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Minime. 434
- Subject: Minime. 434
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 23 Apr 2008 00:51:21 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 434 del 23 aprile 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Germaine Tillion 2. Maria G. Di Rienzo: Il prezzo delle patate, e tra la folla Ipazia 3. Rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo, la nonviolenza: Documento conclusivo dell'assemblea di Bologna del 19 aprile 2008 4. Giulio Vittorangeli: 25 aprile 5. Maria Antonietta Saracino presenta "Il crollo" di Chinua Achebe 6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. LUTTI. GERMAINE TILLION La scomparsa di Germaine Tillion e' un dolore profondo per chiunque abbia conosciuto e quindi ammirato e provato gratitudine per la sua lotta per la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani. Che l'umanita' possa trovare anche in questo secolo persone come lei a difenderci tutti. 2. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: IL PREZZO DELLE PATATE, E TRA LA FOLLA IPAZIA [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Con Michele Boato e Mao Valpiana ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81] Benvenuti sul pianeta-mercato Italia. E' l'era post elezioni del 2008. La stampa estera chiama questa terra "Berlusconia". E' la versione nostrana, stile "baraccone rutilante", del concetto che mercato e consumo sono i fattori intersecati che governano non solo l'economia, ma le relazioni umane e il senso della vita (come direbbero i Monty Python). In questo scenario rifulgono donne e sessualita' quali beni disponibili, a chi ha i soldi o i muscoli bastanti per prendersi entrambe. Con gli uni o gli altri si puo' accedere, infatti, a qualsiasi cosa si voglia consumare, nella logica che qualsiasi cosa al mondo puo' essere commercializzata. Le donne sono ri/diventate "beni commerciabili" abbastanza rapidamente anche laddove avevano indotto mutamenti sociali e conquistato qualche legge o garanzia. Buttate l'occhio sull'industria dell'intrattenimento, alberghi, viaggi, film, e ditemi cosa viene pubblicizzato (sesso), con cosa (segmenti di corpi femminili), e per chi (mah!). * Non ci e' voluto molto. E' bastato scivolare nella subordinazione indotta dal contrattacco per arrivare a sostenere, dicendosi "di sinistra", che i diritti umani sono quella cosa che Bush porta in giro assieme alle sue bombe. Se e' cosi', a che pro continuare ad agitarsi per far capire che i diritti delle donne sono diritti umani? Sempre orrenda roba imperialista e'. E se la democrazia e' quella cosa che fuoriesce dall'obice di un carroarmato statunitense e' ovviamente indegno per noi averci a che fare (a meno che non nasca dalla canna di un fucile rivoluzionario, allora se ne puo' parlare). Abbiamo poi avuto un Ministro molto di sinistra preoccupato che operai e precari venissero discriminati anche nell'offerta sessuale fornita dalla prostituzione. Era l'epoca dello scandalo che colpi' un triste deputato dell'allora opposizione, inchiodato a Roma dalle sue pesanti responsabilita' e quindi privo del coniugale conforto della moglie legittima, e costretto a tirar coca assieme a due sex worker in albergo. Non so cosa mi trattenne dal chiedere all'onorevole compagno Ministro se la prossima mossa sarebbe stata quella di offrire "buoni-coito" ai percipienti scarso reddito o se, prendendo i proverbiali due piccioni con una fava, si sarebbero messe le precarie sul marciapiede: cosi' intanto portate a casa un soldino, care, e i vostri compagni non soffrono per l'ennesimo affronto di classe. Un altro scandalo coinvolse un tizio con problemi di orientamento, orrendamente mistificato dalla stampa cinica e bara solo perche' si era fermato a chiedere informazioni sul traffico ad un transessuale. Purtroppo era il portavoce del capo del governo di centro-sinistra. Intanto io cincischiavo le 95 pagine dell'opuscolo "Per il bene dell'Italia", e cioe' del programma di governo su cui ero stata chiamata a votare (e che nel frattempo era diventato anche "Per il male dell'Afghanistan"), soffermandomi spesso sulle sette righe e mezzo della ventiquattresima, titolate "Unioni civili". Certo, la graziata con cilicio di serie faceva la sua parte, il martire di Ceppaloni anche, ma fu un senatore molto di sinistra a dirci di