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Minime. 428
- Subject: Minime. 428
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 17 Apr 2008 00:46:16 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 428 del 17 aprile 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Benito D'Ippolito: In un mondo fatto cenere 2. Michele Boato, Maria G. Di Rienzo e Mao Valpiana: Un invito a Bologna il 19 aprile 2008 per costruire una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo, la nonviolenza 3. A Rimini il 20 aprile 4. Roberto Ciccarelli e Benedetto Vecchi intervistano Ernesto Laclau 5. Roberto Ciccarelli e Benedetto Vecchi: Breve profilo di Ernesto Laclau 6. Isabelle Collet: L'informatica, le donne 7. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. BENITO D'IPPOLITO: IN UN MONDO FATTO CENERE E crudelmente il sangue degli afgani spargeste a piene mani, e speravate di farvi cosi' accetti cortigiani dell'ultimo vassallo delle armate onnivore imperiali, che di brani di carne umana nutre scatenate le torme dei suoi lupi e dei suoi cani e il mondo fa deserto, e le stellate notti colme dei fuochi delle bombe e fracassando va le carni tenere e dove erano case ora son tombe e tutto ha Marte, e nulla piu' e' di Venere. Ed ecco del giudizio gia' le trombe risuonano in un mondo fatto cenere. 2. INVITI. MICHELE BOATO, MARIA G. DI RIENZO E MAO VALPIANA: UN INVITO A BOLOGNA IL 19 APRILE PER COSTRUIRE UNA RETE DI DONNE E UOMINI PER L'ECOLOGIA, IL FEMMINISMO, LA NONVIOLENZA [Da Michele Boato, Maria G. Di Rienzo e Mao Valpiana (per contatti:: Michele Boato: micheleboato at tin.it, Maria G. Di Rienzo: sheela59 at libero.it, Mao Valpiana: mao at nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo] Come deciso il 2 marzo scorso, ci incontriamo sabato 19 aprile 2008 dalle ore 10 alle 17 a Bologna, nella saletta sindacale della stazione ferroviaria (di fronte alla mensa dei ferrovieri, sulla sinistra del piazzale esterno). Dedicheremo solo una prima parte della giornata (dalle 10 alle 12) all'analisi del terremoto elettorale, delle sue cause e conseguenze per noi ecologisti, femministe, amici della nonviolenza, a partire dal fatto che, nella scorsa assemblea, non era stata definita una linea comune da tenere in questa tornata elettorale. * Discuteremo soprattutto della costruzione di una rete di donne e uomini, associazioni e comitati, che abbia come fine principale sostenere iniziative e lotte locali, mettendo in comune conoscenze, esperienze, strumenti d'informazione e creando anche eventi nazionali sui temi affrontati. Discuteremo anche sulle possibilita' per la rete di presentare direttamente (dove riusciremo a creare le condizioni necessarie) liste elettorali con propri contenuti e candidati (senza la mediazione di alcun partito) per i vari livelli istituzionali, a partire da quello territoriale (quartieri, comuni), fino alla dimensione europea. Ci confronteremo sulle caratteristiche della rete e sul metodo nonviolento da adottare (chi partecipa, minime regole interne, come agisce, come comunica, un suo nome, divisione dei compiti, ecc.); sul censimento delle iniziative (locali o non) da sostenere come rete; sulla scelta delle iniziative comuni da mettere in cantiere per i prossimi mesi (prime proposte: iniziative ecologiste in molte citta' sabato 4 ottobre, San Francesco, festa degli alberi; iniziative regionali antimilitariste per il 4 novembre (Giornata delle forze armate, "Non festa ma lutto", domenica 2 novembre) contro le basi a Vicenza, Aviano, Ghedi (Brescia), Camp Derby (Pisa), Taranto, Napoli... * Proponiamo di confermare il metodo di lavoro basato su: interventi brevi (massimo 5 minuti a testa), linguaggio nonviolento, decisioni prese con il massimo consenso possibile, riconvocazione pubblica (non troppo ravvicinata) e indirizzario pubblico dei partecipanti alla rete. Proponiamo inoltre piccoli gruppi di lavoro per censire e preparare le iniziative, precisare contenuti e metodi, curare la comunicazione, ecc. in modo da chiudere questa fase costituente prima dell'estate (sabato 14 giugno?), cercando di non creare un recinto (se non per quanto riguarda i fondamentali principi nonviolenti), ma un terreno di collaborazione con tutte le persone di buona volonta'. * Per ulteriori informazioni e contatti. Michele Boato: micheleboato at tin.it, Maria G. Di Rienzo: sheela59 at libero.it, Mao Valpiana: mao at nonviolenti.org 3. INCONTRI. A RIMINI IL 20 APRILE [Dal Movimento Nonviolento (per contatti: tel. 0458009803, fax 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo] Rimini, domenica 20 aprile 2008, seminario del Movimento Nonviolento su "Informazione e nonviolenza". Il Convivio dei oopoli ha affidato ad "Azione nonviolenta" la realizzazione di un importante seminario sul tema cruciale "Informazione e nonviolenza" per affrontare i seguenti aspetti: - Come influire sui mass-media per un'informazione diversa e corretta sui temi pace/guerra? - Quale rapporto tra riviste cartacee e informazione web (blog, mailing lists, giornali web, ecc.)