Nonviolenza. Femminile plurale. 177



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 177 del 17 aprile 2008

In questo numero:
1. Ricominciare dal femminismo, a Bologna il 19 aprile
2. Monica Pepe: Alle donne
3. Un estratto da "Noi che non siamo come le altre" di Lucia Etxebarria
4. Alcuni estratti da "Chiari del bosco" di Maria Zambrano
5. Adriana Perrotta Rabissi presenta "Un vestito di luce" di Anne Hebert

1. EDITORIALE. RICOMINCIARE DAL FEMMINISMO, A BOLOGNA IL 19 APRILE

Le persone che sabato 19 aprile si incontreranno a Bologna dalle ore 10 alle
ore 17 presso la sala sindacale della stazione  ferroviaria (di fronte alla
mensa dei ferrovieri, sulla sinistra del piazzale esterno) per dare seguito
alla proposta formulata dall'assemblea del 2 marzo scorso di costruire una
"rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza",
muovono dalla consapevolezza che la difesa della democrazia e la
ricostruzione del movimento delle oppresse e degli oppressi per la
liberazione dell'umanita', per una umanita' di persone libere ed eguali in
diritti, solidali  e responsabili, per la difesa dei diritti umani di tutti
gli esseri umani, per la difesa della biosfera, ha il femminismo come suo
centro, come suo cuore pulsante, come sua corrente calda.
E' una consapevolezza decisiva. Buon lavoro.

2. RIFLESSIONE. MONICA PEPE: ALLE DONNE
[Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org), col titolo "Elezioni 2008.
Shock a parte" e il sommario "Una lettera aperta alle donne, per commentare
gli esiti elettorali".
Monica Pepe, intellettuale femminista, lavora all'Universita' di Roma Tre,
e' stata tra le animatrici del comitato organizzatore di
controviolenzadonne.org che ha promosso la manifestazione del 24 novembre
2007 a Roma]

Care tutte,
cercando di dare un senso a quanto e' accaduto, bisogna avere il coraggio di
guardare le cose per come sono.
La pancia del Paese e' di destra e le destre, Lega in testa, hanno saputo
evidentemente parlare alle persone e alle loro necessita' reali, ci piaccia
o meno quali esse siano. La sinistra evidentemente ha saputo parlare solo
tra se' e se'.
Per le donne e la condizione delle donne questo nuovo assetto politico non
fara' che rinsaldare all'interno della societa' schemi e modelli a noi noti,
dove le donne "brave e fedeli" saranno premiate, in politica come nelle
famiglie. Le altre andranno bene per le pubblicita' e quant'altro. Tutto
sempre sotto patria potesta'.
Se Berlusconi sara' cosi' abile da azzeccare qualche mossa femminilpopulista
e per un minimo riconoscimento dei diritti delle lesbiche e degli
omosessuali,  diventera' sempre piu' difficile anche solo operare per una
consapevolezza culturale.
Scusate se parlo cosi' spassionatamente, apprezzo la capacita' critica e
analitica di tante. Mi piange il cuore quando si cade negli individualismi,
le donne li pagano sempre molto piu' cari. Credo anche io che sia importante
rispettare le differenze e peculiarita' di tutte, ma sempre nel rispetto di
tutte dobbiamo fare uno sforzo per capire insieme cosa riusciremo a fare
come movimento, come forza d'urto collettiva in risposta a una societa' che
si prefigura sempre piu' maschile, patriarcale e razzista.
Io sento fortissimo il bisogno di rimboccarmi le maniche e di sciacquarmi la
faccia. Shock a parte immagino molte sentiranno allo stesso modo.
Un abbraccio, con molta rabbia e voglia di futuro.

3. LIBRI. UN ESTRATTO DA "NOI CHE NON SIAMO COME LE ALTRE" DI LUCIA
ETXEBARRIA
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo il seguente estratto (scelto da
Elisabetta Cavalli) dal libro di Lucia Etxebarria, Noi che non siamo come le
altre, Guanda, Parma 2003 (edizione originale: Nosotras que no somos como
las demas, 1999).
Lucia Etxebarria Asteinza (Valencia, 1966) e' una delle piu' note scrittrici
spagnole. Tra le opere di Lucia Etxebarria: a) romanzi: Amor, curiosidad,
prozac y dudas (1997); Beatriz y los cuerpos celestes (1998); Nosotras que
no somos como las demas (1999); De todo lo visible y lo invisible (2001);
Una historia de amor como otra cualquiera (2003); Un milagro en equilibrio
(2004); b) poesie: Estacion de infierno (2001); Actos de amor y placer
(2004); c) saggi: La historia de Kurt y Courtney: aguanta esto (1996); La
Eva futura. La letra futura (2000); (con Sonia Nunez Puente) En brazos de la
mujer fetiche (2002); Courtney y yo (2004); Ya no sufro por amor (2005); d)
sceneggiature: Sobrevivire' (1999); Amor, curiosidad, prozac y dudas (2001);
La mujer de mi vida (2001); I love you baby (2001); e) altre opere: La vida
por delante: voces desde y hacia Palestina (2005). Vari suoi libri sono
tradotti in italiano. Cfr. anche il sito: www.lucia-etxebarria.es]