piantarla e che bastava andare dal notaio. E infine, sotto gli occhi di un governatore della "sinistra di governo", Napoli annego' nell'immondizia: ma il politico in carica non diede le dimissioni, non ammise alcuna responsabilita' e resto' fieramente incollato alla propria poltrona. Se la differenza tra centro-destra e centro-sinistra sta nelle parole che si usano per giustificare azioni simili quando non identiche, andare a votare puo' apparire un'inutile fatica quando non una presa per i fondelli. * Ho letto parecchie analisi, nei giorni dopo la clamorosa, inequivocabile sconfitta elettorale della sinistra. Gran parte sono puro delirio. E' stato sorprendente notare come gli stessi che erano venuti nella mia citta' in campagna elettorale a dirsi assolutamente sicuri della bonta' della loro proposta, oggi dicono di aver saputo a priori che era tutto sbagliato. Mentivano allora, mentono adesso, mentono d'abitudine anche quando dormono? E mentre alcuni residuati degli anni '70 arringavano a vuoto, su barricate spoglie, la "classe lavoratrice" incitandola alla presa del Palazzo d'Inverno, altri residuati cucinavano la melassa dell'imprenditore e dell'operaio che mano nella mano vanno verso un radioso futuro. Gli italiani sono spesso dei farabutti, almeno quanto i politici che eleggono, ma prenderli per fessi totali e' un errore serio: per quegli imprenditori ci lavorano, sanno chi sono. In India, a Ghaziabad e Grater Noida, le donne lavorano a cottimo cucendo bottoni su magliette per un imprenditore italiano notoriamente "progressista", che si gloria della pubblicita' fornitagli da un altrettanto noto fotografo "molto attento al sociale". Naturalmente le lavoratrici hanno paghe talmente basse e garanzie (sindacali, di sicurezza, ecc.) talmente scarse che a cucire bottoni ci si mettono anche le bambine e le nonne, altrimenti la famiglia non mangia. L'orario di lavoro va ben oltre le otto ore, e se le donne non raggiungono i termini di produttivita' fissati dalla benevola e progressista impresa vengono ributtate in strada. Probabilmente sono velleitaria e vetero-qualcosa, ma dar la mano a questo imprenditore mi ripugna un pochino. * Ho pure letto, ma questo non mi ha sorpresa per niente, che la colpa e' delle donne. E' un bel po' che gli uomini me lo dicono, e ho paura di non aver imparato niente. Via, sapete di cosa parlo. Certo che li avete sentiti, quando il tono nel rivolgersi ad una donna, parlando ad esempio del lavoro di lei, diventa quello che userebbero con un bimbo di cinque anni chiedendogli come va all'asilo. E' tutta la vita che lotto con questa faccenda: chiedo ad un uomo il prezzo delle patate, e quello mi risponde con la tabella oraria dei treni. Sentite: ho quindici anni, sono rappresentante di classe e vado dal preside a dirgli che le scale rischiano di crollarci addosso (difatti ci facevano uscire dal retro) e che i colombi nidificano nelle classi, e lui mi chiede perche' sono cosi' amareggiata alla mia eta'. Adesso di anni ne ho quarantanove: pongo un problema politico agli uomini con cui mi capita di lavorare, e nove volte su dieci loro spostano il discorso su di me (che ho capito male, che non ho capito una mazza, che se c'ero dormivo e se dormivo sognavo di non esserci: e com'e' che sono cosi' amareggiata, tra l'altro?). Credo che ogni donna sappia di che sto parlando. E' il presupposto della "non affidabilita'" o della "non credibilita'" del sesso femminile che rende piu' difficili le cose alle donne in ogni campo, che impedisce loro di parlare o di essere ascoltate quando osano farlo, che le addestra a dubitare di se stesse e a limitarsi di fronte ad ogni manifestazione di arroganza maschile. Purtroppo la credibilita' e' un attrezzo-base per la sopravvivenza. Nel Belpaese, sono statistiche ufficiali, ogni tre giorni una donna viene uccisa da un uomo che a qualche stadio della loro relazione le aveva detto di amarla. Molto spesso queste donne avevano capito quale sarebbe stata la loro fine, e lo hanno detto, ma non sono state credute. Parenti e amici, poliziotti e giudici, hanno spiegato loro che esageravano, che erano isteriche, ed hanno consigliato psicologi e pillole: in sintesi, lei aveva chiesto il prezzo delle patate, e le hanno risposto con la tabella oraria dei treni. Finche' non si tratta della tua permanenza in vita e' solo il dover gestire una