? - Quale futuro per le riviste "storiche" come la nostra? - La legge sull'editoria finanzia gli organi di informazione dei partiti, ma non tutela la stampa di movimento: come modificare una legge cosi' ingiusta? Saranno presenti giornalisti esperti del settore per aiutarci nella riflessione: Beppe Lopez (autore de La casta dei giornali), Roberto Natale (presidente della Federazione nazionale della stampa italiana), Beppe Muraro (giornalista Rai). Il seminario si terra' a Rimini, domenica 20 aprile, dalle ore 10,30 alle 17,30, presso la "Sala degli Archi" che si trova sotto il porticato del Palazzo Comunale in piazza Cavour. La piazza si raggiunge a piedi dalla stazione in circa 10 minuti. Per chi arriva in macchina, si puo parcheggiare nella adiacente piazza Malatesta. * Per ulteriori informazioni: rivista mensile "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 4. RIFLESSIONE. ROBERTO CICCARELLI E BENEDETTO VECCHI INTERVISTANO ERNESTO LACLAU [Dal quotidiano "Il manifesto" dell'8 marzo 2008, col titolo "Quel significante politico che da' forma al popolo" e il sommario "La democrazia radicale e' dentro ma anche fuori dallo stato. Un'intervista con il filosofo argentino, protagonista all'Universita' di Salerno di un seminario su 'Democrazia e populismo'. Nelle societa' postmoderne la proliferazione di conflitti sociali, culturali, delle lotte per il riconoscimento delle identita' sessuali, avviene in assenza di una loro articolazione politica". Roberto Ciccarelli (Bari, 1973) svolge attivita' di ricerca presso l'Istituto Universitario Orientale di Napoli; e' autore di vari saggi. Tra le sue pubblicazioni: con Marino Centrone, Pensare la differenza, Levante, Bari 1999; (a cura di), Inoperosita' della politica, DeriveApprodi, Roma 1999. Benedetto Vecchi e' redattore delle pagine culturali del quotidiano "Il manifesto"; nel 2003 ha pubblicato per Laterza una Intervista sull'identita' a Zygmunt Bauman. Ernesto Laclau e' un filosofo e politologo argentino, docente universitario in Gran bretagna, autore di influenti saggi. Dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo la seguente scheda: "Ernesto Laclau (Buenos Aires, 1935) e' un teorico della politica argentino, spesso genericamente descritto come post-marxista. Laclau e' professore presso l'universita' di Essex in Gran Bretagna, dove tiene una cattedra di teoria politica ed e' stato per molti anni direttore di un programma dottorale. Ha insegnato a lungo in numerose universita' nel Nord e Sud America, in Europa, in Sudafrica e in Australia. Il libro piu' importante di Laclau e' Hegemony and Socialist Strategy (Egemonia e strategia socialista), scritto in inglese insieme con la collega belga Chantal Mouffe e influenzato dalle teorie di Antonio Gramsci. Il pensiero dei due studiosi e' generalmente definito post-marxista. Entrambi parteciparono al movimento studentesco degli anni Sessanta e ipotizzarono l'alleanza con la classe operaia per creare una societa' nuova. Laclau e Mouffe attualmente rigettano l'idea che il determinismo economico marxista e la lotta di classe siano punti fondamentali nelle dinamiche sociali e invece sottolineano l'importanza di innescare una radicale democratizzazione e un antagonismo pluralistico nel quale si possano esprimere armonicamente i conflitti sociali". Tra le opere di Ernesto Laclau: Politics and Ideology in Marxist Theory, 1977; (con Chantal Mouffe), Hegemony and Socialist Strategy, 1985); New Reflections on the Revolution of our Time, 1990; (a cura di), The Making of Political Identities, 1994; Emancipation(s), 1996; (con Judith Butler e Slavoj Zizek), Contingency, Hegemony, Universality, 2000; On Populist Reason, 2005] Nel commentare le elezioni presidenziali francesi che hanno portato all'Eliseo Nicolas Sarkozy, il filosofo Etienne Balibar ha parlato dell'occupazione della sfera pubblica da parte degli "estremisti del centro" per difendere l'unico bene comune esistente, il mercato. Un panorama non molto lontano da quello di queste elezioni, anche se da noi gli "estremisti di centro" tengono saldamente in pugno il partito che per pudore continuano a collocare