Da pagina 5 e seguenti
Non sono come le altre...
Tutte le bambine o i bambini nascono e crescono all'interno di una
determinata cultura e dalla nascita in poi le abitudini della societa' in
cui vivono configurano la loro esperienza e il loro comportamento. Le
persone si preoccupano di educare i propri figli sin da piccoli a una
condotta accettabile per il gruppo. Ma alcune culture sviluppano usanze che
possono essere addirittura dannose per i singoli membri, dal momento che, a
volte, un tratto culturale che si e' rivelato prezioso in una determinata
fase della storia del gruppo viene elaborato e riprodotto fino a quando non
arriva a essere socialmente controproducente. E' il fenomeno che in
antropologia passa sotto la definizione di "elaborazione asociale di un
tratto culturale".
In qualsiasi momento della storia i tentativi di mettere in discussione le
forme tradizionali dell'azione e del pensiero vengono accolti con disprezzo
e/o avversati. E' normale che quando si verificano cambiamenti culturali i
comportamenti che non si adeguano alle aspettative tradizionali possano
creare confusione e disagio. Benche' le connessioni tra i ruoli che
adottiamo e la nostra identita' sessuale - quello che sentiamo come
significato dell'essere uomo o donna - siano arbitrarie, siamo stati
condizionati in modo da crederli indissolubilmente uniti. Quando mettiamo in
discussione la validita' di tali connessioni restringiamo il limite di cio'
che e' socialmente accettabile e andiamo a sbattere il naso contro la
disapprovazione. Logico.
E' tipico della natura umana dare per scontato quanto si e' appreso e
conosciuto, quanto fa parte dei parametri quotidiani personali, senza
fermarsi ad analizzarlo. Ma quando si smette di dare per scontati certi
fatti e li si esamina alla luce di una mentalita' critica, quel che esce dal
confronto tra gli schemi mentali ereditati e la realta', produrra' una
riconsiderazione degli aspetti profondi del pensiero sociale, cosi' come un
attacco mosso dai settori piu' conservatori verso chi li mette in
discussione. Un'analisi che contesti le premesse su cui si basano le
istituzioni incontra normalmente una profonda resistenza. La critica alle
convinzioni, ai valori e alle modalita' di comportamento che sono stati
presi per buoni per parecchio tempo comporta una minaccia per l'identita' e
l'autostima di molte persone, che si mettono subito sulla difensiva.
I principi e le rivendicazioni del movimento femminista, o di quello che
viene definito post-femminismo, terza ondata femminista, o femminismo del
potere (contro il femminismo della diversita'), ovvero, le rivendicazioni di
una serie di donne che sono cresciute in una societa' che ormai accetta,
teoricamente ma non nella pratica, l'uguaglianza dei diritti e dei doveri
tra uomini e donne, rappresentano un esempio di come un universo mentale
venga messo in dubbio quando si esamina una realta' che si dava per
scontata. Cosi' alcune di noi non si accontentano di lavori sottovalutati,
sottopagati o non pagati del tutto. Si sono stufate del fatto che il loro
aspetto conti piu' delle loro azioni. Non accettano piu' di essere definite
ninfomani se palesano i propri gusti sessuali o lesbiche solo perche' non
vogliono essere costrette a soddisfare quelli degli altri. Ad alcune di noi
non piace sentir mettere in discussione la decisione di vivere sole con la
scusa che non siamo state capaci di trovarci un vero uomo. Alcune di noi
pretendono parita' salariale e asili sovvenzionati.
Gli uomini e le donne vivono esperienze in parte identiche e in parte
diverse e la loro visione del mondo, sfortunatamente, e' destinata a essere
condizionata dal sesso di appartenenza. A quanti sostengono il contrario
ricordero' che nelle aziende spagnole le donne ricoprono per il 2% posizioni
di dirigenza ad alto livello e per il 99% funzioni di segreteria, che alla
Real Academia della lingua spagnola ci sono quarantacinque uomini e una sola
donna, che in Europa ci sono 57 ministre e 515 ministri, che il 20% delle
donne spagnole subisce abitualmente maltrattamenti da parte del partner, che
tra le diecimila donne che lavorano al ministero del Tesoro solo due
ricoprono funzioni di direzione generale e che un terrificante 25% delle
donne spagnole e' stato violentato o ha subito un tentativo di stupro.
Alcune di noi non vivono bene questo stato di cose. Cio' non significa che
non ci piacciano gli uomini. Abbiamo o abbiamo avuto padri, fratelli e
amanti uomini, che amiamo e rispettiamo. Semplicemente rivendichiamo un
ordine sociale piu' equo che andrebbe a beneficiare tutto il sistema, non
solo noi. Non siamo qui per dichiarare una guerra tra i sessi, ma per aprire
un dibattito sulla necessita' di riconsiderare la validita' dei concetti
obsoleti di maschile e femminile all'interno della nostra societa', concetti
che, lungi dall'essere il prodotto di una tendenza naturale, sono una
costruzione sociale destinata a rafforzare la separazione artificiale tra
uomini e donne, distanza creata per mantenere una struttura di potere
squilibrata e ingiusta che, tutto sommato, danneggia entrambi i sessi.
Alcune di noi protestano.
Sono le donne a cui e' dedicato questo libro.
Inizialmente era un libro di racconti...
Ma mi sono scoperta incapace di creare un personaggio e di abbandonarlo poi
di sana pianta al suo destino, senza concedergli un po' piu' spazio in cui
muoversi che poche misere pagine. E cosi' le protagoniste di alcuni miei
racconti sono riapparse in altri, si sono conosciute, si sono sedotte, si
sono scambiate esperienze, sono andate avanti... E alla fine, credo, hanno
deciso di abbandonarmi e se ne sono andate in cerca di un posto piu' comodo,
piu' aerato, meno cupo dell'universo delle mie fantasie. Pertanto avverto il
lettore che questi racconti (o capitoli) vanno letti nell'ordine in cui sono
stati pensati, come se si trattasse di un romanzo.

4. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "CHIARI DEL BOSCO" DI MARIA ZAMBRANO
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti (scelti da Flo
Bertelli) dal libro di Maria Zambrano, Chiari del bosco, Bruno Mondadori,
Milano 2004.
Maria Zambrano, insigne pensatrice spagnola (1904-1991), allieva di Ortega y
Gasset, antifranchista, visse a lungo in esilio. Tra le sue opere tradotte
in italiano cfr. almeno: Spagna: pensiero, poesia e una citta', Vallecchi,
Firenze 1964; I sogni e il tempo, De Luca, Roma 1964; Chiari del bosco,
Feltrinelli, Milano 1991; I beati, Feltrinelli, Milano 1992; La tomba di
Antigone. Diotima di Mantinea, La Tartaruga, Milano 1995; Verso un sapere
dell'anima, Cortina, Milano 1996; La confessione come genere letterario,
Bruno Mondadori, Milano 1997; All'ombra del dio sconosciuto. Antigone,
Eloisa, Diotima, Nuova Pratiche Editrice, Milano 1997; Seneca, Bruno
Mondadori, Milano 1998; Filosofia e poesia, Pendragon, Bologna 1998.
L'agonia dell'Europa, Marsilio, Venezia 1999. Dell'aurora, Marietti, Genova
2000; Delirio e destino, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000; Persona e
democrazia. La storia sacrificale, Bruno Mondadori, Milano 2000; L' uomo e
il divino, Edizioni Lavoro, Roma 2001; Le parole del ritorno, Citta' Nuova,
Roma 2003. Opere su Maria Zambrano: un buon punto di partenza e' il volume
monografico Maria Zambrano, pensatrice in esilio, "Aut aut" n. 279,
maggio-giugno 1997, e il recente libro di Annarosa Buttarelli, Una filosofa
innamorata. Maria Zambrano e i suoi insegnamenti, Bruno Mondadori, Milano
2004; ci permettiamo di segnalare anche, nel nostro stesso notiziario, i
testi di Elena Laurenzi e di Donatella Di Cesare riprodotti nei nn. 752, 754
e 805, e "Nonviolenza. Femminile plurale" n. 11, monografico su Maria
Zambrano]

Indice del volume: I. Chiari del bosco; II. Il risveglio. La preesistenza
dell'amore; III Passi. Metodo; Le operazioni della logica; IV. Il vuoto e il
centro. La visione - La fiamma; Il vuoto e la bellezza; L'inabissarsi della
bellezza; Il centro - L'angoscia; Il centro e il punto privilegiato; V. La
metafora del cuore; VI. Parole. Prima che si proferissero le parole; La
parola del bosco; La parola perduta; La parola che si custodisce; Lo
scritto; L'annuncio; Il concerto; Solo la parola; VII. Segni. Segni, semi; I
segni naturali; L'adorazione della luna - La cicuta; La Medusa; Gli occhi
della notte; L'unita' e l'immagine; Il punto; La meta; Il punto oscuro e la
croce; VIII. L'abbandono indecifrabile; IX. I cieli; Appendice. Lo specchio
di Atena; Postfazione di Carlo Ferrucci.
*
Da pagina 11
Chiari del bosco
Il chiaro del bosco e' un centro nel quale non sempre e' possibile entrare;
lo si osserva dal limite e la comparsa di alcune impronte di animali non
aiuta a compiere tale passo. E' un altro regno che un'anima abita e
custodisce. Qualche uccello richiama l'attenzione, invitando ad avanzare fin
dove indica la sua voce. E le si da' ascolto. Poi non si incontra nulla,
nulla che non sia un luogo intatto che sembra essersi aperto solo in
quell'istante e che mai piu' si dara' cosi'. Non bisogna cercarlo. Non
bisogna cercare. E' la lezione immediata dei chiari del bosco: non bisogna
andare a cercarli, e nemmeno a cercare nulla da loro. Nulla di determinato,
di prefigurato, di risaputo. E l'analogia del chiaro con il tempio puo'
sviare l'attenzione.
*
Da pagina 23
Il risveglio
Il risveglio privilegiato non deve aver luogo necessariamente dal sonno.
Posto che sonno e veglia non sono due parti della vita, che essa, la vita,
non ha parti, bensi' luoghi e volti. E cosi' dal sonno e da certi stati di
veglia ci si puo' risvegliare in questo modo privilegiato che e' il
risveglio senza immagini.
Risvegliarsi senza immagine anzitutto di se stesso, senza alcuna immagine
della realta', e' il privilegio di quest'istante che puo' trascorrere
inafferrabile ma lasciando, questo si', la sua impronta; un'impronta
inestinguibile, ma che non si sa decifrare, perche' non c'e' stata
conoscenza. E nemmeno una semplice registrazione di quell'esserci svegliati
a questo nostro qui, a questo spazio-tempo in cui l'immagine ci assale.
Dell'aver respirato soltanto in una solitudine privilegiata sulle sponde
della fonte della vita. Un istante di esperienza preziosa della preesistenza
dell'amore: dell'amore che ci concerne e che ci guarda, che guarda verso di
noi.
*
Da pagina 44
Gli inferi