frustrazione perenne, ma quando ci crepi mi sembra un po' piu' grave. * Quindi gli uomini politici, nello stesso tono, ci hanno spiegato in fase di propaganda cosa le donne volevano e cosa le donne dovevano fare: cucinare per i deputati, stare a casa, combinare un buon matrimonio sono stati i picchi della destra, e nel frattempo la sinistra si affannava a rassicurarci di avere "la famiglia" come priorita'. L'attuale vincitore delle elezioni aveva in passato gratificato di un bonus monetario la maternita', il suo "principale sfidante" l'aveva piu' che raddoppiato nelle promesse elettorali. Perche' l'unico valore in gioco si chiama "soldi". Ma una tantum ne' mille euro ne' 2.500 ti aiutano a crescere un figlio per i prossimi vent'anni (se va bene) senza certezza di casa e lavoro, e senza condivisione da parte maschile delle responsabilita' domestiche. E avere una famiglia e' certamente una parte importante dei progetti per il futuro che un donna puo' avere, ma c'e' sempre anche altro. Magari abbiamo un titolo di studio, dei desideri e delle capacita' professionali, delle abilita' artistiche, delle priorita' politiche sul territorio in cui viviamo. Magari qualcuna di noi e' anche riuscita a dirlo. Ma tutti gli uomini in corsa per il Parlamento hanno parlato delle donne che volevano vedere, delle donne che immaginavano, e non delle donne reali a cui chiedevano il voto. E nessuno di loro si e' ancora scusato per avere spiegato a vanvera cose che non sapeva. Stando alle attuali tabelle di longevita' italiane potrei avere ancora una quarantina d'anni di fronte a me. Aspetto. Pero' non trattengo il fiato nell'attesa. 3. DOCUMENTI. RETE DI DONNE E UOMINI PER L'ECOLOGIA, IL FEMMINISMO, LA NONVIOLENZA: DOCUMENTO CONCLUSIVO DELL'ASSEMBLEA DI BOLOGNA DEL 19 APRILE 2008 [Da Michele Boato (per contatti: micheleboato at tin.it) riceviamo e diffondiamo il documento finale dell'assemblea di Bologna del 19 aprile 2008] Scopi Scopo principale della rete e' dare una risposta all'abisso che divide il Palazzo dalla popolazione, per uscire dal fatalismo del "non si puo' fare nulla" contro le continue guerre, le devastazioni ambientali, il maschilismo, le mafie, il razzismo, la violenza sugli animali, le sopraffazioni e le ingiustizie che negano la dignita' di tutti gli esseri umani. Vogliamo costruire, mettendo in comune i patrimoni di competenze e conoscenze, con concretezza, inclusione, democrazia dal basso e rispetto reciproco, una rete che: - colleghi e rafforzi, nella reciproca autonomia, le moltissime esperienze locali di volontariato impegnate su ambiente, salute, pace, diritti e solidarieta' e, partendo da esse, - elabori iniziative comuni, anche nazionali, articolate in ambiti locali e regionali, a partire da iniziative per la qualita' della vita, il verde ecc. nelle citta' sabato 4 ottobre (san Francesco, festa degli alberi) e iniziative contro le basi militari in occasione del 4 novembre (giornate delle Forze Armate, "non festa ma lutto"); - prepari (dove riusciremo a creare le condizioni necessarie) anche una presenza diretta del movimento nelle istituzioni, a partire dai quartieri e dai comuni, fino alla dimensione europea, attraverso la costruzione di liste elettorali pulitissime, fatte da uomini e donne coraggiose, disinteressate, nonviolente e competenti. * Partecipanti Partecipano alla rete i comitati, le associazioni senza scopo di lucro e le singole persone che: - si occupano concretamente di problemi ambientali, della salute, della pace, dei diritti, dell'emarginazione; - condividono, nel cammino verso una societa' nonviolenta (in alternativa all'attuale modello di sviluppo violento, coloniale, consumista e insostenibile) un programma comune che si basi su: 1. decrescita e ricerca del benessere nella sobrieta'; 2. energia solare e rinnovabile, risparmio e bioarchitettura per diventare indipendenti dai combustibili fossili, dagli inceneritori, dal ricatto nucleare e dalle emissioni di gas serra e di polveri cancerogene; 3. difesa della democrazia e suo ampliamento verso il potere dal basso; 4. smilitarizzazione del territorio, con riduzione delle spese militari, abbandono di armamenti offensivi e basi Usa, nucleari e non, creazione di un corpo civile di pace europeo; 5. societa' solidale e aperta alle diversita', nel rispetto delle regole di convivenza; con un particolare impegno