nel centrosinistra. Di fronte a questo scenario, le dichiarazioni del filosofo di origine argentina Ernesto Laclau provocano disorientamento e sorpresa. Inviato dal "Centro studi sulla biopolitica, bioeconomia e i processi di soggetttivazione" dell'Universita' di Salerno, Laclau ha tenuto nei giorni scorsi un seminario su "Democrazia e populismo" presso il dipartimento di Teoria e storia del diritto e della politica e piu' di una volta ha indicato nel "partito nuovo" di Palmiro Togliatti una sorta di paradigma del "politico", meglio di ogni istanza di trasformazione radicale della societa'. Da qui l'invito a tornare alla categoriana di egemonia sviluppata da Antonio Gramsci, le cui "messa al lavoro" consentirebbe al pensiero critico di uscire dalle secche di un marxismo condannato spesso all'afonia a causa di una lettura determinista della divisione in classe della societa'. Profondo conoscitore della storia politica italiana, chiede continuamente notizie di come sta andando la campagna elettorale. Lo abbiamo incontrato poco prima che entrasse in aula per il suo seminario. * - Roberto Ciccarelli e Benedetto Vecchi: Dall'Argentina di Peron all'Inghilterra della filosofia analitica. Cosa l'ha portata a lasciare il suo paese? - Ernesto Laclau: E' una storia che inizia nel 1966, quando ho ottenuto l'abilitazione all'insegnamento. Dopo solo sei mesi, un golpe porto' al potere il generale Juan Carlos Ongania. Il regime militare era si' autoritario, ma non come quelli che abbiamo conosciuto nel decennio successivo in America latina. Per me significo' la fine dell'insegnamento universitario. Iniziai cosi' a lavorare in un istituto di ricerca sociale privato a Buenos Aires. Il mio referente era lo storico Eric Hobsbawm e lavorai con lui per due, tre anni. Grazie al suo aiuto, svolsi un dottorato presso un'universita' britannica, al termine del quale mi trasferii definitivamente in Inghilterra. Se penso alle vicende del mio paese di origine, posso dire che l'incontro con Hobsbawm mi ha salvato la vita. * - Roberto Ciccarelli e Benedetto Vecchi: Nel 1985, insieme a Chantal Mouffe, ha scritto Hegemony and a Socialist Strategy, dove la categoria gramsciana di egemonia e' centrale nella comprensione del "politico" nelle societa' contemporanee. Quando ha scoperto le opere di Antonio Gramsci? - Ernesto Laclau: In Argentina Gramsci era stato tradotto gia' negli anni Cinquanta. Per noi, allora, le sue tesi erano essenziali per comprendere quello che e' stato chiamato il "rinascimento peronista", un movimento sociale, politico, culturale che non poteva essere efficacemente interpretato attraverso una griglia analitica tradizionalmente "classista". Gli studi gramsciani sul nazional-popolare, sulla formazione di una volonta' collettiva, l'idea dell'intellettuale collettivo che opera per una riforma morale e politica erano usati per prendere congedo da una lettura ossificata della societa' argentina. Inoltre, guardavamo tutti con interesse e partecipazione a quanto accadeva nei campus statunitensi o nelle strade di Berlino e di Parigi. Il Sessantotto era un rebus importante da risolvere quanto il peronismo, perche' poneva sempre lo stesso problema: come si puo' formare una soggettivita' politica fuori dallo schema economicistico della lotta di classe? Ho constatato un fatto paradossale che riguarda la ricezione gramsciana. Negli anni Settanta, gli intellettuali critici italiani perdono interesse per Gramsci. Ma e' questo il decennio in cui fioriscono moltissimi percorsi di ricerca che partono da Gramsci. E' stato cosi' in America latina, negli Stati Uniti, in Australia e in Inghilterra. * - Roberto Ciccarelli e Benedetto Vecchi: E' indubbio l'interesse per Gramsci negli Stati Uniti, in America Latina e in Inghilterra. Ma tra la sua prospettiva e quella, ad esempio, degli studi postcoloniali c'e' una differenza che salta agli occhi. Lei afferma che leggere criticamente le societa' capitaliste a partire dal conflitto di classe puo' risolversi in una paralisi del pensiero critico. Questo non si puo' pero' dire per gli studi postcoloniali, dove la divisione in classi della societa' rimane il problema da cui partire per comprendere i processi di assoggettamento al potere... - Ernesto Laclau: Stuart Hall e la scuola sociologica di Birmingham parlano si' di classi subalterne, ma senza il determinismo di molta saggistica marxista tradizionale. Una prospettiva dunque non molto lontana dalla mia. Ma torniamo al problema piu' importante. Nelle societa' contemporanee assistiamo a un proliferazione di domande sociali, culurali, di