"Quoniam tu flagelas et salvas,
deducis ad inferos et reducis",
dice il libro di Tobia.

Nel momento in cui il suo cantico prorompe dinanzi all'Arcangelo Raffaele,
l'anziano Tobith dice al suo Signore: "Quoniam tu flagelas et salvas,
deducis ad inferos et reducis". Sembra impossibile tradurre una frase del
genere senza farle perdere qualcuno dei suoi significati, uno specialmente:
la deduzione agli inferi, che non e' certamente lo stesso che il condurre a
essi. Non si puo' attribuire al geniale traduttore della Vulgata
l'intenzione di mostrare che la deduzione, operazione logica, conduce agli
inferi, o, inversamente - che sarebbe lo stesso - che l'inferno e' qualcosa
di dedotto. Eppure, al di la' delle intenzioni dell'autore di tale testo,
prevale l'impressione che agli inferi si scenda per deduzione, e che essi
stessi siano qualcosa di dedotto. E che il tornare sia di conseguenza
un'induzione che pero' rimane al contempo una ri-duzione.
La tranquillizzante operazione de-duttiva, ovvero il piu' sicuro tragitto
aperto alla mente dalla logica formale, e' dunque una fatalita', una fatale
declinazione? E l'induzione, la modesta, cadetta induzione, un tirar fuori
qualcosa di sommerso, appiccicato, aderito o lasciato semplicemente li',
nell'oscurita'?
*
Da pagina 63
Il centro e il punto privilegiato
Si tende a pensare che il centro di se stessi si trovi ben dentro la nostra
persona. Cio' evita a quest'ultima di preoccuparsi di cio' che si muove
nell'intimo. Il movimento piu' intimo non puo' essere che quello del centro
stesso. E questo anche quando s'intenda il vivere come un'esigenza di intima
trasformazione.
La proprieta' del centro e' di attrarre, di raccogliere intorno a se' tutto
quanto procede disperso. Il che comporta che esso sia sempre immobile.
E il centro ultimo lo ha da essere, immobile. Mentre nell'uomo, creatura
tanto subordinata, il centro dev'essere quieto, che non e' lo stesso che
immobile. E' proprio la quiete, al contrario, a consentire al centro di
muoversi a modo suo, in conformita' alla sua incalcolabile "natura".
Non c'e' atto umano che non si verifichi seguendo una scala, senza dubbio
ascendente, con la minaccia, raramente evitata del tutto, della caduta. Una
scala che, per quanto seguita con una certa continuita', conosce periodi
decisivi, tappe, indugi.
*
Da pagina 92
La parola perduta
Non solo il linguaggio ma le parole tutte, per uniche che ci appaiano, per
sole che vadano e per inattesa che sia la loro comparsa, alludono a una
parola perduta, come si sente e si sa all'improvviso con angoscia a volte, e
in una sorta di albeggiare che palpitando la annuncia da un momento
all'altro. E la si sente anche pulsare nel fondo della respirazione stessa,
del cuore che la custodisce, garanzia di cio' che la speranza non riesce a
immaginare. E nella stessa gola, in atto di sbarrare il passo con la sua
presenza alla parola in procinto di uscirne. Quella porta che l'alba chiude
nel momento in cui si apre. L'amore che non arriva mai, che viene meno sul
filo dell'aurora, l'inafferrabile che si separa da quelli che si accingono a
morire o stanno gia' morendo, e che lottano - tormento dell'agonia - per
lasciarla qui e diffonderla quando non gli e' piu' possibile farlo. La
parola che se ne va con la morte violenta, e quella che sentiamo che la
precede come guida, la guida di quelli che, alfine, possono morire.
Perduta la parola unica, segreto dell'amore divino-umano. E non si
riferiranno per caso ad essa quelle parole privilegiate a stento udibili
come mormorio di colomba: Direte che mi sono perduta, / Che, andando
innamorata, / Mi persi a bella posta e fui trovata?
*
Da pagina 93
La parola che si custodisce
La parola che un essere umano custodisce come se fosse fatta della sua
stessa sostanza, quantunque egli stesso l'abbia un giorno appresa o formata.
Quella che non si dice perche' il dirla significherebbe anche contraddirla
col darla come nuova o coll'enunciarla come se potesse accadere; la parola
che non puo' trasformarsi in passato e per la quale non si conta sul futuro,
quella che e' unita con l'essere.
E che si presenta, e perfino si vede, come profetizzata in alcune creature
non umane, in alcuni animali che sembrano portare con se' una parola che
sono sul punto di lasciar intendere nel momento in cui muoiono. E anche
nella quiete ineguagliata delle bestie che guardano il sole come se fossero
i suoi guardiani, vedi le immagini che l'arte ha immortalato nel viale del
tempio di Delo.
E nel firmamento, alcune costellazioni o astri sembrano solo custodire
qualche parola e vegliare per lei, con lei, sull'immensita' inconcepibile
degli spazi interstellari, i vuoti e la cavita' dell'universo, vedette del
Verbo.