all'educazione al genere ed al rispetto tra i generi; apertura alle varie culture, che non possono negare alle donne i loro diritti umani; 6. amicizia con gli altri animali, difendendoli da ogni violenza gratuita; 7. difesa dei diritti, sanciti dalla Costituzione, in tema di lavoro, sia dipendente che autonomo; 8. tutela del territorio agricolo e urbano da interventi di selvaggia cementificazione; 9. valorizzazione dei beni comuni acqua, aria, paesaggio, foreste, culture locali. * Regole comuni I partecipanti alla rete si impegnano a rispettare alcune regole comuni di comportamento: 1. massimo rispetto e applicazione, in ogni situazione, del metodo e principio della nonviolenza, sia nei rapporti interni alla rete, che nelle lotte, nel linguaggio e nel proprio stile di vita; 2. convocazione pubblica delle riunioni, con periodicita' fissa (salvo emergenze) e in luoghi aperti al pubblico, per favorire la partecipazione degli interessati; metodo di decisione del massimo consenso; 3. nel caso di presentazione di liste elettorali, meccanismi chiari che impediscano la politica come professione, arricchimento e mondo separato dal resto della societa'. * Primi strumenti della rete - utilizzo del quotidiano telematico "La nonviolenza e' in cammino"; - lista di discussione "Donne e uomini per ecologia, femminismo e nonviolenza", aperta a chiunque voglia collaborare (senza filtri se non per frasi offensive o violente), senza escludere, in futuro, un sito web della rete e/o un suo blog; - valorizzazione dei siti web esistenti utili a comitati/associazioni/persone per le iniziative, cercando di far conoscere, utilizzare ed eventualmente migliorare gli strumenti esistenti; - creazione, dove possibile, di coordinamenti regionali (o provinciali) con i recapiti degli aderenti, per rendere operativa la rete in sede locale ed allargare i contatti e la partecipazione di altri soggetti; - riunioni nazionali (dispendiose da tutti i punti di vista) quando necessario (da decidere se ci si ritrova a Bologna il 14 giugno o se si puo' procedere ugualmente usando la posta elettronica). 4. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: 25 APRILE [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] Nel vocabolario dell'umanita' ci sono termini che rappresentano tragedie uniche e in quanto tali sono riservati a fenomeni specifici e non devono essere banalizzati. Uno dei questi e' la Shoah. Vittime e carnefici, che non dovrebbero consentire meschini equiparazioni; od operazioni (ancora piu' squallide) di revisionismo storico per cancellare la memoria. Da una parte i carnefici; che non sono mostri. Oggi sappiamo che un uomo puo' leggere Goethe o Rilke la sera, puo' suonare Bach e Schubert, e poi, il mattino dopo, recarsi come niente fosse al proprio "lavoro" di Auschwitz. Dall'altra parte le vittime: i "sommersi" e i "salvati". I "salvati": su di loro pesa, ed ha pesato, una ripetizione insostenibile che li opprime; quel sogno ripetuto (comune a tutti i sopravvissuti) del loro racconto inascoltato e inascoltabile. Quell'incubo di non comunicabilita' rischia di essere realizzato dai grandi mutamenti che si sono realizzati negli anni recenti. Il racconto degli ultimi sopravvissuti puo' essere facilmente inteso come "preistoria" di una storia nuova, come acqua passata, come un orrore sprofondato nella lontananza del mito, piuttosto che come possibilita' immanente. Tutto cio' e' particolarmente evidente in Italia; come conseguenza degli innumerevoli tentativi in corso di equiparare i partigiani ai repubblichini. In alcuni settori culturali e politici, infatti, si tende a riabilitare la Repubblica sociale di Salo' e ad infangare le gesta dei partigiani. Con la riabilitazione dei "ragazzi di Salo'" si e' cercato (e si cerca) di dare una nuova dignita' a chi aveva aderito alla repubblica mussoliniana. Invece, e' importante distinguere quanti combattevano per la liberta' e per la democrazia, da coloro che lottavano per la dittatura, alleati con la Germania nazista. * "Dietro il milite delle Brigate nere piu' onesto, piu' in buonafede, piu' idealista, c'erano i rastrellamenti, le operazioni di sterminio, le camere di tortura, le deportazioni e l'Olocausto. Dietro il partigiano piu' ignaro, piu' ladro, piu' spietato, c'era la lotta per una societa' pacifica e democratica, ragionevole e giusta, se non proprio giusta