riconoscimento di identita'. Possiamo parlare di una pratica egemonica che taglia il campo politico in due quando una serie di domande particolari convergono in una "catena equivalenziale", che non cancella le differenze tra le domande particolari, ma le inserisce all'interno di un discorso universale che e' incommensurabile rispetto alle domande particolari. * - Roberto Ciccarelli e Benedetto Vecchi: Ha definito la sua prospettiva come "postmarxista". Puo specificare in cosa consiste? - Ernesto Laclau: Esistono molti marxismi. E tuttavia avevano un punto di convergenza nel ritenere che lo sviluppo capitalista avrebbe determinato un'omogeneizzazione sociale complementare ad una polarizzazione sociale. Da una parte i detentori dei mezzi di produzione, dall'altra una massa omogenea di proletari. La storia non e' andata cosi'. Le societa' contemporanee presentano infatti un "sociale" estremamente eterogeneo e complesso. Questo non significa la scomparsa del conflitto tra capitale e lavoro, ma l'emergere di conflitti altrettanto radicali, quali quello ecologico, quello sui beni comuni come l'acqua, le frequenti rivolte su scala planetaria contro l'esclusione e la marginalizzazione sociale. Sono tutti conflitti che possono mettere in crisi il capitalismo. Il problema allora e' l'articolazione politica di questi conflitti. Mi ripeto: secondo me pensare la politica significa pensare una pratica egemonica. Per riassumere: c'e' una diffusione orizzontale dei conflitti sociali, culturali, sessuali, ecologici e una difficolta' a dare forma alla loro articolazione politica. Ci sono stati alcuni tentativi in questa direzione. Mi riferisco alla "rainbow coalition" del reverendo Jesse Jackson. E' stata pero' una esperienza, pur importante, che non e' mai riuscita ad andare molto al di la' della dichiarazione di intenti. * - Roberto Ciccarelli e Benedetto Vecchi: Dopo Gramsci, lei ripropone una categoria che non gode una buona fama: quella di popolo. Per lei, il popolo e' una costruzione politica. Anzi, e' l'unica possibilita' per pensare la politica. Rimane il mistero di come il popolo si produce politicamente. E se poi aggiungiamo che nella modernita' il politico e' stato spesso sinonimo di stato, cioe' di monopolio della decisione politica, la situazione si complic a, perche' con la produzione politica del popolo viene messo in discussione quel monopolio nella decisione politica. Qual e' allora il rapporto tra la produzione politica del popolo e lo stato che rivendica il monopolio della decisione politica? - Ernesto Laclau: Lo stato e', nella tradizione filosofica, una concretizzazione dell'universale. Marx dice invece che lo stato e' il comitato d'affari di una parte della societa', la borghesia, mentre la societa' civile e' il campo dove l'universale puo' emergere solo a partire dalla presa del potere da parte di chi possiede solo la sua forza-lavoro. Una volta che questo accade si puo' pensare l'estinzione dello stato. Antonio Gramsci ci aiuta invece a guardare molto diversamente al rapporto tra stato e societa' civile, cioe' tra la logica equivalenziale e le domande particolari. La costruzione politica del popolo e' dentro e fuori dallo stato. E' fuori dallo stato perche' contesta il monopolio della decisione politica; e' dentro lo stato perche' non si puo' aggirare il problema del riconoscimento degli interessi particolari. La costruzione del popolo avra' dunque bisogno dello stato, ma anche di forme di democrazia diretta. Inoltre, l'idea marxiana dell'estinzione dello stato e' una mitologia. La politica avra' infatti bisogno tanto della democrazia rappresentativa che della democrazia diretta. Dobbiamo dunque pensare a quale rapporto dinamico possa intercorrere tra queste due polarita', che e' poi il rapporto tra la catena equivalenziale e le domande particolari. * - Roberto Ciccarelli e Benedetto Vecchi: Questo equilibrio dinamico tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa puo' essere chiamata democrazia radicale? - Ernesto Laclau: Cito l'esempio dell'Argentina. Nel 2001 abbiamo assistito a una proliferazione di conflitti sociali. I piqueteros, le fabbriche autogestite, l'esperienza dello scambio senza la mediazione del denaro. Sembrava che lo stato si fosse squagliato come un gelato al sole. Poi ci sono state le elezioni generali, con un'alta percentuale di votanti. Sappiamo che ha vinto Nestor Carlos Kirchner in una prospettiva che, per usare il vostro lessico politico, possiamo definire di centrosinistra, senza che la sfera pubblica statale fosse significativamente investita da quella mobilitazione