5. LIBRI. ADRIANA PERROTTA RABISSI PRESENTA "UN VESTITO DI LUCE" DI ANNE
HEBERT
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano
(www.universitadelledonne.it) riprendiamo la seguente recensione.
Adriana Perrotta Rabissi e' docente di italiano e storia e fa parte della
Libera Universita' delle Donne; si occupa di storia del femminismo, di
lavoro, di linguaggio dal punto di vista psicosociale. Dal 1981 al 1994 e'
stata membro della segreteria del Centro di studi storici sul movimento di
liberazione della donna in Italia (trasformatosi nel 1994 in Fondazione
Elvira Badaracco); per il Centro ha svolto attivita' di organizzazione e
coordinamento di convegni nazionali ed internazionali e seminari di studio
su temi relativi alla condizione delle donne, al linguaggio sessuato, alla
letteratura e alla scrittura delle donne, alla storia dei movimenti politici
delle donne; attivita' di ricerca nei campi della storia dei movimenti
politici delle donne, in particolare dell'emancipazionismo e del
neofemminismo degli anni Settanta e Ottanta, della storia, della scrittura e
della letteratura delle donne; attivita' di documentazione nell'Archivio del
Centro. Fa parte del comitato scientifico della Fondazione Badaracco, per la
quale cura i rapporti con la Rete Lilith (la rete dei centri, biblioteche e
archivi delle donne in Italia) e organizza momenti seminariali e convegni
nazionali e internazionali. E' socia dell'Associazione per una libera
universita' delle donne di Milano, per cui progetta, organizza e conduce dal
1994 corsi e seminari su temi relativi alla condizione delle donne in Italia
e alle sue modificazioni strutturali in relazione al sessismo della lingua,
alle rappresentazioni del maschile e del femminile sedimentate nella lingua
di comunicazione, alla storia e alla letteratura delle donne nel Novecento,
ai mutamenti sociali verificatisi nel campo della famiglia e del lavoro.
Svolge dal 1979 attivita' di formazione, di educazione degli adulti, di
aggiornamento dei docenti delle secondarie e delle/degli operatrici e
operatori culturali. Ha organizzato e condotto corsi monografici delle 150
ore sulla condizione delle donne per il Consorzio Ticino 3; dal 1991
organizza e conduce corsi rivolti alla cittadinanza per il Comune di Milano
sui temi del linguaggio sessuato, della letteratura, della storia delle
donne, delle modificazioni della condizione delle donne nella famiglia e nel
lavoro. E' stata docente di storia del Novecento, storia delle donne e della
letteratura delle donne in corsi di aggiornamento dei docenti di Milano,
Grosseto, Bergamo, Bolzano, Ferrara, Rovigo, e per l'Istituto svizzero di
pedagogia per la formazione professionale di Lugano. E' stata formatrice in
corsi e seminari sui linguaggi documentari e sull'indicizzazione tramite
thesaurus, organizzati da Istituzioni italiane, dalla Cee, da Centri di
ricerca e documentazione delle donne. Ha pubblicato saggi e articoli nelle
riviste "Dwf", "Lapis", "Leggere donna", "La Balena Bianca", "il Paese delle
Donne", "Golem. L'indispensabile". Tra le opere di Adriana Perrotta Rabissi:
"Itinerario bibliografico sul rapporto donne/scrittura", in Calabro' A. R.,
Grasso L. (a cura di), Dal movimento femminista al movimento diffuso.
Ricerca e documentazione nell'area lombarda, Milano, Franco Angeli, 1985;
"Questo balsamo, la lettura: ovvero la necessita' della cultura", in
Buttafuoco A., Zancan M. (a cura di), Svelamento. Sibilla Aleramo: una
biografia intellettuale, Milano, Feltrinelli, 1988; Assolo. Sibilla
Aleramo", in "Donnawomanfemme", n 3,1986; (a cura di, con Perucci M. B. ),
Perleparole. Le iniziative a favore dell'informazione e della documentazione
delle donne europee, Atti del convegno internazionale del Centro di studi