in senso assoluto, che' di queste non ce ne sono" (Italo Calvino, "Non dimenticare..."). Occorre opporsi alla tendenza contemporanea del revisionismo storico che vuole cancellare la memoria della Resistenza e il valore costituzionale dell'antifascismo; non a caso la Costituzione e' un documento ignoto a molti, e, quel che e' peggio, "vecchio" e da mandare al macero per molti esponenti del ceto politico. I quali fingono di non ricordare quel che tutti loro, e noi, dobbiamo ai protagonisti della Resistenza, grazie ai quali l'Italia e' uno Stato democratico, dove sono riconosciute le liberta' fondamentali e i diritti umani. * "Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perche' la liberta' e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa e' una carta morta, no, non e' una carta morta, e' un testamento, e' un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove e' nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque e' morto un italiano per riscattare la liberta' e la dignita', andate li' o giovani, col pensiero, perche' li' e' nata la nostra Costituzione" (Piero Calamandrei). 5. LIBRI. MARIA ANTONIETTA SARACINO PRESENTA "IL CROLLO" DI CHINUA ACHEBE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 febbraio 2008, col titolo "Il crollo, cinquant'anni dopo" e il sommario "Compie mezzo secolo il capolavoro di Chinua Achebe. Quando usci' nel '58, rinnovo', con il suo inglese ibridato, la letteratura anglofona e apri' la strada a intere generazioni di autori africani". Maria Antonietta Saracino, anglista, insegna all'Universita' di Roma "La Sapienza"; si occupa di letterature anglofone di Africa, Caraibi, India e di multiculturalismo. Ha curato numerosi testi, tra cui Altri lati del mondo (Roma, 1994), ha tradotto e curato testi di Bessie Head (Sudafrica), Miriam Makeba (Sudafrica), la narrativa africana di Doris Lessing e Joseph Conrad, testi di Edward Said, di poeti africani contemporanei, di Aphra Behn; ha curato Africapoesia, all'interno del festival Romapoesia del 1999; ha pubblicato saggi sulle principali aree delle letterature post-coloniali anglofone, collabora regolarmente con le pagine culturali de "Il manifesto" e con i programmi culturali di Radio3. Chinua Achebe, cme ognun sa, e' uno dei maggiori scrittori africani viventi. Dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo per stralci la seguente scheda: "Chinua Achebe (Ogidi, 16 novembre 1930) e' uno scrittore nigeriano. Viene considerato il padre della letteratura africana moderna in lingua inglese. Il suo capolavoro, Il crollo (Things Fall Apart, 1958) e' una pietra miliare della letteratura africana: viene studiato nelle scuole di numerosi paesi africani ed e' stato tradotto in oltre 50 lingue. Gran parte dell'opera di Achebe e' incentrata sulla denuncia della catastrofe culturale portata in Nigeria dal colonialismo e dei regimi corrotti della Nigeria indipendente. Albert Chinualumogu Achebe nacque a Ogidi, Nigeria, il 16 novembre 1930. I suoi genitori erano di etnia Igbo, convertiti al protestantesimo; suo padre insegnava in una scuola missionaria. Il nome "Albert" gli fu dato in onore del principe Alberto, consorte della regina Vittoria. Il suo nome Chinualumogu significa "Dio combattera' in mio favore". Achebe frequento' il college a Umuahia dal 1944 al 1947 e l'universita' a Ibadan dal 1948 al 1953. A Ibadan studio' inglese, storia e teologia. Nella stessa universita' di Ibadan studiarono numerosi altri nigeriani divenuti poi grandi nomi della letteratura africana; tra gli altri Wole Soyinka (vincitore del Nobel), Elechi Amadi, John Pepper Clark e Christopher Okigbo. Durante gli studi universitari, Achebe decise di rinnegare il proprio nome inglese e adottare quello indigeno di "Chinua". Nel 1958 Achebe pubblico' il suo primo romanzo, Il crollo (Thigs Fall Apart). Il libro ebbe un successo straordinario; molte recensioni (incluse quelle su testate come "The Guardian" o l'"Observer") lo classificarono fra i piu' grandi romanzi del Novecento. L'opera fu tradotta il 50 lingue (record assoluto per un'opera africana) e vendette oltre dieci milioni di copie in tutto il mondo. Dopo la pubblicazione del suo romanzo, Achebe inizio' a occuparsi di televisione presso la Bbc e nel 1961 divenne direttore della Nigerian Broadcasting Corporation. Durante la guerra civile (1967-1970) si schiero' a