utili i lavori di Christina Lutter e Markus Reisenleiter, Cultural studies. Un'introduzione (Bruno Mondadori, 2004) e Miguel Mellino, La critica postcoloniale (Meltemi, 2006)". Opere su Stuart Hall: James Procter, Stuart Hall e gli studi culturali, Raffaello Cortina Editore, Milano 2007. Miguel Mellino, studioso argentino da tempo residente in Italia, dottore di ricerca in scienze etnoantropologiche, svolge attivita' didattica e di ricerca presso la cattedra di antropologia culturale dell'Universita' Orientale di Napoli; si occupa di studi postcoloniali, cultural studies e di ricerca antropologica sulle societa' complesse, in particolare sulle migrazioni, sul razzismo e sul multiculturalismo; per la casa editrice Meltemi ha tradotto e curato l'edizione italiana di The Black Atlantic. Modernita' e doppia coscienza, di Paul Gilroy, e Il soggetto e la differenza, di Stuart Hall. Opere di Miguel Mellino: La critica postcoloniale. Decolonizzazione, capitalismo e cosmopolitismo nei postcolonial studies, Meltemi, 2005] Capire il presente vuol dire rovesciare l'ottica parziale della tradizione europea, spiazzare il punto di vista e analizzare la pluralita' delle forme di dominio e sfruttamento cosi' come delle esperienze di lotta e insubordinazione che accompagnano la produzione capitalistica. E' questa, in estrema sintesi, la proposta de La cultura e il potere. Conversazione sui cultural studies (Meltemi, pp. 66, euro 10), dialogo a due voci tra Stuart Hall, figura chiave del panorama intellettuale europeo degli ultimi cinquanta anni, e Miguel Mellino, attento interprete critico del dibattito postcoloniale in Italia. E' un'agile introduzione ai cultural studies, che spazia tra i momenti piu' significativi dell'esperienza, gli aspetti controversi del dibattito, la diffusione oltre i confini geografici della Gran Bretagna e l'istituzionalizzazione del campo di studi, concentrandosi sui temi della razza, dell'etnicita' e della diaspora. Chi fa cultural studies, e' noto, lavora sul nesso cultura-potere alla ricerca di "cio' che cambia" e di "cio' che e' storicamente specifico"; identifica, per dirla con Hall, "le differenze nella continuita'" e l'ambivalenza dei processi. Analogamente, di ambivalenze, discontinuita' e pluralita' di esperienze e' fatto il presente "postcoloniale". Rotto il "compromesso welfarista" del Novecento, le coordinate dello sfruttamento capitalistico hanno assunto una nuova dimensione spaziale e temporale. Le multinazionali hanno dislocato la produzione - "la sede a Manhattan e i lavoratori in Indonesia" - ripristinando gli antichi rapporti coloniali all'interno di una nuova configurazione politica, sociale ed economica. Mentre il lavoro vivo - sempre meno coincidente con l'operaio, maschio, bianco di cui la "grande fabbrica" si e' nutrita - si e' messo in movimento valicando confini simbolici e materiali, rimanendo imbrigliato in nuove gerarchie da attraversare e rovesciare. Per riprodursi, il capitalismo contemporaneo costruisce frontiere e passaggi lungo le differenze di sesso, etnia, religione, nazionalita'. Segmenta il mercato del lavoro cosi' come le relazioni sociali e lo spazio della cittadinanza: dentro chi sa essere produttivo e si assimila al modello egemonico delle whiteness, fuori tutti gli altri. Un processo di inclusione selettiva e di etnicizzazione delle differenze, trama del progetto multiculturalista. Il New Labour britannico, nella conversazione tra Hall e Mellino, e' attore di una "strategia neocivilizzatrice", un progetto storico di "(auto)costruzione egemonica" pervaso dalla logica del mercato. "Deve produrre soggettivita' per immettere le persone nelle proprie 'strutture del sentire'" e cosi' facendo intreccia "i modi di pensare, i media, la cultura, la lingua, la filosofia, l'economia, la Chiesa". E' un processo aperto, sempre reversibile, aleatorio, che vive tra forme disciplinari e di controllo, e momenti di insubordinazione e rottura conflittuale. Da una parte l'ansia securitaria e l'assimilazione alla britishness, dall'altra la surdeterminazione del sentimento religioso, ovvero la produzione di conflitti lungo le nuove linee di stratificazione della societa' britannica postcoloniale: la crescente attenzione dei giovani musulmani britannici per gli imam radicali cosi' come la rivendicazione all'uso del hijab da parte di ragazze anche giovanissime. Ma la politicizzazione delle differenze - dell'Islam in questo caso - e' un processo delicato, dal portato ambivalente. Le differenze sono un prodotto del capitalismo, non solo spazio di resistenza alle discriminazioni e allo sfruttamento. Possono dunque riprodurre linee di separazione e barriere, e sostenere la produzione di identita' chiuse e separate che resistono al cambiamento, riproponendo il fantasma dello scontro di civilta'. Compito di chi fa cultural studies diventa dunque indagare la condizione politica e culturale dei soggetti, problematizzare i comportamenti: agency, soggettivita', resistenza culturale, articolazione delle differenze e sutura dell'identita', sono gli strumenti analitici. Stuart Hall e' un intellettuale diasporico: in prima persona ha fatto i conti con "la cultura del colonial-master a casa 'sua'", ha dislocato la sua esperienza attraverso confini geografici e disciplinari. La diaspora e' il filo conduttore della sua riflessione; un progetto di disseminazione, di ibridazione dell'esperienza culturale, legato al colonialismo, alla schiavitu', alle migrazioni forzate e volontarie, alla governance neoliberista. E' una condizione del presente e, tuttavia, un concetto controverso: a tratti "estetizzante", a tratti incapace di rovesciare la retorica essenzialista dello scontro di civilta', di "spezzare la gabbia 'razziale' o gli 'orientalismi' costruiti dal potere". Certo e' che la diaspora segnala la necessita' di mettersi in traduzione, di articolare le differenze: rompere confini e barriere per produrre nodi, legami, giunture. E questo non puo' darsi al di fuori del potere. I cultural studies non possono dunque chiudersi dentro un vuoto formalismo, devono al contrario operare con "spirito antagonista", "connessi con la critica politica del regime al potere". E quando questo non si da', sono finiti fuori strada. 7. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di' chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 438 del 27 aprile 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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