sociale. Cosi', lo stato che sembrava dissolto ha invece mostrato una grande capacit‡ di tenuta. La mobilitazione sociale non si e' posta il problema della costruzione politica del popolo. Ma anche se questo fosse avvenuto, occorreva che lo stato fosse parte attiva di questa costruzione politica. Capisco che la situazione argentina puo' essere un caso particolare, non paradigmatico. Ma se pensiamo al maggio francese abbiamo un movimento che mette in ginocchio il potere costituito, ma poi non si pone il problema di cambiare il sistema politico. Per tornare alla domanda, non so se si puo' chiamare questo equilibrio dinamico una forma di democrazia radicale. Politica radicale per me e' la costruzione politica del popolo. 5. PROFILI. ROBERTO CICCARELLI E BENEDETTO VECCHI: BREVE PROFILO DI ERNESTO LACLAU [Dal quotidiano "Il manifesto" dell'8 marzo 2008, col titolo "Frammenti di un pensiero critico nella grande trasformazione" e il sommario "'Non c'e' attivita' umana da cui si possa escludere ogni intervento intellettuale, non si puo' separare l'homo faber dall'homo sapiens' (Antonio Gramsci). Dal concetto di egemonia sviluppato da Antonio Gramsci alla psicoanalisi di Jacques Lacan e alla riflessione femminista di Judith Butler, prove tecniche di una teoria "post-marxista"] C'era ancora il Muro di Berlino quando Chantal Mouffe e Ernesto Laclau iniziarono a parlare di "post-marxismo". Nel loro Hegemony and Socialist Strategy del 1985 hanno ripreso una lettura critica di Antonio Gramsci, aggiornandola con un certo spirito antiautoritario e libertario. In quel volume, i due studiosi stabilivano un filo rosso all'interno del pensiero critico che poteva legittimare l'uso del prefissso "post": l'Antonio Gramsci dei Quaderni del carcere, il Lukacs di Storia e coscienza di classe, Benjamin nelle Tesi sulla storia, la scuola di Francoforte e Ernst Bloch, poi Sartre con la sua Critica della ragione dialettica, Andre' Gorz di Addio al proletariato. In Inghilterra, dove sia Mouffe sia Laclau insegnano, l'eresia era stata ripresa gia' alla fine degli anni Settanta da Barry Hindess e da Paul Q. Hirst. Per loro il "post-marxismo" non era un'operazione nostalgia, ne' il desiderio di comporre la squadra dei sogni per avere una rendita sul mercato dei remainders. Di solito, il "post" e' il retroeffetto consolatorio delle letture accademiche dalle quali qualcuno ama trarre la linea politica per un partito di conio recente, una bussola morale per gli orfani dell'eta' dell'oro, oppure la linea editoriale di una rivista. Con la fine della guerra fredda, invece, quel prefisso segnalava la crisi di una cultura globale, il marxismo, e il rifiuto del mantra degli ultras liberali, e dei penitenti della sinistra di ogni latitudine e colore, che recitava la "morte delle ideologie". Era, in altre parole, il segno di un rinnovamento del pensiero critico che non disdegnava il pluralismo, la differenza, il femminismo, arrivando in anni piu' recenti a sostenere le ragioni dei movimenti sociali da Seattle in poi. "Io non ho ricusato il marxismo - ha spiegato nel 1990 Laclau -. E' successo qualcos'altro. E' il marxismo che e' andato a pezzi. Io mi tengo aggrappato alle sue schegge migliori". Nessuna abiura di Marx, ma la convinzione che il marxismo vada considerato nell'ambito della piu' vasta formazione dei saperi. Nelle complicate vicende del pensiero critico del dopo Muro, Laclau ha dunque scelto di collocarsi tra i membri della famiglia althusseriana, insieme a Alain Badiou e a Jacques Ranciere. Autore nel 2005 de La ragione populista, in corso di pubblicazione per Laterza, Laclau non ha rinunciato all'uso della psicoanalisi lacaniana come critica del discorso del potere, anche se critica la visione neo-ortodossa che ne ha dato il suo ex allievo Slavoj Zizek. In questa stessa direzione va anche il suo contributo al volume Contingency, Hegemony, Universality, dove dialoga con la filosofa femminista Judith Butler e lo stesso Zizek (il volume e' anch'esso in corso di traduzione per Laterza). Nessun cinismo postmoderno, dunque, ma critica dell'economicismo di ascendenza marxiana in base al quale la societa' e' un corpo solido retto da ineludibili leggi economiche. Argentino per nascita e inglese d'adozione, Laclau considera la societa' come il risultato di un "agonismo" tra forze plurali che ne impediscono la ricomposizione in un'unita' astratta. La societa' non esiste, e' il suo assunto iconoclasta. Non perche' e' stata liquidata dall'economia neoliberista, come recita il mantra di una lettura apocalittica e "antagonista", ma perche' essa non costituisce mai un "Tutto" gia' formato. E cosi' anche per la politica: non c'e' un soggetto, ma un'egemonia che ne definisce conflittualmente i soggetti e le istituzioni. 