favore del Biafra, diventandone ambasciatore. Nel conflitto mori' Christopher Okigbo, amico di Achebe; la poesia Dirge for Okigbo ricorda questo momento. In generale, la guerra del Biafra segno' profondamente Achebe e il ricordo del conflitto riemerge in diversi passi della sua opera. Negli anni successivo Achebe si dedico' all'editoria e alla critica letteraria, contribuendo alle riviste "Okike" (di cui era cofondatore) e "Uwa ndi Igbo" (quest'ultima, in lingua igbo) e fondando la African Writer Series, una collana pubblicata da Heinemann e che divenne strumento fondamentale nell'evoluzione e nella diffusione della letteratura africana postcoloniale. Nello stesso periodo scrisse un celebre saggio dal titolo An Image of Africa: Racism in Conrad's "Heart of Darkness" ("Un'immagine dell'Africa: il razzismo in Cuore di tenebra di Conrad"), uno dei saggi piu' controversi e influenti della storia della critica letteraria africana. In questo saggio, Achebe critico' aspramente la rappresentazione dell'Africa fatta da Conrad in Cuore di tenebra: "un campo di battaglia metafisico privo di qualsiasi riconoscibile umanita', in cui l'Europeo errante entra a proprio rischio e pericolo". Secondo alcuni, l'aperta ostilita' di Achebe verso la cultura occidentale ed europea e' uno dei motivi per cui questo autore cosi' influente non ha ricevuto il Premio Nobel. Analoghe critiche di razzismo furono mosse da Achebe ad Albert Schweitzer (Premio Nobel per la pace nel 1952). Nel 1990, Achebe rimase paralizzato dalla vita in giu' in seguito a un incidente automobilistico. Attualmente insegna al Bard College di Upstate New York. Achebe ha ricevuto lauree honoris causa da piu' di trenta universita' di diversi paesi, inclusi Regno Unito, Canada, Sudafrica, Nigeria e Stati Uniti. Per la sua opera ha ricevuto innumerevoli premi letterari, inclusi il Commonwealth Poetry Prize, il New Statesman Jock Campbell Prize, il Margaret Wrong Prize, il Nigerian National Trophy e il Nigerian National Merit Award. Nel 2004 ha rifiutato la carica onorifica di Comandante della Repubblica Federale, offertogli dal governo della Nigeria, in segno di protesta contro la situazione sociale e politica del suo paese. Bibliografia: a) Romanzi: Things Fall Apart, 1958, pubblicato in traduzione italiana col titolo Il crollo; No Longer at Ease, 1960, pubblicato in traduzione italiana col titolo Ormai a disagio; Arrow of God, 1964, pubblicato in traduzione italiana col titolo La freccia di Dio; A Man of the People, 1966; Chike and the River, 1966; Anthills of the Savannah, 1988, pubblicato in traduzione italiana col titolo I formicai della savana e, in un'altra traduzione, col titolo Viandanti della storia (Editrice Lavoro, Roma 1991); b) Raccolte di racconti: The Sacrificial Egg and Other Stories, 1962; Girls at War and Other Stories, 1973; African Short Stories (curatore con C.L. Innes), 1985; Heinemann Book of Contemporary African Short Stories (curatore con C.L. Innes), 1992; c) Poesie: Beware, Soul-Brother, and Other Poems, 1971, pubblicato in lingua originale (inglese) anche col titolo Christmas at Biafra, and Other Poems; Don't Let him Die: Poems in Memory of Christopher Okigbo (curatore con Dubem Okafor), 1978; Another Africa, 1998; Collected Poems, 2004; d) Saggi: An Image of Africa: Racism in Conrad's "Heart of Darkness", 1975; Morning Yet on Creation Day, 1975; The Trouble With Nigeria, 1984; Hopes and Impediments, 1988; Home and Exile, 2000; e) Letteratura per ragazzi: Dead Men's Path, 1972; How the Leopard Got His Claws (con John Iroaganachi), 1972; Marriage Is A Private Affair; The Flute, 1975, pubblicato in traduzione italiana insieme a The Drum col titolo Il flauto e il tamburo, Mondadori 1995; The Drum, 1978, pubblicato in traduzione italiana insieme a The Flute col titolo Il flauto e il tamburo"] E' la primavera del 1956, quando un gruppo di giovani nigeriani approda a Londra per frequentare presso la Bbc un corso di perfezionamento per operatori della radiofonia, sistema che in quegli anni la Gran Bretagna va potenziando in Nigeria, all'epoca ancora parte dell'impero britannico. Tra loro c'e' un laureato in letteratura inglese presso l'universita' di Ibadan, gia' impiegato presso la Bbc locale. Si chiama Albert Chinualumogu Achebe, e' nato nel 1930 a Ogidi, nella Nigeria sud-orientale, da genitori cristiani, e ha un