storici sul movimento di liberazione della donna in Italia, Utopia, Roma
1988; "Dalle parole delle donne a 'Linguaggiodonna'", in Perleparole, cit.;
(con Perucci M. B.), Perleparole, in "Minerva", n. 9, settembre 1988; "Tra
nuova sinistra e autocoscienza. Milano:1972-1974", in Crispino A. M. (a cura
di), Esperienza storica femminile nell'eta' moderna e contemporanea. Parte
seconda, Roma, Udi - La Goccia,1989; (con Perucci M.B.), Linguaggiodonna.
Primo thesaurus "di genere" in lingua italiana, Centro di studi storici sul
movimento di liberazione della donna in Italia, II ed., Milano 1991; (con
Perucci M. B.), Un Convegno sull'informazione 'al femminile', in
"Biblioteche oggi", n. 4, luglio-agosto 1988; "Le parole per dire", in
Buttafuoco A. (a cura di), Modi di essere. Studi,riflessioni, interventi
sulla cultura e la politica delle donne in onore di Elvira Badaracco,
Bologna, E M Ricerche, 1991; Fra una parola e l'altra. La riflessione delle
donne tra storia e memoria di genere, in "La Balena Bianca. I fantasmi della
societa' contemporanea", n. 4, 1992; "Di corpi e di parole. Viaggio
attraverso un dizionario di parolechiave, in "La Balena Bianca. I fantasmi
della societa' contemporanea", n. 5, 1992; "Parlare e scrivere senza
cancellare uno dei due sessi", in Eleonora Chiti (a cura di), Educare ad
essere donne e uomini. Intreccio tra teoria e pratica, Torino, Rosenberg e
Sellier, 1998;(con Luciana Tavernini), "Un percorso storiografico del
Novecento", nell'ipertesto consultabile al sito Donne e conoscenza storica,
www.url.it/donnestoria/; Sono soldi i soldi?, in "Golem. L'indispensabile",
giugno 2001; La lingua e' neutrale rispetto ai sessi?, nel sito
www.retelilith.it; (con varie coautrici), L'in-canto delle parole, Milano,
Universita' delle donne, 2002; Donne di parole, in "Scuola ticinese", a.
XXXII, serie III, n. 254, gennaio-febbraio 2003; (con varie coautrici), Le
parole mal-trattate, Milano, Universita' delle donne, 2003.
Anne Hebert (1916-2000) e' una celebre scrittrice canadese di lingua
francese. Dal sito www.tufani.it riprendiamo la seguente notizia
biobibliografica su Anne Hebert: "L'opera di Anne Hebert occupa un posto
d'onore nella letteratura del Quebec, in Francia e nel Canada anglofono,
dove le sue opere di narrativa sono state tradotte e ripetutamente
ripubblicate. Grande e' il fascino che suscita alla lettura, per
l'attualita' e la forza contestatrice delle tematiche trattate, che si
rinnovano e si aggiornano attraverso le interpretazioni, in particolare
nella rilettura fatta dal punto di vista femminile e femminista. Il rigore e
l'originalita' delle tecniche narrative chiaramente rivelano il passaggio
attraverso l'esperienza della sceneggiatura radiofonica, teatrale e
cinematografica alla quale la scrittrice si e' dedicata con successo. Tenute
in altissima considerazione sono le sue raccolte poetiche. Anne Hebert nasce
il primo agosto 1916 a Sainte-Caterine-de-Fossambault, villaggio nei pressi
della citta' di Quebec, residenza estiva di una famiglia appartenente
all'alta borghesia: antenati di parte materna sono tra i primi colonizzatori
della Nouvelle France (si ha documentazione su una sua omonima, immigrata
dalla Francia agli inizi del Seicento). Molto precoce nei suoi interessi
letterari, la ragazza trova nella famiglia - in particolare nel padre, alto
funzionario statale e noto critico letterario, e nel cugino Saint-Denis
Garneau - l'ambiente ideale per sviluppare il proprio talento. Poco piu' che
ventenne Anne Hebert vede gia' pubblicati i suoi lavori su alcuni periodici.
La sua veemente interpretazione della realta', il suo interesse per
situazioni forti, il sovvertimento dei valori tradizionali si scontrano
pero' con l'incomprensione dell'ambiente provinciale del Quebec: il racconto
lungo Le Torrent (1945-1950) e la raccolta di poesie Les Tombeaux du Roi non