6. RIFLESSIONE. ISABELLE COLLET: L'INFORMATICA, LE DONNE [Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo pubblicato ne "Le monde diplomatique - edizione italiana" del giugno 2007, col titolo "L'informatica ha un sesso?". Isabelle Collet e' informatica e ricercatrice in sceinze delle'educazione all'Universita' Paris X (Nanterre). Tra le opere di Isabelle Collet: L'informatique a-t-elle un sexe? Hackers, mythes et realites, L'Harmattan, Paris 2006] Un mestiere maschile, l'informatica? In Malesia, tale affermazione fa sorridere. Alla facolta' d'informatica e di tecnologie dell'informazione di Kuala Lumpur, la capitale, tutte le responsabili dei dipartimenti sono donne, preside inclusa. A Penang, le studentesse in informatica sono il 65% del totale, e sette dei professori (su dieci) sono donne, anche qui sotto la direzione di una preside. Mazliza Othman, la responsabile del dipartimento, dichiara di non aver mai pensato all'informatica come ad una disciplina maschile (1): "Non la vedo cosi'. L'ingegneria, o la geologia, sono percepite come qualcosa di maschile dalla gente. Ma non vedo cosa ci sia di maschile nell'informatica". E lo motiva cosi': l'informatica e' un mestiere pulito, che non ha bisogno di grande forza fisica; e' un'attivita' che si esercita nel terziario, e questo permette di lavorare da casa. * Fuori dalla Malesia, tuttavia, l'informatica e' un settore fortemente maschile. In Francia, e' addirittura l'unica disciplina scientifica che ha registrato una netta diminuzione della percentuale di iscritte. Se si confronta la femminilizzazione delle scuole di ingegneria secondo le specializzazioni (2), si osserva in effetti che la percentuale di donne aumenta in tutti i settori tranne l'informatica in cui, dopo una crescita arrivata al 20% nel 1983, e' tornata ai suoi valori iniziali (11% nel 2000, 9% nei corsi degli anni '70). Nel 1983, l'informatica e' il settore piu' femminilizzato nelle scuole di ingegneria, insieme a quello agro-alimentare (6 punti percentuali sopra la media nazionale). Nel 2000, ha raggiunto la meccanica e la difesa (13 punti sotto la media nazionale), i due settori tradizionalmente piu' maschili. Questa situazione non si limita alla Francia. La Germania, la Gran Bretagna o gli Stati Uniti mostrano dati analoghi. Tuttavia, il numero delle ragazze che si dedicano all'informatica non e' cambiato poi cosi' tanto, in questi anni. Pero', man mano che nuovi corsi sono stati aperti, i ragazzi sono stati i piu' rapidi ad iscriversi. La vera domanda da farsi non e', in fondo, perche' le ragazze non amino l'informatica ma, piuttosto, perche' la passione per la conoscenza del computer, dopo l'inizio degli anni '80, abbia colpito soprattutto i ragazzi. * Negli anni '80, il computer era percepito innanzitutto come una macchina per la gestione dell'informazione legata al settore terziario, tradizionalmente piu' femminilizzato dell'industria. Per una giovane ricercatrice, l'informatica faceva parte dei mestieri socialmente accettabili. All'inizio degli anni Ottanta, il Personal Computer comincia a diffondersi presso gli adolescenti maschi, sempre i primi ad attrezzarsi quando si acquistano nuovi gadget tecnologici (3). In seguito, diventeranno gli utenti prioritari, se non esclusivi, del computer di famiglia. Intorno ai personal computer si costituiscono associazioni di adolescenti tecnofili, club informatici e gruppi di amici che si dedicano alla programmazione e ai videogiochi - in un'eta' in cui l'istinto identitario li spinge ad unirsi e ad opporsi ai gruppi femminili. Dieci anni dopo, iniziano gli studi superiori, accompagnati da un illusorio discorso mediatico ripreso in coro dai genitori. "Mio padre ha sempre avuto paura che un giorno ci ritrovassimo disoccupati - ci dice un'informatica -. Dovevamo studiare per avere un buon lavoro, per essere ben remunerati, per non rischiare la disoccupazione, e per lui l'informatica era il massimo". * E' trascorsa una generazione. Ma, nonostante i progressi tecnici e le trasformazioni della vita quotidiana provocate dalla sua multiforme evoluzione, presso gli studenti e le studentesse scientifiche l'informatica e' rappresentata tuttora dal personal computer e dall'immagine mitica del programmatore. L'80% di loro raffigura in effetti gli informatici come maschi, poco sportivi e poco attenti al loro aspetto, a proprio agio con le macchine piu' che con gli esseri umani. Seduti