doppio nome di battesimo: l'inglese Albert, in omaggio alla Regina Vittoria, e il nigeriano Chinualumogu, presto abbreviato nel piu' semplice Chinua, che nella cultura Ibo dalla quale proviene significa "che Dio possa combattere al mio posto", invocazione e al tempo stesso emblema della tradizione di appartenenza. * La lunga attesa A Londra Achebe ha con se' parte del manoscritto di un romanzo che sta scrivendo. Incoraggiato da uno dei suoi insegnanti, il giovane, una volta rientrato in Nigeria, termina il libro. Ma perche' un editore lo prenda in considerazione, il testo deve essere battuto a macchina, cosa non semplice nella Lagos di quegli anni. Achebe lo spedisce allora a una copisteria di Londra e rimane in fiduciosa attesa che glielo restituiscano, anche perch'e e' la sola copia che possiede. Passano i mesi, e del manoscritto sembra essersi perduta ogni traccia. Deluso, il suo autore decide che non scrivera' mai piu', ma un anno piu' tardi, a un amico in procinto di partire per l'Inghilterra, chiede di informarsi sulla sorte del manoscritto che, con molta difficolta' e un po' di fortuna, viene ritrovato, abbandonato nel fondo di uno scatolone, nello scantinato della copisteria cui era stato spedito. Finalmente battuto a macchina, il romanzo viene proposto all'editore inglese Heinemann (fino a quel momento specializzato in editoria scolastica), che lo affida a un suo lettore, Donald MacRae, docente della London School of Economics. Il parere di McRae e' entusiasta: "E' la cosa piu' bella che mi sia capitato di leggere dalla fine della guerra". Tale e' l'entusiasmo suscitato dal libro da indurre successivamente il direttore della casa editrice, Alan Hill, a partire per l'Africa in cerca di nuovi talenti letterari, le cui opere sarebbero uscite nella celebre African Writers Series per anni diretta dallo stesso Achebe. Proprio in questi giorni si festeggiano i cinquant'anni di quel romanzo, Things Fall Apart (in italiano Il crollo, traduzione di Silvana Antonioli Cameroni, e/o) che, pubblicato nel 1958, ha ottenuto - dopo un primo sconcerto da parte della stampa britannica - un successo crescente e tuttora molto vivo. Capolavoro indiscusso, testo-chiave per la nascita della letteratura africana post-coloniale (il romanzo precede di due anni l'indipendenza della Nigeria, che e' del 1960), Things Fall Apart ha infatti incoraggiato tanti giovani autori africani a mettere su carta i racconti delle rispettive tradizioni nazionali, fino a quel momento affidate all'oralita' e assenti dalle scuole del continente, dove - a seconda dei paesi - veniva insegnata la letteratura britannica, francese o portoghese, le uniche possibili secondo i regimi coloniali. Scritto in un inglese semplice ma impeccabile, arricchito da proverbi e "impastato" di termini della cultura Ibo di provenienza, Things Fall Apart introduceva una ventata di aria fresca proprio in quella letteratura di lingua inglese da cui aveva preso a prestito non solo l'idioma, ma anche il genere, la forma-romanzo. Figlio di due mondi, munito di un solido doppio bagaglio culturale, Chinua Achebe nel suo libro risaliva di due generazioni rispetto all'epoca in cui scriveva, troppo vicina per essere raccontata, e tornava alla meta' del secolo precedente, per narrare l'arrivo dei bianchi in un minuscolo villaggio della Nigeria (che di quei bianchi ignorava l'esistenza, e li scambiava per albini), attraverso le vicende del suo eroe, il guerriero Okonkwo, sgomento davanti alla fine rapida e irrevocabile delle tradizioni prodotta dalla violenta irruzione degli europei. In Things Fall Apart, dunque, la conquista coloniale era narrata per la prima volta dal punto di vista di chi l'aveva subita, ma senza vittimismi o infingimenti. Achebe raccontava ai suoi contemporanei - gli africani, innanzitutto, ma non solo - in che modo la colonizzazione era potuta avvenire; e attraverso quali strumenti - politici, religiosi, culturali - era stato attivato, in una parte della popolazione locale, il consenso che avrebbe favorito la penetrazione coloniale. Il tutto senza assumere posizioni manichee, senza contrapporre modelli culturali preconcetti o ribaltare a favore degli africani quel tratto fondante della ideologia coloniale secondo la quale esistevano culture superiori e altre inferiori. Profondo conoscitore della letteratura inglese, da lui molto