trovano editore. Dopo un periodo di lavoro a Radio Canada, dove scrive
trenta testi radiofonici, Hebert e' sceneggiatrice per l'Ufficio nazionale
del cinema a Ottawa e poi a Montreal, esperienze che le sono entrambe di
grande utilita' per la composizione del primo romanzo, Les Chambres de bois,
e in particolare dello sceneggiato televisivo in quattro puntate Le Merciere
assassinee. Nel 1954 Hebert ottiene una borsa di studio e si trasferisce a
Parigi, dove la sua scrittura trova finalmente interesse e attenzione e Les
Chambres de bois (1958) ottiene notevoli riconoscimenti (Premio
France-Canada e Premio Duvernay). Da allora Parigi diventa la sua residenza.
Il successo giunge, dopo quattro anni di ricerca, con il suo secondo
romanzo, Kamouraska, Prix des Libraires. E' il 1970, la scrittrice ha 54
anni. L'assassinio da parte dell'amante della moglie del signore di
Kamouraska avvenuto nell'Ottocento, che la madre le raccontava
nell'infanzia, e' il tema del romanzo, in cui tornano molti dei temi
hebertiani: le costrizioni e la violenza che la societa' patriarcale impone
alla donna, la maternita' indesiderata, la ribellione femminile fino alle
estreme conseguenze. Un terzo romanzo, Les Enfantes du Sabbah, esce nel
1975, e ottiene il Premio del Governatore del Canada (nella traduzione
inglese, poiche' non c'erano allora premi per le opere francofone), e l'anno
successivo quelli dell'Academie francaise e della Fondazione Prince Pierre
de Monaco. Sono ormai gli anni della gloria. Il romanzo Les Fous de Bassan
(1982), storia cupa dello stupro e dell'assassinio di due ragazze in una
piccola e chiusa comunita' anglosassone del Quebec, vince il Prix Femina. E'
il coronamento della sua carriera di scrittrice. Pubblica nel 1988 Le
Premier jardin che dedica a tutte le donne di frontiera che parteciparono
alla fondazione della Nouvelle France. L'Enfant charge' de songes (1992),
Premio del Governatore, richiama, ancora una volta, nel soggetto e nello
stile, l'opera che quasi cinquant'anni prima aveva suscitato tante
polemiche: Le Torrent. Nel 1998, nello stupore generale, quella che era
considerata la piu' francese tra le scrittrici canadesi torna a Montreal,
dove scrive altri due romanzi: Est-ce que je te derange? E Un habit de
lumiere, che riceve il premio France-Quebec. Anne Hebert muore nel paese
natale nel gennaio 2000. Pur avendo trascorso la maggior parte della sua
vita in Francia, il paesaggio e la societa' del Quebec restano per lei fonte
primaria di ispirazione: solo tre dei suoi romanzi sono ambientati a Parigi.
Principali opere di Anne Hebert: Les Songes en equilibre, Montreal, 1942; Le
Torrent, Montreal, 1950; Le Tombeau du roi, Quebec, 1953; Les Chambres de
bois, Paris, 1958; Poemes, Paris, 1958; Le Temps sauvage, Le Merciere
assassinee, Les Invites au proces, Montreal, 1967 (teatro); Kamouraska,
Paris, 1970 (trad. italiana fuori commercio); Les Enfants du Sabbah, Paris,
1975; Heloise, Paris, 1980; Le Fous de Bassan, Paris, (1982 traduzione
italiana: L'ultimo giorno dell'estate, Tufani, Ferrara 2002); Le Premier
jardin, Paris, 1988; La Cage, L'Ile de la Demoiselle, Montreal-Paris, 1990
(teatro); L'Enfant charge' de songes, Paris, 1992; Le Jour n'a d'egal que la
nuit, Montreal-Paris, 1992; Oeuvre poetique (1950-1990), Montreal-Paris,
1993; Aurelien, Clara, Mademoiselle et le Lieutenant anglais, Paris, 1995
(trad. italiana: Clara che a quindici anni disse di si', EL, Trieste 1995);
Poemes par la main gauche, Montreal, 1997; Est-ce que je te derange?, Paris,
1998; Un habit de lumiere, Paris, 1999". Opere di Anne Hebert disponibili in
italiano: Clara che a quindici anni disse di si', EL, Trieste 1995; L'ultimo
giorno dell'estate, Tufani, Ferrara 2002; Un vestito di luce, Tufani,
Ferrara 2007]