dietro la scrivania tutto il giorno per attivita' ripetitive, e soprattutto per programmare. Da dove proviene questo sfasamento con la realta'? Eppure, tutti questi giovani vedono immagini digitali, ascoltano musica elettronica, telefonano con il cellulare e utilizzano quotidianamente Internet per mandare e-mail, acquistare online, scaricare musica o video... Com'e' possibile che questi nuovi utilizzi cosi' diffusi non abbiano avuto alcun effetto sulla percezione della professione? Come se non vi fosse alcuna professionalita' informatica alla base di tali utilizzi; come se il mestiere di informatico fosse immutabile, quali che siano gli usi e le innovazioni tecnologiche. Meno del 30% delle professioni dell'informatica coinvolgono l'attivita' di programmazione; tuttavia, nell'immaginario, l'informatico, quello vero, resta un programmatore. Certo, questi informatici esistono: sono gli hacker, nell'accezione originale del termine: "appassionati del fai da te" (4), specialisti dei sistemi e delle reti. Rappresentano comunque una minoranza, rispettata ed ammirata per le sue competenze, eventualmente temuta per le capacita' reali o presunte di penetrare i dispositivi di sicurezza informatica. Ma, paradossalmente, sebbene gli hacker rappresentino l'archetipo dell'informatico, questo profilo non e' ricercato dalle aziende. L'hacker e' visto come qualcuno di tecnicamente brillante ma incontrollabile, incapace di lavorare in gruppo ed impermeabile agli imperativi di produttivita'. Questa minoranza (la cui immagine ambigua, un po' terrorista, un po' Robin Hood, attira, affascina e respinge) e' divenuta l'idealtipo della professione. Essa serve da riferimento agli studenti delle materie scientifiche e anche agli informatici che oserebbero esibirne il titolo solo se programmatori. Le donne fanno fatica a sentirsi legittimate in una professione la cui immagine non assomiglia loro. Esse diranno: "Io faccio informatica" piuttosto che: "Io sono informatica". Anche se la primissima programmatrice fu una donna. * Nel 1842 fu pubblicato uno studio matematico sulla macchina delle differenze di Charles Babbage, il primo calcolatore meccanico. In questo studio compare un algoritmo, il primo nel suo genere, che elenca le istruzioni che permettono di calcolare i numeri della serie di Bernoulli. In particolare, questo primo programma utilizzava un ciclo: una sequenza di istruzioni da ripetere fino alla verifica di una condizione di uscita. Lo studio fu firmato con le sole iniziali A. A. L., come si usava al tempo per le donne. La sua autrice si chiamava Augusta Adelaide (Ada) Byron Lovelace ed era la figlia del poeta romantico inglese Lord Byron. In seguito, l'esercito americano diede il nome di battesimo di Lady Ada a un linguaggio di programmazione. 1944: il calcolatore diventa elettrico. Howard Aiken, lavorando per l'International Business Machines (Ibm) sul Mark I, il primo calcolatore numerico di grandi dimensioni, e' a capo di una squadra di tre ingegneri. Si deve ad uno dei suoi membri, Grace Hopper, l'origine dei metodi di compilazione. Ella sapeva che per introdurre i calcolatori nei settori non scientifici e nel settore commerciale era necessario il perfezionamento del linguaggio di programmazione, affinche' esso divenisse una lingua comprensibile per i non matematici. La sua convinzione che i programmi potessero essere scritti in inglese suscitava l'ilarita' dei suoi colleghi. All'epoca, una larga diffusione commerciale non era una priorita' per Ibm, convinta che solo dei ricercatori sarebbero stati in grado di utilizzare dei computer. Scrivendo, nel 1952, il primo compilatore, Hopper ha permesso la vasta diffusione e l'utilizzo di questi linguaggi, aprendo le porte della programmazione a tutti e non solo ad una manciata di matematici di punta. A quell'epoca, il software non aveva alcun valore, e il prestigio era riservato innanzitutto ai costruttori delle macchine. E' per questo che, nei ruoli-chiave delle invenzioni informatiche, si incontrano dei matematici? Ancor piu' che in altri settori scientifici, il campo informatico soffre di una pressoche' totale assenza di donne, che priva le giovani di modelli positivi in cui identificarsi. La divisione socio-sessuata dei saperi assegna le scienze e le tecniche agli uomini sin dall'infanzia, dai libri di scuola al cinema, ai fumetti e ad altre rappresentazioni della vita quotidiana. Ebbene, intraprendere un percorso di formazione vuoi dire immaginare una futura immagine di se' possibile e desiderabile (5). Non ci si proietta in una professione con la quale non si