amata, Achebe non cadeva in questa trappola. La societa' rappresentata in Things Fall Apart non e' un mondo ideale o perfetto, un Eden al quale gli africani sono strappati con la forza. Essa pure contiene aspetti di violenza e di prevaricazione. E tuttavia la brutalita' della conquista coloniale rimane, e di questa, in tutte le sue sfumature, il romanzo si fa portavoce, come dietro la spinta di una insopprimibile necessita', individuale e della Storia. * Un problema di istruzione A se stesso e agli scrittori come lui, Achebe assegnava infatti il compito di risvegliare la consapevolezza dei suoi contemporanei; il compito, come scriveva in un saggio del 1962, di "aiutare la mia societa' a conquistare fiducia in se stessa e a mettere da parte i complessi nati in anni e anni di denigrazione e automortificazione, il che sostanzialmente e' un problema di istruzione, nel senso migliore del termine... Perche' nessun africano che ragioni puo' sfuggire al dolore di quella antica ferita nella nostra anima... Io mi riterrei sufficientemente soddisfatto - concludeva lo scrittore - se i miei romanzi (specie quelli ambientati nel passato) non servissero ad altro che a insegnare ai miei lettori che il loro passato, pur con tutte le sue imperfezioni, non e' stato una sola, lunga, notte selvaggia, dalla quale i primi europei erano venuti a liberarci, nel nome di Dio". Questo progetto si sarebbe poi arricchito negli anni a venire: Things Fall Apart sarebbe infatti stato il primo "capitolo" di una quadrilogia narrativa (della quale fanno parte No Longer at Ease, 1960, Arrow of God, 1964, A Man of the People, 1966), seguita nel 1987 da Anthills of the Savannah - opere destinate ad accompagnare trent'anni di storia della Nigeria. Ma soprattutto a stimolare la nascita, in ogni parte dell'Africa, di nuovi autori, nuove narrative, per dare voce a un continente che cambia. Dal 1958, quando e' stato pubblicato, Things Fall Apart e' stato tradotto in cinquanta lingue, ha venduto oltre dodici milioni di copie, e' stato inserito nella lista dei cento migliori romanzi di ogni tempo. Tale e' la popolarita' raggiunta, che per i suoi cinquant'anni si stanno approntando celebrazioni di grande risonanza in molti paesi. Ma soprattutto, di questo romanzo e' stato detto che abbia contribuito alla fine del colonialismo britannico, almeno quanto La capanna dello zio Tom avesse contribuito all'abolizione della schiavitu' negli Stati Uniti. Non e' poco. * Postilla bibliografica. Le sue fortune (e sfortune) italiane Things fall Apart e' apparso in traduzione italiana gia' nel 1962, solo quattro anni dopo l'uscita in inglese, nella collana Il Bosco di Mondadori. La versione, di Giuliana De Carlo, e' intitolata Le locuste bianche. Nel 1977 il romanzo viene ripubblicato da Jaca Book con il titolo Il crollo in un volume, Dove batte la pioggia, di seicento pagine: il libro, introdotto da un saggio dello scrittore sudafricano Richard Rive, comprende infatti anche due opere successive di Achebe, che fanno parte dello stesso ciclo narrativo, La freccia di Dio (Arrow of God ,1964) e Ormai a disagio (No Longer at Ease, 1960). Le traduzioni sono di Silvana Antonioli Cameroni, con revisione di Marco Grampa. Nel 1991 la collana Il lato dell'ombra delle Edizioni Lavoro propone il quinto romanzo di Chinua Achebe, Anthills of the Savannah (1987) con il titolo I viandanti della storia, nella traduzione di Franca Cavagnoli. Introdotto da Itala Vivan, il volume offre fra l'altro un glossario di termini ibo e yoruba. Nel '98 ancora Jaca Book pubblica nella traduzione di Davide Danti Speranze e ostacoli, una raccolta di saggi letterari, tra cui Un'immagine dell'Africa: il razzismo in Cuore di tenebra di Conrad, uno dei testi non narrativi piu' celebri di Achebe. Nel 2002, Il crollo viene ripubblicato da e/o, su licenza Jaca Book, nella traduzione del 1977 e con la stessa prefazione (qui diventata postfazione) di Richard Rive. Stessa operazione, nel 2004, per La freccia di Dio, ripubblicata da e/o su licenza Jaca Book: stessa traduzione del 1977, ma questa volta la postfazione e' scritta da Claudio Gorlier. 6. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di' chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 434 del 23 aprile 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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