Anne Hebert, nata nel 1916 in Canada e qui morta nel 2000 dopo un lungo
soggiorno in Francia, e' considerata la maggiore scrittrice canadese di
lingua francese. Ha scritto racconti, romanzi, opere teatrali. Un vestito di
luce e' stato pubblicato nel 1999, pochi mesi prima della morte, e vi sono
concentrati i temi ricorrenti delle sue opere, cosi' che il romanzo risulta
quasi un distillato della sua narrativa.
Il titolo richiama il concetto chiave del libro, la luce, declinato in vari
aspetti; verbi e aggettivi riferiti alla luce ricorrono frequenti nel
romanzo sia nelle realta' di oggetti e situazioni vissute, sia  nei sogni
dei quattro protagonisti. Cosi' le scarpe di Pedro, il padre, sono lucide
"come fari accesi", un vestito di Rose-Alba, la madre, e' d'oro e "luminoso
come il sole", un altro di velluto nero e' ricamato con stelle luccicanti,
le camicie bianche sono splendenti, i capelli tinti diventano biondo oro:
oggetti e persone splendono, brillano, luccicano, abbagliano.
Ma il vero vestito di luce e' l'abito tutto lustrini e paillettes del
torero, carriera che Rose-Alba immagina per il figlio Miguel, ma al di fuori
di qualsiasi possibilita' di realizzazione, dal momento che Miguel e'
mingherlino, poco amante di giochi virili, e la famiglia vive in
ristrettezze a Parigi, e non nell'originaria Spagna, dalla quale la famiglia
e' emigrata.
Il romanzo e' diviso in due parti, la prima durante il settimo anno di vita
di Miguel, la seconda durante il quindicesimo, momenti topici
dell'adolescenza, cioe' della ricerca della propria soggettivita', anche
sessuale: Miguel si sente femmina, l'ammirazione per la madre lo porta a
concepire una femminilita' basata sugli strumenti di seduzione di un
femminile tradizionale: trucchi, vestiti dorati, tacchi a spillo.
Un vestito di luce e' anche l'abito di scena di Jean-Ephrem, ballerino
travestito da Angelo della notte, con grandi ali d'argento, protagonista
dello show in un locale dal nome Paradiso perduto, che si atteggia a angelo
nero, cioe' demone, e si autodefinisce la Bella Bestia.
Inoltre, sempre a proposito di luce, situazioni ricorrenti sono la luce del
mezzogiorno, il tempo in cui si apre il romanzo; la luce dello stadio dove
si svolgono le corride, che sono evocate nelle fantasie e nei desideri dei
personaggi e che rappresentano un ambiente luminoso contrapposto al grigiore
della  realta' quotidiana, compensazione immaginaria all'atmosfera parigina,
alla portineria nella quale vivono Miguel, la madre e il padre, ai "tremolii
grigi"  della Senna, in cui Miguel concludera' la sua vita in un'alba
triste.
La struttura del romanzo e' particolare e complessa pur nell'apparente
semplicita', organizzata con una tecnica teatrale. I personaggi entrano in
scena autopresentandosi, la voce narrante e' affidata ai brevi interventi di
un'inquilina di casa, madame Guillou, che a conclusione della vicenda la
commenta brevemente dall'alto del suo senso comune, spogliandola di ogni
possibile epicita' e/o tragicita'. La riconduce infatti a un banale episodio
di cronaca e nello stesso tempo con il suo giudizio incapsula i personaggi
nelle loro rispettive caratteristiche tra le quali domina la loro
incapacita' di evoluzione mentale e spirituale causa della tragedia  finale.
Rose-Alba, la madre, apre il romanzo, e' complice e amante in un certo qual
modo del figlio, che funziona per lei da vero compagno di vita, per la sua
sensibilita', delicatezza d'animo e di aspetto fisico, rispetto ad un marito
rozzo. Sogna lussi, splendori di vestiti e di vita come riscatto della
propria misera condizione di straniera, custode di un condominio, impiegata
nei lavori piu' umili. Naturalmente Miguel viene visto da lei come strumento
di riscatto. La relazione tra madre e figlio e' al limite del patologico,
simbiotica, il padre e' considerato da Miguel "lo straniero".
Pedro Almevida, il padre, e' un operaio edile, saltuariamente occupato,
nostalgico della sua Spagna, immigrato e povero, e per questo ancor piu'
legato all'autorita' che il ruolo gli consente nei confronti di moglie e
figlio, l'omosessualita' del quale costituisce un affronto alla sua
virilita' e dignita'.
Miguel e' il protagonista assoluto, i suoi genitori sono profondamente
inadeguati, imprigionati nei ruoli tradizionali, sono irresponsabili e
incapaci di accompagnare il figlio nella sua crescita, vogliono entrambi
piegarlo alla propria logica, il padre autoritariamente, la madre con
blandizie, urla e baci. Entrambi immaturi e troppo preoccupati di se stessi,
senza essere particolarmente cattivi, sono semplicemente ignoranti e
normali.
L'elemento di rottura di un quadro familiare di desolante normalita' e'
l'omosessualita' di Miguel, che egli comincia a scoprire da bambino nei suoi
desideri, sogni, rifiuti (delle arti marziali a cui lo trascina il padre e
in genere degli atteggiamenti di violenza virile esercitati dal padre su di
lui e su Rose), fino a riconoscerla apertamente a quindici anni in seguito
all'incontro con Jean-Ephrem. Miguel da subito si scontra con la violenza
esercitata all'interno dell'istituzione familiare, ma anche con la violenza
interiorizzata e fatta propria - da lui come dagli altri personaggi - e
presente sotto la forma di condizionamenti sociali e culturali.
Jean-Ephrem de la Tour e' un ballerino, narcisista, lusingato
dall'adorazione che gli tributa Miguel nei confronti del quale alterna
tenerezze e comportamenti scostanti. Ha un'umile origine, proviene da un
brefotrofio, ostenta nella sua casa lussi e splendori che non paga e che
alla fine gli saranno pignorati impietosamente dai creditori. Bello ma vuoto
e inadeguato perfino al ruolo di principe delle tenebre che si attribuisce,
solo lui comunque in qualche modo "vede" Miguel e lo ascolta. Miguel investe
tutto il suo entusiasmo in questa relazione  d'amore fino al suo esito
distruttivo: quando vede uscire la madre dalla camera da letto di Jean, in
un tentativo, peraltro non riuscito, di seduzione, decide di suicidarsi,
sentendosi tradito in eguale misura dall'uno e dall'altra.

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 177 del 17 aprile 2008

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