ritiene di avere alcuna affinita', e occupata esclusivamente da persone che non ci somigliano affatto. Sebbene le ragazze, cosi' come i ragazzi, facciano grande uso del computer, non sembrano pero' volerne acquisire la padronanza. * Nell'inchiesta citata in precedenza presso gli studenti e le studentesse in scienze, due terzi delle ragazze (contro il 40% dei ragazzi) affermano di non sapere se le professioni nel campo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione potrebbero interessarle (6). Esse spesso non hanno alcuna idea di quello che fa un informatico o un'informatica durante il giorno. Percio', per descrivere la professione, molte ragazze, e persino dei ragazzi, devono ricorrere allo stereotipo. Una di loro dira': "Difficilmente mi vedo parlare tutto il giorno di circuiti integrati, di ram e di reti"; un'altra: "Non voglio passare la giornata ad occuparmi di macchine, preferisco occuparmi di bambini o parlare con le persone". Molte, piu' sobriamente, diranno: "Non mi interessa", senza riuscire a specificare il motivo, semplicemente per "l'idea che ci si e' fatta". Al contrario, le laureate raccontano di aver scelto questo mestiere con motivazioni piu' aderenti alla realta' del mondo professionale: parlano della grande varieta' della professione, della sua presenza trasversale in molteplici settori professionali, della possibilita' di imparare cose sempre nuove, delle sfide intellettuali, dell'importanza dell'attivita' relazionale e del lavoro in equipe... Certo, queste informatiche hanno incontrato ostacoli nella loro carriera: il sospetto di incompetenza, una progressione salariale incomprensibilmente piu' lenta rispetto ai loro colleghi maschi, la paralisi della carriera intorno ai 30 anni, quando i datori di lavoro temono che rimangano incinte. L'esistenza di tali ostacoli non deve farci perdere di vista la riuscita professionale e personale di molte donne in un settore a bassa disoccupazione e in cui i salari di ingresso non variano piu' secondo i sessi. Infine, quando si confrontano gli argomenti delle lavoratrici informatiche a favore della propria professione con un certo numero di "cattive ragioni" invocate da tutte e tutti coloro che si dichiarano poco interessati dal lavoro nell'informatica, si ha l'impressione che potrebbe essere facile rovesciare l'attuale tendenza. Basterebbe far conoscere la realta' del lavoro nell'informatica e abbattere lo stereotipo dell'informatico-hacker (invece di rafforzarlo continuamente) perche' un maggior numero di ragazze ritengano che l'informatica e' un mestiere da prendere in considerazione, aperto al mondo, in continuo cambiamento, denso di sfide intellettuali e umane (7). Con la speranza che un giorno, come dicono le malesi, non si capisca piu' cosa vi sia di maschile. * Note 1. Vivian Lagesen e Ulf Mellstrom, "Why is a computer science in Malaysia a gender authentic choice far women? Gender and technology in a cross-cultural perspective", Symposium Gender & Ict: Strategies of inclusions, Bruxelles 2004. 2. Si veda per gli anni dal 1972 al 1995, i "Bullettin Id" del Consiglio nazionale degli ingegneri e dei ricercatori di Francia (Cnisf). Per il 2000: i calcoli di Catherine Marry in Une revolution respectueuse, les femmes ingenieurs?, Belin, Parigi 2004. 3. Cfr. Dominique Pasquier e Josiane Jouet, "Les jeunes et la culture de l'ecran (volet francais d'une enquete comparative europeenne)", in "Reseaux", n. 17 (92-93), Parigi 1999. 4. To hack significa in inglese "tagliare". Qui il termine e' impiegato nel suo senso inglese d'origine, cioe' "appassionato di calcolatori" e non nel senso peggiorativo e recente di "pirata informatico". 5. Cendrine Marro e Francoise Vouillot, "Rappresentazione di se'. Rappresentazione del ricercatore-tipo e scelta di un orientamento scientifico nelle ragazze e nei ragazzi di seconda", ne "L'Orientation scolaire et professionelle", vol. 20, n. 3, Parigi 1991. 6. Si noti che la maggior parte dei ragazzi che ritengono di potersi pronunciare sulla questione dichiarano per il 37% di non essere interessati dalle professioni nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, mentre il 21% si dichiarano interessati (per le ragazze: il 9% delle interessate, contro 1'11% delle non interessate). 7. E' cio' a cui si dedica da sei anni il progetto europeo Ada (Bruxelles) www.ada-online.org 7. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di' chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 428 del 17 aprile 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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